Pag. 171 Capitolo 9: Elaborazione di Immagini 9.1 Sistema di

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Elaborazione di Immagini
Capitolo 9: Elaborazione di Immagini
9.1 Sistema di acquisizione e trattamento di immagini computerizzate
La figura seguente mostra un diagramma a blocchi dei componenti di base di un
tipico sistema per immagini computerizzate, le cui operazioni sono controllate da un
computer dedicato.
Sistema di
acquisizione
Interfaccia
A/D
Computer
Display
video
Memorie di
Massa
Figura 9.1: diagramma a blocchi dei componenti di base di un tipico sistema per l’elaborazione
computerizzata di immagini (biomediche)
Le operazioni svolte da un sistema di questo tipo possono essere divise in quattro
categorie principali:
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
‰
‰
Acquisizione
Digitalizzazione
Elaborazione Dati (Processing)
Visualizzazione (Display)
Il sistema di acquisizione dati, atto ad effettuare la prima operazione, può essere una
telecamera, la parte di acquisizione analogica di una T.A.C o di una Risonanza
Magnetica, la sonda di una unità ad ultrasuoni, una scintillation camera, etc., giusto
per menzionare i più importanti sistemi di immagini computerizzate usate in
medicina. Questi sono i sensori che trasducono i vari tipi di radiazioni provenienti
da (o attraverso) il corpo del paziente in segnali elettrici di tipo analogico.
La seconda operazione, ovvero il processo di digitalizzazione, ha il compito di
trasformare il segnale analogico in forma digitale, necessaria per effettuare una
elaborazione computerizzata delle immagini. Questa operazione è implementata da
dispositivi ADC (Analogue to Digital Converters). Tali dispositivi costituiscono l'
interfaccia tra il dispositivo di acquisizione ed il Computer.
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L'implementazione delle due suddette operazioni viene effettuata in modo molto
diverso al variare del principio fisico usato e del tipo di tecnica adottato per la
formazione dell' immagine (CT, MR. Ultrasound, Gamma Camera, Apparato
Radiografico, Telecamera ad infrarossi, etc.). Tali tecniche così diverse producono
però un unico risultato: un segnale digitale bidimensionale, la cosiddetta Immagine
Digitale. Infatti, per essere in forma utilizzabile per l'elaborazione al calcolatore, una
funzione di immagine deve essere digitalizzata sia nello spaziale sia in ampiezza
(intensità). La digitalizzazione delle coordinate spaziali è detta campionamento di
immagine, mentre la digitalizzazione di ampiezza è detta quantizzazione dell'intensità
o dei livelli di grigio. L'ultimo termine è applicabile alle immagini monocromatiche e
riflette il fatto che queste variano dal nero al bianco in gradazioni di grigio1. I termini
intensità e livello di grigio saranno usati indifferentemente. Dunque, per descrivere
completamente l'immagine in questa forma, si può utilizzare la funzione discreta di
variabili discrete x(nl, n2) (in analogia con un segnale discreto x(n)
monodimensionale) che si riferisce ad una matrice di cui nl ed n2 sono gli indici di
riga e di colonna individuanti un preciso punto dell'immagine (pixel2) avente tali
coordinate; il valore x(nl, n2) è il livello di grigio (o di colore) associato a tale punto.
Ovviamente l'immagine, espressa in questa forma, può essere facilmente
immagazzinata nella memoria del computer.
‰
‰
La terza operazione, l'elaborazione dati, è svolta dal computer; spesso un hardware
dedicato può velocizzare considerevolmente i tempi di processo. Nel seguito si
riporta una trattazione più dettagliata di questo processo.
La quarta operazione consiste nella presentazione dell'immagine elaborata; vengono
utilizzati monitor, lastre radiografiche, stampe fotografiche o di altro genere.
Si è dimostrato che, anche l'occhio allenato di un radiologo può distinguere fino ad
80 livelli di grigi in una immagine. Per contro la maggior parte delle immagini
mediche (ad esempio le immagini provenienti da una TC) presentano un numero di
livelli di grigi nettamente superiore (circa 3000 per una TC). Ogni tentativo di
presentare tutti i livelli disponibili causa una perdita di contrasto nell'immagine,
fornendo una immagine povera dal punto di vista diagnostico. Per questa ragione,
tecniche di elaborazione, dette di modificazione della scala dei grigi, sono
normalmente impiegate per visualizzare solo una parte per volta dell' intero range di
valori disponibili
Un altro problema nella visualizzazione delle immagini si può venire a creare
quando il dispositivo atto alla visualizzazione ha di per se un numero limitato di
livelli di grigio disponibili (a volte solo 2 bianco e nero). Speciali tecniche di
visualizzazione sono usate per incrementare artificialmente il numero dei livelli di
grigio (Dithering).
l
Le immagini a colori si possono pensare come somma di tre immagini monocromatiche (Rosso, Verde. Blu); dunque,
con ovvie modifiche, valgono le stesse considerazioni fatte per le immagini bianco e nero.
2
pixel: sta per .picture element.
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9.2 Campionamento del segnale bidimensionale
E' possibile rappresentare una generica immagine bianco e nero come una funzione a
due dimensioni continua f(x,y), che rappresenti l'intensità luminosa o livello di grigio
associato alle coordinate x e y. L'insieme di definizione di questa funzione è il
dominio spaziale dell'immagine.
In analogia ai segnali temporali monodimensionali si può pensare di effettuare una
operazione di campionamento e quantizzazione del segnale in modo da permettere un
elaborazione numerica dello stesso. Chiaramente il campionamento di una immagine
è un campionamento spaziale. In tal modo i campioni d'immagine sono determinati
tramite una moltiplicazione della funzione f(x,y) per una funzione di campionamento
del tipo:
δc(x,y) = Σn Σm δc (x-n∆x, y-m∆y)
9.2.1
dove ∆x e ∆y sono rispettivamente il passo di campionamento spaziale lungo l'asse x
e l'asse y come evidente nella Fig. 9.2 .
L'immagine campionata quindi sarà esprimibile secondo la formula seguente:
fc(x,y) = f(x,y) δc (x,y) = Σn Σm f(n∆x, m∆y) δc(x-n∆x, y-m∆y) 9.2.2
Questa funzione risulta allora definita solo nei punti di campionamento (n∆x, m∆y); i
valori così ottenuti f(n∆x, m∆y) sono detti campioni spaziali della funzione f(x,y).
Anche in questo caso si potrà parlare di spettro di frequenza, valutabile tramite la
trasformata di Fourier bidimensionale.
∆y
Figura 9.2: Funzione di campionamento C(x,y) Costituita da operatori di Dirac
disposti su una griglia rettangolare di passo ∆x, ∆y
E' opportuno introdurre il concetto di frequenza spaziale. Per definizione, la
frequenza spaziale è il numero di cicli per unità di distanza riferita ad un'onda
sinusoidale; oppure, in termini di percezione visiva, numero di cicli per grado,
parlando in tal caso di cono ottico, l'angolo sotto il quale l'occhio percepisce il mondo
esterno.
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Figura 9.3 : Esempio di due diverse frequenze spaziali
Convolvendo lo spettro F(ωx, ωy) di f(x,y) dell'immagine di partenza con C(ωx, ωy),
spettro della δc(x,y), è possibile ricavare lo spettro Fc(ωx, ωy) dell'immagine
campionata:
Fc(ωx, ωy) = 1/(4Π2) F(ωx, ωy) * C(ωx, ωy)
Da tale relazione è possibile ottenere un'espressione dello spettro dell'immagine
campionata, ricordando che :
Fc(ωx, ωy) = 1/(∆x∆y ) ΣnΣm F(ωx-nωxc, ωy-mωyc)
dove ωxc =2л/∆x, ωyc=2л/∆y sono le frequenze angolari di campionamento. La
rappresentazione grafica è riportata in Fig. 9.4 .
ωx
ωy
A
ωx
ωy
B
Figura 9.4: A – spettro dell’immagine originaria, B spettro dell’immagine
campionata
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Nella Fig. 9.3.a è possibile vedere lo spettro del segnale non campionato, mentre la
Fig. 9.3.b mostra le repliche spaziali secondo ωx, ωy ripetute alla frequenza ωxc, ωyc.
Anche in questo caso esisteranno problemi di aliasing. Infatti scegliendo un passo di
campionamento troppo grande si incorre nella sovrapposizione delle repliche spaziali,
non permettendo più la ricostruzione dell’immagine tramite un'operazione di
filtraggio passa basso. E' possibile definire, come per il segnale monodimensionale
(teorema di Shannon), una condizione di campionamento corretto dell’immagine in
funzione della propria frequenza spaziale massima.
fx= ωx/2л ∆x≤1/(2fxm) = л/ ωxm
fy= ωy/2л ∆y≤1/(2fym) = л/ ωym
In realtà la scelta del passo di campionamento spaziale (X) nelle applicazioni pratiche
si limita a considerare un unico valore coincidente con il più piccolo tra ∆x e ∆y, tale
da ottenere un'immagine discreta di forma quadrata di N x N pixel.
9.3 Quantizzazione e Codifica binaria
Una volta generati i campioni, quindi trasformata la funzione f(x,y) da continua in
discreta, sono necessarie altre due operazioni prima di arrivare alla definitiva forma
numerica compatibile con i sistemi di elaborazione; la quantizzazione e la relativa
codifica binaria.
La prima consiste nell'associare ai singoli campioni spaziali f(n1,n2) di luminosità un
numero, appartenente ad un intervallo numerico finito di livelli di grigio.
Una volta definito il numero di livelli di grigi su cui quantizzare, ad esempio(Q), sarà
univocamente determinata l'ampiezza di ogni singolo campione ( pari a l/Q). I livelli
possibili ai saranno compresi nell'intervallo:
ao ≤ ai ≤ aq
dove ao è il valore minimo generalmente pari a zero, mentre aq è il valore massimo.
E' possibile definire l'errore di quantizzazione normalizzato all'ampiezza massima aq
come:
εq=aq/Q
L'immagine risulta cosi trasformata in una matrice di numeri interi. Abbiamo già
denotato questo segnale (matrice) con il simbolo x(n1,n2).
Non siamo ancora giunti alla forma compatibile con il sistema numerico cioè la
forma binaria: a tale compito è delegata l'operazione di codifica binaria.
Il numero di livelli di luminosità sarà esprimibile secondo potenze di 2:
Q=2m
dove m è il numero di bit necessari a rappresentare il numero totale di livelli di
grigio (Q). In tal modo i campioni spaziali diventano parole di m simboli binari (l, 0)
ognuno esprimibile dalla relazione: i = Σk ak 2k dove il peso ak assume il valore 0 o l.
Esempio: m = 8 ed i = 109
109 = 0⋅27 + 1⋅26 + 1⋅25 + 0⋅24 + 1⋅23 + 1⋅22 + 0⋅21 + 1⋅20
0 1 1 0 1 1 0 1
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Rapporto segnale rumore- L'errore di quantizzazione può essere considerato come
un rumore che si sovrappone al valore del livello di grigio del singolo campione.
Nota quindi la varianza del segnale, σf2, e la varianza del rumore di
quantizzazione,σn2, è possibile calcolare il rapporto segnale rumore:
⎛
⎜
⎛σ ⎞
σ f2
⎛S⎞
⎜
SNR = 10 • log⎜ ⎟ = 10 • log⎜⎜ ⎟⎟ = 10 • log
aq
⎜
⎝N⎠
⎝σ ⎠
⎜
⎝ 12 • 2 2 (m +1)
2
f
2
n
⎞
⎟
⎟=
⎟
⎟
⎠
⎛ σ f2 • 12 • 4 • 4 m ⎞
⎛a ⎞
⎟ = 6.02 • m + 16.81 − 10 • log⎜ q2 ⎟ db
= 10 • log⎜
⎜σ ⎟
⎜
⎟
aq
⎝ f⎠
⎝
⎠
L’aggiunta di un bit aumenta il SNR di 6 dB circa.
9.4 Qualità delle Immagini Mediche
La qualità di un'immagine medica dipende dal grado di chiarezza con cui una
specifica informazione può essere percepita dall'osservatore medico. Comunque è
necessario definire criteri oggettivi in grado di quantizzare il concetto di qualità di
una immagine. A tale scopo si introducono tre parametri, la nitidezza (sharpness), il
contrasto (contrast) ed il rumore (noise), usati per definire quantitativamente la
qualità di un'immagine medica.
-Nitidezza (Sharpness)
consiste principalmente nella capacità di un sistema di presentare (e dunque
permettere di distinguere) i dettagli più fini di un immagine. Il deterioramento dei
dettagli è principalmente dovuta alla risposta impulsiva dell'intero sistema di
immagini, la cosiddetta Point Spread Function (PSF). La Figura 9.5 dà il significato
della funzione PSF.
La nitidezza è valutata dalla risoluzione spaziale dell'immagine (potere risolutivo).
Quest'ultima è definita come la capacità di un sistema per immagini di distinguere
(visualizzare chiaramente) due piccoli punti ad alto contrasto vicini tra loro.
Quantitativamente, la risoluzione spaziale è determinata dalla più piccola distanza tra
due punti distinguibili ad alto contrasto o dall'ampiezza della FWHM (Full Width at
Ha1f Maximum) o dal parametro LSF (il numero di linee distinguibili per centimetro)
o dalla MTF (Modular Transfer Function) [vedi Fig. 9.6].
-Contrasto (Contrast)
è la possibilità di distinguere dettagli dell'immagine a bassa differenza di luminosità
rispetto al campo di fondo (background). In altre parole si tratta della capacità di un
sistema per immagini di essere sensibile a piccole variazioni dell'intensità di
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radiazione incidente sugli elementi sensori e di visualizzare tali variazioni. Una causa
della degradazione del contrasto è la presenza di rumore.
PSF
δ(s)
Sistema di
acquisizione
s
s
Fourier
Transform
MTF
1/s
Figura 9.5 : Point Spread Function (PSF)
Per la valutazione del contrasto di un immagine è usato il termine risoluzione di
contrasto (contrast resolution) che è definito come la più piccola differenza di
intensità distinguibile tra una piccola area dell'immagine (di specifica forma e
grandezza) e lo sfondo (background).
Il contrasto può essere quantificato dall'equazione:
I area − I background
contrasto % =
I background
δ
Sistema di
acquisizione
s
s
PSF
I
I/2
FWHM
s
Figura 9.6 : FWHM (Full Width at Ha1f Maximum)
Pag. 178
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Elaborazione di Immagini
-Rumore (Noise)
Nel nostro caso il rumore è di natura statistica e dipendente dal segnale ma, senza una
grossa perdita di accuratezza. può essere considerato additivo e bianco. Il contributo
del rumore ad ogni pixel dell'immagine non è conosciuto ma una valutazione del
contento complessivo del rumore all'immagine può essere derivato da:
a) la deviazione standard dell'intensità del pixel in un area dell'immagine, dove il
segnale è relativamente costante. La formula usata per calcolare tale deviazione
⎛ 1 N
(x i − µ )⎞⎟
∑
⎝ N − 1 i =1
⎠
standard è: SD = ⎜
dove: N è il numero di pixel su cui viene effettuata la misura, µ il valore medio dell'
intensità, xi il valore del singolo pixel.
b) la densità spettrale di potenza del rumore, la quale può essere approssimativamente
valutata dalle componenti armoniche ad alta frequenza dell'immagine, dove il
rapporto segnale rumore è piccolo (prevale il rumore). Se il rumore è considerato
bianco allora, lungo tutto il campo di variazione dello spettro dell'immagine, la
densità spettrale di potenza del rumore sarà costante.
Infine un parametro generale di qualità di una immagine può essere
approssimativamente valutato dall'equazione:
2
2
(
Sharpness ) (Contrast )
Im ageQuality =
NoisePowerSpect.
La formula precedente può essere usata nella valutazione di varie immagini mediche.
9.5 Elaborazione delle immagini (Image Enhancement)
L'obbiettivo che le tecniche di elaborazione si propongono è quello di manipolare
appropriatamente la matrice rappresentativa dell'immagine in modo che l'immagine
ottenuta sia di qualità superiore, potendo cosi fornire ulteriori informazioni al medico.
Ci sono diverse tecniche di elaborazione dell'immagine il cui impiego dipende dallo
specifico problema applicativo e dall'osservatore stesso.
Queste tecniche cercano di ridurre una delle cause della degradazione dell'immagine,
quest'ultima descritta da un modello generale di degradazione dell'immagine (Fig.
9.7) da cui l'equazione:
y(nl,n2) = x(nl,n2) h(nl,n2)+ d(nl,n2)
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1) Il termine di convoluzione x(nl,n2)*h(nl,n2) usualmente sopprime il contenuto
frequenziale medio-alto dell'immagine producendo uno smussamento dei contorni ed
in generale delle ripide variazioni del segnale, con una conseguente perdita di
dettaglio dell'immagine. Naturalmente h(nl,n2)non è altro che la Point Spread
Function dell’intero sistema.
x(n1, n2)
IMAGE
h(n1, n2)
P.S.F.
y(n1, n2)
d(n1, n2)
noise
Figura 9.7 : modello di degradazione dell’immagine
2) Il termine d(n1,n2) rappresenta il rumore. Ricordiamo ancora una volta che tale
rumore è di natura statistica e, con buona approssimazione, può essere considerato
additivo ed indipendente dal segnale (sebbene tali ipotesi non siano sempre valide!).
Ci sono tre principali categorie di tecniche per il miglioramento della qualità
dell’immagine:
Image Smooting
Image Sharpening
Manipolazione della scala dei grigi
Per diminuire il rumore
Per diminuire lo sfocamento dell’immagine
per aumentare il contrasto
L'elaborazione di immagini può essere effettuata o nel dominio spaziale o nel
dominio delle frequenze, poiché le operazioni di convoluzione possono essere
effettuate indifferentemente in entrambi i domini. Per questa ragione, nel seguito, si
esamineranno le tecniche in entrambi i domini.
Possiamo dividere le tecniche ed i filtraggi usati in due grandi categorie:
⎯ LINEARI
⎯ NON LINEARI
per gli algoritmi lineari varranno tutte le regole più comunemente utilizzate per
elaborare segnali digitali (varrà dunque la teoria classica di Fourier, si potrà operare
indifferentemente nel dominio dello spazio e delle frequenze, eseguire convoluzioni
ecc.) mentre le tecniche non lineari andranno esaminate caso per caso e saranno di
solito associate alla soluzione di particolari problemi.
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9.5.1 Image Smoothing
L' Image Smoothing riguarda le tecniche di elaborazione delle immagini, per ottenere
una soppressione del rumore, che per varie ragioni (es. errori introdotti dai sensori,
trasmissione, natura statistica delle radiazioni, campionamento, quantizzazione, ecc.)
risiede nelle immagini. Normalmente, il rumore riscontrabile nelle immagini mediche
è di carattere statistico ed occupa principalmente la banda di alta frequenza delle
immagini. Infatti gran parte del rumore si presenta come una variazione relativamente
ampia ed isolata di luminosità, spazialmente non correlata con i valori vicini: a causa
di questa mancanza di correlazione il rumore presenta componenti frequenziali
spaziali maggiori di quelle contenute nell'immagine stessa. Dunque, le tecniche di
image smoothing sono in effetti tecniche di soppressione delle alte frequenze o
meglio di filtraggio passa-basso. L'ovvia ripercussione dell'uso di tali tecniche sul
contenuto informativo dell'immagine è la soppressione di informazioni utili
dell'immagine ad alta frequenza; il risultato è uno smussamento (sfocamento) dei
contorni ed una degradazione del dettaglio dell'immagine. Bisogna dunque essere
cauti nel grado di smoothing da usare.
9.5.1.1 Media Locale (LocaI averaging)
Caso monodimensionale 1D.
Nel caso monodimensionale l'equazione che descrive il processo di degradazione del
segnale può essere formulata come:
y(n)=x(n)⋅h(n) + d(n) = x'(n) + d(n)
avendo indicato con x'(n) la convoluzione x(n) ⋅ h(n). Denominiamo lf(n) la risposta
impulsiva del filtro che intendiamo usare ed applichiamolo all'immagine y(n). Per
semplicità esplicativa e computazionale, consideriamo il filtro:
lf(n)= (l/N}{l l l, ..., l} (N termini)
allora il segnale in uscita da tale filtro y’(n) sarà data dall’espressione:
N -1
y' (n) = y(n) ∗ lf(n) = [x' (n) + d(n)] ∗ lf(n) = ∑ [x' (n - k) + d(n - k)] ∗ lf(n)
k =0
Ora per N=2 si ha lf(n)=1/2 { l, l} dalla precedente si ottiene:
y' (n) =
1
(x' (n) + x' (n - 1) ) + 1 (d(n) + d(n - 1) )
2
2
analogamente per N=M generico si ottiene:
y'(n) = 1/M[x'(n)+x'(n-l)+…x'{n-M+1)}-1/M[d(n)+d(n-I)+...+d(n-M+1)]
Ora se il rumore è considerato bianco e a media nulla ci si aspetta che il suo valor
medio tenda a zero, così, più grande sarà M più il secondo termine sarà prossimo a
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zero. Dunque, se si vuole filtrare il segnale dal rumore, possiamo sostituire ogni
punto del segnale con la media aritmetica effettuata sugli M punti vicini.
Si deve usare cautela nel dimensionare M, poiché un M grande sopprimerà
notevolmente il contenuto in alta frequenza del segnale.
Per implementare questo filtro si usa comunemente la formula:
y' (n ) =
1 ( M−1) / 2
∑ x(n − k) (per M dispari)
M k=− ( M−1) / 2
Il filtro è anche chiamato Media Mobile (Moving Average) in quanto si ottiene
applicando localmente la media muovendosi lungo il segnale. Per la risposta in
frequenza del filtro vedi capitolo 5 pag. 82
Caso bidimensionale 2D.
Come al solito descriviamo il processo di degradazione dell'immagine con
l'equazione:
y(n1,n2) = x(n1,n2) * h(n1,n2) + d(n1,n2)
ed il processo di filtraggio con l'equazione:
y(n1,n2) = y(n1,n2) * lf(n1,n2)
ora consideriamo il filtro lf(n1,n2) descritto da:
1
1 1
lf (n 1 , n 2 ) = 2
M Κ
1
1
1
Κ
1
Κ
Κ
Κ
Κ
1
1
Κ
1
allora l'equazione può essere scritta come:
y(n1 , n 2 ) =
( M −1) 2
∑
( M −1) 2
∑ x (n
l = − ( M −1) 2 k = − ( M −1) 2
1
− l, n 2 − k ) • lf (l, k )
Supponendo M=3, allora l'equazione ci dice che una matrice 3x3 (la cosiddetta
Maschera - mask) si muove sull'intera immagine (che a sua volta è una matrice),
calcolando localmente la convoluzione bidimensionale. Dunque nel caso considerato
(M=3) si avrà:
1 1 1
1
lf (n1 , n 2 ) = 1 1 1
9
1 1 1
ed il valore del pixel y(n1,n2) risulterà essere la media aritmetica calcolata sul pixel
originario x(n1,n2) e gli 8 pixel adiacenti (media locale). Cioè:
y(n1 , n 2 ) =
1
1
∑ ∑ x (n
l = −1 k = − 1
1
− l, n 2 − k )
Pag. 182
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In generale vi sono vari filtri (maschere) che combinano in modi diversi i punti vicini
al punto centrale x(n1,n2) assegnando a questi differenti pesi.
Le maschere più popolari sono:
1 1 1
1
1 1 1
9
1 1 1
1 1 1
1
1 2 1
10
1 1 1
SM1
0 1 0
1
1 1 1
5
0 1 0
SM2
SM3
1 2 1
1
2 4 2
16
1 2 1
SM4
Qui di seguito riportiamo alcune maschere (3X3) e le FFT bidimensionali ad esse
associate.
Si noti il carattere passa basso di tali filtri e le differenze tra le varie maschere.
La prima maschera non è altro che l'analogo bidimensionale della finestra Π(s),
dunque la sua trasformata sarà un SINC bidimensionale.
1
Magnitude
0.8
0.6
0.4
0.2
0
1
0.5
1
0.5
0
0
-0.5
Fy
-0.5
-1
-1
Fx
1 1 1
1
Figura 9.8 a : funzione di trasferimento per il filtro SM1 1 1 1
9
1 1 1
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1
Magnitude
0.8
0.6
0.4
0.2
0
1
0.5
1
0.5
0
0
-0.5
-0.5
-1
Fy
-1
Fx
0 1 0
1
Figura 9.8 b : funzione di trasferimento per il filtro SM2 1 1 1
5
0 1 0
1
Magnitude
0.8
0.6
0.4
0.2
0
1
0.5
1
0.5
0
0
-0.5
Fy
-0.5
-1
-1
Fx
1 1 1
1
Figura 9.8 c : funzione di trasferimento per il filtro SM3 1 2 1
10
1 1 1
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Elaborazione di Immagini
1
Magnitude
0.8
0.6
0.4
0.2
0
1
0.5
1
0.5
0
0
-0.5
Fy
-0.5
-1
-1
Fx
1 2 1
1
Figura 9.8 d : funzione di trasferimento per il filtro SM4
2 4 2
16
1 2 1
9.5.1.2 Media locale selettiva
Come già menzionato, il calcolo della media locale (local averaging) può ridurre il
rumore, ma allo stesso tempo riduce le alte frequenze dell'immagine. Onde evitare
questa dannosa conseguenza sono stati creati algoritmi che implementano una media
locale condizionale. L'idea è che il filtraggio è applicato o meno a seconda che alcune
condizioni siano soddisfatte. Ad esempio si può pensare di usare un riconoscimento
di fronti o contorni (edge or boundary detection) ed applicare il filtraggio passa-basso
solo se non si è in presenza di parti dell'immagine a contenenti alta frequenza (fronti).
9.5.1.3 Filtri a mediana (Median Filters)
Si ricordi che la mediana di n campioni (usualmente dispari) si ottiene ordinando i
valori dei campioni in ordine crescente o decrescente di grandezza e prelevando il
termine che bipartisce la sequenza ordinata dei valori in due successioni di egual
numero di termini, gli uni di valore inferiore alla mediana stessa, gli altri di valore
superiore.
Pag. 185