Formazione DOSSIER FORMAZIONE. Mondo Hr e Business school a confronto Il problema del matching In generale l’Mba in Italia è ancora poco spendibile. Da una parte, le imprese sono poco mature, dall’altra, il piano formativo non sempre è tagliato sulle specifiche necessità dell’azienda 80 L’impresa n°3/2011 formazione I n Italia manca un meccanismo di razionalizzazione della managerialità. Pur crescendo gli investimenti in formazione, pur crescendo la consapevolezza di molti imprenditori, pur aumentando il bisogno di competenze sempre più globali, il percorso resta ancora piuttosto casuale e legato a una quantità di variabili che dipendono dai contesti aziendali, dal territorio, dai settori del mercato. Non è facile e nemmeno giusto generalizzare, anche perché, spesso, ci si trova di fronte a un management maturo e competitivo proprio laddove non ci si aspetterebbe di trovarlo. O, viceversa, ci si scontra con tessuti aziendali di scarso valore e ad alta problematicità in contesti produttivi e geografici tendenzialmente sani. «In generale, comunque, il settore finanziario in Italia è meno carente rispetto a quello manifatturiero per quanto concerne la managerialità – afferma Paolo Iacci, direttore del personale Iccrea Holding, vice presidente di Aidp (Associazione italiana dei direttori del personale) –. Poi è vero che si trovano nicchie in tutti i mercati, ad esempio quella delle telecomunicazioni, quella dell’energia o della chimica farmaceutica, ma si tratta di settori a maggiore intensità di capitale e dove c’è concorrenza globale». Le condizioni per fare buona formazione Una buona formazione si sviluppa dove ai manager è lasciato lo spazio necessario per crescere e dove il progetto è condiviso a livello corporate. «Chi torna da un Mba, ad esempio, ha delle naturali aspettative di crescita, dal momento che acquisisce competenze. Tuttavia, se il percorso formativo non è stato concordato, l’azienda non è portata a rispondere alle aspettative, anzi, se si tratta di un’azienda fortemente dominata da una figura imprenditoriale, si crea addirittura un problema di linguaggio tra l’imprenditore e il manager, che si troverà nella situazione di dover “tradurre” le nuove strumentazioni tecnico manageriali che ha portato a casa» spiega Iacci. In genere comunque, secondo chi gestisce le risorse umane, chi fa un investimento formativo importante, di ritorno, tende a scartare l’imprenditoria italiana di piccole o medie dimensioni. Si tratta di un problema culturale. Il segreto è quindi quello di trovare una sintonia reale tra il singolo e l’azienda al momento della scelta. Almeno per chi resta. Perché preferire un Mba europeo «Dopo un Mba full time quasi la totalità cambia azienda, molti cambiano funzione. Il full time costituisce infatti una rottura con il passato. Il part time, invece, scelto da partecipanti con grande esperienza, in genere non è lo strumento scelto da chi vuole cambiare contesto organizzativo, ma L’impresa n°3/2011 81 formazione da chi piuttosto vuole accelerare un percorso di carriera attraversa l’acquisizione di nuove competenze – puntualizza Stefano Ronchi direttore Mba Mip Politecnico Milano, che insieme all’Mba di Sda Bocconi quest’anno è salito nel più prestigioso Ranking internazionale, quello del Financial Times –. C’è una differenza fondamentale tra gli Mba americani e quelli europei. I primi durano due anni, gli altri soltanto uno. Restare fuori dal mondo del Business english, una necessità Un altro trend che tende a stabilizzarsi è quello della formazione erogata in lingua inglese. Salvo il fatto di mantenere delle nicchie (in alcune scuole dove si effettua formazione manageriale prevalentemente esperienziale, legata a formule outdoor e non di aula tradizionale, oppure negli Mba executive), sempre più scuole tagliano l’offerta sulla lingua inglese. E il target, prima di effettuare il corso agognato, deve farsi un ripasso. Per questo è sempre più richiesto il business english e c’è chi si è portato avanti con un investimento importante sul mercato italiano. Il Gruppo Wall Street International ha appena acquisito i diritti di Master Franchisee, scegliendo di affiancare al modello franchising già esistente anche la gestione diretta. Come in Germania e in Cina. «Torniamo direttamente in Italia, Paese dove siamo nati nel lontano 1972 – racconta Emiliano Battaglia, direttore generale di Wall Street Institute Italia –. Questo per portare sviluppo e crescita del business in un mercato considerato da noi strategico in questo particolare momento». Significa che cambierà anche il modo di operare, oltre che il modello di gestione? Continueremo a operare attraverso i sub franchisee nel resto d’Italia, dove abbiamo al momento un totale di 85 sedi. Mentre su Milano abbiamo attivato la gestione diretta come in altri 2 Paesi, Cina e Germania appunto. Consideriamo infatti la piazza italiana particolarmente in crescita e vogliamo essere presenti qui direttamente dato che, soprattutto a livello corporate, c’è una forte domanda attiva. Qual è il target in crescita al quale fa riferimento? Si tratta soprattutto di imprese che operano in un mercato globale e di manager che hanno necessità di apprendere l’inglese per scalare posizioni, ma anche per far bene il proprio lavoro quotidiano. La categoria di corsi più richiesta? Il business english, ossia corsi ad hoc per le varie mansioni. Il livello di richiesta in generale oggi è molto più alto di quello di ieri. Arrangiarsi non è più possibile, occorre quasi essere bilingui. Il corso di lingua inglese diventa dunque per il dipendente un dovere professionale ma anche un benefit. Quali formule preferiscono le aziende? I tre quarti della formazione manageriale che offriamo, la eroghiamo direttamente all’interno delle aziende. Lavorare presso il cliente rende più fruibile e più motivante l’apprendimento e ottimizza i tempi per manager sempre più stressati. 82 L’impresa n°3/2011 lavoro per due anni può essere un’opportunità formativa ma è anche un costo notevole: questo farebbe sempre più propendere per quelli europei, anche se è vero che l’Mba è tipicamente un prodotto americano. In Europa ha oggi una spendibilità notevole, ma in Italia non ha ancora la stessa spendibilità». L’Mba come prodotto è in crescita anche sul target dei quarantenni, nella formula executive (serale o weekend), ma non è l’unico prodotto a essere in crescita. Negli ultimi due o tre anni di crisi le persone hanno investito molto di più in formazione di qualità. «Laddove l’economia si ferma ci si concentra sulla propria formazione, anche se in Italia il limite alla formazione, da parte delle aziende, è ancora più forte che dalle altre parti – ammette Iacci –. Il concetto di formazione continua, durante tutto l’arco della vita professionale, in fondo è un concetto che si è sedimentato da poco. E poi, c’è da ammettere, guardandola con gli occhi dell’imprenditore medio, che non sempre le competenze apprese sono effettivamente necessarie al mondo-azienda di quel manager che ha deciso di fare l’investimento su di sé. Difficile generalizzare, ma ripeto: bisognerebbe tagliare il piano formativo sulle specifiche necessità dell’azienda». Come si valuta la “spendibilità” della formazione Sulla spendibilità della formazione anche il direttore dell’Mba full time di Sda Bocconi, Valter Lazzari, fa dei distinguo importanti. «Le imprese italiane, a differenza delle multinazionali che valutano la spendibilità della formazione in linea col resto del mondo, hanno approcci diversi. C’è il segmento che valuta la spendibilità in maniera puramente opportunistica, ossia la lega alle necessità di recruiting del singolo momento e poi c’è il segmento della Pmi che cerca soprattutto offerte contenute e verso il quale, specialmente l’alta formazione, ha un problema di matching». Va da sé che le grandi società di consulenza o le organizzazioni che operano nel settore della finanza apprezzano l’alta formazione come all’estero e dunque, in questo caso, il mercato italiano non penalizza chi ha effettuato un investimento formativo su di sé. Fare alta formazione significa poi entrare a far parte del recruiting internazionale e quindi, potenzialmente, offre la possibilità al manager di piazzarsi su qualunque mercato e di avere più potere nel contrattare retribuzioni in linea con le stime internazionali. n Paola Stringa