Tema C2 Premessi brevi cenni sulla nozione di danno non

Tema C2
Tema C2
Premessi brevi cenni sulla nozione di danno non patrimoniale, se
ne illustri la portata applicativa in riferimento alle ipotesi di danno bagatellare per i disservizi in materia di trasporti e con specifico riferimento al danno da vacanza rovinata
di Serafino Ruscica
Schema preliminare di svolgimento della traccia
– Il concetto di danno non patrimoniale.
– La risarcibilità di tale danno nell’alveo della responsabilità contrattuale
ed aquiliana.
– Il c.d. danno esistenziale bagatellare.
– La posizione espressa sul punto dalle Sezioni Unite nel 2008.
– Le ipotesi di danno non patrimoniale nel settore del turismo e dei trasporti.
– In particolare il danno da vacanza rovinata.
Dottrina
CARINGELLA - DIMATTEO, Lezioni e Sentenze di Diritto Civile 2011, Lezione
C6, La responsabilità extracontrattuale 1, Dike Giuridica 2011.
CATERBI, Il danno esistenziale da vacanza rovinata, in Resp. civ. e prev.,
2008, 6, 1401.
CHINDEMI, Il danno bagatellare contrattuale, in Resp. civ. e prev. 2008, 12,
2450.
NAVARRETTA, Il valore della persona nei diritti inviolabili e la complessità
dei danni non patrimoniali, in Resp. civ. e prev. 2009, 1, 63.
RUGGIU, Il danno risarcibile, in L’inadempimento delle obbligazioni, Viola (a
cura di), Padova, 2010.
RUSCICA, Il danno bagatellare per i disservizi in materia di trasporti. in Riv.
Gir. Circ. Trasp., 2009.
RUSCICA, Inadempimento delle obbligazioni, in L’inadempimento delle obbligazioni, Viola (a cura di), Padova, 2010.
Giurisprudenza
Cass. civ. sez. III 4 marzo 2010 n. 5189
Il tour operator è tenuto al risarcimento del danno da vacanza rovinata
quando la realtà dei fatti (mare inquinato da idrocarburi e spiaggia sporca)
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non rispecchia quanto pubblicizzato. Con il contratto avente ad oggetto un
pacchetto turistico “tutto compreso”, sottoscritto dall’utente sulla base di
una articolata proposta contrattuale, spesso basata su un dépliant illustrativo, l’organizzatore o il venditore assumono specifici obblighi, soprattutto
di tipo qualitativo, riguardo a modalità di viaggio, sistemazione alberghiera, livello dei servizi etc, che vanno “esattamente” adempiuti. Pertanto
qualora la prestazione non sia esattamente realizzata, sulla base di un criterio medio di diligenza (art. 1176, comma 1 c.c.) si configura una responsabilità contrattuale, tranne nel caso in cui organizzatore o venditore non
forniscano adeguata prova di un inadempimento ad essi non imputabile.
Cass. Civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972
L’individuazione, in relazione alla specifica ipotesi contrattuale, degli interessi compresi nell’area del contratto che, oltre a quelli a contenuto
patrimoniale, presentino carattere non patrimoniale, va condotta accertando la causa concreta del negozio, da intendersi come sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare, al di là del modello, anche tipico, adoperato; sintesi, e dunque ragione concreta, della
dinamica contrattuale.
Il pregiudizio di tipo esistenziale, per quanto si è detto, è quindi risarcibile
solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno. Se non si riscontra lesione di diritti costituzionalmente inviolabili della persona non è data tutela risarcitoria.
Cass. Civ., 12 febbraio 2008, n. 3284
La serenità e la sicurezza non costituiscono, in se stesse considerate,
diritti fondamentali di rango costituzionale inerenti alla persona, con la
conseguenza che la loro lesione non consente il ricorso alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale.
Cass. Civ., Sez. III, 6 luglio 2009, n. 15800
Le norme contenute nella convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970 sul
contratto di viaggio (ratificata con L. 27 dicembre 1977, n. 1084) apprestano al viaggiatore una tutela minima ed indefettibile, che si aggiunge e
non si sostituisce a quella prevista dai principi generali in tema di inadempimento del contratto. Ne consegue che l’indennizzo previsto dall’art. 13
della convenzione in favore del viaggiatore, per le ipotesi di responsabilità dell’organizzatore od intermediario di viaggio, è dovuto a prescindere
dalla sussistenza delle condizioni che legittimano la risoluzione del contratto, ai sensi degli art. 1453 e 1455 c.c.
Legislazione correlata
Codice Civile, artt. 1174, 2043, 2059.
D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111.
Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970, art. 13.
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SVOLGIMENTO
La valorizzazione dei principi di solidarietà sociale riconosciuti nelle norme costituzionali, in particolare negli artt. 2 e 3, co. 2 Cost., ha comportato di recente un rinnovamento nell’atteggiamento della giurisprudenza di merito e di legittimità in tema di responsabilità civile. Le tendenze
solidaristiche conducono alla valorizzazione della funzione reintegrativa
della responsabilità civile a scapito di una presunta ma indimostrata funzione sanzionatoria-punitiva.
La tendenza a realizzare forme risarcitorie il più possibile soddisfacenti e sensibili alle istanze dei soggetti danneggiati ha prodotto una copiosa produzione giurisprudenziale, tesa a reinterpretare alla luce dei
principi costituzionali alcune norme cardine in materia di illecito aquiliano
quali gli artt. 2043, 2059, 2058 cc. Sfruttando a pieno la caratteristica
atipicità dell’illecito aquiliano, si è dato vita a nuove forme di risarcimento
finalizzate comunque all’integrale ripristino della lesione subita e talvolta alla proliferazione incontrollata di ingiustificate voci di danno. I confini
di quell’universo in espansione delineati in termini volutamente elastici
dall’art. 2043 c.c., rappresentato dalla responsabilità civile, hanno assunto dimensioni in passato non ipotizzabili, giungendosi a riconoscere
tra le poste risarcitorie danni morali e danni esistenziali che prescindono
dal requisito della patrimonialità, tradizionalmente attribuito al danno ingiusto. A seguito dell’inadempimento contrattuale, ex art. 1218 c.c., ovvero a seguito di un illecito aquiliano ex art. 2043 c.c., possono conseguire anche danni non patrimoniali ex artt. 1174 e 2059 c.c.
Tale tipologia di danni, nella sostanza, incide direttamente sulla persona in quanto tale e non solo sulla sua capacità di produrre reddito, con
la conseguenza che non assume in alcun modo rilievo (ai fini della quantificazione risarcitoria) la tipologia di attività lavorativa svolta dal danneggiato, ma solo la tipologia e gravità del danno in concreto subito.
Il danno non patrimoniale, pertanto, emerge tutte le volte in cui si
assume leso il valore uomo nella sua dimensione statica o dinamica; diversamente, nel danno patrimoniale si assume leso il patrimonio della
vittima.
È stata più volte discussa la possibilità di ottenere il risarcimento del
danno non patrimoniale derivante da inadempimento contrattuale.
Il problema non è di facile soluzione.
Difatti, l’unico articolo del nostro Codice Civile che si occupa del danno non patrimoniale è l’art. 2059 c.c., che è collocato sistematicamente nell’ambito dell’illecito extracontrattuale: se la disciplina del danno
non patrimoniale è collocata nei fatti illeciti, la sua portata applicativa
andrebbe limitata a tale ambito, senza che possa estendersi anche alla
materia dell’inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c. Alla luce della collocazione sistematica dell’art. 2059 c.c., il danno non patrimoniale
sarebbe risarcibile solo nei casi di illecito e non anche di inadempimento.
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Sempre più di recente si è criticata la limitazione dei danni non patrimoniali ai soli casi previsti dall’art. 185 c.p.; in particolare la giurisprudenza
di merito negli ultimi anni con maggiore insistenza affermava che l’inciso
“nei casi determinati dalla legge” potesse riferirsi anche alla legge civile.
Si pensi alla tutela dei diritti della personalità, in particolare la tutela del
nome o dell’immagine di cui agli artt. 7 e 9 c.c. oppure alle recenti evoluzioni in tema di danno da vacanza rovinata, riguardo al quale l’art. 2059
c.c., veniva posto in relazione con l’art. 13 CCV. Più di recente la dottrina,
valorizzando il riferimento contenuto nell’art. 1174 c.c. all’interesse non
patrimoniale della prestazione obbligatoria, aveva teorizzato la risarcibilità del danno non patrimoniale anche nel caso di inadempimento contrattuale. Su questo percorso interpretativo si sono inserite alcune coraggiose pronunce della giurisprudenza di merito che hanno riconosciuto
la risarcibilità di danni morali da inadempimento contrattuale (nel caso di
specie, la risarcibilità dello stress da ritardo nel trasporto aereo). Infine,
la Suprema Corte ha finalmente recepito simili istanze affermando la risarcibilità del danno non patrimoniale nei casi in cui siano violati interessi
che trovino riconoscimento nella Costituzione. Più propriamente, la Corte
ha affermato che l’art. 2059 c.c. consente di riconoscere una piena tutela alla persona sia per ciò che concerne i danni non patrimoniali in senso
stretto (vale a dire il c.d. danno morale soggettivo), sia per le ipotesi di
danno biologico. Il nuovo orientamento in ordine all’art. 2059 c.c., che
sembra prescindere dalla sussistenza di una fattispecie di reato, porta ad
inquadrare il danno biologico nell’alveo dei danni non patrimoniali.
Il quadro dei danni alla persona si completa con il riferimento al danno morale soggettivo, tradizionalmente risarcito nei limiti dell’art. 2059
c.c. Si intende fare riferimento con questa espressione a patemi d’animo,
spavento, danni emozionali (emotional distress, secondo gli studiosi anglosassoni).
Si tratta di un danno-conseguenza che può accompagnarsi ad eventi
lesivi che incidono altresì sull’integrità fisica della persona. Si pensi alle
ipotesi di rapina, omicidio o altro reato contro la persona o l’incolumità
pubblica che per le modalità esecutive provochi spavento o simili emozioni nelle vittime. Si pensi al patema d’animo subito da chi abbia vissuto nel
timore di contrarre qualche malattia a seguito del disastro ambientale
che abbia contaminato una zona residenziale.
In tale ultima ipotesi, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la risarcibilità del danno morale soggettivo anche a prescindere da eventuali danni fisici od alla salute cagionati dall’evento lesivo.
Sempre più spesso si parla in dottrina del c.d. danno esistenziale,
ipotizzabile in presenza di comportamenti che cagionino un irrimediabile
turbamento alla serenità della propria esistenza. Talvolta si ricomprende
in questa tipologia di danno il turbamento della serenità familiare dovuto
alla perdita di un congiunto, oppure ad un errato intervento abortivo che
porti alla nascita di una vita indesiderata, o alla perdita dell’equilibrio del-
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la vita di coppia dovuto ad un’errata sterilizzazione che comporti l’impossibilità di avere rapporti sessuali.
Si intende alludere ad eventi che incidono sull’equilibrio esistenziale
del danneggiato, senza tuttavia tradursi in patologie psichiatriche quali
nevrosi o depressione che porterebbero ad un danno biologico.
Talvolta si intende alludere all’insoddisfazione derivante dall’impossibilità, a causa del fatto illecito, di dedicarsi ad attività che realizzino la
persona, con il rischio di finire con il riconoscere dignità giuridica alla felicità individuale, bene diverso dalla salute e non riconducibile, nell’attuale sistema costituzionale, nell’alveo né dell’art. 32 né dell’art. 2 Cost. In
ogni caso bisognerebbe individuare un criterio per distinguere le attività
che danno soddisfazione esistenziale per un comune sentire dei consociati e quelle che contribuiscono alla realizzazione della persona in base a
criteri eccessivamente soggettivistici.
Si ricomprende nel danno esistenziale anche il danno edonistico, che
si sostanzia come già accennato nell’impossibilità di trarre piacere dal
compimento di un’attività (per esempio praticare sport, o fare una vacanza).
Tale ricostruzione, coerente con il dato sistematico, non è stata condivisa dalla recentissima giurisprudenza che, esaltando la lettera dell’art.
1174 c.c. che allude ad interessi non patrimoniali nelle obbligazioni, ha
ritenuto di poter risarcire il danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale. Se l’inadempimento dell’obbligazione determina, oltre
alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata
nell’azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all’espediente
del cumulo di azioni.
Che interessi di natura non patrimoniale possano assumere rilevanza
nell’ambito delle obbligazioni contrattuali è confermato dunque dalla previsione dell’art. 1174 c.c., secondo cui la prestazione che forma oggetto
dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore.
L’individuazione, in relazione alla specifica ipotesi contrattuale, degli
interessi compresi nell’area del contratto che, oltre a quelli a contenuto
patrimoniale, presentino carattere non patrimoniale, va condotta accertando la causa concreta del negozio, da intendersi come sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare, al di là del modello, anche tipico, adoperato; sintesi, e dunque ragione concreta, della
dinamica contrattuale.
Così, in pratica, si individua la tutela non patrimoniale anche nell’ambito contrattuale senza far riferimento all’art. 2059 c.c., che riguarda solo
l’illecito, ma piuttosto all’art. 1174 c.c.
Il danno non patrimoniale, poi, dovrà essere risarcito secondo l’art.
1223 c.c., ovvero tenendo presente la perdita diretta e la mancata utilità.
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L’art. 1218 c.c., nella parte in cui dispone che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno,
non può quindi essere riferito al solo danno patrimoniale, ma deve ritenersi comprensivo del danno non patrimoniale qualora l’inadempimento abbia
determinato lesione di diritti inviolabili della persona. Ed eguale più ampio
contenuto va individuato nell’art. 1223 c.c., secondo cui il risarcimento
del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la
perdita subita dal creditore come il mancato guadagno in quanto ne siano
conseguenza immediata e diretta, riconducendo tra le perdite e le mancate utilità anche i pregiudizi non patrimoniali determinati dalla lesione dei
menzionati diritti (Cass. Civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972).
La stessa giurisprudenza, invero, ha cura di precisare come ben possano emergere una serie di ipotesi di tutela non patrimoniale anche in
ambito contrattuale.
Vengono in considerazione, anzitutto, i contratti di protezione, come
quelli che si concludono nel settore sanitario. In questi casi gli interessi da realizzare attengono alla sfera della salute in senso ampio, di guisa
che l’inadempimento del debitore è suscettivo di ledere diritti inviolabili
della persona cagionando pregiudizi non patrimoniali.
In tal senso si esprime una cospicua giurisprudenza, che ha avuto
modo di inquadrare nell’ambito della responsabilità contrattuale la responsabilità del medico e della struttura sanitaria e di riconoscere tutela,
oltre al paziente, a soggetti terzi ai quali si estendono gli effetti protettivi
del contratto, e quindi, oltre alla gestante, al nascituro subordinatamente
alla nascita, e al padre, nel caso di omessa diagnosi di malformazioni del
feto e conseguente nascita indesiderata.
I suindicati soggetti, a seconda dei casi, subiscono la lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32, co. 1 Cost.), sotto il profilo del danno
biologico sia fisico che psichico; del diritto inviolabile all’autodeterminazione (artt. 32, co. 2 e 13 Cost.), come nel caso della gestante che, per
errore diagnostico, non sia posta in condizione di decidere se interrompere la gravidanza, e nei casi di violazione dell’obbligo del consenso informato; dei diritti propri della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.).
Il presidio di detti interessi della persona ad opera della Costituzione,
che li ha elevati a diritti inviolabili, ne ha poi rinforzato la tutela. Con la
conseguenza che la loro lesione è suscettiva di dare luogo al risarcimento
dei danni-conseguenza sotto il profilo della lesione dell’integrità psicofisica (art. 32 Cost.) secondo le modalità del danno biologico, o della lesione
della dignità personale del lavoratore (artt. 2, 4, 32 Cost.), come avviene
nel caso dei pregiudizi alla professionalità derivanti da dequalificazione
che si risolvano nella compromissione delle aspettative di sviluppo della
personalità del lavoratore.
Tale tesi non è esente da rilievi critici.
L’art. 1174 c.c. afferma che l’obbligazione può corrispondere anche
ad interessi non patrimoniali, senza parlare di diritti, con la conseguenza
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