Profili giuridici del principio di sussidiarietà

PROFILI GIURIDICI DEL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’
di Maria Orsetti
Sommario: 1. Genesi del principio di sussidiarietà; 2. I due volti della sussidiarietà, 2.1 La
sussidiarietà orizzontale e verticale, 2.2 Le funzioni del principio di sussidiarietà;3. Alcuni esempi
operativi del principio di sussidiarietà orizzontale; 4. Conclusioni.
1. Genesi del principio di sussidiarietà
Il termine sussidiarietà(1) deriva dal latino subsidium ferre che significa prestare aiuto, offrire
protezione(2).La sussidiarietà sconosciuta come idea e persino come vocabolo fino a circa la metà
del secolo negli ordinamenti giuridici nazionali trova le sue prime formulazioni nell’ordinamento
canonico.
Nella Enciclica Quadrigesimo Anno Pio XI evidenziando la funzione sussidiaria dei poteri
pubblici rispetto alle formazioni sociali naturali ne elabora una definizione ormai classica per cui:
“…Siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria
propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società,
quello che dalle minori ed inferiori comunità si può fare…, perché l’oggetto naturale di qualsiasi
intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale,
non già distruggerle ed assorbirle…”Il principio si compone quindi di due aspetti:sancisce il
carattere sussidiario delle strutture religiose rispetto a quelle laiche e dei pubblici poteri rispetto
all’attività delle formazioni sociali naturali.
Dal diritto canonico il principio penetra nel diritto statale(3) secondo il processo antico e
singolare postulato da Le Bras delle “origines canoniques du droit administratif”.
2. I due volti della sussidiarietà
(1)Fra gli scritti più recenti che si dedicano allo studio del principio di sussidiarietà orizzontale si vedano P.DURET, La
sussidiarietà orizzontale: le radici e le suggestioni di un concetto in Yus, 2000; A.D’ANDREA, La prospettiva della
costituzione italiana ed il principio di sussidiarietà ,in Yus, 2000; L.ANTONINI, Il principio di sussidiarietà
orizzontale: da welfare state a welfare society, in Riv.dir.finscienza fin 2000; T.E.FROSONI, Profili costituzionali della
sussidiarietà in senso orizzontale, in Riv.giur.mezz. ,2000; U.RESCIGNO, Principio di sussidiarietà e diritti sociali, in
Dir.Pubb.2002.
(2)Nel Lexicon Totius Latinitatis per subsidium si intende un aiuto tenuto in riserva offerto solo in caso di necessità
quando coloro che hanno l’obbligo di adempiere ad un dovere non sono in grado di farvi fronte. Il termine sussidiarietà
porta con sé due implicazioni abbastanza diverse, rintracciabili nella sua etimologia latina:
il primo significato della parola sussidiario evoca l’idea di suppletivo, di secondario, di meno importanteE’ ad esempio
il nome che veniva dato nella terminologia militare romana alle truppe di riserva che rimanevano in seconda linea al
fronte, pronte ad intervenire in aiuto delle coorti che combattevano in prima linea.
Il suo secondo significato evoca l’idea di soccorso ( sussidio) ed implica un’idea di intervento.Si tratta di misurare non
tanto se l’autorità ha il diritto di intervenire, ma piuttosto se non ne ha il dovere.
(3) Aderiscono a questa ricostruzione delle origini del principio di sussidiarietà tra i più importanti : R.HOFMANN, Il
principio di sussidiarietà.L’attuale significato nel diritto costituzionale tedesco ed il possibile ruolo nell’ordinamento
dell’Unione Europea, in Riv.Ital.Dir.Pubbl.Comunitario, 1993.
1
2.1 La sussidiarietà orizzontale e verticale
Anche sotto il profilo più strettamente giuridico che qui maggiormente interessa due sono i
significati del concetto in esame:
la sussidiarietà orizzontale è il paradigma ordinatore dei rapporti tra lo stato, le formazioni
sociali e gli individui; la sussidiarietà verticale ripropone un criterio di distribuzione delle
competenze tra lo stato e le autonomie locali.
Agli enti territoriali vanno lasciate non solo le competenze giuridiche od i diritti di iniziativa
ma anche i mezzi finanziari ed amministrativi necessari all’organizzazione ed all’esercizio concreto
di questa facoltà.
Al principio federale tradizionale il principio di sussidiarietà verticale aggiunge un elemento
importante, costituito dalla necessità di giustificare l’esercizio, da parte del liello di governo
superiore, delle competenze attribuite per costituzione sulla base di accertate inadeguatezze del
livello di governo inferiore.
Ma a chi spetta l’onere di fornire la prova di tali inadeguatezze(4)? Nell’ordinamento
comunitario dove il principio di è espressamente enunciato all’art.3 b del Trattato di Maastricht si è
cercato di elaborare criteri specifici e sufficientemente precisi che ne consentano la verifica in sede
giudiziale(5).
La giustiziabilità è stata comunque fino a questo momento praticamente inesistente in virtù
della presunta bontà degli interventi dello stato.Un passo in avanti sotto questo profilo è stato fatto
con il Trattato di Amsterdam che ha tra i suoi allegati un documento che elabora dei criteri in base
ai quali valutare gli interventi legislativi per sottoporli a controlli anche giurisdizionali.
In Italia la Legge Bassanini enuncia espressamente l’applicazione della sussidiarietà nella sua
dimensione verticale(6):le funzioni ed i compiti amministrativi devono essere conferiti in modo tale,
che le responsabilità pubbliche siano attribuite all’ autorità territorialmente e funzionalmente più
vicina ai cittadini interessati, quindi principalmente a Comuni, Province e Comunità montane,
secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative ed organizzative, con l’esclusione delle sole
funzioni incompatibili con le medesime.
Si attribuisce al Governo il compito di individuare procedure e strumenti di raccordo, anche
permanente, che consentano la collaborazione e l’azione coordinata tra regioni ed enti locali.
Si introduce, infine la possibilità di un intervento sostitutivo in caso di inadempienza delle
Autonomie locali.
(4) Vale qui la pena ricordare che l’art.123 della Costituzione, così come novellato per effetto della consultazione
referendaria del 7 ottobre 2001 è diretto alla creazione di un Consiglio regionale finalizzato ad un miglior raccordo tra
gli enti interessati allo svolgimento delle funzioni amministrative secondo la nuova impostazione dell’art.118 della
Costituzione che promuove e favorisce l’ingresso delle Autonomie sociali.
(5) Nei settori in cui non vengono espressamente elencate le competenze della comunità e degli stati e dove, di
conseguenza in base all’art.3B del Trattato di Maastricht si applica rigidamente il principio di sussidiarietà vengono
elaborati criteri di riparizione delle competenze.I criteri elaborati a livello comunitario si possono classificare secondo
due gruppi:quelli che possono servire a decidere se l’azione della comunità è veramente necessaria; quelli che possono
contribuire a definire l’incisività dell’azione dal momento che la comunità si è dichiarata competente.Nel primo gruppo
viene inserito il c.d.test di efficacia comparata.Questo test si basa su diversi fattori: l’effetto scala, il costo dell’inazione,
la necessità di mantenere una ragionevole coerenza, i limiti di un’azione isolata da parte di uno stato membro, la
necessità di rispettare la norma sulla libera concorrenza.Il test deve evidenziare il vantaggio supplementare che potrebbe
risultare dall’intervento comunitario.Dal punto di vista dell’incisività dell’azione comunitaria, per la quale deve
prevalere l’idea di proporzionalità i criteri sono i seguenti: ad uguale efficacia, bisogna preferire l’intervento che lascia
più libertà; bisogna evitare che un’azione giudicata indispensabile si traduca in un eccesso di regolamentazione;bisogna
privilegiare la concisione a livello di testi scritti. Europe documents n.1804/1805 del 30.10.1992.
(6) Una delle prime applicazioni del principio di sussidiarietà è rintracciabile nella Legge n.439 del 30 dicembre 1989
che ratifica la Carta europea delle autonomie locali e nella legge n.142 del 1990 la quale ha costruito in termini di
sussidiarietà i rapporti tra comuni, province, regioni: riconoscendo ai primi una competenza residuale, ed elevando a
criterio distributivo delle competenze tra diversi livelli territoriali di governo, la dimensione degli interessi pubblici
coinvolti, nonché l’economicità e l’efficienza nell’esercizio delle competenze stesse.
2
E’ tuttavia la prima valenza del principio di sussidiarietà quella più controversa e nei cui
confronti si manifestano le maggiori resistenze ideologiche.
Nel suo significato di sussidiarietà orizzontale questo principio afferma che lo stato interviene
solo quando l’autonomia della società risulti inefficace.La sussidiarietà va così molto al di là di un
semplice principio di organizzazione delle istituzioni, si applica innanzitutto ai rapporti tra
l’individuo e la società che lo circonda, poi ai rapporti tra la società e le istituzioni, prima ancora di
determinare una ripartizione di competenze, nella scala istituzionale tra base e vertice.In questa
dimensione lo stato non deve limitarsi ad assicurare le condizioni esterne per l’ordine pubblico e per
la sovranità internazionale della nazione.
La sussidiarietà si fonda, infatti, su un’idea di stato che implica la necessità (come esprime la
derivazione etimologica di subsidium) dell’intervento promozionale od ordinatore e coordinatore
dello stato stesso a favore dell’incremento e dell’incentivazione di una cultura della responsabilità
individuale.Lo stato e le formazioni sociali intervengono secondo una logica di complementarietà.
A livello comunitario il principio di sussidiarietà si carica di ulteriori e diversi significati.
Il principio in esame è previsto espressamente nella Carta Europea delle Autonomie locali,
adottata a Strasburgo il 15 ottobre 1985(7)laddove dispone che l’esercizio delle responsabilità
pubbliche deve incombere di preferenza sulle autorità più vicine ai cittadini.
Con la conseguenza che l’assegnazione di una responsabilità ad un’altra autorità deve tener
conto dell’ampiezza e della natura del compito e delle esigenze di efficacia e di autonomia.
La competenza nazionale è la regola e la competenza comunitaria l’eccezione(8).Emerge,
quindi in questo contesto comunitario l’aspetto positivo del principio di sussidiarietà e non l’aspetto
negativo per il quale nessuna autorità può intervenire in materie e compiti che meglio possono
essere adempiuti al livello più vicino alle autorità inferiori.
Di conseguenza mentre gli stati nazionali tendono a trasferire le proprie funzioni ed i propri
compiti a livello sovranazionale, all’opposto il principio di sussidiarietà ribadisce i limiti ai poteri
sovranazionali, favorendo da un lato la crescita di strutture istituzionali internazionali, tenendone,
dall’altro lato sotto controllo lo sviluppo. Questo principio garantisce il rispetto dell’identità
nazionale degli stati membri e salvaguarda le loro competenze.
2.2 Le funzioni del principio di sussidiarietà
Attraverso questa prima definizione della natura giuridica del principio di sussidiarietà è
possibile analizzarne le funzioni.
Si potrebbe infatti parlare di una funzione promozionale in quanto impone allo stato di
favorire lo sviluppo di articolazioni intermedie. Nello stesso tempo proibisce a questi stessi
destinatari di intervenire nell’ambito di azione delle articolazioni sottostanti se queste sono in
condizione di regolarsi autonomamente e di gestire in proprio i loro compiti (funzione protettiva).
Se queste articolazioni non riescono a svolgere i loro compiti, ad esempio educativi od
assistenziali, il principio di sussidiarietà impone allo stato di non assumere subito su di sé questi
compiti, ma di cercare vie degli strumenti di rafforzamento del campo di operatività di questi corpi
intermedi, in genere attraverso meccanismi di finanziamento.
E’ in questa veste che il principio di sussidiarietà apre la strada all’attività degli organismi
operanti nel c.d. terzo settore e favorisce il fenomeno dell’associazionismo.
Molte leggi regionali infatti riconoscono funzioni e compiti fondamentali a strutture
intermedie in forza del principio di sussidiarietà .
La Legge della regione Lombardia n.170 del 26.10.1999 è ad esempio molto chiara sul punto
nell’affermare all’articolo 5 che : “la regione, in attuazione del principio di sussidiarietà, in base al
(7) La Carta è stata ratificata in Italia con la Legge n 439/89.
(8) S.CASSESE, L’aquila e le mosche.Principio di sussidiarietà e diritti amministrativi nell’area europea, in Il Foro
Italiano,1995.
3
quale vengono gestite dall’ente pubblico le funzioni che non possono più essere adeguatamente
svolte dall’autonomia dei privati, come singoli o nelle formazioni sociali in cui si svolge la loro
personalità…valorizza e sostiene le famiglie…promuovendo le associazioni e formazioni di privato
sociale…”.
Un significativo esempio della crescente importanza di questi corpi intermedi sul territorio
nazionale è data dalla Legge del Friuli Venezia Giulia n.49 del 1993 che ha previsto all’art.5 una
rappresentanza politica alle famiglie istituendo la Commissione regionale delle famiglie con il
compito di esprimere pareri su tutte le proposte e disegni di legge regionale che affrontano questioni
familiari e di promuovere proposte in materia di sostegno economico alle famiglie.
E’ chiaro quindi che la sussidiarietà anche sotto il profilo operativo-funzionale possiede una
duplice dimensione:una che attiva lo stato o l’altro destinatario del principio, l’altra che limita
questo intervento.
Opera non solo quindi come un limite all’intervento di un’autorità superiore nei confronti di
una collettività che è in grado di agire da sola, ma anche come obbligo per tale autorità di agire nei
confronti di tale collettività per fornirle i mezzi necessari per realizzarsi.
In questa prospettiva il principio di sussidiarietà integra l’articolo 2 della Costituzione
consentendo il superamento dell’individualismo e di una interpretazione delle formazioni sociali
come una garanzia supplementare, come qualcosa di aggiuntivo rispetto al riconoscimento dei diritti
inviolabili dell’individuo in quanto tale.
Nel corso dei lavori dell’Assemblea costituente, infatti, la tematica dei rapporti tra lo stato ed
il cittadino, nonché i problemi posti sul tappeto dal pluralismo istituzionale e sociale prefigurato
dalla Carta Costituzionale, sono stati affrontati, facendo uso di altre chiavi interpretative: la
dialettica autorità-libertà, il ruolo delle c.d. comunità intermedie, la tensione tra principio
autonomistico e principio unitario(art.5 Cost.).
3. Alcuni esempi operativi del principio di sussidiarietà orizzontale
Ci si può chiedere se uno dei motivi dell’attuale successo del principio di sussidiarietà non
nasca proprio dalla sua ambiguità.
Corrisponde infatti ad un periodo in cui le categorie troppo formali del diritto non riescono a
rendere conto della complessità della realtà, né soprattutto, a rispondere alla necessità di conciliare
le aspirazioni contraddittorie degli attori sociali.Dopo un periodo fortemente segnato
dall’economismo e dalla ricerca di grandi insiemi, è succeduta una fase più incerta in cui si
manifestano forti bisogni di identità e simultaneamente di diversità.
La situazione attuale dell’Europa è esemplificativa di tali aspirazioni contraddittorie: le
aspirazioni di adesione all’Unione Europea coesistono con un’onda crescente di particolarismo.
Lo stesso fenomeno si manifesta sul piano interno: ognuno aspira a sfuggire all’uniformità
quando la crisi economica evidenzia limiti dei grandi sistemi, in particolare quelli di
redistribuzione, messi in piedi dopo la seconda guerra mondiale, e fa sorgere il bisogno di
prossimità sociale, istituzionale e familiare.
Sono un esempio di questa tendenza i numerosi passi in avanti che nel corso degli ultimi anni
ha percorso nel nostro ordinamento la sussidiarietà nella sua dimensione orizzontale in via di prassi
pur in assenza di una sua formulazione giuridica precisa come principio.
Sono espressione di tale principio le iniziative volte a riconoscere i carichi familiari, ossia i
costi sostenuti per il mantenimento e la formazione dei membri della famiglia.In questo senso è
stata messa a punto una proposta che prevede l’adozione di Basic income familiare (BIF) per
determinare il reddito imponibile.
4
Dalla somma di tutti i redditi della famiglia verrebbe sottratta una quota minima-Bifnecessaria per il sostentamento dei familiari a carico. A livello regionale(9) esistono proposte dirette
a diffondere il c.d. pacchetto famiglia, cioè una serie di misure in materia di casa, infanzia, lavoro
fisco, organizzazione dei trasporti, alle quali gli enti locali non possono sottrarsi(10).
Nel campo dell’assistenza la legge 142/90, agli art.21 e 22, ed il decreto legislativo 112/98
prevedono da parte dei comuni e delle province diverse modalità di gestione dei servizi sociali, non
esclusa la possibilità di farli gestire a terzi.
In molti casi gli enti locali hanno affidato alle IPAB e ad associazioni, cooperative e
fondazioni, la gestione dei servizi sociali, riservandosi la programmazione, il controllo ed il
finanziamento delle attività.Più nella prassi che nella codificazione normativa si è reso evidente
come l’apporto delle realtà non profit sia spesso determinante nell’affrontare e risolvere problemi di
tipo sociale.Un primo esempio riguarda la promozione e la valorizzazione delle c.d. solidarietà
naturali, cioè degli interventi che persone e famiglie possono mettere in atto nel loro ambito.
In questa prospettiva si colloca la figura dell’anziano in famiglia, ideato nel 1986
dall’assessore ai servizi sociali del comune di Milano Giuseppe Zola, che lanciò la proposta di
sostenere le famiglie disposte a mantenere l’anziano in casa anziché ricoverarlo. L’importo da
erogare è variabile e dipende dalla somma complessiva delle risorse a disposizione dell’anziano e
della sua famiglia, valutate secondo una tabella parametrale prestabilita e confrontate con il costo
del progetto di assistenza a domicilio che la famiglia stessa propone al comune. Attualmente il
comune di Milano per favorire tale possibilità integra il budget familiare con cifre che possono
arrivare fino ad 1.5000.000 lire mensili.
Naturalmente l’anziano deve essere nella posizione di aver diritto al ricovero secondo i criteri
deliberati dalla giunta municipale.Nella stessa logica si è mossa la regione Emilia Romagna con la
legge n.5/94 che prevede l’assegno di cura e più recente, la provincia di Trento, con la legge n.6/98.
Quest’ultima all’art.1, dispone testualmente che gli interventi della provincia devono essere
“volti a sviluppare, secondo il principio di sussidiarietà, iniziative idonee a consentire all’anziano ed
alle persone non autosufficienti o con gravi inabilità, di mantenere la loro autonomia personale e di
rimanere per quanto possibile nell’ambiente di vita mediante una rete di servizi rivolti in particolare
a favorire l’assistenza nell’ambito familiare e l’integrazione sociale”. Con riferimento al settore
della scuola significativa è l’esperienza dell’Emilia Romagna con la legge n.155/99, che ha stabilito
l’erogazione di assegni di studio alle famiglie che iscrivono i figli a scuole non statali, coprendo
fino al 50% delle spese sostenute in funzione del reddito familiare.
La Lombardia va ancora oltre introducendo dei buoni scuola da spendere a scelta nella scuola
pubblica o privata, in proporzione alla spesa effettivamente sostenuta.Nel giro di quattro anni la
copertura dovrà arrivare al 100%.Nel settore della formazione professionale è significativa
l’esperienza della rete del Consorzio Scuola Lavoro: il CSL è infatti un ente di formazione, operante
oggi in 15 regioni italiane, voluto e realizzato da imprenditori e professionisti che hanno inteso
realizzare uno strumento di risposta efficace all’esigenza di formazione espressa dalle aziende e dal
mercato.
La peculiarità del CSL e l’efficacia degli interventi che promuove, stanno nella modalità del
bottom up con cui è nato.La progettazione degli interventi è in stretta connessione con la realtà
(9) Mi riferisco alla regione Veneto, Lombardia, Marche, Basilicata, Puglia e Sicilia.
(10) Tra i più significativi merita di essere ricordato il Pacchetto famiglia comprensivo delle Leggi Regionali del
Trentino Alto Adige 4 e 7 del 1992, la 3 e 19 del 1993, coordinate con la legge 6 del 1998.Il Nuovo Pacchetto Famiglia
della regione autonoma del Trentino Alto Adige è sostenzialmente una sorta di Testo Unico in materia di previdenza
sociale.Non è da sottovalutare però il fatto che , pur trattandosi di un sistema assicurativo, l’impianto complessivo del
sistema normativo in questione sia sorretto da un’intelaiatura di tipo solidaristico.L’articolo 4 della Legge del 24
maggio 1992 pone la famiglia come punto di riferimento per alcuni interventi previdenziali, in particolare maternità e
lavoro casalingo.L’articolo 6 prevede il riconoscimento della soggettività sociale dell’istituto familiare che trova anche
una rappresentatività all’interno della Commissione regionale per la previdenza sociale, dove accanto ad esponenti del
mondo politico, amministrativo e sindacale siedono anche due rappresentanti delle associazioni operanti, almeno a
livello provinciale, per finalità rientranti nella sfera politica familiare.
5
produttiva e con l’ esigenza di risorse professionali:un esempio significativo in questo settore del
principio di sussidiarietà è costituito dalla legge della regione Lombardia n.35 del 96.Con tale
provvedimento si interviene in campo economico e nell’attività delle Imprese piccole e medie, ma
solo per supportarle in quegli ambiti e su quelle materie in cui per esse è difficile, se non
impossibile realizzare autonomamente i propri obiettivi.Si abbandona la logica dei c.d. contributi a
pioggia, che alla lunga finiscono per determinare un rapporto di tipo assistenzialistico tra ente
pubblico e sistema delle imprese.
In particolare quattro sono le aree di intervento individuate dalla legge regionale: la ricerca e
l’innovazione, l’internazionalizzazione, le infrastrutture e l’accesso al credito.Per quanto riguarda la
ricerca si tratta di un’attività che richiede notevoli investimenti, e che dà i suoi frutti nel medio e
lungo termine.E’ evidente che per una piccola e media impresa è difficile sostenere da sola gli oneri
di tale attività.
Va considerata, però, l’utilità sociale dell’innovazione, frutto della ricerca.
L’internazionalizzazione è un altro settore che dimostra l’utilità e la necessità del supporto dell’ente
pubblico a favore delle piccole e medie imprese.Appare chiaro, infatti, quante difficoltà incontrino
queste aziende muovendosi in mercati diversi dal proprio:lingue, usi commerciali, regole
contrattuali.Sulle infrastrutture sia di tipo tradizionale (viabilità e trasporti) che di stampo
innovativo come le reti telematiche è evidente l’importanza dell’intervento pubblico.
L’ultimo tema sul quale la legge n.35 interviene è quello dell’accesso al credito.In Italia, così
come in molti altri Paesi, il sistema bancario, tranne rare eccezioni, si è dimostrato poco attento alle
realtà delle piccole e medie imprese, penalizzate da una posizione di svantaggio dovuta alle loro
dimensioni.
L’intervento pubblico in questo caso mira, da un lato, proprio a ristabilire un rapporto di
parità tra forze in campo, dall’altro attraverso il contributo finanziario, ad abbassare il costo degli
investimenti agevolando l’accesso al credito.
Degna di nota è la legge regionale lombarda n.31/97,
istitutiva di un servizio sanitario
integrato in cui i cittadini possono scegliere il tipo di cura e di prestazione rivolgendosi
indifferentemente a strutture pubbliche e private, profit e no-profit.
All’articolo 1 di tale legge si prevede che “ le norme della presente legge si ispirano al
principio di sussidiarietà solidale tra le famiglie, gli enti pubblici ed i soggetti privati accreditati
erogatori di servizi, al fine di fornire le prestazioni necessarie ai cittadini”.
Allo stesso modo si intravede la volontà di realizzare la sussidiarietà laddove si dice che “
concorrono all’integrazione socio –sanitaria gli enti non profit ed i soggetti privati, secondo le loro
specifiche peculiarità”.
4. Conclusioni
Nonostante siano ormai numerose le manifestazioni e le applicazioni pratiche della
sussidiarietà, manca nel nostro ordinamento una formulazione chiara e precisa come principio
giuridico.
Forse è proprio la natura stessa ed il significato specifico del principio diretto alla
promozione ed all’ apertura verso le formazioni sociali che ne influenzano la implementazione.
L’ “ingresso” nell’ordinamento infatti si origina dal basso, cioè su impulso e per iniziativa
proprio delle autonomie sociali ed organismi territoriali, per poi essere recepita al livello
istituzionale statale o costituzionale.
Basti pensare a dimostrazione di questo processo all’importante ruolo rivestito da queste
presso la Commissione Bicamerale per le riforme istituzionali in funzione di stimolo del dibattito
sulla sussidiarietà nell’articolo 56 del progetto di Costituzione.
Una prima versione dell’articolo prevedeva che: “Le funzioni che non possono più essere
adeguatamente svolte dall’autonomia dei privati sono ripartite tra le comunità locali, organizzate in
6
comuni, province, regioni e stato, in base al principio di sussidiarietà e di differenziazione, nel
rispetto delle autonomie funzionali riconosciute dalla legge.
La titolarità delle funzioni spetta agli enti più vicini agli interessi dei cittadini secondo il
criterio di omogeneità ed adeguatezza delle funzioni organizzative rispetto alle medesime”.
L’introduzione del principio di sussidiarietà nel nostro ordinamento nazionale, comunque,
pone il problema di un controllo formale ed adeguato sulla sua applicazione.Che il concetto di
sussidiarietà sia vago e non possa da solo portare a conseguenze giuridiche è evidente.
Malgrado queste imperfezioni l’art.118 della Costituzione, così come novellato dalla
consultazione referendaria del 7 ottobre 2001 sembra fornire un’importante apertura del nostro
ordinamento verso il riconoscimento di questo istituto come principio giuridico. L’introduzione di
questo principio a livello costituzionale sarebbe avvenuto secondo la dimensione verticale ed
orizzontale.Sotto il primo profilo si opera una diversa allocazione delle funzioni amministrative
partendo non più dall’alto, ma dal basso; spettanza in primo luogo ai comuni “ salvo che per
assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città Metropolitane, Regioni, Stato…” al
fine di realizzare la vicinanza ai cittadini.
Sotto il secondo profilo si introduce l’impegno dello stato e degli enti territoriali a favorire
l’ingresso delle autonomie sociali, dei corpi intermedi nell’esercizio di funzioni di interesse
generale; promuove le sinergie tra pubblico e privato in funzione di avvicinamento del cittadino
all’amministrazione, non tanto al fine di salvaguardare gli spazi di libertà privata, ma piuttosto in
funzione di costituzione di un nuovo modello di amministrazione, che tenga non più solo conto
delle autonomie territoriali, ma anche di quelle funzionali e sociali.
Siamo veramente sicuri che anche altre creazioni della giurisprudenza costituzionale fossero
così chiare prima di venir esplicitate dalla giurisprudenza?
L’opportunità di un’introduzione del principio di sussidiarietà nel nostro ordinamento
giuridico deve essere valutata alla luce di un’evoluzione del diritto che perde le sue caratteristiche
di norma generale, immutevole ed impersonale per adeguarsi all’evoluzione di una società
complessa e talvolta imprevedibile;si tratta di un’evoluzione, in cui, dopo gli altri di certo, ma in
maniera decisa, l’Italia è, anche lei , entrata: quella di norme che sono in maniera consistente il
prodotto di creazioni giurisprudenziali o che comunque sono da esse influenzate.
Un secondo ordine di considerazioni ci spinge a favore dell’introduzione del principio di
sussidiarietà nel nostro ordinamento.Tale ordine si evidenzia dall’evoluzione stessa dei metodi delle
corti costituzionali quando sono chiamate a sindacare le leggi votate dal parlamento.
Il criterio di proporzionalità, ad esempio, è un criterio ormai comune di valutazione.I pregi
derivanti dall’applicazione di questa categoria dinamica si possono rintracciare a più livelli.Le
considerazioni sviluppate sulla sussidiarietà sembrano suscettibili di influenzare l’avvenire del
decentramento e del federalismo attraverso più direttrici.Introducendo in primo luogo punti di
riferimento e metodi nuovi di ripartizione delle competenze tra stato e collettività territoriali.
Ci si allontana, infatti, da un’eccessiva considerazione per i criteri di redditività, in termini
solo economici o finanziari, che hanno prevalso fino a questo momento sulla ripartizione delle
competenze ( come nella teoria economica del federalismo).
Più che opporsi all’idea di efficacia porta a prendere in considerazione criteri diversi dai
soliti.Permette di temperare l’importanza di aspetti finanziari ed economici attraverso l’analisi di
elementi umani e di benessere.
La sussidiarietà apporta una filosofia suscettibile di influenzare non solo i rapporti tra le
istituzioni, ma soprattutto i rapporti tra queste e la società: lo stato non può intervenire se non nella
misura in cui l’autorità inferiore ha mostrato la propria incapacità.Il principio di proporzionalità
trova qui una sua immediata applicazione (l’intervento sarà legittimo nella misura in cui sarà
necessario).Il principio è quindi di limitazione del potere senza avere un carattere normativo, indica
una tendenza.
7
L’applicazione pratica del principio di sussidiarietà induce un’altra importante riflessione: può
risultare infatti più vantaggioso, in termini soprattutto economici per una organizzazione aiutare una
delle sue componenti ad esercitare le proprie competenze che toglierle per esercitarle in proprio.
Pone quindi sotto una nuova luce la questione dei trasferimenti finanziari, che non dovrebbero
essere considerati come modalità di assistenza ma come incentivi a fare ed intraprendere.
Più che ad un intervento nel senso classico del termine tipico dello stato provvidenza, fa
riferimento ad una forma di assistenza che incoraggia ed autorizza l’autonomia.
Si tratta, per riprendere il testo della Rerum Novarum “di aiutare i membri del corpo sociale e
non di distruggerli od assorbirli”.
A livello delle competenze il principio piuttosto che mantenere sistemi rigidi nei quali lo
stato interviene molto ( si pensi al caso degli aiuti per gli alloggi sociali i cui costi di ripartizione
burocratica sono enormi in tempo e pertanto in denaro) spinge a trasferire alle autorità
decentralizzate i mezzi finora stanziati dallo stato e scommettere sulla dinamica che potrà essere
messa in piedi a livello locale.
A livello finanziario, il concetto di sussidiarietà milita a favore di una larga delega di risorse
implicando simultaneamente una equalizzazione dei mezzi a disposizione per l’esercizio della
libertà consentita.
La sussidiarietà porta quindi con sé l’idea di solidarietà positiva che consiste nel rendere
possibile la decentralizzazione qualunque sia l’ammontare delle risorse disponibili.
Nella dimensione propriamente orizzontale l’implementazione del principio è alla base
dell’attività del c.d. terzo settore e di fenomeni di associazionismo.
Lo stato non si ritira dai propri compiti di fissazione di standard qualitativi delle regole di
accesso dei cittadini alle varie tipologie di servizi sociali, delle modalità di finanziamento degli
stessi, dei criteri di controllo.
Si tratta piuttosto di affermare che l’assolvimento di tali funzioni non comporta una gestione
diretta da parte dello stato.
Esiste un trade-off tra gestione e regolazione: quanto più lo stato gestisce, tanto meno riesce a
regolare ed a farsi promotore di tutte quelle forme di azione collettiva che hanno effetti pubblici.
La sussidiarietà si presenta dunque come un concetto nuovo le cui potenzialità non sono
ancora state esplorate tutte.
Tutte le norme che nel nostro ordinamento richiamano il principio di sussidiarietà sono
accomunate da un elemento: esse valorizzano soltanto l’aspetto positivo del principio, che afferma la
necessità di un intervento dei soggetti pubblici a sostegno e promozione dell’attività dei privati e
fanno riferimento sempre a tale principio contestualmente all’attribuzione agli enti pubblici di
competenze e di funzioni; manca l’affermazione del valore negativo di necessaria astensione del
potere pubblico dal porre in essere le attività che devono essere lasciate alla sfera dei soggetti
privati, né prevede alcun meccanismo che consenta di considerare l’intervento pubblico come
eccezionale o residuale.
Si può quindi confermare nel nostro ordinamento la presenza di un paradosso: le disposizioni
normative che richiamano il principio di sussidiarietà sono ispirate all’esigenza di stabilire una
limitazione dell’intervento pubblico a favore delle organizzazioni sociali anche se il testo che
richiama espressamente tale principio prevede sempre una attribuzione di competenze ai soggetti
pubblici indicando un’attribuzione in positivo di competenze ai soggetti pubblici con una
indicazione precisa del modo concreto di esercitarle.
Settembre 2002
8