False identità nel web: dai ritocchi al vero e proprio camaleontismo al Fake Ritocchi e SND Dalla chirurgia plastica a photoshop a snapseed La costruzione del sé e l’identità personale Il “Sè” è un termine che definisce un concetto complesso e per certi versi paradossale, collegato strettamente all’identità personale. La parola Sè è usata spesso con connotazioni sostanzialistiche e spiritualistiche per indicare un’individualità, ciò che distingue e rende unica una persona, ma allo stesso tempo parlare di un Sè non ha senso senza il confronto con un’alterità che lo delimiti e lo separi dal non-Sé. Quindi, se da un lato il concetto di Sè è legato all’esperienza soggettiva, intima, introspettiva dell’individuo, dall’altro implica, per sua stessa definizione, una dimensione interpersonale a cui riferirsi: in altre parole il Sè esiste, assume significato e forma, solo all’interno di una relazione che ne individui i confini e gli attributi. Costruiamo infatti le nostre prime percezioni di noi stessi dal modo in cui gli altri ci percepiscono e dal modo in cui ci percepiamo nei rapporti con gli altri. In rapporto alle diverse esperienze di sè con l’altro, che iniziano dalla primissima infanzia e in seguito si integrano in funzione dei ruoli ricoperti nella società allargata, possiamo trovare una pluralità di rappresentazioni di Sè in ogni individuo differenti per centralità e chiarezza. (consapevole e inconsapevoli) Un’identità stabile scaturisce dal senso di continuità e coerenza tra queste diverse esperienze di sè. Identità nel cyberspazio I più recenti mezzi di comunicazione telematica sembrano dissolvere i confini dell’identità. L’individuo postmoderno vuole essere un camaleonte sociale che prende in prestito frammenti di identità ovunque per combinarle in modo da costruire un sé che sia il più possibile adatto alla situazione- relazione in cui l’individuo è inserito, piuttosto che coerente con la “vera identità” Si assiste così ad un processo definibile come “moltiplicazione del sé (che non rientra in uno schema di coerenza). Identità nel cyberspazio: Il carnevale digitale Quando, offline, si incontra un'altra persona, la prima azione che si compie è senza dubbio quella di valutare chi o che cosa è l'altro. Una premessa basilare per le dinamiche interazionali sembra essere la possibilità e la capacità di categorizzare l'altro in modo significativo, al fine di poter gestire in modo adeguato l'interazione: dal genere, dalla razza d'appartenenza e dall'età. Nel "regno" del cyberspazio tali caratteristiche perdono la loro salienza nel processo di categorizzazione valutativa del sé e dell'altro (O'Brien, 1999). In Rete, infatti, non è possibile soltanto comunicare quasi istantaneamente con persone geograficamente e culturalmente distanti, ma anche sperimentare l'opportunità di viaggiare attraverso lo spazio virtuale nelle vesti di una persona totalmente diversa da ciò che si è nella "vita reale". Poiché le conversazioni elettroniche avvengono "without considerations that derive from the presence to the partner of their body, their voice, their sex, many of the marking of personal history, conversationalists are in the position of fiction writers" (Poster, 1990, p. 117). Corpo vs testo il cyberspazio rappresenterebbe una sorta di "paese delle meraviglie", una specie di "regno amorfo" in cui le identità sono liquide, intangibili. sembra quasi che il gioco delle diverse identità che nella rete ha luogo e che vede il frammentarsi/moltiplicarsi dell’identità stessa, sia la conseguenza diretta della volontà dell’individuo di trovare espressione in uno “spazio” libero da ogni costrizione sociale circa il modo di apparire. Senza far riferimento in maniera univoca a identità “istituzionali” – quali quelle di moglie/marito, padre/madre, ecc. – perché rifiuta di identificarsi in schemi rigidi. Scoperta di parti di sé o Frammentazione dell’identità ??? Sviluppare parti di sè L'assenza del corpo e dei parametri propri della comunicazione non verbale da un lato evita che si formino pregiudizi, dall'altro facilita comportamenti disinibiti. Infatti, come afferma Pravettoni (2002) "il testo, presenta un grado di veridicità e credibilità ben diverso dal "testo del corpo". Comunicare solamente attraverso il testo offre l'opportunità di essere se stessi, di esprimere solo una parte della propria identità, di rimanere completamente anonimi oppure di assumere identità multiple o fittizie. Online esiste l'opportunità di focalizzarsi su particolari aspetti della propria identità e svilupparli. É inoltre possibile, alle persone, esplorare ed esprimere altri versanti della propria personalità e del proprio sé che non riescono a manifestarsi nelle interazioni face to face. In Rete, ad esempio, alcuni tendono ad incrementare l'emergere dei tratti più positivi, altri, invece, si focalizzano su alcuni tratti considerati negativi nel tentativo di trasformarli o di cambiare il proprio atteggiamento verso di loro. Turkle (1995) riporta le affermazioni di alcuni partecipanti ad un gruppo di discussione di The WELL sulle personae online. L'esperienza vissuta nell'ambiente virtuale è considerata da molte persone un'occasione nuova e importante per riflettere maggiormente su alcuni aspetti che solitamente vengono dati per scontati. "La faccenda della personalità (personae) (….) è la possibilità, per tutti noi che non siamo attori, di interpretare varie maschere. E pensiamo alle maschere che indossiamo ogni giorno" (Turkle, 1995). L'identità online sembra, dunque, costituire un espediente per pensare al sé: l'ambiente virtuale diviene una sorta di "spazio d'analisi" e l'emergere di alcuni aspetti del sé si può paragonare a ciò che accade in un incontro psicoanalitico. L'identità non è più un'entità unica e singola, ma è frammentaria, molteplice, è un "pastiche di personalità". Frammentazione identità Chi sono io? e….l’ Esserci, l’Esserci-con e l’Esserci-per ? In tal senso sembra ovvio che nel cyberspazio l’autenticità delle relazioni umane sia sempre posta in dubbio, a causa della molteplicità di maschere che si possono assumere e della distanza che è maggiore, rispetto a quella della vita reale. Cos’è un Definizione Nella lingua inglese, il vocabolo "fake" indica "an object that seems genuine but is not", "something completely untrue", "a person who tries to deceive by pretending to be what he is not". Fake indica dunque un falso, un inganno, l'imitazione di qualcosa o qualcuno. In Rete, il termine si riferisce ai casi di simulazione di un'identità fittizia o di scambio e appropriazione di nickname altrui. Nel cyberspazio, infatti, non sempre i "marchi" che definiscono un'identità sono stabili (Donath, 1999) Tipi di fake: Gender-swapping Molti autori (Stone, 1995; Turkle, 1995; Whitley, 1997; Danet, 1999; O'Brien, 1999; Suler, 2001) concordano nel ritenere che la tipologia di fake più nota e diffusa sia quella caratterizzata dal cambiare il proprio genere per scoprire che cosa accade: tale fenomeno viene definito gender-swapping o genderswitching. Il gender-swapping è una delle più affascinanti ed intriganti occasioni di emancipazione ed esplorazione della propria identità. Il cambio di genere, infatti, continua ad essere uno dei tabù più radicati anche nelle società occidentali. Nell’ambiente elettronico, invece, cambiare il genere sessuale risulta piuttosto semplice. In una chat o in un newsgroup il primo passo può essere semplicemente la scelta di un nickname maschile o femminile, a seconda del caso. In un ambiente grafico, è invece necessario anche disegnare il proprio avatar in modo che abbia sembianze del sesso opposto. Secondo Suler (2001): "il gender-swapping è probabilmente molto più diffuso di quanto non si pensi. Chiunque abbastanza familiare con la vita del cyberspazio ne ha sentito parlare o lo ha addirittura provato» Questa tendenza, che originariamente era tipicamente maschile, è oggi comune a entrambi i sessi. Il gender-swapping ha causato un sentimento di circospezione e sfiducia fra i netsurfers, soprattutto dopo numerosi casi di persone che, in completa buona fede, hanno investito molto, in termini di affetto, in una relazione virtuale successivamente rivelatasi un'effimera bolla di sapone a causa dell'inganno perpetrato dal proprio interlocutore. Se, da un lato, può essere costruttivo, utile, o semplicemente divertente esplorare l'universo del genere opposto attraverso un travestimento in Rete, dall'altro, bisogna considerare che non è corretto ferire o ingannare gli altri. Tipi di fake: Fake di razza Una delle prime domande che vengono poste durante una conversazione virtuale è "Da dove dgt?", o "Where are you from?". Spesso, infatti, non si ha alcuna idea a proposito della nazionalità del proprio interlocutore o della sua etnicità, ossia della razza cui appartiene. Anche se l'avvento delle nuove tecnologie sembra annullare le distanze geografiche e, contemporaneamente, le differenze etniche e culturali, sembra che "la preoccupazione del "chi si è" tradotta nel "dove si è", resiste anche nello spazio senza confini di Internet" (Bitti, 2000). In alcuni newsgroup americani, si sono verificati casi di fake relativi alla razza d'appartenenza: gli Afro-Americans, gli Asian-Americans o gli HispanoAmericans, talvolta celano la loro reale identità etnica per evitare di ricevere insulti o post offensivi da parte degli altri partecipanti, per godere di maggior considerazione, oppure per non essere trattati, anche in Rete, con discriminazione. Tipi di fake: Fake di età Mentre nelle conversazioni face to face ci si rende immediatamente conto che il proprio interlocutore è un ragazzino, piuttosto che un adulto, in Rete è possibile "falsificare" anche la propria età anagrafica, presentandosi come una persona più giovane o più anziana di ciò che si è in realtà. Spesso, sono gli adolescenti che, ad esempio, per rendersi più credibili all'interno di un newsgroup, o per permettere che le informazioni riportate nella loro homepage siano ritenute veritiere, dichiarano un'età superiore a quella reale. In alcuni newsgroup accade talvolta che persone esperte e preparate relativamente ad un argomento non siano studiosi e cultori della materia, come pensa la maggior parte dei membri della comunità, ma siano in realtà adolescenti, desiderosi di poter partecipare alle discussioni senza il rischio di essere presi in giro o di non essere considerati affidabili e credibili a causa della loro età. Un adolescente può mettere in atto un fake omettendo l'età o mentendo relativamente ad essa, per poter comunicare "alla pari" con gli adulti, o per poter accedere più liberamente alle stesse "attività virtuali" alle quali hanno accesso gli adulti, come ad esempio il cybersex. Tipi di fake: I troll Si definisce trolling un gioco di finzione messo in atto per deridere o danneggiare i partecipanti ad un "gruppo virtuale". I troll, dunque, sono solitamente creati per divertimento o per prendere in giro qualcuno. All'interno di una comunità virtuale, il sospetto di essere un troll grava in genere su persone comparse da poco che per le loro caratteristiche provocatorie finiscono spesso per causare accesi litigi. La presenza di un troll in un newsgroup può essere dannosa per diversi motivi: - sconvolge le discussioni all'interno del gruppo; - mette in cattiva luce un membro del gruppo o diffonde notizie fasulle per creare tensioni e litigi fra i partecipanti; - danneggia il sentimento di fiducia presente all'interno della comunità Tipi di fake: La "personificazione" In questo caso, l'identità di una persona è gravemente minacciata e la sua reputazione può essere compromessa. In Rete, rispetto alle situazioni offline, è relativamente semplice fingersi qualcun altro e "prendere il suo posto« per mettere in cattiva luce nei confronti del gruppo questa persona. Lo pseudonimo, infatti, rende possibile una certa stabilità nei ruoli assunti all'interno dei gruppi: l'appropriazione del proprio nick da parte di un'altra persona è percepita, dunque, come un vero e proprio "furto d'identità" e spesso viene punita con l'espulsione dal canale o dal gruppo stesso. È chiaro che il successo e la riuscita di una "personificazione" dipende dal valore diffamatorio dei post fasulli e dal credito loro attribuito dagli altri partecipanti. Rivista studio, novembre 2014: 3 diversi tipi di avatar fake «facebook non sa con certezza quanti profili falsi esistano, ma se ne stimano attorno ai 140 milioni. Hanno molti amici, hanno pochi interessi e aggiornano poco lo status.» Lo scammer E’ il Wanna Marchi della rete, ovvero la finzione per allocchi, la truffa monetaria, il raggiro in serie. Generalmente è un’operazione che al torto dell’inganno aggiunge il fastidio della sciatteria, e coinvolge un pubblico più ampio possibile, del tipo: ogni 1000 uno ci casca. A tutti sarà successo di ricevere una mail sgrammaticata in cui un dottore del Ghana ci chiede dei soldi per la sua ricerca medica; oppure, c’è una bambina in fin di vita, con una malattia rarissima, e l’indigenza non le consente di salvarsi ma, per fortuna, ha un conto aperto a suo nome. Conto a cui possiamo fare un veloce trasferimento con un link e i nostri dati. Generalmente, ma non sempre, gli scammer sono bot, cioè non esistono, non sono persone bensì il risultato di un codice che come obiettivo ha di inviare tot messaggi standard a più persone e scucir loro denaro. L’avatar mascherato Vale a dire colui che non solo costruisce un’identità online più o meno verosimile, ma lo fa con l’intenzione di interpretare un ruolo diverso da quello che ha nella sua vita. Lo fa principalmente per sedurci in siti d’incontro o sui social. Oltre all’avatar, cioè alla sua rappresentazione online, che già è una costruzione filtrata dalla soggettività, aggiunge una maschera. La quale può essere: sexy, intelligente, di status ecc. È un meccanismo d’evasione consapevole. Il successo dell’operazione dipende dal grado di accuratezza che intende metterci. Se è un uomo utilizzerà la foto di qualcuno con più capelli, con più muscoli, più alto, più dotato; e magari dirà di aver letto tutto Nabokov, di abitare a Milano anziché a Vimercate, e di avere una startup che lo sta facendo guadagnare bene. Non conosce confini di genere: puoi essere una donna e fingerti un uomo (raro) o un uomo e fingerti una donna (molto comune). Gli avatar mimetici Quelli svelati. Quelli che non ci provano neanche a imbrogliarci, ma anzi piazzano un «profilo parodico» o «fake» vicino al nome, per i più impressionabili, con cui intendono sottotitolare l’operazione umoristica con un «stiamo scherzando». Gli avatar mimetici sono il brutto nome con cui possiamo definire tutti quei profili di persone, note o meno, la cui identità è replicata più o meno fedelmente. Perché si mette in atto il fake? …. Per gioco…per noia….per truffare… ma anche Sperimentazione degli aspetti del sé Attuare un fake spesso può servire a sperimentare nuove parti di sé che non riescono a manifestarsi offline, oppure può costituire un modo per costruirsi a poco a poco un'identità stabile. Quest'ultimo è un caso che riguarda soprattutto gli adolescenti, i quali possono creare, in Rete, personaggi fittizi per favorire lo sviluppo del sé. Internet, e la sperimentazione di identità sempre nuove e diverse, può fornire agli adolescenti lo spazio per vivere in modo nuovo la cosiddetta "moratoria psicosociale" (Erikson, 1963), cioè quel periodo caratterizzato dalla temporanea sospensione delle scelte esistenziali definitive e vincolanti e dominato invece da interazioni intense con la gente e con le idee, da amicizie appassionate e da sperimentazioni di esperienze e ruoli diversi. La moratoria adolescenziale facilita lo sviluppo del senso personale, di ciò che dà significato alla vita. offline, tuttavia, la moratoria non è mai assoluta, in quanto la sperimentazione comporta sempre dei rischi (Oliverio Ferraris, Malavasi, 2001). Al contrario, le comunità virtuali costituiscono uno spazio in cui la moratoria può essere assoluta e priva di pericoli: in Rete, infatti, un adolescente può osare di più, giocare con i ruoli che preferisce, indossare ogni volta una maschera diversa, mettersi alla prova negli scenari più svariati e sperimentare sé alternativi. Con Internet, dunque, si ha a disposizione un nuovo palcoscenico su cui muoversi senza rischi e senza problemi. Il "mondo virtuale" potrebbe essere metaforicamente visto come una palestra, in cui esercitarsi a sperimentare i vari aspetti di sé, per potenziare le qualità positive e riuscire, quindi, a farle emergere anche offline. Le esperienze in Rete possono aiutare a migliorare la propria persona, a conoscersi meglio, a esplorare nuove parti di sé prima ignote (Stone, 1995; Turkle, 1995; Suler, 2001). Il gioco della seduzione Sedurre è un modo di compensare un bisogno, generalmente riguardante l'autostima e l'autopercezione. Avere successo in un processo di seduzione significa essere in grado di valere sull'altro, di produrre un valore che diviene oggetto del desiderio altrui. Non sempre, tuttavia, si seduce per gratificare un bisogno: molte persone lo fanno perché lo considerano divertente, un gioco, un'emozione intellettuale, persino una sfida. comportamento di Don Giovanni: egli, nel momento in cui si è consumata la seduzione, sente un bisogno quasi compulsivo di passare ad un nuovo atto seduttivo. Seducendo si risolve un bisogno comportamentale, che consiste nell'entrare in contatto con altre persone, senza che il contatto conduca ad una conoscenza definitiva. Si seduce per continuare a sedurre. Il grande palcoscenico virtuale rappresentato da Internet è terreno fertile per un simile atteggiamento: di fatto, è a tutti possibile essere un "Don Giovanni virtuale", un seduttore incallito e senza scrupoli, peraltro senza rischi, grazie all'anonimato, o piuttosto grazie alla maschera che si decide di indossare. Del resto, giocare con la seduzione significa giocare con la propria persona online, con la rappresentazione che si mette in scena nell'immenso "teatro virtuale" costituito dalla Rete. Per "farsi sentire", per contraddistinguersi fra i numerosi netsurfers che popolano la Rete, è necessario mostrare un'immagine interessante e brillante, attraverso le proprie competenze comunicative. Il desiderio di "emergere", di apparire intriganti, di esercitare un certo fascino sul proprio interlocutore "virtuale", può indurre ad inscenare un vero e proprio fake, o a modificare in modo più o meno accentuato alcune caratteristiche personali. Le motivazioni che inducono al gender-swapping: Perché un uomo sceglie di attuare un female-switching Molti uomini inscenano in Rete un ruolo femminile (O'Brien, 1999; Suler, 2001): • per esprimere il lato "femminile" che, offline, sentono di dover nascondere a causa di pregiudizi o di pressanti stereotipi culturali; • per attirare maggiore attenzione su se stessi: in Rete, infatti, accade frequentemente che un uomo sia meno considerato all'interno di un newsgroup o di una chat room. Se, invece, ci si presenta con un nickname femminile, connotato in modo sensuale, la reazione degli altri è quasi istantanea. Un uomo "travestitosi" da donna può addirittura provare una sensazione di potere e di controllo sugli altri maschi caduti nella trappola virtuale del travestimento; • per investigare il rapporto uomo-donna adottando un diverso punto di vista: possono interagire con gli uomini e sperimentare cosa si prova ad essere una donna. Le conoscenze acquisite possono poi essere usate positivamente, per cercare di migliorare i rapporti con la propria partner, o con le donne in generale, oppure possono essere sfruttate negativamente, per ottenere maggior potere e controllo all'interno di una relazione; • per agire, più o meno consapevolmente, sentimenti omosessuali, attraverso la ricerca di affetto, intimità o sesso virtuale da parte di altri uomini. Alcune persone, invece, praticano sesso virtuale con altri uomini simulando un'identità femminile, per il semplice scopo di prendere in giro gli altri internauti. Solitamente, i loro travestimenti sono identificati da un nickname allusivo o provocatorio; • per estendere, in Rete, la propria identità reale: i transessuali e i travestiti possono essere attratti dal gender-swapping nel cyberspazio. Talvolta, invece, il travestimento virtuale può essere una manifestazione iniziale del cosiddetto disturbo da "confusione di genere", ossia un disturbo psicologico dove l'identità di genere maschile o femminile non si è ancora completamente sviluppata; • per acquisire, all'interno di un MUD o di altri ambienti virtuali a scopo ludico, un punteggio superiore o un ruolo più elevato nella gerarchia sociale, grazie all'aiuto offerto dagli altri partecipanti. In questi luoghi accade spesso, infatti, che i giocatori concedano una maggiore assistenza alle giocatrici (o presunte tali), facilitandole nel raggiungimento delle mete più alte. Le motivazioni che inducono al gender-swapping: Perché una donna sceglie di attuare un male-switching Anche se in misura minore, il fenomeno del travestimento online coinvolge anche le donne, le quali sono spinte dalle seguenti motivazioni: • scoprire come si comportano le altre donne con gli uomini; • poter conversare senza essere infastidite da avance e molestie di carattere sessuale; • per avere la possibilità di "essere prese sul serio" all'interno di gruppi di discussione specifici tipicamente maschili, come ad esempio free.it.discussioni.calcio; • all'interno di un MUD, per dimostrare la propria competenza nel raggiungere mete elevate senza l'aiuto degli altri. • per esprimere atteggiamenti aggressivi e violenti, che offline sono solitamente associati al comportamento maschile; • per imparare a "scrivere" un personaggio maschile seducente (Suler, 2001). Una delle donne intervistate da Suler ha rivelato di aver messo in atto un male-switching poiché intendeva creare un eroe maschile "ideale", che sarebbe diventato il protagonista del romanzo che stava scrivendo Compensazione Il cyberspazio rappresenta, per alcune persone, una sorta di "fuga" dalla monotonia o dai problemi della "vita reale" (Turkle, 1995). Non solo, costituisce anche un luogo in cui è possibile far emergere competenze e qualità che offline rimangono celate. La Rete diviene allora, grazie ai mezzi che mette a disposizione e alle opportunità che offre, una sorta di spazio di "compensazione" di eventuali carenze e limitazioni presenti nella "vita reale". "Ognuno di noi è incompleto, a suo modo. L'ambiente virtuale può fornirci la sicurezza necessaria per poter manifestare quel che ci manca, in modo da iniziare ad accettarci così come siamo" (Turkle, 1995). Una persona che offline è riservata, timida e poco socievole può rivelarsi, grazie a notevoli abilità comunicative in Rete, un leader, un abile "oratore" e può così riuscire a catalizzare l'attenzione su di sé all'interno di una comunità virtuale. In particolare, all'interno dei MUD, dove è possibile creare non solo un personaggio, ma anche un vero e proprio "ambiente virtuale", le mancanze della vita quotidiana possono essere ampiamente colmate. Turkle (1995; 1996) presenta numerosi casi di ragazzi che cercano una sorta di "via di fuga" all'interno dei MUD. Falso sé e bassa autostima Le persone con scarsa autostima possono infatti sfruttare il social network per fornire un’immagine falsa di se stessi. Il concetto di falso sé è stato studiato in psicologia a partire dalla fine degli anni ’50 da autori come Rogers e Winnicott. In realtà tutti noi abbiamo un falso sé, ovvero una maschera sociale che ci permette di entrare in relazione col mondo in maniera adattiva, flessibile e funzionale. Normalmente questo falso sé rappresenta però una parte minima della propria personalità, la quale è dominata dal vero sé, cioè dai bisogni genuini e reali. Quando però il divario tra la propria vera identità e il proprio sé ideale è avvertito come eccessivo, la persona può iniziare a strutturare un falso sé ipertrofico, ovvero una struttura psicologica non genuina la cui funzione è quella di proteggere e nascondere il proprio vero sé e ridurre i profondi vissuti di vergogna esperiti dal soggetto. Per Winnicott, in questi casi sarà il falso sé a crescere ed estendersi sempre di più, mentre il vero sé resterà immaturo e poco sviluppato. Questo enorme divario tra il vero e il falso sé è un fenomeno molto comune nella società contemporanea e può portare a problematiche psicologiche e vulnerabilità che talvolta possono sfociare in veri e propri disturbi. È facile intuire, quindi, che Facebook rappresenta una grossa opportunità per alimentare il falso sé nei soggetti insicuri. In questi casi l’utente crea un profilo e si presenta con una versione “migliorata” della propria vera identità, più vicina a come si vorrebbe essere, in modo da ridurre l’incongruenza tra il sé reale e il sé ideale. …..anche uno studio pubblicato su «Frontiers in Psychology» lo rileva Gli autori hanno reclutato 258 soggetti, ai quali sono stati somministrati alcuni test riguardanti lo stile d’attaccamento (ovvero la qualità della relazione con i genitori interiorizzata dai soggetti), il livello di autostima e il grado di autenticità con il quale affrontavano la propria vita reale. Inoltre è stato somministrato un questionario riguardante il grado di discrepanza, percepita dai soggetti, tra il proprio sé reale e la propria identità su Facebook. Quest’ultimo test misurava quindi il grado di falso sé attraverso il quale si presentavano sul social network. I risultati indicavano che, in media, tutti i partecipanti riportavano un certo grado di falso sé su Facebook. In altre parole, in genere i soggetti percepivano la propria identità su Facebook come differente rispetto a quella reale, ad esempio sottolineando i propri punti di forza, minimizzando le proprie debolezze e cercando di corrispondere alle pressioni sociali. Si tratta di aspetti che spesso rientrano nella normalità, dal momento che (come abbiamo detto) un certo grado di falso sé è presente in ognuno di noi. Alcuni soggetti, però, risultavano particolarmente inclini a mostrarsi in maniera falsa su Facebook, creando cioè un’identità che corrispondeva molto poco a ciò che erano veramente. Gli autori hanno rilevato che bassi livelli di autostima e di autenticità aumentavano la probabilità di presentarsi su Facebook con un falso sé. Questi bassi livelli di autostima e autenticità, a loro volta, erano determinati da un attaccamento insicuro. Catfish «Vuol dire pesce gatto e in gergo urbano viene definita in questo modo una persona che finge di essere qualcun altro sui Social Network solitamente per stringere una relazione virtuale, non si sa mai chi c'è dall'altra parte dello schermo» E’ reato? • Creare una falsa identità in internet può mandarvi in prigione. Lo ha stabilito la corte di Cassazione. Nella sentenza 46674, infatti, i Supremi giudici hanno stabilito che nel web spacciarsi per una persona diversa da quella che si è in realtà è reato, perché si lede la fede pubblica degli utenti che credono di parlare con una persona diversa da quella che si è nella quotidianità. E questo sia che ci si sostituisca ad un'altra persona usandone il cognome, sia attraverso un account di posta elettronica ottenuto fornendo false generalità. …. In realtà fino a poco tempo fa il reato scattava soltanto se ci si appropriava dell'intera identità virtuale di una persona, creando un account di posta elettronica uguale o riuscendo ad accedere in quello originale. Ma da adesso, spiega la Corte Suprema, sarà condannato anche chi, con falso nickname, attribuisce alla nuova identità alcune caratteristiche o "segnali" che appartengono ad un utente realmente esistente. ‹‹Il reato di sostituzione di persona ricorre non solo quando si sostituisce illegittimamente la propria all'altrui persona, ma anche quando si attribuisce ad altri un falso nome o un falso stato ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, dovendosi intendere per 'nome' non solo il nome di battesimo ma anche tutti i contrassegni di identità››. Se il nickname si riconduce ad un soggetto ben preciso ha il valore di uno pseudonimo, e quindi «la sua attribuzione a sè o ad altri, integra il reato di sostituzione di persona». Tecnologia (nov.2015) Facebook cambierà ancora la sua politica in merito all'utilizzo di nomi di fantasia per registrarsi sul social network. Sarà nuovamente permesso utilizzare degli pseudonimi, purché vengano giustificati. Il social network di Mark Zuckerberg ha iniziato una furiosa lotta all'utilizzo di pseudonimi. Diversi account sono stati bloccati per quindici giorni ed è stato richiesto agli utenti di modificare il nominativo d'iscrizione, oltre a dover inviare fotocopia del documento d'identità per verificare la veridicità di quanto dichiarato. La motivazione dietro questa politica sarebbe legata ad evitare: Bullismo, pedofilia, truffe. Dietro l'utilizzo malevolo di un account Facebook possono celarsi diversi pericoli. Il nome e cognome risulta quindi fondamentale per garantire un uso corretto della piattaforma (o almeno limita i danni degli abusi). Tuttavia, molti utilizzatori hanno un concetto di Facebook diverso, molto più legato al virtuale piuttosto che alla vita reale. Per questa ragione, hanno mal digerito i controlli a campione eseguiti dal team di Zuckerberg. In seguito al malcontento generale, i responsabili del social hanno deciso di aprirsi a tolleranza maggiore, consentendo nuovamente l'utilizzo di pseudonimi. Facebook introdurrà due importanti novità a riguardo dell'iscrizione al social • Nelle prossime modifiche, effettive dal 2016, a favore della privacy degli utenti ci saranno importanti cambiamenti. Innanzitutto, l'utilizzo degli pseudonimi sarà garantito nuovamente, a patto però di specificare le ragioni della scelta di non usare il proprio nome reale. Al momento dell'iscrizione bisognerà infatti compilare un box in cui verranno spiegate le motivazioni personali legate all'uso di uno pseudonimo. Questo aiuterà il team a valutare ogni iscrizione al social. • Per supportare il cambio regole di Facebook, saranno rese più complesse le procedure per segnalare un utente che utilizza un soprannome in luogo del suo vero nome. In questo modo saranno limitati gli abusi di chi ricorre a questa pratica come forma di dispetto nei confronti di altri utenti. Quando la falsa identità diventa pericolosa Adesca una giovane su Facebook e poi cerca di violentarla (Il Tirreno, Dicembre 2013) Ha agganciato una ragazza di 15 anni su Facebook spacciandosi per una donna. Poi, mentre conquistava la fiducia della giovane, ha rivelato di essere un uomo (all’inizio spacciandosi per un 36 enne mentre in realtà di anni ne ha 76). Ma con modi educati e accattivanti ha continuato a chattare e parlare con la ragazza aiutandola a fare i compiti al telefono e pagandole ricariche per il cellulare. Quell’uomo romano dai modi gentili si è anche offerto di venire a conoscere la sua amica-vittima presentandosi alla sua famiglia. Anche in questo caso le sue buone maniere e il suo savoir-faire hanno avuto successo. E così i familiari hanno acconsentito che il signore accompagnasse la ragazza a prendere il gelato. Ma sulla strada del ritorno la maschera è stata gettata e l’orco ha tentato un approccio sessuale con la ragazza. La giovane ha raccontato l’accaduto alla madre e da lì sono partite delicatissime indagini condotte dalla polizia municipale di Pietrasanta e dal commissariato di Viareggio e coordinate dal pm Antonio Mariotti. Alla fine quell’uomo - un professionista di 76 romano incensurato è stato identificato. Subito è partito un blitz nella sua casa dove è stato trovato materiale pedopornografico. All’arrivo delle forze dell’ordine i suoi computer stavano ancora scaricando materiale da Internet. Così per il pedofilo è stato messo agli arresti domiciliari (il carcere non è ammesso sopra i 72 anni). Le indagini vanno ancora avanti per capire se nella rete dell’uomo siano cadute altre vittime. «Le chat e i social network sono un covo di insidie per i più giovani - dichiarano la dirigente del commissariato di Viareggio Gallucci e il comandante della polizia municipale di Pietrasanta Giovanni Fiori - i genitori devono fare attenzione e spiegare ai ragazzi come evitare le trappole. E quando ci sono sospetti non bisogna avere timore a rivolgersi alle forze dell’ordine”. Il Grooming: cos’è? • Essa può essere considerata una tecnica psicologica utilizzata per l’adescamento di minori in rete, attraverso le nuove tecnologie, in cui l’adulto, potenziale abusante, “cura” (dall’inglese “grooms”) la potenziale vittima, inducendo gradualmente il bambino o ragazzo a superare le resistenze attraverso tecniche di manipolazione psicologica. • Questi adulti, potenziali abusanti, sono soggetti che puntano ad assicurarsi la fiducia e la collaborazione di un bambino o di un adolescente contattato in Rete, allo scopo di coinvolgerlo, in un secondo momento, in attività a sfondo sessuale. Hanno dunque un obiettivo preciso: sono lucidi e determinati nell’avvicinare e ottenere le confidenze dei bambini, senza uscire allo scoperto finché non saranno riusciti nel loro intento, ed è anche per questo che non hanno alcun tipo di fretta nell’attuare i loro piani; infatti, l’attività di grooming può durare anche settimane o mesi e l’adescatore tenterà in ogni modo di diventare un vero e proprio confidente del bambino per averne pieno controllo e guadagnarsi la totale e incondizionata fiducia del minore. • Lo scopo finale è l’incontro “offline”, ossia dal vivo, in modo da poter perpetrare l’abuso sul minore e ciò avviene solo nel momento in cui il pedofilo si rende conto che il minore è completamente plagiato a livello mentale e invischiato nella relazione. le fasi del grooming (O’ Connell,2003) 1) Selezione delle vittime e contatto iniziale: consiste nella ricerca, da parte dell’adulto, di potenziali vittime minorenni nelle chat, che siano perlopiù vulnerabili, ingenue e disponibili, a cui seguirà una breve presentazione (più o meno veritiera) del potenziale abusante che poi chiederà al minore di raggiungerlo in una stanza privata della chat; 2) Creazione dell’amicizia: comprende l’uso, da parte dell’adulto, di una serie di tattiche di manipolazione psicologica (es. fingersi un bambino/adolescente) allo scopo di guadagnarsi la totale fiducia del minore, comportandosi anche con estrema pazienza e rispetto nei suoi confronti; 3) Creazione della relazione: è la fase in cui avviene un probabile passaggio all’uso di mezzi di comunicazione più intimi (es. cellulare o mail) e può durare anche mesi in quanto il fine è quello di diventare il maggior confidente del minore, facendogli credere che sia una relazione importante per entrambi; 4) Valutazione del rischio: è la fase in cui il potenziale abusante indaga quanto è grande il rischio di venire scoperto nel suo tentativo di adescamento; 5) Fase di esclusività: in cui l’adulto manipola il minore a livello psicologico, facendo leva sulla fiducia acquisita e sull’esclusività del loro rapporto, inducendolo a tenere segreta la loro relazione; 6) Fase sessuale: è la fase culminante in cui l’adulto introduce, nelle conversazioni con il minore, argomenti esplicitamente sessuali, approfittando della fiducia acquisita al fine di far abbandonare al minore le sue reticenze, cedendo così alle sue richieste.