False identità nel web: dai
ritocchi al vero e proprio
camaleontismo al Fake
Ritocchi e SND
Dalla chirurgia plastica a photoshop a snapseed
La costruzione del sé e l’identità
personale
Il “Sè” è un termine che definisce un concetto complesso e per certi versi paradossale, collegato strettamente
all’identità personale.
La parola Sè è usata spesso con connotazioni sostanzialistiche e spiritualistiche per indicare un’individualità,
ciò che distingue e rende unica una persona, ma allo stesso tempo parlare di un Sè non ha senso senza il
confronto con un’alterità che lo delimiti e lo separi dal non-Sé.
Quindi, se da un lato il concetto di Sè è legato all’esperienza soggettiva, intima, introspettiva dell’individuo,
dall’altro implica, per sua stessa definizione, una dimensione interpersonale a cui riferirsi: in altre parole il Sè
esiste, assume significato e forma, solo all’interno di una relazione che ne individui i confini e gli attributi.
Costruiamo infatti le nostre prime percezioni di noi stessi dal modo in cui gli altri ci percepiscono e dal modo
in cui ci percepiamo nei rapporti con gli altri.
In rapporto alle diverse esperienze di sè con l’altro, che iniziano dalla primissima infanzia e in seguito si
integrano in funzione dei ruoli ricoperti nella società allargata, possiamo trovare una pluralità di
rappresentazioni di Sè in ogni individuo differenti per centralità e chiarezza. (consapevole e inconsapevoli)
Un’identità stabile scaturisce dal senso di continuità e coerenza tra queste diverse esperienze di sè.
Identità nel cyberspazio
I più recenti mezzi di comunicazione telematica
sembrano dissolvere i confini dell’identità.
L’individuo postmoderno vuole essere un camaleonte sociale che
prende in prestito frammenti di identità ovunque per combinarle in
modo da costruire un sé che sia il più possibile adatto alla
situazione- relazione in cui l’individuo è inserito, piuttosto che
coerente con la “vera identità”
Si assiste così ad un processo definibile come “moltiplicazione del
sé (che non rientra in uno schema di coerenza).
Identità nel cyberspazio:
Il carnevale digitale
Quando, offline, si incontra un'altra persona, la prima azione che si compie è senza dubbio quella di valutare chi o che
cosa è l'altro. Una premessa basilare per le dinamiche interazionali sembra essere la possibilità e la capacità di
categorizzare l'altro in modo significativo, al fine di poter gestire in modo adeguato l'interazione: dal genere, dalla razza
d'appartenenza e dall'età.
Nel "regno" del cyberspazio tali caratteristiche perdono la loro salienza nel processo di categorizzazione valutativa del sé
e dell'altro (O'Brien, 1999).
In Rete, infatti, non è possibile soltanto comunicare quasi istantaneamente con persone geograficamente e culturalmente
distanti, ma anche sperimentare l'opportunità di viaggiare attraverso lo spazio virtuale nelle vesti di una persona
totalmente diversa da ciò che si è nella "vita reale".
Poiché le conversazioni elettroniche avvengono "without considerations that derive from the presence to the partner of
their body, their voice, their sex, many of the marking of personal history, conversationalists are in the position of fiction
writers" (Poster, 1990, p. 117).
Corpo vs testo
il cyberspazio rappresenterebbe una sorta di "paese delle meraviglie", una specie di "regno amorfo" in cui le identità sono
liquide, intangibili.
sembra quasi che il gioco delle diverse identità che nella rete ha luogo e che vede il frammentarsi/moltiplicarsi
dell’identità stessa, sia la conseguenza diretta della volontà dell’individuo di trovare espressione in uno “spazio” libero
da ogni costrizione sociale circa il modo di apparire. Senza far riferimento in maniera univoca a identità “istituzionali” –
quali quelle di moglie/marito, padre/madre, ecc. – perché rifiuta di identificarsi in schemi rigidi.
Scoperta di parti di sé o
Frammentazione dell’identità ???
Sviluppare parti di sè
L'assenza del corpo e dei parametri propri della comunicazione non verbale da un lato evita che si formino pregiudizi,
dall'altro facilita comportamenti disinibiti.
Infatti, come afferma Pravettoni (2002) "il testo, presenta un grado di veridicità e credibilità ben diverso dal "testo del
corpo". Comunicare solamente attraverso il testo offre l'opportunità di essere se stessi, di esprimere solo una parte della
propria identità, di rimanere completamente anonimi oppure di assumere identità multiple o fittizie.
Online esiste l'opportunità di focalizzarsi su particolari aspetti della propria identità e svilupparli.
É inoltre possibile, alle persone, esplorare ed esprimere altri versanti della propria personalità e del proprio sé che non
riescono a manifestarsi nelle interazioni face to face.
In Rete, ad esempio, alcuni tendono ad incrementare l'emergere dei tratti più positivi, altri, invece, si focalizzano su
alcuni tratti considerati negativi nel tentativo di trasformarli o di cambiare il proprio atteggiamento verso di loro.
Turkle (1995) riporta le affermazioni di alcuni partecipanti ad un gruppo di discussione di The WELL sulle personae
online. L'esperienza vissuta nell'ambiente virtuale è considerata da molte persone un'occasione nuova e importante per
riflettere maggiormente su alcuni aspetti che solitamente vengono dati per scontati. "La faccenda della personalità
(personae) (….) è la possibilità, per tutti noi che non siamo attori, di interpretare varie maschere. E pensiamo alle
maschere che indossiamo ogni giorno" (Turkle, 1995). L'identità online sembra, dunque, costituire un espediente per
pensare al sé: l'ambiente virtuale diviene una sorta di "spazio d'analisi" e l'emergere di alcuni aspetti del sé si può
paragonare a ciò che accade in un incontro psicoanalitico.
L'identità non è più un'entità unica e singola, ma è frammentaria, molteplice, è un "pastiche di personalità".
Frammentazione identità
Chi sono io?
e….l’ Esserci, l’Esserci-con e l’Esserci-per ?
In tal senso sembra ovvio che nel cyberspazio
l’autenticità delle relazioni umane sia sempre posta in
dubbio, a causa della molteplicità di maschere che si
possono assumere e della distanza che è maggiore,
rispetto a quella della vita reale.
Cos’è un
Definizione
Nella lingua inglese, il vocabolo "fake" indica "an object
that seems genuine but is not", "something completely
untrue", "a person who tries to deceive by pretending to be
what he is not". Fake indica dunque un falso, un inganno,
l'imitazione di qualcosa o qualcuno.
In Rete, il termine si riferisce ai casi di simulazione di
un'identità fittizia o di scambio e appropriazione di
nickname altrui. Nel cyberspazio, infatti,
non sempre i "marchi" che definiscono
un'identità sono stabili (Donath, 1999)
Tipi di fake: Gender-swapping
Molti autori (Stone, 1995; Turkle, 1995; Whitley, 1997; Danet, 1999; O'Brien, 1999; Suler, 2001)
concordano nel ritenere che la tipologia di fake più nota e diffusa sia quella caratterizzata dal cambiare il
proprio genere per scoprire che cosa accade: tale fenomeno viene definito gender-swapping o genderswitching. Il gender-swapping è una delle più affascinanti ed intriganti occasioni di emancipazione ed
esplorazione della propria identità.
Il cambio di genere, infatti, continua ad essere uno dei tabù più radicati anche nelle società occidentali.
Nell’ambiente elettronico, invece, cambiare il genere sessuale risulta piuttosto semplice. In una chat o in
un newsgroup il primo passo può essere semplicemente la scelta di un nickname maschile o femminile, a
seconda del caso. In un ambiente grafico, è invece necessario anche disegnare il proprio avatar in modo
che abbia sembianze del sesso opposto.
Secondo Suler (2001): "il gender-swapping è probabilmente molto più diffuso di quanto non si pensi.
Chiunque abbastanza familiare con la vita del cyberspazio ne ha sentito parlare o lo ha addirittura
provato»
Questa tendenza, che originariamente era tipicamente maschile, è oggi comune a entrambi i sessi. Il
gender-swapping ha causato un sentimento di circospezione e sfiducia fra i netsurfers, soprattutto dopo
numerosi casi di persone che, in completa buona fede, hanno investito molto, in termini di affetto, in una
relazione virtuale successivamente rivelatasi un'effimera bolla di sapone a causa dell'inganno perpetrato
dal proprio interlocutore.
Se, da un lato, può essere costruttivo, utile, o semplicemente divertente esplorare l'universo del genere
opposto attraverso un travestimento in Rete, dall'altro, bisogna considerare che non è corretto ferire o
ingannare gli altri.
Tipi di fake: Fake di razza
Una delle prime domande che vengono poste durante una conversazione
virtuale è "Da dove dgt?", o "Where are you from?". Spesso, infatti, non si ha
alcuna idea a proposito della nazionalità del proprio interlocutore o della sua
etnicità, ossia della razza cui appartiene. Anche se l'avvento delle nuove
tecnologie sembra annullare le distanze geografiche e, contemporaneamente,
le differenze etniche e culturali, sembra che "la preoccupazione del "chi si è"
tradotta nel "dove si è", resiste anche nello spazio senza confini di Internet"
(Bitti, 2000).
In alcuni newsgroup americani, si sono verificati casi di fake relativi alla
razza d'appartenenza: gli Afro-Americans, gli Asian-Americans o gli HispanoAmericans, talvolta celano la loro reale identità etnica per evitare di ricevere
insulti o post offensivi da parte degli altri partecipanti, per godere di maggior
considerazione, oppure per non essere trattati, anche in Rete, con
discriminazione.
Tipi di fake: Fake di età
Mentre nelle conversazioni face to face ci si rende immediatamente conto che il proprio interlocutore è
un ragazzino, piuttosto che un adulto, in Rete è possibile "falsificare" anche la propria età anagrafica,
presentandosi come una persona più giovane o più anziana di ciò che si è in realtà.
Spesso, sono gli adolescenti che, ad esempio, per rendersi più credibili all'interno di un newsgroup, o
per permettere che le informazioni riportate nella loro homepage siano ritenute veritiere, dichiarano
un'età superiore a quella reale.
In alcuni newsgroup accade talvolta che persone esperte e preparate relativamente ad un argomento non
siano studiosi e cultori della materia, come pensa la maggior parte dei membri della comunità, ma siano
in realtà adolescenti, desiderosi di poter partecipare alle discussioni senza il rischio di essere presi in
giro o di non essere considerati affidabili e credibili a causa della loro età.
Un adolescente può mettere in atto un fake omettendo l'età o mentendo relativamente ad essa, per poter
comunicare "alla pari" con gli adulti, o per poter accedere più liberamente alle stesse "attività virtuali"
alle quali hanno accesso gli adulti, come ad esempio il cybersex.
Tipi di fake: I troll
Si definisce trolling un gioco di finzione messo in atto per deridere o
danneggiare i partecipanti ad un "gruppo virtuale".
I troll, dunque, sono solitamente creati per divertimento o per prendere in giro
qualcuno. All'interno di una comunità virtuale, il sospetto di essere un troll
grava in genere su persone comparse da poco che per le loro caratteristiche
provocatorie finiscono spesso per causare accesi litigi.
La presenza di un troll in un newsgroup può essere dannosa per diversi
motivi:
- sconvolge le discussioni all'interno del gruppo;
- mette in cattiva luce un membro del gruppo o diffonde notizie fasulle per
creare tensioni e litigi fra i partecipanti;
- danneggia il sentimento di fiducia presente all'interno della comunità
Tipi di fake: La "personificazione"
In questo caso, l'identità di una persona è gravemente minacciata e la sua
reputazione può essere compromessa. In Rete, rispetto alle situazioni offline,
è relativamente semplice fingersi qualcun altro e "prendere il suo posto« per
mettere in cattiva luce nei confronti del gruppo questa persona.
Lo pseudonimo, infatti, rende possibile una certa stabilità nei ruoli assunti
all'interno dei gruppi: l'appropriazione del proprio nick da parte di un'altra
persona è percepita, dunque, come un vero e proprio "furto d'identità" e
spesso viene punita con l'espulsione dal canale o dal gruppo stesso.
È chiaro che il successo e la riuscita di una "personificazione" dipende dal
valore diffamatorio dei post fasulli e dal credito loro attribuito dagli altri
partecipanti.
Rivista studio, novembre 2014:
3 diversi tipi di avatar fake
«facebook non sa con certezza quanti profili falsi esistano, ma se ne stimano
attorno ai 140 milioni. Hanno molti amici, hanno pochi interessi e aggiornano
poco lo status.»
Lo scammer
E’ il Wanna Marchi della rete, ovvero la finzione per allocchi, la truffa
monetaria, il raggiro in serie. Generalmente è un’operazione che al
torto dell’inganno aggiunge il fastidio della sciatteria, e coinvolge un
pubblico più ampio possibile, del tipo: ogni 1000 uno ci casca.
A tutti sarà successo di ricevere una mail sgrammaticata in cui un
dottore del Ghana ci chiede dei soldi per la sua ricerca medica;
oppure, c’è una bambina in fin di vita, con una malattia rarissima, e
l’indigenza non le consente di salvarsi ma, per fortuna, ha un conto
aperto a suo nome. Conto a cui possiamo fare un veloce trasferimento
con un link e i nostri dati.
Generalmente, ma non sempre, gli scammer sono bot, cioè non
esistono, non sono persone bensì il risultato di un codice che come
obiettivo ha di inviare tot messaggi standard a più persone e scucir
loro denaro.
L’avatar mascherato
Vale a dire colui che non solo costruisce un’identità online più o meno
verosimile, ma lo fa con l’intenzione di interpretare un ruolo diverso
da quello che ha nella sua vita. Lo fa principalmente per sedurci in siti
d’incontro o sui social. Oltre all’avatar, cioè alla sua rappresentazione
online, che già è una costruzione filtrata dalla soggettività, aggiunge
una maschera. La quale può essere: sexy, intelligente, di status ecc. È
un meccanismo d’evasione consapevole. Il successo dell’operazione
dipende dal grado di accuratezza che intende metterci. Se è un uomo
utilizzerà la foto di qualcuno con più capelli, con più muscoli, più alto,
più dotato; e magari dirà di aver letto tutto Nabokov, di abitare a
Milano anziché a Vimercate, e di avere una startup che lo sta facendo
guadagnare bene.
Non conosce confini di genere: puoi essere una donna e fingerti un
uomo (raro) o un uomo e fingerti una donna (molto comune).
Gli avatar mimetici
Quelli svelati. Quelli che non ci provano neanche a
imbrogliarci, ma anzi piazzano un «profilo parodico» o
«fake» vicino al nome, per i più impressionabili, con
cui intendono sottotitolare l’operazione umoristica con
un «stiamo scherzando». Gli avatar mimetici sono il
brutto nome con cui possiamo definire tutti quei profili
di persone, note o meno, la cui identità è replicata più o
meno fedelmente.
Perché si mette in atto il fake?
…. Per gioco…per noia….per truffare… ma anche
Sperimentazione degli aspetti del sé
Attuare un fake spesso può servire a sperimentare nuove parti di sé che non riescono a manifestarsi offline,
oppure può costituire un modo per costruirsi a poco a poco un'identità stabile. Quest'ultimo è un caso che
riguarda soprattutto gli adolescenti, i quali possono creare, in Rete, personaggi fittizi per favorire lo sviluppo del
sé.
Internet, e la sperimentazione di identità sempre nuove e diverse, può fornire agli adolescenti lo spazio per
vivere in modo nuovo la cosiddetta "moratoria psicosociale" (Erikson, 1963), cioè quel periodo caratterizzato
dalla temporanea sospensione delle scelte esistenziali definitive e vincolanti e dominato invece da interazioni
intense con la gente e con le idee, da amicizie appassionate e da sperimentazioni di esperienze e ruoli diversi. La
moratoria adolescenziale facilita lo sviluppo del senso personale, di ciò che dà significato alla vita. offline,
tuttavia, la moratoria non è mai assoluta, in quanto la sperimentazione comporta sempre dei rischi (Oliverio
Ferraris, Malavasi, 2001).
Al contrario, le comunità virtuali costituiscono uno spazio in cui la moratoria può essere assoluta e priva di
pericoli: in Rete, infatti, un adolescente può osare di più, giocare con i ruoli che preferisce, indossare ogni volta
una maschera diversa, mettersi alla prova negli scenari più svariati e sperimentare sé alternativi. Con Internet,
dunque, si ha a disposizione un nuovo palcoscenico su cui muoversi senza rischi e senza problemi.
Il "mondo virtuale" potrebbe essere metaforicamente visto come una palestra, in cui esercitarsi a sperimentare i
vari aspetti di sé, per potenziare le qualità positive e riuscire, quindi, a farle emergere anche offline.
Le esperienze in Rete possono aiutare a migliorare la propria persona, a conoscersi meglio, a esplorare nuove
parti di sé prima ignote (Stone, 1995; Turkle, 1995; Suler, 2001).
Il gioco della seduzione
Sedurre è un modo di compensare un bisogno, generalmente riguardante l'autostima e l'autopercezione. Avere
successo in un processo di seduzione significa essere in grado di valere sull'altro, di produrre un valore che
diviene oggetto del desiderio altrui. Non sempre, tuttavia, si seduce per gratificare un bisogno: molte persone
lo fanno perché lo considerano divertente, un gioco, un'emozione intellettuale, persino una sfida.
comportamento di Don Giovanni: egli, nel momento in cui si è consumata la seduzione, sente un bisogno quasi
compulsivo di passare ad un nuovo atto seduttivo. Seducendo si risolve un bisogno comportamentale, che
consiste nell'entrare in contatto con altre persone, senza che il contatto conduca ad una conoscenza definitiva.
Si seduce per continuare a sedurre. Il grande palcoscenico virtuale rappresentato da Internet è terreno fertile per
un simile atteggiamento: di fatto, è a tutti possibile essere un "Don Giovanni virtuale", un seduttore incallito e
senza scrupoli, peraltro senza rischi, grazie all'anonimato, o piuttosto grazie alla maschera che si decide di
indossare. Del resto, giocare con la seduzione significa giocare con la propria persona online, con la
rappresentazione che si mette in scena nell'immenso "teatro virtuale" costituito dalla Rete.
Per "farsi sentire", per contraddistinguersi fra i numerosi netsurfers che popolano la Rete, è necessario mostrare
un'immagine interessante e brillante, attraverso le proprie competenze comunicative. Il desiderio di
"emergere", di apparire intriganti, di esercitare un certo fascino sul proprio interlocutore "virtuale", può indurre
ad inscenare un vero e proprio fake, o a modificare in modo più o meno accentuato alcune caratteristiche
personali.
Le motivazioni che inducono al
gender-swapping:
Perché un uomo sceglie di attuare un female-switching
Molti uomini inscenano in Rete un ruolo femminile (O'Brien, 1999; Suler, 2001):
•
per esprimere il lato "femminile" che, offline, sentono di dover nascondere a causa di pregiudizi o di pressanti stereotipi culturali;
•
per attirare maggiore attenzione su se stessi: in Rete, infatti, accade frequentemente che un uomo sia meno considerato all'interno di un
newsgroup o di una chat room. Se, invece, ci si presenta con un nickname femminile, connotato in modo sensuale, la reazione degli altri
è quasi istantanea. Un uomo "travestitosi" da donna può addirittura provare una sensazione di potere e di controllo sugli altri maschi
caduti nella trappola virtuale del travestimento;
•
per investigare il rapporto uomo-donna adottando un diverso punto di vista: possono interagire con gli uomini e sperimentare cosa si
prova ad essere una donna. Le conoscenze acquisite possono poi essere usate positivamente, per cercare di migliorare i rapporti con la
propria partner, o con le donne in generale, oppure possono essere sfruttate negativamente, per ottenere maggior potere e controllo
all'interno di una relazione;
•
per agire, più o meno consapevolmente, sentimenti omosessuali, attraverso la ricerca di affetto, intimità o sesso virtuale da parte di altri
uomini. Alcune persone, invece, praticano sesso virtuale con altri uomini simulando un'identità femminile, per il semplice scopo di
prendere in giro gli altri internauti. Solitamente, i loro travestimenti sono identificati da un nickname allusivo o provocatorio;
•
per estendere, in Rete, la propria identità reale: i transessuali e i travestiti possono essere attratti dal gender-swapping nel cyberspazio.
Talvolta, invece, il travestimento virtuale può essere una manifestazione iniziale del cosiddetto disturbo da "confusione di genere", ossia
un disturbo psicologico dove l'identità di genere maschile o femminile non si è ancora completamente sviluppata;
•
per acquisire, all'interno di un MUD o di altri ambienti virtuali a scopo ludico, un punteggio superiore o un ruolo più elevato nella
gerarchia sociale, grazie all'aiuto offerto dagli altri partecipanti. In questi luoghi accade spesso, infatti, che i giocatori concedano una
maggiore assistenza alle giocatrici (o presunte tali), facilitandole nel raggiungimento delle mete più alte.
Le motivazioni che inducono al
gender-swapping:
Perché una donna sceglie di attuare un male-switching
Anche se in misura minore, il fenomeno del travestimento online coinvolge anche le
donne, le quali sono spinte dalle seguenti motivazioni:
• scoprire come si comportano le altre donne con gli uomini;
• poter conversare senza essere infastidite da avance e molestie di carattere sessuale;
• per avere la possibilità di "essere prese sul serio" all'interno di gruppi di discussione
specifici tipicamente maschili, come ad esempio free.it.discussioni.calcio;
• all'interno di un MUD, per dimostrare la propria competenza nel raggiungere mete
elevate senza l'aiuto degli altri.
• per esprimere atteggiamenti aggressivi e violenti, che offline sono solitamente
associati al comportamento maschile;
• per imparare a "scrivere" un personaggio maschile seducente (Suler, 2001). Una
delle donne intervistate da Suler ha rivelato di aver messo in atto un male-switching
poiché intendeva creare un eroe maschile "ideale", che sarebbe diventato il
protagonista del romanzo che stava scrivendo
Compensazione
Il cyberspazio rappresenta, per alcune persone, una sorta di "fuga" dalla monotonia
o dai problemi della "vita reale" (Turkle, 1995). Non solo, costituisce anche un
luogo in cui è possibile far emergere competenze e qualità che offline rimangono
celate. La Rete diviene allora, grazie ai mezzi che mette a disposizione e alle
opportunità che offre, una sorta di spazio di "compensazione" di eventuali carenze
e limitazioni presenti nella "vita reale". "Ognuno di noi è incompleto, a suo modo.
L'ambiente virtuale può fornirci la sicurezza necessaria per poter manifestare quel
che ci manca, in modo da iniziare ad accettarci così come siamo" (Turkle, 1995).
Una persona che offline è riservata, timida e poco socievole può rivelarsi, grazie a
notevoli abilità comunicative in Rete, un leader, un abile "oratore" e può così
riuscire a catalizzare l'attenzione su di sé all'interno di una comunità virtuale.
In particolare, all'interno dei MUD, dove è possibile creare non solo un
personaggio, ma anche un vero e proprio "ambiente virtuale", le mancanze della
vita quotidiana possono essere ampiamente colmate. Turkle (1995; 1996) presenta
numerosi casi di ragazzi che cercano una sorta di "via di fuga" all'interno dei
MUD.
Falso sé e bassa autostima
Le persone con scarsa autostima possono infatti sfruttare il social network per fornire un’immagine
falsa di se stessi.
Il concetto di falso sé è stato studiato in psicologia a partire dalla fine degli anni ’50 da autori come
Rogers e Winnicott. In realtà tutti noi abbiamo un falso sé, ovvero una maschera sociale che ci permette
di entrare in relazione col mondo in maniera adattiva, flessibile e funzionale. Normalmente questo falso
sé rappresenta però una parte minima della propria personalità, la quale è dominata dal vero sé, cioè dai
bisogni genuini e reali.
Quando però il divario tra la propria vera identità e il proprio sé ideale è avvertito come
eccessivo, la persona può iniziare a strutturare un falso sé ipertrofico, ovvero una struttura
psicologica non genuina la cui funzione è quella di proteggere e nascondere il proprio vero sé e ridurre i
profondi vissuti di vergogna esperiti dal soggetto.
Per Winnicott, in questi casi sarà il falso sé a crescere ed estendersi sempre di più, mentre il vero
sé resterà immaturo e poco sviluppato. Questo enorme divario tra il vero e il falso sé è un
fenomeno molto comune nella società contemporanea e può portare a problematiche psicologiche e
vulnerabilità che talvolta possono sfociare in veri e propri disturbi.
È facile intuire, quindi, che Facebook
rappresenta una grossa opportunità per
alimentare il falso sé nei soggetti
insicuri. In questi casi l’utente crea un
profilo e si presenta con una versione
“migliorata” della propria vera identità,
più vicina a come si vorrebbe essere, in
modo da ridurre l’incongruenza tra il sé
reale e il sé ideale.
…..anche uno studio pubblicato su «Frontiers in Psychology» lo rileva
Gli autori hanno reclutato 258 soggetti, ai quali sono stati somministrati alcuni test riguardanti lo stile
d’attaccamento (ovvero la qualità della relazione con i genitori interiorizzata dai soggetti), il livello di
autostima e il grado di autenticità con il quale affrontavano la propria vita reale. Inoltre è stato
somministrato un questionario riguardante il grado di discrepanza, percepita dai soggetti, tra il proprio
sé reale e la propria identità su Facebook. Quest’ultimo test misurava quindi il grado di falso sé
attraverso il quale si presentavano sul social network.
I risultati indicavano che, in media, tutti i partecipanti riportavano un certo grado di falso sé su
Facebook. In altre parole, in genere i soggetti percepivano la propria identità su Facebook come
differente rispetto a quella reale, ad esempio sottolineando i propri punti di forza, minimizzando le
proprie debolezze e cercando di corrispondere alle pressioni sociali. Si tratta di aspetti che spesso
rientrano nella normalità, dal momento che (come abbiamo detto) un certo grado di falso sé è presente
in ognuno di noi.
Alcuni soggetti, però, risultavano particolarmente inclini a mostrarsi in maniera falsa su
Facebook, creando cioè un’identità che corrispondeva molto poco a ciò che erano veramente. Gli autori
hanno rilevato che bassi livelli di autostima e di autenticità aumentavano la probabilità di presentarsi su
Facebook con un falso sé. Questi bassi livelli di autostima e autenticità, a loro volta, erano determinati
da un attaccamento insicuro.
Catfish
«Vuol dire pesce gatto e in gergo
urbano viene definita in questo
modo una persona che finge di
essere qualcun altro sui Social
Network solitamente per stringere
una relazione virtuale, non si sa mai
chi c'è dall'altra parte dello
schermo»
E’ reato?
• Creare una falsa identità in internet può mandarvi in
prigione. Lo ha stabilito la corte di Cassazione. Nella
sentenza 46674, infatti, i Supremi giudici hanno
stabilito che nel web spacciarsi per una persona
diversa da quella che si è in realtà è reato, perché si
lede la fede pubblica degli utenti che credono di
parlare con una persona diversa da quella che si è
nella quotidianità. E questo sia che ci si sostituisca ad
un'altra persona usandone il cognome, sia attraverso
un account di posta elettronica ottenuto fornendo
false generalità.
….
In realtà fino a poco tempo fa il reato scattava soltanto se ci si
appropriava dell'intera identità virtuale di una persona, creando un
account di posta elettronica uguale o riuscendo ad accedere in quello
originale. Ma da adesso, spiega la Corte Suprema, sarà condannato
anche chi, con falso nickname, attribuisce alla nuova identità alcune
caratteristiche o "segnali" che appartengono ad un utente realmente
esistente. ‹‹Il reato di sostituzione di persona ricorre non solo quando
si sostituisce illegittimamente la propria all'altrui persona, ma anche
quando si attribuisce ad altri un falso nome o un falso stato ovvero
una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, dovendosi
intendere per 'nome' non solo il nome di battesimo ma anche tutti i
contrassegni di identità››.
Se il nickname si riconduce ad un soggetto ben preciso ha il valore di
uno pseudonimo, e quindi «la sua attribuzione a sè o ad altri, integra
il reato di sostituzione di persona».
Tecnologia (nov.2015)
Facebook cambierà ancora la sua politica in merito all'utilizzo di nomi di fantasia per registrarsi sul social
network. Sarà nuovamente permesso utilizzare degli pseudonimi, purché vengano giustificati. Il social
network di Mark Zuckerberg ha iniziato una furiosa lotta all'utilizzo di pseudonimi. Diversi account sono stati
bloccati per quindici giorni ed è stato richiesto agli utenti di modificare il nominativo d'iscrizione, oltre a
dover inviare fotocopia del documento d'identità per verificare la veridicità di quanto dichiarato.
La motivazione dietro questa politica sarebbe legata ad evitare: Bullismo, pedofilia, truffe. Dietro l'utilizzo
malevolo di un account Facebook possono celarsi diversi pericoli. Il nome e cognome risulta quindi
fondamentale per garantire un uso corretto della piattaforma (o almeno limita i danni degli abusi).
Tuttavia, molti utilizzatori hanno un concetto di Facebook diverso, molto più legato al virtuale piuttosto che
alla vita reale. Per questa ragione, hanno mal digerito i controlli a campione eseguiti dal team di Zuckerberg.
In seguito al malcontento generale, i responsabili del social hanno deciso di aprirsi a tolleranza maggiore,
consentendo nuovamente l'utilizzo di pseudonimi.
Facebook introdurrà due importanti novità a riguardo dell'iscrizione al social
• Nelle prossime modifiche, effettive dal 2016, a favore della privacy degli utenti ci saranno importanti
cambiamenti. Innanzitutto, l'utilizzo degli pseudonimi sarà garantito nuovamente, a patto però di
specificare le ragioni della scelta di non usare il proprio nome reale. Al momento dell'iscrizione bisognerà
infatti compilare un box in cui verranno spiegate le motivazioni personali legate all'uso di uno
pseudonimo. Questo aiuterà il team a valutare ogni iscrizione al social.
• Per supportare il cambio regole di Facebook, saranno rese più complesse le procedure per segnalare un
utente che utilizza un soprannome in luogo del suo vero nome. In questo modo saranno limitati gli abusi
di chi ricorre a questa pratica come forma di dispetto nei confronti di altri utenti.
Quando la falsa identità diventa
pericolosa
Adesca una giovane su Facebook e
poi cerca di violentarla (Il Tirreno, Dicembre 2013)
Ha agganciato una ragazza di 15 anni su Facebook spacciandosi per una donna. Poi, mentre conquistava
la fiducia della giovane, ha rivelato di essere un uomo (all’inizio spacciandosi per un 36 enne mentre in
realtà di anni ne ha 76). Ma con modi educati e accattivanti ha continuato a chattare e parlare con la
ragazza aiutandola a fare i compiti al telefono e pagandole ricariche per il cellulare. Quell’uomo romano
dai modi gentili si è anche offerto di venire a conoscere la sua amica-vittima presentandosi alla sua
famiglia. Anche in questo caso le sue buone maniere e il suo savoir-faire hanno avuto successo. E così i
familiari hanno acconsentito che il signore accompagnasse la ragazza a prendere il gelato. Ma sulla
strada del ritorno la maschera è stata gettata e l’orco ha tentato un approccio sessuale con la ragazza. La
giovane ha raccontato l’accaduto alla madre e da lì sono partite delicatissime indagini condotte dalla
polizia municipale di Pietrasanta e dal commissariato di Viareggio e coordinate dal pm Antonio
Mariotti. Alla fine quell’uomo - un professionista di 76 romano incensurato è stato identificato. Subito è
partito un blitz nella sua casa dove è stato trovato materiale pedopornografico. All’arrivo delle forze
dell’ordine i suoi computer stavano ancora scaricando materiale da Internet. Così per il pedofilo è stato
messo agli arresti domiciliari (il carcere non è ammesso sopra i 72 anni). Le indagini vanno ancora
avanti per capire se nella rete dell’uomo siano cadute altre vittime. «Le chat e i social network sono un
covo di insidie per i più giovani - dichiarano la dirigente del commissariato di Viareggio Gallucci e il
comandante della polizia municipale di Pietrasanta Giovanni Fiori - i genitori devono fare attenzione e
spiegare ai ragazzi come evitare le trappole. E quando ci sono sospetti non bisogna avere timore a
rivolgersi alle forze dell’ordine”.
Il Grooming: cos’è?
• Essa può essere considerata una tecnica psicologica utilizzata per l’adescamento di
minori in rete, attraverso le nuove tecnologie, in cui l’adulto, potenziale abusante,
“cura” (dall’inglese “grooms”) la potenziale vittima, inducendo gradualmente il
bambino o ragazzo a superare le resistenze attraverso tecniche di manipolazione
psicologica.
• Questi adulti, potenziali abusanti, sono soggetti che puntano ad assicurarsi la fiducia e
la collaborazione di un bambino o di un adolescente contattato in Rete, allo scopo di
coinvolgerlo, in un secondo momento, in attività a sfondo sessuale. Hanno dunque un
obiettivo preciso: sono lucidi e determinati nell’avvicinare e ottenere le confidenze
dei bambini, senza uscire allo scoperto finché non saranno riusciti nel loro intento, ed
è anche per questo che non hanno alcun tipo di fretta nell’attuare i loro piani; infatti,
l’attività di grooming può durare anche settimane o mesi e l’adescatore tenterà in ogni
modo di diventare un vero e proprio confidente del bambino per averne pieno
controllo e guadagnarsi la totale e incondizionata fiducia del minore.
• Lo scopo finale è l’incontro “offline”, ossia dal vivo, in modo da poter perpetrare
l’abuso sul minore e ciò avviene solo nel momento in cui il pedofilo si rende conto
che il minore è completamente plagiato a livello mentale e invischiato nella relazione.
le fasi del grooming (O’ Connell,2003)
1) Selezione delle vittime e contatto iniziale: consiste nella ricerca, da parte dell’adulto, di potenziali vittime minorenni
nelle chat, che siano perlopiù vulnerabili, ingenue e disponibili, a cui seguirà una breve presentazione (più o meno
veritiera) del potenziale abusante che poi chiederà al minore di raggiungerlo in una stanza privata della chat;
2) Creazione dell’amicizia: comprende l’uso, da parte dell’adulto, di una serie di tattiche di manipolazione psicologica
(es. fingersi un bambino/adolescente) allo scopo di guadagnarsi la totale fiducia del minore, comportandosi anche con
estrema pazienza e rispetto nei suoi confronti;
3) Creazione della relazione: è la fase in cui avviene un probabile passaggio all’uso di mezzi di comunicazione più
intimi (es. cellulare o mail) e può durare anche mesi in quanto il fine è quello di diventare il maggior confidente del
minore, facendogli credere che sia una relazione importante per entrambi;
4) Valutazione del rischio: è la fase in cui il potenziale abusante indaga quanto è grande il rischio di venire scoperto nel
suo tentativo di adescamento;
5) Fase di esclusività: in cui l’adulto manipola il minore a livello psicologico, facendo leva sulla fiducia acquisita e
sull’esclusività del loro rapporto, inducendolo a tenere segreta la loro relazione;
6) Fase sessuale: è la fase culminante in cui l’adulto introduce, nelle conversazioni con il minore, argomenti
esplicitamente sessuali, approfittando della fiducia acquisita al fine di far abbandonare al minore le sue reticenze,
cedendo così alle sue richieste.