Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831)
Gli scritti giovanili rimasero inediti e sono quasi tutti di natura teologica: La positività della
religione cristiana; Lo spirito del cristianesimo e il suo destino.
La prima grande opera di Hegel è la Fenomenologia dello spirito (1807) nella cui prefazione (1806)
egli dichiarava il suo distacco dalla dottrina di Schelling. A Norimberga Hegel pubblicò la Scienza
della logica, le cui due parti apparvero rispettivamente nel 1812 e nel 1816. A Heidelberg
l'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817) che è la più compiuta formulazione del
sistema di Hegel. A Berlino Hegel pubblicava i Lineamenti di filosofia del diritto (1821). Dopo la
sua morte gli scolari raccolsero, ordinarono e pubblicarono i suoi corsi dì Berlino.
Già negli scritti giovanili Hegel critica la cultura illuministica, la quale separa, secondo Hegel,
aspetti e momenti della realtà concettualmente uniti. Nella Positività della religione cristiana Hegel
confronta la civiltà moderna con la polis greca, evidenziando come oggi la società sia separata e
frammentaria. Questo è dovuto alle diverse forme di religiosità: nella Grecia arcaica la divinità era
inserita nella vita dell'uomo mentre nella religione cristiana Dio è trascendente all'uomo stesso. Ne
Lo spirito del cristianesimo Hegel corregge la sua posizione e il cristianesimo non è più inteso come
opposizione tra Dio e uomo ma come unione realizzata concretamente nella figura di Gesù,
incarnazione di Dio. Nel periodo di Jena l'esigenza di riconciliazione si sposta dal piano religioso a
quello filosofico. Hegel critica in particolare le filosofie di Kant (la cui filosofia lascia irrisolto il
contrasto fra soggetto e oggetto) e di Fichte (l'Io assoluto mantiene l'opposizione tra sé e l'infinità
delle rappresentazioni). Con la Fenomenologia dello spirito, Hegel attacca Schelling nella cui
filosofia l'assoluto è inteso come unità totale ed inscindibile tra oggetto e soggetto. Hegel paragona
tale concetto al buio della notte.
Le tesi di fondo del sistema
Per poter seguire lo svolgimento del pensiero di Hegel risulta indispensabile aver chiare, sin
dall'inizio, le tesi di fondo del suo idealismo: 1) la risoluzione del finito nell'infinito; 2)
l'identità fra ragione e realtà; 3) la funzione giustificatrice della filosofia.
1. Con la prima tesi Hegel intende dire che la realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma
un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione. Tale organismo
coincide con l'Assoluto e con l'infinito, mentre i vari enti del mondo, essendo manifestazioni di
esso, coincidono con il finito. Di conseguenza, il finito, come tale, non esiste. perché ciò che noi
chiamiamo finito è nient'altro che un'espressione parziale dell'infinito. Infatti, la parte non
può esistere se non in connessione con il Tutto. L'hegelismo si configura quindi come una forma
di monismo panteistico, cioè come una teoria che vede nel mondo (= il finito) la manifestazione o la
realizzazione di Dio infinito. Mentre per Spinoza l'Assoluto è una sostanza statica che coincide con
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la Natura, per Hegel si identifica invece con un Soggetto spirituale in divenire, di cui tutto ciò che
esiste è momento o tappa. Dire che la realtà non è Sostanza, ma Soggetto, significa dire,
secondo Hegel, che essa non è qualcosa di immutabile e di già dato, ma un processo di autoproduzione che soltanto alla fine, cioè con l'uomo (lo Spirito) e le sue attività più alte (arte,
religione e filosofia), giunge a rivelarsi per quello che è veramente: il vero è l'intero. Ma
l'intero è soltanto l'essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell'Assoluto devesi dire
che esso è essenzialmente Risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità.
2. Il Soggetto spirituale infinito che sta alla base della realtà viene denominato da Hegel con il
termine Idea o Ragione, intendendo con queste espressioni l'identità di pensiero ed essere, o
meglio, di ragione e realtà. Da ciò il noto aforisma in cui si riassume il senso stesso
dell'hegelismo: Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale. Con la prima parte della
formula, Hegel intende dire che la razionalità non è pura idealità, astrazione, schema, ma la forma
stessa di ciò che esiste. Viceversa, con la seconda parte della formula, Hegel intende affermare che
la realtà non è una materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale (l'idea o la
Ragione) che si manifesta in modo inconsapevole nella natura e in modo consapevole nell'uomo.
Per cui, con il suo aforisma, Hegel non esprime la semplice possibilità che la realtà sia
penetrata o intesa dalla ragione, ma la necessaria, totale e sostanziale identità di realtà e
ragione. Tale identità implica anche l'identità fra essere e dover-essere, in quanto ciò che è risulta
anche ciò che razionalmente deve essere. Il mondo, in quanto è, e così com'è, è razionalità
dispiegata, ovvero ragione reale e realtà razionale — che si manifesta attraverso una serie di
momenti necessari che non possono essere diversi da come sono. Infatti, da qualsiasi punto di
vista guardiamo il mondo, troviamo ovunque, secondo Hegel, una rete di connessioni
necessarie e di passaggi obbligati che costituiscono l'articolazione vivente dell'unica Idea o
Ragione.
3. Hegel ritiene che il compito della filosofia consista nel prendere atto della realtà e nel
comprenderne le strutture razionali che la costituiscono: Comprendere ciò che è, è il compito della
filosofia, poiché ciò che è, è la ragione. La filosofia arriva sempre troppo tardi; giacché
sopraggiunge quando la realtà ha compiuto il suo processo di formazione. Essa, afferma
Hegel, è come la nottola di Minerva che inizia il suo volo sul far del crepuscolo, cioè quando la
realtà è già belle fatta. La filosofia deve dunque mantenersi in pace con la realtà‖ e rinunciare
alla pretesa assurda di determinarla. Questi chiarimenti delineano il tratto essenziale della
filosofia e della personalità di Hegel. L'autentico compito che Hegel ha inteso attribuire alla
filosofia è la giustificazione razionale della realtà.
Idea, Natura e Spirito: le partizioni della filosofia
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Hegel ritiene che il farsi dinamico dell'Assoluto passi attraverso i tre momenti dell'Idea in sé e per
sé (tesi), dell'Idea fuori di sé (antitesi) e dell'Idea che ritorna in sé' (sintesi). Tant'è vero che il
disegno complessivo dell'Enciclopedia hegeliana è quello di una grande triade dialettica.
L'Idea in sé e per sé o Idea pura è l'Idea considerata in se stessa, a prescindere dalla sua
concreta realizzazione nel mondo. Da questo angolo prospettico, l'Idea, secondo un noto
paragone teologico di Hegel, è assimilabile a Dio ―prima della creazione della natura e di uno
spirito finito, ovvero, in termini meno equivocanti (visto che l'Assoluto hegeliano è un infinito
immanente. che non crea il mondo, ma è il mondo) al programma o all'ossatura logicorazionale della realtà.
L'Idea fuori di sé o Idea ―nel suo esser altro è la Natura, cioè l'alienazione dell'Idea nelle
realtà spazio-temporali del mondo.
L'Idea che ritorna in sé è lo Spirito, cioè l'Idea che dopo essersi fatta natura torna presso di
sé‖ nell'uomo. Ovviamente, questa triade non è da intendersi in senso cronologico, come se
prima ci fosse l'Idea in sé e per sé, poi la Natura e infine lo Spirito, ma in senso ideale. Infatti
ciò che concretamente esiste nella realtà è lo Spirito (la sintesi), il quale ha come sua coeterna
condizione la Natura (l'antitesi) e come suo coeterno presupposto il programma logico
rappresentato dall'Idea pura (la tesi). A questi tre momenti strutturali dell'Assoluto Hegel fa
corrispondere le tre sezioni in cui divide il sapere filosofico: 1) la logica, 2) la filosofia della
natura, 3) la filosofia dello spirito.
LA DIALETTICA
L'Assoluto, per Hegel, è divenire. La legge che regola tale divenire è la dialettica, che
rappresenta, al tempo stesso, la legge (ontologica) di sviluppo della realtà e la legge (logica) di
comprensione della realtà. Hegel distingue tre momenti o aspetti del pensiero: 1) l'astratto o
intellettuale; 2) il dialettico o negativo-razionale; 3) lo speculativo o positivo-razionale. Il momento
intellettuale è quello per cui il pensiero si ferma alle definizioni rigide della realtà, limitandosi a
considerarne nelle loro differenze reciproche e secondo il principio di identità e di noncontraddizione (secondo cui ogni cosa è se stessa ed è assolutamente diversa dalle altre). Il
momento dialettico consiste nel relazionare le determinazioni della realtà con altre determinazioni.
Il momento speculativo consiste invece nel cogliere l'unità delle determinazioni opposte, ossia nel
rendersi conto che tali determinazioni sono aspetti unilaterali di una realtà più alta che li
ricomprende o sintetizza entrambi
Globalmente considerata, la dialettica consiste quindi: 1) nell'affermazione o posizione di un
concetto astratto e limitato, la tesi; 2) nella negazione di questo concetto come qualcosa di limitato
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o di finito e nel passaggio ad un concetto opposto, l'antitesi; 3) nell'unificazione della precedente
affermazione e negazione in una sintesi positiva comprensiva di entrambe. La sintesi che si
configura come una ri-affermazione potenziata dell'affermazione iniziale (tesi), ottenuta tramite la
negazione della negazione intermedia (antitesi). Riaffermazione che Hegel focalizza con il termine
Aufhebung il quale esprime l'idea di un superamento che è, al tempo stesso, un togliere
(l'opposizione fra tesi ed antitesi) ed un conservare (la verità della tesi, dell'antitesi e del loro
conflitto). Ogni sintesi diviene, a propria volta, tesi di un'altra antitesi, cui succede un'ulteriore
sintesi e così via, sino al compimento del processo globale dell'Assoluto
La dialettica illustra il principio della risoluzione del finito nell'infinito. Infatti essa ci mostra come
ogni finito, ogni parte di realtà, non possa esistere in se stesso, ma solo in un contesto di rapporti.
Poiché il tutto di cui parla Hegel, ovvero l'Idea, è una entità dinamica, la dialettica esprime appunto
il processo mediante cui le varie parti o determinazioni della realtà perdono la loro rigidezza, si
fluidificano e diventano momenti di un'Idea unica ed infinita.
La Fenomenologia dello Spirito
Il principio della risoluzione del finito nell'infinito, o dell'identità di razionale e reale, è stato
illustrato da Hegel in due forme diverse. Dapprima Hegel si è fermato a illustrare la via che per
giungere fino ad esso ha dovuto percorrere la coscienza umana. In secondo luogo, Hegel ha
illustrato quel principio quale appare in atto in tutte le determinazioni fondamentali della realtà. La
prima illustrazione è quella che Hegel ha dato nella Fenomenologia dello spirito: la seconda è
quella che ha dato nella Enciclopedia delle scienze filosofiche e nelle opere che approfondiscono le
singole parti di essa (Scienza della logica, Filosofia dell'arte, Filosofia della religione, Filosofia del
diritto, Filosofia della storia). Le vicende dello spirito nella prima opera sono le vicende del
principio hegeliano dell'infinito nelle sue prime apparizioni, nel suo progressivo affermarsi e
svilupparsi attraverso una serie di figure esprimenti i settori più disparati della vita umana (la
conoscenza, la società. la religione, la politica ecc.). La coscienza cresce seguendo un percorso: le
tappe intermedie di tale percorso (figure) sono delle manifestazioni del sapere assoluto (la
fenomenologia è infatti la scienza delle manifestazioni).
L'opera è divisa in sei sezioni: Coscienza, Autocoscienza, Ragione, Spirito, Religione e Sapere
assoluto. È la storia della coscienza, che attraverso una serie di contrasti, esce dalla sua
individualità, raggiunge l'universalità e si riconosce come ragione che è realtà e realtà che è ragione.
Perciò l'intero ciclo della fenomenologia si può vedere riassunto in una delle sue figure particolari
che non per nulla è diventata la più popolare: quella della coscienza infelice. La prima parte della
Fenomenologia si divide in tre momenti: Coscienza (tesi). Autocoscienza (antitesi) e Ragione
(sintesi).
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Coscienza
La prima tappa che la coscienza percorre verso il sapere assoluto è detta certezza sensibile. Con tale
espressione si indica quella certezza che deriva dagli oggetti sensibili, ovvero la credenza per cui la
verità sta nell'oggetto dei sensi. Successivamente la coscienza arriva alla percezione: questa
rappresenta la negazione della certezza sensibile, in quanto sposta la verità dall'oggetto all'atto della
percezione, compiuto dal soggetto. L'ultima figura della coscienza è detta intelletto: è in tale figura
che si completa lo spostamento dall'oggetto al soggetto: ora la verità è nell'Io conoscente.
Autocoscienza
Con la sezione dell'autocoscienza, che contiene le figure più celebri, il centro dell'attenzione si
sposta dall'oggetto al soggetto, ovvero all'attività concreta dell'io, considerato nei suoi rapporto con
gli altri. Di conseguenza, tale sezione non si muove più in un ambito astrattamente gnoseologico,
ma riguarda anche la società, la storia della filosofia e la religione. L'autocoscienza postula la
presenza di altre autocoscienze in grado di darle la certezza di essere tale. Ma il riconoscimento non
può che passare attraverso un momento di lotta e di sfida, ossia attraverso il conflitto fra le
autocoscienze. Tale conflitto, nel quale ogni autocoscienza. pur di affermare la propria
indipendenza, deve essere pronta a tutto. anche a rischiare la vita, non si conclude con la morte delle
autocoscienze contendenti (poiché in tal caso sarebbe annullata l'intera dialettica del
riconoscimento) ma con il subordinarsi dell'una all'altra nel rapporto servo-signore. Il signore è
colui che, per affermare la propria indipendenza, ha messo valorosamente a repentaglio la propria
vita, sino alla vittoria, mentre il servo è colui che, ad un certo punto, ha preferito la perdita della
propria indipendenza, cioè la schiavitù, pur di avere salva la vita. Tuttavia, argomenta Hegel con
una penetrante analisi dialettica, la dinamica del rapporto servo-signore (che corrisponde al tipo di
società del mondo antico) porta ad una paradossale inversione di ruoli, ossia ad una situazione per
cui il signore diviene servo del servo e il servo signore del signore. Infatti, il signore, che
inizialmente appariva indipendente, nella misura in cui si limita a godere passivamente del lavoro
altrui, finisce per rendersi dipendente dal servo. Invece quest'ultimo, che inizialmente appariva
dipendente, nella misura in cui padroneggia e trasforma le cose da cui il signore riceve il proprio
sostentamento, finisce per rendersi indipendente. La figura hegeliana del servo-signore, è stata
apprezzata soprattutto dai marxisti, i quali hanno visto in essa un'intuizione dell'importanza del
lavoro e della configurazione dialettica della storia, nella quale, grazie all'esperienza della
sottomissione, si generano le condizioni per la liberazione.
Stoicismo e scetticismo
Il raggiungimento dell'indipendenza dell'io nei confronti delle cose, trova la sua manifestazione
filosofica nello stoicismo, ossia in un tipo di visione del mondo che celebra l'autosufficienza e la
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libertà del saggio nei confronti di ciò che lo circonda. Ma nello stoicismo l'autocoscienza, la quale
pretende di svincolarsi dai condizionamenti della realtà (passioni, ricchezze ecc.), ritenendo di
essere libera sul trono o in catene‖, raggiunge soltanto una astratta libertà interiore, giacché quei
condizionamenti permangono e la realtà esterna non e fatto negata. Chi pretende di mettere
completamente tra parentesi quel mondo esterno da cui lo stoico si sente indipendente (e che lascia
invece sussistere) è lo scetticismo, ossia un tipo di visione del mondo che sospende l'assenso su
tutto ciò che è comunemente ritenuto per vero e reale (di conseguenza, lo scetticismo è per sé, ossia
in modo consapevole, ciò che lo stoicismo è in sé, ossia in modo inconsapevole; esattamente come
lo stoicismo è per sé ciò che la servitù è in sé). Tuttavia lo scetticismo dà luogo ad una situazione
contraddittoria ed insostenibile. Hegel non fa che usare, contro lo scetticismo, l'argomento
tradizionale: quello secondo cui lo scettico si auto-contraddice poiché da un lato dichiara che tutto è
vano e non-vero, mentre dall'altro pretende di dire qualcosa di reale e di vero.
La coscienza infelice
La scissione, presente nello scetticismo, fra una coscienza immutabile ed una mutevole diviene
esplicita nella figura della coscienza infelice ed assume la forma di una separazione radicale fra
l'uomo e Dio. E' questa la situazione propria dell'ebraismo, nel quale l'essenza, l'Assoluto, la realtà
vera è sentita come lontana dalla coscienza ed assume le sembianze di un Dio trascendente padrone
assoluto della vita e della morte, ovvero di un Signore inaccessibile di fronte a cui l'uomo si trova in
uno stato di dipendenza (la coscienza infelice ebraica rappresenta la traduzione, in chiave religiosa.
della situazione sociale espressa dal rapporto servo-signore). Nel secondo momento assume la
figura di un Dio incarnato. E questa la situazione propria del cristianesimo medioevale, il quale,
anziché considerare Dio come un Padre o un Giudice lontano, lo prospetta sotto forma di una realtà
effettuale. Tuttavia, come Dio incarnato, vissuto in uno specifico ed irripetibile periodo storico,
risulta pur sempre, per i posteri, inevitabilmente lontano: ―accade necessariamente ch'esso sia
dileguato nel tempo e nello spazio, e che sia stato lungi e senz'altro lungi rimanga‖. Di conseguenza,
con il cristianesimo, la coscienza continua ad essere ―infelice‖ e Dio continua a configurarsi come
un ―irraggiungibile al di là che sfugge‖. anzi, che è ―già sfuggito nell'atto in cui si tenta
d'affermarlo‖. Tale vicenda prosegue e si esaspera con la mortificazione di sé, in cui si ha la più
completa negazione dell'io a favore di Dio. Infatti, con l'ascetismo e le sue pratiche di umiliazione
della carne, ci troviamo di fronte ad una personalità tanto misera quanto infelice e limitata a sé e al
suo fare meschino, ovvero come aggiunge caratteristicamente Hegel, ad una personalità ―che non
riesce se non a covare se stessa. Ma il punto più basso toccato dal singolo (il quale cerca un estremo
punto di contatto fra sé e l'immutabile nella figura mediatrice della Chiesa) è destinato a trapassare
dialetticamente nel punto più alto allorquando la coscienza, nel suo vano sforzo di unificarsi con
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Dio, si rende conto di essere, lei stessa, Dio, ovvero l'Universale o il Soggetto assoluto. Ciò non
avviene nel Medioevo, ma nel Rinascimento e nell'età moderna.
La ragione
Come Soggetto assoluto l'autocoscienza è diventata Ragione ed ha assunto in sé ogni realtà. Mentre
nei momenti anteriori la realtà del mondo le appariva come alcunché di diverso e di opposto (come
la negazione di sé), ora invece può sopportarla: perché sa che nessuna realtà è niente di diverso da
essa. La ragione, dice Hegel, è la certezza di essere ogni realtà. La ragione si rivolge da principio al
mondo della natura. È questa la fase del naturalismo del Rinascimento e dell'empirismo. Qui la
coscienza crede, bensì, di cercare l'essenza delle cose, ma in realtà non cerca che se stessa; e quella
credenza deriva dal non aver fatto ancora della ragione l'oggetto della propria ricerca. Si determina
così l'osservazione della natura che, partendo dalla semplice descrizione, si approfondisce con la
ricerca della legge e con l'esperimento; e che si trasferisce poi nel dominio del mondo organico, per
passare infine a quello stesso della coscienza con la psicologia. Seguono le tre figure della ragione
attiva, la prima è quella in cui l'individuo, deluso dalla scienza e dalla ricerca naturalistica, si getta
nella vita e va alla ricerca del proprio godimento. Ma nella ricerca del piacere l'autocoscienza
incontra la necessità del destino, che, incurante delle sue personali esigenze di felicità, lo travolge
inesorabilmente. ―Egli prendeva la vita, ma con ciò afferrava piuttosto la morte‖. L'autocoscienza
cerca allora di opporsi al corso ostile del mondo appellandosi alla ―legge del cuore‖ (il filone
sentimentale che va da Rousseau ai romantici). Nasce in tal modo la seconda figura della ragione
attiva, che Hegel denomina ―la legge del cuore e il delirio della presunzione', nella quale
l'individuo, dopo aver cercato di individuare e di abbattere i responsabilità dei mali nel mondo (preti
fanatici, despoti corrotti), entra in conflitto con altri presunti portatori dei vero progetto di
miglioramento della realtà: ‗La coscienza che propone la legge del suo cuore avverte dunque la
resistenza da parte di altri, perché essa contraddice alle leggi altrettanto singole del cuore loro.
Nasce in tal modo la terza figura della ragione attiva, che Hegel chiama ―La virtù e il corso del
mondo‖. Ma il contrasto tra la virtù, che è il bene astrattamente vagheggiato dall'individuo nella sua
speranza di invertire l'invertito corso del mondo e la concreta realtà non può che concludersi con la
sconfitta del ‗cavaliere della virtù' e dei suoi donchisciotteschi propositi di moralizzazione
dell'esistente (Robespierre). Seguono ulteriori figure.
Lo spirito, la religione, il sapere assoluto La seconda parte della Fenomenologia comprende tre
sezioni (lo spirito, la religione e il sapere assoluto), che anticipano il contenuto della filosofia dello
spirito.
La logica
In quanto scienza dell'idea pura, la logica — alla quale Hegel ha dedicato la seconda delle sue opere
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fondamentali, la Scienza della logica (1812-1816), che ha poi ricapitolato nella prima parte della
Enciclopedia — prende in considerazione la struttura programmatica o l'impalcatura originaria del
mondo. Tale impalcatura si specifica in un organismo dinamico di concetti, i quali, in virtù
dell'equazione fra pensiero ed essere, costituiscono altrettanti aspetti della realtà. La logica si divide
in tre parti, che corrispondono ai tre momenti dello sviluppo dell'idea. a) La logica dell'essere, che
prende in esame i concetti più astratti, primo dei quali è il concetto di puro essere indeterminato,
principio di tutto. "II puro essere," dice Hegel, "costituisce il cominciamento", esso "preso nella sua
immediatezza, è il nulla". Il cominciamento è dunque l'unità di essere e nulla, e questa unità è il
concetto di divenire, col quale si ha la prima sintesi, il superamento della prima opposizione. Dalla
contraddizione esistente nella prima triade dialettica vengono dedotte le categorie dell'intuizione
sensibile: qualità, quantità, misura. b) La logica dell'essenza, che prende in esame concetti più
concreti, perché nel movimento dialettico l'essenza si esprime e si manifesta completamente
nell'esistenza. Da questa vengono dedotte le categorie dell'intelletto, cioè della scienza: forma e
materia, legge e fenomeno, causalità e azione reciproca. c) La logica del concetto, che prende in
esame la realtà come "sviluppo vivente" di se stessa. Da questa vengono dedotte le categorie della
concezione idealistica: concetti, giudizi, sillogismi.
La filosofia della natura
Il testo fondamentale della filosofia della Natura di Hegel è la seconda parte dell'Enciclopedia.
L'idea, quando si aliena da se stessa, si dispiega nell'esteriorità, dando origine alla natura, che è,
appunto, "l'idea nella forma dell'essere altro" La filosofia della natura costituisce, nel sistema
hegeliano, la fondamentale mediazione nel movimento dialettico che ha la sua sintesi nella filosofia
dello spirito. Solo questa può a cogliere lo sviluppo organico della natura e a trarne una
"considerazione concettuale", mentre la scienza empirica non riesce ad andare oltre la
classificazione. Tuttavia, anche la filosofia della natura non è priva di limiti, a causa delle
accidentalità che la natura stessa presenta. Infatti la natura non mostra, nella sua esistenza, alcuna
libertà, solo necessità ed accidentalità, e perciò deve essere divinizzata. Il mondo della natura viene
dedotto in tre gradi: la meccanica, dedicata all'esteriorità come tale (occupandosi dello spazio, del
tempo e della loro sintesi, il luogo, culminante nella gravità); la fisica, dedicata alla materia
individualizzata (occupandosi della luce, del peso specifico, del calore, ecc.); l'organica, dedicata
all'individualità soggettiva (occupandosi della natura geologica, di quella vegetale e di quella
animale).
La filosofia dello spirito
La filosofia dello Spirito, che Hegel definisce la conoscenza ―più alta e difficile' è lo studio
dell'Idea che, dopo essersi estraniata da sé, sparisce come natura, cioè come esteriorità e spazialità.
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per farsi soggettività e libertà. Lo sviluppo dello Spirito avviene attraverso tre momenti principali:
lo spirito soggettivo (che è lo spirito individuale nell'insieme delle sue facoltà), lo spirito oggettivo
(che è lo spirito sovra-individuale o sociale), lo spirito assoluto (che è lo spirito il quale sa e
conosce se stesso nelle forme dell'arte, della religione e della filosofia). Anche lo Spirito procede
per gradi, ma diversamente da quanto accade nella Natura, nella quale i gradi sussistono l'uno
accanto all'altro (come ad es. il mondo vegetale e quello animale), nello Spirito ciascun grado è
compreso e risolto nel grado superiore, il quale, a sua volta, è già presente nel grado inferiore.
Lo spirito soggettivo è lo spirito individuale, considerato nel suo lento e progressivo emergere dalla
natura, attraverso un processo che va dalle forme più elementari di vita psichica alle più elevate
attività conoscitive e pratiche. La filosofia dello spirito soggettivo si divide in tre parti;
antropologia, fenomenologia e psicologia.
Nella sfera dello spirito oggettivo, in cui lo Spirito si manifesta in istituzioni sociali concrete,
ovvero in quell'insieme di determinazioni sovra-individuali che Hegel raccoglie sotto il concetto di
diritto in senso lato. I momenti dello spirito oggettivo — che è la sezione storicamente più
importante del pensiero hegeliano — sono tre: il diritto astratto, la moralità e l'eticità. Il diritto
astratto— che coincide con il diritto privato e con una
parte di quello penale — riguarda l'esistenza esterna della libertà delle persone, concepite come puri
soggetti astratti di diritto, indipendentemente dai caratteri specifici e dalle condizioni concrete che
diversificano i vari individui fra loro. La persona trova il suo primo compimento in una cosa
esterna, che diventa sua proprietà (definita come sfera esterna del libero volere). La proprietà
diviene però effettivamente tale soltanto in virtù del reciproco riconoscimento fra le persone, ossia
tramite l'istituto giuridico del contratto. Ovviamente, l'esistenza del diritto rende possibile
l'esistenza del suo contrario, cioè la comparsa del torto (o dell'illecito), che nel suo aspetto più grave
è il delitto. Ma la colpa richiede una sanzione o una pena, che si configura, dialetticamente, come
un ripristino del diritto violato. La pena, intesa come una ri-affermazione potenziata del diritto,
ovvero come una negazione del delitto, il quale è a sua volta una negazione del diritto, appare
quindi come una necessità oggettiva del nostro razionale e giuridico vivere insieme. Tuttavia,
perché la pena sia efficacemente punitiva e formativa occorre che essa sia riconosciuta
interiormente dal colpevole. Ma questa esigenza, oltrepassando l'ambito del diritto, che concerne
l'esteriorità legale, richiama la sfera della moralità, della volontà soggettiva, la quale si manifesta
nell'azione, Quest'ultima ha una portata morale solo in quanto sgorga da un proponimento (infatti il
soggetto riconosce come sue soltanto le azioni che rispondono ad un suo deliberato e responsabile
proposito. In quanto procede da un essere ―pensante, il proponimento prende la forma
dell'intenzione. Il dominio della moralità è caratterizzato dalla separazione tra la soggettività, che
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deve realizzare il bene, e il bene che deve essere realizzato, Bene che assume inevitabilmente
l'aspetto di un dover-essere, ovvero, come scrive Hegel, di un essere assoluto, che tuttavia insieme
non è. Da ciò la contraddizione tra essere e dover-essere, che è tipica della morale, soprattutto di
quella kantiana, che Hegel critica per la sua formalità ed astrattezza, cioè per la sua mancanza di
contenuti concreti. La separazione fra la soggettività ed il bene, che è tipica della moralità, viene
annullata e risolta nell'eticità, nella quale il bene si è attuato concretamente ed è divenuto esistente.
Infatti, mentre la moralità è la volontà soggettiva, cioè interiore e privata, del bene, l'eticità è la
moralità sociale, ovvero la realizzazione del bene in quelle forme istituzionali che sono la famiglia,
la società civile e lo Stato.
Il primo momento dell'eticità è la famiglia, nella quale il rapporto naturale dei sessi assume la forma
di un'unità spirituale fondata sull'amore e sulla fiducia. La famiglia si articola nel matrimonio, nel
patrimonio e nell'educazione dei figli. Ma una volta cresciuti e divenuti personalità autonome, i figli
escono dalla famiglia originaria per dare origine a nuove famiglie, aventi, ognuna, interessi propri.
In tal modo si passa al secondo momento dello spirito oggettivo.
Con la formazione di nuovi nuclei familiari si ha la società civile. La società civile non si riduce alla
sola base economica, in quanto il sistema economico moderno presuppone, secondo Hegel, una
serie di meccanismi giuridici che fanno parte integrante della vita sociale. La società civile si
articola in tre momenti: il sistema dei bisogni, l'amministrazione della giustizia, la polizia e le
corporazioni. L'idea di porre, fra l'individuo e lo Stato, quella sorta di terzo termine che è la società
civile è stata ritenuta una delle maggiori intuizioni di Hegel. Infatti tale idea sarà largamente
utilizzata dagli studiosi di problemi economici e sociali e troverà in Marx un originale interprete.
Lo Stato rappresenta il momento culminante dell'eticità, ossia la ri-affermazione dell'unità della
famiglia (tesi) al di là della dispersione della società civile (antitesi). Lo Stato, che è una sorta di
famiglia in grande, nella quale l'ethos di un popolo esprime se stesso, sta infatti alla società civile
come l'universale (= la ricerca del bene comune) sta al particolare (= la ricerca dell'utile privato):
―Lo Stato è la sostanza etica consapevole di sé. … la riunione del principio della famiglia e della
società civile‖. Questa concezione etica dello Stato, visto come incarnazione suprema della moralità,
sociale e del bene comune, si differenzia nettamente dalla teoria liberale dello Stato (Locke) come
strumento volto a garantire la sicurezza e i diritti degli individui. Lo Stato di Hegel si differenzia
pure dal modello democratico (Rousseau), ovvero dalla concezione secondo cui la sovranità
risiederebbe nel popolo. La critica hegeliana ai modelli liberale e democratico si fonda sull'idea
secondo cui non sono gli individui a fondare lo Stato, ma lo Stato a fondare gli individui, sia dal
punto di vista cronologico (in quanto lo Stato è prima degli individui, che già nascono nell'ambito di
esso), sia dal punto di vista assiologico (in quanto lo Stato è superiore agli individui, come il tutto e
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superiore alle parti che lo compongono). La monarchia costituzionale rappresenta il modello statale
più alto, anche perché riunisce organicamente in sé le forme classiche di governo: monarchia,
aristocrazia e democrazia.
La filosofia della storia
Hegel non nega che la storia possa apparire, da un certo punto di vista, un tessuto di fatti
contingenti, insignificanti e mutevoli e quindi priva di ogni piano razionale. Ma tale può apparire
soltanto dal punto di vista dell'intelletto finito, cioè dell'individuo che non sa elevarsi al punto vista
puramente speculativo della ragione assoluta. In realtà ―il grande contenuto della storia del mondo
è razionale, e razionale deve essere‖. Il fine della storia del mondo è che lo spirito giunga al sapere
di ciò che esso è veramente, e oggettivi questo sapere, lo realizzi facendone un mondo esistente,
manifesti oggettivamente se stesso. Questo spirito che si manifesta e realizza nella realtà storica, è
lo spirito del mondo che s'incarna negli spiriti dei popoli che si succedono nelle epoche della storia.
I mezzi della storia del mondo sono gli individui con le loro passioni. Ma le passioni sono semplici
mezzi che conducono nella storia a fini diversi da quelli a cui esse esplicitamente mirano. Così il
progresso trova i suoi strumenti negli eroi o individui della storia del mondo. Soltanto a tali
individui Hegel riconosce il diritto di avverare la condizione di cose presenti e di lavorare per
l'avvenire. Il segno del loro destino eccezionale è il successo: resistere ad essi è impresa vana.
Apparentemente tali individui (Alessandro, Cesare, Napoleone) non fanno che seguire la propria
passione e la propria ambizione; ma si tratta, dice Hegel, di un'astuzia della Ragione che si serve
degli individui e delle loro passioni come di mezzi per attuare i suoi fini, L'individuo a un certo
punto perisce o è condotto a rovina dal suo stesso successo: l'idea universale, che l'aveva suscitato,
ha già raggiunto il suo fine. Rispetto a tale fine, individui o popoli sono soltanto mezzi. Il disegno
provvidenziale della storia si rivela nella vittoria che di volta in volta consegue il popolo che ha
concepito il più alto concetto dello spirito. Se il fine ultimo della storia del mondo è la realizzazione
della libertà dello spirito, lo Stato è l'ambito nel quale si realizza questa libertà. La storia del mondo
è, da questo punto di vista, la successione di forme statali che costituiscono momenti di un divenire
assoluto. I tre momenti di essa, il mondo orientale, il mondo greco-romano, il mondo germanico,
sono i tre momenti della realizzazione della libertà dello spirito del mondo. Nel mondo orientale
uno solo è libero; nel mondo greco-romano alcuni sono liberi; nel mondo cristiano-germanico tutti
gli uomini sanno di essere liberi. Infatti la monarchia moderna, abolendo i privilegi dei nobili e
pareggiando i diritti dei cittadini, fa libero l'uomo in quanto uomo.
Lo spirito assoluto
Lo spirito assoluto è il momento in cui l'Idea giunge alla piena coscienza della propria infinità o
assolutezza (cioè del fatto che tutto è Spirito e che non vi è nulla al di fuori dello Spirito). Tale auto11
sapersi assoluto dell'Assoluto non è qualcosa di immediato, ma il risultato di un processo dialettico
rappresentato dall'arte, dalla religione e dalla filosofia. Queste attività si differenziano soltanto per
la forma nella quale ciascuna di esse presenta lo stesso contenuto, che è Dio. L'arte conosce
l'assoluto nella forma dell'intuizione sensibile, la religione nella forma della rappresentazione, la
filosofia nella forma del puro concetto.
L'arte
La storia dell'arte si compone di tre momenti fondamentali: l'arte simbolica, quella classica e e
quella romantica. Nell'arte simbolica (antico Egitto) vi è l'incapacità tecnica di esprimere i concetti
che dunque sono rappresentati da puri simboli (es. graffiti). Nell'arte classica (Grecia) vi è invece un
perfetto equilibrio tra forma e contenuto. Nell'arte romantica (età contemporanea) vi è una netta
superiorità tecnica rispetto al contenuto sensibile.
La religione
La religione è la seconda forma dello spirito assoluto, quella in cui l'assoluto si manifesta nella
forma della rappresentazione. Si ha così la rappresentazione degli attributi divini singolarmente
presi, delle relazioni tra Dio e il mondo nella creazione. della relazione tra Dio e la storia del mondo
nella provvidenza ecc. Tutte queste rappresentazioni vengono unite in modo puramente esteriore,
Dunque si giunge a riconoscere l'inconcepibilità dell'essenza divina che le unifica. In altri termini,
la religione non è in grado di pensare Dio dialetticamente e finisce per arenarsi di fronte ad un
presunto mistero dell'Assoluto. Lo sviluppo della religione è lo sviluppo dell'idea di Dio nella
coscienza umana. Nel primo stadio di questo sviluppo troviamo la religione naturale in cui Dio
appare ancora come ―sepolto‖ nella natura. Le forme più basse di religione naturale sono la
stregoneria ed il feticismo delle tribù primitive dell'Asia e dell'Africa. Le forme più alte di religione
naturale sono quelle in cui Dio appare come la potenza che sta nei fenomeni. Tali sono le religioni
panteistiche dell'estremo Oriente (cinese. indiana, buddistica). Nel secondo stadio troviamo le
religioni della libertà, cioè le religioni che già preludono alla visione di Dio come spirito libero, ma
che si muovono ancora in un orizzonte naturalistico (come accade nella religione persiana, siriaca
ed egiziana). Nel terzo stadio ci sono le religioni dell'individualità (giudaica, greca, romana) in cui
Dio appare in forma spirituale (o in sembianze umane). Nel quarto stadio troviamo la religione
assoluta, cioè la religione cristiana, in cui Dio appare come puro spirito. Sebbene il cristianesimo sia
la religione più alta e la più vicina, con i suoi dogmi, alle verità della filosofia (Cristo, Uomo-Dio,
esprime ad es. l'identità di finito e infinito; la Trinità di Padre, Figlio e Spirito Santo la triade
dialettica di Idea, Natura e Spirito), essa presenta pur sempre il limite di cogliere Dio nella forma
inadeguata della rappresentazione, anziché in quella adeguata del concetto.
Filosofia e storia della filosofia
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Nella filosofia, che è l'ultimo momento dello spirito assoluto, l'Idea giunge alla piena e concettuale
coscienza di se medesima. Hegel ritiene che la filosofia, al pari della realtà, sia una formazione
storica, ossia una totalità processuale che si è sviluppata attraverso una serie di gradi. In altre parole,
la filosofia è nient'altro che l'intera storia della filosofia giunta finalmente a compimento con Hegel.
Di conseguenza. i vari sistemi filosofici che si sono succeduti nel tempo non devono essere
considerati come un insieme disordinato ed accidentale, in quanto ognuno di essi costituisce una
tappa necessaria del farsi della Verità, che supera quello che precede ed è superato da quello che
segue. La filosofia, che è ultima nel tempo, è insieme un risultato di tutte le precedenti e deve
contenere i principi di tutte. L'ultima filosofia è quella di Hegel.
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