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IL MERCATO
Diversi significati della parola mercato
2
Il prezzo di equilibrio
pp
ci
ro f ondis
In questo senso, il mercato è l’opposto della pianificazione la quale, per sua natura, nega la libertà di
contrattare e senza di essa il mercato non esiste.
››Il secondo significato, invece, mette in evidenza il
concetto di mercato come luogo ideale. È in questo
senso che si parla di mercato dei personal computer o delle scarpe di cuoio. Un mercato, in tal caso,
è individuato dal fatto che in esso viene scambiato un
bene omogeneo.
In ogni mercato, di conseguenza, possono essere individuati due gruppi di soggetti: coloro che domandano un determinato bene e coloro che offrono lo stesso
bene. La domanda dei beni è effettuata dai consumatori, l’offerta dei beni dalle imprese.
Nella vita quotidiana accade molte volte di utilizzare
la parola mercato. Si pensi a frasi del tipo: “Il mercato consente a ciascun individuo di realizzare i propri
obiettivi”, “Le arance rosse sono scomparse dal mercato”. Come si può notare, la stessa parola è utilizzata
con accezioni molto diverse tra loro e, per non fare
confusione, conviene chiarire i diversi significati che
il termine mercato può assumere.
››Il primo significato fa riferimento al mercato come
meccanismo per armonizzare le scelte individuali. È
questo il significato che si dà alla parola quando si
dice che “il capitalismo è un’economia di mercato”.
La concorrenza perfetta
SP
Forme di mercato e fattori che le connotano
b
aziowe
a
11
unità di apprendimento
A tal fine abbiamo bisogno dei dati relativi alla domanda e all’offerta del mercato di un determinato bene. Immaginiamo che il bene in esame sia costituito
dai telefoni cellulari e che la situazione, per ciò che riguarda la domanda, sia la seguente.
Cerchiamo di capire come funziona il meccanismo di
mercato aiutandoci con alcune semplicissime rappresentazioni grafiche.
Prezzo
100
90
80
70
60
50
40
30
20
Quantità
10.000
11.000
12.000
13.000
14.000
15.000
16.000
17.000
18.000
1
11 Forme di mercato e fattori che le connotano
La tabella indica che se il prezzo di un cellulare è di
100 euro, i consumatori sono disposti ad acquistarne
10.000; se il prezzo di un cellulare dovesse scendere
a 90 euro, allora nuovi consumatori entrerebbero nel
Prezzo
100
90
80
70
60
50
40
30
20
Quantità
18.000
17.000
16.000
15.000
14.000
13.000
12.000
11.000
10.000
In questo caso, se il prezzo di un cellulare fosse di
100 euro, le imprese sarebbero disposte a offrirne
18.000 unità; se il prezzo di un cellulare però dovesse scendere a 90 euro, le imprese non sono più
disposte a offrire la stessa quantità di cellulari ma di
meno (17.000); e così via.
Rappresentiamo in un unico sistema di assi cartesiani
le due tabelle. Mettiamo quindi sull’asse delle ordinate il prezzo unitario e sull’asse delle ascisse la quantità domandata e la quantità offerta.
prezzo
90
60
11.000
14.000
17.000
Quantità domandata/quantità offerta
Immaginiamo che nel mercato si stabilisca un prezzo
di 90 euro. In questo caso, le imprese sarebbero disposte a offrire 17.000 cellulari mentre i consumatori,
per lo stesso prezzo, sarebbero disposti ad acquistare solo 11.000 cellulari. Nel mercato, di conseguenza, si registra un eccesso di offerta di 6.000 cellulari
(17.000 – 11.000). Le imprese, che registrano questo
eccesso, constatano un accumulo di scorte di magazzino non voluto. In poche parole, al prezzo di 90 euro
per ogni cellulare le imprese si trovano in magazzino 6.000 cellulari che non riescono a vendere. Per
poterli vendere devono abbassare il prezzo, ma così
facendo inducono nuovi consumatori ad entrare nel
mercato, cioè ad acquistare il cellulare. Ma anche se il
prezzo scende a 80 euro le imprese registrano un accumulo di scorte, per cui abbassano ulteriormente il
prezzo. Questo processo continua fino a quando non
viene raggiunto il prezzo di 60 euro per ogni cellulare. Adesso le imprese offrono 14.000 cellulari che
è proprio la quantità che domandano i consumatori.
Il prezzo di 60 euro è perciò un prezzo di equilibrio
poiché rende la quantità domandata uguale a quella
offerta.
2
mercato e la domanda salirebbe così a 11.000; e così
via.
La situazione delle imprese, ossia dell’offerta, è invece
riassunta nella seguente tabella.
Quando lo Stato controlla i prezzi
Il mercato in concorrenza perfetta raggiunge in modo
autonomo una posizione di equilibrio.
Tale posizione di equilibrio non significa certo che
chiunque voglia un bene riesca a ottenerlo grazie al
meccanismo di mercato. Il fatto è che il mercato non
può fare miracoli, non può rendere disponibile ciò
che per sua natura non lo è.
Il mercato dei maglioni di lana merino, per esempio, non
può rendere disponibili infiniti maglioni, così da rimuovere tutte le condizioni che limitano il soddisfacimento dei desideri degli esseri umani.
Cosa accade se, dopo che il prezzo di equilibrio si è
collocato a 100 euro per ogni maglione di lana, interviene una grave malattia che decima le pecore merino? Immaginiamo che in tale mercato il nostro amico
Carlo sia disposto a comprare 2 maglioni a 100 euro
ciascuno prima che intervenga la malattia delle pecore. A seguito dell’epidemia, il mercato subisce una
brusca riduzione dell’offerta. Ciò comporta, sul mercato, che ogni impresa, adesso, è disposta a offrire
minori quantità per ciascuno dei prezzi che venivano
praticati prima della malattia. I costi di produzione,
infatti, sono aumentati per tutte le imprese e, pertanto, esse sono disposte a vendere determinate quantità
solo a un prezzo più elevato.
Il meccanismo di mercato, a questo punto, si rimette
in moto, Tutti gli operatori del mercato devono rivedere le loro scelte e, data la nuova situazione, per tentativi ed errori si giungerà a una nuova posizione di
equilibrio in cui l’offerta uguaglia la domanda a un
prezzo superiore a 100 euro.
Un risultato del genere, ovviamente, non farà piacere
alle famiglie perché, adesso, un più ridotto numero di
persone può acquistare il maglione di lana merino.
Questo risultato è quindi negativo, ma la colpa di
quanto è accaduto non può essere imputata al mercato, bensì sulla scarsità delle risorse. Tutto è accaduto
perché in natura si è scatenata un’epidemia ed essa
ha reso ancora più scarsa la lana delle pecore merino.
Si potrebbe pensare che tale risultato negativo possa
11 Forme di mercato e fattori che le connotano
essere rimosso grazie a un intervento pubblico, teso
a contenere il prezzo dei maglioni per consentire a
un maggior numero di famiglie di soddisfare i propri
desideri.
Vediamo cosa accade se lo Stato impone, grazie al potere di cui è dotato rispetto agli operatori privati, un
prezzo inferiore al nuovo prezzo di equilibrio.
Immaginiamo, per esempio, che lo Stato imponga di
vendere i maglioni a 100 euro l’uno, così come accadeva prima della malattia che ha colpito le pecore. In
questo caso, solo alcune imprese saranno disposte a
vendere i maglioni a 100 euro. Ciò che accade è però
paradossale.
Le imprese non possono essere costrette a vendere ciò
che a loro non conviene. Di conseguenza, la quantità
di maglioni offerta dalle imprese sarà addirittura inferiore a quella che sarebbe stata offerta se il mercato avesse potuto funzionare da solo, a un prezzo più
elevato: in questo caso, infatti, l’offerta sarebbe stata
maggiore. Come si ricorderà, con un prezzo più basso
l’offerta si riduce; è vero che la domanda, al contrario,
cresce, ma non potendo imporre alle imprese di ven-
3
I mercati imperfetti
le forme di mercato
Il mercato può assumere diverse forme. Un modo per
distinguere le diverse forme di mercato è quello fatto
in relazione al potere che le imprese hanno sul prezzo. La
situazione allora è la seguente:
››concorrenza perfetta quando l’impresa “prende” il
prezzo;
››oligopolio, monopolio e concorrenza monopolistica quando l’impresa “fa” il prezzo.
Un altro modo per classificare le diverse forme di
mercato è quello che le distingue in relazione ai settori produttivi. In questo caso, si tratta di individuare
la forma di mercato prevalente in un certo settore. Da
questo punto di vista è possibile arrivare alle seguenti
conclusioni:
››la concorrenza perfetta è presente soltanto nel
comparto agricolo;
dere la stessa quantità a un prezzo più basso, un certo
numero di consumatori rimarrà senza il bene, sebbene sia disposta a pagare il prezzo imposto dallo Stato.
In conclusione, grazie all’intervento pubblico per
contenere i prezzi dei maglioni, un minor numero di
famiglie riesce a soddisfare i propri desideri.
L’intervento pubblico ha quindi solo peggiorato la situazione.
Per ridurre il prezzo, e tornare al prezzo originario
di 100 euro per ogni maglione, l’unico modo è quello di far aumentare di nuovo l’offerta. Ciò è possibile
se si verificano alcuni aventi come, per esempio, un
miglioramento della tecnologia che consente di spendere meno per ogni maglione. Un altro modo ancora è
costituito dalla riduzione di qualche altro costo che si
sostiene per produrre i maglioni. Essi, infatti, non necessitano solo di lana ma anche di filo, bottoni, lavoro
umano, macchinari. Se si riesce a incidere su uno di
questi costi l’offerta aumenta ritornando al livello di
partenza e il prezzo può così scendere fino a tornare
a 100 euro.
››la concorrenza monopolistica è presente nella di-
stribuzione al dettaglio, anche se la forte concentrazione delle imprese del settore, la diffusione
delle catene di ipermercati e discount, stanno cambiando la fisionomia di questo mercato e lo stanno
facendo avvicinare all’oligopolio;
››l’oligopolio è invece una forma di mercato assai
diffusa nel campo della produzione industriale,
soprattutto nei settori dove vengono prodotti beni
strumentali;
››il monopolio è presente in tutti quei settori dove
operano delle barriere all’ingresso, come nel settore farmaceutico, in cui l’impresa che scopre un
nuovo farmaco lo brevetta per impedire l’ingresso
delle altre imprese.
Le diverse forme di mercato possono essere infine
classificate in relazione ad alcune caratteristiche, così
come viene fatto nella seguente tabella.
3
11 Forme di mercato e fattori che le connotano
Caratteristiche
Numero
di imprese
Numero
Prodotto
di compratori
Concorrenza perfetta
tantissime
tantissimi
omogeneo
basso (poco superiore al costo medio
unitario)
Monopolio
una
tantissimi
omogeneo
altissimo
Oligopolio
poche
tantissimi
omogeneo
alto
Concorrenza monopolisitica
tante
tantissimi
differenziato
alto
Forma di mercato
Come funziona il monopolio
In genere si pensa che il monopolista sia un imprenditore che è libero di fare ciò che gli pare: essendo
l’unico a vendere un determinato bene, può approfittarne per vendere la quantità che vuole a qualsiasi
prezzo. Questa idea è profondamente sbagliata perché
i consumatori sono tra loro molto diversi, per cui essi
sono disposti a pagare per un certo bene somme di
denaro diverse, a seconda delle preferenze che hanno
rispetto a quel bene.
Immaginiamo che una casa editrice pubblichi un romanzo di un famosissimo autore molto amato dalle
adolescenti. La casa editrice, in questo caso, “produce” un bene che per le adolescenti non ha rivali ed
esse perciò sono disposte a pagare qualsiasi cifra per
poter avere il romanzo. Qualsiasi cifra veramente no!
È chiaro che se il romanzo venisse messo in commercio a un prezzo di 1.000 euro, ben poche ragazze
potrebbero comprarlo. Al contrario, se la case editrice
mettesse in commercio il romanzo a 1 euro avrebbe
moltissime acquirenti. Tra questi estremi ci sono molte situazioni intermedie che sono determinate soprattutto dalle preferenze delle lettrici. Ci sono quelle che
sarebbero disposte a rinunciare a un cappotto pur di
4
Prezzo
avere il romanzo, altre che invece sarebbero disposte
a rinunciare solo a un panino. Questa varietà di preferenze si riflette nella diversa disponibilità a pagare
da parte delle lettrici per cui aumentando il prezzo di
vendita succede che un numero sempre più basso di
persone è disposto a comprare il libro. La casa editrice, perciò, si trova di fronte a questo dilemma: se
vendo a 1 euro ogni libro posso arrivare a venderne
anche 2 milioni di copie; se invece vendo ogni libro a
1.000 euro ne vendo solo 100. Cosa mi conviene fare?
Qual è la scelta più vantaggiosa, che mi fa realizzare
il massimo profitto?
Per capire quale sia la soluzione dobbiamo in primo
luogo osservare che l’impresa non è interessata al profitto per ogni libro ma al profitto complessivo. In questa prospettiva conviene mettere un prezzo che non
sia troppo basso (a 1 euro ci perderebbe) ma neppure
troppo alto (a 10.000 euro ne vende solo 1). Il profitto
totale dell’impresa, infatti, in una prima fase aumenta all’aumentare del prezzo poiché la riduzione della domanda è più che compensata dall’aumento del
prezzo; in una seconda fase, invece, il profitto totale
diminuisce con l’aumentare del prezzo poiché la riduzione della quantità è più marcata dell’aumento del
prezzo. Rappresentiamo in una tabella i conteggi che
la casa editrice effettua.
Prezzo
di un libro
Quantità domandata
di libri
Costo
di un libro
Profitto
per la vendita
di un libro
Profitto
per la vendita
di tutti i libri
1
2.000.000
10
–9
– 18.000.000
10
500.000
10
0
0
15
100.000
10
5
500.000
20
70.000
10
10
700.000
1.000
100
10
990
99.000
11 Forme di mercato e fattori che le connotano
Come si può notare, in una prima fase il profitto totale dell’impresa aumenta (per 1 euro addirittura registra una perdita di 18 milioni di euro, pur vendendo
2 milioni di copie) ma poi, arrivati a 20 euro, inizia
a scendere. Il prezzo di 20 euro è perciò quello che
garantisce all’impresa il massimo profitto. Si noti che
questo prezzo è il doppio del costo di produzione per
4
Pregi e difetti del mercato
La pubblicità ingannevole
Norme tratte dal d.lgs. 25/1/1992 n. 74 (“Attuazione della direttiva 84/450/CEE, come modificata dalla
direttiva 97/55/CE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa”), come modificato dal d.lgs. n.
67/2000.
Art. 2. Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende:
a.Per “pubblicità”, qualsiasi forma di messaggio che
sia diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di
un’attività commerciale, industriale, artigianale o
professionale allo scopo di promuovere la vendita
di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti e obblighi su di essi oppure la
prestazione di opere o di servizi.;
b.per “pubblicità ingannevole”, qualsiasi pubblicità
che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore
le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o
che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere
ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo,
leda o possa ledere un concorrente;
c.per “operatore pubblicitario”, il committente del
messaggio pubblicitario e il suo autore, nonché,
nel caso in cui non consenta all’identificazione di
costoro, il proprietario del mezzo con cui il messaggio pubblicitario è diffuso.
Art. 4. Trasparenza della pubblicità
1. La pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale; in particolare la pubblicità a mezzo di
stampa deve essere distinguibile dalle altre forme di
comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di
evidente percezione.
2. I termini “garanzia”, “garantito” e simili possono
un libro mentre se il mercato fosse stato in concorrenza perfetta sarebbe stato molto vicino ai 10 euro. In
concorrenza perfetta, infatti, il mercato spinge le imprese a praticare un unico prezzo che è pari al costo
unitario più un piccolo profitto per l’imprenditore.
Il monopolio garantisce all’impresa un profitto assai
più cospicuo.
essere usati solo se accompagnati dalla precisazione
del contenuto e dalle modalità della garanzia offerta.
Quando la brevità del messaggio pubblicitario non
consente di riportare integralmente tali precisazioni,
il riferimento sintetico al contenuto e alle modalità
della garanzia offerta deve essere integrata dall’esplicito rinvio a un testo facilmente conoscibile dal consumatore in cui siano riportate integralmente le precisazioni medesime.
3. È vietata ogni forma di pubblicità subliminale.
Art. 7. Tutela amministrativa e giurisdizionale
1. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, istituita dall’art. 10 della legge 10 ottobre 1990, n.
287, esercita le attribuzioni disciplinate dal presente
articolo.
2. I concorrenti, i consumatori, le loro associazioni
e organizzazioni, il ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, nonché ogni altra pubblica
amministrazione che ne abbia interesse in relazione
ai propri compiti istituzionali, anche su denuncia del
pubblico, possono chiedere all’Autorità garante che
siano inibiti gli atti di pubblicità ingannevole o la loro
continuazione e che ne siano eliminati gli effetti.
3. L’Autorità può disporre con provvedimento motivato
la sospensione provvisoria della pubblicità ingannevole, in caso di particolare urgenza. In ogni caso comunica l’apertura dell’istruttoria all’operatore pubblicitario
e, se il committente non è conosciuto, può richiedere
al proprietario del mezzo che ha diffuso il messaggio
pubblicitario ogni informazione idonea a identificarlo.
4. L’Autorità può disporre che l’operatore pubblicitario fornisca prove sull’esattezza materiale dei dati di
fatto contenuti nella pubblicità se, tenuto conto dei
diritti o interessi legittimi dell’operatore pubblicitario
e di qualsiasi altra parte nella procedura, tale esigenza
risulti giustificata, date le circostanze del caso specifico. Se tale prova è omessa o viene ritenuta insufficiente, i dati di fatto dovranno essere considerati inesatti.
5
11 Forme di mercato e fattori che le connotano
5. Quando il messaggio pubblicitario è stato o deve
essere diffuso attraverso la stampa periodica o quotidiana ovvero per via radiofonica o televisiva, l’Autorità garante, prima di provvedere, richiede il parere del
Garante per la radiodiffusione e l’editoria.
6. L’Autorità provvede con effetto definitivo e con decisione motivata. Se ritiene la pubblicità ingannevole
accoglie e il ricorso vietando la pubblicità non ancora
portata a conoscenza del pubblico o la continuazione di quella già iniziata. Con la decisione di accoglimento può essere disposta la pubblicazione della
pronuncia, anche per estratto, nonché eventualmente, di un’apposita dichiarazione rettificativa in modo
da impedire che la pubblicità ingannevole continui a
produrre effetti.
7. Nei casi riguardanti messaggi pubblicitari inseriti
sulle confezioni di prodotti, l’Autorità, nell’adottare i
provvedimenti indicati nei commi 3 e 5, assegna per la
loro esecuzione un termine che tenga conto dei tempi
tecnici necessari per il necessario adeguamento.
8. La procedura istruttoria è stabilita con regolamento
da emanare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell’art. 17,
primo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in
modo da garantire il contraddittorio, la piena cognizione degli atti e la verbalizzazione.
9. L’operatore pubblicitario che non ottempera ai
provvedimenti d’urgenza o a quelli inibitori o di rimozione degli effetti adottati con la decisione che definisce il ricorso è punito con l’arresto fino a tre mesi
e con l’ammenda fino a lire cinque milioni.
10. Al proprietario del mezzo di diffusione del messaggio pubblicitario che omette di fornire le informazioni di cui al comma 3 può essere irrogata dall’Autorità una sanzione amministrativa da due a cinque
milioni di lire.
11. I ricorsi ovvero le decisioni definitive adottate
dall’Autorità rientrano nella giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo.
12. Ove la pubblicità sia stata assentita con provvedimento amministrativo, preordinato anche alla verifica del carattere non ingannevole della stessa, la
tutela dei concorrenti, dei consumatori e delle loro
associazioni e organizzazioni è esperibile solo in via
giurisdizionale con ricorso al giudice amministrativo
avverso il predetto provvedimento.
13. È comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario, in materia di atti di concorrenza sleale,
a norma dell’art. 2598 del codice civile.
Schema tipo di segnalazione di ingannevolezza di un messaggio pubblicitario Per denunciare la supposta ingannevolezza di una pubblicità è sufficiente una segnalazione
6
su carta semplice (senza bolli), indirizzata all’Autorità
garante della concorrenza e del mercato, Ufficio pubblicità ingannevole, via Liguria, 26 – 00187 Roma,
che contenga i seguenti elementi:
1. qualificazione del denunciante (denominazione, indirizzo, recapito telefonico) e il titolo in base al quale
effettua la denuncia (es. singolo consumatore, associazione di consumatori, concorrente ecc.);
2. messaggio pubblicitario oggetto di contestazione. Deve essere allegata copia (possibilmente in originale) e
precisata la modalità di diffusione (es. per uno spot
occorre specificare il canale televisivo, la data e l’orario di messa in onda). Naturalmente deve trattarsi di
un vero e proprio “messaggio pubblicitario”, come definito dall’art. 2 del d.lgs 74/92, diffuso dopo l’entrata
in vigore dello stesso decreto;
3. elementi di ingannevolezza ritenuti presenti nella pubblicità, relativi a:
– non riconoscibilità del messaggio come “pubblicità”, in quanto mascherato, per esempio, sotto altre
forme (pubblicità redazionale, product placement,
pubblicità subliminale, offerte di lavoro ecc.;
– caratteristiche dei prodotti o servizi (disponibilità, natura, composizione, metodo e data di fabbricazione, inidoneità agli usi, quantità, descrizione,
origine geografica o commerciale, risultati ottenibili con l’uso, prove o controlli ecc.);
– prezzi e relative modalità di calcolo, condizioni di
offerta di beni o servizi;
– “operatore pubblicitario”, ovvero autore o committente della pubblicità (identità, qualificazione, capacità, diritti, patrimonio ecc.);
– uso improprio dei termini “garanzia”, “garantito” o
simili;
– pubblicità riguardanti prodotti suscettibili di porre
in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori;
– pubblicità che impiegano bambini o adolescenti, o
che possano trarre in inganno bambini o adolescenti;
4. richiesta di intervento da parte dell’Autorità contro la
pubblicità in questione, nonché eventualmente, nei
casi di particolare gravità e urgenza, richiesta di sospensione provvisoria della pubblicità;
5. firma del denunciante (se si tratta di associazioni di
consumatori, concorrenti ecc. è necessaria la sottoscrizione da parte del rappresentante legale).
Le esternalità. L’inquinamento
Si ha un’esternalità ogniqualvolta un individuo (o un’impresa) compie un’azione che ha effetti su altri individui (o
imprese), senza che questi ultimi paghino o ricevano un
indennizzo per tali effetti.
11 Forme di mercato e fattori che le connotano
Questi effetti esterni effetti possono essere per gli altri
individui negativi o positivi.
Tra le esternalità negative il caso più importante è quello dell’inquinamento.
Quando un consumatore butta un accumulatore di
tensione nella pattumiera, insieme agli altri rifiuti, arreca un grande danno all’ambiente perché mette in
circolo acidi pericolosissimi, ma non ne sostiene direttamente nessun costo particolare. Lo stesso accade
quando un’impresa getta in un fiume, tra i suoi scarichi, sostanze chimiche nocive che provocano un’alterazione dell’ambiente biologico circostante.
sente nell’atmosfera. Per assicurare un tasso costante
di anidride carbonica nell’atmosfera, pertanto, a parità delle altre condizioni, occorre fare in maniera che
la quantità di alberi tagliati sia uguale a quella delle
nuove piante. Negli ultimi decenni, nei Paesi poveri
il taglio dei boschi ha superato ampiamente quello
necessario per garantire una quantità costante di alberi. Scompaiono ormai circa 250.000 Km2 di foreste
ogni anno. Questi Paesi tagliano alberi per far fronte
alla forte domanda di legname da parte dei paesi industrializzati ed anche perché la legna è utilizzata nei
Paesi poveri come mezzo per produrre calore.
Piogge acide Le piogge acide, causate dagli ossidi di azoto
Perdita di biodiversità La deforestazione è una delle cause principali della perdita di biodiversità nel pianeta. Si ha biodiversità quando il numero delle specie
animali e vegetali è assai elevato. Essa è considerata molto importante per la conservazione della vita
nel pianeta. Le specie, infatti, sono sottoposte ad un
processo evolutivo in relazione al quale scompaiono
quelle meno adatte all’ambiente e aumentano quelle
più capaci di resistere. Tale processo naturale permette un adattamento alle mutate condizioni ambientali
purché sia elevato il numero di specie tra le quali la
selezione può operare. Per assicurare la sopravvivenza del pianeta occorre dunque una forte biodiversità
che la deforestazione tende invece a ostacolare.
e dal biossido di zolfo, hanno raggiunto punte preoccupanti: nelle grandi città il grado di acidità misurato
dal pH ha raggiunto livelli pari a 2,5. Nell’atmosfera
si ha una trasformazione di inquinanti in acido che,
attraverso la pioggia, raggiunge edifici, alberi e falde
acquifere. Si tratta di inquinanti che vengono rilasciati
nell’atmosfera, in particolare nella fase di combustione del carbone per la produzione di energia. Il vento
trasporta il gas contenente gli inquinanti da un Paese
all’altro. Negli Usa è stato emanato nel 1990 il Clean
Air Act proprio per ridurre l’emissione di zolfo, causa
di piogge acide che ricadono soprattutto nel Canada.
Buco dell’ozono La riduzione dello strato di ozono, cau-
Radionuclidi L’aumento dei radionuclidi nell’atmosfera,
sato dagli spray (contenenti Cfc), rischia di apportare
gravi danni alla salute dell’uomo perché toglie un filtro ai raggi ultravioletti emanati dal sole.
Effetto serra L’aumento dell’anidride carbonica produce il noto “effetto serra”. L’anidride carbonica è un
gas di serra, necessario per impedire un eccessivo
raffreddamento della Terra. I gas di serra, infatti, trattengono il calore del sole e permettono lo sviluppo
della vita sulla Terra. Senza tali gas, la temperatura
del pianeta sarebbe di 20 gradi centigradi sotto lo zero. L’uso del petrolio per la produzione di energia ha
aumentato enormemente la quantità di anidride carbonica emessa nell’atmosfera e ciò ha fatto aumentare
i gas di serra. Di conseguenza, tende ad aumentare la
temperatura del pianeta che, in condizioni normali,
dovrebbe essere di circa 15 gradi centigradi. Tra la
fine del XVIII secolo e la fine del XX secolo, la quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera è
aumentata di circa il 30%.
Deforestazione
L’aumento dell’anidride carbonica
nell’atmosfera è causato, oltre che dalla combustione
del petrolio, dalla deforestazione in atto nel pianeta.
Le piante, infatti, assorbono l’anidride carbonica pre-
causato dalle centrali nucleari, è fonte, nei lunghi periodi, di tumori.
Sistema economico e ambiente.
Lo sviluppo sostenibile
Ogni volta che l’uomo produce qualcosa, da un lato
toglie all’ambiente, dall’altro lato restituisce.
Nella produzione dei beni l’entrata (in inglese: input) è
costituita dalle risorse naturali utilizzate (aria, acqua,
suolo), dagli strumenti adoperati e dal lavoro umano
impiegato.
La produzione dei beni, d’altro canto, dà luogo a
un’uscita (in inglese: output) che è costituita dai beni
prodotti (che possono essere sia beni di consumo sia
beni strumentali utilizzabili in futuro per produrre
altri beni) e dai rifiuti (fumi, sostanze tossiche, materiali di scarto ecc.).
La stessa attività di consumo produce rifiuti: i contenitori dei beni, i residui non utilizzabili, le eccedenze
rispetto al fabbisogno ecc.
L’interesse dell’economista si concentra sul modo in
7
11 Forme di mercato e fattori che le connotano
cui viene effettuata la produzione, come questa viene
distribuita e come viene impiegata (in beni di consumo o in beni strumentali). Il suo campo di studio
quindi è stato ristretto al solo funzionamento del sistema economico trascurando ciò che il sistema preleva dall’ambiente e cosa vi immette.
La cosa strana è che quello che oggi sembra ovvio,
non lo sia stato prima. L’indifferenza nei confronti
dell’ambiente e l’idea che l’universo fosse uno strumento da utilizzare senza riguardi, hanno contagiato
anche gli economisti del passato. Questi, abbagliati
dalle apparenze, vedevano infatti inesauribili quantità di beni, una ricchezza senza precedenti, realizzata
grazie all’aiuto delle macchine di cui il sistema economico capitalistico favoriva l’introduzione. Trascurarono così di considerare le relazioni in ingresso e in
uscita dal sistema economico. Detto in altri termini,
gli economisti si convinsero che producendo maggiori quantità di beni aumentasse automaticamente il
benessere della popolazione.
E, in effetti, nel Settecento e nell’Ottocento, i problemi ambientali non erano ancora visibili, anche se, in
effetti, stavano mettendo le radici per poi uscire allo
scoperto, soprattutto nel corso degli anni Sessanta del
XX secolo.
L’aver trascurato questi aspetti è dunque un limite
“scusabile” agli economisti del passato, non si può
pensare però che la stessa cosa possa essere fatta oggi.
L’analisi delle relazioni tra ambiente e sistema economico ha portato in primo piano il problema ambientale.
Si è così diffusa tra la gente l’opinione che il benessere
non possa essere più identificato con l’elevata quantità di beni prodotti. Questa considerazione, senz’altro
corretta, viene però spesso esasperata, dimenticando
che non può esistere benessere, comunque lo si voglia
definire, se non c’è una produzione capace di soddisfare almeno i bisogni essenziali.
Il problema ambientale entra così nel campo di interesse delle popolazioni dei paesi ricchi (purtroppo,
spesso, non nel campo d’azione), ma molto meno in
quello delle popolazioni dei paesi poveri, alle prese
con gravi problemi di sopravvivenza.
Gli economisti, di fronte alla complessità e alla gravità
dei problemi descritti, sono oggi alla ricerca di nuovi
modi di organizzazione del sistema economico. Questa nuova organizzazione del sistema deve essere tale
da garantire la produzione dei beni necessari in modo compatibile con l’ambiente. Il cammino è estremamente difficoltoso, ma deve essere necessariamente
compiuto perché in esso si colloca la principale sfida
che accoglie l’uomo alle soglie del terzo millennio. La
sfida riguarda la possibilità di assicurare una crescita
del benessere della popolazione in modo sostenibile
per l’ambiente. Si tratta di realizzare, in altre parole,
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uno sviluppo sostenibile.
Il concetto di sviluppo sostenibile appare per la prima volta in un documento ufficiale nel 1987. Si tratta
del Programma Unep (United Nations Environmental Programme) dell’Onu, nel cui ambito opera la
Commissione Brundtland. Si legge nel rapporto: “lo
sviluppo sostenibile non è uno stato di armonia prefissato, ma piuttosto un processo di cambiamento in
cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti e i cambiamenti istituzionali vengono resi
compatibili con i bisogni futuri, oltre che con quelli
presenti”.
Come si può notare, più che di una definizione operativa si tratta di una dichiarazione d’intenti dotata
di scarso valore pratico. Ciò nonostante, essa mette
in evidenza un aspetto importante dei rapporti tra
attività umane e ambiente naturale, ponendo l’accento sulle generazioni future. Un tale spostamento di
accento nella valutazione dei rapporti tra produzione
e ambiente può costituire una buona base per elaborare una definizione di sviluppo sostenibile dotata di
maggiore valore pratico. Si tratta, allora, di definire
in maniera rigorosa quali sono le prestazioni attuali
dell’ecosistema e di chiarire quali potrebbero essere
le pressioni future.
La questione è assai complessa perché occorre definire in primo luogo il concetto di ecosistema.
Dal punto di vista economico, l’ecosistema è caratterizzato dalla presenza di due diversi tipi di beni: beni
rinnovabili e beni non rinnovabili. Tra i primi troviamo,
per esempio, i prodotti dell’agricoltura; tra i secondi le
materie prime (ferro, argento, carbone ecc.). Dire che
bisogna lasciare alle generazioni future la possibilità
di soddisfare i loro bisogni, così come fa oggi la generazione presente, vuol dire lasciare immutata una
certa quantità di risorse. Tali risorse devono essere sia
quelle rinnovabili sia quelle non rinnovabili. Mentre
però è abbastanza facile capire cosa significhi evitare
di ridurre una singola risorsa non rinnovabile, ben
più complesso è comprendere cosa voglia dire evitare
di ridurre la disponibilità dell’intero ecosistema.
Gli economisti hanno tentato di risolvere questo
problema definendo una capacità di carico da parte
dell’ecosistema. La capacità di carico dell’ecosistema
è la quantità di inquinamento che la Terra è in grado
di sopportare. Tale capacità viene superata quando si
riduce il capitale naturale critico, la quantità di capitale, cioè, necessaria per assicurare la sopravvivenza
biologica dell’ecosistema.
Il problema dello sviluppo sostenibile, pertanto, si
sposta sul piano della definizione della quantità di
capitale che deve essere lasciata alle generazioni future per assicurare loro la possibili di soddisfare i loro
bisogni.