Approccio alle basi filosofiche della bioetica Tratto dai testi: Maurizio Mori, 2002; Bioetica: 10 temi per capire e discutere; ed. scolastiche Eugenio Lecaldano, 1996; Etica; ed.TEA Spesso siamo portati a valutare temi di grandissima attualità con strumenti e metodologie di analisi legate ad altri tempi, perché siamo privi della necessaria capacità di adattamento; una volta i cambiamenti nei costumi erano lenti ed avevano modo di essere sedimentati per intere generazioni, mentre oggi costituiscono pagine di attualità. L’etica, un tempo materia per pochi, ha assunto oggi un ruolo di grande rilevanza nel dibattito sociale, ma è necessario affrontare le tematiche ad essa connesse con una riflessione e con un’analisi critica che ci permettono non solo di definire che cosa sia giusto, ma anche perché lo sia. I. L’etica è un’Istituzione normativa Etica é equivalente a morale,dal greco “ethos” e dalla parola latina (traduzione di quella greca) “mos-moris”. Possiamo definire l’etica come un insieme di norme che condiziona il modo di agire e di pensare delle persone e pone vincoli ad alcuni comportamenti individuali a favore della collettività e può, quindi, essere considerata un’istituzione sociale. L’etica presenta carattere • di prescrittività, che spinge le persone ad agire in un determinato modo provando sentimenti di ripugnanza o approvazione per determinate azioni; • vincolante, che impedisce di fare alcune cose ponendo quindi dei limiti ai desideri. L’etica è quindi una norma morale che tende a valere per tutti gli uomini indistintamente e che viene seguita per una convinzione intima, altrimenti diventa causa di rimorso individuale. Esistono altre istituzioni normative che hanno finalità confrontabili e sono: Il diritto: è una norma giuridica, valida per tutti i cittadini di un territorio, con pene/sanzioni pubbliche prestabilite. Queste regole vanno seguite per non incorrere in una sanzione e non necessariamente per convinzione interiore. L’etichetta (o piccola etica): scandisce le norme e i comportamenti da tenere in occasioni specifiche. È possibile evitare tali situazioni e quindi anche tali norme. (La cravatta o lo smoking a teatro). Il costume: si basa su norme morali, che pur inizialmente istituite arbitrariamente, sono ormai acquisite e interiorizzate, tanto da venire accettate anche senza una giustificazione. Quando queste norme vengono sottoposte a vaglio critico, alla ricerca di una giustificazione razionale, ma non danno motivazioni valide, allora sono dei tabù o dei pregiudizi, al contrario delle norme morali che devono poter avere una giustificazione razionale. N.B. E’ importante riflettere sul fatto che i pre-giudizi (prima di una razionalizzazione) ci aiutano e ci proteggono dal dover pensare autonomamente e in modo critico (Joseph de Maistre 1753-1821). Come i proverbi, contengono una saggezza inconscia (ovvero non comprensibile individualmente), accumulata nel corso degli anni, e rivelano un modello originario di comportamento che meglio si adatta all’esistenza umana. II. La crescita morale, ovvero l’etica critica In base alla concezione liberale, l’etica è quell’insieme di atteggiamenti o sentimenti che l’individuo: • ha profondamente interiorizzato • crede essere razionalmente giustificati in quanto abbastanza compatibili tra loro e sostenuti dalle migliori tesi disponibili Questi due aspetti colgono le due componenti principali dell’etica: • la componente emotiva che caratterizza i giudizi morali provocando atteggiamenti di approvazione o di disapprovazione e che tende a farci dibattere in modo spesso passionale; • la componente razionale che ci porta a ricercare una giustificazione motivata a tutte le scelte di tipo morale, differenziandole così dai tabù. Caratteristiche fondamentali dell’etica sono l’universalità e l’imparzialità. L’etica non deve essere soggettiva e la razionalità implica universalità: “Dire che una cosa è giusta, rimanda ad un giudizio universale, in quanto giudizio comune a tutti”. Al contrario, universalità e imparzialità non implicano l’immutabilità dei giudizi morali. Il progresso delle conoscenze ci pone di fronte a scelte morali nuove che possono, e in alcuni casi devono, modificare i presupposti sui quali abbiamo fondato le nostre convinzioni. L’etica di senso comune è costituita da tutte le opinioni ricevute e interiorizzate senza critica e forma la struttura della nostra vita morale, come una lingua madre (per esempio è consuetudine non andare al lavoro in pigiama). Se questa viene messa in discussione e analizzata razionalmente, cioè alla ricerca di una solida motivazione a sostegno delle proprie convinzioni, si passa all’etica critica, che comporta una nuova posizione, conquistando un proprio punto di vista, e quindi riorientando la prospettiva esistenziale. Possiamo ricercare una giustificazione razionale alle regole introiettate secondo due modalità: • con una posizione conservatrice si afferma che la regola ricevuta corrisponde alla “natura umana “e va quindi mantenuta respingendo eventuali dubbi; • con una posizione liberale si possono o o trovare motivazioni solide per sostenere e mantenere la propria posizione morale, raggiungendo quindi una crescita morale, in quanto non solo si intuisce che l’azione è giusta perché così si è interiorizzato, ma si sa che l’azione è giusta a seguito di una riflessione che ne permette una motivazione razionale; o o non trovare giustificazioni razionali e quindi respingere la regola come un tabù; mantenerla come una preferenza personale. fig 1 tratta da M.Mori “Bioetica” B. Mondatori 2002 III. Ragioni per sostenere un giudizio morale Le ragioni per sostenere un giudizio morale possono essere. Empiriche: derivanti da osservazioni di esperienza o scientifiche. Normative: in questo caso si distingue tra: • Etica deontologica dove le regole valgono ex-ante,ovvero indipendentemente dalle loro conseguenze, i principi dipendono dalla “natura umana” corrispondendo all’”ordine naturale delle cose”, e dove vigono divieti assoluti. Valgono quindi assiomi o principi (vedi 10 comandamenti). Quando si giustifica un giudizio morale affermando, come un assioma, la sua veridicità si persegue un’etica deontologica e la validità del principio è indipendente dalle conseguenze (es. una bugia a fin di bene va condannata comunque in quanto la falsità non è accettabile in modo assoluto). • Etica consequenzialista dove le regole valgono ex-post, per cui l’azione deve essere giustificata dal raggiungimento del benessere (successivo all’azione). Si persegue un’etica consequenzialista quando si afferma che un’azione è giusta se porta ad un beneficio. Resta da definire se il beneficio debba essere inteso per il singolo (egoismo etico) o per il maggior numero di individui (utilitarismo). o Egoismo etico . Per l’egoismo etico si deve compiere l’azione che ha conseguenze benefiche per l’agente stesso e la propria utilità personale è la pietra di paragone della moralità. (Per esempio fare una donazione ad un ente benefico è un modo per abbassare il proprio imponibile). o Utilitarismo etico. Per l’utilitarismo etico si deve compiere l’azione maggiormente benefica per il maggior numero di individui; non vale quindi il benessere del singolo, ma il benessere sociale (talvolta questo può richiedere sacrifici da parte del singolo per il bene della società). Per esempio il diritto allo studio offerto a tutti elimina il privilegio della cultura di pochi; ed è proprio l’elite culturale che ne ravvede l’opportunità. fig 2 tratta da M.Mori “Bioetica” B. Mondatori 2002 IV. Etica della sacralità della vita o della qualità della vita La Bioetica ha lo scopo di far crescere le capacità critiche e argomentative in un periodo in cui si verificano cambiamenti scientifici estremamente veloci. Per l’etica deontologica valgono divieti assoluti, ossia che non ammettono alcuna eccezione per nessuna ragione, e che quindi hanno la precedenza sugli altri, imponendo una gerarchia di doveri, stabilita a priori e fissa. Ad un esame attento però anche questi divieti assoluti possono mostrare eccezioni, per es. quando due doveri siano tra loro in conflitto. Si impone a questo punto la necessità di stabilire una priorità ed una gerarchia nei divieti, che fa passare da un’etica deontologica con doveri assoluti ad un’etica con doveri di “prima facie” ,cioè che sembrano assoluti solo di primo acchito .Per esempio se mentire può salvare la vita a qualcuno, il divieto di mentire ammette un’eccezione. In questo caso non esiste più la gerarchia dei doveri assoluti stabiliti a priori, ma vanno esaminate le circostanze. In questo senso l’etica deontologica con soli doveri “prima facie”è più simile all’etica consequenzialista, per questo oggi la discussione in ambito morale è tra un’etica con ed un’etica senza divieti assoluti. In un’etica senza divieti assoluti, parlando di scelte morali aventi a che fare con la vita biologica (=Bioetica), nasce il contrasto tra: • Etica della sacralità della vita umana che ne sostiene a tutti i costi l’inviolabilità e per la quale vige un divieto assoluto ad interferire con il finalismo intrinseco della vita. Qui le norme sono date indipendentemente dalla volontà dell’uomo, sono un dato naturale (o divino); vale quindi un’ etica con divieti assoluti in cui la gerarchia dei valori è rigida con, in primis, la sacralità della vita. (Tra queste norme abbiamo il divieto di contraccezione, di aborto, di eutanasia e di fecondazione assistita in quanto atti contrari al Disegno di Dio sulla vita). • Etica della qualità della vita che persegue come valori fondamentali il benessere ed il rispetto dell’autonomia delle persone attraverso l’assunzione di doveri in ordine gerarchico. Le norme sono stabilite dall’uomo, attraverso l’assunzione di doveri “prima facie”, la cui gerarchia può variare in base ai diversi valori attribuiti in seguito ad un ampliamento delle conoscenze o in base a mutazioni storico-culturali . Le due prospettive sono così diverse da rivelarsi essere due paradigmi, ossia due modi diversi di vedere o concettualizzare la realtà. fig 3 tratta da M.Mori “Bioetica” B. Mondatori 2002 L’etica ha lo scopo di essere universale e imparziale e quindi condivisa da tutti gli esseri razionali. Universalità ed imparzialità non implicano però l’ immutabilità dei giudizi morali. Nell’etica della qualità della vita, cambiando le situazioni cambiano anche i principi indicati che ovviamente ammettono eccezioni, sono cioè principi prima facie. V. Pluralismo etico Ammettere l’esistenza di prospettive etiche differenti ci porta a riconoscere un pluralismo etico, per il quale si può affermare l’esistenza di tesi morali diverse e contrastanti sia da un punto di vista sociologico (prendo atto della loro diffusione) sia da uno normativo (ciascuna merita uguale rispetto). Il pluralismo etico è la presenza di prospettive etiche diverse e contrastanti, come il pluralismo religioso. E’ volto ad evitare gli “stranieri morali”, ovvero persone che parlano lingue morali diverse e non si capiscono. Uno dei principali problemi della nostra epoca è riuscire a mantenere la pace sociale ed il rispetto reciproco in un mondo sempre più popolato di “stranieri morali”. Nell’etica della qualità della vita, che ammette diverse situazioni e quindi diversi principi, si impone la riflessione sul pluralismo etico che si manifesta nelle diverse priorità individuate. Diverso è il relativismo etico per il quale le diverse tesi morali sono tutte equivalenti. L’esistenza del pluralismo etico non implica necessariamente anche il relativismo etico; il rispetto di un’idea non implica necessariamente la sua condivisione, ma accettare l’esistenza di tesi diverse dalle nostre può condurci ad un dibattito leale, libero e costruttivo. L’affermazione del pluralismo etico dipende da svariati fattori, tra cui il progresso scientifico e tecnologico. Il crescente sviluppo della tecnica, che ormai ci consente di controllare anche i processi biologici, ha portato all’esigenza di un’attenta valutazione etica di questi interventi della tecnica sulla vita dell’uomo. La possibilità di intervenire sui processi biologici mette in discussione il concetto di sacralità della vita e pone il problema etico del “se”, “del “come” e del “fino a qual punto”. La tecnologia è uno strumento che può migliorare la condizione umana, ma può avere dei risvolti negativi o avere come sola finalità l’interesse economico. Tali conseguenze (buono-cattivo) dovrebbero poter essere liberamente scelte, ma spesso le opportunità diventano necessità e quindi realisticamente non rifiutabili come per esempio l’uso del telefono cellulare Tecnologia e scienza non possono essere disgiunte, così come non possono esserlo la conoscenza e l’applicazione. Il rapidissimo sviluppo in campo tecnologico viene interpretato in modo favorevole per quanto riguarda la sfera della fisica o dell’informatica, mentre crea difficoltà di accettazione nella sfera della biologia. La rivoluzione biologica dei nostri giorni ormai ci ha portati al passaggio dalla casualità (gli eventi biologici completamente lasciati al corso della natura) alla progettualità (l’uomo interviene con la sua volontà). Questo comporta il grosso problema di disciplinare la sperimentazione biologica, individuando dei limiti agli interventi tecnici, che non dovrebbero, però, essere stabiliti a priori, bensì valutati caso per caso, dopo un’attenta analisi di ogni problematica. VI. Qualità della vita, pluralismo etico e nuovo paradigma concettuale Per affermare la qualità della vita e il pluralismo etico serve una diversa gerarchia di doveri e una nuova visione del mondo, quindi l’adesione a un nuovo paradigma concettuale. Per questo occorre indicare tre aspetti per i quali va assunta una diversa visione: 1. Il significato del processo vitale umano e la controversia tra “vita umana” e “persona umana”. Per alcuni, con il concetto di “persona” si intendono le capacità superiori o spirituali, non necessariamente presenti nella “vita umana”, e che necessitano di una tutela diversa e maggiore, mentre la “vita umana” indica solo l’aspetto materiale del processo biologico; per altri, invece, sarebbero assurde le distinzioni proposte tra i vari livelli della vita umana. 2. La liceità dell’intervento dell’uomo sui processi naturali e la differenza tra “eventi naturali” ed “eventi dipendenti dall’azione umana”. Secondo la concezione tradizionale c’è una netta differenza tra il lasciare che “la natura faccia il proprio corso” e “fare un’azione che causa un certo effetto”, mentre con le attuali conoscenze scientifiche questa distinzione sta sfumando, perché si ritiene che lasciare accadere un evento naturale negativo, non facendo nulla per prevenirlo pur avendone la possibilità, equivalga al fare l’azione che lo causa (es. catastrofi naturali, terremoti ecc). 3. La concezione del compito della medicina, ovvero la differenza tra una “medicina che coopera con la natura” e una “medicina che modifica il corso naturale”. Seconda l’antica tradizione ippocratica il corpo è in grado di automantenersi e di autorisanarsi e quindi il compito della medicina è la terapia, ossia un aiuto per l’autorisanamento naturale; pertanto la medicina coopera con la natura, cercando di assecondarla, senza modificarla o deviarne la direzione. Oggi però che siamo in grado di controllare il mondo biologico, molti si chiedono perché non si debba poter modificare il corso degli eventi naturali, se questo porti a soddisfare meglio le esigenze umane e quindi a migliorare la qualità della vita.