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Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Simone S.p.A.
(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)
Direzione e coordinamento redazionale: dott.ssa Rossana Petrucci
Hanno collaborato alla revisione del testo
le dott.sse Monica Formicola e Gabriela Gianturco
Finito di stampare nel mese di settembre 2011
dalla «INK & PAPER s.r.l.» - Via Censi dell’Arco, 22 - Cercola - Napoli
per conto della SIMONE S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80133 - Napoli
Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
Premessa
Questa nuova edizione ha in comune, con l’edizione precedente, soltanto
il titolo e la casa editrice. Si tratta, infatti, di un’edizione del tutto nuova, interamente riscritta, con numerosi argomenti nuovi e una diversa collocazione sistematica.
Il volume è aggiornato alle riforme estive che hanno interessato il processo civile e, in particolare, al recentissimo provvedimento sulla semplificazione dei riti civili, che in realtà ha lasciato inalterata la molteplicità dei procedimenti e ha semplificato soltanto i testi di legge da consultare.�
Sul piano «didattico» il volume costituisce un utile strumento di ripasso, da
affiancare al manuale tradizionale, per coloro i quali, già avviati allo studio
della procedura civile, intendano perfezionare la propria preparazione in
vista di esami e concorsi.
Il volume, strutturato in tavole sinottiche e schemi che consentono di individuare immediatamente i punti salienti di ogni argomento e di sviluppare
collegamenti tra i vari istituti, è stato totalmente riscritto per rispondere
sempre più alle esigenze di completezza e aggiornamento di quanti si accostano allo studio del processo civile.
In questa nuova edizione i vari argomenti sono stati organizzati secondo
una disposizione originale, non appiattita sulla sequenza del codice di procedura civile, ma organizzata secondo criteri di affinità strutturale tra i vari
istituti. Ad esempio, il processo del giudice di pace è stato collocato tra i
riti speciali a cognizione piena e non, come normalmente accade, nell’ambito del processo di cognizione.
Inoltre, si è dato spazio, senza tuttavia appesantire la trattazione, al dato
giurisprudenziale, soprattutto agli orientamenti dettati dalle Sezioni Unite
della Cassazione, dai quali non si può prescindere neanche in sede di preparazione degli esami universitari.
Il lavoro si giova di un dettagliato e completo indice sistematico-analitico,
che consente una rapida ricerca degli argomenti trattati.
Massimiliano Di Pirro
Capitolo
1
L’attività giurisdizionale
1Nozione (artt. 1-5 c.p.c.)
La giurisdizione (dal
latino iurisdictio: «affermazione del diritto»)
CC È la manifestazione del potere giudiziario, cioè di quello tra i tre poteri
dello Stato (potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario, secondo la tradizionale tripartizione elaborata dal filosofo illuminista Montesquieu)
finalizzato a garantire l’applicazione concreta delle norme giuridiche
(Mandrioli).
CC Riguarda tutti i casi in cui lo Stato interviene, attraverso il potere giudiziario, per dare attuazione concreta alle norme giuridiche e, quindi, non solo
alle norme di diritto civile, ma anche a quelle di diritto penale, amministrativo, tributario ecc. Pertanto, a seconda delle norme violate, si parla di giurisdizione civile, penale, amministrativa, tributaria ecc.
Differenze
La distinzione tra giurisdizione penale, civile e amministrativa è fondata sulla natura dell’interesse
da tutelare:
— la giurisdizione civile si occupa dei diritti soggettivi ed è quella diretta a realizzare ogni altro
interesse tutelato da norme del diritto privato, chiunque sia il suo titolare;
— la giurisdizione penale si occupa dei reati ed è quella preposta all’attuazione delle norme penali, le quali si contraddistinguono per il fatto che sono munite di sanzione penale (reclusione,
multa, arresto, ammenda), irrogata dalla autorità giudiziaria mediante processo;
— la giurisdizione amministrativa si occupa di interessi legittimi ed è quella che ha ad oggetto
rapporti pubblici affidati ad organi di giurisdizione speciale (T.A.R. e Consiglio di Stato).
2 La giurisdizione civile
CC Salvo diversa indicazione normativa, ha ad oggetto la tutela dei diritti soggettivi (diritti della personalità, diritti reali, diritti di credito ecc.).
✃
Caratteri
CC Ha natura sostitutiva, in quanto dà attuazione, attraverso l’intervento sostitutivo del giudice, alle norme sostanziali violate (Chiovenda). Peraltro, non tutti i fenomeni qualificati come attività giurisdizionale rientrano nella suddetta definizione. Ad es., nella giurisdizione volontaria l’intervento
dell’Autorità giudiziaria non è finalizzato all’accertamento e alla tutela di un
diritto già perfetto, ma spesso avviene nel momento di formazione del diritto. La giurisdizione volontaria, quindi, ha una funzione integrativa, più che
sostitutiva, e non trae necessariamente origine da una situazione di conflitto.
L’attività giurisdizionale • 5
––il giudice interviene per dichiarare l’esistenza o meno di un diritto indipendentemente dalla
violazione di una norma;
––deve sussistere una situazione di incertezza relativa a diritti o rapporti giuridici che non
sia eliminabile senza l’intervento del giudice;
CC è finalizzata, alternativamente, ad accertare un diritto
(giurisdizione di mero accertamento), a condannare un
soggetto a dare, fare o non
fare qualcosa (giurisdizione
di condanna) oppure a costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico (giurisdizione costitutiva).
•Giurisdizione
di mero accertamento
CC Si articola in un procedimento destinato a concludersi
con una pronuncia (normalmente, una sentenza) che
Attività giuristabilisce «chi ha ragione e
sdizionale di
chi ha torto».
cognizione
CC Si svolge nel contraddittorio
tra le parti, le quali possono
sostenere le proprie ragioni
attraverso prove documentali, prove orali ecc.
––esempio:
il datore di lavoro
può proporre una domanda
per accertare che una serie di
assenze del lavoratore integrano un grave inadempimento costituente giusta causa di
licenziamento, perché essa,
ferma restando la necessità
che il successivo licenziamento disciplinare rispetti la procedura dell’art. 7, L. 300/1970,
vale a rendere incontestabile,
nell’ambito di tale procedura,
la situazione giuridica accertata dal giudice.
––tende a produrre una modificazione giuridica, ossia a costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico;
––può essere necessaria, se il
CC Può essere contestata da chi • Giurisdizione
ha perso (c.d. soccombente)
costitutiva
con i mezzi di impugnazione (art. 2908 c.c.)
(appello, ricorso in cassazione ecc.).
CC In caso di mancata impugnazione, il provvedimento giurisdizionale diventa definitivo
(c.d. cosa giudicata).
diritto può essere attuato
esclusivamente dal giudice
(ad es., separazione dei coniugi, interdizione, inabilitazione ecc.), oppure non necessaria, come nel caso dell’obbligo di contrarre assunto con
un contratto preliminare rimasto ineseguito e attuabile con
sentenza costitutiva ai sensi
dell’art. 2932 c.c.
––con essa si chiede, oltre all’ac•Giurisdizione
di condanna
certamento del diritto che si
vuol far valere, l’affermazione
di un diritto violato e del conseguente bisogno di una sua
riparazione;
––si svolge in vista della futura
esecuzione forzata.
6 • Capitolo 1
Attività giurisdizionale di esecuzione
CC Mira a ottenere l’attuazione pratica del diritto del creditore, anche contro
la volontà del debitore (ad esempio, attraverso il pignoramento dei beni del
debitore).
CC Presuppone l’accertamento del diritto di credito contenuto in un documento, il titolo esecutivo, ossia il documento contenente l’accertamento (la
copia della sentenza spedita in forma esecutiva, la cambiale, l’assegno
ecc.).
CC Mira a impedire che il diritto da tutelare venga pregiudicato durante il tempo necessario per ottenere la tutela giurisdizionale.
Attività giurisdizionale cautelare
CC Non è un’attività autonoma ma è strumentale all’attività di cognizione o di
esecuzione. Ciò comporta che tale funzione non presenta caratteri autonomi ma, a seconda dei casi, presenta quelli propri della cognizione o quelli dell’esecuzione, oppure di entrambe.
3 La tutela giurisdizionale civile come diritto soggettivo
La giurisdizione civile è uno dei pilastri dello Stato, indispensabile per garantirne la stabilità e la stessa esistenza.
CC L’attività giurisdizionale si rivolge ai soggetti privati (cittadini o extracomunitari) e ai soggetti pubblici, che sono i titolari dei diritti protetti dall’ordinamento, ai quali spetta la scelta di rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere tutela (principio dispositivo).
Destinatari
CC L’accesso alla funzione giurisdizionale è un diritto soggettivo, come precisa l’art. 24 Cost., che garantisce a tutti la possibilità di agire in giudizio a
tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Spetta al soggetto bisognoso di
tutela decidere se agire in giudizio (da qui il termine processuale di «attore») e chiedere la tutela giurisdizionale del proprio diritto leso.
CC Il destinatario passivo della richiesta di tutela («convenuto» o «resistente») può difendersi facendo valere le proprie ragioni.
CC A tutti coloro che intendano agire o difendersi nel processo ma non ne abbiano le possibilità economiche devono essere assicurati, con appositi istituti, i mezzi per far valere le proprie ragioni davanti a ogni giurisdizione.
Il diritto di difesa, quindi, spetta a chiunque: l’ordinamento deve garantire a tutti la possibilità di ottenere un’effettiva tutela giurisdizionale dei propri diritti, ma non può obbligare il soggetto a chiedere
quella tutela.
Osservazioni
✃
Sono eccezionali le ipotesi in cui la tutela giurisdizionale può essere chiesta da soggetti diversi dal
titolare del diritto leso. Si pensi, ad esempio:
— agli artt. 69-70 c.p.c. sull’azione civile e sui casi di intervento del pubblico ministero;
— all’art. 81 c.p.c. sulla sostituzione processuale;
— all’art. 112 Cost. sull’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale.
L’attività giurisdizionale • 7
4 La perpetuatio iurisdictionis (art. 5 c.p.c.)
•sono irrilevanti i successivi mutamenti di quella
Momento determinante la giurisdizione
CC Ai sensi dell’art. 5
c.p.c. la giurisdizione,
al pari della competenza, si determina
con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al
momento della proposizione della domanda (c.d. perpetuatio iurisdictionis).
Ciò significa che:
legge o di quello stato di fatto. Tale principio costituisce una deroga al più generale principio in
base al quale gli atti processuali sono regolati
dalla legge vigente al momento in cui vengono
compiuti (tempus regit actum);
•la regola della perpetuatio iurisdictionis risponde a esigenze di economia processuale e di
tutela della ragionevole durata del processo,
poiché in mancanza di tale regola si correrebbe
il rischio che un processo, nel corso del suo svolgimento, venga spostato da un giudice all’altro
a causa di mutamenti di diritto o di fatto successivi al suo inizio.
5Giudici ordinari e giudici speciali
CC la giurisdizione civile è esercitata da giudici ordinari (art. 1 c.p.c.), vale
a dire da giudici istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario,
facendo salva la possibilità di deroga da parte di specifiche disposizioni di
legge;
Il rapporto tra giudici
ordinari e giudici speciali è disciplinato dalle seguenti regole:
CC è vietato istituire giudici speciali o straordinari (art. 102 Cost.), ma
possono essere istituite sezioni specializzate per determinate materie,
anche mediante la partecipazione di cittadini estranei alla magistratura dotati di apposite competenze negli specifici settori devoluti alle sezioni specializzate: si pensi, ad esempio, alle sezioni specializzate agrarie e ai Tribunali per i minorenni. In alcuni casi, però, per la particolare
complessità della materia sono state istituite sezioni specializzate senza
ricorrere a persone estranee alla magistratura: si pensi, ad esempio, alle
sezioni specializzate in materia di proprietà industriale, composte
esclusivamente da giudici togati (D.Lgs. 168/2003).
Osservazioni
La VI disposizione di attuazione della Costituzione fa salva la presenza di alcuni giudici speciali (il
Consiglio di Stato, la Corte dei Conti e i Tribunali Militari) e prevedeva l’obbligo di procedere,
entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione, alla revisione degli organi speciali istituiti in precedenza, ma tale obbligo è rimasto lettera morta. Pertanto, sono tuttora presenti diversi
giudici speciali, oltre a quelli espressamente salvati dalla VI disposizione di attuazione della Costituzione, quali il Tribunale Superiore delle acque pubbliche, i Commissari regionali liquidatori degli usi civici e le Commissioni tributarie.
8 • Capitolo 1
6Difetto di giurisdizione e regolamento di giurisdizione (artt. 37
e 41 c.p.c.)
CC L’art. 37, co. 1, c.p.c. dispone che il difetto di giurisdizione del
giudice ordinario può sempre essere rilevato anche d’ufficio
in qualunque stato e grado del processo.
Rapporti tra la giurisdizione dei giudici
ordinari e dei giudici
speciali e rapporti tra
il giudice ordinario e
la pubblica amministrazione
CC La Cassazione, con la sentenza a Sezioni Unite n. 24883/2008,
ha riscritto l’art. 37 c.p.c., espungendo dal testo le parole «e grado», per cui soltanto il giudice di primo grado (tribunale e giudice
di pace) può dichiarare d’ufficio (cioè, di propria iniziativa) la sua
carenza di giurisdizione, mentre il giudice d’appello può occuparsi della questione solo se è sollecitato da un espresso motivo di
impugnazione proposto dalla parte contro la sentenza di primo
grado che ha dichiarato esistente la giurisdizione.
CC L’art. 59, L. 69/2009 prevede che il giudice che si dichiara privo
di giurisdizione deve indicare il giudice munito di giurisdizione e il
passaggio del processo da un giudice all’altro (translatio iudicii) fa
salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda presentata al giudice sfornito di giurisdizione, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute.
Differenze
Con riferimento al difetto di giurisdizione rilevato davanti al giudice amministrativo, la translatio è disciplinata dall’art. 11, D.Lgs. 104/2010 (Codice del processo amministrativo), entrato in
vigore il 16 settembre 2010. Dal confronto di questa nuova disposizione con l’art. 59, L. 69/2009
emergono due novità:
— l’espressa previsione dell’applicabilità, da parte del giudice davanti al quale il processo è riassunto, della rimessione in termini per errore scusabile con riguardo alle decadenze e alle preclusioni già intervenute (co. 5);
— la perdita di efficacia dei provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice poi dichiaratosi privo
di giurisdizione, decorsi 30 giorni dalla pubblicazione della pronuncia declinatoria della giurisdizione (co. 6).
7Giudice ordinario e atti amministrativi
•le cause per contravvenzioni, ossia tut-
✃
Ambito della giurisdizione amministrativa
del g.o.
CC La giurisdizione del giudice ordinario (g.o.), civile e
penale, in relazione agli
atti amministrativi, è determinata dall’art. 2, L.
2248/1865, all. E, in base
al quale sono devolute al
giudice ordinario:
te le violazioni della legge penale;
•le cause nelle quali si faccia questione di
un diritto soggettivo, escluse le materie
attribuite alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo;
•le cause nelle quali la P.A. è parte del processo e quelle che si svolgono tra altri
soggetti intorno a questioni che interessano l’azione amministrativa.
L’attività giurisdizionale • 9
CC Il g.o. può conoscere soltanto gli effetti dell’atto amministrativo.
CC Il sindacato del g.o. è limitato alla valutazione della legittimità dell’atto
e non si estende al merito dell’atto, ossia all’opportunità e alla convenienza dell’atto.
CC Il g.o. non può incidere sull’atto amministrativo, anche se illegittimo, per
cui non può annullarlo o revocarlo.
I poteri del g.o. (artt.
2, 4 e 5, L. 2248/1865,
all. E)
CC Il g.o. può disapplicare gli atti amministrativi, ossia non tenerne conto ai fini
del processo, se sono stati emanati dall’amministrazione in carenza di potere per totale estraneità alla tipologia dei provvedimenti previsti dall’ordinamento, dovendosi invece escludere la disapplicazione dell’atto amministrativo nei casi di vizi di merito dell’atto amministrativo, inerenti alla scelta in concreto di strumenti inadeguati per realizzare le finalità previste dalla legge.
CC Il g.o. può condannare la P.A. al risarcimento del danno nei casi di comportamenti materiali della P.A. posti in essere in assenza di un provvedimento amministrativo (Cass. S.U. 2688/2007).
CC Le azioni possessorie sono ammissibili nei confronti della P.A. che abbia agito come qualunque soggetto privato, oppure al di fuori dei suoi poteri autoritativi o dei suoi fini istituzionali o in via solo materiale o in assenza di un provvedimento ablativo.
CC Anche le azioni nunciatorie (azioni di nuova opera e di danno temuto)
sono ammesse, se la P.A. ha agito in carenza assoluta di poteri o se riguardano non l’opera in sé ma le sue modalità di esecuzione o se investono comportamenti omissivi.
8Risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi
Diritto soggettivo e interesse legittimo
CC Il diritto soggettivo è il potere di agire (agere licere) per il soddisfacimento di un proprio interesse protetto dall’ordinamento: ad es., se un estraneo
occupa abusivamente il mio terreno, viola il mio diritto di proprietà, e posso agire per fargli rimuovere i materiali.
CC L’interesse legittimo è il potere di controllare il corretto esercizio delle
pubbliche funzioni: ad es., il candidato a un concorso pubblico non ha il
diritto soggettivo di vincerlo, ma ha soltanto un interesse legittimo al suo
regolare svolgimento, e potrà chiedere l’annullamento degli atti illegittimi.
CC Con la rivoluzionaria sentenza n. 500/1999, le Sezioni unite della Cassazione hanno affermato, in controtendenza rispetto alla giurisprudenza precedente, la risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi, poiché
ai fini della responsabilità extracontrattuale non assume rilevanza la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal danneggiato.
CC La risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi prescinde da una
Risarcibilità del danprevia decisione di annullamento del giudice amministrativo.
no da lesione di inteCC Il giudice ordinario può accertare l’illegittimità dell’atto amministrativo ai
ressi legittimi
soli fini del risarcimento del danno.
CC Spetta al giudice ordinario determinare l’an e il quantum della responsabilità della P.A.
CC Dopo la sentenza delle Sezioni Unite il legislatore (art. 7, L. 205/2000) ha
espressamente previsto la risarcibilità del danno ingiusto da parte del
giudice amministrativo (Tar e Consiglio di Stato).
10 • Capitolo 1
Osservazioni
Secondo un orientamento, va respinta la domanda di risarcimento dei danni causati da un provvedimento illegittimo se prima non si è chiesto l’annullamento dell’atto, poiché il giudice non può qualificare come fatto illecito una situazione che, non essendo stata rimossa mediante gli specifici rimedi, l’ordinamento riconosce e garantisce come produttiva di effetti (Cass. 4538/2003).
Un indirizzo opposto ammette la risarcibilità del danno indipendentemente dall’annullamento dell’atto lesivo (Cass. S.U. 5025/2010).
L’art. 30, D.Lgs. 104/2010 (Codice del processo amministrativo), con riferimento all’azione diretta a ottenere il risarcimento del danno, si colloca in una posizione intermedia, prevedendo la
proponibilità di tale azione anche in via autonoma, ma solo entro limiti determinati (anche temporali) ed esclusivamente nei casi di giurisdizione esclusiva. Nel determinare il risarcimento del danno, il Codice prevede che il giudice esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.
9 La giurisdizione italiana nelle cause «internazionali»
Il diritto internazionale
privato
CC La L. 218/1995 si occupa del diritto internazionale privato, cioè delle norme che disciplinano le controversie che presentano elementi di estraneità rispetto all’ordinamento italiano. Si pensi, ad es., a un contratto stipulato all’estero da un cittadino italiano o a un matrimonio celebrato a
Parigi da un italiano con una donna francese.
CC L’art. 3, L. 218/1995 stabilisce che la giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante autorizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 c.p.c. e
negli altri casi in cui è prevista dalla legge.
•quando non c’è giurisdizione del giudice
italiano in base all’art. 3, L. 218/1995, essa
nondimeno sussiste se le parti l’abbiano
accettata e tale accettazione sia provata per iscritto, ovvero il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo;
Ambito della giurisdizione italiana
✃
CC L’art. 4, L. 218/1995 aggiunge che:
•la giurisdizione italiana può essere derogata dalle parti a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga
è provata per iscritto e la causa riguarda diritti disponibili. Ad esempio, la giurisdizione italiana non può essere derogata nelle controversie di lavoro (a meno
che ciò sia previsto nei contratti e accordi
collettivi), trattandosi di diritti indisponibili
(Cass. S.U. 10219/2006).
L’attività giurisdizionale • 11
• il giudice straniero declina la giurisdizione;
––l’ordinamento
CC La clausola di
deroga alla giuInefficacia
risdizione italiadella deroga
na è inefficace
in due casi:
prescelto dalle parti
si rifiuta di decidere;
––il giudice straniero ha deciso nel me•il
giudice straniero
non può decidere la
controversia perché:
rito ma la pronuncia non è stata riconosciuta in Italia;
––pur in presenza di una valida clausola di deroga, è prevedibile, sulla
base della legge processuale dell’ordinamento competente, il diniego di
tutela da parte di quest’ultimo.
10 La giurisdizione italiana nei confronti del cittadino straniero e
dello Stato straniero
CC La qualità di straniero assume rilevanza marginale ai fini dell’applicazione delle regole processuali, sia perché «lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino», a condizione di reciprocità (art. 16 disp. prel. c.c.), sia perché la
legge italiana non impedisce allo straniero l’accesso alla giurisdizione italiana. Pertanto, lo straniero può sempre agire davanti ai giudici italiani contro un cittadino italiano (Cass. S.U. 1309/1993).
Attore
CC Il diritto di agire, davanti ai giudici italiani, contro un cittadino italiano, spetta allo
straniero e all’apolide domiciliato e residente in Italia, senza che rilevi la circostanza che lo straniero che agisce in giudizio sia o meno rifugiato politico, poiché tale
condizione viene presa in considerazione dall’art. 19, L. 218/1995 non per determinare la giurisdizione, ma per individuare la legge sostanziale applicabile al rapporto (Cass. S.U. 46/2001).
Convenuto
CC Se lo straniero è convenuto, la giurisdizione italiana sussiste se egli è domiciliato o
residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a
norma dell’art. 77 c.p.c., e negli altri casi in cui è prevista dalla legge (art. 3, L. 218/1995).
CC La giurisdizione del giudice italiano nei confronti di uno Stato straniero sussiste
se quest’ultimo ha compiuto atti che rientrano tra i crimini contro l’umanità e violano i diritti umani fondamentali.
Lo Stato re- CC La regola di diritto internazionale generale, applicabile grazie all’art. 10 Cost., che
sponsabile
riconosce l’immunità degli Stati esteri per le attività nelle quali vi è l’esercizio di un
potere sovrano, non trova applicazione se lo Stato che invoca l’immunità ha commesso atti che ledono i diritti inviolabili della persona, poiché deve essere assicurata la prevalenza delle norme di rango più elevato.
Osservazioni
Il domicilio di una persona è il luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi (art. 43, co. 1, c.c.).
La residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale (art. 43, co. 2, c.c.).
La dimora è il luogo nel quale la persona attualmente vive.
12 • Capitolo 1
11Diritto dell’Unione europea e processo civile
CC In forza dei principi di effettività e non discriminazione, le autorità nazionali hanno l’obbligo di applicare, anche d’ufficio, le norme di diritto
dell’Unione europea, se necessario attraverso la disapplicazione del diritto nazionale eventualmente contrastante (Cass. 4769/2005).
CC Per l’efficacia diretta della fonte dell’Unione europea si richiede la presenza di un obbligo giuridico sufficientemente chiaro e preciso nei confronti degli Stati membri, incondizionato e attuabile o eseguibile senza la
necessità dell’esercizio di un potere discrezionale da parte degli Stati membri o delle istituzioni dell’Unione europea.
Principi generali
CC Quando sorge, nel corso del processo, una questione di interpretazione
di una norma dell’Unione europea, il giudice italiano può (e addirittura
deve, se giudice di ultima istanza) sospendere il processo e rimettere
la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea la quale è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale (art. 267 TFUE).
CC Tuttavia, il giudice nazionale — ancorché di ultima istanza — non è obbligato a disporre il rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione europea qualora
la questione interpretativa non riguardi direttamente norme europee
o non sussistano reali dubbi sulla loro interpretazione (Cass.
17953/2003).
Diritto originario del­
l’Unione europea
CC Trattati istitutivi delle Comunità Europee e atti di modifica successivi (protocolli), quali l’Atto Unico Europeo, il Trattato sull’Unione europea
(Trattato di Maastricht), il Trattato di Amsterdam, il Trattato di Nizza e il
Trattato di Lisbona.
CC Regolamenti: provvedimenti aventi portata generale, obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati
membri senza necessità di una legge statale di recepimento. La loro funzione è quella di creare norme giuridiche uniformemente applicabili in
tutti gli Stati membri.
CC Direttive: provvedimenti che vincolano lo Stato membro al quale sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma resta salva la
competenza degli organi nazionali sulla scelta degli strumenti per realizzare tali finalità. Affinché la direttiva sia efficace nei confronti dei singoli cittadini è necessario un atto di recepimento del legislatore nazionale, grazie al quale il diritto nazionale viene adeguato agli obiettivi fissaDiritto derivato del­
ti nella direttiva.
l’Unione europea
CC Direttive autoesecutive: di norma, soltanto l’atto di recepimento della di-
✃
rettiva fa sorgere diritti a favore dei cittadini, oppure obblighi a loro carico,
per cui le direttive non sono provviste di efficacia diretta. Tuttavia, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che le direttive sono direttamente applicabili in uno Stato membro (direttive self-executing o autoesecutive), senza che sia necessario l’atto di recepimento da parte dello Stato, qualora le disposizioni della direttiva siano chiare e precise nella determinazione dei diritti in capo ai soggetti e sia scaduto il termine di
recepimento della direttiva. In presenza di una direttiva self-executing,
trascorso il termine concesso allo Stato membro per il suo recepimento il
cittadino di uno degli Stati appartenenti all’Unione europea può promuovere un’azione diretta a far valere il diritto attribuito dalla direttiva.
L’attività giurisdizionale • 13
CC In caso di mancato recepimento, le norme contenute in una direttiva non
possono creare obblighi a carico di un singolo e non possono, quindi, essere fatte valere nei loro confronti.
CC Tuttavia, in base alla giurisprudenza della Corte di GiuMancato recepimenstizia alla quale si è uniformato della direttiva
ta la Corte di Cassazione italiana (cfr. sent. 10813/2011),
il cittadino può chiedere il risarcimento dei danni subiti
a causa del mancato recepimento di una direttiva da parte dello Stato qualora:
•la direttiva preveda l’attribuzione di diritti
a favore di soggetti privati;
•il contenuto dei diritti sia desumibile dalla direttiva stessa
•esista un rapporto di causa/effetto tra la
violazione dell’obbligo di recepimento che
incombe sullo Stato e il danno subito dal
privato
Schema n. 1
Giurisdizione (artt. 1-5 c.p.c.)
Giurisdizione
(artt. 1-5)
civile
(tutela dei diritti)
penale
(accertamento dei reati)
di cognizione
(accertamento
dei diritti)
esecuzione
(attuazione
dei diritti)
cautelare
(assicurare l’utilità
della tutela di cognizione)
amministrativa
(tutela dei privati
nei confronti della P.A.)
volontaria
(gestione di un negozio
o un affare privato)
Giudice civile
Giudice di pace
monocratico
14 • Capitolo 1
Tribunale
Corte d’appello
Corte di cassazione
collegiale
Capitolo
2
La competenza
1Nozione (artt. 7-30bis c.p.c.)
CC La competenza è la misura della giurisdizione, ossia quella parte di giurisdizione che in concreto spetta a un determinato giudice rispetto a una determinata causa.
Generalità
CC Il problema della competenza nasce dopo la soluzione, in senso affermativo, del problema della giurisdizione, ossia quando è certo che il potere di decidere quella determinata causa spetta al giudice ordinario.
CC Poiché i giudici ordinari sono molti, occorre stabilire qual è il giudice competente, ossia a quale giudice, inteso non come persona fisica ma come ufficio giudiziario (ad es., tribunale di Tivoli), spetta il potere di decidere quella
determinata causa.
CC Esistono diversi tipi di giudici, ossia con caratteristiche diverse per quanto riguarda la composizione (giudici unipersonali, come il giudice di pace e
il tribunale, e giudici collegiali, come il tribunale in alcuni casi, la Corte d’appello e la Cassazione) e le funzioni, e sono il giudice di pace, il tribunale,
la Corte d’appello e la Corte di cassazione. Tra questi giudici si pone un
problema di distribuzione verticale della competenza, disciplinata dalle regole sulla competenza per materia e per valore.
Distribuzione della
CC Esistono tanti giudici dello stesso tipo, poiché ciascuno dei giudici di tipo
competenza
diverso (giudice di pace, tribunale, Corte d’appello, Cassazione) è presente
nell’organizzazione giudiziaria dello Stato in tanti esemplari distribuiti su tutto il territorio nazionale. Tra giudici dello stesso tipo si pone un problema di
distribuzione orizzontale della competenza, a seconda della loro dislocazione nel territorio e, quindi, del loro ambito di competenza. La ripartizione
della competenza tra giudici dello stesso tipo è disciplinata dalle regole sulla competenza per territorio.
Osservazioni
✃
Sono estranee alla disciplina della competenza:
— le regole di distribuzione interna dei poteri decisori in senso verticale (ripartizione dei poteri decisori tra tribunale in composizione monocratica e tribunale in composizione collegiale)
e orizzontale (ripartizione dei poteri del tribunale in composizione monocratica tra sezioni distaccate del tribunale stesso);
— l’attribuzione dei poteri decisori alle c.d. «sezioni stralcio», per la definizione delle cause civili pendenti negli uffici di tribunale alla data del 30 aprile 1995, fino all’esaurimento dell’arretrato. Le relative funzioni sono attribuite a giudici onorari aggregati con funzioni limitate nel
tempo e, comunque, non oltre l’esaurimento dell’arretrato. Il presidente della sezione stralcio
assegna le cause ai giudici onorari con provvedimento col quale fissa la data dell’udienza innanzi allo stesso e che va comunicata alle parti almeno 20 giorni prima di quello fissato per
l’udienza stessa (art. 11, co. 4, L. 276/1997). Il giudice fissa l’udienza per il tentativo di conciliazione. Se il tentativo non riesce, il giudice trattiene la causa in decisione.
La competenza • 15
Schema n. 2
Giudice civile
Tipo
Giudice di pace
(dal 1°-5-1995)
(onorario)
Composizione
Monocratico
Pretore
Monocratico
(fino al 1°-6-1999)
Tribunale
Corte d’appello
16 • Capitolo 2
Ambito
territoriale
Grado
In tutti i capoluoghi dei Primo grado
mandamenti esistenti
fino alla data di entrata in
vigore della L. 1-2-1989,
n. 30, il che significa nelle stesse città e località
che erano sedi di pretura prima dell’entrata in vigore della legge citata.
Circondario
Primo grado
[Dal 30-4-1995]
Circoscrizione
Giudice istruttore o Giudice dell’esecuzione in
funzione di giudice unico,
istruisce e decide la causa (tutte le materie non
espressamente affidate
ad altro giudice)
Primo grado
Collegiale solo per la de- Circoscrizione
cisione (nelle materie
tassativamente indicate
nell’art. 48 Ord. giudiziario, come modificato dalla L. 353/90 di riforma del
processo civile)
Secondo grado per le
cause svoltesi in primo
grado innanzi al giudice
di pace ed al pretore
[Dal 2-6-1999]
Circoscrizione
Composizione monocratica istruisce e decide la
causa (tutte le materie
non espressamente affidate ad altro giudice)
Primo grado
Composizione collegiale
solo per la decisione nelle materie tassativamente indicate nel­l’art. 50bis
c.p.c., aggiunto dal D.Lgs.
51/98, istitutivo del giudice unico di primo grado
Secondo grado per le
cause svoltesi in primo
grado innanzi al giudice
di pace
Collegiale
Distretto
Secondo grado (appello)
per le cause svoltesi in
primo grado dinanzi al
Tribunale.
Tipo
Composizione
Ambito
territoriale
Grado
Primo grado nelle ipotesi eccezionali, previste
dall’art. 67 L. 218/95, in
cui è ancora operante il
giudizio di delibazione
dei provvedimenti giurisdizionali stranieri.
Corte di
cassazione
Generalità
Collegiale
Ha giurisdizione su tutto
il territorio della Repubblica ed ha sede in
Roma.
Riesame della sentenza
impugnata per soli motivi di diritto (giudizio di legittimità).
2 Competenza per valore (artt. 7-15 c.p.c.)
CC Il criterio del valore consiste nel riferimento al valore economico dell’oggetto della controversia e risponde all’esigenza di attribuire le controversie di maggior valore al giudice (il tribunale) che, essendo più complesso, è di funzionamento più macchinoso e meno agile del giudice di pace ma dà maggiori garanzie di ponderatezza.
CC Il criterio del valore è generale, nel senso che opera quando non esistono regole
che stabiliscano diversamente con riguardo alla materia; quando ciò avvenga, il
criterio della materia prevale su quello del valore.
CC per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a 5.000 euro (criterio misto valore/materia), quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di alIl giudice di
tro giudice;
pace è competente (art. 7 CC per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e nac.p.c.):
tanti, purché il valore della controversia non superi 20.000 euro (criterio misto valore/materia).
Il tribunale è
CC Per le cause che eccedono la competenza per valore del giudice di pace e
competente
per le cause di valore indeterminabile.
(art. 9 c.p.c.):
CC Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina in base alla domanda, ossia al petitum (mediato) in relazione alla causa petendi della domanda (art.
10 c.p.c.).
CC Le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione
Regole di desi sommano col capitale (art. 10, co. 2, c.p.c.).
terminazione
CC Se è chiesto da più persone o contro più persone l’adempimento per quote di
del valore del­
un’obbligazione, il valore della causa si determina in base all’intera obbligaziola causa
ne (art. 11 c.p.c.).
CC Il valore delle cause di divisione è quello della massa attiva da dividere (art. 12,
co. 3, c.p.c.).
✃
CC Nelle cause che hanno ad oggetto rapporti obbligatori, il valore si determina
in base alla parte del rapporto che è in contestazione (art. 12, co. 1, c.p.c.).
La competenza • 17
CC L’art. 13 indica il criterio di determinazione del valore delle cause relative a prestazioni alimentari (l’ammontare delle somme dovute per due anni) o a rendite
perpetue (cumulo di venti annualità) o temporanee o vitalizie (cumulo di dieci annualità).
CC Il valore delle cause relative a somme di denaro o a beni mobili si determina in
base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore (art. 14 c.p.c.). Eventuali contestazioni da parte del convenuto, ancorché fondate su offerte di prova,
sono del tutto irrilevanti (Cass. 2696/2004), così come è priva di conseguenze
un’eventuale riduzione dell’importo richiesto successiva alla proposizione della domanda (Cass. 410/1979). Se la somma è indicata in moneta estera, si ha riguardo alla somma risultante al cambio al momento della proposizione della domanda (Cass. 1964/1975).
Regole di determinazione
del valore del­ CC Il valore delle cause relative alla proprietà e agli altri diritti reali sui beni immobili si determina moltiplicando il reddito dominicale del terreno e la rendita catala causa
stale del fabbricato per un coefficiente che varia a seconda che si controverta sulla proprietà (200), sull’usufrutto, uso, abitazione (100) o sulla servitù (50). Se l’immobile non è sottoposto a tributo o non risulta il reddito dominicale o la rendita catastale, il giudice determina il valore secondo quanto risulta dagli atti e, se questi
non offrono elementi, ritiene la causa di valore indeterminabile, e cioè, per l’art. 9,
co. 2, di competenza del tribunale (art. 15 c.p.c.).
CC Il valore delle cause di opposizione all’esecuzione forzata (artt. 615 ss. c.p.c.)
si determina in base al credito per cui si procede, quello delle cause relative alle
opposizioni di terzi (art. 619) in base al valore dei beni controversi e quello delle
cause relative a controversie sorte in sede di distribuzione (art. 512) in base al dal
valore del maggiore dei crediti contestati.
3 Competenza per materia (artt. 7 e 9 c.p.c.)
CC Il criterio della materia consente di individuare il giudice competente in base alla
natura o al tipo del diritto su cui si controverte (diritto di credito, diritto reale,
possesso, questioni di stato o di famiglia, locazioni, rapporti di vicinato, ecc.).
Generalità
CC Il criterio della competenza per materia risponde all’esigenza di attribuire controversie il cui oggetto ha esigenze particolari di rapidità e sveltezza a un giudice la
cui costituzione e struttura sono tali da soddisfare tali esigenze (giudice di pace),
nonché di attribuire al giudice di struttura più complessa (tribunale) le cause che
hanno un oggetto particolarmente delicato, come ad es. quelle in materia di famiglia.
CC per le cause relative ad apposizione di termini e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e
Il giudice di
delle siepi;
pace è com- CC per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio
petente, quadi case;
lunque sia il
C
C
per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civivalore della
le abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuocausa (art. 7,
timenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;
co. 3, c.p.c.):
CC per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali.
18 • Capitolo 2
CC per le cause che non sono di competenza di altro giudice;
Il tribunale è CC per le cause in materia di imposte e tasse;
competente CC per le cause relative allo stato e alla capacità delle persone e ai diritti onorifici;
(art. 9 c.p.c.): CC per la querela di falso;
CC per l’esecuzione forzata.
4 Competenza per territorio (artt. 18-30bis c.p.c.)
CC Le regole che disciplinano la competenza per territorio mirano, come accennato, a
distribuire la competenza tra giudici dello stesso tipo (giudici di pace, tribunali ecc.).
•occorre prima stabilire se un determinata controversia rientri in una delle ipotesi di competenza per materia previste dal legislatore;
CC Sul piano operativo:
Generalità
•se l’esito di tale controllo è negativo, si dovrà verificare la
competenza per valore e, dopo aver determinato qual è il
giudice competente secondo i criteri suddetti, si applicheranno le regole sulla competenza per territorio, per stabilire quale giudice di pace, quale tribunale ecc. è il giudice
competente.
CC Il giudice così individuato è il giudice naturale precostituito per legge di cui parla
l’art. 25 Cost.
CC I criteri di determinazione della competenza per territorio sono previsti dagli artt.
18-30bis c.p.c.).
CC Se la legge non dispone altrimenti, è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza (il luogo in cui la persona ha la dimora abituale: art. 43
c.c.) o il domicilio (il luogo nel quale la persona ha stabilito la sede principale dei
Foro generasuoi affari e interessi economici, morali, familiari ecc.: art. 43 c.c.) e, se questi sono
le delle persconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora (il luogo, diverso dalsone fisiche
la residenza, nel quale la persona si trova).
(art. 18 c.p.c.)
CC Se il convenuto non ha residenza, né domicilio, né dimora nella Repubblica o se
la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore
(art. 18 c.p.c.).
Differenze
✃
La residenza, come criterio di determinazione della competenza per territorio, è la residenza di
fatto, ossia il luogo nel quale la persona solitamente trascorre più tempo, e non va confusa con la
residenza anagrafica, risultante cioè dai pubblici registri tenuti presso i Comuni.
La residenza del convenuto deve essere individuata in base al luogo di dimora abituale e volontaria, mentre le risultanze anagrafiche offrono soltanto una presunzione che può essere sempre vinta dalla prova contraria (Cass. 4705/1989).
La competenza • 19
CC Se la legge non dispone altrimenti, qualora sia convenuta una persona giuridica è competente, in via alternativa, il giudice del luogo
dove essa ha la sede o il giudice del luogo dove la persona giuridica ha uno stabilimento (cioè, una sede secondaria) e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l’oggetto della domanda.
Foro generale delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute
(art. 19 c.p.c.)
CC La sede è quella nominale, cioè il luogo scelto come sede dell’ente nell’atto costitutivo, nello statuto o nel decreto istitutivo dell’ente.
Per le persone giuridiche private la sede è quella indicata nel pubblico registro delle imprese. Inoltre, è possibile utilizzare, come criterio per la determinazione della competenza per territorio, anche
la sede effettiva — qualora sia diversa da quella nominale —, ossia il luogo nel quale si trova il centro direttivo e amministrativo
dell’ente.
CC Le società non aventi personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati di cui agli artt. 36 ss. c.c. hanno la sede nel
luogo in cui svolgono l’attività in modo continuativo (art. 19
c.p.c.).
•intende garantire la migliore gestione del processo da parte del giudice, assicurando la vicinanza del suo
ufficio al luogo nel quale si trovano
gli elementi di prova da acquisire ai
fini della decisione;
CC Per le cause relative a diritti di obbligazione è competente anche il giudice del
Foro delle cause relative alle
luogo in cui è sorta o deve
obbligazioni (art. 20 c.p.c.)
eseguirsi l’obbligazione
dedotta in giudizio (art. 20
c.p.c.). Questo criterio:
•è
facoltativo, poiché, a scelta
dell’attore, concorre con il foro generale di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c.;
•riguarda tutte le obbligazioni, qualunque ne sia la fonte (contrattuali,
extracontrattuali, legali ecc.);
•non
opera nelle cause relative ai
rapporti tra professionisti e consumatori che, secondo l’art. 33, co. 2,
lett. u), D.Lgs. 206/2005, vanno proposte davanti al giudice del luogo
di residenza o domicilio del consumatore.
Osservazioni
Il luogo in cui è sorta l’obbligazione coincide:
— nelle obbligazioni contrattuali, con il luogo in cui chi ha fatto la proposta contrattuale ha avuto conoscenza dell’accettazione (art. 1326 c.c.);
— nei contratti conclusi per telefono, con il luogo in cui l’accettazione giunge a conoscenza del
proponente il quale, attraverso il filo telefonico, ha immediata conoscenza dell’accettazione
(Cass. 16417/2009);
— nelle obbligazioni da fatto illecito, con il luogo in cui si è verificato l’evento dannoso prodotto dal fatto illecito (locus commissi delicti). Se l’evento si è verificato in più luoghi, rileva soltanto il luogo nel quale il danno si è realizzato per la prima volta.
Invece, il luogo dove l’obbligazione deve essere adempiuta va individuato alla stregua dell’art.
1182 c.c.
20 • Capitolo 2
CC Ai sensi dell’art. 21 c.p.c., per le cause relative a diritti reali su beni
immobili, per le cause in materia di locazione e comodato di immobili e di affitto di aziende, nonché per le cause relative ad apposizione di termini e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai
regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle
Foro delle cause relative a
siepi, è competente il giudice del luogo dove è posto l’immobile
diritti reali e azioni posseso l’azienda (forum rei sitae).
sorie (art. 21 c.p.c.)
CC Se l’immobile ricade in più circoscrizioni giudiziarie, è competente
ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell’immobile.
CC Per le azioni possessorie (artt. 1168 ss. c.c.) e per la denuncia di
nuova opera e danno temuto (art. 1172 c.c.) è competente il giudice del luogo nel quale è avvenuto il fatto.
•relative
a petizione o divisione di
eredità e per qualunque altra causa tra coeredi, fino alla divisione;
CC Nelle cause ereditarie è
competente il giudice del
luogo in cui si è aperta la
successione (art. 22 c.p.c.).
In particolare, tale giudice è
competente per le cause:
Foro delle cause ereditarie
(art. 22 c.p.c.)
•relative alla rescissione della divisione e alla garanzia delle quote,
purché proposte entro un biennio
dalla divisione;
•relative a crediti verso il defunto o
a legati dovuti dall’erede, purché
proposte prima della divisione e in
ogni caso entro un biennio dal­
l’apertura della successione;
•contro l’esecutore testamentario.
CC Se la successione si è aperta fuori della Repubblica, le cause suindicate sono di competenza del giudice del luogo in cui è posta la maggior parte dei beni situati nella Repubblica o, in mancanza di questi,
del luogo di residenza del convenuto o di alcuno dei convenuti.
CC I criteri di competenza territoriale delle cause ereditarie sono esclusivi, ed escludono pertanto l’applicabilità del foro territoriale generale previsto dagli artt. 18 e 19 c.p.c.
Foro delle cause tra soci e
tra condomini (art. 23 c.p.c.)
CC Per le cause tra soci (compresi i soci di società di fatto e i membri
di associazioni non riconosciute e di comitati) è competente il giudice del luogo dove la società ha la sede legale oppure, se diversa, la sede effettiva. Il foro in esame non si applica alle cause tra la
società e i soci o tra la società e i terzi.
CC Per le cause tra condomini, invece, è competente il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, e
tale competenza si applica anche dopo lo scioglimento della società o del condominio purché la domanda sia proposta entro due anni
dalla divisione (art. 23 c.p.c.). Il foro in esame riguarda anche le liti
tra i singoli condomini e il condominio (Cass. S.U. 20076/2006).
✃
CC Per le cause relative alla gestione della tutela dei minori (artt. 343
ss. c.c.) e degli interdetti (art. 424 c.c.) o dell’amministrazione dei
Foro delle gestioni tutelari
beni dell’assente (art. 52 c.c.), del fondo patrimoniale dei coniugi
e patrimoniali (art. 24 c.p.c.)
(art. 68 c.c.), dei beni della comunione (artt. 180 e 182 c.c.) e dell’eredità giacente (art. 528 c.c.), è competente il giudice del luogo di
esercizio della tutela o dell’amministrazione.
La competenza • 21
Foro della P.A. (art. 25 c.p.c.)
CC Per le cause nelle quali è parte un’amministrazione dello Stato, è
competente, a norma delle leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e, nei casi ivi previsti, il giudice del luogo
dove ha sede l’ufficio dell’avvocatura dello Stato, nel cui distretto si
trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie.
CC Quando l’amministrazione è convenuta, tale distretto si determina
con riguardo al giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della
domanda.
Foro dell’esecuzione forzata (art. 26 c.p.c.)
CC Per l’esecuzione forzata su cose mobili (artt. 513 ss. c.p.c.) o immobili (artt. 555 ss. c.p.c.) è competente il giudice del luogo in cui
le cose si trovano. Se le cose immobili soggette all’esecuzione non
sono interamente comprese nella circoscrizione di un solo tribunale, si applica l’art. 21 c.p.c.
CC Per l’espropriazione forzata di crediti (artt. 543 ss. c.p.c.) è competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore al momento della notifica dell’atto di pignoramento.
CC Per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare (artt. 612
ss. c.p.c.) è competente il giudice del luogo in cui l’obbligo deve
essere adempiuto.
Foro delle opposizioni al­
l’esecuzione (art. 27 c.p.c.)
CC Per le cause di opposizione all’esecuzione forzata di cui agli artt.
615 e 619 c.p.c., è competente il giudice del luogo dell’esecuzione, salva la disposizione dell’art. 480, co. 3, c.p.c.
CC Per le cause di opposizione a singoli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.),
è competente il giudice davanti al quale si svolge l’esecuzione.
•delle cause nelle quali è obbligato-
Foro convenzionale (artt.
28 e 29 c.p.c.)
CC La competenza per territorio può essere derogata per
accordo delle parti, ad eccezione (art. 28 c.p.c.):
rio l’intervento del pubblico ministero (cause che lo stesso p.m. potrebbe proporre, cause matrimoniali,
cause relative allo stato e alla capacità delle persone, e tutti gli altri casi
nei quali è obbligatorio l’intervento
del p.m., come i giudizi di querela di
falso: art. 70, nn. 1, 2, 3 e 5 c.p.c.);
•delle procedure di esecuzione forzata (artt. 474 ss. c.p.c.);
•delle opposizioni all’esecuzione forzata (artt. 615 ss. c.p.c.);
•dei procedimenti cautelari e possessori;
•dei procedimenti in camera di consiglio;
•di ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente
dalla legge.
CC L’accordo delle parti deve riferirsi a uno o più affari determinati e
risultare da atto scritto. L’accordo non attribuisce al giudice designato competenza esclusiva, quando ciò non è espressamente stabilito (art. 29 c.p.c.).
22 • Capitolo 2
CC Le cause in cui sono parti magistrati, che sarebbero attribuite alla
competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di Corte
d’appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha
Foro delle cause in cui sono
sede nel capoluogo del distretto di Corte d’appello determinato ai
parti i magistrati (art. 30bis
sensi dell’art. 11 c.p.p.
c.p.c.)
CC Se nel distretto il magistrato è venuto a esercitare le proprie funzioni successivamente alla sua chiamata in giudizio, è competente il giudice che
ha sede nel capoluogo del diverso distretto di Corte d’appello individuato ai sensi dell’art. 11 c.p.p. con riferimento alla nuova destinazione.
5Il difetto di competenza (art. 38 c.p.c.)
Eccezione di incompetenza (art. 38 c.p.c.)
CC Ai sensi dell’art. 38 c.p.c., l’incompetenza per materia, per valore e
per territorio devono essere eccepite, a pena di decadenza, nella
comparsa di risposta tempestivamente depositata almeno 20
giorni prima dell’udienza di comparizione-trattazione (artt. 166
e 167 c.p.c.).
CC L’eccezione di incompetenza per territorio si ha per non proposta
se non contiene l’indicazione del giudice che la parte ritiene competente.
CC Fuori dei casi previsti dall’art. 28 c.p.c. (incompetenza per territorio
inderogabile), quando le parti costituite aderiscono all’indicazione del giudice competente per territorio compiuta dal convenuto che ha sollevato l’eccezione, la competenza del giudice indicato rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione della stessa dal ruolo.
✃
Proroga consensuale della CC In virtù dell’adesione delle altre parti all’indicazione del giudice comcompetenza
piuta dal convenuto, si realizza un accordo processuale di proroga
della competenza. Il giudice, preso atto dell’accordo intervenuto tra
le parti, dispone la cancellazione della causa dal ruolo. La competenza del giudice indicato e accettato dalle parti resta ferma se la
causa è riassunta presso il nuovo giudice entro tre mesi dall’ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo. Qualora ciò non avvenga, il processo si estingue.
Rilevabilità d’ufficio
CC L’incompetenza per materia, per valore e per territorio devono essere rilevate d’ufficio non oltre l’udienza di comparizione-trattazione di cui all’art. 183 c.p.c.: dopo tale termine, la competenza del
giudice originariamente adito diventa insindacabile (Cass. 4007/2009).
Attività istruttoria minima
CC Le questioni di competenza sono decise in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dall’eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni. La
decisione sulla competenza sarà pronunciata sulla base degli atti
introduttivi qualora l’incompetenza risulti già prima facie dalla formulazione della domanda.
La competenza • 23
Osservazioni
La L. 69/2009 ha introdotto una serie di novità, modificando l’art. 38 c.p.c. e altre parti del codice
di procedura civile rilevanti ai fini della decisione sulla competenza:
— per il convenuto, il momento ultimo per proporre l’eccezione di incompetenza è il deposito della comparsa di risposta almeno 20 giorni prima dell’udienza di comparizione, ex art. 166 c.p.c.,
indipendentemente dal tipo di incompetenza eccepita (materia, valore, territorio derogabile o
inderogabile);
— il provvedimento sulla competenza è adottato con ordinanza (art. 279 c.p.c.);
— l’ordinanza sulla sola competenza (positiva o negativa) è impugnabile a mezzo di regolamento necessario di competenza, mentre il provvedimento che decida, insieme alla competenza,
anche il merito, è impugnabile interamente con l’appello oppure, relativamente al solo profilo
di competenza, a mezzo di regolamento facoltativo (Bove).
6Il regolamento di competenza (artt. 42-50 c.p.c.)
CC Se le parti non hanno stipulato alcun accordo sulla competenza (o se tale accordo è
vietato dalla legge) e il giudice rileva d’ufficio la propria incompetenza o il convenuto
solleva l’eccezione di incompetenza, occorre stabilire se il giudice adìto sia competente oppure no, e tale questione deve essere risolta con precedenza rispetto alle altre, poiché la competenza è un presupposto processuale, che condiziona l’idoneità
del processo a concludersi con una pronuncia di merito.
CC La decisione sulla sola competenza è resa, a seguito delle novità introdotte dalla L.
69/2009, in forma di ordinanza. La forma della sentenza resta in vita per il caso in cui
il giudice decida contestualmente sulla competenza e sul merito, ossia quando rigetta l’eccezione di incompetenza e decide il merito.
CC La sentenza è appellabile e la sentenza d’appello è ricorribile in Cassazione, per cui
la questione di competenza può richiedere un lungo iter processuale prima di giungere a conclusione, e in caso di dichiarazione di incompetenza avremmo un inutile
dispendio di attività processuale.
Generalità CC Pertanto, la pronuncia sulla competenza può essere contestata con uno strumento
ad hoc, il regolamento di competenza, che dà luogo immediatamente a un giudizio
in Cassazione che potrà subito pronunciarsi sulla questione di competenza.
CC Lo scopo di questo strumento è quello di provocare una decisione che faccia stato
sulla competenza e sia vincolante per gli altri giudici.
CC Il regolamento di competenza è un mezzo di impugnazione — tranne il caso del
regolamento d’ufficio — e consiste in un’iniziativa giudiziaria di parte (salvo il regolamento d’ufficio) contro una pronuncia sulla competenza nella quale la parte che
impugna è rimasta soccombente, e tende a una riforma di quella pronuncia (Mandrioli).
CC Nell’individuare i provvedimenti contro i quali è proponibile il regolamento di competenza, gli artt. 42 e 43 si riferiscono, dopo la L. 69/2009, alle ordinanze, ma ciò
non esclude il riferimento anche alle sentenze qualora la pronuncia sia avvenuta a
seguito di rimessione totale al collegio ex art. 187, co. 3, c.p.c. e investa anche il
merito.
Osservazioni
Il regolamento di competenza non è proponibile contro le sentenze del giudice di pace (art. 46
c.p.c.). Questa disposizione va coordinata con gli artt. 339 e 341 c.p.c., che dispongono l’appellabilità di tutte le sentenze del giudice di pace con il solo limite delle cause di valore inferiore a 1.100
24 • Capitolo 2
euro e l’assoggettamento all’appello davanti al tribunale delle sentenze dello stesso giudice. Alcuni affermano l’abrogazione implicita dell’art. 46 c.p.c. per l’incompatibilità con tali disposizioni, con
la conseguente ricorribilità in Cassazione della sentenza del giudice di pace.
Il giudice di pace può chiedere il regolamento d’ufficio, poiché l’art. 46 c.p.c. riguarda soltanto il regolamento necessario e quello facoltativo.
6.1 •Tipologie
Se il provvedimento impugnato con il regolamento si è pronunciato soltanto sulla questione preliminare di competenza senza toccare il merito della controversia, il regolamento è detto «necessario»
(art. 42 c.p.c.), poiché è l’unico strumento col quale è consentito impugnare il provvedimento, e restano esclusi tutti gli altri mezzi di impugnazione.
Se, invece, il provvedimento si è pronunciato non solo sulla competenza ma anche sul merito, il regolamento è detto «facoltativo» (art. 43 c.p.c.), poiché la sentenza può essere impugnata non solo
con il regolamento di competenza ma anche con gli altri mezzi ordinari di impugnazione.
CC È il regolamento proposto contro i provvedimenti che pronunciano,
in primo e in secondo grado, soltanto sulla competenza senza
decidere il merito della causa (art. 42 c.p.c.). Sono «di merito» le
questioni sostanziali o processuali diverse dalla competenza.
CC È detto «necessario» perché è l’unico mezzo col quale i provvedimenti che pronunciano soltanto sulla competenza possono
essere impugnati (ad es., il provvedimento con cui il Tribunale di
Tivoli dichiara la propria incompetenza dichiarando competente il
Tribunale di Roma), anche in grado di appello.
Regolamento necessario
(art. 42 c.p.c.)
CC Se il regolamento viene proposto, la Cassazione statuisce sulla
competenza (art. 49 c.p.c.), rigettando il ricorso (e resta ferma la
competenza del giudice che la pronuncia impugnata aveva dichiarato competente) oppure accogliendolo e determinando in modo
definitivo qual è il giudice competente. La definitività riguarda solo
la competenza e non le eventuali pronunce sul merito compiute incidentalmente. La statuizione rende definitiva la competenza sotto
tutti i profili ipotizzabili, anche se non esaminati (Cass. 14558/2002).
CC Se il regolamento non viene proposto, resta ferma la competenza del giudice che la pronuncia aveva dichiarato competente, il quale non potrà più contestare la propria competenza e dovrà pronunciare sul merito (art. 44 c.p.c.).
CC È proposto contro i provvedimenti che hanno pronunciato sulla
competenza e sul merito (art. 43 c.p.c.).
CC È «facoltativo» poiché non è l’unico mezzo di impugnazione proponibile, ma concorre con i mezzi di impugnazione ordinari (l’appello).
✃
Regolamento facoltativo
(art. 43 c.p.c.)
CC La parte rimasta soccombente sulla questione di competenza può
scegliere tra il regolamento, con cui può impugnare solo il capo della sentenza che riguarda la competenza, oppure l’impugnazione ordinaria della pronuncia sia sul merito sia sulla competenza. Le due
impugnazioni sono alternative, per cui, se è proposto il regolamento, l’impugnazione ordinaria potrà investire soltanto il merito; se, invece, è proposta l’impugnazione ordinaria, le altre parti potranno
chiedere il regolamento (art. 43, co. 2, c.p.c.) ma il giudizio sull’impugnazione ordinaria resta sospeso (art. 48 c.p.c.).
La competenza • 25
6.2 •Regolamento di competenza d’ufficio (art. 45 c.p.c.)
Se due giudici affermano ciascuno la competenza dell’altro o di un altro giudice, l’art. 45 c.p.c. prevede che il giudice davanti al quale la causa è stata riassunta e che si ritiene, a sua volta incompetente,
per ragioni di materia o territorio inderogabile, può chiedere d’ufficio il regolamento di competenza.
Quando il giudice davanti al quale la causa è riassunta, a seguito della dichiarazione di incompetenza di
quello precedentemente adìto, abbia a sua volta declinato la propria competenza senza chiedere d’ufficio il regolamento di competenza, spetta alla parte denunciare il conflitto di competenza (Cass. 2205/1996).
CC La ragione per la quale il giudice si ritiene incompetente risiede, di solito, nel fatto che egli ritiene competente il giudice che aveva dichiarato la propria incompetenza. Tuttavia, il conflitto è ammissibile anche
nel caso in cui il giudice davanti al quale è stata riassunta la causa
escluda la propria competenza a favore di quella di un terzo giudice,
anziché di quello che per primo l’ha negata (Cass. 15126/2002).
Ratio
CC La richiesta del regolamento avviene attraverso un’ordinanza con
la quale il giudice dispone la rimessione del «fascicolo d’ufficio» alla
cancelleria della Cassazione (art. 47, co. 4, c.p.c.).
Forma dell’istanza
CC Il termine ultimo per proporre il regolamento di competenza è la
prima udienza di trattazione (Cass. 11185/2008).
CC L’ordinanza può essere pronunciata senza limiti di tempo, purché la relativa questione sia stata sollevata e riservata entro la prima udienza di trattazione.
6.3 •Il procedimento del regolamento di competenza (art. 47 c.p.c.)
CC Il regolamento su istanza di parte si propone con ricorso sottoscritto dal procuratore munito di procura per il giudizio sul merito,
anche se non è abilitato al patrocinio in cassazione, e deve contenere l’indicazione del giudice che si ritiene competente e il motivo
di censura.
CC Il termine per la proposizione (30 giorni) decorre dalla comunicazione della sentenza (art. 47, co. 2, c.p.c.), ma se il provvedimento
è letto in udienza la decorrenza è dalla lettura. Il ricorso va notificato alle parti che non vi hanno aderito (l’adesione può manifestarRegolamento su istanza di
si eventualmente con la sottoscrizione del ricorso) e depositato nelparte
la cancelleria della Cassazione entro 20 giorni dalla notifica, insieme ai documenti elencati nell’art. 369, co. 2, c.p.c.
CC Le parti alle quali è notificato il ricorso o comunicata l’ordinanza del
giudice possono depositare (nel termine di 20 giorni) scritture difensive e documenti. L’art. 380ter prevede la notifica delle conclusioni
del p.m. alle parti, che hanno facoltà di replicare per iscritto.
CC La pronuncia avviene in forma abbreviata in camera di consiglio
(art. 49 c.p.c.). La pronuncia contiene anche la liquidazione delle
spese del giudizio in sede di regolamento.
Regolamento d’ufficio
26 • Capitolo 2
CC Il regolamento su richiesta del giudice (art. 45 c.p.c.) è chiesto
con ordinanza, con la quale dispone la rimessione del fascicolo d’ufficio alla cancelleria della Cassazione (art. 47, co. 4, c.p.c.). Le parti, alle quali è notificato il ricorso o comunicata l’ordinanza del giudice, possono depositare scritture difensive e documenti.
CC Il procedimento davanti alla Cassazione per il regolamento di competenza prevede, tra l’altro, la sospensione del processo relativamente al quale è stato chiesto il regolamento (art. 48 c.p.c.), salvi
gli atti urgenti del processo sospeso.
Sospensione automatica
CC Il provvedimento di sospensione ha carattere ordinatorio e non è
impugnabile.
CC L’effetto sospensivo si verifica automaticamente all’atto del deposito del ricorso, ma la sospensione va dichiarata con ordinanza che
dà atto dell’avvenuto deposito.
CC La sospensione impedisce il compimento di qualsiasi atto compresa la riassunzione davanti al giudice dichiarato competente, il quale perciò non può chiedere il regolamento d’ufficio.
•della Cassazione che, in sede
CC In caso di mancata proposizione del regolamento nonostante
la sua necessità o di pronuncia
della Cassazione sulla competenza, l’art. 50 c.p.c. pone l’onere della riassunzione della causa innanzi al giudice dichiarato
competente dalle pronunce:
Riassunzione della causa
(art. 50 c.p.c.)
di regolamento, statuisce sulla
competenza di un giudice diverso da quello adito;
•della Cassazione che, pronunciando su ricorso ordinario, statuisce sulla competenza di un
giudice diverso da quello adito;
•con le quali il giudice adito ha
declinato la propria competenza indicando il giudice da lui ritenuto competente.
CC Se la riassunzione avviene nel termine, il processo continua davanti al nuovo giudice (art. 50, co. 1, c.p.c.); si tratta dello stesso
processo che continua (translatioiudicii), e si conservano gli effetti
sostanziali e processuali della domanda nonché gli atti istruttori compiuti.
✃
CC Se la riassunzione non avviene nel termine, il processo si estingue (art. 50, co. 2, c.p.c.). Se la pronuncia sulla competenza è una
sentenza della Cassazione che regola la competenza, tale competenza resta ferma anche in un eventuale altro processo che venisse iniziato sulla stessa azione (art. 310, co. 2, c.p.c.). Se, invece, la
pronuncia sulla competenza è una pronuncia di merito, per effetto
dell’estinzione la pronuncia perde ogni efficacia se non nei confronti dello stesso giudice che l’ha pronunciata e, perciò, non è efficace neppure nei confronti del giudice dichiarato competente, che non
dovrebbe chiedere d’ufficio il regolamento.
La competenza • 27
Schema n. 3
La competenza
Applicabile ai giudizi iniziati dopo il 4-7-2009
COMPETENZA PER MATERIA
(artt. 7-9 c.p.c.)
Giudice competente
Giudice di pace (art. 7 c.p.c.)
Materia
Valore
• apposizione di termini e osservanza delle distanze di
alberi e siepi ………………
• misure e modalità d’uso dei
servizi condominiali ………
• rapporti tra proprietari o detentori di immobili per abitazione in materia di immissione di fumo, calore, rumore …
• interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali …………………
senza
limite
di valore
• beni mobili …………………
fino a  5.000
• opposizione alle ordinanzeingiunzioni ex art. 22bis, c.
1, L. 689/1981 ……………
fino a  15.493
Tribunale (art. 9 c.p.c.)
Materia
• cause escluse dalla competenza del Giudice di
pace. Es.:
— beni mobili
— risarcimento danni provocati dalla circolazione
di veicoli e natanti
— opposizione art. 22bis, L.
689/1981
— c. 2 e c. 3, lett. c)
— c. 3, lett. a) e b)
• risarcimento danni provocati dalla circolazione di
veicoli e natanti …………… fino a  20.000
Valore
oltre  5.000
oltre  20.000
senza
previsione
di valore
oltre  15.493
• imposte, tasse, stato e capacità delle persone, diritti onorifici, querela di falso,
esecuzione forzata
senza
previsione
di valore
• cause di valore indeterminabile
valore
indeterminabile
COMPETENZA PER TERRITORIO
(individuazione della sede competente) (artt. 18-30bis c.p.c.)
Foro generale
— persone fisiche (art. 18 c.p.c.)
— persone giuridiche (art. 19 c.p.c.)
28 • Capitolo 2
Foro speciale
— cause su beni immobili (art. 21 c.p.c.)
— cause ereditarie (art. 22 c.p.c.)
— cause fra soci e fra condomini (art. 23 c.p.c.)
— gestioni tutelari patrimoniali (art. 24 c.p.c.)
— foro erariale (art. 25 c.p.c.)
— esecuzione forzata (art. 26 c.p.c.)
— opposizione all’esecuzione (art. 27 c.p.c.)
— cause su magistrati (art. 30bis c.p.c.)
Schema n. 4
Incompetenza e regolamento di competenza (artt. 38, 42-50 c.p.c.)
Applicabile ai giudizi iniziati dopo il 4-7-2009
InCompetenza
(art. 38)
Rilevabilità d’ufficio non oltre l’udienza di cui all’art.
183
Eccezione di parte nella
comparsa di risposta tempestivamente depositata
Materia, valore e territorio
inderogabile
Materia, valore e territorio
derogabile e inderogabile
pronuncia sulla competenza
ordinanza che si pronuncia
solo sulla competenza
provvedimento che si pronuncia anche sul merito
impugnabile con
impugnabile con
mezzi di
impugnazione
ordinari
regolamento
necessario
di competenza
(art. 42)
regolamento
di ufficio
(art. 45)
regolamento
facoltativo
di competenza
(art. 43)
entro 30 gg. dalla
comunicazione
in caso di conflitto
di competenza
ricorso in Cassazione solo per impugnare la statuizione
sulla competenza
✃
notificazione alle parti del ricorso con cui
si chiede alla Cassazione il regolamento
di competenza
La competenza • 29
Capitolo
3
I principi generali del processo civile
1Il processo
CC Il processo è la forma della giurisdizione, ossia la forma che assume, in concreto, l’esercizio della funzione giurisdizionale.
Definizione
CC In particolare, il processo è un procedimento (insieme di atti concatenati tra loro)
finalizzato all’emanazione di un provvedimento giurisdizionale (emanato, cioè, da
un giudice, organo appartenente al potere giurisdizionale), e caratterizzato dalla partecipazione attiva dei soggetti nei cui confronti quel provvedimento è destinato a
produrre i suoi effetti.
Differenze
Nel linguaggio corrente si utilizzano termini tra loro equivalenti, come «processo», «procedimento», «giudizio», «causa».
Tuttavia, il processo indica qualcosa in più rispetto al procedimento, poiché:
— il procedimento è un insieme coordinato di atti;
— il processo è lo svolgimento coordinato di una pluralità di atti tra loro connessi attraverso cui
si svolge la funzione giurisdizionale.
2Il giusto processo (art. 111 Cost.)
•«giusto» è il processo nel quale, come dispone l’art. 111,
✃
Nozione
CC Non è sufficiente che
il processo si svolga,
formalmente, secondo le modalità previste dal legislatore,
ma occorre che il
processo sia anche
«giusto»:
co. 2, Cost., è garantito, nella sostanza e non soltanto formalmente, il contraddittorio delle parti, in condizioni di
parità tra loro, davanti a un giudice terzo e imparziale.
Queste regole riguardano ogni tipo di processo (civile, penale, amministrativo, contabile, tributario, ecc.), nel quale
devono essere garantiti l’effettività del contraddittorio e dei
mezzi di azione e di difesa nel processo;
•«giusto» è il processo è il principio della ragionevole durata del processo (art. 111, co. 2, Cost.), che impedisce
al giudice di adottare provvedimenti che, senza utilità per
il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, ritardino inutilmente la definizione del giudizio. Ad esempio, se il
ricorso in Cassazione non è stato notificato a una delle parti contumace nei precedenti gradi di giudizio, è superfluo il
rinvio della causa per provvedere a tale incombente quando nessuna delle parti costituite abbia formulato domande
nei confronti di tale parte contumace (Cass. 18375/2010).
I principi generali del processo civile • 31
3Il principio del contraddittorio (artt. 111, co. 2, Cost. e 101 c.p.c.)
CC Il principio del contraddittorio riguarda l’intero processo e non soltanto la
sua fase iniziale, per cui, ad esempio, la mancata comunicazione a una delle parti — che non sia poi comparsa all’udienza di discussione — del decreto col quale, su istanza dell’altra, sia stata anticipata l’udienza rispetto alla
data originariamente fissata, comporta la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio (Cass. 11149/1993).
Applicazione
CC La violazione della regola del contraddittorio dà luogo a nullità rilevabile
in ogni stato e grado del giudizio, salve le ipotesi di accettazione del contraddittorio.
CC A livello costituzionale, il principio del contraddittorio è espressamente previsto
dall’art. 111, co. 2, Cost., secondo cui «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti a giudice terzo e imparziale».
Norme di riferimento
CC A livello di legge ordinaria, invece, è previsto dall’art. 101 c.p.c., in base al
quale «il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa».
CC La «parte contro la quale la domanda è proposta» è il soggetto passivo della domanda, ossia il soggetto che, secondo quanto affermato nella domanda stessa, dovrà subire le conseguenze del richiesto provvedimento del giudice (ad esempio, la condanna al pagamento di una somma di denaro, a rimuovere un edificio abusivo ecc.).
CC La regola del contraddittorio impone, a colui che si rivolge al giudice chiedendo un determinato provvedimento nei confronti di un altro soggetto, di citare
regolarmente quest’ultimo in giudizio, perché è colui che dovrebbe subire gli effetti del provvedimento richiesto al giudice e, pertanto, deve essere
Il soggetto passimesso in condizione di difendersi.
vo e la citazione in
giudizio
CC La citazione del soggetto passivo si realizza attraverso la notifica dell’atto
di citazione, ossia la consegna di una copia autentica dell’atto contenente
l’atto introduttivo del giudizio: in tal modo, il soggetto passivo della domanda
potrà comparire davanti al giudice e contrastare la richiesta rivolta al giudice
contro di lui, eventualmente proponendo una controdomanda (c.d. domanda
riconvenzionale).
CC Se il processo ha inizio con un ricorso, anziché con un atto di citazione (si pensi, ad esempio, al processo del lavoro), il principio del contraddittorio si realizza con la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza.
4Il principio della domanda (art. 99 c.p.c.)
CC Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente (art. 99 c.p.c.).
Nozione
CC Il dovere decisorio del giudice dipende, pertanto, dall’iniziativa di chi propone
la domanda, poiché la domanda vincola il giudice al dovere di giudicare.
CC È in questo senso che si parla di disponibilità dell’oggetto del processo in
capo a colui che propone la domanda, nel senso che questi, con la sua domanda, vincola e limita il giudice nell’oggetto del suo giudizio.
32 • Capitolo 3
CC incontra il limite imposto dall’art. 112 c.p.c., secondo cui «il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti»;
CC pertanto, da un lato deve conformare la pronuncia alla domanda dell’attore o
Nell’interpretaziodel ricorrente:
ne e qualificazio- CC dall’altro, non può sostituire ex officio l’azione proposta dalla parte con un’azione della domanda,
ne diversa, fondata cioè su fatti differenti o su una diversa causa petendi.
il giudice:
Qualora lo facesse, non si tratterebbe di un’erronea interpretazione o qualificazione della domanda, bensì di una sua abusiva modificazione, per alterazione o sostituzione di uno o di entrambi gli elementi identificativi dell’azione,
petitum o causa petendi, e quindi di una decisione estranea al themadecidendum effettivamente dedotto in giudizio.
5 La strumentalità delle forme
Definizione
CC La forma degli atti processuali non è fine a se stessa, ma è uno strumento indispensabile per consentire all’atto di raggiungere il suo scopo, che consiste
nel contribuire all’emanazione di un provvedimento giurisdizionale che ponga fine alla lite.
CC L’art. 156 c.p.c. dispone che, anche se l’atto è stato compiuto senza il rispetto della forma prescritta dalla legge, non può essere pronunciata la sua
nullità se l’atto ha raggiunto il suo scopo (ad es., portare a conoscenza
della parte una determinata situazione);
Scopo
CC L’art. 131 c.p.c. chiarisce che i provvedimenti del giudice hanno sempre la
forma della sentenza, dell’ordinanza e del decreto, secondo quanto prescrivono le disposizioni di legge; in mancanza delle stesse, il giudice utilizzerà
la forma più idonea al raggiungimento dello scopo. Ad es., nell’ambito del
processo di cognizione, il rinvio dell’udienza disposto dal giudice non è soggetto all’obbligo della comunicazione formale, per cui può avvenire mediante l’utilizzo di qualunque modalità, purché idonea a portare il fatto a conoscenza delle parti (ad esempio, mediante avviso affisso nella sala di udienza o in
cancelleria).
Osservazioni
✃
La strumentalità delle forme è un principio generale dell’ordinamento: ad es., l’art. 66, co. 3, D.P.R.
570/1960, nel disporre che il verbale delle operazioni elettorali deve essere firmato in ogni suo
foglio e sottoscritto seduta stante da tutti i membri dell’ufficio elettorale di sezione, va interpretato
alla luce del principio di strumentalità delle forme, in base al quale la nullità è determinata solo dalla mancanza di quegli elementi o requisiti che impediscono il raggiungimento dello scopo al quale
l’atto è prefigurato e, quindi, qualora vi siano vizi tali da pregiudicare le garanzie o da comprimere
la libera espressione del voto; pertanto, essendo il procedimento elettorale preordinato alla formazione e all’accertamento della volontà degli elettori (anche in considerazione della rilevanza costituzionale della disciplina del diritto di voto, art. 48 Cost.), è da ritenere che producano tale effetto
invalidante solo quelle anomalie procedimentali che impediscano l’accertamento della regolarità delle operazioni elettorali con diminuzione delle garanzie di legge; le altre anormalità
(ad es., omissioni dei prescritti adempimenti formali) costituiscono, invece, delle mere irregolarità
se non incidono negativamente sulla finalità che il procedimento persegue, ovvero l’autenticità, la
genuinità e la correttezza degli eseguiti adempimenti (Cons. Stato 3716/2005).
I principi generali del processo civile • 33
6 Libera valutazione delle prove, oralità e doppio grado di giurisdizione
CC Principio di indipendenza e imparzialità del giudice (artt. 101, 107 e 108
Cost.): l’indipendenza è la garanzia che il giudice sia soggetto soltanto alla legge, l’imparzialità significa che il giudice deve essere indifferente rispetto all’esito della causa, non deve essere coinvolto nella dimensione di una parte a scapito dell’altra (Sassani).
CC Principio della libera valutazione delle prove (art. 116 c.p.c.): escluse le prove legali, la cui efficacia probatoria è predeterminata dalla legge, il giudice civile può valutare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli
sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti.
CC Principio di conservazione degli atti processuali: consente la salvezza degli atti o anche di alcuni dei loro effetti in ragione del raggiungimento dello scoUlteriori principi
po degli stessi.
regolatori del
C
C
Principio del doppio grado di giurisdizione: è ammesso un riesame della deprocesso civile
cisione emessa nel giudizio di primo grado, nel quale il giudice esamina e giudica una causa nel merito per la prima volta. Nel giudizio di secondo grado (o
d’appello), invece, il giudice riesamina e si pronuncia sulla stessa causa per la
seconda volta. È, inoltre, previsto un giudizio di legittimità, ossia di controllo
sulla legalità dei precedenti gradi di giudizio, che si svolge davanti alla Corte di
cassazione.
CC Principio dell’oralità: l’attività processuale si svolge prevalentemente attraverso le dichiarazioni rese dai soggetti del processo (parti, difensori, consulenti
ecc.) davanti al giudice, che vengono poi consacrate nell’apposito verbale
d’udienza. Si tratta di un principio soltanto tendenziale, in quanto numerose attività processuali sono compiute direttamente per iscritto (atto introduttivo del
giudizio, memorie difensive, consulenze tecniche ecc.
34 • Capitolo 3
Schema n. 5
L’onere della prova (art. 2697 c.c.)
Chi vuol fare valere un diritto in
giudizio deve provare i fatti che
ne costituiscono il fondamento
Chi eccepisce l’inefficacia di tali
fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto
deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda
Il principio di riparto dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c. deve essere
contemperato con il principio di acquisizione in base al quale le risultanze
istruttorie, comunque acquisite al processo, e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale si siano formate, concorrono tutte alla formazione del convincimento del giudice
Il convenuto, a norma dell’art. 416 c.p.c. nel rito
del lavoro e dell’art. 167 c.p.c. nel rito ordinario,
nella memoria di costituzione in primo grado deve
prendere posizione, in maniera precisa e non limitata a una generica contestazione, circa i fatti
affermati dall’attore a fondamento della domanda,
proponendo tutte le sue difese in fatto e in diritto
nel caso in cui il convenuto nulla abbia
eccepito in relazione a tali fatti, gli stessi devono considerarsi come pacifici e
l’attore è esonerato da qualsiasi prova
al riguardo
✃
ne deriva che la soccombenza dell’attore consegue alla inottemperanza dell’onere probatorio a suo carico soltanto nell’ipotesi in cui le risultanze istruttorie non siano sufficienti per provare i fatti che costituiscono il fondamento del
diritto che si intende far valere in giudizio
I principi generali del processo civile • 35
Capitolo
4
La domanda giudiziale
1I presupposti del processo
Definizione
CC I presupposti del processo civile sono i requisiti che devono sussistere
prima dell’inizio del processo, ossia prima della notifica dell’atto di citazione o del deposito del ricorso.
CC Se manca uno di questi requisiti il giudice si deve fermare, con una pronuncia «sul processo»; se invece questi requisiti sussistono, il giudice può andare avanti fino alla pronuncia sul merito.
CC Presupposti di esistenza del processo: sono i requisiti che devono sussistere prima della proposizione della domanda perché possa nascere un
processo. Questi presupposti si riducono, in realtà, a un unico requisito, ossia che la domanda venga proposta davanti a un giudice, ossia a un
soggetto investito di potere giurisdizionale.
CC Presupposti di validità e di procedibilità del processo: sono i requisiti
che devono esistere prima della proposizione della domanda perché il processo possa procedere fino al suo esito normale, ossia lapronuncia sul merito. I presupposti di validità sono la competenza del giudice investito della domanda, ossia il suo effettivo potere di decidere quella controversia, e
la legittimazione processuale del soggetto che chiede la tutela giurisdizionale e di quello nei cui confronti la domanda è proposta.
Tipologie
2 Le condizioni dell’azione
Generalità
CC Affinché la domanda possa essere accolta deve contenere l’affermazione
che un diritto sostanziale esiste, che esso appartiene a colui che chiede la tutela e che tale diritto richiede una forma di tutela. Solo a tali condizioni ha senso, per il giudice, svolgere quell’attività che dovrebbe condurlo alla pronuncia sul merito della domanda, attraverso un esame della verità di quanto affermato nella domanda stessa.
CC Se, al contrario, la domanda non afferma che esiste un diritto, oppure afferma che questo diritto non appartiene a colui che chiede la tutela o che questo diritto non ha bisogno di tutela perché nessuno l’ha violato, il giudice non
ha alcun motivo di riscontrare la verità di quanto esposto, perché la domanda non può comunque essere accolta (Mandrioli).
✃
Le condizioni del­
l’azione si articolano in:
CC possibilità giuridica: esistenza di una norma che preveda, in astratto, il diritto che si vuol fare valere;
CC interesse ad agire (art. 100 c.p.c.): chi propone una domanda in giudizio
deve proporla per ottenere un’utilità specifica con quel giudizio. L’interesse
ad agire, pertanto, è il rapporto tra la domanda e l’utilità che l’attore potrà
ricavare dalla sentenza che chiede al giudice.
La domanda giudiziale • 37
Le condizioni del­
l’azione si articolano in:
CC legittimazione ad agire, ossia la coincidenza tra il soggetto che agisce e colui che nella domanda è affermato titolare del diritto che si fa valere (legittimazione attiva) nonché tra colui nei cui confronti si agisce e colui che nella
domanda è affermato come soggetto passivo del diritto (legittimazione passiva). Ad es., colui che chiede il risarcimento dei danni è legittimato attivo,
mentre colui nei cui confronti i danni sono richiesti è il legittimato passivo.
Osservazioni
La class action
L’art. 140bis D.Lgs. 206/2005 (Codice del consumo) disciplina la c.d. azione di classe, che tutela:
— i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano, nei confronti di una stessa impresa, in una situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli
artt. 1341 e 1342 c.c.;
— i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;
— i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche
commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
La domanda è proposta al tribunale ordinario con atto di citazione. Se accoglie la domanda, il tribunale pronuncia sentenza di condanna che diventa esecutiva dopo 180 giorni dalla sua pubblicazione.
L’ammissibilità della domanda presuppone la sussistenza delle condizioni dell’azione, ossia della legittimazione dell’attore (la qualità di consumatore o utente) e la sussistenza dell’interesse ad agire.
Soltanto l’individuo che rivesta la qualità di consumatore è legittimato a proporre un’azione di classe ex art. 140bis, D.Lgs. 206/2005, ma la mancanza di una concreta e attuale lesione del proprio
diritto ne determina l’inammissibilità per carenza di interesse ad agire, la cui eventuale sussistenza in capo ad altri consumatori, ipoteticamente titolari di un diritto omogeneo a quello dell’attore, è
irrilevante (Trib. Torino, 4-6-2010).
3 La domanda giudiziale
CC l’art. 2907 c.c. stabilisce che «alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede
l’autorità giudiziaria su domanda di parte»;
CC il diritto di agire in giudizio rientra, pertanto, nella libera scelta del titolare del
diritto leso, ossia nella sua disponibilità. I casi in cui la tutela può essere
chiesta dal pubblico ministero (e non, quindi, dal soggetto titolare del diritto da tutelare) sono casi eccezionali;
CC la regola della libera disponibilità della tutela giurisdizionale da parte del titolare del diritto trova conferma nell’art. 99 c.p.c., secondo cui «chi vuol far
valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente»;
La domanda giudiziale è l’atto con il CC il potere di proporre la domanda spetta a tutti, cittadini e stranieri, come chiaquale si mette in
risce l’art. 24 Cost., secondo cui «tutti possono agire in giudizio per la tutemoto il processo:
la dei propri diritti o interessi legittimi»;
CC i soggetti incapaci non possono disporre liberamente dei propri diritti, affidati ai loro rappresentanti legali (genitore, tutore ecc.). Dunque, tutti hanno il potere di proporre la domanda, eccetto gli incapaci, in sostituzione dei quali il potere di proporre le domande relative ai loro diritti spetta ai
loro rappresentanti legali;
CC l’atto col quale si propone la domanda può assumere le forme dell’atto di
citazione o del ricorso. Per ciascuno di tali atti la legge prevede determinati requisiti di forma e di contenuto.
38 • Capitolo 4
CC è un insieme di poteri attraverso i quali colui che ha formulato la domanda
agisce nel processo;
Il «diritto di azione»:
CC è un diritto distinto dal diritto che si fa valere in giudizio (ad es., il diritto al
risarcimento del danno), anche se è strumentale a quest’ultimo;
CC spetta a colui che nella domanda si afferma titolare del diritto leso;
CC ha, come contenuto, la prestazione del giudice, ossia l’attività giurisdizionale destinata a concludersi con una pronuncia sul merito. Si dice, pertanto, che il diritto d’azione è il diritto a ottenere un provvedimento sul merito (Mandrioli).
CC Azione di accertamento: è l’azione con cui la parte chiede al giudice il mero
accertamento, cioè semplicemente di accertare il proprio diritto senza che a
ciò consegua la condanna, senza che a ciò consegua alcunché: tipica azione di mero accertamento è l’azione di nullità del contratto, perché si dice che
se io accerto che il contratto è nullo, accerto che il contratto non c’è mai stato, quindi non lo sciolgo, non faccio niente, è un’azione di mero accertamento. Tutte le azioni di cognizione contengono anche il mero accertamento.
CC Azione di condanna: io chiedo l’accertamento del mio diritto ma chiedo anche che, una volta che il giudice l’abbia accertato, condanni la controparte
a pagare. All’azione di condanna consegue, come effetto primario, la formazione del titolo esecutivo e il passaggio all’esecuzione forzata.
Tipi di azione
CC Azione costitutiva: è
quel­l’azione con cui il giudice modifica una situazione di fatto. Ad es.: c’era un
contratto, il giudice lo annulla e il contratto non c’è
più, quindi la sentenza agisce sul mondo dei fatti giuridici cambiando qualche
cosa. Anche la sentenza
di separazione o di divorzio è una sentenza costitutiva. Si distingue tra:
•attività giurisdizionale costitutiva necessaria,
che ha ad oggetto diritti attuabili soltanto dal
giudice (ad es., non si può disporre negozialmente del rapporto coniugale, ossia non ci si
può separare con un contratto tra moglie e marito, ma occorre un provvedimento del giudice);
•attività giurisdizionale costitutiva non necessaria, nel senso che gli effetti costitutivi attuabili da essa avrebbero potuto essere attuati
anche indipendentemente dall’intervento del
giudice. Si pensi all’obbligo di contrarre assunto con un contratto preliminare rimasto ineseguito e attuabile dal giudice con la sentenza
costitutiva ai termini dell’art. 2932 c.c.
Osservazioni
✃
La tutela cautelare
L’attività cautelare è destinata a evitare i pericoli che minacciano la fruttuosità della tutela giurisdizionale di un diritto, e si attua in presenza dei seguenti presupposti:
— il pericolo al quale il ritardo può esporre il diritto (periculum in mora);
— la probabile fondatezza del diritto (fumus boni iuris).
Nel processo cautelare il momento della proposizione della domanda è estremamente ravvicinato a quello dell’autorizzazione delle misure cautelari (ossia della pronuncia del provvedimento cautelare): se così non fosse, tanto varrebbe attendere l’esito del giudizio di cognizione. Proprio perché deve avvenire subito, questo primo riscontro non può riguardare l’accertamento del diritto (che
presuppone quell’attività di cognizione che dà luogo al ritardo ai cui pericoli si vuole ovviare), ma
soltanto la sua verosimile esistenza, che può essere riscontrata subito.
Periculum in mora e fumus boni iuris sono, pertanto, le condizioni dell’azione cautelare nella sua
prima fase, la quale conduce a un provvedimento del giudice che autorizza la misura cautelare,
ossia introduce la seconda fase del processo cautelare, che consiste nell’esecuzione della misura cautelare e si effettua con forme analoghe a quelle dell’esecuzione forzata.
La domanda giudiziale • 39
4Effetti sostanziali e processuali della domanda
La domanda giudiziale produce i suoi effetti dal momento della notifica dell’atto di citazione, ossia dal
momento della ricezione, da parte del convenuto, dell’atto contenente la formulazione della domanda proposta nei suoi confronti. Se la domanda è presentata mediante ricorso (ad es., nel processo del
lavoro), gli effetti processuali (ossia, gli effetti sul processo) si producono dal momento del deposito
dell’atto nella cancelleria del giudice, mentre gli effetti sostanziali (ossia, sui diritti della parte che agisce) si producono dal momento della successiva notificazione del ricorso alla controparte.
CC Litispendenza, cioè la pendenza della lite, tra determinati soggetti, i quali assumono la qualità di parti nel processo.
Effetti processuali
CC Perpetuatio iurisdictionis, secondo la quale, ai fini della determinazione della giurisdizione e della competenza del giudice, si deve avere riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, restando senza conseguenze gli eventuali successivi mutamenti (art. 5 c.p.c.).
CC Determinazione della materia del contendere, ossia dell’oggetto del processo.
CC Determinazione delle parti del processo e della loro legittimazione.
CC Attribuzione al giudice investito della causa della competenza esclusiva a emanare provvedimenti cautelari (art. 669quater c.p.c.).
CC Interruzione della prescrizione del diritto fatto valere (art. 2943 c.c.).
Effetti sostan- CC Impedimento della decadenza: se la legge prevede un termine per l’esercizio
ziali
dell’azione, la notifica della domanda, prima della scadenza di tale termine, impedisce la decadenza (art. 2966 c.c.).
5Gli elementi della domanda: personae, petitum e causa petendi
CC Gli elementi soggettivi dell’azione sono i soggetti dell’azione stessa (personae),
ossia il soggetto attivo (attore o ricorrente) e il soggetto passivo (convenuto o
resistente).
Soggetti
CC Nei casi in cui la legge consente di far valere i diritti altrui in nome altrui (rappresentanza) o in nome proprio (sostituzione processuale), si deve avere riguardo al soggetto titolare del rapporto sostanziale e, quindi, al rappresentato (ad es.,
al figlio minore, rappresentato dal genitore) e al sostituito.
•il petitum è ciò che si chiede con la domanda, in via im-
CC Gli elementi oggettivi
dell’azione, necessaPetitum e
ri alla sua identificacausa petendi
zione, sono il petitum
e la causa petendi:
40 • Capitolo 4
mediata al giudice, al quale si chiede un provvedimento
(condanna, sequestro ecc.) e, in via mediata, alla controparte, contro la quale si chiede una determinata prestazione (ad es., il pagamento di una somma di denaro);
•la causa petendi costituisce la ragione di diritto della richiesta della parte, ossia il diritto sostanziale affermato,
in forza del quale viene chiesto il petitum. Ad es., la causa petendi dell’azione di separazione personale è costituita dai fatti che, ai sensi dell’art. 151 c.c., rendono intollerabile la convivenza; la causa petendi dell’azione di
annullamento del contratto consiste nei fatti che danno
vita all’errore, alla violenza o al dolo, ossia alle cause di
annullamento del contratto previste dall’art. 1427 c.c.
Osservazioni
Non è ammissibile la frazionabilità della domanda, ossia chiedere solo una parte del diritto. Ad
es., il creditore di una somma di denaro non può frazionare il credito in più richieste di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto dell’obbligazione si
pone in contrasto:
— con il principio di correttezza e buona fede che deve ispirare il rapporto tra le parti durante l’esecuzione del contratto e nella fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento. Infatti, altera il giusto equilibrio degli interessi delle parti sia per il prolungamento del vincolo obbligatorio (il pagamento del credito viene richiesto in momenti diversi), sia per l’aggravio di spese a
carico del debitore, il quale dovrà difendersi in più processi a fronte della moltiplicazione delle
iniziative giudiziarie del creditore;
— con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, per l’evidente contrasto
che esiste tra la moltiplicazione dei processi e la possibilità di contenimento della loro durata
(Cass. 15476/2008).
Definizioni
6 Mutatio ed emendatio libelli
CC Mutatio libelli (domanda nuova): è la domanda obiettivamente diversa da quella originaria, che introduce nel processo un petitum diverso e più ampio oppure
una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e su un
fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte e di alterare il regolare svolgimento del processo. Ad es., si ha mutatio libelli qualora si chiede l’annullamento del contratto
perché concluso per violenza (ossia, sotto la minaccia di un male ingiusto), e poi
in corso di causa si cambi idea dicendo che il contratto è annullabile perché è stato concluso per errore (ad es., Tizio credeva di stipulare con Caio e invece ha stipulato con Mevio).
CC Emendatio libelli (precisazione/modificazione della domanda): è la diversa interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure l’ampliamento del petitum o la sua limitazione per renderlo più idoneo al concreto e effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere (Cass. 17457/2009). Ad es., è ammissibile la modificazione in più o in meno del quantum, purché con riferimento
agli stessi fatti, come nel caso della richiesta del pagamento degli interessi in aggiunta al pagamento del debito richiesto con la domanda iniziale (Cass. 607/1982).
Modalità
CC La problematica della emendatio e mutatio libelli è risolta dall’art. 183 c.p.c., il
quale consente all’attore di proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto soltanto nel corso dell’udienza di trattazione, e consente a entrambe le parti di
precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate nel
corso dell’udienza di trattazione oppure entro il termine perentorio non superiore
a trenta giorni (c.d. appendice scritta) eventualmente concesso dal giudice istruttore su espressa richiesta di parte (art. 183, co. 4, ult. parte, e co. 5, c.p.c.).
✃
CC Mentre le precisazioni o modificazioni (emendatio libelli) delle domande, eccezioni e conclusioni possono essere avanzate da entrambe le parti all’udienza di trattazione o entro l’apposito termine perentorio concesso dal giudice, le domande
nuove (mutatio libelli) possono essere proposte dall’attore (se sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto) unicamente nel corso dell’udienza di trattazione (art. 183, co. 4, c.p.c.).
La domanda giudiziale • 41
7Eccezioni di rito e di merito
CC Negando il fondamento della domanda sul piano fattuale (contestando, cioè, i fatti affermati dall’attore) o giuridico (contestando l’applicabilità della norma invocaIl convenuto
ta dall’attore).
può contestaC
C
Introducendo nel processo fatti estintivi (ad es., l’avvenuta risoluzione del contratto),
re la domanda
impeditivi (ad es., la mancata verificazione di una condizione di efficacia del contratdell’attore
to) o modificativi (ad es., il pagamento di una parte del debito) del diritto fatto valere
dall’attore. L’introduzione di questi fatti nel processo prende il nome di «eccezione».
CC Riguardano il procedimento (ad es., l’incompetenza del giudice, la mancanza di
legittimazione ad agire dell’attore ecc.).
Eccezioni
di rito
•eccezioni di merito rilevabili d’ufficio, ovvero fatti
CC Allegazioni con le quali si contesta la fondatezza delle affermazioni contenute nella domanda (ad es., l’inesistenza del diritto al risarcimento del danno).
Eccezioni
di merito
impeditivi, estintivi o modificativi dei quali il giudice può
tenere conto d’ufficio;
•eccezioni di merito in senso stretto, ossia fatti di cui
il giudice può conoscere solo se fatti oggetto di un’eccezione di parte. Ad es., se l’attore chiede il pagamento di una somma allegando l’esistenza di un contratto, il convenuto può dedurre, quale fatto estintivo del
diritto, l’avvenuto pagamento, introducendo così un
fatto principale nuovo.
8 Corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.)
Il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato comporta che il giudice deve pronunciarsi su
tutta la domanda e non oltre i limiti di essa (art. 112 c.p.c.). Pertanto, chi propone la domanda vincola il giudice a pronunciarsi su tutti gli aspetti della domanda, e soltanto su quelli. Questo vincolo riguarda:
— il tipo di azione esercitata (di accertamento, di condanna o costitutiva). Se, ad es., il giudice, al
quale è stata chiesta una condanna, pronuncia una sentenza di accertamento, incorre nel vizio di
parziale omissione di pronuncia;
— il contenuto del giudizio (ad es., emanazione di una sentenza di condanna al pagamento di una
somma di denaro, di una sentenza di annullamento del contratto ecc.).
CC Nell’applicazione delle norme giuridiche il giudice non è vincolato alle affermazioni delle parti, ma è libero di applicare le norme che meglio ritiene adattabili al caso
concreto, e quindi di modificare la qualificazione giuridica attribuita dalle parti alla
fattispecie concreta.
CC Questo principio è enunciato col brocardo iura novit curia (il giudice è libero di
scegliere la norma da applicare), indipendentemente dal fatto che la norma applicabile sia stata invocata dalla parte interessata.
Iura novit curia
CC Questa libertà del giudice implica che il giudice può effettuare la pronuncia richiesta in base a una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata
dalle parti, col solo limite di non interferire sul potere dispositivo delle parti stesse esercitato con le loro allegazioni.
CC Tale libertà subisce tuttavia un limite sia nel c.d. giudicato interno, sia nel dovere
di collaborazione del giudice, in ossequio al quale il giudice che ritenga di dover
applicare una norma diversa da quella indicata dalle parti deve prima provocare
il contraddittorio su tale applicabilità.
42 • Capitolo 4
Capitolo
5
Rapporti tra cause: litispendenza,
continenza e connessione
1 La litispendenza (art. 39 c.p.c.)
CC La litispendenza è la situazione che si determina quando due cause identiche
pendono davanti a giudici diversi, mentre se pendono davanti allo stesso giudice l’art. 273 c.p.c. dispone la riunione con provvedimento non impugnabile.
Nozione e ratio
CC «Cause identiche» sono quelle che presentano identità di personae, petitum
e causa petendi (Cass. 4371/1983).
CC Secondo una parte della giurisprudenza, la litispendenza presuppone la pendenza della stessa causa avanti agiudici dello stesso grado (Cass. 8833/2002).
Un’altra tesi, invece, afferma che la litispendenza può riguardare anche cause
identiche che pendano in gradi diversi (Trib. Milano 14/1/2009).
CC La ratio dell’istituto è evitare il bis in idem nei possibili giudicati contrastanti.
CC Se la stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, occorre stabilire quale
dei due giudici deve deciderla: l’art. 39, co. 1, c.p.c. prevede il criterio della prevenzione, cioè è competente il giudice adìto per primo (avuto riguardo alla data
Criterio della
di notifica della citazione), mentre quello adìto successivamente, «in qualunque
prevenzione
stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo» (art. 39,
co. 1, c.p.c. modificato dalla L. 69/2009).
2 La continenza (art. 39 c.p.c.)
Nozione
CC È una particolare tipologia di litispendenza, e sussiste quando una domanda
contiene l’altra per la maggior ampiezza del petitum (il provvedimento chiesto al giudice), ferma la coincidenza di tutti gli altri elementi (ad es.,: in un processo si chiedono tutte le rate di un mutuo e in un altro processo se ne chiede
una sola).
Ambito applicativo
CC Una parte della giurisprudenza estende la
nozione affermando
che si ha continenza
anche quando:
•la questione sollevata con la lite preventivamente instaurata costituisce il presupposto necessario della
domanda che forma oggetto della seconda (Cass.
2804/1994);
•sussiste una parziale coincidenza tra le due causae
petendi (Cass. 1908/1986).
•se una stessa causa è proposta davanti a giudici di-
✃
Disciplina
CC L’art. 39 c.p.c., modificato dalla L. 69/2009,
stabilisce che:
versi, quello successivamente adito, in qualunque
stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara
con ordinanza la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo;
Rapporti tra cause: litispendenza, continenza e connessione • 43
•se il giudice preventivamente adito è competente anCC L’art. 39 c.p.c., modificato dalla L. 69/2009,
stabilisce che:
Disciplina
che per la causa proposta successivamente davanti a un altro giudice, quest’ultimo dichiara la continenza
e fissa un termine perentorio entro il quale le parti devono riassumere la causa davanti al primo giudice.
CC La prevenzione è determinata dalla notifica della citazione o dal deposito del ricorso.
CC La continenza deve essere esclusa se i due processi pendono in gradi diversi (ad es., tribunale e Corte d’appello).
CC La continenza è dichiarata con ordinanza (art. 39, co. 2, c.p.c. modificato dalla
L. 69/2009) ed è impugnabile con il regolamento di competenza (art. 42 c.p.c.).
3 La connessione (art. 40 c.p.c.)
CC La connessione tra due azioni può dipendere dalla comunanza degli elementi
soggettivi o dalla comunanza di almeno uno degli elementi oggettivi (petitum o
causa petendi).
Nozione
CC È il rapporto che intercorre tra due cause connesse in forza del quale la decisione di una di esse (causa accessoria) dipende dalla decisione dell’altra
(causa principale) (art. 31 c.p.c.).
Connessione
per accessorietà (art. 31 c.p.c.)
CC Tra la causa principale e quella accessoria deve sussistere «identità di soggetti».
•il giudice competente per la causa principale è comCC In presenza di cause
accessorie:
petente anche per la causa accessoria;
• la distribuzione della competenza tra giudici di tipo diverso esige il rispetto della regola dell’art. 10, co. 2, c.p.c.
CC Le azioni connesse per garanzia sono le azioni con le quali una parte fa valere
il suo diritto di essere garantita da un terzo, ossia risarcita delle conseguenze
della sua eventuale soccombenza (art. 32 c.p.c.): ad es., se l’acquirente è convenuto in giudizio da un terzo che afferma di essere proprietario della cosa venduta, ha diritto di essere garantito dal venditore (art. 1483 c.c.).
Connessione
per garanzia CC L’art. 32 c.p.c. consente la proposizione della domanda di garanzia davanti al
(art. 32 c.p.c.)
giudice competente per la causa principale, con eventuale deroga della competenza per territorio. Se però la domanda in garanzia eccede la competenza per
valore del giudice adito con la domanda principale, quest’ultimo rimette entrambe le cause al giudice superiore (ossia al tribunale), assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa.
CC La pregiudizialità è un rapporto tra due questioni di fatto in virtù del quale una di
esse (questione pregiudiziale) costituisce un passaggio obbligato decidere l’altra (questione principale). Ad es., rispetto a una domanda di alimenti da padre a
figlio, è certamente pregiudiziale la questione relativa alla sussistenza del rapporto di paternità, ove sia contestato.
Connessione
per pregiudizialità (art. 34
CC L’art. 34 c.p.c. stabilisce che se la questione pregiudiziale appartiene, per materia o
c.p.c.)
per valore, alla competenza di un giudice superiore, quest’ultimo attrae nella propria
competenza anche la causa principale. La questione pregiudiziale dovrà essere decisa con efficacia di giudicato se ciò è richiesto dalla legge o da una delle parti.
44 • Capitolo 5
CC La compensazione legale è una forma di estinzione reciproca di crediti omogenei, liquidi ed esigibili.
CC Per potersi parlare di compensazione devono aversi due pretese creditorie autonome, mentre se le pretese sono fondate sul medesimo titolo
non si tratta di compensazione ma di un semplice accertamento contabile di dare e avere svolto in relazione a un’unica pretesa creditoria.
Eccezione di compensazione (art. 35 c.p.c.) CC Se è opposto in compensazione un credito contestato ed
eccedente la competenza per
valore del giudice adito, questi, se la domanda è fondata su
un titolo non controverso o
facilmente accertabile, può:
•rimettere l’intera controversia al giudice superiore, oppure
•pronunciare una condanna con riserva a favore dell’attore, il cui titolo del
credito sia a sua volta non contestato
o facilmente accertabile, e rimettere
la sola eccezione di compensazione
al giudice superiore.
CC La domanda riconvenzionale è la controdomanda proposta dal convenuto nei confronti dell’attore, mentre l’eccezione riconvenzionale è una
prospettazione difensiva finalizzata, a differenza della domanda riconvenzionale, esclusivamente al rigetto della domanda attrice, attraverso l’opposizione al diritto fatto valere dall’attore di un altro diritto idoneo a paralizzarlo (Cass. 9044/2010).
CC Possono proporsi nello stesso giudizio, derogando ai criteri della competenza, soltanto le domande riconvenzionali che «che dipendono dal titolo già dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla
causa come mezzo di eccezione» (art. 36 c.p.c.).
Causa riconvenzionale (art. 36 c.p.c.)
CC Il «titolo» dedotto in giudizio dall’attore equivale alle ragioni della domanda (causa petendi). La domanda riconvenzionale, pertanto, deve dipendere da fatti collegati ai fatti costitutivi della domanda principale: ad es.,
se il locatario cita in giudizio il locatore per fargli eseguire i lavori di manutenzione della cosa locata e il locatore propone domanda riconvenzionale di pagamento dei canoni, i fatti costitutivi di entrambe le domande
contrapposte si riconducono a un medesimo «titolo», ossia lo stesso contratto di locazione.
CC La domanda riconvenzionale deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di rispostatempestivamente depositata almeno 20
giorni prima dell’udienza di comparizione-trattazione (artt. 166 e 167, co.
2, c.p.c.).
✃
Cumulo soggettivo
(art. 33 c.p.c.)
CC L’art. 104 c.p.c. prevede che domande formulate nei confronti della
stessa parte e appartenenti alla competenza di giudici diversi possono essere proposte davanti al medesimo giudice, a causa del vincolo di
connessione soggettiva. Esempio: nel caso di cumulo soggettivo tra un’opposizione agli atti esecutivi, di competenza del tribunale, e un’opposizione all’esecuzione, di competenza del giudice di pace, sussiste la competenza del tribunale su tutte le domande, sempre che l’ufficio del giudice
di pace competente per valore ricada nel circondario del tribunale del giudice dell’esecuzione (Cass. 16355/2010).
Rapporti tra cause: litispendenza, continenza e connessione • 45
Capitolo
6
I soggetti del processo
1Il giudice
CC l’ufficio giudiziario (ad es., Tribunale di Tivoli);
Con il termine «giudice»
si indicano:
CC l’organo giudiziario che agisce nel processo di cognizione (giudice
istruttore) o del processo esecutivo (giudice dell’esecuzione);
CC la persona fisica che impersona il giudice-organo (ad es., il giudice
Tizio).
Per garantire l’imparzialità del giudice il legislatore detta alcune disposizioni che comportano la sottrazione al giudice-persona fisica del potere di giudicare in quei processi nei quali, a causa di determinati rapporti con una delle parti, l’imparzialità potrebbe essere pregiudicata.
Tale sottrazione può avvenire con un’iniziativa spontanea del giudice (astensione) o con una specifica
contestazione ad opera della parte che ha motivo di dubitare dell’imparzialità del giudice (ricusazione).
L’astensione e la ricusazione non possono fondarsi su considerazioni soggettive o su generici sospetti; al contrario, la legge compie un’elencazione tassativa di situazioni o rapporti, stabilendo che (art.
51 c.p.c.):
1) il giudice deve astenersi solo in presenza di una di tali situazioni;
2) in presenza di altre gravi ragioni di convenienza, il giudice può chiedere l’autorizzazione ad astenersi (art. 51, co. 2, c.p.c.);
3) la ricusazione può essere chiesta solo quando sussiste un motivo di astensione obbligatoria (art.
52, co. 1, c.p.c.).
•se ha interesse nella causa o in altra vertente su
un’identica questione di diritto;
•se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti
o di alcuno dei difensori;
•se egli stesso o il coniuge ha una causa penden-
Astensione obbligatoria
(art. 51, co. 1, c.p.c.)
CC L’art. 51, co. 1,
c.p.c. prevede
l’obbligo del giudice di astenersi, e il correlativo
diritto della parte
di ricusarlo, nei
seguenti casi:
te o grave inimicizia o rapporti di credito o debito
con una delle parti o uno dei suoi difensori;
•se
ha dato consiglio o prestato patrocinio nella
causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure se ha conosciuto la causa in un altro grado
di giudizio (ossia, se ha partecipato alla decisione
del merito della controversia in un precedente grado di giudizio: Cass. 5753/2009) o vi ha prestato
assistenza come consulente tecnico;
•se è tutore, curatore, amministratore di sostegno,
procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti;
•se è amministratore di un ente, di un’associazione
✃
anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
I soggetti del processo • 47
Astensione facoltativa
(art. 51, co. 2, c.p.c.)
CC In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice
può richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi; quando
l’astensione riguarda il capo dell’ufficio, l’autorizzazione è chiesta al capo
dell’ufficio superiore (art. 51, co. 2, c.p.c.).
CC L’autorizzazione ad astenersi deve essere chiesta dal giudice al capo dell’ufficio soltanto nei casi di astensione facoltativa per gravi ragioni di convenienza e non per le ipotesi di astensione obbligatoria, per le quali il capo
dell’ufficio deve limitarsi a nominare un nuovo giudice (Cass. 1842/1998).
In sintesi
L’inosservanza dell’obbligo di astensione determina la nullità del provvedimento soltanto
nell’ipotesi in cui il giudice abbia un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo nella
veste di parte del procedimento, mentre in ogni altra ipotesi la violazione dell’art. 51 c.p.c. è solo
motivo di ricusazione, con la conseguenza che la mancata ricusazione nei termini e con le modalità di legge preclude la possibilità di far valere la nullità del provvedimento (Cass. 565/2007).
CC L’istanza di ricusazione è proponibile nei casi di astensione obbligatoria
e dà luogo a un procedimento incidentale che ha inizio con un ricorso
al Presidente del tribunale (se è ricusato un giudice di pace) o al collegio (se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte) e si conclude con un’ordinanza non impugnabile con la quale, in caso di accoglimento del ricorso, viene designato il giudice che deve sostituire quello ricusato (art. 54 c.p.c.).
CC La proposizione del ricorso per ricusazione non determina automaticamente la sospensione del processo, in quanto spetta pur sempre
al giudice una sommaria valutazione della sua ammissibilità, all’esito della quale, ove risultino carenti i requisiti formali di legge per l’ammissibiRicusazione (art. 52
lità dell’istanza, il procedimento può continuare; l’evidente inammissibic.p.c.)
lità della ricusazione, pertanto, esclude l’automatismo dell’effetto sospensivo (Cass. 5236/2006).
CC L’ordinanza che accoglie il ricorso designa il giudice che deve sostituire
quello ricusato.
CC Il giudice, con l’ordinanza con cui dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non superiore a 250 euro.
CC Chi sostiene la natura giurisdizionale del procedimento afferma l’impugnabilità, col ricorso straordinario in Cassazione ex art. 111 Cost.,
dell’ordinanza che si pronuncia sulla ricusazione.
1.1 •Il giudice istruttore
Il giudice istruttore
(art. 175 c.p.c.):
CC esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento;
CC fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti devono compiere gli atti processuali.
Il rispetto del diritto fondamentale a una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111, co.
2, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo) impone al giudice istruttore (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano anche quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del pro-
48 • Capitolo 6
cesso e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall’art. 101
c.p.c., da effettive garanzie di difesa (art. 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (art. 111, co. 2, Cost.), dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad
esplicare i suoi effetti (Cass. S.U. 26373/2008).
1.2 • La responsabilità civile del giudice
CC La L. 117/1988 sulla responsabilità civile dei giudici prevede un’azione diretta verso lo Stato e una successiva azione di rivalsa dello Stato verso il magistrato.
Generalità
CC Le disposizioni della legge si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciali, che esercitano l’attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano all’esercizio della funzione giudiziaria.
CC Normalmente è risarcibile soltanto il danno patrimoniale. Il danno non patrimoniale è risarcibile solo in caso di provvedimenti implicanti la privazione della libertà personale, e quindi esclusi, di regola, i provvedimenti pronunciati in sede civile.
Reato
CC Se il comportamento del magistrato costituisce reato, l’art. 13 L. 117/1988 dispone
che il danneggiato ha diritto al risarcimento nei confronti dello Stato e del magistrato secondo le norme ordinarie.
CC Occorre che il reato sia già stato accertato in sede penale o che penda un processo penale nel quale, colui che si assume danneggiato, si sia costituito parte civile
(Cass. 11880/2001).
CC Riguardo ai comportamenti dei magistrati non costituenti reato, ancorché illeciti, l’art.
2 L. 117/1988 dispone che l’azione diretta verso lo Stato è prevista per il risarcimento di un danno ingiusto conseguente a un comportamento, un atto o un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni oppure per diniego di giustizia, esclusa l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove.
•la grave violazione di legge determinata da negligenza
inescusabile;
•l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile,
CC Costituiscono colpa
grave:
Illecito civile
di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;
•la negazione, determinata da negligenza inescusabile,
di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente
dagli atti del procedimento;
•l’emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure
senza motivazione.
•una
violazione evidente, grossolana e macroscopica
della norma di diritto;
✃
CC La negligenza inescusabile nell’esercizio di
funzioni giudiziarie
deve ritenersi sussistente in presenza di:
•una lettura della norma contrastante con ogni criterio logico;
•scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore;
• una manipolazione arbitraria del testo normativo;
•uno sconfinamento dell’interpretazione nel diritto libero.
I soggetti del processo • 49
Diniego di giustizia
(art. 3, L. 117/1988)
CC Sussiste in caso di «rifiuto, omissione o ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio» e sempre in quanto sia decorso inutilmente un termine di trenta giorni (prorogabile per non oltre tre mesi) dal deposito in cancelleria di un’istanza della parte per ottenere il provvedimento, istanza che
ovviamente non può essere depositata se non dopo che sia trascorso il termine di legge per il compimento dell’atto.
Osservazioni
La Corte di giustizia dell’Unione europea (sent. 13/6/2006) ha esteso la responsabilità civile dei
magistrati a tutti i casi di violazione manifesta del diritto vigente.
È prevedibile un mutamento del sistema italiano nel senso dell’incostituzionalità, per disparità di
trattamento, della L. 117/1998 laddove prevede, per il danneggiato, un grado di protezione inferiore a quello accordato per la violazione del diritto comunitario.
•può essere proposta soltanto quando sono stati
CC L’azione di risarcimento del danno contro lo
Stato:
esperiti tutti i possibili mezzi di impugnazione e
rimedi contro il provvedimento;
•è soggetta a un termine di decadenza di due
anni da quando è proponibile.
CC Legittimato passivo è il Presidente del Consiglio dei ministri.
Procedimento
CC La competenza spetta al tribunale del luogo dove ha sede la Corte d’appello del distretto più vicino a quello in cui è compreso l’ufficio giudiziario al quale apparteneva il magistrato al momento del fatto (art. 4 della legge). Questo criterio della «maggior vicinanza», escogitato per escludere la competenza dell’ufficio giudiziario nel cui ambito opera il giudice del cui comportamento si tratta, è quello che emerge dalla L. 879/1980 in tema di competenza nei procedimenti penali a carico dei magistrati.
CC La proposizione della domanda presuppone una pronuncia di ammissibilità
della stessa da parte del tribunale. In caso di accoglimento dell’azione di responsabilità, lo Stato esercita, entro un anno dall’avvenuto risarcimento,
l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato. La rivalsa non può superare
il terzo di un’annualità dello stipendio, salvo il caso di dolo (art. 8, L. 117/1988).
2Il cancelliere (artt. 57-60 c.p.c.)
La rubrica del titolo II delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile definisce il cancelliere un ausiliario del giudice. Non è, però, una qualificazione esatta, poiché il cancelliere svolge
funzioni autonome rispetto a quelle del giudice ma, soprattutto, perché soltanto alcune di esse hanno natura giurisdizionale (ad es., il cancelliere compie la vendita mobiliare a norma dell’art. 534 c.p.c.).
Pertanto, il cancelliere non è un organo non giurisdizionale ma è un organo amministrativo.
CC Documenta, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attività proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti.
Compiti (artt. 57 e
58 c.p.c.)
CC Assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato un verbale. L’attività più importante è l’assistenza al giudice in udienza. L’omessa sottoscrizione del verbale d’udienza da parte del cancelliere non dà luogo a nullità
del processo (Cass. 290/1984), così come non dà luogo a nullità la stessa
mancata assistenza del cancelliere all’udienza (Cass. 11617/1990).
CC Rilascia copie ed estratti autentici dei documenti prodotti dalle parti.
50 • Capitolo 6
CC Iscrive le cause a ruolo.
Compiti (artt. 57 e CC Forma il fascicolo d’ufficio e conserva quelli delle parti.
58 c.p.c.)
CC Effettua le comunicazioni e le notificazioni prescritte dalla legge o dal giudice (p.c. 151), nonché alle altre incombenze che la legge gli attribuisce.
3 L’ufficiale giudiziario
L’ufficiale giudiziario assiste il giudice in udienza, provvede all’esecuzione dei suoi ordini e alle altre
incombenze che la legge gli affida, tra le quali assume particolare rilevanza la notificazione degli atti.
Caratteristiche
CC Con la L. 1442/1956 sono stati istituiti gli «uffici unici» degli ufficiali giudiziari, nei luoghi che sono sede di tribunale e di Corte d’appello. Nel processo
di cognizione, inoltre, l’ufficiale giudiziario assiste il giudice in udienza, provvede all’esecuzione dei suoi ordini e alle altre incombenze che la legge gli
affida (art. 59 c.p.c.), tra le quali particolare importanza rivestono le notificazioni degli atti.
CC L’ufficiale giudiziario, come il cancelliere, è civilmente responsabile quando,
senza giustificato motivo, rifiuta di compiere gli atti inerenti al suo ufficio o
quando ha compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave (art. 60 c.p.c.).
CC La notificazione è, di regola, un atto dell’ufficiale giudiziario, la cui competenza è disciplinata dalla legge (D.P.R. 1229/1959), e avviene su istanza di
una parte, del P.M. o del cancelliere (art. 137, co. 1 c.p.c.).
CC La L. 53/1994 consente, in presenza di particolari condizioni, che la notifica
sia effettuata dal difensore munito di delega.
CC L’avvocato può effettuare le notificazioni:
•senza
alcun limite di competenza territoriale
(Cass. 1938/2000);
•a mezzo del servizio postale o «a mani proprie».
Le notifiche del­ CC Requisiti per la validità delle notifiche (art. 11 L. 53/1994): autorizzazione del
l’avvocato
consiglio dell’ordine professionale e conservazione di un apposito registro
cronologico. In mancanza di tali requisiti, la notificazione è nulla, e non inesistente; tale nullità è sanata dalla tempestiva costituzione dell’intimato e,
quindi, dall’accertato raggiungimento dello scopo della notificazione stessa
(Cass. S.U. 1242/2000).
CC La notifica effettuata dall’avvocato a mezzo del servizio postale si considera effettuata dal notificante al momento dell’affidamento del plico alle poste (Cass. 15081/2004).
Per il combinato disposto degli artt. 106 e 107, co. 2, d.P.R. 1229/1959, la potestà notificatoria spetta
in via concorrente:
a) all’ufficiale giudiziario del luogo dove deve essere eseguita la notificazione;
b) a quello addetto all’ufficio giudiziario competente a conoscere della causa alla quale attiene la notificazione. Quest’ultimo può operare anche fuori della circoscrizione territoriale, ma solo a mezzo del servizio postale, nel qual caso l’avviso di ricevimento è l’unico documento che prova l’avvenuta notifica (Cass. 13922/2002).
✃
Il vizio conseguente all’incompetenza dell’ufficiale giudiziario dà luogo a nullità (Cass. S.U. 51/1999)
della notificazione dell’atto, sanabile con la costituzione della parte notificata (Cass. 8625/2004). Se
il vizio non è sanato, si converte in motivo di impugnazione (Cass. 3362/1985).
I soggetti del processo • 51
4Responsabilità del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario (art. 60
c.p.c.)
Il cancelliere e l’ufficiale giudiziario sono civilmente responsabili (art. 60 c.p.c.):
1) quando, senza giusto motivo, si rifiutano di compiere gli atti che sono loro legalmente richiesti
oppure omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono stati delegati. Ad es., l’ufficiale giudiziario che ometta di descrivere (e quindi di pignorare) i beni mobili che si trovano nell’abitazione del debitore senza un valido
motivo (che si ha solo quando presso il debitore non si rinvengono affatto dei beni ovvero quando vi sia la prova certa dell’altrui proprietà degli stessi) commette illecito civile, che ha come conseguenza l’obbligo del risarcimento dei danni (Trib. Viterbo 28-5-2003);
2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave.
5Gli ausiliari del giudice (artt. 61-68 c.p.c.)
CC Nell’assolvimento della sua funzione il giudice si avvale della collaborazione di
taluni uffici complementari impersonati da organi, ai quali la legge attribuisce
specifiche funzioni.
Generalità
CC Alcuni di questi organi (cancelliere e ufficiale giudiziario) appartengono in modo
permanente all’organizzazione strutturale dei singoli uffici giudiziari; altri (consulente tecnico e custode) — chiamati dalla legge «ausiliari del giudice» — sono
estranei a tale organizzazione e assolvono alla loro funzione a seguito di un incarico specifico affidato loro occasionalmente di volta in volta.
CC L’art. 68 c.p.c. prevede il ricorso ad altri ausiliari, nonché la possibilità di ricorrere all’assistenza della forza pubblica.
CC Poiché gli «ausiliari del giudice» non appartengono all’organizzazione stabile
dell’ufficio giudiziario ma ricevono un incarico occasionale, hanno diritto, per
la loro opera, a un compenso che il giudice determina con suo decreto.
CC Il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica, quando l’attività del giudice si svolge in un campo nel quale sono richieste particolari cognizioni tecniche e non giuridiche (Mandrioli).
CC La scelta dei consulenti tecnici è fatta, normalmente, tra le persone iscritte in
albi speciali (art. 61 c.p.c.).
Il consulente
tecnico (artt.
61-64 c.p.c.)
CC Il consulente compie le indagini che gli sono affidate dal giudice e fornisce, in
udienza e in camera di consiglio, gli elementi tecnici necessari al giudice per
poter valutare le prove già acquisite (art. 62 c.p.c.).
CC Il consulente, scelto tra gli iscritti in un albo, ha l’obbligo di svolgere il proprio compito, tranne che il giudice riconosca un giusto motivo di astensione. Il consulente
può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell’art. 51 c.p.c. (art. 63 c.p.c.).
CC Ai fini della responsabilità del consulente si applicano le disposizioni del codice
penale relative ai periti (art. 64, co. 1, c.p.c.).
CC Il consulente tecnico che incorre in colpa grave è punito con l’arresto fino a un
anno o con l’ammenda fino a euro 10.329. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti (art. 64, co. 2, c.p.c.)
Il custode (artt. CC Al custode sono affidate la conservazione e l’amministrazione dei beni pi65-67 c.p.c.)
gnorati o sequestrati, se la legge non dispone altrimenti (art. 65, co. 1, c.p.c.).
52 • Capitolo 6
CC Il compenso del custode è stabilito dal giudice dell’esecuzione, in caso di nomina fatta dall’ufficiale giudiziario, e in ogni altro caso dal giudice che l’ha nominato (art. 65, co. 2, c.p.c.).
CC Al custode dei beni sottoposti a sequestro giudiziario spetta il potere di stare in
giudizio in rappresentanza dei beni stessi (Cass. 8146/1997).
Il custode (artt. CC Il giudice, d’ufficio o su istanza di parte, può disporre in ogni tempo la sostituzione del custode. Il custode che non ha diritto a compenso può chiedere in
65-67 c.p.c.)
ogni tempo di essere sostituito; altrimenti, può chiederlo soltanto per giusti motivi (art. 66 c.p.c.).
CC Il custode che non esegue l’incarico assunto può essere condannato dal giudice a una pena pecuniaria da 250 a 500 euro ed è tenuto al risarcimento dei
danni causati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia
(art. 67 c.p.c.).
6Il pubblico ministero (artt. 69-73 c.p.c.)
CC Il P.M. agisce a tutela di diritti e interessi rilevanti sul piano pubblicistico.
Compiti
CC L’ordinamento giudiziario (art. 73) indica le attribuzioni del P.M. nel vegliare
«all’osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci»
e nel promuovere «la repressione dei reati e l’applicazione delle misure di sicurezza».
CC Il pubblico ministero può agire per far valere un diritto in sostituzione di chi non
può o non vuole farlo valere, proponendo la domanda e compiendo i successivi atti processuali.
P.M. attore (art.
69 c.p.c.)
CC Si tratta delle ipotesi nelle quali:
•il titolare del diritto resta inerte;
•manca un titolare del diritto o la persona in grado di farlo valere.
CC Il P.M. interviene nel processo iniziato da altri al fine di sorvegliare il modo col
quale esso è condotto dalle parti.
•nelle
P. M . i n t e r v e CC Il pubblico ministero deve interveniente necessanire, a pena di nullità rilevabile d’ufrio e facoltativo
ficio (art. 70 c.p.c.):
(art. 70 c.p.c.)
cause che egli stesso potrebbe
proporre autonomamente. Il P.M. che
interviene nelle cause che avrebbe potuto proporre ha gli stessi poteri che
competono alle parti e li esercita nelle
forme che la legge stabilisce per queste ultime;
•nelle
cause matrimoniali, comprese
quelle di separazione personale dei coniugi;
• nelle cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone;
•negli altri casi previsti dalla legge;
•in ogni causa davanti alla Corte di cas-
✃
sazione.
I soggetti del processo • 53
CC Il P.M. può intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse.
• può produrre documenti e dedurre prove;
•può prendere conclusioni nei limiti delle
P. M . i n t e r v e niente necessario e facoltativo
CC Il P.M. interveniente:
(art. 70 c.p.c.)
domande proposte dalle parti. Pertanto,
può chiedere soltanto l’accoglimento, totale o parziale, o il rigetto delle domande delle parti (art. 72, co. 2, c.p.c.);
•non può proporre impugnazioni non proposte dalle parti. Tuttavia, «può proporre impugnazioni contro le sentenze relative a cause matrimoniali», comprese
«quelle che dichiarano l’efficacia o l’inefficacia di sentenze straniere relative a
cause matrimoniali» (art. 72, co. 3 e 4)
salvo che per quelle di separazione personale dei coniugi».
7 Le parti
CC La nozione di «parte» è utilizzata, nel diritto dei contratti, per indicare colui che
stipula un negozio giuridico (parte contraente), mentre nel diritto processuale
civile le «parti» del processo sono colui che propone la domanda (attore e ricorrente), in nome proprio o nel cui nome la domanda è proposta da un altro
soggetto (rappresentante), e colui nei cui confronti la domanda è proposta
(convenuto e resistente).
Definizione
CC Laddove c’è un processo ci sono almeno due parti, in quanto c’è la domanda
di un soggetto nei confronti di un altro i quali si trovano su fronti contrapposti.
CC Le parti del processo sono i soggetti
che compiono gli atti processuali, che
ne subiscono gli effetti e sono, perciò, i destinatari dei provvedimenti del
giudice. In particolare, esse sono:
•l’attore e il ricorrente, ossia coloro che
portano la causa davanti a un giudice;
•il convenuto e il resistente, cioè i soggetti passivi contro i quali è proposta la
domanda giudiziale.
CC Tutti i soggetti coinvolti nel processo, diversi dalle parti, sono «terzi».
CC È la idoneità della parte a stare in giudizio e a compiere atti processuali validi
ed efficaci.
CC Spetta soltanto alle persone fisiche che possono esercitare liberamente i loro
diritti, cioè ai maggiorenni (l’art. 75 c.p.c. stabilisce che sono capaci di stare in
giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che si fanno valere).
Capacità di stare in giudizio CC È un presupposto essenziale della validità della domanda giudiziale. Se il giu(capacità prodice rileva l’incapacità processuale di una parte, deve dichiarare la nullità della
cessuale) (art.
domanda.
75 c.p.c.)
CC Le persone che non hanno il libero esercizio dei loro diritti non possono stare in
giudizio da sole ma devono ricorrere alla rappresentanza (ad es., i genitori che rappresentano i figli minorenni), all’assistenza (ad es., il curatore assiste il minore
emancipato) o all’autorizzazione (ad es., il giudice autorizza il genitore che esercita la potestà sul minore a compiere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione).
54 • Capitolo 6
•legittimazione formale (legitimatio ad
Capacità di staCC La capacità processuale attribuisce
re in giudizio
la possibilità di esercitare i diritti pro(capacità processuali spettanti alla persona
cessuale) (art.
nell’ambito del processo. Si parla di:
75 c.p.c.)
processum), che indica il potere di proporre la domanda (per l’attore e il ricorrente) e di contestarla (per il convenuto e il resistente);
•legittimazione
sostanziale (legitimatio ad causam), che consiste nella titolarità del potere di promuovere (o di subire) un giudizio in ordine al rapporto
sostanziale dedotto in causa, secondo
la prospettazione offerta dall’attore, indipendentemente dall’effettiva titolarità
del rapporto.
CC Capacità di un soggetto di assumere la qualità di parte nel processo a prescindere dalla capacità di compiere atti processuali validi.
Capacità di essere parte
CC Spetta a tutte le persone fisiche, alle persone giuridiche, alle associazioni non
riconosciute, alle società e alle collettività organizzate (ad es., il condominio).
CC Qualora un soggetto sia privo della capacità processuale, la legge attribuisce
l’esercizio dei poteri processuali a soggetti terzi i quali acquistano la legittimazione formale e agiscono, nel processo, in nome e per conto della parte. Ad
es., il minore può stare in giudizio a mezzo dei genitori il tutore agisce in nome
e per conto dell’interdetto ecc.
CC Gli effetti degli atti compiuti dal rappresentante si producono direttamente
in capo al soggetto rappresentato.
•lo Stato sta in giudizio in persona del
Ministro preposto alla materia dedotta
in giudizio;
•la Regione e la Provincia stanno in giudizio in persona dei loro presidenti;
Incapacità processuale
•il Comune sta in giudizio in persona del
CC Per le persone giuridiche la legge
prevede la c.d. rappresentanza organica, secondo la quale le persone giuridiche pubbliche o private
stanno in giudizio per mezzo degli
organi che le rappresentano, a norma di legge o di statuto (art. 75, co.
3, c.p.c.):
sindaco;
•le associazioni non riconosciute stanno
in giudizio in persona di coloro ai quali,
secondo l’atto costitutivo o secondo lo
statuto, è attribuita la presidenza o la direzione;
•i comitati stanno in giudizio in persona
del presidente;
•le società di persone stanno in giudizio
per mezzo dei soci rappresentanti o degli amministratori che ne hanno la rappresentanza;
•i condomini stanno in giudizio in perso-
✃
na dell’amministratore.
I soggetti del processo • 55
Osservazioni
Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che
determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per
la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle
necessarie autorizzazioni o per il rilascio o la rinnovazione della procura alle liti (art. 182 c.p.c.).
8Successione nel processo (art. 110 c.p.c.)
CC Quando la parte viene meno per morte o per altre cause, il processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confronti (art. 110 c.p.c.).
CC La morte di una parte nel corso del giudizio determina la trasmissione della sua
legittimazione processuale attiva e passiva agli eredi, i quali vengono a trovarsi
nella posizione di litisconsorti necessari qualunque sia la natura del rapporto
sostanziale controverso (Cass. 23765/2008).
Nozione
•la morte della parte-persona fisica, qualora non faccia ve-
Presupposti
CC Gli eventi che
danno luogo alla
successione nel
processo sono:
nir meno la ragion d’essere del processo, come ad es. la morte dell’interdicendo nel processo di interdizione o la morte di
un coniuge nel giudizio di separazione o di divorzio. In tal
caso, il processo proseguirà per la pronuncia di dichiarazione di cessazione della materia del contendere;
•l’estinzione della parte-persona giuridica o altro ente. La
successione a titolo universale non avviene nel caso delle
fusione di società, poiché non è una vicenda estintiva ma soltanto modificativa della società (art. 2504bis, co. 1, c.c.).
CC Il subingresso del successore non si verifica automaticamente, ma richiede un’iniziativa volontaria del successore o nei suoi confronti.
Disciplina
CC La successione si attua attraverso la riassunzione del processo compiuta dal
successore (o effettuata nei suoi confronti) a seguito dell’interruzione del giudizio
determinata dall’estinzione della parte originaria, persona fisica o giuridica.
9Successione a titolo particolare nel diritto controverso (art. 111
c.p.c.)
CC Il trasferimento del diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare nel
corso del processo non produce effetti sul rapporto processuale, che continua a
svolgersi tra le parti originarie.
CC Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte (c.d. legato), il
processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confronti.
Disciplina
CC Il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l’alienante può essere estromesso. Pertanto, l’intervento del successore a titolo particolare non comporta automaticamente l’estromissione dell’alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentono (Cass. 1535/2010).
CC La sentenza pronunciata tra le parti originarie produce sempre i suoi effetti anche
nei confronti del successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme sull’acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione (art. 111 c.p.c.).
56 • Capitolo 6
Schema n. 6
Successione a titolo particolare nel diritto controverso
Se nel corso del processo si trasferisce il
diritto controverso per atto tra vivi a titolo
particolare
Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte
il processo prosegue tra le parti originarie
il processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confronti
Il successore a titolo particolare di una delle parti del processo
può intervenire volontariamente nel processo o esservi chiamato
ciò non comporta automaticamente l’estromissione dell’alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentono
10Il difensore (artt. 82-89 c.p.c.)
Nozione
L’art. 84 c.p.c.
stabilisce che:
Ius postulandi
✃
La parte può stare in giudizio da
sola:
CC Il difensore è colui che assiste la parte nel processo e compie, in nome della parte stessa, gli atti processuali.
CC quando la parte sta in giudizio con un difensore, questo può compiere e ricevere, nell’interesse della parte stessa, tutti gli atti del processo che dalla legge
non sono a essa espressamente riservati;
CC il difensore non può compiere atti che comportano la disposizione del diritto
controverso, se non ne ha ricevuto espressamente il potere.
CC Questa norma attribuisce al difensore lo ius postulandi, ossia il potere di compiere e di ricevere tutti gli atti del processo, esclusi quelli riservati espressamente alla parte (ad es., la confessione) o quelli che, in generale, implicano disposizione del diritto in contesa (la conciliazione, la composizione amichevole
della lite, la rinuncia all’azione).
CC nelle cause davanti al giudice di pace il cui valore non ecceda euro 516,46 (art.
82, co. 1, c.p.c.);
CC se la parte stessa è un avvocato (art. 86 c.p.c.), e in tal caso non occorre, ovviamente, che la parte conferisca una procura a se stessa, ma è sufficiente che
dichiari di possedere la qualifica professionale di avvocato;
I soggetti del processo • 57
La parte può stare in giudizio da
sola:
CC se è autorizzata dal giudice di pace a stare in giudizio senza difensore, laddove ciò appaia opportuno in considerazione della natura e dell’entità della causa (art. 82, co. 2, c.p.c.);
CC nel processo del lavoro, anche senza autorizzazione del giudice, se la causa
non eccede euro 129,11 (art. 417 c.p.c.).
CC L’atto con il quale la parte nomina il difensore è la procura alle liti (art. 83 c.p.c.).
CC La procura alle liti può essere generale (riferita a una serie indefinita di processi) o speciale (conferita per un determinato giudizio o una sua fase o per
un singolo atto processuale) e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Procura alle liti
CC La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado
del processo, quando nell’atto non è espressa una volontà diversa.
CC Se la procura alle liti è stata conferita su un supporto cartaceo, il difensore che
si costituisce attraverso strumenti telematici deve trasmettere la copia informatica autenticata con firma digitale.
CC La procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore (art. 85 c.p.c.).
CC Dovere di lealtà e di probità: le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità. In caso di inosservanza, da parte dei
difensori, del dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità, il giudice ne
riferisce alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di esse, poiché tale
violazione può configurare, a loro carico, un’infrazione disciplinare sanzionabile, ove il comportamento non sia conforme alla dignità e al decoro della proDovere di corretfessione (art. 88 c.p.c.).
tezza delle parti
C
C
Espressioni sconvenienti od offensive: negli scritti presentati e nei discorsi
e dei difensori
pronunciati davanti al giudice, le parti e i loro difensori non devono usare espressioni offensive (lesive del valore e dei meriti di qualcuno) o sconvenienti (contrastanti con le esigenze della funzione difensiva nel cui ambito vengono formulate). Il giudice può disporre che si cancellino le espressioni sconvenienti od
offensive e, con la sentenza che decide la causa, può assegnare alla persona
offesa una somma a titolo di risarcimento del danno (art. 89 c.p.c.).
11 Le spese del processo
CC condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa;
CC se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta;
Con la sentenza
che chiude il pro- CC può escludere la condanna della parte soccombente al pagamento delle specesso il giudice
se eccessive o superflue;
(art. 92 c.p.c.):
CC può condannare una parte al rimborso delle spese che ha causato all’altra parte per violazione del dovere di cui all’art. 88 c.p.c.;
CC se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni
esplicitamente indicate nella motivazione della sentenza, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti.
58 • Capitolo 6
Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione.
Osservazioni
✃
Responsabilità aggravata e abuso del processo
Se la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice,
su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza (art. 96, co. 1, c.p.c.).
Se il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il
creditore procedente che ha agito senza la normale prudenza (art. 96, co. 2, c.p.c.).
In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91, il giudice, anche d’ufficio, può condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata (art. 96, co. 3, c.p.c.), quale sanzione per il comportamento illegittimo e
ristoro del torto complessivamente subìto da chi esce vittorioso per il solo fatto di esser dovuto andare in giudizio. L’interesse tutelato in via principale da questa disposizione, che ha introdotto una
sorta di sanzione civile a carico del soccombente, consiste nell’evitare che il processo venga instaurato senza ragioni.
I soggetti del processo • 59
Capitolo
7
Pluralità di parti: litisconsorzio
e intervento
1Il litisconsorzio (artt. 102-103 c.p.c.)
Nozione
CC Il litisconsorzio ricorre quando più soggetti, diversi dall’attore o dal convenuto, diventano parti del processo.
CC necessario, se la decisione deve essere pronunciata nei confronti di più parti in quanto il rapporto sostanziale fatto valere è unico rispetto a più soggetti (art. 102 c.p.c.);
Il litisconsorzio
può essere:
CC facoltativo, se è opportuno (e non obbligatorio) che il processo si svolga nei
confronti di più parti, per ragioni di economia processuale e per evitare un eventuale contrasto di giudicati;
CC originario, se il processo si svolge fin dall’inizio con la presenza di più parti;
CC successivo, se alle parti originarie se ne aggiungono altre nel corso del processo.
CC Il litisconsorzio necessario ricorre quando, per la particolare natura del rapporto giuridico dedotto in giudizio, la decisione non può conseguire il proprio scopo se non è resa nei confronti di una pluralità di parti. Esempio: la domanda proposta per la demolizione di un manufatto costruito in violazione delle distanze
legali comporta la necessità del litisconsorzio dal lato passivo quando l’immobile da demolire è oggetto di comproprietà.
CC Il litisconsorzio necessario è il riflesso processuale dell’inscindibilità della
situazione controversa facente capo a più persone le quali, proprio per l’indissolubile legame giuridico che le unisce, devono necessariamente agire o essere convenute nel medesimo processo.
CC L’accertamento relativo alla sussistenza o meno di una situazione di litisconsorzio necessario va effettuata sulla base della domanda, poiché è questa che fissa e delimita l’ambito della controversia.
Litisconsorzio CC La non integrità del contraddittorio può
necessario (art.
essere rilevata dal giudice d’ufficio o
102 c.p.c.)
su specifica eccezione di parte. La parte che eccepisce l’omessa integrazione
del contraddittorio ha l’onere di indicare:
•la
parte pretermessa, provandone
l’esistenza;
•i
presupposti di fatto che rendono
necessaria l’integrazione.
CC Il giudice, qualora accerti la mancata partecipazione di uno o più litisconsorti necessari, deve disporre, con ordinanza, l’integrazione del contraddittorio nei loro
confronti, da effettuare entro un termine perentorio da lui stabilito. L’ordine di integrazione può essere emesso non solo all’udienza di comparizione-trattazione ex
art. 183, co. 1, c.p.c., ma anche nel corso del giudizio, e quindi anche quando la
non integrità del contraddittorio venga sollevata in sede di decisione della causa.
CC Sia nel caso in cui l’ordine di integrazione non venga eseguito, sia nel caso in cui
venga eseguito ma non nel rispetto del termine, il giudice dichiara l’estinzione
del processo ex art. 307, co. 3, c.p.c., senza alcuna possibilità di riassunzione.
✃
CC La sentenza resa senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è priva di effetti anche tra le parti tra le quali è stata pronunciata (inutiliter data).
Pluralità di parti: litisconsorzio e intervento • 61
CC Il litisconsorzio è facoltativo quando, per ragioni di economia processuale, la
legge consente, senza imporlo, che più soggetti agiscano o siano convenuti nello stesso processo. Esempio: in caso di responsabilità dell’appaltatore e del progettista sussiste un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo, poiché la condanna al risarcimento dei danni patiti dal committente può essere pronunciata autonomamente nei confronti di ciascuno di essi, salva la possibilità di accertare in altro
giudizio la concorrente responsabilità degli altri.
•tra le cause che si propongono esiste conLitisconsorzio
facoltativo (art. CC Più parti possono agire o esse103 c.p.c.)
re convenute nello stesso processo quando:
nessione per l’oggetto o per il titolo dal
quale dipendono (ad es., la proposizione della domanda di risarcimento da parte di più
danneggiati nei confronti dell’unico danneggiante, oppure le azioni contro il debitore
principale e il fideiussore);
•la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla soluzione di identiche questioni.
CC Le cause cumulate restano distinte e autonome.
CC La mancanza di connessione tra le domande non comporta l’inammissibilità
delle stesse ma solo la necessità di una distinta pronuncia sul merito su ciascuna di esse.
2 L’intervento (artt. 105-107 c.p.c.)
CC L’intervento è il fenomeno per il quale un soggetto entra in un processo già
pendente tra altre parti, spontaneamente o a seguito della chiamata di una
delle parti o del giudice.
Nozione
•è uno dei modi con cui si attua il litisconsorCC L’intervento:
zio facoltativo successivo;
• fa acquisire al terzo interveniente la qualità di
parte.
•quello volontario (art. 105 c.p.c.), che impliCC L’ordinamento disciplina due tipologie di intervento:
Tipi
ca l’ingresso spontaneo di un soggetto in un
processo già pendente;
•quello coatto, in cui l’intervento è invece provocato dalla istanza delle parti (art. 106
c.p.c.) o dalla determinazione del giudice (art.
107 c.p.c.).
Osservazioni
L’intervento è escluso nel giudizio di cassazione.
È dubbia l’ammissibilità dell’istituto in esame nei procedimenti in camera di consiglio e cautelari, stanti le ragioni di celerità e sommarietà che caratterizzano questi giudizi.
62 • Capitolo 7
CC È l’intervento effettuato spontaneamente dal terzo.
CC Sono individuabili tre tipologie
di intervento volontario, a seconda della situazione giuridica fatta valere dal terzo:
•intervento principale (o autonomo);
•intervento adesivo autonomo (o litisconsortile)
•intervento adesivo dipendente.
CC Ai sensi dell’art. 268 c.p.c., l’intervento può aver luogo fino alla precisazione delle conclusioni.
Intervento volontario
(art. 105 c.p.c.)
CC L’art. 268, co. 2, c.p.c. stabilisce che il terzo non può compiere atti che
al momento sono preclusi alle altre parti. Ciò comporta una grave limitazione dei suoi poteri. È stata, quindi, proposta una lettura restrittiva in
base alla quale con il termine «atti» di cui all’art. 268 c.p.c. il legislatore ha
inteso riferirsi unicamente all’attività istruttoria (raccolta delle prove),
mentre può senz’altro proporre domande nuove autonome, perché se
così non fosse si vanificherebbe qualsiasi utilità processuale all’istituto
(Cass. 25364/2008). Pertanto, chi interviene volontariamente in un processo già pendente può formulare domande nei confronti delle altre parti
anche se per le parti originarie sono scaduti i termini di cui all’art. 183 c.p.c.
per la proposizione di domande nuove.
CC L’intervento si propone mediante una comparsa di costituzione (art. 267
c.p.c.), che deve contenere la domanda proposta nei confronti delle parti già
in causa e l’esposizione della situazione che legittima il terzo all’intervento.
CC L’intervento principale è l’istituto processuale con cui il terzo fa il proprio
ingresso nel giudizio per far valere un proprio dirittonei confronti di tutte le
parti (art. 105, co. 1, c.p.c.).
CC Il diritto del terzo deve essere:
•relativo all’oggetto della causa, oppure
•dipendente dal titolo già dedotto nel
processo.
CC Il terzo che effettua un intervento principale esercita un’azione autonoma rispetto a quelle delle altre parti.
Intervento principale
(o autonomo)
CC Attraverso l’intervento principale si verifica un allargamento dell’oggetto del processo.
CC La situazione che legittima l’intervento principale del terzo è data dalla
connessione oggettiva della domanda introdotta dall’interveniente con
quelle già proposte nel processo dalle parti originarie.
CC La connessione sussistente tra il diritto azionato dal terzo e quelli esercitati dalle altre parti riguarda, di solito, l’oggetto, mentre non ci può essere connessione per il titolo, ossia per la causa petendi, perché i diritti
sono fondati su titoli diversi.
CC L’intervento principale è un mezzo di tutela facoltativo, poiché il terzo
che non lo effettua rimane estraneo agli effetti della sentenza pronunciata tra le altre parti e può sempre fare valere la propria pretesa in un autonomo giudizio.
✃
Intervento litisconsortile (o adesivo autonomo)
CC È l’intervento del terzo che fa valere, nei confronti di una o di alcune parti originarie, un diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto
nel processo medesimo.
Pluralità di parti: litisconsorzio e intervento • 63
CC La ratio di questo tipo di intervento risiede nell’esigenza di evitare un possibile contrasto di giudicati e nel principio di economia processuale.
Intervento litisconsortile (o adesivo autonomo)
CC Il terzo fa valere un diritto incompatibile con la posizione di una o di
alcune delle parti originarie, per cui all’accoglimento della domanda proposta dal terzo corrisponde necessariamente la soccombenza di quelle.
CC Anche questo tipo di intervento attribuisce al terzo la qualità di parte unitamente a tutti i poteri connessi a tale posizione.
CC Attraverso l’intervento adesivo autonomo il terzo propone una domanda
che si affianca a quella già proposta dall’attore o dal convenuto che abbia proposto domanda riconvenzionale.
CC È l’ingresso in causa di un
terzo per sostenere le ragioni di una parte (c.d.
parte adiuvata), quando ha
interesse alla vittoria di
quest’ultima in quanto è titolare di una situazione dipendente dal rapporto
principale oggetto della lite,
suscettibile di subire un
pregiudizio in caso di soccombenza della parte adiuvata. Esempi:
Intervento adesivo
dipendente
•i nonni possono intervenire nel giudizio di
separazione dei coniugi a tutela del diritto
della prole minorenne alla conservazione
dei rapporti con le famiglie d’origine di entrambi i genitori (App. Perugia 27/9/2007);
•il subconduttore può intervenire nel giudizio di convalida di sfratto intimato al conduttore principale, a sostegno della posizione di quest’ultimo, per evitare che dalla
risoluzione del contratto di locazione principale discenda anche la risoluzione di
quello di sublocazione.
CC Il terzo non esercita un’azione propria, ma si limita a chiedere l’accoglimento della domanda già proposta da una delle parti originarie.
CC Il terzo interveniente adesivo ha interesse.
• acquista la qualità di parte, ma i suoi poteri
sono limitati dall’ambito delle domande e delle eccezioni già svolte dalla parte adiuvata;
CC Il terzo interveniente adesivo dipendente:
•non può compiere atti di disposizione del
diritto né atti di impulso per far proseguire
il processo in caso di rinuncia delle parti
principali;
•ha pieni poteri istruttori;
•non può impugnare la sentenza.
Intervento a istanza
di parte o «coatto»
(art. 106 c p.c.)
64 • Capitolo 7
CC L’intervento, oltre a essere frutto di una scelta volontaria del terzo, può essere suscitato da un’istanza effettuata da una delle parti già in causa. In
questo senso è anche definito intervento «coatto», con la precisazione
che il terzo chiamato non può essere obbligato a una partecipazione
attiva al processo pendente, in quanto nessuno può essere costretto a
proporre delle domande e, dunque, può sempre decidere di non partecipare attivamente al processo.
CC Normalmente, è il convenuto a chiamare in causa il terzo. L’attore può
chiamare un terzo soltanto se il suo interesse alla chiamata non sia originario, bensì conseguente alle difese del convenuto; in tal caso, l’attore
deve ottenere dal giudice un’apposita autorizzazione a chiamare in causa un terzo.
CC I poteri del terzo chiamato sono quelli che egli avrebbe avuto se avesse effettuato l’intervento spontaneamente.
CC La situazione più frequente di intervento su istanza di parte riguarda i terzi che avrebbero potuto promuovere un intervento volontario (art. 105
c.p.c.), ma che, per varie ragioni, ancora non lo hanno fatto e vengono
chiamati da una delle parti.
✃
Intervento a istanza
di parte o «coatto»
(art. 106 c p.c.)
CC L’altra ipotesi in cui è consentito l’intervento coatto a istanza di parte è la
chiamata in garanzia, ossia la chiamata in giudizio del terzo dal quale
una delle parti pretende di essere garantita. La chiamata in causa del terzo può essere compiuta affinché questi risponda al posto del convenuto,
oppure sia condannato a rispondere di quanto il convenuto sarà eventualmente tenuto a pagare all’attore. La chiamata in garanzia non produce alcuna variazione della competenza (art. 32 c.p.c.), che resta in capo al giudice investito della causa principale anche quando, sommando i valori delle domande, si travalichino i limiti della competenza per valore. Tuttavia,
se la domanda di garanzia è proposta davanti al giudice di pace e viene
superata la competenza per valore, il giudice di pace dovrà rimettere entrambe le cause al giudice superiore.
Pluralità di parti: litisconsorzio e intervento • 65
Capitolo
8
Gli atti del processo
1 L’atto processuale
CC Gli atti processuali sono quegli atti che svolgono un ruolo nella dinamica
del processo. La «processualità» non dipende, pertanto, dal fatto che si tratta di atti compiuti nel processo, ma dalla circostanza che si inseriscono nell’iter
processuale.
Caratteristiche
CC L’atto processuale consente al processo di procedere fino al provvedimento
finale.
CC Ogni atto è potenzialmente in grado di influire sul convincimento finale del
giudice, orientando la decisione della controversia in un senso piuttosto che
in un altro.
•in grado di produrre conseguenze sul processo, e
dunque di orientarne lo svolgimento (requisito oggettivo);
Requisiti
CC L’atto processuale
è l’atto:
CC Gli elementi che
contraddistinguono un atto processuale sono:
•proveniente dalle parti, dal giudice, dagli uffici giudiziari o da un ausiliario di giustizia (requisito soggettivo). Pertanto, non sono atti processuali gli atti compiuti dalle parti al di fuori del processo, anche se sono
destinati ad esercitare sullo stesso un certo effetto, né
gli atti compiuti da persone estranee al procedimento.
•il contenuto, che esprime la volontà della parte che
compie l’atto;
• la forma, ossia la manifestazione esteriore della volontà
del soggetto, il suo manifestarsi in un comportamento
esteriore oggettivamente individuabile e apprezzabile.
CC Obbligatorietà e strumentalità delle forme: l’ordinamento prevede, per la
maggior parte degli atti, una forma determinata, indicando con precisione il
contenuto.
Forma e contenuto
CC L’obbligatorietà delle forme legali, prevista per numerosi atti processuali,
comporta la portata marginale del principio di libertà delle forme, in base
al quale «gli atti del processo possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo» (art. 121 c.p.c.).
CC La forma, dunque, non è fine a se stessa, ma è uno strumento indispensabile per consentire all’atto di raggiungere il suo scopo.
•deve essere utilizzata per individuare una forma che
CC La libertà delle forme non è assoluta, poiché:
consenta all’atto di raggiungere lo scopo previsto
dall’ordinamento;
•deve ispirarsi alle regole che disciplinano fattispecie
✃
analoghe e ai principi generali dell’ordinamento.
Gli atti del processo • 67
CC Ai sensi dell’art. 156 c.p.c., quando l’atto è stato compiuto senza il rispetto della
forma prescritta dalla legge, non può essere pronunciata la nullità se l’atto ha raggiunto il suo scopo.
CC Lo scopo dell’atto non è quello che si prefigge soggettivamente il suo autore, ma
quello che ad esso assegna la legge processuale, la «funzione astratta e obiettiva dell’atto nel processo» (Mandrioli).
Il principio di CC Si tratta di definire la finalità della norma che prevede e regola l’atto. Nella
strumentalità
definizione dello scopo dell’atto non ci si può limitare ad osservare il singolo atto,
delle forme
ma occorre allargare la prospettiva al procedimento in cui esso si inserisce.
Spesso determinati requisiti di contenuto dell’atto sono stabiliti dalla legge in relazione alle attività successive degli altri soggetti del processo cui l’atto è diretto.
CC La difformità di un determinato atto rispetto al suo modello legale non comporta
la nullità dell’atto quando si tratti di semplici irregolarità, ossia di difformità relative a requisiti non indispensabili al raggiungimento dello scopo.
CC Ai sensi dell’art. 131 c.p.c., i provvedimenti del giudice hanno sempre la forma della sentenza, dell’ordinanza o del decreto, secondo quanto prescrivono
le disposizioni di legge, salvo, in mancanza delle stesse, l’utilizzo della forma più
idonea al raggiungimento dello scopo. Ad es., il rinvio dell’udienza disposto
d’ufficio dal giudice non è soggetto all’obbligo della comunicazione formale e
può avvenire mediante l’utilizzo di un qualsiasi modo, purché sia idoneo a portare il fatto a conoscenza delle parti (è legittima, a questo fine, la comunicazione
del rinvio dell’udienza mediante un avviso affisso nella sala di udienza o in cancelleria: Cass. 9736/1992).
Provvedimenti del giudice
CC La forma della sentenza è prevista dal legislatore per i provvedimenti che assolvono la tipica funzione decisoria del giudizio.
CC Le forme dell’ordinanza e del decreto, invece, sono previste per i provvedimenti con i quali il giudice regola l’andamento del processo (funzione ordinatoria del processo):
•l’ordinanza è prevista quando il provvedimento presuppone lo svolgimento di
un contraddittorio tra le parti;
•il decreto viene emanato in assenza di
contraddittorio.
CC A norma dell’art. 111, co. 6, Cost., «tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati».
CC I provvedimenti del giudice devono sempre essere redatti in lingua italiana, anche nelle regioni nelle quali è ammesso l’uso ufficiale di altra lingua, come il francese in Val d’Aosta, dove peraltro è concessa la traduzione in lingua tedesca.
Atti di parte
CC Salvo che la legge disponga altrimenti, gli atti processuali delle parti (atto
di citazione, ricorso, comparsa di costituzione e risposta, controricorso,
precetto ecc.) devono indicare (art.
125 c.p.c.):
•l’ufficio giudiziario;
•le parti;
•l’oggetto;
•le ragioni della domanda;
•le conclusioni o l’istanza.
CC I requisiti suindicati non sono richiesti per gli atti successivi all’instaurazione
del giudizio (memorie difensive, note scritte ecc.), e anche l’assenza della sottoscrizione è valutata soltanto come mera dimenticanza, inidonea a determinare
la nullità dell’atto.
68 • Capitolo 8
Atti di parte
CC L’originale e le copie da notificare devono essere sottoscritti dalla parte, se sta
in giudizio personalmente, oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax (art.
125 c.p.c., come modificato ex D.L. 138/2011, conv. in L. 148/2011).
CC La procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla
notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata.
Osservazioni
La mancanza della procura alle liti conferita al difensore prima della costituzione in giudizio produce, ai sensi degli artt. 125, n. 2, e 156, co. 2, c.p.c., una nullità insanabile all’interno del processo, con conseguente inammissibilità della domanda.
Nei procedimenti che iniziano con ricorso, la costituzione in giudizio coincide con il deposito del
ricorso, sicché già in tale momento il difensore deve essere munito di una valida procura; risulta,
pertanto, affetto da nullità il ricorso sottoscritto da un difensore sfornito di valido mandato, né il vizio è sanato per effetto del rilascio della procura successivamente al deposito del ricorso.
Schema n. 7
Atti delle parti private
SOGGETTO
TIPO DI ATTO
SCOPO
Attore
Citazione
(art. 163)
Atto con cui l’attore chiama in giudizio un’altra parte affinché
il giudice decida, proponendo la domanda giudiziale nel processo di cognizione di 1° grado: a questo fine è atto sempre
necessario, salvo le eccezioni di legge (art. 316). Può, però,
trovare luogo anche all’infuori del processo di 1° grado, come,
per esempio, per proporre appello in via principale (art. 342),
per la revocazione (art. 398) e l’opposizione di terzo (art.
405). La citazione è atto scritto, autografo, di parte, unilaterale, recettizio. Essa non trova luogo nel processo di esecuzione, a meno che non si proponga opposizione (art. 615).
Attore - Convenuto
Comparsa
(art. 125)
È un atto scritto con cui la parte o il suo procuratore espongono in precise proposizioni, che prendono il nome di conclusioni, i provvedimenti che domandano al tribunale, indicando il fondamento in fatto e in diritto delle loro domande
(c.d. motivazione). La prima comparsa, che deve comunicare il convenuto nel processo di cognizione, si chiama comparsa di risposta; quelle che vengono depositate, sia
dall’attore che dal convenuto, prima della decisione della
causa sono dette comparse conclusionali.
Attore
Ricorso
(art. 125)
È l’atto scritto rivolto al giudice, tendente ad ottenere un
provvedimento in forma normalmente di decreto, emesso
di solito senza contraddittorio: ottenuto il provvedimento, si
procede alla notifica alla parte del ricorso e del decreto. È
regolato da norme particolari per ogni tipo di processo: es.
controversie in materia di lavoro, procedimento d’ingiunzione, sequestro, separazione ecc.
✃
(Segue)
Gli atti del processo • 69
SOGGETTO
TIPO DI ATTO
SCOPO
Attore
Ricorso
(art. 125)
In alcuni procedimenti svolge il normale ruolo introduttivo,
per esempio, nell’ipotesi di ricorso in Cassazione nel qual
caso va prima notificato all’altra parte e poi depositato (proprio come una citazione).
Una forma particolare di ricorso è la nota di iscrizione a
ruolo, atto scritto di impulso processuale, consistente in una
istanza da presentare al Cancelliere tutte le volte in cui una
causa debba essere portata in udienza, ed in particolare
all’atto della costituzione in giudizio.
Convenuto
Controricorso
(art. 370)
È un atto scritto diretto al giudice della Cassazione per contrastare la richiesta di un determinato provvedimento formulata dalla controparte. Va notificato all’altra parte, al pari del
ricorso.
Attore - Convenuto
Precetto
(art. 480)
È l’atto che preannuncia il processo di esecuzione: assume
la forma di intimazione, diretta all’obbligato, di adempiere
l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro il termine, non
minore di 10 giorni, con l’avvertimento che in mancanza si
procederà ad esecuzione forzata (art. 480).
Schema n. 8
Provvedimenti del giudice
Tipo
Definizione
Contenuto
Sentenza
(art. 132)
È l’atto giurisdizionale per eccellenza che decide il merito:
— (se definitiva) di tutta la causa definendo così il giudizio;
— (se non definitiva) di varie questioni preliminari o pregiudiziali senza definire il giudizio.
Decisorio
(risolve un conflitto
accertando l’esistenza o inesistenza di un diritto)
Ordinanza
(art. 134)
È un provvedimento che ri regola è usato per lo svolgimento
del processo. Essa è diretta a risolvere le questioni che possono sorgere tra le parti, in ordine all’iter del procedimento.
Può essere pronunciata in udienza e fuori udienza.
Normalmente è revocabile e impugnabile.
Ordinatorio
(regola l’iter del processo risolvendo le
questioni che possono insorgere tra
le parti)
Decreto
(art. 135)
È un provvedimento che normalmente assolve un’attività pre- A volte ordinatorio e
paratoria del processo o di vari atti del processo. Non pre- senza motivazione
supponendo l’insorgere di questioni, di solito è reso senza
contraddittorio tra le parti. È pronunciato d’ufficio o su istanza, (anche verbale) di parte.
Non è impugnabile né revocabile.
Nozione
70 • 2 L’udienza
CC L’udienza è il luogo nel quale le parti si incontrano per esercitare l’attività
processuale, in modo formale e trasparente, nel rispetto dei principi del contraddittorio.
Capitolo 8
CC L’udienza si svolge nelle aule o nell’ufficio del singolo magistrato collocate all’interno del Palazzo di Giustizia, davanti al giudice, tra le parti ed eventualmente i
terzi chiamati a rendere dichiarazioni, in giorni prefissati secondo un calendario.
CC L’art. 80 disp. att. c.p.c. stabilisce che il Presidente del Tribunale indica i giorni
della settimana e le ore in cui i giudici tengono udienza. Il decreto resta affisso
nelle stanze d’udienza.
Luoghi e tempi
CC Il calendario delle udienze successive è fissato nel rispetto del principio di ragionevole durata del processo (art. 81bis disp. att. c.p.c., come modificato ex
D.L. 138/2011, conv. in L. 148/2001).
CC Il luogo dove si tiene l’udienza costituisce un requisito formale dell’atto, in mancanza del quale l’attività svolta risulta affetta da nullità. Questo principio può subire delle eccezioni previste dalla legge ove, per ragioni di opportunità e necessità, risulta necessario che il relativo svolgimento si collochi al di fuori del Palazzo di Giustizia. I casi in cui l’attività processuale può svolgersi al di fuori dell’udienza sono tassativamente disciplinati dal codice di procedura civile e ne costituiscono un esempio di frequente applicazione l’ispezione (art. 259 c.p.c.) e l’assunzione dei mezzi di prova al di fuori della circoscrizione del tribunale (art. 203 c.p.c.).
CC Anticipazione dell’udienza: se una parte deposita un’istanza di anticipazione
d’udienza qualora ritenga la necessità che, per ragioni d’urgenza, il giudice conosca in tempi rapidi della controversia.
Anticipazione
CC Nell’ipotesi in cui, a seguito di istanza di parte, il giudice emetta decreto di anticipazione dell’udienza di discussione e tale provvedimento non sia stato comunicato a tutte le parti del giudizio, l’eventuale sentenza emessa a seguito dell’udienza parimenti svoltasi, deve considerarsi nulla, per violazione del contraddittorio.
CC Le udienze si distinguono a seconda dell’attività che vi si svolge:
Tipologie
•udienze istruttorie, dove avvengono la trattazione e l’istruzione in senso stretto;
•udienze di discussione della causa.
CC Con riferimento alla fase decisoria della causa, l’udienza di discussione, sia nell’ipotesi in cui si svolga avanti il giudice monocratico sia avanti il collegio, ha luogo
solo se espressamente richiesta almeno da una parte. Può essere rinviata dal
giudice solo una volta e solo in presenza di un grave impedimento del Tribunale
ovvero delle parti.
CC Il potere di direzione d’udienza si colloca nel potere di direzione del processo, disciplinato all’art. 175 c.p.c.
Poteri direttivi
del giudice
CC Il giudice che dirige l’udienza dispone di delicati poteri di coordinamento dell’udienza, al fine di garantire una trattazione ordinata e proficua della causa, predeterminando i punti in ordine ai quali la discussione si deve svolgere e dichiarandola
chiusa quando sia ritenuta matura per la decisione.
CC Il potere di direzione dell’udienza e l’assunzione dei mezzi di prova costituiscono
attività dei giudici caratterizzate da un’ampia sfera di discrezionalità.
✃
CC Il giudice non può ricevere informazioni private sulle cause pendenti davanti
a sé, né può ricevere memorie se non per mezzo della cancelleria (art. 97 disp.
att. c.p.c.). Tale norma intende evitare che il giudice sia condizionato da pressioni e contatti.
Gli atti del processo • 71
3I termini per il compimento degli atti processuali
CC I termini sono periodi di tempo che la legge stabilisce per il valido compimento degli atti del processo.
Generalità
CC Nel disporre per ciascun atto un periodo di tempo il legislatore si ispira a criteri
di opportunità che mirano a influire sulla maggiore o minore rapidità dello svolgimento del processo, poiché se stabilisce che un atto deve essere compiuto entro un certo termine, è chiaro che il legislatore tende ad accelerare il cammino
del processo, mentre se stabilisce che un determinato atto va compiuto dopo e
non prima di un certo termine, il legislatore tende a ritardare il cammino processuale (Mandrioli).
CC Tutti i termini processuali subiscono una sospensione di diritto dal 1° agosto
al 15 settembre di ciascun anno (c.d. sospensione feriale dei termini). Se il decorso ha inizio durante il periodo di sospensione, tale inizio è differito alla fine di
detto periodo (art. 1, L. 742/1969).
CC Termini acceleratori (ad es., i termini per proporre le impugnazioni).
CC Termini dilatori (ad es., il termine a comparire, di cui all’art. 163bis c.p.c. e il termine per proporre l’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati di cui
all’art. 501 c.p.c.).
CC L’art. 152, co. 1, c.p.c. distingue tra termini stabiliti dalla legge e termini stabiliti dal giudice, precisando che questi ultimi possono essere stabiliti solo quando la legge lo consente.
•termini perentori, la cui decorrenza dà luogo autoTipologie
CC Con riguardo ai termini
stabiliti dalla legge introduce la distinzione, fondata sulle conseguenze
dell’inosservanza, tra:
maticamente alla decadenza dal potere di compiere
l’atto, i quali pertanto non possono essere abbreviati o prorogati nemmeno con l’accordo delle parti (art.
153 c.p.c.). Un termine perentorio fissato dalla legge è il termine per impugnare le sentenze (art. 325
c.p.c.), mentre un termine perentorio fissato dal giudice è il termine per l’integrazione del contraddittorio (art. 102 c.p.c.);
•termini ordinatori, la cui inosservanza comporta la
decadenza della parte dal potere di compiere l’atto
soltanto dopo una valutazione discrezionale del giudice. I termini ordinatori possono essere abbreviati o
prorogati dal giudice prima della loro scadenza.
CC Se si tratta di termini a mesi o ad anni, va osservato il calendario comune (art.
155, co. 2, c.p.c.). Il termine di un anno da una certa data scade con lo spirare
dell’ultimo istante del giorno, del mese e dell’anno corrispondente a quello del
giorno, del mese e dell’anno in cui si è verificato il fatto iniziale.
Calcolo dei termini
72 • CC Qualora si tratti di termini a giorni o ad ore, non si computa il termine iniziale
ma si computa il termine finale (art. 155, co. 1, c.p.c.). Non si tiene conto del fatto che uno o più giorni compresi nel termine sono festivi, salvo che sia festivo il
giorno di scadenza, nel qual caso la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo (art. 155, co. 3 e 4, c.p.c.). Questa regola è applicabile
anche ai termini di decadenza (Cass. 15832/2004). Non festiva è la giornata del
sabato. I termini che scadono in tale giornata sono prorogati al primo giorno seguente non festivo (art. 155, co. 5 e 6, c.p.c.).
Capitolo 8
Calcolo dei termini
CC Se si tratta di termini che si computano a ritroso (ad es., il termine di costituzione del convenuto, che deve avvenire almeno venti giorni prima della prima
udienza) e la scadenza capita in un giorno festivo, il termine è anticipato al giorno precedente non festivo.
CC Talora la legge indica il termine riferendosi a un certo numero di giorni liberi (ad
es., il termine di comparizione di cui all’art. 163 bis c.p.c.): in tal caso, il numero
di giorni deve escludere il giorno iniziale e il giorno finale.
CC Il mancato compimento dell’atto nel termine finale previsto dalla legge comporta la decadenza dal potere di compiere quell’atto.
La rimessione
in termini
CC La decadenza
si verifica:
•automaticamente, se il termine non osservato è perentorio;
•previa valutazione del giudice, se il termine è ordinatorio.
CC La decadenza, normalmente, produce effetti irreversibili, salva la possibilità
della rimessione in termini, prevista dall’art. 153 c.p.c. come rimedio di carattere generale tutte le volte in cui la parte dimostri «di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile».
4 Comunicazioni e notificazioni
CC La comunicazione è l’atto con il quale il cancelliere informa le parti o altri soggetti che operano nel processo (pubblico ministero, consulente tecnico o altri ausiliari, testimoni) che si sono verificati determinati fatti rilevanti per il processo, tra
i quali, in primo luogo, la pronuncia dei provvedimenti del giudice.
CC La comunicazione avviene a mezzo di biglietto di cancelleria, in carta non bollata, che si compone di due parti: una è consegnata al destinatario e l’altra è conservata nel fascicolo d’ufficio (art. 45 disp. att. c.p.c.).
CC Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta,
o è consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica.
Comunicazioni
(art. 136 c.p.c.) CC Le comunicazioni possono essere eseguite a mezzo telefax o a mezzo posta
elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, riguardante la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi (art. 136, co. 3, c.p.c.). L’esercizio di questa facoltà del cancelliere è condizionato dall’esercizio della facoltà del difensore di indicare, nel primo atto difensivo
utile, il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler
ricevere gli avvisi (artt. 133 e 134 c.p.c.).
CC Tutte le comunicazioni alle parti devono essere effettuate a mezzo telefax o a
mezzo posta elettronica (art. 136, co. 4, c.p.c., inserito ex D.L. 138/2011, conv.
in L. 148/2011).
✃
Notificazioni
(art. 137 c.p.c.)
CC Le notificazioni, quando non è disposto altrimenti, sono eseguite dall’ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere. L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi.
Gli atti del processo • 73
CC Se l’atto da notificare o comunicare è un documento informatico e il destinatario non possiede un indirizzo di posta elettronica certificata, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell’atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all’originale, e conserva il documento
informatico per i due anni successivi. Se richiesto, l’ufficiale giudiziario invia l’atto notificato anche attraverso strumenti telematici all’indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della notifica o dal suo procuratore, ovvero conseNotificazioni
gna ai medesimi, previa esazione dei relativi diritti, copia dell’atto notificato, su
(art. 137 c.p.c.)
supporto informatico non riscrivibile.
CC Se la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, l’ufficiale giudiziario consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in
busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto.
CC
Notificazione
in mani proprie
(art. 138 c.p.c.) CC
Di regola, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna dell’atto al destinatario in persona, ovunque venga trovato dall’ufficiale giudiziario
nell’ambito della circoscrizione dell’ufficio giudiziario a cui è addetto.
Se il destinatario rifiuta di ricevere la copia, l’ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione e la notificazione si considera fatta in mani proprie (art. 138 c.p.c.).
CC Se non è eseguita personalmente nelle mani del destinatario, l’art. 139 c.p.c. dispone che «… la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio». La norma non dispone un ordine tassativo da seguire in
tali ricerche, potendosi scegliere di eseguire la notifica presso la casa di abitazione
o presso la sede dell’impresa o presso l’ufficio, purché si tratti, comunque, di luogo
posto nel Comune in cui il destinatario ha la sua residenza (Cass. 15755/2004).
CC Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o
Notificazione
all’azienda.
nella residenza,
nella dimora o CC In mancanza delle persone suindicate, la copia è consegnata al portiere dello
stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda, e, quando anche il portiere mannel domicilio
ca, a un vicino di casa che accetti di riceverla. Il portiere o il vicino deve sotto(art. 139 c.p.c.)
scrivere una ricevuta, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata (art. 139 c.p.c.). In
caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre
che dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, anche della vana ricerca di altre persone abilitate a ricevere l’atto; pertanto,
è nulla la notifica al portiere quando la relazione non contenga l’attestazione del
mancato rinvenimento delle persone, indicate ex art. 139 c.p.c.; inoltre, l’omessa spedizione della raccomandata determina la nullità della notifica nei riguardi
del destinatario (Cass. 7667/2009).
CC Se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone suindicate, l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del
Irreperibilità o
comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta
rifiuto di ricechiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatavere la copia
rio, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento (art. 140 c.p.c.).
(art. 140 c.p.c.)
CC La notifica si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata o, comunque, decorsi dieci giorni dalla spedizione (Corte cost. 3/2010).
74 • Capitolo 8
CC Se non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario, l’ufficiale giudiziario esegue la notifica mediante deposito di copia dell’atto nella
Notificazione a
casa comunale dell’ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luopersona di rego di nascita del destinatario
sidenza, dimora e domicilio CC Se non sono noti né il luogo dell’ultima residenza né quello di nascita, l’ufficiale
sconosciuti
giudiziario consegna una copia dell’atto al pubblico ministero. La notificazio(art. 143 c.p.c.)
ne si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte (art. 143 c.p.c.).
CC La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante
consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede o al
portiere dello stabile in cui è la sede.
CC La notificazione può anche essere eseguita, a norma degli artt. 138, 139 e 141
c.p.c., alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora
Notificazione
abituale.
agli enti collettivi
CC La notifica alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non
riconosciute e ai comitati si fa nella sede indicata nell’art. 19, co. 2, c.p.c., ovvero alla persona fisica che rappresenta l’ente, qualora nell’atto da notificare ne sia
indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale.
CC Se la notifica non può essere eseguita nelle modalità suddette, la notificazione
alla persona fisica che rappresenta l’ente può essere eseguita anche a norma
degli artt. 140 o 143 c.p.c.
•il richiedente, che può essere una parte o il suo difenSoggetti
CC I soggetti che vengono in rilievo nella notificazione sono tre:
sore, il P.M. o il cancelliere (art. 137, co. 1, c.p.c.).
L’omessa indicazione della parte istante o la sua indicazione in modo generico (ad es., «come in atti») dà
luogo a nullità solo quando non sia desumibile dal contesto dell’atto;
•l’ufficiale giudiziario che effettua la notifica;
•il destinatario.
Relazione di
notifica
CC La relazione dell’ufficiale giudiziario (c.d. relata di notifica) è il verbale contenente la descrizione delle attività compiute dall’ufficiale giudiziario, e costituisce un atto pubblico. Pertanto, fa fede fino a querela di falso delle attività
svolte dall’ufficiale, della constatazione dei fatti avvenuti in sua presenza e della conformità della copia all’originale (Cass. 224/1994), ma non della veridicità
delle dichiarazioni a lui effettuate (Cass. 5305/1999).
Osservazioni
✃
In tema di notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento, se il difensore trasferisce lo
studio professionale a un indirizzo diverso da quello risultante dagli atti del processo, egli ha
l’onere di comunicare alla cancelleria, con mezzi idonei e tempestivi, la relativa variazione,
per conferire a essa rilevanza giuridica ai fini delle comunicazioni e delle notificazioni di pertinenza della cancelleria medesima; in mancanza, comunicazioni e notificazioni possono eseguirsi e
perfezionarsi nel luogo risultante dagli atti del processo, senza che la cancelleria sia tenuta ad
accertare se siano eventualmente intervenuti mutamenti di indirizzo (Cass. 5079/2010).
Gli atti del processo • 75
Schema n. 9
Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia (art. 140 c.p.c.)
Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia
(art. 140 c.p.c.)
Se non è possibile eseguire la notifica per:
— irreperibilità temporanea del destinatario della notifica o delle altre persone legittimate a riceverla;
— rifiuto o incapacità di ricevere l’atto
da parte delle persone, diverse dal destinatario, legittimate a riceverlo
La Corte costituzionale, con sent. 14-12010, n. 3, ha affermato che la notifica per
irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia si
perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata informativa
o, comunque, con il decorso del termine
di dieci giorni dalla spedizione
l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notifica deve
eseguirsi
affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o
dell’ufficio o dell’azienda del destinatario
gliene dà notizia per raccomandata con
avviso di ricevimento
4.1 • La facoltà di notificazione per gli avvocati
CC La notificazione è, di regola,
un atto dell’ufficiale giudiziario. Tuttavia, la L. 53/1994
consente, in presenza di particolari condizioni, che la notificazione sia effettuata dal
difensore munito di delega.
Generalità
In particolare, l’avvocato può
effettuare le notificazioni:
•senza
limiti di competenza territoriale (Cass.
1938/2000);
•a mezzo del servizio postale (artt. 1, 2, 3) oppure personalmente al destinatario che sia un avvocato iscritto allo stesso albo (artt. 4, 5, 6).
CC Se è effettuata in mancanza dei requisiti previsti dalla legge (autorizzazione del Consiglio dell’ordine degli avvocati e conservazione in un apposito registro cronologico),
la notifica è nulla ed è sanabile con il raggiungimento dello scopo (Cass. S.U.
1242/2000).
76 • Capitolo 8
CC Per il combinato disposto degli artt. 106 e 107, co. 2, D.P.R. 1229/1959, la potestà
notificatoria spetta, in via concorrente, all’ufficiale giudiziario del luogo dove deve essere eseguita la notificazione e a quello addetto all’ufficio giudiziario competente a
conoscere la causa alla quale attiene la notificazione. Quest’ultimo può operare anche fuori della circoscrizione territoriale ma solo a mezzo del servizio postale (Cass.
13922/2002).
Generalità
CC Il vizio conseguente all’incompetenza dell’ufficiale giudiziario dà luogo a nullità della notificazione dell’atto, sanabile con la costituzione della parte notificata (Cass.
8625/2004). Il vizio, se non è sanato, si converte in un motivo di impugnazione. Se
però la notificazione è eseguita da chi non è ufficiale giudiziario né un suo aiutante
né un messo di conciliazione, è inesistente.
Osservazioni
La notificazione del ricorso per Cassazione costituisce, a norma dell’art. 107, D.P.R. 1229/1959,
un atto di competenza promiscua, perché la stessa riguarda non solo la città di Roma dove il processo deve essere trattato, ma anche il luogo nel quale la sentenza impugnata è stata pronunciata e il ricorso deve essere notificato; ne consegue che l’incombenza può essere svolta anche dall’ufficiale giudiziario del luogo dove la sentenza impugnata è stata emessa (Cass. S.U. 10969/2001).
4.2 •Scissione del momento perfezionativo della notificazione
CC La notificazione può essere eseguita dall’ufficiale giudiziario personalmente o a mezzo del servizio postale, mediante invio di plico raccomandato con avviso di ricevimento (art. 149 c.p.c.): in questo modo l’ufficiale giudiziario può eseguire le notificazioni
anche al di fuori dell’ambito territoriale di sua competenza. In caso di mancata consegna del plico, sull’avviso di ricevimento deve essere fatta menzione, a pena di inesistenza, delle formalità eseguite e del luogo di affissione dell’avviso di deposito.
CC La Corte costituzionale, con
la sentenza n. 477/2002, nel
dichiarare l’incostituzionalità del combinato disposto
Generalità
dell’art 149 c.p.c. e dell’art.
4, co. 3, L. 890/1982, ha affermato che:
•la notifica a mezzo posta si perfeziona, per il notificante, alla data della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario;
•per il destinatario gli effetti della notifica si verificano solo al momento della consegna a lui dell’atto, sicché l’avviso di ricevimento condiziona la stessa esistenza della notificazione.
CC Dopo l’intervento della Corte costituzionale il legislatore ha modificato l’art. 149 c.p.c.,
aggiungendo un terzo comma secondo cui «la notifica si perfeziona, per il soggetto
notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha legale conoscenza dell’atto».
CC La scissione del momento di efficacia della notifica rispetto al notificante e al notificando riguarda ogni forma di notifica (Corte cost. 3/2010).
Osservazioni
✃
La regola secondo la quale il termine per la notifica è rispettato dal notificante con la consegna
dell’atto all’ufficiale giudiziario (sempre che la notifica avvenga poi validamente) va applicata indipendentemente dalle obiettive possibilità di perfezionamento della notifica entro il termine (si
pensi, ad es., alla consegna del plico all’ufficiale giudiziario alla vigilia della scadenza del termine,
nella consapevolezza dell’obiettiva impossibilità del perfezionamento della notifica nel termine).
Gli atti del processo • 77
Schema n. 10
Notifica a mezzo del servizio postale (art. 149 c.p.c.)
A seguito della sentenza n. 477/2002 della Corte costituzionale
la notifica a mezzo posta deve ritenersi tempestiva
per il notificante, con la consegna dell’atto
da notificare all’ufficiale giudiziario
per il destinatario, alla data di ricezione
dell’atto attestata dall’avviso di ricevimento
del plico postale che lo contiene
tale regola trova applicazione nell’ipotesi in cui la
notifica a mezzo posta venga eseguita dall’ufficiale giudiziario o dal difensore della parte ai sensi
dell’art. 1 L. 53/1994
5 La trasmissione a distanza degli atti
CC La L. 183/1993 ha attribuito al difensore la facoltà per la quale, in caso di trasmissione con determinate modalità, da parte sua ad altro difensore di atti o provvedimenti
del processo (o anche di altro processo) a mezzo fax, la copia fotoriprodotta è considerata conforme all’atto trasmesso.
Generalità
CC Il requisito essenziale perché sussista questa particolare efficacia sta nell’essere entrambi i difensori muniti di procura, contenuta nell’atto trasmesso, con sottoscrizione
da essi autenticata.
6 La nullità degli atti processuali
CC La nullità degli atti processuali è prevista dall’art. 156 c.p.c. per vizi di forma, ossia
relativi alle modalità di manifestazione degli atti stessi.
Cause
78 • CC Il riferimento della legge ai requisiti formali va inteso come esclusione dei requisiti non
formali dalla disciplina generale delle nullità.
CC Accanto ai requisiti di forma, infatti, vi sono requisiti non formali, che non riguardano
le modalità di manifestazione degli atti: si pensi, ad es., alla competenza del giudice,
alla capacità processuale, alla legittimazione processuale, alle condizioni dell’azione
ecc.
Capitolo 8
CC L’art. 156 c.p.c. disciplina i vizi di nullità degli atti processuali secondo un criterio derivante dal principio di strumentalità delle forme (artt. 121 e 131 c.p.c.), in base al
quale la forma di ciascun atto è strettamente legata alla funzione dell’atto stesso, nel
senso che i requisiti formali ai quali la legge attribuisce rilievo determinante sono soltanto quelli necessari per il conseguimento dello scopo dei singoli atti (Mandrioli).
CC L’art. 156, co. 2, c.p.c. stabilisce che la nullità può essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.
Lo scopo non è l’obiettivo contingente e concreto perseguito dall’autore dell’atto, ma
il fine che l’atto è destinato a realizzare secondo la norma che lo disciplina.
CC In alcuni casi la legge prevede espressamente i requisiti che devono sussistere per
evitare la nullità dell’atto (art. 156, co. 1, c.p.c.). Il legislatore, nel prevedere espresRilevanza
samente la nullità per mancanza di un requisito, ha già compiuto, una volta per tutte,
della nulliquella valutazione di indispensabilità del requisito per il raggiungimento dello scopo
tà (art. 156
dell’atto che, negli altri casi, è affidato al giudice.
c.p.c.)
CC Il comma 3 dell’art. 156 c.p.c. prevede che la nullità non può essere pronunciata
se l’atto ha raggiunto lo scopo al quale è destinato. Questa disposizione comporta che, pur sussistendo un vizio di nullità secondo quanto previsto dai commi 1 e 2
dell’art. 156 c.p.c., tuttavia tale vizio non comporta la nullità dell’atto se l’atto stesso ha
raggiunto il suo scopo nonostante il vizio di nullità. Esempio: se un atto di citazione
manca, nella copia notificata, dell’indicazione della data della prima udienza, non è
idoneo a dare vita al contraddittorio, finalità principale dell’atto di citazione, poiché sulla base di quell’atto il convenuto non può sapere quando deve comparire; e infatti, l’art.
164, co. 1, c.p.c. prevede espressamente la nullità per l’atto di citazione privo del suddetto requisito. Tuttavia, se il convenuto assume spontanee informazioni presso la cancelleria e compare all’udienza stabilita, l’atto di citazione, nonostante la sua obiettiva
inidoneità, ha raggiunto il suo scopo e la nullità resta sanata ex art. 156, co. 3, c.p.c.
CC L’art. 157, co. 1, c.p.c. stabilisce che «non può pronunciarsi la nullità senza istanza
di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d’ufficio». In relazione a ciò, se,
seguendo la terminologia di uso più frequente, chiamiamo relative le nullità che possono essere pronunciate soltanto a seguito di istanza di parte, e assolute le nullità
che possono essere pronunciate anche d’ufficio, possiamo dire che le nullità degli
atti processuali civili sono, di regola, relative, salvo che la legge attribuisca loro
espressamente i caratteri dell’assolutezza.
Nullità assolute e
relative
CC Il legislatore, al fine di evitare le gravi conseguenze della nullità, fa dipendere la pronuncia della nullità da un’iniziativa della parte interessata a far valere il vizio. La
pronuncia d’ufficio della nullità è consentita soltanto nei casi in cui, per l’essenzialità del requisito mancante e per la conseguente gravità del pregiudizio, che investe
non solo interessi di parte ma la stessa regolarità del processo, il legislatore ha espressamente attribuito al giudice il potere di pronunciare d’ufficio la nullità.
CC Con riguardo alle nullità relative, l’art. 157, co. 2, c.p.c. dispone che soltanto la parte
nel cui interesse è stabilito un requisito può denunciare la nullità dell’atto per la mancanza del requisito stesso e deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto viziato o alla notizia di esso; altrimenti, la nullità resta sanata (Cass. 27026/2008).
CC A ulteriore limitazione dell’ambito delle persone
che possono far valere la nullità, il comma 3 aggiunge che la nullità non può essere fatta valere:
•dalla parte che l’ha causata;
•dalla parte che vi ha rinunciato
anche tacitamente.
✃
CC Per le nullità assolute la rilevabilità d’ufficio non tollera limitazioni di ordine temporale, sicché tali nullità sono rilevabili in ogni stato e grado del giudizio; solo eccezionalmente la legge prevede dei limiti di stato o di grado per la loro pronuncia.
Gli atti del processo • 79
CC La sentenza che dichiara la nullità di un atto processuale fa crollare l’intera sequenza degli atti successivi, come una costruzione alla quale vengano sottratte
tutte le fondamenta o una parte di esse crolla per l’intero o per quel settore che
poggia su quelle fondamenta, mentre rimane in piedi quella parte di costruzione
che non poggia su di esse (Mandrioli). Allo stesso modo, la nullità dell’atto A
si estende all’atto successivo B se l’atto A si pone come necessario antecedente dell’atto B, nel senso che l’atto A sia non solo cronologicamente anteriore, ma
anche indispensabile per la realizzazione dell’atto B.
Estensione del- CC Per evitare l’estensione delle conseguenla nullità (art.
ze della nullità al di là del necessario, in
159 c.p.c.)
base al principio di conservazione degli atti processuali (utile per inutile non
vitiatur), l’art. 159, co. 1 e 2, c.p.c., stabilisce che:
•la
nullità di un atto non comporta
quella degli atti successivi che ne
sono indipendenti;
•la nullità di una parte dell’atto non
colpisce le altre parti che ne sono indipendenti;
CC L’art. 159, co. 3, c.p.c. precisa che «se il vizio impedisce un determinato effetto,
l’atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo». Questa disposizione
disciplina il principio di conservazione degli atti processuali, che opera quando l’atto abbia i requisiti di forma e di sostanza dell’atto in cui viene convertito e
sia stato proposto davanti al giudice competente (Cass. 17939/2009).
•dalla mancanza di un requisito essenziale della sentenza (c.d. nullità
diretta);
CC La nullità della sentenza può dipendere:
•dal ripercuotersi, sulla sentenza,
dell’invalidità di un atto del processo anteriore alla sentenza (c.d.
nullità indiretta o derivata).
CC I vizi di nullità della sentenza possono essere fatti valere soltanto con il mezzo
di impugnazione previsto contro quella sentenza, per cui si convertono in un
motivo di impugnazione (art. 161, co. 1, c.p.c.). La decadenza dal mezzo di impugnazione impedisce di far valere il vizio di nullità della sentenza e comporta,
quindi, la sanatoria del vizio.
Nullità della
sentenza (art.
161 c.p.c.)
CC La sottoscrizione della sentenza da parte del giudice costituisce un requisito
essenziale del provvedimento, la cui ingiustificata mancanza, pur se involontaria - provocata, cioè, da errore o da dimenticanza - ne determina la nullità assoluta e insanabile, equiparabile all’inesistenza (art. 161, co. 2, c.p.c.), senza che
possa ovviarsi né con il procedimento di correzione degli errori materiali né con
la rinnovazione della pubblicazione da parte dello stesso organo che, emessa la
pronuncia, ha ormai esaurito la sua funzione giurisdizionale (Cass. 21049/2006).
• è pronunciata da chi non è un giudice;
•non è redatta per iscritto o è carenCC Oltre all’ipotesi della mancanza di sottoscrizione, la sentenza è radicalmente
nulla se:
te di dispositivo o ha un dispositivo
assurdo o impossibile;
•è redatta in una minuta e consegnata al cancelliere perché provvedesse alla redazione dell’originale;
•è pronunciata contro un soggetto defunto.
80 • Capitolo 8
Osservazioni
La sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, requisito necessario per la sua esistenza giuridica (art. 162, co. 2, c.p.c.), deve essere costituita da un segno grafico che abbia caratteristiche
di specificità sufficienti e possa, quindi, consentire l’attribuzione al giudice che l’ha redatta, pur
nella sua eventuale illeggibilità (la quale non pregiudica l’idoneità della sottoscrizione se sussistono adeguati elementi per il collegamento del segno grafico con un’indicazione nominativa contenuta nell’atto) (ad es., deve ritenersi radicalmente nulla la sentenza sottoscritta soltanto con una
breve linea impercettibilmente ondulata) (Cass. 7928/2000).
La rinnovazione dell’atto nullo
CC Per la stessa ragione per la quale, nel disciplinare l’estensione della nullità, si è
preoccupato di far salvi gli atti successivi indipendenti da quello viziato, il legislatore si preoccupa di imporre, se possibile, la rinnovazione dell’atto nullo e di quelli
successivi, vale a dire il compimento di un nuovo atto destinato a produrre i medesimi effetti che avrebbe prodotto l’atto colpito dall’estensione della nullità, col conseguente recupero degli atti successivi (Mandrioli).
CC Quando il giudice pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende (art. 162 c.p.c.). La rinnovazione presuppone la dichiarazione della nullità.
CC La rinnovazione può essere compiuta anche spontaneamente dalla parte interessata. Si pensi all’appello proposto con un atto di citazione nullo: la legge prevede
la possibilità della sua riproposizione fino a quando non sia decorso il termine o
non sia dichiarata l’inammissibilità o l’improcedibilità (art. 358 c.p.c.).
7Nullità e inesistenza della notifica
CC La notificazione è nulla (art.
160 c.p.c.):
•se non sono osservate le disposizioni relative alla persona alla
quale deve essere consegnata la copia;
•se c’è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data.
CC In ogni caso, alla notificazione si applicano gli artt. 156 e 157 c.p.c.
Nullità della
notificazione (art. 160
c.p.c.)
•non può essere pronunciata la nullità per inosservanza delle forCC L’art. 156 c.p.c.
individua tre
principi:
me dell’atto processuale, se la nullità non è espressamente prevista dalla legge (c.d. tassatività delle nullità);
•la nullità può essere pronunciata se nell’atto mancano i requisiti essenziali per il raggiungimento dello scopo;
•la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto
lo scopo cui è destinato.
CC L’art. 157 c.p.c. prevede, invece, che la nullità può essere pronunciata soltanto su
istanza di parte, a meno che la legge preveda che essa venga pronunciata d’ufficio.
Osservazioni
✃
La notifica è affetta da nullità (sanabile attraverso la costituzione del convenuto o attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine
impartito dal giudice) quando, pur essendo stata eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, risulti tuttavia ravvisabile un collegamento con il destinatario dell’atto, così da rendere possibile che l’atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al
processo, giunga a conoscenza del destinatario (Cass. 25350/2009).
Gli atti del processo • 81
CC se è effettuata in un luogo o nelle mani di una persona che non presentino alcun riferimento con il destinatario dell’atto, risultando a costui del tutto estranei;
La notifica è inesistente:
82 • Capitolo 8
CC quanto venga effettuata con modalità del tutto estranee al procedimento notificatorio tipico delineato dalla legge (ad es., la notifica della citazione effettuata mediante consegna materiale al convenuto da
parte dell’attore) (Cass. 9772/2005).
Capitolo
9
Le Prove
1 Principi generali
Nozione
CC Le prove sono gli strumenti processuali per mezzo dei quali il giudice forma il
suo convincimento circa la verità o la non verità dei fatti affermati dall’una o
dall’altra parte.
CC Con questo significato si parla di mezzi di prova, poiché nel processo la prova comincia a entrare proprio come strumento messo a disposizione del giudice.
•le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero;
• i fatti non specificatamente contestati dalla
CC Ai sensi dell’art. 115 c.p.c., salvi i
casi previsti dalla legge, il giudice
deve porre a fondamento della decisione:
Disponibilità delle prove e fatto
notorio (art.
115 c.p.c.)
✃
CC Il giudice, senza bisogno di prova,
può porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza
(c.d. fatto notorio). Il fatto notorio,
derogando al principio dispositivo
delle prove e al principio del contraddittorio, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle
conoscenze della collettività con un
tale grado di certezza da apparire
incontestabile; ne consegue che tra
le nozioni di comune esperienza
non possono farsi rientrare:
parte costituita. La semplice negazione di un
fatto, non accompagnata dall’indicazione di un
altro fatto incompatibile con quello negato, equivale a contestazione generica (Trib. Catanzaro 30-10-2009). Nessun valore probatorio può
essere dato alla «non contestazione stragiudiziale», ossia anteriore all’inizio del processo,
poiché la «non contestazione» consiste in un
contegno processuale, non potendo concorrere a integrarla atteggiamenti assunti dalla parte prima e al di fuori del giudizio. Ciò è confermato dall’art. 9, D.Lgs. 28/2010 sulla mediazione civile, che prevede che le dichiarazioni
rese o le informazioni acquisite nel corso del
procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio, avente il medesimo
oggetto, iniziato dopo l’insuccesso della mediazione, salvo il consenso della parte dichiarante
o dalla quale provengono le informazioni.
•le acquisizioni specifiche di natura tecnica;
•gli elementi valutativi che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati estimativi
(Cass. 13234/2010);
•le circostanze comunemente note nel luogo
dove abitano le parti e il giudice (notorietà ristretta) (Cass. 4051/2007).
Le prove • 83
Osservazioni
I fatti acquisiti tramite Internet non possono definirsi nozioni di comune esperienza ai sensi
dell’art. 115 c.p.c., norma che, derogando al principio dispositivo, deve essere interpretata in senso restrittivo. Può, infatti, ritenersi «notorio» solo il fatto che una persona di media cultura conosce
in un dato tempo e in un dato luogo, mentre le informazioni pervenute da internet, quand’anche di
facile diffusione e accesso per la generalità dei cittadini, non costituiscono dati incontestabili nelle
conoscenze della collettività (Trib. Mantova 18-5-2006).
CC Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente giudizio, salvo che
la legge disponga altrimenti (art. 116, co. 1, c.p.c.). Pertanto, la regola generale è la libera valutabilità delle prove da parte del giudice, mentre l’eccezione è rappresentata dalle prove legali, la cui valutazione ed efficacia
nel processo è predeterminata dal legislatore una volta per tutte (ad es., il
giuramento decisorio ha valore di prova legale quanto ai fatti che ne formano oggetto, che devono considerarsi definitivamente accertati).
CC Una volta che la prova legale sia stata acquisita (ad es., è stato prestato il
giuramento), il giudice deve prenderne atto, senza possibilità di metterne in
dubbio la veridicità (Mandrioli), salva l’ipotesi di contrasto con un’altra
prova di pari efficacia, nel qual caso è libero di scegliere tra l’una e l’altra
(Cass. 12401/1997).
Prove liberamente
valutabili, prove legali e argomenti di
prova (art. 116 c.p.c.)
CC Non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altri dati
probatori, essendo rimessa la valutazione delle prove al prudente apprezzamento del giudice; da ciò consegue che il convincimento del giudice sulla verità di un fatto può basarsi anche su una presunzione, eventualmente
in contrasto con altre prove acquisite, se da lui ritenuta di tale precisione e
gravità da rendere inattendibili gli altri elementi di giudizio ad esso contrari,
alla sola condizione che fornisca del convincimento così attinto una giustificazione adeguata e logicamente non contraddittoria (Cass. 9245/2007).
•dalle risposte che le parti gli danno in sede di interrogatorio non formale (art. 117 c.p.c.);
CC Il giudice può desumere argomenti di prova, ossia elementi di
valutazione di altre
prove (art. 116 c.p.c.):
•dal rifiuto ingiustificato delle parti di sottoporsi alle
ispezioni ordinate dal giudice;
•dal contegno delle parti nel processo (ad es., la
linea difensiva assunta in giudizio da una parte,
che si limiti a una contestazione generica delle
pretese avversarie senza formulare alcuna specifica contestazione).
CC Chi vuol fare valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, e chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti, ovvero
eccepisce che il diritto si è modificato o estinto, deve provare i fatti sui quali l’eccezione si fonda (art. 2697 c.c.).
L’onere della prova
(art. 2697 c.c.)
CC L’onere della prova è •è stato esplicitamente ammesso;
superfluo se riguarda
un fatto pacifico, os- •non è stato specificamente contestato dalla controparte.
sia un fatto che
84 • Capitolo 9
CC L’inversione dell’onere della prova si ha quando l’attore non deve dare la
prova di un determinato fatto, mentre sarà il convenuto a dover provare che
quel fatto non sussiste. L’inversione può derivare da specifiche previsioni di
legge (ad es., artt. 2050-2054 c.c.) oppure dalla volontà della parte di rinunciare ai vantaggi che gli deriverebbero dall’applicazione dei principi sull’oneL’onere della prova
re della prova.
(art. 2697 c.c.)
CC I patti con i quali è invertito o è modificato l’onere della prova sono nulli quando si tratta di diritti di cui le parti non possono disporre o quando l’inversione o la modificazione ha per effetto di rendere a una delle parti eccessivamente difficile l’esercizio del diritto (art. 2698 c.c.).
CC La presunzione (o «prova indiretta») è ogni argomento, congettura, illazione attraverso la quale, essendo già provata una determinata circostanza, si
considera provata anche un’altra circostanza sfornita di prova diretta: ad
es., dalla circostanza che è decorso un certo periodo di tempo dal momento in cui si poteva pretendere il pagamento di un debito, per il quale normalmente il pagamento avviene entro breve tempo, si trae la presunzione che
il debito sia stato già pagato o che si sia già estinto, sebbene manchino prove dirette del pagamento (Torrente-Schlesinger).
•legali se è la legge che attribuisce a un fatto il vaPresunzioni legali
CC Le presunzioni sono
lore di prova in ordine a un altro fatto, che quindi
viene presunto (ad es., la presunzione che chi ha
il possesso di una cosa altrui sia in buona fede:
art. 1147, co. 3, c.c.);
•semplici se sono lasciate al prudente apprezzamento del giudice, il quale può ritenere provato
un fatto, di cui manchino prove dirette, se ricorrono indizi gravi, precisi e concordanti (art. 2729
c.c.).
•assolute (iuris et de iure), se non è ammessa la
CC Le presunzioni legali
possono essere
prova contraria.
•relative (iuris tantum), se è ammessa la prova
contraria.
2 Prove tipiche e atipiche
Le prove utilizzabili non sono soltanto quelle espressamente previste dall’ordinamento (confessione, giuramento, testimonianza, ecc., c.d. prove tipiche), ma anche le prove atipiche, ossia le prove non previste da alcuna norma e le prove che, pur essendo previste dal legislatore, vengono assunte in una sede
diversa da quella nella quale sono valutate (ad es., utilizzo delle prove raccolte in un altro processo).
Sono prove atipiche, tra le altre:
✃
— lo scritto proveniente da un terzo, che non possiede l’efficacia probatoria piena delle prove documentali, ma può fondare un indizio o una presunzione fino a costituire fondamento di una decisione;
— le prove assunte in un precedente giudizio o in un giudizio estinto o in sede penale o raccolte da
un giudice incompetente;
— le affermazioni di fatti compiute in una sentenza;
— le certificazioni amministrative e i verbali di polizia giudiziaria.
Le prove • 85
3 Prove costituende e prove precostituite
CC Le prove costituende sono quelle che si formano all’interno del processo. Tipiche
prove costituende sono le prove orali (testimonianza, confessione e giuramento),
l’ispezione giudiziale, la richiesta di informazioni alla Pubblica Amministrazione, ecc.
CC Il meccanismo attraverso il quale si attua l’ingresso nel processo delle prove costituende è più complesso di quello che riguarda le prove precostituite, tanto è vero
che l’intera fase dell’»istruzione in senso stretto» (vale a dire quella che il codice
chiama «istruzione probatoria») riguarda prevalentemente le prove costituende,
anche se in eventuale correlazione con prove precostituite (ad es., la testimonianza disposta per chiarimento o conferma del contenuto di un documento proveniente da un terzo).
•istanza di parte, con la quale la parte, nell’offrire il mezzo di
Prove costituende
CC Questo meccanismo di ingresso si sviluppa in
un procedimento, il c.d. procedimento istruttorio, che si articola in tre fasi:
prova, chiede al giudice l’espletamento dell’attività istruttoria necessaria perché la prova venga raccolta (ad es. l’istanza di far
luogo ad una prova testimoniale). Questa istanza, proposta entro i limiti previsti dall’art. 183 c.p.c., è necessaria solo per le prove che rientrano nella disponibilità delle parti, mentre non è necessaria per le prove che il giudice può disporre d’ufficio;
•provvedimento di ammissione, ossia l’ordinanza con la quale il giudice ammette le prove all’esito della valutazione di ammissibilità e rilevanza delle prove stesse. Il giudice non è tenuto ad ammettere i mezzi di prova dedotti dalle parti ove ritenga
sufficientemente istruito il processo e può, nell’esercizio dei suoi
poteri discrezionali, non ammettere la prova testimoniale quando, alla stregua di tutte le altre risultanze di causa, la ritenga superflua (Cass. 13375/2009);
•assunzione della prova, che consiste nelle attività per mezzo
delle quali la prova entra nel processo (l’audizione dei testimoni, l’interrogatorio della parte, ecc.). L’assunzione della prova
viene documentata per iscritto in un apposito verbale. La prova
così documentata costituirà l’oggetto della valutazione del giudice al momento della decisione.
CC Le prove precostituite sono quelle che si formano fuori e prima del processo, nel
quale entrano con la loro produzione, ossia con la loro inclusione nel fascicolo di
parte al momento della costituzione in giudizio o in un momento successivo, purché
entro i termini di cui agli artt. 167 e 183 c.p.c.
CC Sono prove precostituite le scritture, pubbliche e private, e le rappresentazioni di
fatti (fotografie, disegni ecc.) o altre cose idonee, col concorrere di certe circostanze, a fondare o a rafforzare il convincimento sulla verità dei fatti (ad es., un oggetto personale rinvenuto in un certo luogo).
Prove preCC Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 8203/2005, hanno stabilito che
costituite
il divieto di nuove prove nel giudizio di appello previsto dall’art. 345 c.p.c. si
estende, senza distinzione di sorta tra prove costituende e prove costituite, anche
alla prova documentale, precisando che la produzione dei nuovi documenti deve
essere specificamente indicata nell’atto di appello e che ad essa deve seguire l’adozione di un motivato provvedimento di ammissione da parte del collegio, da adottarsi alla prima udienza. La L. 69/2009 ha recepito l’orientamento delle Sezioni Unite modificando l’art. 345, co. 3, c.p.c., che attualmente prevede che in appello «non
possono essere prodotti nuovi documenti».
86 • Capitolo 9
4Assunzione dei mezzi di prova
CC All’assunzione dei mezzi di prova (audizione dei testimoni, interrogatorio, ecc.) provvede il giudice istruttore con un’ordinanza con la quale,
se non è possibile assumere le prove nella stessa udienza, stabilisce il
tempo, il luogo e il modo dell’assunzione (art. 202, co. 1, c.p.c.).
CC Il giudice può differire a un’udienza successiva l’assunzione delle prove che non si esaurisca nell’udienza fissata (art. 202, co. 2, c.p.c.).
CC All’assunzione possono assistere i difensori e le parti personalmente (art. 206 c.p.c.).
CC Dell’assunzione si redige processo verbale, sotto la direzione del giudice istruttore, il quale, oltre a riportare in prima persona (art. 207, co.
2, c.p.c.) le dichiarazioni delle parti o dei testimoni, può anche descriverne il contegno (art. 207, co. 3, c.p.c.). Poiché il verbale di udienza è
un atto pubblico, che fa fede fino a querela di falso della sua provenienza da parte del pubblico ufficiale che lo forma e delle dichiarazioni
rese dalle persone intervenute, la mancata sottoscrizione da parte
dei testimoni delle dichiarazioni da essi rese e riportate a verbale, o
Modalità di assunzione
la mancata lettura, da parte del giudice, della verbalizzazione delle loro dichiarazioni costituisce una mera irregolarità della prova testimoniale e non costituisce motivo di nullità della stessa, potendo presumersi, fino a querela di falso, che quanto riportato a verbale corrisponda a quanto dichiarato dai testimoni (Cass. 12828/2003).
CC Il giudice istruttore può pronunciarsi su tutte le questioni che sorgono durante l’assunzione della prova (art. 205 c.p.c.), fino alla chiusura dell’assunzione, dopo il suo esaurimento o quando il giudice ritenga
superflua la prosecuzione (art. 209 c.p.c.).
CC La parte che ha chiesto l’assunzione della prova (ad es., l’attore che ha
chiesto l’audizione del testimone Tizio) può essere presente all’udienza fissata per l’inizio o la prosecuzione della prova: se non si presentano, il giudice la dichiara decaduta dal diritto di far assumere la prova
(art. 208, co. 1, c.p.c.). L’ordinanza di decadenza può essere revocata
dall’istruttore nell’udienza successiva, a istanza della parte interessata,
quando la mancata comparizione della parte sia dovuta a una causa
non imputabile ad essa (art. 208, co. 2, c.p.c.).
✃
CC Se i mezzi di prova devono essere assunti fuori dalla circoscrizione
del tribunale, il giudice delega a procedervi il tribunale del luogo, il cui
presidente designerà un giudice ad hoc, salvo che le parti chiedano concordemente (e il presidente del tribunale consenta) che vi si trasferisca
il giudice stesso (art. 203 c.p.c.). Il giudice delegato, effettuata l’assunzione della prova e rimette d’ufficio il processo verbale al giudice istruttore.
Assunzione fuori della
circoscrizione del tribu- CC L’art. 203 c.p.c. è applicabile anche al procedimento davanti al giudice
nale e all’estero
di pace, non essendovi alcuna incompatibilità fra tale disposizione e le
norme specificamente dettate per tale procedimento; il giudice di pace,
qualora intenda avvalersi della facoltà in parola, deve delegare il giudice di pace del luogo di assunzione della prova (e non il tribunale), poiché la sostituzione del giudice istruttore con il giudice di pace non può
che simmetricamente avvenire sia per l’autorità delegante che per quella delegata (Trib. Ascoli Piceno 15/7/2002).
Le prove • 87
CC Se il mezzo di prova deve essere assunto all’estero, il giudice istruttore dispone la c.d. rogatoria alle autorità estere e la relativa trasmissione per via diplomatica (art. 204, co. 1, c.p.c.). Nel caso che il mezzo
di prova riguardi cittadini italiani residenti all’estero, il giudice istruttore delega il console competente che provvede a norma della legge
consolare (art. 204, co. 2, c.p.c.).
Assunzione fuori della CC La rogatoria internazionale ex art. 204 c.p.c. non è consentita soltanto
circoscrizione del tribuper l’audizione di cittadini italiani residenti all’estero, ma è ammessa annale e all’estero
che l’assunzione per rogatoria del cittadino straniero. Il diritto a essere
sentito davanti al giudice del luogo di residenza non potrebbe negarsi, infatti, allo straniero, avuto riguardo al maggior disagio che comporterebbe
a quest’ultimo la comparizione davanti al giudice di un altro Paese. Del
resto, la presenza in Italia dello straniero non sarebbe in alcun modo coercibile, per cui, anche per tale profilo, la rogatoria, si conferma come
l’unico strumento per l’assunzione della testimonianza (Cass. 15096/2001).
5I documenti: atto pubblico e scrittura privata
CC I documenti sono oggetti materiali idonei a rappresentare o a dare conoscenza di un fatto.
CC Il fatto rappresentato dal documento è un pensiero (ad es., la dichiarazione contenuta nel documento), che può essere di tipo narrativo (ad es., Tizio ricostruisce le modalità di svolgimento di un incidente stradale) oppure
dichiarativo (ad es., Tizio dichiara la volontà di concludere un contratto).
•l’autore dell’atto può essere colui che ha mateGeneralità
CC Il documento più
frequente è l’atto
scritto, ossia una
carta contenente
segni grafici (parole, disegni, ecc.):
rialmente redatto il documento (documento autografo), oppure un altro soggetto che, ad es., ha
scritto sotto dettatura (documento eterografo);
•la sottoscrizione è il segno grafico con cui un
soggetto riconosce come proprio il pensiero contenuto nell’atto scritto, apponendovi in calce il proprio nome;
•la sottoscrizione non è necessaria quando, ad es.,
lo scritto sia scritto di pugno da colui che appare
come autore del pensiero espresso, o quando
questo non ne contesti la provenienza.
Osservazioni
Per ottenere un maggior margine di sicurezza, rispetto a quella offerta dalla sottoscrizione, sulla
provenienza del pensiero espresso nello scritto, l’ordinamento si avvale di un altro strumento, ossia l’attestazione ufficiale da parte di determinati soggetti (i notai e gli altri pubblici ufficiali espressamente a ciò autorizzati) ai quali l’ordinamento conferisce la funzione di attribuire al documento
pubblica fede, ossia di dare certezza ufficiale sul fatto che le parole contenute nel documento
sono state scritte, pronunciate o comunque volute da una determinata persona, alla presenza del
notaio o del pubblico ufficiale (Mandrioli).
In relazione a questo diverso grado di sicurezza sulla provenienza del pensiero espresso nello
scritto, a seconda che sussista l’attestazione del pubblico ufficiale o soltanto la sottoscrizione, i documenti si distinguono in atti pubblici (documenti redatti da notaio o altro pubblico ufficiale) e scritture private (atti scritti la cui provenienza può essere desunta dalla sottoscrizione).
88 • Capitolo 9
•è il documento redatto, con le formalità richieste
dalla legge, da un notaio o da altro pubblico
ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede
(art. 2699 c.c.);
CC L’atto pubblico (cartaceo o
informatico)
•fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale
che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale
attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (art. 2700 c.c.).
CC Il documento formato da un pubblico ufficiale incompetente o incapace ovvero
senza l’osservanza delle formalità prescritte, se è stato sottoscritto dalle parti,
ha la stessa efficacia probatoria della scrittura privata (art. 2701 c.c.).
CC Il D.Lgs. 110/2010 ha introdotto l’atto pubblico informatico, cioè la possibilità
che il notaio rediga atti pubblici in formato elettronico e possa sottoscriverli utilizzando la firma digitale, ossia la particolare firma elettronica qualificata, basata su un sistema di chiavi crittografiche (una pubblica e una privata). La formaL’atto pubblico
zione dell’atto pubblico con queste particolari modalità consente la piena equiparazione della sua efficacia probatoria a quella dell’atto pubblico cartaceo (art.
47bis, co. 1, L. 89/1913, c.d. legge notarile).
CC «Piena prova» significa efficacia probatoria assoluta e incondizionata, nel senso che non lascia margine al giudice per una libera valutazione, il che equivale
a dire che si tratta di prova legale. Questa efficacia rafforzata dell’atto pubblico
viene meno soltanto all’esito del procedimento di querela di falso, che ha la funzione di contestare le risultanze dell’atto pubblico.
CC L’art. 2700 c.c. limita l’efficacia probatoria legale dell’atto pubblico agli elementi estrinseci dell’atto: provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo
ha formato, momento della formazione (data), luogo della formazione stessa
e, in generale, tutto ciò che davanti al pubblico ufficiale è stato detto o è stato
fatto. Invece, il contenuto delle dichiarazioni resta al di fuori dell’efficacia di
prova legale e, perciò, rientra nell’ampia e normale libera valutabilità da parte
del giudice (art. 116 c.p.c.). Esempio: il giudice è vincolato nel ritenere che, Tizio ha fatto quella dichiarazione in quel giorno e in quel luogo davanti al notaio, ma è libero di ritenere, sulla base di altre risultanze, che tale dichiarazione
è falsa.
Osservazioni
✃
In tema di sanzioni amministrative, il verbale di accertamento dell’infrazione stradale fa piena
prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale nonché riguardo
alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni delle parti; non
può essere, invece, attribuita la fede privilegiata né ai giudizi valutativi, né alla menzione di quelle
circostanze relative ai fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale che possono risolversi in suoi
apprezzamenti personali: ad es., la rilevazione, sul verbale di contestazione, della prosecuzione
della marcia dell’automobile nonostante la luce rossa del semaforo è un’attività percettiva rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 2700 c.c., in quanto non è caratterizzata da alcuna valutazione o elaborazione da parte dell’agente (Cass. 25844/2008).
Le prove • 89
CC È scrittura privata qualunque scritto la cui provenienza non è attestata da un
pubblico ufficiale.
CC La scrittura privata fa piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta —
il sottoscrittore o l’autore dello scritto o, eventualmente, un suo successore — ne
riconosce la sottoscrizione (in base alla massima di esperienza secondo la quale nessuno dice o scrive cose contro i propri interessi se non sono vere), oppure
se questa è legalmente considerata come riconosciuta (art. 2702 c.c.).
CC Al riconoscimento è equiparata l’autenticazione, ossia l’attestazione, da parte
del notaio o altro pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua
presenza, previo accertamento dell’identità della persona che sottoscrive (art.
2703 c.c.).
La scrittura
privata
CC Il D.Lgs. 110/2010 consente che l’autenticazione
della sottoscrizione apposta in calce alla scrittura
privata possa avvenire, da parte del notaio, anche
con modalità informatiche (art. 25 D.Lgs. 82/2005,
Codice dell’amministrazione digitale), ossia mediante l’attestazione, da parte del notaio, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare,
previo accertamento:
• della sua identità personale;
•della validità del certificato
elettronico utilizzato;
•del fatto che il documento
sottoscritto non è in contrasto con l’ordinamento giuridico.
CC A differenza di quanto accade nell’atto pubblico, qui il pubblico ufficiale non è l’autore dell’atto e non raccoglie le dichiarazioni, ma si limita a integrare l’efficacia
della sottoscrizione in calce allo scritto, attestandone la provenienza da chi,
sottoscrivendo, ha assunto l’atto come proprio.
Osservazioni
Alle scritture private autenticate appartiene la procura alla lite, che l’art. 83, co. 3, c.p.c. consente sia stesa in calce o a margine degli atti ivi elencati, precisando che «in tali casi l’autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore».
La funzione del difensore di certificare l’autografia della sottoscrizione della parte, ai sensi degli
artt. 83 e 125 c.p.c., pur trovando la sua base in un negozio giuridico di diritto privato (mandato),
ha natura essenzialmente pubblicistica; ne consegue che il difensore, con la sottoscrizione dell’atto processuale e con l’autentica della procura riferita allo stesso, compie un negozio di diritto pubblico e riveste la qualità di pubblico ufficiale, la cui certificazione può essere contestata soltanto
con la querela di falso (Cass. 10240/2009) e non è ammessa la prova per testimoni finalizzata a
contraddire il contenuto di tale procura (Cass. 24639/2010).
CC Il telegramma ha l’efficacia probatoria della scrittura privata, se l’originale consegnato all’ufficio di partenza è sottoscritto dal mittente, ovvero se è stato consegnato o fatto consegnare dal mittente medesimo anche senza sottoscriverlo (art. 2705,
co. 1, c.c.).
Il telegramma
90 • CC Ai fini della efficacia del telegramma, pertanto, è sufficiente che l’originale sia consegnato o fatto consegnare dal mittente, anche senza che questi lo sottoscriva,
sicché l’utilizzazione del servizio telefonico, prevista dal codice postale, consente al mittente, autore della comunicazione, di ottenere, sia pure con la collaborazione di terzi, il recapito del proprio messaggio all’ufficio telegrafico; tuttavia, ove
sorga contestazione circa la riferibilità del telegramma al mittente, questi ha la facoltà di provare che l’affidamento all’ufficio incaricato di trasmetterlo è avvenuto a
sua opera o su sua iniziativa (Cass. 23882/2006).
Capitolo 9
Il telegramma
CC La riproduzione del telegramma consegnata al destinatario si presume, fino a prova contraria, conforme all’originale. Il mittente si presume esente da colpa per le
divergenze verificatesi tra originale e riproduzione (art. 2706 c.c.).
CC Il documento informatico è la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati
giuridicamente rilevanti (art. 1, co. 1, lett. p), D.Lgs. 82/2005).
CC Le regole tecniche per la formazione, per la trasmissione, la conservazione, la
copia, la duplicazione, la riproduzione e la validazione temporale dei documenti informatici, nonché quelle in materia di generazione, apposizione e verifica di
qualsiasi tipo di firma elettronica avanzata, sono stabilite ai sensi dell’art. 71
D.Lgs. 82/2005.
CC Il documento informatico, al quale è apposta una firma elettronica, sul piano proIl documento
batorio è liberamente valutabile in giudizio (art. 21 D.Lgs. 82/2005).
informatico
CC Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o
digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, ha l’efficacia prevista
dall’art. 2702 c.c.
CC I documenti informatici contenenti copia di atti pubblici, scritture private e documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo, hanno
piena efficacia, ai sensi degli artt. 2714 e 2715 c.c., se ad essi è apposta o associata, da parte di colui che li spedisce o rilascia, una firma digitale o altra firma elettronica qualificata (art. 22 D.Lgs. 82/2005).
5.1 •Disconoscimento della scrittura privata (art. 214 c.p.c.)
CC La scrittura privata prodotta in
giudizio si ha per riconosciuta e, pertanto, fa piena prova
limitatamente alla sua provenienza (art. 215 c.p.c.), salva
l’eventualità della querela di
falso (Cass. 3718/1981):
•se la parte alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta è contumace, salva la facoltà, per il contumace, di effettuare il disconoscimento con l’atto di appello;
•se la parte comparsa non la disconosce o non
dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione.
Generalità
CC La «prima risposta» è un atto compiuto in presenza di entrambe le parti, attesa
l’esigenza dell’immediata conoscenza del disconoscimento da parte del soggetto
che ne è destinatario; ne consegue che non può intendersi come prima risposta il
mero deposito di note difensive, perché effettuato in assenza della controparte
(Cass. 6187/2009).
CC Nel caso che parte sia una persona giuridica (o anche una società o associazione priva di personalità), legittimato al disconoscimento (e gravato dal relativo onere) è il rappresentante legale.
Definizione
CC Il disconoscimento è l’atto con cui la parte contro la quale è prodotta una scrittura privata nega formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione (art. 214 c.p.c.). In alternativa, la parte contro la quale la scrittura è prodotta
può proporre la querela di falso.
✃
CC La tardività del disconoscimento non può essere rilevata d’ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte che ha prodotto il documento (Cass. 9994/2003).
Le prove • 91
CC Il disconoscimento di una scrittura privata, pur non richiedendo una forma vincolata, deve rivestire i caratteri della specificità e della determinatezza, e non
Specificità del
sono sufficienti espressioni generiche o di stile: ad es., deve escludersi che posdisconoscimensa configurare un disconoscimento la contestazione, proveniente dalla parte
to
contro la quale la scrittura è stata prodotta, di «tutto quanto dedotto e prodotto
da controparte in comparsa di costituzione» (Cass. 3474/2008).
CC Il disconoscimento può riguardare l’originale del documento o la copia fotostatica, che ha la stessa efficacia dell’originale qualora non sia espressamente disconosciuta la sua conformità all’originale.
•la sua conformità all’originale, per impedi-
Oggetto
CC La parte contro la quale è prodotta la copia fotostatica non
autenticata di un documento,
può disconoscere:
re che alla copia sia riconosciuta la stessa
efficacia probatoria dell’originale. Il disconoscimento non impedisce, alla parte che ha
prodotto la copia, l’utilizzabilità del documento come prova, né impedisce al giudice di
poter accertare la conformità all’originale attraverso altri mezzi di prova, comprese le
presunzioni;
•la sottoscrizione, che impedisce definitivamente l’utilizzabilità del documento come
mezzo di prova, se la parte che l’ha prodotta ne chiede la verificazione e la relativa procedura non abbia dato esito per lei favorevole.
CC La procedura di disconoscimento riguarda esclusivamente le scritture provenienti dalle
parti, ossia dai soggetti del proLimiti del discocesso, e presuppone che sia
noscimento
negata la propria firma dal soggetto conto il quale il documento è prodotto. Pertanto, non
possono essere disconosciuti:
•i documenti provenienti da terzi, che non
fanno piena prova ma hanno solo valore indiziario (Cass. 14122/2004);
• la scrittura privata non sottoscritta (Cass.
34/1997).
5.2 • Procedimento di verificazione (artt. 214-220 c.p.c.)
CC L’art. 2702 c.c. stabilisce che la scrittura privata assume valore di piena prova
se è stata autenticata o se è stata riconosciuta in giudizio.
Generalità
CC Ha la stessa certezza probatoria la scrittura privata di cui sia accertata l’autenticità attraverso il procedimento di verificazione, volto ad accertare se l’autore
della sottoscrizione sia effettivamente colui che è indicato come tale dalla parte che ha prodotto il documento.
Verificazione inCC Il giudizio di verificazione della scrittura privata ha ad oggetto l’accertamento
cidentale e audella provenienza della scrittura privata disconosciuta.
tonoma
92 • Capitolo 9
• in via principale, ossia in un giudizio autonoCC Tale accertamento può essere
effettuato:
mo sull’autenticità della scrittura;
•in via incidentale, ovvero nel corso del giudizio nel quale la scrittura è stata disconosciuta.
CC L’introduzione del giudizio di verificazione in via incidentale è disciplinata dall’art.
216 c.p.c., secondo cui «la parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili
e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione».
Le scritture di comparazione devono essere autentiche, in quanto già accertate o riconosciute tali, esplicitamente o implicitamente.
•non richiede forme particolari;
•deve essere effettuata entro i termini previVerificazione incidentale e autonoma
CC La richiesta di verificazione in
via incidentale:
sti per ogni altra istanza istruttoria (artt. 183,
co. 6, nn. 2) e 3), e 345 c.p.c.);
•non può essere proposta nel giudizio d’appello, qualora la scrittura sia stata disconosciuta in primo grado.
CC In mancanza dell’istanza di verificazione il giudice non può tenere conto del documento disconosciuto, anche se ritiene di avere elementi a sostegno dell’autenticità (Cass. 7302/1993).
CC L’istanza di verificazione può essere proposta anche in via principale, cioè in
un autonomo giudizio, con atto di citazione, quando la parte dimostri di avervi
interesse (art. 216, co. 2, c.p.c.). L’«interesse» consiste nella possibilità di utilizzare la scrittura come prova in eventuali, futuri giudizi, o anche come titolo
per trascrizioni o iscrizioni (artt. 2657 e 2835 c.c.).
Scritture di
comparazione
CC Il giudizio di verificazione è imperniato sulla comparazione con altre scritture di sicura provenienza dalla parte disconoscente (scritture da depositarsi in
cancelleria), comparazione che il giudice effettua riferendosi, preferibilmente,
alle scritture già riconosciute o accertate giudizialmente (art. 217 e art. 218
c.p.c.), salvo il potere di ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura (art. 219
c.p.c.).
CC Il giudice dispone le cautele opportune per la custodia del documento da verificare, stabilisce il termine per il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione, nomina, quando occorre, un consulente tecnico e provvede all’ammissione delle altre prove.
✃
Decisione
CC L’istanza di verificazione (incidentale o autonoma) è decisa con sentenza. Se
l’esito del giudizio è affermativo, la scrittura vale come se fosse stata riconosciuta, e il disconoscente può essere condannato a una pena pecuniaria (art. 220,
co. 2, c.p.c.); se l’esito è negativo, la scrittura disconosciuta resta priva di efficacia probatoria.
Le prove • 93
5.3 • Querela di falso (artt. 221-227 c.p.c.)
Generalità
CC Alla parte, nei cui confronti venga prodotta una scrittura privata è consentita, oltre la facoltà di disconoscerla, facendo carico alla controparte di chiederne la
verificazione (addossandosi il relativo onere probatorio), anche la possibilità alternativa di proporre querela di falso, al fine di contestare la genuinità del documento e ottenere un risultato più ampio e definitivo, quello cioè della completa
rimozione del valore del documento con effetti erga omnes e non nei soli riguardi della controparte.
•in via principale, ossia con atto di citazione inCC La querela di falso può
proporsi:
Modalità
troduttivo di un apposito giudizio che ha, come
unico oggetto, la dichiarazione di falsità del documento, esclusa la proposizione cumulata di altre domande;
•in via incidentale, ossia nel corso della causa
nella quale il documento è stato prodotto.
•deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione
degli elementi e delle prove della falsità;
CC La querela (art. 221 c.p.c.):
Contenuto
•deve essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale, con
atto di citazione o con dichiarazione da unire al
verbale d’udienza.
CC È obbligatorio l’intervento nel processo del pubblico ministero.
Interpello
CC Quando è proposta querela di falso in corso di causa,
al fine di richiamare le parti alla consapevolezza della gravità delle conseguenze di questo giudizio, l’art.
222 c.p.c. dispone che il
giudice istruttore interpella
la parte che ha prodotto il
documento se intende valersene in giudizio.
•Se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile in causa;
•se è affermativa, il giudice, che ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione della querela nella stessa udienza o in una successiva, ammette i mezzi istruttori che ritiene idonei e dispone i modi e termini della loro assunzione.
CC Sulla querela di falso si pronuncia, con sentenza, il collegio (art. 225 c.p.c.) e
non il giudice istruttore come giudice unico.
Decisione
CC Se la sentenza accoglie la domanda, la sua esecuzione non può aver luogo prima che sia sopravvenuto il giudicato (art. 227, co. 1, c.p.c.).
CC Se la sentenza rigetta la domanda, è prevista la menzione di essa sull’originale del documento, nonché la condanna della parte che ha proposto la querela
a una pena pecuniaria (art. 226, co. 1, c.p.c.).
94 • Capitolo 9
Schema n. 11
Querela di falso
La querela di falso può proporsi
in qualunque stato e grado del giudizio, a
nulla rilevando
che il querelante abbia tacitamente o
espressamente riconosciuto la sottoscrizione del documento di cui allega la falsità;
che venga proposta dopo lo spirare delle
preclusioni istruttorie; che la relativa istanza venga formulata per la prima volta solo
in grado di appello
Se è proposta in via incidentale il giudice
chiede, alla parte che ha prodotto il documento, se intende avvalersene in giudizio
(c.d. interpello):
— in via principale, ossia in un autonomo
giudizio volto ad accertare esclusivamente la falsità del documento
— in via incidentale, ossia in un giudizio
già in corso
— finché la verità del documento non sia
stata accertata con sentenza passata in
giudicato
— se la risposta è negativa, il documento
non è più utilizzabile come prova e la
querela non ha seguito
— se la risposta è affermativa, il giudice
autorizza la presentazione della querela se ritiene il documento rilevante
Le scritture private provenienti da terzi
estranei alla lite possono essere liberamente contestate dalle parti poiché:
— costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio è meramente indiziario
— possono contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo
6 Le prove costituende
Differenze
✃
Le prove precostituite e le prove costituende si distinguono per le diverse modalità con le quali
entrano nel processo. Per quanto riguarda le prove precostituite, la parte ha soltanto l’onere di
produrle in giudizio mettendole a disposizione del giudice, poiché sono formate fuori e prima del
processo. Invece, le prove costituende si formano soltanto nel processo attraverso l’attività di assunzione dei mezzi di prova.
Le prove • 95
6.1 • La confessione e l’interrogatorio formale (artt. 228-232 c.p.c.)
Definizione di
confessione
(art. 2730 c.p.c.)
CC La confessione è la «dichiarazione che una parte fa della verità di fatti a
essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte» (art. 2730 c.c.). L’efficacia della
confessione è quella della prova legale, in quanto vincola il giudice nel suo apprezzamento, ossia «forma piena prova contro colui che l’ha fatta, purché non
verta su fatti relativi a diritti non disponibili» (art. 2733, co. 2, c.c.).
•spontanea, la quale può essere contenuta in qualsiasi atto
Confessione
CC La confessiospontanea e inne giudiziale
terrogatorio
può essere:
formale
processuale firmato dalla parte personalmente (art. 229
c.p.c.), ad eccezione dell’interrogatorio libero (art. 117 c.p.c.),
che non ha efficacia confessoria, poiché consente alla parte di parlare al giudice liberamente dei fatti di causa, anche
per giovare alla propria tesi, e consente al giudice di informarsi liberamente su quei fatti;
•provocata
mediante interrogatorio formale (art. 228
c.p.c.). Essendo diretto a provocare la confessione giudiziale, l’interrogatorio formale può soltanto nuocere, e mai giovare, alla parte interrogata. Ciascuna parte può chiedere l’interrogatorio formale della controparte per provocarne la confessione.
CC L’interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici, ossia con
riferimento a singole circostanze di fatto, per ciascuna delle quali l’interrogando
dovrà dire se gli risultano vere o non vere.
•procede all’assunzione dell’interrogatorio nei modi e nei termini stabiliti nell’ordinanza che l’ammette;
Modalità dell’interrogatorio
CC Il giudice (art.
230 c.p.c.):
•non può fare domande su fatti diversi da quelli formulati nei
capitoli, a eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili;
•può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte
date.
•deve rispondere personalmente; non è consentito, pertanto, l’interrogatorio del difensore;
CC La parte interrogata:
Rifiuto della
parte
96 • •non può servirsi di scritti preparati, ma il giudice e può consentirle di avvalersi di note o appunti quando deve fare riferimento a nomi o a cifre, o quando particolari circostanze lo
consigliano (art. 231 c.p.c.).
CC Se la parte non si presenta, oppure si rifiuta di rispondere senza giustificato motivo o rende risposte evasive o inattendibili (Cass. 7783/2010), il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio (art. 232 c.p.c.): ciò significa che la mancata risposta della parte all’interrogatorio formale rappresenta un fatto al quale il giudice può attribuire valore di ammissione dei fatti dedotti e, quindi, di prova, ma
che resta soggetto alla sua prudente valutazione e al quale, quindi, il giudice
può negare nel caso concreto quel valore quando ritenga i fatti dedotti non suffragati dagli altri elementi acquisiti al processo (Cass. 11233/1997).
Capitolo 9
6.2 •Il giuramento (artt. 233-243 c.p.c.)
CC Il giuramento della parte, come la confessione, è una dichiarazione compiuta
da una delle parti sulla verità di fatti della causa, ma a differenza della confessione è effettuato dalla parte alla quale i fatti da dichiarare non nuocciono ma
giovano.
Generalità
CC L’attendibilità
della dichiarazione si fonda
(Mandrioli):
•sulla solennità delle forme con le quali avviene la dichiarazione
giurata, che viene provocata dalla controparte come una sfida
alla lealtà di chi è chiamato a giurare;
•sull’efficacia intimidatrice delle conseguenze penali che colpiscono chi giura il falso (art. 371 c.p.).
•giuramento decisorio (art. 2736, n. 1, c.c.), che una parte deferisce all’altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della causa;
Tipi
CC Il giuramento
può essere di
tre tipi:
•giuramento suppletorio (art. 2736, n. 2, c.c.), che è deferito
d’ufficio dal giudice a una delle parti al fine di decidere la causa
quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova;
•giuramento estimatorio, che è deferito al fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può accertarlo altrimenti
(art. 2736, n. 2, c.c.).
CC Oggetto del giuramento possono essere soltanto fatti decisivi per l’esito della
pronuncia, ossia circostanze dalle quali dipende direttamente la decisione (Cass.
1634/2000), per cui, a seguito del giuramento, al giudice non resta che prenderne atto e accogliere o respingere la domanda sulla base delle dichiarazioni del
giurante.
CC Il giuramento
non è ammesso (art. 2739
c.c.):
✃
Giuramento
decisorio
•su fatti illeciti attribuiti a colui che dovrebbe giurare;
•su contratti per la validità dei quali è richiesta la forma scritta
ad substantiam (il giuramento è ammissibile, invece, quando
la forma scritta è richiesta solo ad probationem).
CC Il giuramento può essere:
— de veritate, se ha ad oggetto un fatto proprio della parte a cui si riferisce;
— de scientia o de notizia, se ha ad oggetto la conoscenza che essa ha di un fatto altrui.
Questa distinzione assume rilevanza poiché:
— rispetto al giuramento de veritate, la dichiarazione di non poter giurare perché non si ricordano i fatti capitolati o non si è informati su di essi equivale a
rifiuto di giurare, con conseguente soccombenza della parte interroganda
(Cass. 598/1987);
— rispetto al giuramento de scientia, la dichiarazione di non ricordare o di ignorare i fatti non comporta il rifiuto di prestare giuramento, ma comporta un giuramento negativo, per cui la lite va decisa a sfavore del deferente (Balbi).
Le prove • 97
CC Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della causa, con dichiarazione fatta all’udienza dalla parte o dal difensore di mandato speciale o con
atto sottoscritto dalla parte. Esso deve essere formulato in articoli separati, in
modo chiaro e specifico (art. 233 c.p.c.). Finché non abbia dichiarato di essere pronta a giurare, la parte, alla quale il giuramento decisorio è stato deferito, può riferirlo all’avversario nei limiti fissati dal codice civile (art. 234 c.p.c.). La parte, che ha
deferito o riferito il giuramento decisorio, non può più revocarlo quando l’avversario ha dichiarato di essere pronto a prestarlo (art. 235 c.p.c.).
CC Il giuramento è prestato dalla parte personalmente ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull’importanza morale dell’atto e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false, e lo invita a giurare. Il giurante, in piedi pronuncia a chiara voce le parole: «consapevole della responsabilità che col giuramento assumo, giuro ...», e continua ripetendo le parole della formula su cui giura
(art. 238 c.p.c.).
Giuramento
decisorio
CC La parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non si presenta senza
giustificato motivo all’udienza all’uopo fissata, o, comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all’avversario, soccombe rispetto alla domanda o al punto di
fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso; e del pari soccombe la
parte avversaria, se rifiuta di prestare il giuramento che le è riferito. Il giudice istruttore, se ritiene giustificata la mancata comparizione della parte che deve prestare
il giuramento, provvede a norma dell’art. 239 c.p.c.
•il giudice deve dichiarare vittoriosa (su tutta la causa o sulla
CC L’efficacia probatoria del giuramento decisorio è particolarmente intensa, poiché:
parte di causa che è investita dai fatti di cui al giuramento) la
parte che ha giurato e soccombente l’altra parte (art. 2738 c.c.
e art. 239 c.p.c.), senza che la controparte possa provare il contrario di quanto giurato);
•l’efficacia decisiva del giuramento resta anche se il giuramento è
riconosciuto o dichiarato falso (art. 2738 c.c.). In questa ipotesi la
parte soccombente potrà ottenere soltanto il risarcimento dei danni, purché sia intervenuta sentenza penale per falso giuramento.
CC Il giuramento suppletorio è deferito d’ufficio dal giudice a una delle parti al fine di
decidere la causa, quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova (c.d. semiplena probatio). Il giuramenGiuramento
to suppletorio è, pertanto, un mezzo complementare e sussidiario nei confronti delsuppletorio
le prove fornite dalle parti o comunque acquisite nel processo.
Esempio: giuramento suppletorio deferito dal giudice su circostanze attinenti alla
formazione di un contratto ai fini dell’interpretazione della volontà dei contraenti.
•è una species del giuramento suppletorio ed è quello deferito al
fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può accertarlo altrimenti;
•può essere deferito dal giudice a una delle parti se non è posGiuramento
estimatorio
CC Il giuramento
estimatorio:
sibile determinare altrimenti il valore della cosa. Il giudice deve
anche determinare la somma fino a concorrenza della quale il
giuramento avrà efficacia;
•essendo ammesso solo per determinare il valore della cosa
domandata, non può essere deferito per accertare il fatto storico del prezzo convenuto e pagato in un contratto di vendita
(Cass. 5753/1981).
98 • Capitolo 9
CC Nel giuramento suppletorio ed estimatorio manca l’elemento della sfida dall’una
all’altra parte, poiché il giuramento è deferito d’ufficio dal giudice in sede di decisione (e quindi dall’organo giudicante) quando ritiene più giusto evitare il rigore della regola dell’onere della prova, acquisendo la conferma (o la smentita) intorno al
suo non ancora fermo convincimento sul fatto stesso, o quando manca di altri elementi per determinare il valore di una cosa.
Giuramento
CC La formula del giuramento suppletorio, come quella del giuramento decisorio, deve
essere risolutiva, ovvero deve essere tale da non richiedere, per la formazione del
convincimento del giudice, ulteriori elementi o argomenti di prova (ad es., se le parti controvertono sull’obbligazione di pagamento di un compenso professionale, è
inammissibile il giuramento deferito sull’esistenza dell’accordo contrattuale tra le
parti senza che la formula specifichi l’entità, le modalità e le caratteristiche del corrispettivo) (Cass. 2601/2001).
6.3 • La testimonianza (artt. 244-257bis c.p.c.)
CC La testimonianza è la narrazione di fatti compiuta, nel corso del processo e
con determinate forme, da soggetti diversi dalle parti.
Nozione
CC I fatti narrati devono essere noti al testimone per scienza propria. Se il testimone
si limita a riferire dichiarazioni altrui, si parla di testimonianza de relato, ammissibile soltanto come supporto ad altre risultanze probatorie (Cass. 4306/2001).
CC La narrazione dei fatti della causa va fatta al giudice. La dichiarazione resa a persona diversa dal giudice non ha l’efficacia probatoria della testimonianza. Ciò non
impedisce che lo scritto contenente la dichiarazione possa essere valutato come
argomento di prova o fonte di presunzioni, come ogni altro scritto proveniente da
un terzo.
•quando il valore dell’oggetto eccede euro 2,58. Tuttavia, il limi-
Limiti
CC La prova per
testimoni non
è ammessa:
te di euro 2,58 è derogabile dal giudice il quale, in relazione al
mutato valore della moneta, è tenuto a valutare la qualità delle
parti, la natura del contratto e ogni altra circostanza prima di negare ingresso alla prova stessa (art. 2721 c.c.). La somma di
euro 2,58 non costituisce più un criterio di distinzione ai fini della prova testimoniale del contratto: per l’ammissibilità di detta
prova occorre, piuttosto, la valutazione dell’importanza economica del contratto, essendo tuttora valida la ratio legis del richiamato art. 2721 c.c., inteso a escludere la prova orale delle obbligazioni di notevole valore economico, che vengono
di solito documentate con atto scritto e in ordine alle quali la genuinità dei testi potrebbe essere compromessa dall’entità degli
interessi in discussione;
•se ha ad oggetto patti aggiunti o contrari che contraddicono
o modificano il contenuto di un documento stipulati prima o contestualmente al documento stesso (art. 2722 c.c.);
•per provare che dopo la formazione di un documento è stato
✃
stipulato un patto aggiunto o contrario al contenuto di esso,
purché, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto e a ogni altra circostanza, appaia verosimile che siano
state fatte aggiunte o modificazioni verbali (art. 2723 c.c.).
Le prove • 99
•quando vi è un principio di prova per iscritto, costituito
Eccezioni al
divieto della
prova testimoniale
CC I suddetti limiti sono
superabili, e la prova
per testimoni è ammessa in ogni caso
(art. 2724 c.c.):
da qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la
quale è diretta la domanda, inidoneo a provare direttamente il fatto ma sufficiente a renderlo verosimile;
•quando il contraente è stato nell’impossibilità morale o
materiale di procurarsi una prova scritta;
•quando il contraente ha senza colpa perduto il documento che gli forniva la prova.
CC Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio (art. 246 c.p.c.).
Incapacità a
testimoniare CC La ratio della norma risiede nell’evitare situazioni che rendano presumibile una certa parzialità — e quindi inattendibilità — del testimone.
CC L’istanza di ammissione della prova testimoniale deve contenere l’indicazione dei
testimoni e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuno di essi deve
deporre (art. 244 c.p.c.).
Ammissione
CC Con l’ordinanza che ammette la prova il giudice istruttore riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge (art. 245 c.p.c.).
CC Il giudice può anche disporre d’ufficio la prova testimoniale, formulando i capitoli, quando le parti, nell’esposizione dei fatti, si sono riferite a persone in grado di
conoscere la verità (art. 281ter c.p.c.).
CC Dopo la fissazione dell’udienza per l’audizione dei testimoni, la parte interessata
alla loro deposizione intima ai testimoni di comparire all’udienza.
CC L’intimazione può
essere effettuata:
Intimazione
ai testimoni
•tramite l’ufficiale giudiziario;
•direttamente dal difensore a mezzo di lettera raccomandata, telefax o posta elettronica (art. 103 disp. att. c.p.c.).
CC L’intimazione non è un atto indispensabile, perché il giudice può sentire il testimone
anche se compare spontaneamente o su invito verbale dell’una o dell’altra parte.
CC Tuttavia, l’intimazione impedisce, nel caso di mancata comparizione del testimone, la dichiarazione di decadenza dalla prova (art. 104 disp. att. c.p.c.).
•ordinare una nuova intimazione, oppure;
•disporne l’accompagnamento coattivo all’udienza stesCC Se il testimone regolarmente intimato non si presenta,
il giudice istruttore
Te s t i m o n e
può:
assente
sa o ad altra successiva;
•condannarlo, in caso di mancata comparizione senza giustificato motivo, a una pena pecuniaria non inferiore a
100 euro e non superiore a 1.000 euro. In caso di ulteriore
mancata comparizione senza giustificato motivo, il giudice
dispone l’accompagnamento del testimone all’udienza stessa o ad altra successiva e lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a 200 euro e non superiore a 1.000 euro.
CC Se il testimone si trova nell’impossibilità di presentarsi o è esentato a presentarsi dalla legge o dalle convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nell’ufficio (art. 255 c.p.c.).
100 • Capitolo 9
CC I testimoni sono esaminati separatamente (art. 251, co. 1, c.p.c.).
Giuramento
CC Il giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza religiosa (se
credente) e morale del giuramento e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti (art. 372 c.p.), e legge la formula: «consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio, se credente, e agli uomini, giurate di dire la verità, null’altro che la verità». Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: «lo giuro»
(art. 251, co. 2, c.p.c.).
CC Prima della deposizione il testimone è invitato a dichiarare i suoi rapporti
con una delle parti o i suoi interessi nella causa (art. 252 c.p.c.).
CC Il giudice interroga il testimone rivolgendogli le domande che ritiene utili a
chiarire i fatti medesimi. Le domande possono riguardare anche circostanDomande e risposte
ze non esplicitamente dedotte, purché attinenti ai fatti articolati.
CC È vietato, alle parti e al pubblico ministero, interrogare direttamente i testimoni, i quali devono rispondere personalmente con le modalità che l’art.
231 c.p.c. indica per l’interrogatorio formale della parte (art. 253 c.p.c.).
•se vi sono divergenze tra le deposizioni di due o più
testimoni, può disporre che siano messi a confronto
(art. 254 c.p.c.);
•se uno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza
Confronto e rinnovazione dell’esame
CC Il giudice:
dei fatti, ad altre persone, può disporre che siano chiamate a deporre (art. 257, co. 1, c.p.c.);
•può disporre che siano sentiti testimoni in precedenza
esclusi;
•può disporre che siano nuovamente interrogati testimoni già sentiti per ottenere chiarimenti o eliminare
eventuali irregolarità (art. 257, co. 2, c.p.c.);
•può escludere le deposizioni che ritiene superflue.
•il giudice, su accordo delle parti, può chiedere al testimone di fornire, per iscritto e nel termine fissato, le
risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato;
•il testimone rende la deposizione compilando l’appoTestimonianza scritta
CC L’art. 257bis c.p.c.
prevede la testimonianza scritta. La disciplina è
la seguente:
sito modello di testimonianza, che spedisce in busta
chiusa o consegna alla cancelleria del giudice;
•se il testimone non spedisce o non consegna le risposte scritte nel termine stabilito, il giudice può condannarlo alla pena pecuniaria di cui all’art. 255 co. 1,
c.p.c.;
•il giudice, esaminate le risposte o le dichiarazioni, può
✃
sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato.
Le prove • 101
Schema n. 12
La prova testimoniale
La prova per testimoni deve essere dedotta
mediante indicazione specifica delle persone da interrogare
e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata
la prova testimoniale deve avere ad oggetto fatti obiettivi e non apprezzamenti o valutazioni
richiedenti conoscenze tecniche o nozioni di esperienza non rientranti nel notorio
con l’ordinanza che ammette la prova il giudice riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti
ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge
l’ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni di comparire
nel luogo, nel giorno e nell’ora fissati
dopo il giuramento e l’identificazione del testimone, il giudice lo interroga sui fatti
intorno ai quali è chiamato a deporre
alle parti è vietato interrogare direttamente i testimoni (divieto ampiamente violato nella prassi)
se la parte senza giusto motivo non fa chiamare i testimoni davanti al giudice,
questi la dichiara, anche d’ufficio, decaduta dalla prova, salvo che l’altra parte
dichiari di avere interesse all’audizione
se il testimone regolarmente intimato non si presenta,
il giudice può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l’accompagnamento coattivo
in caso di mancata comparizione senza giustificato motivo
il giudice può condannare il testimone a una pena pecuniaria
su accordo delle parti può essere assunta la testimonianza scritta
102 • Capitolo 9
6.4 • L’ispezione
CC L’ispezione di luoghi, di cose mobili e immobili, o delle persone è disposta dal giudice istruttore, il quale fissa il tempo, il luogo e il modo dell’ispezione (art. 258 c.p.c.).
CC All’ispezione procede personalmente il giudice istruttore, assistito, quando occorre, da un consulente tecnico anche se l’ispezione deve eseguirsi fuori della circoscrizione del tribunale, tranne che esigenze di servizio gli impediscano di allontanarsi dalla sede. In tal caso delega il giudice istruttore del luogo (art. 259 c.p.c.).
CC Il giudice istruttore può astenersi dal partecipare all’ispezione corporale e disporre
che vi proceda il solo consulente tecnico. All’ispezione corporale deve procedersi
con ogni cautela diretta a garantire il rispetto della persona (art. 260 c.p.c.).
Generalità
CC Il giudice istruttore può sentire testimoni per informazioni e dare i provvedimenti necessari per l’esibizione della cosa o per accedere alla località. Può anche disporre
l’accesso in luoghi appartenenti a persone estranee al processo, sentite se è possibile queste ultime, e prendendo in ogni caso le cautele necessarie alla tutela dei
loro interessi (art. 262 c.p.c.).
7 La consulenza tecnica (artt. 191-201 c.p.c.)
CC La consulenza tecnica d’ufficio non costituisce un mezzo di prova, ma è finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice, di un parere tecnico necessario, o quantomeno utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze.
Generalità
Funzione
CC La nomina del consulente rientra nel potere discrezionale del giudice, che può
provvedervi anche senza alcuna richiesta delle parti; sicché ove la parte ne faccia
richiesta, non si tratta di un’istanza istruttoria in senso tecnico, ma di una mera sollecitazione rivolta al giudice affinché questi, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo; ne consegue che una tale richiesta non può mai considerarsi tardiva, ancorché formulata dalla parte che si è costituita tardivamente
in giudizio (Cass. 9461/2010).
CC La consulenza tecnica è un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratto alla disponibilità delle parti e affidato alla prudente valutazione del giudice, il
quale può ricorrere alla consulenza soltanto per risolvere questioni di fatto che presuppongono cognizioni di ordine tecnico e non giuridico (Cass. 996/1999).
CC Il giudice istruttore nomina il consulente con ordinanza, formula i quesiti e fissa
l’udienza nella quale il consulente deve comparire (art. 191 c.p.c.).
Nomina del CC Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quanconsulente
do la legge espressamente lo dispone.
CC L’ordinanza di nomina è notificata al consulente tecnico a cura del cancelliere, con
invito a comparire all’udienza fissata dal giudice.
✃
Astensione e
ricusazione
CC Il consulente che non ritiene di accettare l’incarico o quello che, obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l’ha
nominato almeno tre giorni prima dell’udienza di comparizione; nello stesso termine le parti devono proporre le loro istanze di ricusazione mediante ricorso al giudice (art. 192 c.p.c.).
Le prove • 103
Astensione e
ricusazione
CC La mancata proposizione dell’istanza di ricusazione preclude la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la
consulenza rimane ritualmente acquisita al processo (Cass. 12004/2009).
Giuramento
CC All’udienza di comparizione il giudice ricorda al consulente l’importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità (art. 193 c.p.c.).
•valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulenConsulente
deducente e
percipiente
CC Il giudice può affidare al
consulente l’incarico di:
te deducente);
•accertare i fatti (consulente percipiente), e in tal caso
la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva
di prova.
•assiste
alle udienze alle quali è invitato dal giudice
istruttore;
Attività del
consulente
•compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le
CC Il consulente tecnico:
indagini necessarie;
•previa autorizzazione del giudice, può chiedere chiarimenti alle parti, assumere informazioni da terzi ed
eseguire piante, calchi e rilievi.
•nominare
CC Le parti possono:
un consulente tecnico di fiducia (art. 201
c.p.c.), per assistere alle operazioni del consulente del
giudice, partecipare all’udienza ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, chiarire e svolgere osservazioni sui risultati delle indagini tecniche;
•intervenire alle operazioni del consulente in persona o
a mezzo dei propri consulenti tecnici e difensori;
Il ruolo delle
parti
•presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze (art. 194 c.p.c.).
CC Ovviamente, le parti possono formulare critiche solo dopo il deposito della relazione del consulente tecnico d’ufficio, poiché il diritto di intervenire alle operazioni tecniche anche a mezzo dei propri consulenti tecnici deve essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della relazione medesima, che è atto riservato al
consulente d’ufficio, ma soltanto all’accertamento materiale dei dati da elaborare
(Cass. 24792/2010).
CC Delle indagini del consulente si forma apposito verbale quando sono compiute con
l’intervento del giudice, il quale però può disporre che il consulente rediga relazione scritta. Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice, il consulente deve farne relazione.
Relazione
tecnica
CC La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine
stabilito dal giudice con ordinanza.
CC Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono
trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine entro
il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni
delle parti e una valutazione sulle stesse (art. 195 c.p.c.).
104 • Capitolo 9
•disporre indagini tecniche suppletive o integrative;
•sentire per chiarimenti il consulente tecnico d’ufficio
sulla relazione già depositata;
•rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo
Poteri
del giudice
CC Il giudice può sempre:
Esame contabile
CC Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice può darne incarico al consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti. Il consulente sente le parti e, previo consenso di tutte, può esaminare documenti e registri non prodotti in causa (art. 198 c.p.c.). Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente tecnico e inserito nel fascicolo d’ufficio. Il giudice istruttore attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale (art. 199 c.p.c.).
Se la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore (art. 200 c.p.c.).
l’ausiliare del giudice (art. 196 c.p.c.). Se la parte chiede la rinnovazione delle indagini tecniche, specificando le ragioni della richiesta, il giudice è libero di disporla o meno, ma nel caso in cui non la disponga è tenuto a motivare la sua scelta (Cass. 14775/2004).
Osservazioni
✃
La consulenza di parte, ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, con la conseguenza che il giudice, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni con essa incompatibili e conformi al parere del consulente tecnico d’ufficio (Cass. 2063/2010).
Le prove • 105
Schema n. 13
La consulenza tecnica d’ufficio
La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio,
avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione
di questioni che necessitano di specifiche conoscenze
ne consegue che non può essere utilizzata per esonerare la parte dal fornire la prova
delle proprie affermazioni, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda, con essa,
a compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati
All’udienza di comparizione-trattazione,
o con ordinanza successiva emessa fuori udienza, il giudice
nomina il
consulente tecnico
formula i quesiti
fissa l’udienza nella quale il
consulente deve comparire per
prestare giuramento
Normalmente l’attività del consulente è documentata da una relazione scritta,
trasmessa alle parti, le quali possono formulare osservazioni
106 • Capitolo 9