TUTTI I DIRITTI RISERVATI Vietata la riproduzione anche parziale Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Simone S.p.A. (art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30) Direzione e coordinamento redazionale: dott.ssa Rossana Petrucci Hanno collaborato alla revisione del testo le dott.sse Monica Formicola e Gabriela Gianturco Finito di stampare nel mese di settembre 2011 dalla «INK & PAPER s.r.l.» - Via Censi dell’Arco, 22 - Cercola - Napoli per conto della SIMONE S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80133 - Napoli Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno Premessa Questa nuova edizione ha in comune, con l’edizione precedente, soltanto il titolo e la casa editrice. Si tratta, infatti, di un’edizione del tutto nuova, interamente riscritta, con numerosi argomenti nuovi e una diversa collocazione sistematica. Il volume è aggiornato alle riforme estive che hanno interessato il processo civile e, in particolare, al recentissimo provvedimento sulla semplificazione dei riti civili, che in realtà ha lasciato inalterata la molteplicità dei procedimenti e ha semplificato soltanto i testi di legge da consultare.� Sul piano «didattico» il volume costituisce un utile strumento di ripasso, da affiancare al manuale tradizionale, per coloro i quali, già avviati allo studio della procedura civile, intendano perfezionare la propria preparazione in vista di esami e concorsi. Il volume, strutturato in tavole sinottiche e schemi che consentono di individuare immediatamente i punti salienti di ogni argomento e di sviluppare collegamenti tra i vari istituti, è stato totalmente riscritto per rispondere sempre più alle esigenze di completezza e aggiornamento di quanti si accostano allo studio del processo civile. In questa nuova edizione i vari argomenti sono stati organizzati secondo una disposizione originale, non appiattita sulla sequenza del codice di procedura civile, ma organizzata secondo criteri di affinità strutturale tra i vari istituti. Ad esempio, il processo del giudice di pace è stato collocato tra i riti speciali a cognizione piena e non, come normalmente accade, nell’ambito del processo di cognizione. Inoltre, si è dato spazio, senza tuttavia appesantire la trattazione, al dato giurisprudenziale, soprattutto agli orientamenti dettati dalle Sezioni Unite della Cassazione, dai quali non si può prescindere neanche in sede di preparazione degli esami universitari. Il lavoro si giova di un dettagliato e completo indice sistematico-analitico, che consente una rapida ricerca degli argomenti trattati. Massimiliano Di Pirro Capitolo 1 L’attività giurisdizionale 1Nozione (artt. 1-5 c.p.c.) La giurisdizione (dal latino iurisdictio: «affermazione del diritto») CC È la manifestazione del potere giudiziario, cioè di quello tra i tre poteri dello Stato (potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario, secondo la tradizionale tripartizione elaborata dal filosofo illuminista Montesquieu) finalizzato a garantire l’applicazione concreta delle norme giuridiche (Mandrioli). CC Riguarda tutti i casi in cui lo Stato interviene, attraverso il potere giudiziario, per dare attuazione concreta alle norme giuridiche e, quindi, non solo alle norme di diritto civile, ma anche a quelle di diritto penale, amministrativo, tributario ecc. Pertanto, a seconda delle norme violate, si parla di giurisdizione civile, penale, amministrativa, tributaria ecc. Differenze La distinzione tra giurisdizione penale, civile e amministrativa è fondata sulla natura dell’interesse da tutelare: — la giurisdizione civile si occupa dei diritti soggettivi ed è quella diretta a realizzare ogni altro interesse tutelato da norme del diritto privato, chiunque sia il suo titolare; — la giurisdizione penale si occupa dei reati ed è quella preposta all’attuazione delle norme penali, le quali si contraddistinguono per il fatto che sono munite di sanzione penale (reclusione, multa, arresto, ammenda), irrogata dalla autorità giudiziaria mediante processo; — la giurisdizione amministrativa si occupa di interessi legittimi ed è quella che ha ad oggetto rapporti pubblici affidati ad organi di giurisdizione speciale (T.A.R. e Consiglio di Stato). 2 La giurisdizione civile CC Salvo diversa indicazione normativa, ha ad oggetto la tutela dei diritti soggettivi (diritti della personalità, diritti reali, diritti di credito ecc.). ✃ Caratteri CC Ha natura sostitutiva, in quanto dà attuazione, attraverso l’intervento sostitutivo del giudice, alle norme sostanziali violate (Chiovenda). Peraltro, non tutti i fenomeni qualificati come attività giurisdizionale rientrano nella suddetta definizione. Ad es., nella giurisdizione volontaria l’intervento dell’Autorità giudiziaria non è finalizzato all’accertamento e alla tutela di un diritto già perfetto, ma spesso avviene nel momento di formazione del diritto. La giurisdizione volontaria, quindi, ha una funzione integrativa, più che sostitutiva, e non trae necessariamente origine da una situazione di conflitto. L’attività giurisdizionale • 5 ––il giudice interviene per dichiarare l’esistenza o meno di un diritto indipendentemente dalla violazione di una norma; ––deve sussistere una situazione di incertezza relativa a diritti o rapporti giuridici che non sia eliminabile senza l’intervento del giudice; CC è finalizzata, alternativamente, ad accertare un diritto (giurisdizione di mero accertamento), a condannare un soggetto a dare, fare o non fare qualcosa (giurisdizione di condanna) oppure a costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico (giurisdizione costitutiva). •Giurisdizione di mero accertamento CC Si articola in un procedimento destinato a concludersi con una pronuncia (normalmente, una sentenza) che Attività giuristabilisce «chi ha ragione e sdizionale di chi ha torto». cognizione CC Si svolge nel contraddittorio tra le parti, le quali possono sostenere le proprie ragioni attraverso prove documentali, prove orali ecc. ––esempio: il datore di lavoro può proporre una domanda per accertare che una serie di assenze del lavoratore integrano un grave inadempimento costituente giusta causa di licenziamento, perché essa, ferma restando la necessità che il successivo licenziamento disciplinare rispetti la procedura dell’art. 7, L. 300/1970, vale a rendere incontestabile, nell’ambito di tale procedura, la situazione giuridica accertata dal giudice. ––tende a produrre una modificazione giuridica, ossia a costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico; ––può essere necessaria, se il CC Può essere contestata da chi • Giurisdizione ha perso (c.d. soccombente) costitutiva con i mezzi di impugnazione (art. 2908 c.c.) (appello, ricorso in cassazione ecc.). CC In caso di mancata impugnazione, il provvedimento giurisdizionale diventa definitivo (c.d. cosa giudicata). diritto può essere attuato esclusivamente dal giudice (ad es., separazione dei coniugi, interdizione, inabilitazione ecc.), oppure non necessaria, come nel caso dell’obbligo di contrarre assunto con un contratto preliminare rimasto ineseguito e attuabile con sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c. ––con essa si chiede, oltre all’ac•Giurisdizione di condanna certamento del diritto che si vuol far valere, l’affermazione di un diritto violato e del conseguente bisogno di una sua riparazione; ––si svolge in vista della futura esecuzione forzata. 6 • Capitolo 1 Attività giurisdizionale di esecuzione CC Mira a ottenere l’attuazione pratica del diritto del creditore, anche contro la volontà del debitore (ad esempio, attraverso il pignoramento dei beni del debitore). CC Presuppone l’accertamento del diritto di credito contenuto in un documento, il titolo esecutivo, ossia il documento contenente l’accertamento (la copia della sentenza spedita in forma esecutiva, la cambiale, l’assegno ecc.). CC Mira a impedire che il diritto da tutelare venga pregiudicato durante il tempo necessario per ottenere la tutela giurisdizionale. Attività giurisdizionale cautelare CC Non è un’attività autonoma ma è strumentale all’attività di cognizione o di esecuzione. Ciò comporta che tale funzione non presenta caratteri autonomi ma, a seconda dei casi, presenta quelli propri della cognizione o quelli dell’esecuzione, oppure di entrambe. 3 La tutela giurisdizionale civile come diritto soggettivo La giurisdizione civile è uno dei pilastri dello Stato, indispensabile per garantirne la stabilità e la stessa esistenza. CC L’attività giurisdizionale si rivolge ai soggetti privati (cittadini o extracomunitari) e ai soggetti pubblici, che sono i titolari dei diritti protetti dall’ordinamento, ai quali spetta la scelta di rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere tutela (principio dispositivo). Destinatari CC L’accesso alla funzione giurisdizionale è un diritto soggettivo, come precisa l’art. 24 Cost., che garantisce a tutti la possibilità di agire in giudizio a tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Spetta al soggetto bisognoso di tutela decidere se agire in giudizio (da qui il termine processuale di «attore») e chiedere la tutela giurisdizionale del proprio diritto leso. CC Il destinatario passivo della richiesta di tutela («convenuto» o «resistente») può difendersi facendo valere le proprie ragioni. CC A tutti coloro che intendano agire o difendersi nel processo ma non ne abbiano le possibilità economiche devono essere assicurati, con appositi istituti, i mezzi per far valere le proprie ragioni davanti a ogni giurisdizione. Il diritto di difesa, quindi, spetta a chiunque: l’ordinamento deve garantire a tutti la possibilità di ottenere un’effettiva tutela giurisdizionale dei propri diritti, ma non può obbligare il soggetto a chiedere quella tutela. Osservazioni ✃ Sono eccezionali le ipotesi in cui la tutela giurisdizionale può essere chiesta da soggetti diversi dal titolare del diritto leso. Si pensi, ad esempio: — agli artt. 69-70 c.p.c. sull’azione civile e sui casi di intervento del pubblico ministero; — all’art. 81 c.p.c. sulla sostituzione processuale; — all’art. 112 Cost. sull’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale. L’attività giurisdizionale • 7 4 La perpetuatio iurisdictionis (art. 5 c.p.c.) •sono irrilevanti i successivi mutamenti di quella Momento determinante la giurisdizione CC Ai sensi dell’art. 5 c.p.c. la giurisdizione, al pari della competenza, si determina con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda (c.d. perpetuatio iurisdictionis). Ciò significa che: legge o di quello stato di fatto. Tale principio costituisce una deroga al più generale principio in base al quale gli atti processuali sono regolati dalla legge vigente al momento in cui vengono compiuti (tempus regit actum); •la regola della perpetuatio iurisdictionis risponde a esigenze di economia processuale e di tutela della ragionevole durata del processo, poiché in mancanza di tale regola si correrebbe il rischio che un processo, nel corso del suo svolgimento, venga spostato da un giudice all’altro a causa di mutamenti di diritto o di fatto successivi al suo inizio. 5Giudici ordinari e giudici speciali CC la giurisdizione civile è esercitata da giudici ordinari (art. 1 c.p.c.), vale a dire da giudici istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario, facendo salva la possibilità di deroga da parte di specifiche disposizioni di legge; Il rapporto tra giudici ordinari e giudici speciali è disciplinato dalle seguenti regole: CC è vietato istituire giudici speciali o straordinari (art. 102 Cost.), ma possono essere istituite sezioni specializzate per determinate materie, anche mediante la partecipazione di cittadini estranei alla magistratura dotati di apposite competenze negli specifici settori devoluti alle sezioni specializzate: si pensi, ad esempio, alle sezioni specializzate agrarie e ai Tribunali per i minorenni. In alcuni casi, però, per la particolare complessità della materia sono state istituite sezioni specializzate senza ricorrere a persone estranee alla magistratura: si pensi, ad esempio, alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale, composte esclusivamente da giudici togati (D.Lgs. 168/2003). Osservazioni La VI disposizione di attuazione della Costituzione fa salva la presenza di alcuni giudici speciali (il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti e i Tribunali Militari) e prevedeva l’obbligo di procedere, entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione, alla revisione degli organi speciali istituiti in precedenza, ma tale obbligo è rimasto lettera morta. Pertanto, sono tuttora presenti diversi giudici speciali, oltre a quelli espressamente salvati dalla VI disposizione di attuazione della Costituzione, quali il Tribunale Superiore delle acque pubbliche, i Commissari regionali liquidatori degli usi civici e le Commissioni tributarie. 8 • Capitolo 1 6Difetto di giurisdizione e regolamento di giurisdizione (artt. 37 e 41 c.p.c.) CC L’art. 37, co. 1, c.p.c. dispone che il difetto di giurisdizione del giudice ordinario può sempre essere rilevato anche d’ufficio in qualunque stato e grado del processo. Rapporti tra la giurisdizione dei giudici ordinari e dei giudici speciali e rapporti tra il giudice ordinario e la pubblica amministrazione CC La Cassazione, con la sentenza a Sezioni Unite n. 24883/2008, ha riscritto l’art. 37 c.p.c., espungendo dal testo le parole «e grado», per cui soltanto il giudice di primo grado (tribunale e giudice di pace) può dichiarare d’ufficio (cioè, di propria iniziativa) la sua carenza di giurisdizione, mentre il giudice d’appello può occuparsi della questione solo se è sollecitato da un espresso motivo di impugnazione proposto dalla parte contro la sentenza di primo grado che ha dichiarato esistente la giurisdizione. CC L’art. 59, L. 69/2009 prevede che il giudice che si dichiara privo di giurisdizione deve indicare il giudice munito di giurisdizione e il passaggio del processo da un giudice all’altro (translatio iudicii) fa salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda presentata al giudice sfornito di giurisdizione, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Differenze Con riferimento al difetto di giurisdizione rilevato davanti al giudice amministrativo, la translatio è disciplinata dall’art. 11, D.Lgs. 104/2010 (Codice del processo amministrativo), entrato in vigore il 16 settembre 2010. Dal confronto di questa nuova disposizione con l’art. 59, L. 69/2009 emergono due novità: — l’espressa previsione dell’applicabilità, da parte del giudice davanti al quale il processo è riassunto, della rimessione in termini per errore scusabile con riguardo alle decadenze e alle preclusioni già intervenute (co. 5); — la perdita di efficacia dei provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice poi dichiaratosi privo di giurisdizione, decorsi 30 giorni dalla pubblicazione della pronuncia declinatoria della giurisdizione (co. 6). 7Giudice ordinario e atti amministrativi •le cause per contravvenzioni, ossia tut- ✃ Ambito della giurisdizione amministrativa del g.o. CC La giurisdizione del giudice ordinario (g.o.), civile e penale, in relazione agli atti amministrativi, è determinata dall’art. 2, L. 2248/1865, all. E, in base al quale sono devolute al giudice ordinario: te le violazioni della legge penale; •le cause nelle quali si faccia questione di un diritto soggettivo, escluse le materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; •le cause nelle quali la P.A. è parte del processo e quelle che si svolgono tra altri soggetti intorno a questioni che interessano l’azione amministrativa. L’attività giurisdizionale • 9 CC Il g.o. può conoscere soltanto gli effetti dell’atto amministrativo. CC Il sindacato del g.o. è limitato alla valutazione della legittimità dell’atto e non si estende al merito dell’atto, ossia all’opportunità e alla convenienza dell’atto. CC Il g.o. non può incidere sull’atto amministrativo, anche se illegittimo, per cui non può annullarlo o revocarlo. I poteri del g.o. (artt. 2, 4 e 5, L. 2248/1865, all. E) CC Il g.o. può disapplicare gli atti amministrativi, ossia non tenerne conto ai fini del processo, se sono stati emanati dall’amministrazione in carenza di potere per totale estraneità alla tipologia dei provvedimenti previsti dall’ordinamento, dovendosi invece escludere la disapplicazione dell’atto amministrativo nei casi di vizi di merito dell’atto amministrativo, inerenti alla scelta in concreto di strumenti inadeguati per realizzare le finalità previste dalla legge. CC Il g.o. può condannare la P.A. al risarcimento del danno nei casi di comportamenti materiali della P.A. posti in essere in assenza di un provvedimento amministrativo (Cass. S.U. 2688/2007). CC Le azioni possessorie sono ammissibili nei confronti della P.A. che abbia agito come qualunque soggetto privato, oppure al di fuori dei suoi poteri autoritativi o dei suoi fini istituzionali o in via solo materiale o in assenza di un provvedimento ablativo. CC Anche le azioni nunciatorie (azioni di nuova opera e di danno temuto) sono ammesse, se la P.A. ha agito in carenza assoluta di poteri o se riguardano non l’opera in sé ma le sue modalità di esecuzione o se investono comportamenti omissivi. 8Risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi Diritto soggettivo e interesse legittimo CC Il diritto soggettivo è il potere di agire (agere licere) per il soddisfacimento di un proprio interesse protetto dall’ordinamento: ad es., se un estraneo occupa abusivamente il mio terreno, viola il mio diritto di proprietà, e posso agire per fargli rimuovere i materiali. CC L’interesse legittimo è il potere di controllare il corretto esercizio delle pubbliche funzioni: ad es., il candidato a un concorso pubblico non ha il diritto soggettivo di vincerlo, ma ha soltanto un interesse legittimo al suo regolare svolgimento, e potrà chiedere l’annullamento degli atti illegittimi. CC Con la rivoluzionaria sentenza n. 500/1999, le Sezioni unite della Cassazione hanno affermato, in controtendenza rispetto alla giurisprudenza precedente, la risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi, poiché ai fini della responsabilità extracontrattuale non assume rilevanza la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal danneggiato. CC La risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi prescinde da una Risarcibilità del danprevia decisione di annullamento del giudice amministrativo. no da lesione di inteCC Il giudice ordinario può accertare l’illegittimità dell’atto amministrativo ai ressi legittimi soli fini del risarcimento del danno. CC Spetta al giudice ordinario determinare l’an e il quantum della responsabilità della P.A. CC Dopo la sentenza delle Sezioni Unite il legislatore (art. 7, L. 205/2000) ha espressamente previsto la risarcibilità del danno ingiusto da parte del giudice amministrativo (Tar e Consiglio di Stato). 10 • Capitolo 1 Osservazioni Secondo un orientamento, va respinta la domanda di risarcimento dei danni causati da un provvedimento illegittimo se prima non si è chiesto l’annullamento dell’atto, poiché il giudice non può qualificare come fatto illecito una situazione che, non essendo stata rimossa mediante gli specifici rimedi, l’ordinamento riconosce e garantisce come produttiva di effetti (Cass. 4538/2003). Un indirizzo opposto ammette la risarcibilità del danno indipendentemente dall’annullamento dell’atto lesivo (Cass. S.U. 5025/2010). L’art. 30, D.Lgs. 104/2010 (Codice del processo amministrativo), con riferimento all’azione diretta a ottenere il risarcimento del danno, si colloca in una posizione intermedia, prevedendo la proponibilità di tale azione anche in via autonoma, ma solo entro limiti determinati (anche temporali) ed esclusivamente nei casi di giurisdizione esclusiva. Nel determinare il risarcimento del danno, il Codice prevede che il giudice esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti. 9 La giurisdizione italiana nelle cause «internazionali» Il diritto internazionale privato CC La L. 218/1995 si occupa del diritto internazionale privato, cioè delle norme che disciplinano le controversie che presentano elementi di estraneità rispetto all’ordinamento italiano. Si pensi, ad es., a un contratto stipulato all’estero da un cittadino italiano o a un matrimonio celebrato a Parigi da un italiano con una donna francese. CC L’art. 3, L. 218/1995 stabilisce che la giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante autorizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 c.p.c. e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. •quando non c’è giurisdizione del giudice italiano in base all’art. 3, L. 218/1995, essa nondimeno sussiste se le parti l’abbiano accettata e tale accettazione sia provata per iscritto, ovvero il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo; Ambito della giurisdizione italiana ✃ CC L’art. 4, L. 218/1995 aggiunge che: •la giurisdizione italiana può essere derogata dalle parti a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga è provata per iscritto e la causa riguarda diritti disponibili. Ad esempio, la giurisdizione italiana non può essere derogata nelle controversie di lavoro (a meno che ciò sia previsto nei contratti e accordi collettivi), trattandosi di diritti indisponibili (Cass. S.U. 10219/2006). L’attività giurisdizionale • 11 • il giudice straniero declina la giurisdizione; ––l’ordinamento CC La clausola di deroga alla giuInefficacia risdizione italiadella deroga na è inefficace in due casi: prescelto dalle parti si rifiuta di decidere; ––il giudice straniero ha deciso nel me•il giudice straniero non può decidere la controversia perché: rito ma la pronuncia non è stata riconosciuta in Italia; ––pur in presenza di una valida clausola di deroga, è prevedibile, sulla base della legge processuale dell’ordinamento competente, il diniego di tutela da parte di quest’ultimo. 10 La giurisdizione italiana nei confronti del cittadino straniero e dello Stato straniero CC La qualità di straniero assume rilevanza marginale ai fini dell’applicazione delle regole processuali, sia perché «lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino», a condizione di reciprocità (art. 16 disp. prel. c.c.), sia perché la legge italiana non impedisce allo straniero l’accesso alla giurisdizione italiana. Pertanto, lo straniero può sempre agire davanti ai giudici italiani contro un cittadino italiano (Cass. S.U. 1309/1993). Attore CC Il diritto di agire, davanti ai giudici italiani, contro un cittadino italiano, spetta allo straniero e all’apolide domiciliato e residente in Italia, senza che rilevi la circostanza che lo straniero che agisce in giudizio sia o meno rifugiato politico, poiché tale condizione viene presa in considerazione dall’art. 19, L. 218/1995 non per determinare la giurisdizione, ma per individuare la legge sostanziale applicabile al rapporto (Cass. S.U. 46/2001). Convenuto CC Se lo straniero è convenuto, la giurisdizione italiana sussiste se egli è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 c.p.c., e negli altri casi in cui è prevista dalla legge (art. 3, L. 218/1995). CC La giurisdizione del giudice italiano nei confronti di uno Stato straniero sussiste se quest’ultimo ha compiuto atti che rientrano tra i crimini contro l’umanità e violano i diritti umani fondamentali. Lo Stato re- CC La regola di diritto internazionale generale, applicabile grazie all’art. 10 Cost., che sponsabile riconosce l’immunità degli Stati esteri per le attività nelle quali vi è l’esercizio di un potere sovrano, non trova applicazione se lo Stato che invoca l’immunità ha commesso atti che ledono i diritti inviolabili della persona, poiché deve essere assicurata la prevalenza delle norme di rango più elevato. Osservazioni Il domicilio di una persona è il luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi (art. 43, co. 1, c.c.). La residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale (art. 43, co. 2, c.c.). La dimora è il luogo nel quale la persona attualmente vive. 12 • Capitolo 1 11Diritto dell’Unione europea e processo civile CC In forza dei principi di effettività e non discriminazione, le autorità nazionali hanno l’obbligo di applicare, anche d’ufficio, le norme di diritto dell’Unione europea, se necessario attraverso la disapplicazione del diritto nazionale eventualmente contrastante (Cass. 4769/2005). CC Per l’efficacia diretta della fonte dell’Unione europea si richiede la presenza di un obbligo giuridico sufficientemente chiaro e preciso nei confronti degli Stati membri, incondizionato e attuabile o eseguibile senza la necessità dell’esercizio di un potere discrezionale da parte degli Stati membri o delle istituzioni dell’Unione europea. Principi generali CC Quando sorge, nel corso del processo, una questione di interpretazione di una norma dell’Unione europea, il giudice italiano può (e addirittura deve, se giudice di ultima istanza) sospendere il processo e rimettere la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea la quale è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale (art. 267 TFUE). CC Tuttavia, il giudice nazionale — ancorché di ultima istanza — non è obbligato a disporre il rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione europea qualora la questione interpretativa non riguardi direttamente norme europee o non sussistano reali dubbi sulla loro interpretazione (Cass. 17953/2003). Diritto originario del­ l’Unione europea CC Trattati istitutivi delle Comunità Europee e atti di modifica successivi (protocolli), quali l’Atto Unico Europeo, il Trattato sull’Unione europea (Trattato di Maastricht), il Trattato di Amsterdam, il Trattato di Nizza e il Trattato di Lisbona. CC Regolamenti: provvedimenti aventi portata generale, obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri senza necessità di una legge statale di recepimento. La loro funzione è quella di creare norme giuridiche uniformemente applicabili in tutti gli Stati membri. CC Direttive: provvedimenti che vincolano lo Stato membro al quale sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma resta salva la competenza degli organi nazionali sulla scelta degli strumenti per realizzare tali finalità. Affinché la direttiva sia efficace nei confronti dei singoli cittadini è necessario un atto di recepimento del legislatore nazionale, grazie al quale il diritto nazionale viene adeguato agli obiettivi fissaDiritto derivato del­ ti nella direttiva. l’Unione europea CC Direttive autoesecutive: di norma, soltanto l’atto di recepimento della di- ✃ rettiva fa sorgere diritti a favore dei cittadini, oppure obblighi a loro carico, per cui le direttive non sono provviste di efficacia diretta. Tuttavia, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che le direttive sono direttamente applicabili in uno Stato membro (direttive self-executing o autoesecutive), senza che sia necessario l’atto di recepimento da parte dello Stato, qualora le disposizioni della direttiva siano chiare e precise nella determinazione dei diritti in capo ai soggetti e sia scaduto il termine di recepimento della direttiva. In presenza di una direttiva self-executing, trascorso il termine concesso allo Stato membro per il suo recepimento il cittadino di uno degli Stati appartenenti all’Unione europea può promuovere un’azione diretta a far valere il diritto attribuito dalla direttiva. L’attività giurisdizionale • 13 CC In caso di mancato recepimento, le norme contenute in una direttiva non possono creare obblighi a carico di un singolo e non possono, quindi, essere fatte valere nei loro confronti. CC Tuttavia, in base alla giurisprudenza della Corte di GiuMancato recepimenstizia alla quale si è uniformato della direttiva ta la Corte di Cassazione italiana (cfr. sent. 10813/2011), il cittadino può chiedere il risarcimento dei danni subiti a causa del mancato recepimento di una direttiva da parte dello Stato qualora: •la direttiva preveda l’attribuzione di diritti a favore di soggetti privati; •il contenuto dei diritti sia desumibile dalla direttiva stessa •esista un rapporto di causa/effetto tra la violazione dell’obbligo di recepimento che incombe sullo Stato e il danno subito dal privato Schema n. 1 Giurisdizione (artt. 1-5 c.p.c.) Giurisdizione (artt. 1-5) civile (tutela dei diritti) penale (accertamento dei reati) di cognizione (accertamento dei diritti) esecuzione (attuazione dei diritti) cautelare (assicurare l’utilità della tutela di cognizione) amministrativa (tutela dei privati nei confronti della P.A.) volontaria (gestione di un negozio o un affare privato) Giudice civile Giudice di pace monocratico 14 • Capitolo 1 Tribunale Corte d’appello Corte di cassazione collegiale Capitolo 2 La competenza 1Nozione (artt. 7-30bis c.p.c.) CC La competenza è la misura della giurisdizione, ossia quella parte di giurisdizione che in concreto spetta a un determinato giudice rispetto a una determinata causa. Generalità CC Il problema della competenza nasce dopo la soluzione, in senso affermativo, del problema della giurisdizione, ossia quando è certo che il potere di decidere quella determinata causa spetta al giudice ordinario. CC Poiché i giudici ordinari sono molti, occorre stabilire qual è il giudice competente, ossia a quale giudice, inteso non come persona fisica ma come ufficio giudiziario (ad es., tribunale di Tivoli), spetta il potere di decidere quella determinata causa. CC Esistono diversi tipi di giudici, ossia con caratteristiche diverse per quanto riguarda la composizione (giudici unipersonali, come il giudice di pace e il tribunale, e giudici collegiali, come il tribunale in alcuni casi, la Corte d’appello e la Cassazione) e le funzioni, e sono il giudice di pace, il tribunale, la Corte d’appello e la Corte di cassazione. Tra questi giudici si pone un problema di distribuzione verticale della competenza, disciplinata dalle regole sulla competenza per materia e per valore. Distribuzione della CC Esistono tanti giudici dello stesso tipo, poiché ciascuno dei giudici di tipo competenza diverso (giudice di pace, tribunale, Corte d’appello, Cassazione) è presente nell’organizzazione giudiziaria dello Stato in tanti esemplari distribuiti su tutto il territorio nazionale. Tra giudici dello stesso tipo si pone un problema di distribuzione orizzontale della competenza, a seconda della loro dislocazione nel territorio e, quindi, del loro ambito di competenza. La ripartizione della competenza tra giudici dello stesso tipo è disciplinata dalle regole sulla competenza per territorio. Osservazioni ✃ Sono estranee alla disciplina della competenza: — le regole di distribuzione interna dei poteri decisori in senso verticale (ripartizione dei poteri decisori tra tribunale in composizione monocratica e tribunale in composizione collegiale) e orizzontale (ripartizione dei poteri del tribunale in composizione monocratica tra sezioni distaccate del tribunale stesso); — l’attribuzione dei poteri decisori alle c.d. «sezioni stralcio», per la definizione delle cause civili pendenti negli uffici di tribunale alla data del 30 aprile 1995, fino all’esaurimento dell’arretrato. Le relative funzioni sono attribuite a giudici onorari aggregati con funzioni limitate nel tempo e, comunque, non oltre l’esaurimento dell’arretrato. Il presidente della sezione stralcio assegna le cause ai giudici onorari con provvedimento col quale fissa la data dell’udienza innanzi allo stesso e che va comunicata alle parti almeno 20 giorni prima di quello fissato per l’udienza stessa (art. 11, co. 4, L. 276/1997). Il giudice fissa l’udienza per il tentativo di conciliazione. Se il tentativo non riesce, il giudice trattiene la causa in decisione. La competenza • 15 Schema n. 2 Giudice civile Tipo Giudice di pace (dal 1°-5-1995) (onorario) Composizione Monocratico Pretore Monocratico (fino al 1°-6-1999) Tribunale Corte d’appello 16 • Capitolo 2 Ambito territoriale Grado In tutti i capoluoghi dei Primo grado mandamenti esistenti fino alla data di entrata in vigore della L. 1-2-1989, n. 30, il che significa nelle stesse città e località che erano sedi di pretura prima dell’entrata in vigore della legge citata. Circondario Primo grado [Dal 30-4-1995] Circoscrizione Giudice istruttore o Giudice dell’esecuzione in funzione di giudice unico, istruisce e decide la causa (tutte le materie non espressamente affidate ad altro giudice) Primo grado Collegiale solo per la de- Circoscrizione cisione (nelle materie tassativamente indicate nell’art. 48 Ord. giudiziario, come modificato dalla L. 353/90 di riforma del processo civile) Secondo grado per le cause svoltesi in primo grado innanzi al giudice di pace ed al pretore [Dal 2-6-1999] Circoscrizione Composizione monocratica istruisce e decide la causa (tutte le materie non espressamente affidate ad altro giudice) Primo grado Composizione collegiale solo per la decisione nelle materie tassativamente indicate nel­l’art. 50bis c.p.c., aggiunto dal D.Lgs. 51/98, istitutivo del giudice unico di primo grado Secondo grado per le cause svoltesi in primo grado innanzi al giudice di pace Collegiale Distretto Secondo grado (appello) per le cause svoltesi in primo grado dinanzi al Tribunale. Tipo Composizione Ambito territoriale Grado Primo grado nelle ipotesi eccezionali, previste dall’art. 67 L. 218/95, in cui è ancora operante il giudizio di delibazione dei provvedimenti giurisdizionali stranieri. Corte di cassazione Generalità Collegiale Ha giurisdizione su tutto il territorio della Repubblica ed ha sede in Roma. Riesame della sentenza impugnata per soli motivi di diritto (giudizio di legittimità). 2 Competenza per valore (artt. 7-15 c.p.c.) CC Il criterio del valore consiste nel riferimento al valore economico dell’oggetto della controversia e risponde all’esigenza di attribuire le controversie di maggior valore al giudice (il tribunale) che, essendo più complesso, è di funzionamento più macchinoso e meno agile del giudice di pace ma dà maggiori garanzie di ponderatezza. CC Il criterio del valore è generale, nel senso che opera quando non esistono regole che stabiliscano diversamente con riguardo alla materia; quando ciò avvenga, il criterio della materia prevale su quello del valore. CC per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a 5.000 euro (criterio misto valore/materia), quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di alIl giudice di tro giudice; pace è competente (art. 7 CC per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e nac.p.c.): tanti, purché il valore della controversia non superi 20.000 euro (criterio misto valore/materia). Il tribunale è CC Per le cause che eccedono la competenza per valore del giudice di pace e competente per le cause di valore indeterminabile. (art. 9 c.p.c.): CC Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina in base alla domanda, ossia al petitum (mediato) in relazione alla causa petendi della domanda (art. 10 c.p.c.). CC Le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione Regole di desi sommano col capitale (art. 10, co. 2, c.p.c.). terminazione CC Se è chiesto da più persone o contro più persone l’adempimento per quote di del valore del­ un’obbligazione, il valore della causa si determina in base all’intera obbligaziola causa ne (art. 11 c.p.c.). CC Il valore delle cause di divisione è quello della massa attiva da dividere (art. 12, co. 3, c.p.c.). ✃ CC Nelle cause che hanno ad oggetto rapporti obbligatori, il valore si determina in base alla parte del rapporto che è in contestazione (art. 12, co. 1, c.p.c.). La competenza • 17 CC L’art. 13 indica il criterio di determinazione del valore delle cause relative a prestazioni alimentari (l’ammontare delle somme dovute per due anni) o a rendite perpetue (cumulo di venti annualità) o temporanee o vitalizie (cumulo di dieci annualità). CC Il valore delle cause relative a somme di denaro o a beni mobili si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore (art. 14 c.p.c.). Eventuali contestazioni da parte del convenuto, ancorché fondate su offerte di prova, sono del tutto irrilevanti (Cass. 2696/2004), così come è priva di conseguenze un’eventuale riduzione dell’importo richiesto successiva alla proposizione della domanda (Cass. 410/1979). Se la somma è indicata in moneta estera, si ha riguardo alla somma risultante al cambio al momento della proposizione della domanda (Cass. 1964/1975). Regole di determinazione del valore del­ CC Il valore delle cause relative alla proprietà e agli altri diritti reali sui beni immobili si determina moltiplicando il reddito dominicale del terreno e la rendita catala causa stale del fabbricato per un coefficiente che varia a seconda che si controverta sulla proprietà (200), sull’usufrutto, uso, abitazione (100) o sulla servitù (50). Se l’immobile non è sottoposto a tributo o non risulta il reddito dominicale o la rendita catastale, il giudice determina il valore secondo quanto risulta dagli atti e, se questi non offrono elementi, ritiene la causa di valore indeterminabile, e cioè, per l’art. 9, co. 2, di competenza del tribunale (art. 15 c.p.c.). CC Il valore delle cause di opposizione all’esecuzione forzata (artt. 615 ss. c.p.c.) si determina in base al credito per cui si procede, quello delle cause relative alle opposizioni di terzi (art. 619) in base al valore dei beni controversi e quello delle cause relative a controversie sorte in sede di distribuzione (art. 512) in base al dal valore del maggiore dei crediti contestati. 3 Competenza per materia (artt. 7 e 9 c.p.c.) CC Il criterio della materia consente di individuare il giudice competente in base alla natura o al tipo del diritto su cui si controverte (diritto di credito, diritto reale, possesso, questioni di stato o di famiglia, locazioni, rapporti di vicinato, ecc.). Generalità CC Il criterio della competenza per materia risponde all’esigenza di attribuire controversie il cui oggetto ha esigenze particolari di rapidità e sveltezza a un giudice la cui costituzione e struttura sono tali da soddisfare tali esigenze (giudice di pace), nonché di attribuire al giudice di struttura più complessa (tribunale) le cause che hanno un oggetto particolarmente delicato, come ad es. quelle in materia di famiglia. CC per le cause relative ad apposizione di termini e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e Il giudice di delle siepi; pace è com- CC per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio petente, quadi case; lunque sia il C C per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civivalore della le abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuocausa (art. 7, timenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità; co. 3, c.p.c.): CC per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali. 18 • Capitolo 2 CC per le cause che non sono di competenza di altro giudice; Il tribunale è CC per le cause in materia di imposte e tasse; competente CC per le cause relative allo stato e alla capacità delle persone e ai diritti onorifici; (art. 9 c.p.c.): CC per la querela di falso; CC per l’esecuzione forzata. 4 Competenza per territorio (artt. 18-30bis c.p.c.) CC Le regole che disciplinano la competenza per territorio mirano, come accennato, a distribuire la competenza tra giudici dello stesso tipo (giudici di pace, tribunali ecc.). •occorre prima stabilire se un determinata controversia rientri in una delle ipotesi di competenza per materia previste dal legislatore; CC Sul piano operativo: Generalità •se l’esito di tale controllo è negativo, si dovrà verificare la competenza per valore e, dopo aver determinato qual è il giudice competente secondo i criteri suddetti, si applicheranno le regole sulla competenza per territorio, per stabilire quale giudice di pace, quale tribunale ecc. è il giudice competente. CC Il giudice così individuato è il giudice naturale precostituito per legge di cui parla l’art. 25 Cost. CC I criteri di determinazione della competenza per territorio sono previsti dagli artt. 18-30bis c.p.c.). CC Se la legge non dispone altrimenti, è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza (il luogo in cui la persona ha la dimora abituale: art. 43 c.c.) o il domicilio (il luogo nel quale la persona ha stabilito la sede principale dei Foro generasuoi affari e interessi economici, morali, familiari ecc.: art. 43 c.c.) e, se questi sono le delle persconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora (il luogo, diverso dalsone fisiche la residenza, nel quale la persona si trova). (art. 18 c.p.c.) CC Se il convenuto non ha residenza, né domicilio, né dimora nella Repubblica o se la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore (art. 18 c.p.c.). Differenze ✃ La residenza, come criterio di determinazione della competenza per territorio, è la residenza di fatto, ossia il luogo nel quale la persona solitamente trascorre più tempo, e non va confusa con la residenza anagrafica, risultante cioè dai pubblici registri tenuti presso i Comuni. La residenza del convenuto deve essere individuata in base al luogo di dimora abituale e volontaria, mentre le risultanze anagrafiche offrono soltanto una presunzione che può essere sempre vinta dalla prova contraria (Cass. 4705/1989). La competenza • 19 CC Se la legge non dispone altrimenti, qualora sia convenuta una persona giuridica è competente, in via alternativa, il giudice del luogo dove essa ha la sede o il giudice del luogo dove la persona giuridica ha uno stabilimento (cioè, una sede secondaria) e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l’oggetto della domanda. Foro generale delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute (art. 19 c.p.c.) CC La sede è quella nominale, cioè il luogo scelto come sede dell’ente nell’atto costitutivo, nello statuto o nel decreto istitutivo dell’ente. Per le persone giuridiche private la sede è quella indicata nel pubblico registro delle imprese. Inoltre, è possibile utilizzare, come criterio per la determinazione della competenza per territorio, anche la sede effettiva — qualora sia diversa da quella nominale —, ossia il luogo nel quale si trova il centro direttivo e amministrativo dell’ente. CC Le società non aventi personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati di cui agli artt. 36 ss. c.c. hanno la sede nel luogo in cui svolgono l’attività in modo continuativo (art. 19 c.p.c.). •intende garantire la migliore gestione del processo da parte del giudice, assicurando la vicinanza del suo ufficio al luogo nel quale si trovano gli elementi di prova da acquisire ai fini della decisione; CC Per le cause relative a diritti di obbligazione è competente anche il giudice del Foro delle cause relative alle luogo in cui è sorta o deve obbligazioni (art. 20 c.p.c.) eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio (art. 20 c.p.c.). Questo criterio: •è facoltativo, poiché, a scelta dell’attore, concorre con il foro generale di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c.; •riguarda tutte le obbligazioni, qualunque ne sia la fonte (contrattuali, extracontrattuali, legali ecc.); •non opera nelle cause relative ai rapporti tra professionisti e consumatori che, secondo l’art. 33, co. 2, lett. u), D.Lgs. 206/2005, vanno proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore. Osservazioni Il luogo in cui è sorta l’obbligazione coincide: — nelle obbligazioni contrattuali, con il luogo in cui chi ha fatto la proposta contrattuale ha avuto conoscenza dell’accettazione (art. 1326 c.c.); — nei contratti conclusi per telefono, con il luogo in cui l’accettazione giunge a conoscenza del proponente il quale, attraverso il filo telefonico, ha immediata conoscenza dell’accettazione (Cass. 16417/2009); — nelle obbligazioni da fatto illecito, con il luogo in cui si è verificato l’evento dannoso prodotto dal fatto illecito (locus commissi delicti). Se l’evento si è verificato in più luoghi, rileva soltanto il luogo nel quale il danno si è realizzato per la prima volta. Invece, il luogo dove l’obbligazione deve essere adempiuta va individuato alla stregua dell’art. 1182 c.c. 20 • Capitolo 2 CC Ai sensi dell’art. 21 c.p.c., per le cause relative a diritti reali su beni immobili, per le cause in materia di locazione e comodato di immobili e di affitto di aziende, nonché per le cause relative ad apposizione di termini e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle Foro delle cause relative a siepi, è competente il giudice del luogo dove è posto l’immobile diritti reali e azioni posseso l’azienda (forum rei sitae). sorie (art. 21 c.p.c.) CC Se l’immobile ricade in più circoscrizioni giudiziarie, è competente ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell’immobile. CC Per le azioni possessorie (artt. 1168 ss. c.c.) e per la denuncia di nuova opera e danno temuto (art. 1172 c.c.) è competente il giudice del luogo nel quale è avvenuto il fatto. •relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra causa tra coeredi, fino alla divisione; CC Nelle cause ereditarie è competente il giudice del luogo in cui si è aperta la successione (art. 22 c.p.c.). In particolare, tale giudice è competente per le cause: Foro delle cause ereditarie (art. 22 c.p.c.) •relative alla rescissione della divisione e alla garanzia delle quote, purché proposte entro un biennio dalla divisione; •relative a crediti verso il defunto o a legati dovuti dall’erede, purché proposte prima della divisione e in ogni caso entro un biennio dal­ l’apertura della successione; •contro l’esecutore testamentario. CC Se la successione si è aperta fuori della Repubblica, le cause suindicate sono di competenza del giudice del luogo in cui è posta la maggior parte dei beni situati nella Repubblica o, in mancanza di questi, del luogo di residenza del convenuto o di alcuno dei convenuti. CC I criteri di competenza territoriale delle cause ereditarie sono esclusivi, ed escludono pertanto l’applicabilità del foro territoriale generale previsto dagli artt. 18 e 19 c.p.c. Foro delle cause tra soci e tra condomini (art. 23 c.p.c.) CC Per le cause tra soci (compresi i soci di società di fatto e i membri di associazioni non riconosciute e di comitati) è competente il giudice del luogo dove la società ha la sede legale oppure, se diversa, la sede effettiva. Il foro in esame non si applica alle cause tra la società e i soci o tra la società e i terzi. CC Per le cause tra condomini, invece, è competente il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, e tale competenza si applica anche dopo lo scioglimento della società o del condominio purché la domanda sia proposta entro due anni dalla divisione (art. 23 c.p.c.). Il foro in esame riguarda anche le liti tra i singoli condomini e il condominio (Cass. S.U. 20076/2006). ✃ CC Per le cause relative alla gestione della tutela dei minori (artt. 343 ss. c.c.) e degli interdetti (art. 424 c.c.) o dell’amministrazione dei Foro delle gestioni tutelari beni dell’assente (art. 52 c.c.), del fondo patrimoniale dei coniugi e patrimoniali (art. 24 c.p.c.) (art. 68 c.c.), dei beni della comunione (artt. 180 e 182 c.c.) e dell’eredità giacente (art. 528 c.c.), è competente il giudice del luogo di esercizio della tutela o dell’amministrazione. La competenza • 21 Foro della P.A. (art. 25 c.p.c.) CC Per le cause nelle quali è parte un’amministrazione dello Stato, è competente, a norma delle leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e, nei casi ivi previsti, il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. CC Quando l’amministrazione è convenuta, tale distretto si determina con riguardo al giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda. Foro dell’esecuzione forzata (art. 26 c.p.c.) CC Per l’esecuzione forzata su cose mobili (artt. 513 ss. c.p.c.) o immobili (artt. 555 ss. c.p.c.) è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano. Se le cose immobili soggette all’esecuzione non sono interamente comprese nella circoscrizione di un solo tribunale, si applica l’art. 21 c.p.c. CC Per l’espropriazione forzata di crediti (artt. 543 ss. c.p.c.) è competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore al momento della notifica dell’atto di pignoramento. CC Per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare (artt. 612 ss. c.p.c.) è competente il giudice del luogo in cui l’obbligo deve essere adempiuto. Foro delle opposizioni al­ l’esecuzione (art. 27 c.p.c.) CC Per le cause di opposizione all’esecuzione forzata di cui agli artt. 615 e 619 c.p.c., è competente il giudice del luogo dell’esecuzione, salva la disposizione dell’art. 480, co. 3, c.p.c. CC Per le cause di opposizione a singoli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), è competente il giudice davanti al quale si svolge l’esecuzione. •delle cause nelle quali è obbligato- Foro convenzionale (artt. 28 e 29 c.p.c.) CC La competenza per territorio può essere derogata per accordo delle parti, ad eccezione (art. 28 c.p.c.): rio l’intervento del pubblico ministero (cause che lo stesso p.m. potrebbe proporre, cause matrimoniali, cause relative allo stato e alla capacità delle persone, e tutti gli altri casi nei quali è obbligatorio l’intervento del p.m., come i giudizi di querela di falso: art. 70, nn. 1, 2, 3 e 5 c.p.c.); •delle procedure di esecuzione forzata (artt. 474 ss. c.p.c.); •delle opposizioni all’esecuzione forzata (artt. 615 ss. c.p.c.); •dei procedimenti cautelari e possessori; •dei procedimenti in camera di consiglio; •di ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge. CC L’accordo delle parti deve riferirsi a uno o più affari determinati e risultare da atto scritto. L’accordo non attribuisce al giudice designato competenza esclusiva, quando ciò non è espressamente stabilito (art. 29 c.p.c.). 22 • Capitolo 2 CC Le cause in cui sono parti magistrati, che sarebbero attribuite alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di Corte d’appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha Foro delle cause in cui sono sede nel capoluogo del distretto di Corte d’appello determinato ai parti i magistrati (art. 30bis sensi dell’art. 11 c.p.p. c.p.c.) CC Se nel distretto il magistrato è venuto a esercitare le proprie funzioni successivamente alla sua chiamata in giudizio, è competente il giudice che ha sede nel capoluogo del diverso distretto di Corte d’appello individuato ai sensi dell’art. 11 c.p.p. con riferimento alla nuova destinazione. 5Il difetto di competenza (art. 38 c.p.c.) Eccezione di incompetenza (art. 38 c.p.c.) CC Ai sensi dell’art. 38 c.p.c., l’incompetenza per materia, per valore e per territorio devono essere eccepite, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata almeno 20 giorni prima dell’udienza di comparizione-trattazione (artt. 166 e 167 c.p.c.). CC L’eccezione di incompetenza per territorio si ha per non proposta se non contiene l’indicazione del giudice che la parte ritiene competente. CC Fuori dei casi previsti dall’art. 28 c.p.c. (incompetenza per territorio inderogabile), quando le parti costituite aderiscono all’indicazione del giudice competente per territorio compiuta dal convenuto che ha sollevato l’eccezione, la competenza del giudice indicato rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione della stessa dal ruolo. ✃ Proroga consensuale della CC In virtù dell’adesione delle altre parti all’indicazione del giudice comcompetenza piuta dal convenuto, si realizza un accordo processuale di proroga della competenza. Il giudice, preso atto dell’accordo intervenuto tra le parti, dispone la cancellazione della causa dal ruolo. La competenza del giudice indicato e accettato dalle parti resta ferma se la causa è riassunta presso il nuovo giudice entro tre mesi dall’ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo. Qualora ciò non avvenga, il processo si estingue. Rilevabilità d’ufficio CC L’incompetenza per materia, per valore e per territorio devono essere rilevate d’ufficio non oltre l’udienza di comparizione-trattazione di cui all’art. 183 c.p.c.: dopo tale termine, la competenza del giudice originariamente adito diventa insindacabile (Cass. 4007/2009). Attività istruttoria minima CC Le questioni di competenza sono decise in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dall’eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni. La decisione sulla competenza sarà pronunciata sulla base degli atti introduttivi qualora l’incompetenza risulti già prima facie dalla formulazione della domanda. La competenza • 23 Osservazioni La L. 69/2009 ha introdotto una serie di novità, modificando l’art. 38 c.p.c. e altre parti del codice di procedura civile rilevanti ai fini della decisione sulla competenza: — per il convenuto, il momento ultimo per proporre l’eccezione di incompetenza è il deposito della comparsa di risposta almeno 20 giorni prima dell’udienza di comparizione, ex art. 166 c.p.c., indipendentemente dal tipo di incompetenza eccepita (materia, valore, territorio derogabile o inderogabile); — il provvedimento sulla competenza è adottato con ordinanza (art. 279 c.p.c.); — l’ordinanza sulla sola competenza (positiva o negativa) è impugnabile a mezzo di regolamento necessario di competenza, mentre il provvedimento che decida, insieme alla competenza, anche il merito, è impugnabile interamente con l’appello oppure, relativamente al solo profilo di competenza, a mezzo di regolamento facoltativo (Bove). 6Il regolamento di competenza (artt. 42-50 c.p.c.) CC Se le parti non hanno stipulato alcun accordo sulla competenza (o se tale accordo è vietato dalla legge) e il giudice rileva d’ufficio la propria incompetenza o il convenuto solleva l’eccezione di incompetenza, occorre stabilire se il giudice adìto sia competente oppure no, e tale questione deve essere risolta con precedenza rispetto alle altre, poiché la competenza è un presupposto processuale, che condiziona l’idoneità del processo a concludersi con una pronuncia di merito. CC La decisione sulla sola competenza è resa, a seguito delle novità introdotte dalla L. 69/2009, in forma di ordinanza. La forma della sentenza resta in vita per il caso in cui il giudice decida contestualmente sulla competenza e sul merito, ossia quando rigetta l’eccezione di incompetenza e decide il merito. CC La sentenza è appellabile e la sentenza d’appello è ricorribile in Cassazione, per cui la questione di competenza può richiedere un lungo iter processuale prima di giungere a conclusione, e in caso di dichiarazione di incompetenza avremmo un inutile dispendio di attività processuale. Generalità CC Pertanto, la pronuncia sulla competenza può essere contestata con uno strumento ad hoc, il regolamento di competenza, che dà luogo immediatamente a un giudizio in Cassazione che potrà subito pronunciarsi sulla questione di competenza. CC Lo scopo di questo strumento è quello di provocare una decisione che faccia stato sulla competenza e sia vincolante per gli altri giudici. CC Il regolamento di competenza è un mezzo di impugnazione — tranne il caso del regolamento d’ufficio — e consiste in un’iniziativa giudiziaria di parte (salvo il regolamento d’ufficio) contro una pronuncia sulla competenza nella quale la parte che impugna è rimasta soccombente, e tende a una riforma di quella pronuncia (Mandrioli). CC Nell’individuare i provvedimenti contro i quali è proponibile il regolamento di competenza, gli artt. 42 e 43 si riferiscono, dopo la L. 69/2009, alle ordinanze, ma ciò non esclude il riferimento anche alle sentenze qualora la pronuncia sia avvenuta a seguito di rimessione totale al collegio ex art. 187, co. 3, c.p.c. e investa anche il merito. Osservazioni Il regolamento di competenza non è proponibile contro le sentenze del giudice di pace (art. 46 c.p.c.). Questa disposizione va coordinata con gli artt. 339 e 341 c.p.c., che dispongono l’appellabilità di tutte le sentenze del giudice di pace con il solo limite delle cause di valore inferiore a 1.100 24 • Capitolo 2 euro e l’assoggettamento all’appello davanti al tribunale delle sentenze dello stesso giudice. Alcuni affermano l’abrogazione implicita dell’art. 46 c.p.c. per l’incompatibilità con tali disposizioni, con la conseguente ricorribilità in Cassazione della sentenza del giudice di pace. Il giudice di pace può chiedere il regolamento d’ufficio, poiché l’art. 46 c.p.c. riguarda soltanto il regolamento necessario e quello facoltativo. 6.1 •Tipologie Se il provvedimento impugnato con il regolamento si è pronunciato soltanto sulla questione preliminare di competenza senza toccare il merito della controversia, il regolamento è detto «necessario» (art. 42 c.p.c.), poiché è l’unico strumento col quale è consentito impugnare il provvedimento, e restano esclusi tutti gli altri mezzi di impugnazione. Se, invece, il provvedimento si è pronunciato non solo sulla competenza ma anche sul merito, il regolamento è detto «facoltativo» (art. 43 c.p.c.), poiché la sentenza può essere impugnata non solo con il regolamento di competenza ma anche con gli altri mezzi ordinari di impugnazione. CC È il regolamento proposto contro i provvedimenti che pronunciano, in primo e in secondo grado, soltanto sulla competenza senza decidere il merito della causa (art. 42 c.p.c.). Sono «di merito» le questioni sostanziali o processuali diverse dalla competenza. CC È detto «necessario» perché è l’unico mezzo col quale i provvedimenti che pronunciano soltanto sulla competenza possono essere impugnati (ad es., il provvedimento con cui il Tribunale di Tivoli dichiara la propria incompetenza dichiarando competente il Tribunale di Roma), anche in grado di appello. Regolamento necessario (art. 42 c.p.c.) CC Se il regolamento viene proposto, la Cassazione statuisce sulla competenza (art. 49 c.p.c.), rigettando il ricorso (e resta ferma la competenza del giudice che la pronuncia impugnata aveva dichiarato competente) oppure accogliendolo e determinando in modo definitivo qual è il giudice competente. La definitività riguarda solo la competenza e non le eventuali pronunce sul merito compiute incidentalmente. La statuizione rende definitiva la competenza sotto tutti i profili ipotizzabili, anche se non esaminati (Cass. 14558/2002). CC Se il regolamento non viene proposto, resta ferma la competenza del giudice che la pronuncia aveva dichiarato competente, il quale non potrà più contestare la propria competenza e dovrà pronunciare sul merito (art. 44 c.p.c.). CC È proposto contro i provvedimenti che hanno pronunciato sulla competenza e sul merito (art. 43 c.p.c.). CC È «facoltativo» poiché non è l’unico mezzo di impugnazione proponibile, ma concorre con i mezzi di impugnazione ordinari (l’appello). ✃ Regolamento facoltativo (art. 43 c.p.c.) CC La parte rimasta soccombente sulla questione di competenza può scegliere tra il regolamento, con cui può impugnare solo il capo della sentenza che riguarda la competenza, oppure l’impugnazione ordinaria della pronuncia sia sul merito sia sulla competenza. Le due impugnazioni sono alternative, per cui, se è proposto il regolamento, l’impugnazione ordinaria potrà investire soltanto il merito; se, invece, è proposta l’impugnazione ordinaria, le altre parti potranno chiedere il regolamento (art. 43, co. 2, c.p.c.) ma il giudizio sull’impugnazione ordinaria resta sospeso (art. 48 c.p.c.). La competenza • 25 6.2 •Regolamento di competenza d’ufficio (art. 45 c.p.c.) Se due giudici affermano ciascuno la competenza dell’altro o di un altro giudice, l’art. 45 c.p.c. prevede che il giudice davanti al quale la causa è stata riassunta e che si ritiene, a sua volta incompetente, per ragioni di materia o territorio inderogabile, può chiedere d’ufficio il regolamento di competenza. Quando il giudice davanti al quale la causa è riassunta, a seguito della dichiarazione di incompetenza di quello precedentemente adìto, abbia a sua volta declinato la propria competenza senza chiedere d’ufficio il regolamento di competenza, spetta alla parte denunciare il conflitto di competenza (Cass. 2205/1996). CC La ragione per la quale il giudice si ritiene incompetente risiede, di solito, nel fatto che egli ritiene competente il giudice che aveva dichiarato la propria incompetenza. Tuttavia, il conflitto è ammissibile anche nel caso in cui il giudice davanti al quale è stata riassunta la causa escluda la propria competenza a favore di quella di un terzo giudice, anziché di quello che per primo l’ha negata (Cass. 15126/2002). Ratio CC La richiesta del regolamento avviene attraverso un’ordinanza con la quale il giudice dispone la rimessione del «fascicolo d’ufficio» alla cancelleria della Cassazione (art. 47, co. 4, c.p.c.). Forma dell’istanza CC Il termine ultimo per proporre il regolamento di competenza è la prima udienza di trattazione (Cass. 11185/2008). CC L’ordinanza può essere pronunciata senza limiti di tempo, purché la relativa questione sia stata sollevata e riservata entro la prima udienza di trattazione. 6.3 •Il procedimento del regolamento di competenza (art. 47 c.p.c.) CC Il regolamento su istanza di parte si propone con ricorso sottoscritto dal procuratore munito di procura per il giudizio sul merito, anche se non è abilitato al patrocinio in cassazione, e deve contenere l’indicazione del giudice che si ritiene competente e il motivo di censura. CC Il termine per la proposizione (30 giorni) decorre dalla comunicazione della sentenza (art. 47, co. 2, c.p.c.), ma se il provvedimento è letto in udienza la decorrenza è dalla lettura. Il ricorso va notificato alle parti che non vi hanno aderito (l’adesione può manifestarRegolamento su istanza di si eventualmente con la sottoscrizione del ricorso) e depositato nelparte la cancelleria della Cassazione entro 20 giorni dalla notifica, insieme ai documenti elencati nell’art. 369, co. 2, c.p.c. CC Le parti alle quali è notificato il ricorso o comunicata l’ordinanza del giudice possono depositare (nel termine di 20 giorni) scritture difensive e documenti. L’art. 380ter prevede la notifica delle conclusioni del p.m. alle parti, che hanno facoltà di replicare per iscritto. CC La pronuncia avviene in forma abbreviata in camera di consiglio (art. 49 c.p.c.). La pronuncia contiene anche la liquidazione delle spese del giudizio in sede di regolamento. Regolamento d’ufficio 26 • Capitolo 2 CC Il regolamento su richiesta del giudice (art. 45 c.p.c.) è chiesto con ordinanza, con la quale dispone la rimessione del fascicolo d’ufficio alla cancelleria della Cassazione (art. 47, co. 4, c.p.c.). Le parti, alle quali è notificato il ricorso o comunicata l’ordinanza del giudice, possono depositare scritture difensive e documenti. CC Il procedimento davanti alla Cassazione per il regolamento di competenza prevede, tra l’altro, la sospensione del processo relativamente al quale è stato chiesto il regolamento (art. 48 c.p.c.), salvi gli atti urgenti del processo sospeso. Sospensione automatica CC Il provvedimento di sospensione ha carattere ordinatorio e non è impugnabile. CC L’effetto sospensivo si verifica automaticamente all’atto del deposito del ricorso, ma la sospensione va dichiarata con ordinanza che dà atto dell’avvenuto deposito. CC La sospensione impedisce il compimento di qualsiasi atto compresa la riassunzione davanti al giudice dichiarato competente, il quale perciò non può chiedere il regolamento d’ufficio. •della Cassazione che, in sede CC In caso di mancata proposizione del regolamento nonostante la sua necessità o di pronuncia della Cassazione sulla competenza, l’art. 50 c.p.c. pone l’onere della riassunzione della causa innanzi al giudice dichiarato competente dalle pronunce: Riassunzione della causa (art. 50 c.p.c.) di regolamento, statuisce sulla competenza di un giudice diverso da quello adito; •della Cassazione che, pronunciando su ricorso ordinario, statuisce sulla competenza di un giudice diverso da quello adito; •con le quali il giudice adito ha declinato la propria competenza indicando il giudice da lui ritenuto competente. CC Se la riassunzione avviene nel termine, il processo continua davanti al nuovo giudice (art. 50, co. 1, c.p.c.); si tratta dello stesso processo che continua (translatioiudicii), e si conservano gli effetti sostanziali e processuali della domanda nonché gli atti istruttori compiuti. ✃ CC Se la riassunzione non avviene nel termine, il processo si estingue (art. 50, co. 2, c.p.c.). Se la pronuncia sulla competenza è una sentenza della Cassazione che regola la competenza, tale competenza resta ferma anche in un eventuale altro processo che venisse iniziato sulla stessa azione (art. 310, co. 2, c.p.c.). Se, invece, la pronuncia sulla competenza è una pronuncia di merito, per effetto dell’estinzione la pronuncia perde ogni efficacia se non nei confronti dello stesso giudice che l’ha pronunciata e, perciò, non è efficace neppure nei confronti del giudice dichiarato competente, che non dovrebbe chiedere d’ufficio il regolamento. La competenza • 27 Schema n. 3 La competenza Applicabile ai giudizi iniziati dopo il 4-7-2009 COMPETENZA PER MATERIA (artt. 7-9 c.p.c.) Giudice competente Giudice di pace (art. 7 c.p.c.) Materia Valore • apposizione di termini e osservanza delle distanze di alberi e siepi ……………… • misure e modalità d’uso dei servizi condominiali ……… • rapporti tra proprietari o detentori di immobili per abitazione in materia di immissione di fumo, calore, rumore … • interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali ………………… senza limite di valore • beni mobili ………………… fino a 5.000 • opposizione alle ordinanzeingiunzioni ex art. 22bis, c. 1, L. 689/1981 …………… fino a 15.493 Tribunale (art. 9 c.p.c.) Materia • cause escluse dalla competenza del Giudice di pace. Es.: — beni mobili — risarcimento danni provocati dalla circolazione di veicoli e natanti — opposizione art. 22bis, L. 689/1981 — c. 2 e c. 3, lett. c) — c. 3, lett. a) e b) • risarcimento danni provocati dalla circolazione di veicoli e natanti …………… fino a 20.000 Valore oltre 5.000 oltre 20.000 senza previsione di valore oltre 15.493 • imposte, tasse, stato e capacità delle persone, diritti onorifici, querela di falso, esecuzione forzata senza previsione di valore • cause di valore indeterminabile valore indeterminabile COMPETENZA PER TERRITORIO (individuazione della sede competente) (artt. 18-30bis c.p.c.) Foro generale — persone fisiche (art. 18 c.p.c.) — persone giuridiche (art. 19 c.p.c.) 28 • Capitolo 2 Foro speciale — cause su beni immobili (art. 21 c.p.c.) — cause ereditarie (art. 22 c.p.c.) — cause fra soci e fra condomini (art. 23 c.p.c.) — gestioni tutelari patrimoniali (art. 24 c.p.c.) — foro erariale (art. 25 c.p.c.) — esecuzione forzata (art. 26 c.p.c.) — opposizione all’esecuzione (art. 27 c.p.c.) — cause su magistrati (art. 30bis c.p.c.) Schema n. 4 Incompetenza e regolamento di competenza (artt. 38, 42-50 c.p.c.) Applicabile ai giudizi iniziati dopo il 4-7-2009 InCompetenza (art. 38) Rilevabilità d’ufficio non oltre l’udienza di cui all’art. 183 Eccezione di parte nella comparsa di risposta tempestivamente depositata Materia, valore e territorio inderogabile Materia, valore e territorio derogabile e inderogabile pronuncia sulla competenza ordinanza che si pronuncia solo sulla competenza provvedimento che si pronuncia anche sul merito impugnabile con impugnabile con mezzi di impugnazione ordinari regolamento necessario di competenza (art. 42) regolamento di ufficio (art. 45) regolamento facoltativo di competenza (art. 43) entro 30 gg. dalla comunicazione in caso di conflitto di competenza ricorso in Cassazione solo per impugnare la statuizione sulla competenza ✃ notificazione alle parti del ricorso con cui si chiede alla Cassazione il regolamento di competenza La competenza • 29 Capitolo 3 I principi generali del processo civile 1Il processo CC Il processo è la forma della giurisdizione, ossia la forma che assume, in concreto, l’esercizio della funzione giurisdizionale. Definizione CC In particolare, il processo è un procedimento (insieme di atti concatenati tra loro) finalizzato all’emanazione di un provvedimento giurisdizionale (emanato, cioè, da un giudice, organo appartenente al potere giurisdizionale), e caratterizzato dalla partecipazione attiva dei soggetti nei cui confronti quel provvedimento è destinato a produrre i suoi effetti. Differenze Nel linguaggio corrente si utilizzano termini tra loro equivalenti, come «processo», «procedimento», «giudizio», «causa». Tuttavia, il processo indica qualcosa in più rispetto al procedimento, poiché: — il procedimento è un insieme coordinato di atti; — il processo è lo svolgimento coordinato di una pluralità di atti tra loro connessi attraverso cui si svolge la funzione giurisdizionale. 2Il giusto processo (art. 111 Cost.) •«giusto» è il processo nel quale, come dispone l’art. 111, ✃ Nozione CC Non è sufficiente che il processo si svolga, formalmente, secondo le modalità previste dal legislatore, ma occorre che il processo sia anche «giusto»: co. 2, Cost., è garantito, nella sostanza e non soltanto formalmente, il contraddittorio delle parti, in condizioni di parità tra loro, davanti a un giudice terzo e imparziale. Queste regole riguardano ogni tipo di processo (civile, penale, amministrativo, contabile, tributario, ecc.), nel quale devono essere garantiti l’effettività del contraddittorio e dei mezzi di azione e di difesa nel processo; •«giusto» è il processo è il principio della ragionevole durata del processo (art. 111, co. 2, Cost.), che impedisce al giudice di adottare provvedimenti che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, ritardino inutilmente la definizione del giudizio. Ad esempio, se il ricorso in Cassazione non è stato notificato a una delle parti contumace nei precedenti gradi di giudizio, è superfluo il rinvio della causa per provvedere a tale incombente quando nessuna delle parti costituite abbia formulato domande nei confronti di tale parte contumace (Cass. 18375/2010). I principi generali del processo civile • 31 3Il principio del contraddittorio (artt. 111, co. 2, Cost. e 101 c.p.c.) CC Il principio del contraddittorio riguarda l’intero processo e non soltanto la sua fase iniziale, per cui, ad esempio, la mancata comunicazione a una delle parti — che non sia poi comparsa all’udienza di discussione — del decreto col quale, su istanza dell’altra, sia stata anticipata l’udienza rispetto alla data originariamente fissata, comporta la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio (Cass. 11149/1993). Applicazione CC La violazione della regola del contraddittorio dà luogo a nullità rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, salve le ipotesi di accettazione del contraddittorio. CC A livello costituzionale, il principio del contraddittorio è espressamente previsto dall’art. 111, co. 2, Cost., secondo cui «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti a giudice terzo e imparziale». Norme di riferimento CC A livello di legge ordinaria, invece, è previsto dall’art. 101 c.p.c., in base al quale «il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa». CC La «parte contro la quale la domanda è proposta» è il soggetto passivo della domanda, ossia il soggetto che, secondo quanto affermato nella domanda stessa, dovrà subire le conseguenze del richiesto provvedimento del giudice (ad esempio, la condanna al pagamento di una somma di denaro, a rimuovere un edificio abusivo ecc.). CC La regola del contraddittorio impone, a colui che si rivolge al giudice chiedendo un determinato provvedimento nei confronti di un altro soggetto, di citare regolarmente quest’ultimo in giudizio, perché è colui che dovrebbe subire gli effetti del provvedimento richiesto al giudice e, pertanto, deve essere Il soggetto passimesso in condizione di difendersi. vo e la citazione in giudizio CC La citazione del soggetto passivo si realizza attraverso la notifica dell’atto di citazione, ossia la consegna di una copia autentica dell’atto contenente l’atto introduttivo del giudizio: in tal modo, il soggetto passivo della domanda potrà comparire davanti al giudice e contrastare la richiesta rivolta al giudice contro di lui, eventualmente proponendo una controdomanda (c.d. domanda riconvenzionale). CC Se il processo ha inizio con un ricorso, anziché con un atto di citazione (si pensi, ad esempio, al processo del lavoro), il principio del contraddittorio si realizza con la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza. 4Il principio della domanda (art. 99 c.p.c.) CC Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente (art. 99 c.p.c.). Nozione CC Il dovere decisorio del giudice dipende, pertanto, dall’iniziativa di chi propone la domanda, poiché la domanda vincola il giudice al dovere di giudicare. CC È in questo senso che si parla di disponibilità dell’oggetto del processo in capo a colui che propone la domanda, nel senso che questi, con la sua domanda, vincola e limita il giudice nell’oggetto del suo giudizio. 32 • Capitolo 3 CC incontra il limite imposto dall’art. 112 c.p.c., secondo cui «il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti»; CC pertanto, da un lato deve conformare la pronuncia alla domanda dell’attore o Nell’interpretaziodel ricorrente: ne e qualificazio- CC dall’altro, non può sostituire ex officio l’azione proposta dalla parte con un’azione della domanda, ne diversa, fondata cioè su fatti differenti o su una diversa causa petendi. il giudice: Qualora lo facesse, non si tratterebbe di un’erronea interpretazione o qualificazione della domanda, bensì di una sua abusiva modificazione, per alterazione o sostituzione di uno o di entrambi gli elementi identificativi dell’azione, petitum o causa petendi, e quindi di una decisione estranea al themadecidendum effettivamente dedotto in giudizio. 5 La strumentalità delle forme Definizione CC La forma degli atti processuali non è fine a se stessa, ma è uno strumento indispensabile per consentire all’atto di raggiungere il suo scopo, che consiste nel contribuire all’emanazione di un provvedimento giurisdizionale che ponga fine alla lite. CC L’art. 156 c.p.c. dispone che, anche se l’atto è stato compiuto senza il rispetto della forma prescritta dalla legge, non può essere pronunciata la sua nullità se l’atto ha raggiunto il suo scopo (ad es., portare a conoscenza della parte una determinata situazione); Scopo CC L’art. 131 c.p.c. chiarisce che i provvedimenti del giudice hanno sempre la forma della sentenza, dell’ordinanza e del decreto, secondo quanto prescrivono le disposizioni di legge; in mancanza delle stesse, il giudice utilizzerà la forma più idonea al raggiungimento dello scopo. Ad es., nell’ambito del processo di cognizione, il rinvio dell’udienza disposto dal giudice non è soggetto all’obbligo della comunicazione formale, per cui può avvenire mediante l’utilizzo di qualunque modalità, purché idonea a portare il fatto a conoscenza delle parti (ad esempio, mediante avviso affisso nella sala di udienza o in cancelleria). Osservazioni ✃ La strumentalità delle forme è un principio generale dell’ordinamento: ad es., l’art. 66, co. 3, D.P.R. 570/1960, nel disporre che il verbale delle operazioni elettorali deve essere firmato in ogni suo foglio e sottoscritto seduta stante da tutti i membri dell’ufficio elettorale di sezione, va interpretato alla luce del principio di strumentalità delle forme, in base al quale la nullità è determinata solo dalla mancanza di quegli elementi o requisiti che impediscono il raggiungimento dello scopo al quale l’atto è prefigurato e, quindi, qualora vi siano vizi tali da pregiudicare le garanzie o da comprimere la libera espressione del voto; pertanto, essendo il procedimento elettorale preordinato alla formazione e all’accertamento della volontà degli elettori (anche in considerazione della rilevanza costituzionale della disciplina del diritto di voto, art. 48 Cost.), è da ritenere che producano tale effetto invalidante solo quelle anomalie procedimentali che impediscano l’accertamento della regolarità delle operazioni elettorali con diminuzione delle garanzie di legge; le altre anormalità (ad es., omissioni dei prescritti adempimenti formali) costituiscono, invece, delle mere irregolarità se non incidono negativamente sulla finalità che il procedimento persegue, ovvero l’autenticità, la genuinità e la correttezza degli eseguiti adempimenti (Cons. Stato 3716/2005). I principi generali del processo civile • 33 6 Libera valutazione delle prove, oralità e doppio grado di giurisdizione CC Principio di indipendenza e imparzialità del giudice (artt. 101, 107 e 108 Cost.): l’indipendenza è la garanzia che il giudice sia soggetto soltanto alla legge, l’imparzialità significa che il giudice deve essere indifferente rispetto all’esito della causa, non deve essere coinvolto nella dimensione di una parte a scapito dell’altra (Sassani). CC Principio della libera valutazione delle prove (art. 116 c.p.c.): escluse le prove legali, la cui efficacia probatoria è predeterminata dalla legge, il giudice civile può valutare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti. CC Principio di conservazione degli atti processuali: consente la salvezza degli atti o anche di alcuni dei loro effetti in ragione del raggiungimento dello scoUlteriori principi po degli stessi. regolatori del C C Principio del doppio grado di giurisdizione: è ammesso un riesame della deprocesso civile cisione emessa nel giudizio di primo grado, nel quale il giudice esamina e giudica una causa nel merito per la prima volta. Nel giudizio di secondo grado (o d’appello), invece, il giudice riesamina e si pronuncia sulla stessa causa per la seconda volta. È, inoltre, previsto un giudizio di legittimità, ossia di controllo sulla legalità dei precedenti gradi di giudizio, che si svolge davanti alla Corte di cassazione. CC Principio dell’oralità: l’attività processuale si svolge prevalentemente attraverso le dichiarazioni rese dai soggetti del processo (parti, difensori, consulenti ecc.) davanti al giudice, che vengono poi consacrate nell’apposito verbale d’udienza. Si tratta di un principio soltanto tendenziale, in quanto numerose attività processuali sono compiute direttamente per iscritto (atto introduttivo del giudizio, memorie difensive, consulenze tecniche ecc. 34 • Capitolo 3 Schema n. 5 L’onere della prova (art. 2697 c.c.) Chi vuol fare valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda Il principio di riparto dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c. deve essere contemperato con il principio di acquisizione in base al quale le risultanze istruttorie, comunque acquisite al processo, e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale si siano formate, concorrono tutte alla formazione del convincimento del giudice Il convenuto, a norma dell’art. 416 c.p.c. nel rito del lavoro e dell’art. 167 c.p.c. nel rito ordinario, nella memoria di costituzione in primo grado deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata a una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, proponendo tutte le sue difese in fatto e in diritto nel caso in cui il convenuto nulla abbia eccepito in relazione a tali fatti, gli stessi devono considerarsi come pacifici e l’attore è esonerato da qualsiasi prova al riguardo ✃ ne deriva che la soccombenza dell’attore consegue alla inottemperanza dell’onere probatorio a suo carico soltanto nell’ipotesi in cui le risultanze istruttorie non siano sufficienti per provare i fatti che costituiscono il fondamento del diritto che si intende far valere in giudizio I principi generali del processo civile • 35 Capitolo 4 La domanda giudiziale 1I presupposti del processo Definizione CC I presupposti del processo civile sono i requisiti che devono sussistere prima dell’inizio del processo, ossia prima della notifica dell’atto di citazione o del deposito del ricorso. CC Se manca uno di questi requisiti il giudice si deve fermare, con una pronuncia «sul processo»; se invece questi requisiti sussistono, il giudice può andare avanti fino alla pronuncia sul merito. CC Presupposti di esistenza del processo: sono i requisiti che devono sussistere prima della proposizione della domanda perché possa nascere un processo. Questi presupposti si riducono, in realtà, a un unico requisito, ossia che la domanda venga proposta davanti a un giudice, ossia a un soggetto investito di potere giurisdizionale. CC Presupposti di validità e di procedibilità del processo: sono i requisiti che devono esistere prima della proposizione della domanda perché il processo possa procedere fino al suo esito normale, ossia lapronuncia sul merito. I presupposti di validità sono la competenza del giudice investito della domanda, ossia il suo effettivo potere di decidere quella controversia, e la legittimazione processuale del soggetto che chiede la tutela giurisdizionale e di quello nei cui confronti la domanda è proposta. Tipologie 2 Le condizioni dell’azione Generalità CC Affinché la domanda possa essere accolta deve contenere l’affermazione che un diritto sostanziale esiste, che esso appartiene a colui che chiede la tutela e che tale diritto richiede una forma di tutela. Solo a tali condizioni ha senso, per il giudice, svolgere quell’attività che dovrebbe condurlo alla pronuncia sul merito della domanda, attraverso un esame della verità di quanto affermato nella domanda stessa. CC Se, al contrario, la domanda non afferma che esiste un diritto, oppure afferma che questo diritto non appartiene a colui che chiede la tutela o che questo diritto non ha bisogno di tutela perché nessuno l’ha violato, il giudice non ha alcun motivo di riscontrare la verità di quanto esposto, perché la domanda non può comunque essere accolta (Mandrioli). ✃ Le condizioni del­ l’azione si articolano in: CC possibilità giuridica: esistenza di una norma che preveda, in astratto, il diritto che si vuol fare valere; CC interesse ad agire (art. 100 c.p.c.): chi propone una domanda in giudizio deve proporla per ottenere un’utilità specifica con quel giudizio. L’interesse ad agire, pertanto, è il rapporto tra la domanda e l’utilità che l’attore potrà ricavare dalla sentenza che chiede al giudice. La domanda giudiziale • 37 Le condizioni del­ l’azione si articolano in: CC legittimazione ad agire, ossia la coincidenza tra il soggetto che agisce e colui che nella domanda è affermato titolare del diritto che si fa valere (legittimazione attiva) nonché tra colui nei cui confronti si agisce e colui che nella domanda è affermato come soggetto passivo del diritto (legittimazione passiva). Ad es., colui che chiede il risarcimento dei danni è legittimato attivo, mentre colui nei cui confronti i danni sono richiesti è il legittimato passivo. Osservazioni La class action L’art. 140bis D.Lgs. 206/2005 (Codice del consumo) disciplina la c.d. azione di classe, che tutela: — i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano, nei confronti di una stessa impresa, in una situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c.; — i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale; — i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali. La domanda è proposta al tribunale ordinario con atto di citazione. Se accoglie la domanda, il tribunale pronuncia sentenza di condanna che diventa esecutiva dopo 180 giorni dalla sua pubblicazione. L’ammissibilità della domanda presuppone la sussistenza delle condizioni dell’azione, ossia della legittimazione dell’attore (la qualità di consumatore o utente) e la sussistenza dell’interesse ad agire. Soltanto l’individuo che rivesta la qualità di consumatore è legittimato a proporre un’azione di classe ex art. 140bis, D.Lgs. 206/2005, ma la mancanza di una concreta e attuale lesione del proprio diritto ne determina l’inammissibilità per carenza di interesse ad agire, la cui eventuale sussistenza in capo ad altri consumatori, ipoteticamente titolari di un diritto omogeneo a quello dell’attore, è irrilevante (Trib. Torino, 4-6-2010). 3 La domanda giudiziale CC l’art. 2907 c.c. stabilisce che «alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su domanda di parte»; CC il diritto di agire in giudizio rientra, pertanto, nella libera scelta del titolare del diritto leso, ossia nella sua disponibilità. I casi in cui la tutela può essere chiesta dal pubblico ministero (e non, quindi, dal soggetto titolare del diritto da tutelare) sono casi eccezionali; CC la regola della libera disponibilità della tutela giurisdizionale da parte del titolare del diritto trova conferma nell’art. 99 c.p.c., secondo cui «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente»; La domanda giudiziale è l’atto con il CC il potere di proporre la domanda spetta a tutti, cittadini e stranieri, come chiaquale si mette in risce l’art. 24 Cost., secondo cui «tutti possono agire in giudizio per la tutemoto il processo: la dei propri diritti o interessi legittimi»; CC i soggetti incapaci non possono disporre liberamente dei propri diritti, affidati ai loro rappresentanti legali (genitore, tutore ecc.). Dunque, tutti hanno il potere di proporre la domanda, eccetto gli incapaci, in sostituzione dei quali il potere di proporre le domande relative ai loro diritti spetta ai loro rappresentanti legali; CC l’atto col quale si propone la domanda può assumere le forme dell’atto di citazione o del ricorso. Per ciascuno di tali atti la legge prevede determinati requisiti di forma e di contenuto. 38 • Capitolo 4 CC è un insieme di poteri attraverso i quali colui che ha formulato la domanda agisce nel processo; Il «diritto di azione»: CC è un diritto distinto dal diritto che si fa valere in giudizio (ad es., il diritto al risarcimento del danno), anche se è strumentale a quest’ultimo; CC spetta a colui che nella domanda si afferma titolare del diritto leso; CC ha, come contenuto, la prestazione del giudice, ossia l’attività giurisdizionale destinata a concludersi con una pronuncia sul merito. Si dice, pertanto, che il diritto d’azione è il diritto a ottenere un provvedimento sul merito (Mandrioli). CC Azione di accertamento: è l’azione con cui la parte chiede al giudice il mero accertamento, cioè semplicemente di accertare il proprio diritto senza che a ciò consegua la condanna, senza che a ciò consegua alcunché: tipica azione di mero accertamento è l’azione di nullità del contratto, perché si dice che se io accerto che il contratto è nullo, accerto che il contratto non c’è mai stato, quindi non lo sciolgo, non faccio niente, è un’azione di mero accertamento. Tutte le azioni di cognizione contengono anche il mero accertamento. CC Azione di condanna: io chiedo l’accertamento del mio diritto ma chiedo anche che, una volta che il giudice l’abbia accertato, condanni la controparte a pagare. All’azione di condanna consegue, come effetto primario, la formazione del titolo esecutivo e il passaggio all’esecuzione forzata. Tipi di azione CC Azione costitutiva: è quel­l’azione con cui il giudice modifica una situazione di fatto. Ad es.: c’era un contratto, il giudice lo annulla e il contratto non c’è più, quindi la sentenza agisce sul mondo dei fatti giuridici cambiando qualche cosa. Anche la sentenza di separazione o di divorzio è una sentenza costitutiva. Si distingue tra: •attività giurisdizionale costitutiva necessaria, che ha ad oggetto diritti attuabili soltanto dal giudice (ad es., non si può disporre negozialmente del rapporto coniugale, ossia non ci si può separare con un contratto tra moglie e marito, ma occorre un provvedimento del giudice); •attività giurisdizionale costitutiva non necessaria, nel senso che gli effetti costitutivi attuabili da essa avrebbero potuto essere attuati anche indipendentemente dall’intervento del giudice. Si pensi all’obbligo di contrarre assunto con un contratto preliminare rimasto ineseguito e attuabile dal giudice con la sentenza costitutiva ai termini dell’art. 2932 c.c. Osservazioni ✃ La tutela cautelare L’attività cautelare è destinata a evitare i pericoli che minacciano la fruttuosità della tutela giurisdizionale di un diritto, e si attua in presenza dei seguenti presupposti: — il pericolo al quale il ritardo può esporre il diritto (periculum in mora); — la probabile fondatezza del diritto (fumus boni iuris). Nel processo cautelare il momento della proposizione della domanda è estremamente ravvicinato a quello dell’autorizzazione delle misure cautelari (ossia della pronuncia del provvedimento cautelare): se così non fosse, tanto varrebbe attendere l’esito del giudizio di cognizione. Proprio perché deve avvenire subito, questo primo riscontro non può riguardare l’accertamento del diritto (che presuppone quell’attività di cognizione che dà luogo al ritardo ai cui pericoli si vuole ovviare), ma soltanto la sua verosimile esistenza, che può essere riscontrata subito. Periculum in mora e fumus boni iuris sono, pertanto, le condizioni dell’azione cautelare nella sua prima fase, la quale conduce a un provvedimento del giudice che autorizza la misura cautelare, ossia introduce la seconda fase del processo cautelare, che consiste nell’esecuzione della misura cautelare e si effettua con forme analoghe a quelle dell’esecuzione forzata. La domanda giudiziale • 39 4Effetti sostanziali e processuali della domanda La domanda giudiziale produce i suoi effetti dal momento della notifica dell’atto di citazione, ossia dal momento della ricezione, da parte del convenuto, dell’atto contenente la formulazione della domanda proposta nei suoi confronti. Se la domanda è presentata mediante ricorso (ad es., nel processo del lavoro), gli effetti processuali (ossia, gli effetti sul processo) si producono dal momento del deposito dell’atto nella cancelleria del giudice, mentre gli effetti sostanziali (ossia, sui diritti della parte che agisce) si producono dal momento della successiva notificazione del ricorso alla controparte. CC Litispendenza, cioè la pendenza della lite, tra determinati soggetti, i quali assumono la qualità di parti nel processo. Effetti processuali CC Perpetuatio iurisdictionis, secondo la quale, ai fini della determinazione della giurisdizione e della competenza del giudice, si deve avere riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, restando senza conseguenze gli eventuali successivi mutamenti (art. 5 c.p.c.). CC Determinazione della materia del contendere, ossia dell’oggetto del processo. CC Determinazione delle parti del processo e della loro legittimazione. CC Attribuzione al giudice investito della causa della competenza esclusiva a emanare provvedimenti cautelari (art. 669quater c.p.c.). CC Interruzione della prescrizione del diritto fatto valere (art. 2943 c.c.). Effetti sostan- CC Impedimento della decadenza: se la legge prevede un termine per l’esercizio ziali dell’azione, la notifica della domanda, prima della scadenza di tale termine, impedisce la decadenza (art. 2966 c.c.). 5Gli elementi della domanda: personae, petitum e causa petendi CC Gli elementi soggettivi dell’azione sono i soggetti dell’azione stessa (personae), ossia il soggetto attivo (attore o ricorrente) e il soggetto passivo (convenuto o resistente). Soggetti CC Nei casi in cui la legge consente di far valere i diritti altrui in nome altrui (rappresentanza) o in nome proprio (sostituzione processuale), si deve avere riguardo al soggetto titolare del rapporto sostanziale e, quindi, al rappresentato (ad es., al figlio minore, rappresentato dal genitore) e al sostituito. •il petitum è ciò che si chiede con la domanda, in via im- CC Gli elementi oggettivi dell’azione, necessaPetitum e ri alla sua identificacausa petendi zione, sono il petitum e la causa petendi: 40 • Capitolo 4 mediata al giudice, al quale si chiede un provvedimento (condanna, sequestro ecc.) e, in via mediata, alla controparte, contro la quale si chiede una determinata prestazione (ad es., il pagamento di una somma di denaro); •la causa petendi costituisce la ragione di diritto della richiesta della parte, ossia il diritto sostanziale affermato, in forza del quale viene chiesto il petitum. Ad es., la causa petendi dell’azione di separazione personale è costituita dai fatti che, ai sensi dell’art. 151 c.c., rendono intollerabile la convivenza; la causa petendi dell’azione di annullamento del contratto consiste nei fatti che danno vita all’errore, alla violenza o al dolo, ossia alle cause di annullamento del contratto previste dall’art. 1427 c.c. Osservazioni Non è ammissibile la frazionabilità della domanda, ossia chiedere solo una parte del diritto. Ad es., il creditore di una somma di denaro non può frazionare il credito in più richieste di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto dell’obbligazione si pone in contrasto: — con il principio di correttezza e buona fede che deve ispirare il rapporto tra le parti durante l’esecuzione del contratto e nella fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento. Infatti, altera il giusto equilibrio degli interessi delle parti sia per il prolungamento del vincolo obbligatorio (il pagamento del credito viene richiesto in momenti diversi), sia per l’aggravio di spese a carico del debitore, il quale dovrà difendersi in più processi a fronte della moltiplicazione delle iniziative giudiziarie del creditore; — con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, per l’evidente contrasto che esiste tra la moltiplicazione dei processi e la possibilità di contenimento della loro durata (Cass. 15476/2008). Definizioni 6 Mutatio ed emendatio libelli CC Mutatio libelli (domanda nuova): è la domanda obiettivamente diversa da quella originaria, che introduce nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte e di alterare il regolare svolgimento del processo. Ad es., si ha mutatio libelli qualora si chiede l’annullamento del contratto perché concluso per violenza (ossia, sotto la minaccia di un male ingiusto), e poi in corso di causa si cambi idea dicendo che il contratto è annullabile perché è stato concluso per errore (ad es., Tizio credeva di stipulare con Caio e invece ha stipulato con Mevio). CC Emendatio libelli (precisazione/modificazione della domanda): è la diversa interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure l’ampliamento del petitum o la sua limitazione per renderlo più idoneo al concreto e effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere (Cass. 17457/2009). Ad es., è ammissibile la modificazione in più o in meno del quantum, purché con riferimento agli stessi fatti, come nel caso della richiesta del pagamento degli interessi in aggiunta al pagamento del debito richiesto con la domanda iniziale (Cass. 607/1982). Modalità CC La problematica della emendatio e mutatio libelli è risolta dall’art. 183 c.p.c., il quale consente all’attore di proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto soltanto nel corso dell’udienza di trattazione, e consente a entrambe le parti di precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate nel corso dell’udienza di trattazione oppure entro il termine perentorio non superiore a trenta giorni (c.d. appendice scritta) eventualmente concesso dal giudice istruttore su espressa richiesta di parte (art. 183, co. 4, ult. parte, e co. 5, c.p.c.). ✃ CC Mentre le precisazioni o modificazioni (emendatio libelli) delle domande, eccezioni e conclusioni possono essere avanzate da entrambe le parti all’udienza di trattazione o entro l’apposito termine perentorio concesso dal giudice, le domande nuove (mutatio libelli) possono essere proposte dall’attore (se sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto) unicamente nel corso dell’udienza di trattazione (art. 183, co. 4, c.p.c.). La domanda giudiziale • 41 7Eccezioni di rito e di merito CC Negando il fondamento della domanda sul piano fattuale (contestando, cioè, i fatti affermati dall’attore) o giuridico (contestando l’applicabilità della norma invocaIl convenuto ta dall’attore). può contestaC C Introducendo nel processo fatti estintivi (ad es., l’avvenuta risoluzione del contratto), re la domanda impeditivi (ad es., la mancata verificazione di una condizione di efficacia del contratdell’attore to) o modificativi (ad es., il pagamento di una parte del debito) del diritto fatto valere dall’attore. L’introduzione di questi fatti nel processo prende il nome di «eccezione». CC Riguardano il procedimento (ad es., l’incompetenza del giudice, la mancanza di legittimazione ad agire dell’attore ecc.). Eccezioni di rito •eccezioni di merito rilevabili d’ufficio, ovvero fatti CC Allegazioni con le quali si contesta la fondatezza delle affermazioni contenute nella domanda (ad es., l’inesistenza del diritto al risarcimento del danno). Eccezioni di merito impeditivi, estintivi o modificativi dei quali il giudice può tenere conto d’ufficio; •eccezioni di merito in senso stretto, ossia fatti di cui il giudice può conoscere solo se fatti oggetto di un’eccezione di parte. Ad es., se l’attore chiede il pagamento di una somma allegando l’esistenza di un contratto, il convenuto può dedurre, quale fatto estintivo del diritto, l’avvenuto pagamento, introducendo così un fatto principale nuovo. 8 Corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.) Il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato comporta che il giudice deve pronunciarsi su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa (art. 112 c.p.c.). Pertanto, chi propone la domanda vincola il giudice a pronunciarsi su tutti gli aspetti della domanda, e soltanto su quelli. Questo vincolo riguarda: — il tipo di azione esercitata (di accertamento, di condanna o costitutiva). Se, ad es., il giudice, al quale è stata chiesta una condanna, pronuncia una sentenza di accertamento, incorre nel vizio di parziale omissione di pronuncia; — il contenuto del giudizio (ad es., emanazione di una sentenza di condanna al pagamento di una somma di denaro, di una sentenza di annullamento del contratto ecc.). CC Nell’applicazione delle norme giuridiche il giudice non è vincolato alle affermazioni delle parti, ma è libero di applicare le norme che meglio ritiene adattabili al caso concreto, e quindi di modificare la qualificazione giuridica attribuita dalle parti alla fattispecie concreta. CC Questo principio è enunciato col brocardo iura novit curia (il giudice è libero di scegliere la norma da applicare), indipendentemente dal fatto che la norma applicabile sia stata invocata dalla parte interessata. Iura novit curia CC Questa libertà del giudice implica che il giudice può effettuare la pronuncia richiesta in base a una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, col solo limite di non interferire sul potere dispositivo delle parti stesse esercitato con le loro allegazioni. CC Tale libertà subisce tuttavia un limite sia nel c.d. giudicato interno, sia nel dovere di collaborazione del giudice, in ossequio al quale il giudice che ritenga di dover applicare una norma diversa da quella indicata dalle parti deve prima provocare il contraddittorio su tale applicabilità. 42 • Capitolo 4 Capitolo 5 Rapporti tra cause: litispendenza, continenza e connessione 1 La litispendenza (art. 39 c.p.c.) CC La litispendenza è la situazione che si determina quando due cause identiche pendono davanti a giudici diversi, mentre se pendono davanti allo stesso giudice l’art. 273 c.p.c. dispone la riunione con provvedimento non impugnabile. Nozione e ratio CC «Cause identiche» sono quelle che presentano identità di personae, petitum e causa petendi (Cass. 4371/1983). CC Secondo una parte della giurisprudenza, la litispendenza presuppone la pendenza della stessa causa avanti agiudici dello stesso grado (Cass. 8833/2002). Un’altra tesi, invece, afferma che la litispendenza può riguardare anche cause identiche che pendano in gradi diversi (Trib. Milano 14/1/2009). CC La ratio dell’istituto è evitare il bis in idem nei possibili giudicati contrastanti. CC Se la stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, occorre stabilire quale dei due giudici deve deciderla: l’art. 39, co. 1, c.p.c. prevede il criterio della prevenzione, cioè è competente il giudice adìto per primo (avuto riguardo alla data Criterio della di notifica della citazione), mentre quello adìto successivamente, «in qualunque prevenzione stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo» (art. 39, co. 1, c.p.c. modificato dalla L. 69/2009). 2 La continenza (art. 39 c.p.c.) Nozione CC È una particolare tipologia di litispendenza, e sussiste quando una domanda contiene l’altra per la maggior ampiezza del petitum (il provvedimento chiesto al giudice), ferma la coincidenza di tutti gli altri elementi (ad es.,: in un processo si chiedono tutte le rate di un mutuo e in un altro processo se ne chiede una sola). Ambito applicativo CC Una parte della giurisprudenza estende la nozione affermando che si ha continenza anche quando: •la questione sollevata con la lite preventivamente instaurata costituisce il presupposto necessario della domanda che forma oggetto della seconda (Cass. 2804/1994); •sussiste una parziale coincidenza tra le due causae petendi (Cass. 1908/1986). •se una stessa causa è proposta davanti a giudici di- ✃ Disciplina CC L’art. 39 c.p.c., modificato dalla L. 69/2009, stabilisce che: versi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo; Rapporti tra cause: litispendenza, continenza e connessione • 43 •se il giudice preventivamente adito è competente anCC L’art. 39 c.p.c., modificato dalla L. 69/2009, stabilisce che: Disciplina che per la causa proposta successivamente davanti a un altro giudice, quest’ultimo dichiara la continenza e fissa un termine perentorio entro il quale le parti devono riassumere la causa davanti al primo giudice. CC La prevenzione è determinata dalla notifica della citazione o dal deposito del ricorso. CC La continenza deve essere esclusa se i due processi pendono in gradi diversi (ad es., tribunale e Corte d’appello). CC La continenza è dichiarata con ordinanza (art. 39, co. 2, c.p.c. modificato dalla L. 69/2009) ed è impugnabile con il regolamento di competenza (art. 42 c.p.c.). 3 La connessione (art. 40 c.p.c.) CC La connessione tra due azioni può dipendere dalla comunanza degli elementi soggettivi o dalla comunanza di almeno uno degli elementi oggettivi (petitum o causa petendi). Nozione CC È il rapporto che intercorre tra due cause connesse in forza del quale la decisione di una di esse (causa accessoria) dipende dalla decisione dell’altra (causa principale) (art. 31 c.p.c.). Connessione per accessorietà (art. 31 c.p.c.) CC Tra la causa principale e quella accessoria deve sussistere «identità di soggetti». •il giudice competente per la causa principale è comCC In presenza di cause accessorie: petente anche per la causa accessoria; • la distribuzione della competenza tra giudici di tipo diverso esige il rispetto della regola dell’art. 10, co. 2, c.p.c. CC Le azioni connesse per garanzia sono le azioni con le quali una parte fa valere il suo diritto di essere garantita da un terzo, ossia risarcita delle conseguenze della sua eventuale soccombenza (art. 32 c.p.c.): ad es., se l’acquirente è convenuto in giudizio da un terzo che afferma di essere proprietario della cosa venduta, ha diritto di essere garantito dal venditore (art. 1483 c.c.). Connessione per garanzia CC L’art. 32 c.p.c. consente la proposizione della domanda di garanzia davanti al (art. 32 c.p.c.) giudice competente per la causa principale, con eventuale deroga della competenza per territorio. Se però la domanda in garanzia eccede la competenza per valore del giudice adito con la domanda principale, quest’ultimo rimette entrambe le cause al giudice superiore (ossia al tribunale), assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa. CC La pregiudizialità è un rapporto tra due questioni di fatto in virtù del quale una di esse (questione pregiudiziale) costituisce un passaggio obbligato decidere l’altra (questione principale). Ad es., rispetto a una domanda di alimenti da padre a figlio, è certamente pregiudiziale la questione relativa alla sussistenza del rapporto di paternità, ove sia contestato. Connessione per pregiudizialità (art. 34 CC L’art. 34 c.p.c. stabilisce che se la questione pregiudiziale appartiene, per materia o c.p.c.) per valore, alla competenza di un giudice superiore, quest’ultimo attrae nella propria competenza anche la causa principale. La questione pregiudiziale dovrà essere decisa con efficacia di giudicato se ciò è richiesto dalla legge o da una delle parti. 44 • Capitolo 5 CC La compensazione legale è una forma di estinzione reciproca di crediti omogenei, liquidi ed esigibili. CC Per potersi parlare di compensazione devono aversi due pretese creditorie autonome, mentre se le pretese sono fondate sul medesimo titolo non si tratta di compensazione ma di un semplice accertamento contabile di dare e avere svolto in relazione a un’unica pretesa creditoria. Eccezione di compensazione (art. 35 c.p.c.) CC Se è opposto in compensazione un credito contestato ed eccedente la competenza per valore del giudice adito, questi, se la domanda è fondata su un titolo non controverso o facilmente accertabile, può: •rimettere l’intera controversia al giudice superiore, oppure •pronunciare una condanna con riserva a favore dell’attore, il cui titolo del credito sia a sua volta non contestato o facilmente accertabile, e rimettere la sola eccezione di compensazione al giudice superiore. CC La domanda riconvenzionale è la controdomanda proposta dal convenuto nei confronti dell’attore, mentre l’eccezione riconvenzionale è una prospettazione difensiva finalizzata, a differenza della domanda riconvenzionale, esclusivamente al rigetto della domanda attrice, attraverso l’opposizione al diritto fatto valere dall’attore di un altro diritto idoneo a paralizzarlo (Cass. 9044/2010). CC Possono proporsi nello stesso giudizio, derogando ai criteri della competenza, soltanto le domande riconvenzionali che «che dipendono dal titolo già dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione» (art. 36 c.p.c.). Causa riconvenzionale (art. 36 c.p.c.) CC Il «titolo» dedotto in giudizio dall’attore equivale alle ragioni della domanda (causa petendi). La domanda riconvenzionale, pertanto, deve dipendere da fatti collegati ai fatti costitutivi della domanda principale: ad es., se il locatario cita in giudizio il locatore per fargli eseguire i lavori di manutenzione della cosa locata e il locatore propone domanda riconvenzionale di pagamento dei canoni, i fatti costitutivi di entrambe le domande contrapposte si riconducono a un medesimo «titolo», ossia lo stesso contratto di locazione. CC La domanda riconvenzionale deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di rispostatempestivamente depositata almeno 20 giorni prima dell’udienza di comparizione-trattazione (artt. 166 e 167, co. 2, c.p.c.). ✃ Cumulo soggettivo (art. 33 c.p.c.) CC L’art. 104 c.p.c. prevede che domande formulate nei confronti della stessa parte e appartenenti alla competenza di giudici diversi possono essere proposte davanti al medesimo giudice, a causa del vincolo di connessione soggettiva. Esempio: nel caso di cumulo soggettivo tra un’opposizione agli atti esecutivi, di competenza del tribunale, e un’opposizione all’esecuzione, di competenza del giudice di pace, sussiste la competenza del tribunale su tutte le domande, sempre che l’ufficio del giudice di pace competente per valore ricada nel circondario del tribunale del giudice dell’esecuzione (Cass. 16355/2010). Rapporti tra cause: litispendenza, continenza e connessione • 45 Capitolo 6 I soggetti del processo 1Il giudice CC l’ufficio giudiziario (ad es., Tribunale di Tivoli); Con il termine «giudice» si indicano: CC l’organo giudiziario che agisce nel processo di cognizione (giudice istruttore) o del processo esecutivo (giudice dell’esecuzione); CC la persona fisica che impersona il giudice-organo (ad es., il giudice Tizio). Per garantire l’imparzialità del giudice il legislatore detta alcune disposizioni che comportano la sottrazione al giudice-persona fisica del potere di giudicare in quei processi nei quali, a causa di determinati rapporti con una delle parti, l’imparzialità potrebbe essere pregiudicata. Tale sottrazione può avvenire con un’iniziativa spontanea del giudice (astensione) o con una specifica contestazione ad opera della parte che ha motivo di dubitare dell’imparzialità del giudice (ricusazione). L’astensione e la ricusazione non possono fondarsi su considerazioni soggettive o su generici sospetti; al contrario, la legge compie un’elencazione tassativa di situazioni o rapporti, stabilendo che (art. 51 c.p.c.): 1) il giudice deve astenersi solo in presenza di una di tali situazioni; 2) in presenza di altre gravi ragioni di convenienza, il giudice può chiedere l’autorizzazione ad astenersi (art. 51, co. 2, c.p.c.); 3) la ricusazione può essere chiesta solo quando sussiste un motivo di astensione obbligatoria (art. 52, co. 1, c.p.c.). •se ha interesse nella causa o in altra vertente su un’identica questione di diritto; •se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; •se egli stesso o il coniuge ha una causa penden- Astensione obbligatoria (art. 51, co. 1, c.p.c.) CC L’art. 51, co. 1, c.p.c. prevede l’obbligo del giudice di astenersi, e il correlativo diritto della parte di ricusarlo, nei seguenti casi: te o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o uno dei suoi difensori; •se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure se ha conosciuto la causa in un altro grado di giudizio (ossia, se ha partecipato alla decisione del merito della controversia in un precedente grado di giudizio: Cass. 5753/2009) o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; •se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; •se è amministratore di un ente, di un’associazione ✃ anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa. I soggetti del processo • 47 Astensione facoltativa (art. 51, co. 2, c.p.c.) CC In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi; quando l’astensione riguarda il capo dell’ufficio, l’autorizzazione è chiesta al capo dell’ufficio superiore (art. 51, co. 2, c.p.c.). CC L’autorizzazione ad astenersi deve essere chiesta dal giudice al capo dell’ufficio soltanto nei casi di astensione facoltativa per gravi ragioni di convenienza e non per le ipotesi di astensione obbligatoria, per le quali il capo dell’ufficio deve limitarsi a nominare un nuovo giudice (Cass. 1842/1998). In sintesi L’inosservanza dell’obbligo di astensione determina la nullità del provvedimento soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo nella veste di parte del procedimento, mentre in ogni altra ipotesi la violazione dell’art. 51 c.p.c. è solo motivo di ricusazione, con la conseguenza che la mancata ricusazione nei termini e con le modalità di legge preclude la possibilità di far valere la nullità del provvedimento (Cass. 565/2007). CC L’istanza di ricusazione è proponibile nei casi di astensione obbligatoria e dà luogo a un procedimento incidentale che ha inizio con un ricorso al Presidente del tribunale (se è ricusato un giudice di pace) o al collegio (se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte) e si conclude con un’ordinanza non impugnabile con la quale, in caso di accoglimento del ricorso, viene designato il giudice che deve sostituire quello ricusato (art. 54 c.p.c.). CC La proposizione del ricorso per ricusazione non determina automaticamente la sospensione del processo, in quanto spetta pur sempre al giudice una sommaria valutazione della sua ammissibilità, all’esito della quale, ove risultino carenti i requisiti formali di legge per l’ammissibiRicusazione (art. 52 lità dell’istanza, il procedimento può continuare; l’evidente inammissibic.p.c.) lità della ricusazione, pertanto, esclude l’automatismo dell’effetto sospensivo (Cass. 5236/2006). CC L’ordinanza che accoglie il ricorso designa il giudice che deve sostituire quello ricusato. CC Il giudice, con l’ordinanza con cui dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non superiore a 250 euro. CC Chi sostiene la natura giurisdizionale del procedimento afferma l’impugnabilità, col ricorso straordinario in Cassazione ex art. 111 Cost., dell’ordinanza che si pronuncia sulla ricusazione. 1.1 •Il giudice istruttore Il giudice istruttore (art. 175 c.p.c.): CC esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento; CC fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti devono compiere gli atti processuali. Il rispetto del diritto fondamentale a una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111, co. 2, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo) impone al giudice istruttore (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano anche quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del pro- 48 • Capitolo 6 cesso e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall’art. 101 c.p.c., da effettive garanzie di difesa (art. 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (art. 111, co. 2, Cost.), dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti (Cass. S.U. 26373/2008). 1.2 • La responsabilità civile del giudice CC La L. 117/1988 sulla responsabilità civile dei giudici prevede un’azione diretta verso lo Stato e una successiva azione di rivalsa dello Stato verso il magistrato. Generalità CC Le disposizioni della legge si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciali, che esercitano l’attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano all’esercizio della funzione giudiziaria. CC Normalmente è risarcibile soltanto il danno patrimoniale. Il danno non patrimoniale è risarcibile solo in caso di provvedimenti implicanti la privazione della libertà personale, e quindi esclusi, di regola, i provvedimenti pronunciati in sede civile. Reato CC Se il comportamento del magistrato costituisce reato, l’art. 13 L. 117/1988 dispone che il danneggiato ha diritto al risarcimento nei confronti dello Stato e del magistrato secondo le norme ordinarie. CC Occorre che il reato sia già stato accertato in sede penale o che penda un processo penale nel quale, colui che si assume danneggiato, si sia costituito parte civile (Cass. 11880/2001). CC Riguardo ai comportamenti dei magistrati non costituenti reato, ancorché illeciti, l’art. 2 L. 117/1988 dispone che l’azione diretta verso lo Stato è prevista per il risarcimento di un danno ingiusto conseguente a un comportamento, un atto o un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni oppure per diniego di giustizia, esclusa l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove. •la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile; •l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, CC Costituiscono colpa grave: Illecito civile di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; •la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; •l’emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione. •una violazione evidente, grossolana e macroscopica della norma di diritto; ✃ CC La negligenza inescusabile nell’esercizio di funzioni giudiziarie deve ritenersi sussistente in presenza di: •una lettura della norma contrastante con ogni criterio logico; •scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore; • una manipolazione arbitraria del testo normativo; •uno sconfinamento dell’interpretazione nel diritto libero. I soggetti del processo • 49 Diniego di giustizia (art. 3, L. 117/1988) CC Sussiste in caso di «rifiuto, omissione o ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio» e sempre in quanto sia decorso inutilmente un termine di trenta giorni (prorogabile per non oltre tre mesi) dal deposito in cancelleria di un’istanza della parte per ottenere il provvedimento, istanza che ovviamente non può essere depositata se non dopo che sia trascorso il termine di legge per il compimento dell’atto. Osservazioni La Corte di giustizia dell’Unione europea (sent. 13/6/2006) ha esteso la responsabilità civile dei magistrati a tutti i casi di violazione manifesta del diritto vigente. È prevedibile un mutamento del sistema italiano nel senso dell’incostituzionalità, per disparità di trattamento, della L. 117/1998 laddove prevede, per il danneggiato, un grado di protezione inferiore a quello accordato per la violazione del diritto comunitario. •può essere proposta soltanto quando sono stati CC L’azione di risarcimento del danno contro lo Stato: esperiti tutti i possibili mezzi di impugnazione e rimedi contro il provvedimento; •è soggetta a un termine di decadenza di due anni da quando è proponibile. CC Legittimato passivo è il Presidente del Consiglio dei ministri. Procedimento CC La competenza spetta al tribunale del luogo dove ha sede la Corte d’appello del distretto più vicino a quello in cui è compreso l’ufficio giudiziario al quale apparteneva il magistrato al momento del fatto (art. 4 della legge). Questo criterio della «maggior vicinanza», escogitato per escludere la competenza dell’ufficio giudiziario nel cui ambito opera il giudice del cui comportamento si tratta, è quello che emerge dalla L. 879/1980 in tema di competenza nei procedimenti penali a carico dei magistrati. CC La proposizione della domanda presuppone una pronuncia di ammissibilità della stessa da parte del tribunale. In caso di accoglimento dell’azione di responsabilità, lo Stato esercita, entro un anno dall’avvenuto risarcimento, l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato. La rivalsa non può superare il terzo di un’annualità dello stipendio, salvo il caso di dolo (art. 8, L. 117/1988). 2Il cancelliere (artt. 57-60 c.p.c.) La rubrica del titolo II delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile definisce il cancelliere un ausiliario del giudice. Non è, però, una qualificazione esatta, poiché il cancelliere svolge funzioni autonome rispetto a quelle del giudice ma, soprattutto, perché soltanto alcune di esse hanno natura giurisdizionale (ad es., il cancelliere compie la vendita mobiliare a norma dell’art. 534 c.p.c.). Pertanto, il cancelliere non è un organo non giurisdizionale ma è un organo amministrativo. CC Documenta, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attività proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti. Compiti (artt. 57 e 58 c.p.c.) CC Assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato un verbale. L’attività più importante è l’assistenza al giudice in udienza. L’omessa sottoscrizione del verbale d’udienza da parte del cancelliere non dà luogo a nullità del processo (Cass. 290/1984), così come non dà luogo a nullità la stessa mancata assistenza del cancelliere all’udienza (Cass. 11617/1990). CC Rilascia copie ed estratti autentici dei documenti prodotti dalle parti. 50 • Capitolo 6 CC Iscrive le cause a ruolo. Compiti (artt. 57 e CC Forma il fascicolo d’ufficio e conserva quelli delle parti. 58 c.p.c.) CC Effettua le comunicazioni e le notificazioni prescritte dalla legge o dal giudice (p.c. 151), nonché alle altre incombenze che la legge gli attribuisce. 3 L’ufficiale giudiziario L’ufficiale giudiziario assiste il giudice in udienza, provvede all’esecuzione dei suoi ordini e alle altre incombenze che la legge gli affida, tra le quali assume particolare rilevanza la notificazione degli atti. Caratteristiche CC Con la L. 1442/1956 sono stati istituiti gli «uffici unici» degli ufficiali giudiziari, nei luoghi che sono sede di tribunale e di Corte d’appello. Nel processo di cognizione, inoltre, l’ufficiale giudiziario assiste il giudice in udienza, provvede all’esecuzione dei suoi ordini e alle altre incombenze che la legge gli affida (art. 59 c.p.c.), tra le quali particolare importanza rivestono le notificazioni degli atti. CC L’ufficiale giudiziario, come il cancelliere, è civilmente responsabile quando, senza giustificato motivo, rifiuta di compiere gli atti inerenti al suo ufficio o quando ha compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave (art. 60 c.p.c.). CC La notificazione è, di regola, un atto dell’ufficiale giudiziario, la cui competenza è disciplinata dalla legge (D.P.R. 1229/1959), e avviene su istanza di una parte, del P.M. o del cancelliere (art. 137, co. 1 c.p.c.). CC La L. 53/1994 consente, in presenza di particolari condizioni, che la notifica sia effettuata dal difensore munito di delega. CC L’avvocato può effettuare le notificazioni: •senza alcun limite di competenza territoriale (Cass. 1938/2000); •a mezzo del servizio postale o «a mani proprie». Le notifiche del­ CC Requisiti per la validità delle notifiche (art. 11 L. 53/1994): autorizzazione del l’avvocato consiglio dell’ordine professionale e conservazione di un apposito registro cronologico. In mancanza di tali requisiti, la notificazione è nulla, e non inesistente; tale nullità è sanata dalla tempestiva costituzione dell’intimato e, quindi, dall’accertato raggiungimento dello scopo della notificazione stessa (Cass. S.U. 1242/2000). CC La notifica effettuata dall’avvocato a mezzo del servizio postale si considera effettuata dal notificante al momento dell’affidamento del plico alle poste (Cass. 15081/2004). Per il combinato disposto degli artt. 106 e 107, co. 2, d.P.R. 1229/1959, la potestà notificatoria spetta in via concorrente: a) all’ufficiale giudiziario del luogo dove deve essere eseguita la notificazione; b) a quello addetto all’ufficio giudiziario competente a conoscere della causa alla quale attiene la notificazione. Quest’ultimo può operare anche fuori della circoscrizione territoriale, ma solo a mezzo del servizio postale, nel qual caso l’avviso di ricevimento è l’unico documento che prova l’avvenuta notifica (Cass. 13922/2002). ✃ Il vizio conseguente all’incompetenza dell’ufficiale giudiziario dà luogo a nullità (Cass. S.U. 51/1999) della notificazione dell’atto, sanabile con la costituzione della parte notificata (Cass. 8625/2004). Se il vizio non è sanato, si converte in motivo di impugnazione (Cass. 3362/1985). I soggetti del processo • 51 4Responsabilità del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario (art. 60 c.p.c.) Il cancelliere e l’ufficiale giudiziario sono civilmente responsabili (art. 60 c.p.c.): 1) quando, senza giusto motivo, si rifiutano di compiere gli atti che sono loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono stati delegati. Ad es., l’ufficiale giudiziario che ometta di descrivere (e quindi di pignorare) i beni mobili che si trovano nell’abitazione del debitore senza un valido motivo (che si ha solo quando presso il debitore non si rinvengono affatto dei beni ovvero quando vi sia la prova certa dell’altrui proprietà degli stessi) commette illecito civile, che ha come conseguenza l’obbligo del risarcimento dei danni (Trib. Viterbo 28-5-2003); 2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave. 5Gli ausiliari del giudice (artt. 61-68 c.p.c.) CC Nell’assolvimento della sua funzione il giudice si avvale della collaborazione di taluni uffici complementari impersonati da organi, ai quali la legge attribuisce specifiche funzioni. Generalità CC Alcuni di questi organi (cancelliere e ufficiale giudiziario) appartengono in modo permanente all’organizzazione strutturale dei singoli uffici giudiziari; altri (consulente tecnico e custode) — chiamati dalla legge «ausiliari del giudice» — sono estranei a tale organizzazione e assolvono alla loro funzione a seguito di un incarico specifico affidato loro occasionalmente di volta in volta. CC L’art. 68 c.p.c. prevede il ricorso ad altri ausiliari, nonché la possibilità di ricorrere all’assistenza della forza pubblica. CC Poiché gli «ausiliari del giudice» non appartengono all’organizzazione stabile dell’ufficio giudiziario ma ricevono un incarico occasionale, hanno diritto, per la loro opera, a un compenso che il giudice determina con suo decreto. CC Il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica, quando l’attività del giudice si svolge in un campo nel quale sono richieste particolari cognizioni tecniche e non giuridiche (Mandrioli). CC La scelta dei consulenti tecnici è fatta, normalmente, tra le persone iscritte in albi speciali (art. 61 c.p.c.). Il consulente tecnico (artt. 61-64 c.p.c.) CC Il consulente compie le indagini che gli sono affidate dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, gli elementi tecnici necessari al giudice per poter valutare le prove già acquisite (art. 62 c.p.c.). CC Il consulente, scelto tra gli iscritti in un albo, ha l’obbligo di svolgere il proprio compito, tranne che il giudice riconosca un giusto motivo di astensione. Il consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell’art. 51 c.p.c. (art. 63 c.p.c.). CC Ai fini della responsabilità del consulente si applicano le disposizioni del codice penale relative ai periti (art. 64, co. 1, c.p.c.). CC Il consulente tecnico che incorre in colpa grave è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a euro 10.329. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti (art. 64, co. 2, c.p.c.) Il custode (artt. CC Al custode sono affidate la conservazione e l’amministrazione dei beni pi65-67 c.p.c.) gnorati o sequestrati, se la legge non dispone altrimenti (art. 65, co. 1, c.p.c.). 52 • Capitolo 6 CC Il compenso del custode è stabilito dal giudice dell’esecuzione, in caso di nomina fatta dall’ufficiale giudiziario, e in ogni altro caso dal giudice che l’ha nominato (art. 65, co. 2, c.p.c.). CC Al custode dei beni sottoposti a sequestro giudiziario spetta il potere di stare in giudizio in rappresentanza dei beni stessi (Cass. 8146/1997). Il custode (artt. CC Il giudice, d’ufficio o su istanza di parte, può disporre in ogni tempo la sostituzione del custode. Il custode che non ha diritto a compenso può chiedere in 65-67 c.p.c.) ogni tempo di essere sostituito; altrimenti, può chiederlo soltanto per giusti motivi (art. 66 c.p.c.). CC Il custode che non esegue l’incarico assunto può essere condannato dal giudice a una pena pecuniaria da 250 a 500 euro ed è tenuto al risarcimento dei danni causati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia (art. 67 c.p.c.). 6Il pubblico ministero (artt. 69-73 c.p.c.) CC Il P.M. agisce a tutela di diritti e interessi rilevanti sul piano pubblicistico. Compiti CC L’ordinamento giudiziario (art. 73) indica le attribuzioni del P.M. nel vegliare «all’osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci» e nel promuovere «la repressione dei reati e l’applicazione delle misure di sicurezza». CC Il pubblico ministero può agire per far valere un diritto in sostituzione di chi non può o non vuole farlo valere, proponendo la domanda e compiendo i successivi atti processuali. P.M. attore (art. 69 c.p.c.) CC Si tratta delle ipotesi nelle quali: •il titolare del diritto resta inerte; •manca un titolare del diritto o la persona in grado di farlo valere. CC Il P.M. interviene nel processo iniziato da altri al fine di sorvegliare il modo col quale esso è condotto dalle parti. •nelle P. M . i n t e r v e CC Il pubblico ministero deve interveniente necessanire, a pena di nullità rilevabile d’ufrio e facoltativo ficio (art. 70 c.p.c.): (art. 70 c.p.c.) cause che egli stesso potrebbe proporre autonomamente. Il P.M. che interviene nelle cause che avrebbe potuto proporre ha gli stessi poteri che competono alle parti e li esercita nelle forme che la legge stabilisce per queste ultime; •nelle cause matrimoniali, comprese quelle di separazione personale dei coniugi; • nelle cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone; •negli altri casi previsti dalla legge; •in ogni causa davanti alla Corte di cas- ✃ sazione. I soggetti del processo • 53 CC Il P.M. può intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse. • può produrre documenti e dedurre prove; •può prendere conclusioni nei limiti delle P. M . i n t e r v e niente necessario e facoltativo CC Il P.M. interveniente: (art. 70 c.p.c.) domande proposte dalle parti. Pertanto, può chiedere soltanto l’accoglimento, totale o parziale, o il rigetto delle domande delle parti (art. 72, co. 2, c.p.c.); •non può proporre impugnazioni non proposte dalle parti. Tuttavia, «può proporre impugnazioni contro le sentenze relative a cause matrimoniali», comprese «quelle che dichiarano l’efficacia o l’inefficacia di sentenze straniere relative a cause matrimoniali» (art. 72, co. 3 e 4) salvo che per quelle di separazione personale dei coniugi». 7 Le parti CC La nozione di «parte» è utilizzata, nel diritto dei contratti, per indicare colui che stipula un negozio giuridico (parte contraente), mentre nel diritto processuale civile le «parti» del processo sono colui che propone la domanda (attore e ricorrente), in nome proprio o nel cui nome la domanda è proposta da un altro soggetto (rappresentante), e colui nei cui confronti la domanda è proposta (convenuto e resistente). Definizione CC Laddove c’è un processo ci sono almeno due parti, in quanto c’è la domanda di un soggetto nei confronti di un altro i quali si trovano su fronti contrapposti. CC Le parti del processo sono i soggetti che compiono gli atti processuali, che ne subiscono gli effetti e sono, perciò, i destinatari dei provvedimenti del giudice. In particolare, esse sono: •l’attore e il ricorrente, ossia coloro che portano la causa davanti a un giudice; •il convenuto e il resistente, cioè i soggetti passivi contro i quali è proposta la domanda giudiziale. CC Tutti i soggetti coinvolti nel processo, diversi dalle parti, sono «terzi». CC È la idoneità della parte a stare in giudizio e a compiere atti processuali validi ed efficaci. CC Spetta soltanto alle persone fisiche che possono esercitare liberamente i loro diritti, cioè ai maggiorenni (l’art. 75 c.p.c. stabilisce che sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che si fanno valere). Capacità di stare in giudizio CC È un presupposto essenziale della validità della domanda giudiziale. Se il giu(capacità prodice rileva l’incapacità processuale di una parte, deve dichiarare la nullità della cessuale) (art. domanda. 75 c.p.c.) CC Le persone che non hanno il libero esercizio dei loro diritti non possono stare in giudizio da sole ma devono ricorrere alla rappresentanza (ad es., i genitori che rappresentano i figli minorenni), all’assistenza (ad es., il curatore assiste il minore emancipato) o all’autorizzazione (ad es., il giudice autorizza il genitore che esercita la potestà sul minore a compiere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione). 54 • Capitolo 6 •legittimazione formale (legitimatio ad Capacità di staCC La capacità processuale attribuisce re in giudizio la possibilità di esercitare i diritti pro(capacità processuali spettanti alla persona cessuale) (art. nell’ambito del processo. Si parla di: 75 c.p.c.) processum), che indica il potere di proporre la domanda (per l’attore e il ricorrente) e di contestarla (per il convenuto e il resistente); •legittimazione sostanziale (legitimatio ad causam), che consiste nella titolarità del potere di promuovere (o di subire) un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, secondo la prospettazione offerta dall’attore, indipendentemente dall’effettiva titolarità del rapporto. CC Capacità di un soggetto di assumere la qualità di parte nel processo a prescindere dalla capacità di compiere atti processuali validi. Capacità di essere parte CC Spetta a tutte le persone fisiche, alle persone giuridiche, alle associazioni non riconosciute, alle società e alle collettività organizzate (ad es., il condominio). CC Qualora un soggetto sia privo della capacità processuale, la legge attribuisce l’esercizio dei poteri processuali a soggetti terzi i quali acquistano la legittimazione formale e agiscono, nel processo, in nome e per conto della parte. Ad es., il minore può stare in giudizio a mezzo dei genitori il tutore agisce in nome e per conto dell’interdetto ecc. CC Gli effetti degli atti compiuti dal rappresentante si producono direttamente in capo al soggetto rappresentato. •lo Stato sta in giudizio in persona del Ministro preposto alla materia dedotta in giudizio; •la Regione e la Provincia stanno in giudizio in persona dei loro presidenti; Incapacità processuale •il Comune sta in giudizio in persona del CC Per le persone giuridiche la legge prevede la c.d. rappresentanza organica, secondo la quale le persone giuridiche pubbliche o private stanno in giudizio per mezzo degli organi che le rappresentano, a norma di legge o di statuto (art. 75, co. 3, c.p.c.): sindaco; •le associazioni non riconosciute stanno in giudizio in persona di coloro ai quali, secondo l’atto costitutivo o secondo lo statuto, è attribuita la presidenza o la direzione; •i comitati stanno in giudizio in persona del presidente; •le società di persone stanno in giudizio per mezzo dei soci rappresentanti o degli amministratori che ne hanno la rappresentanza; •i condomini stanno in giudizio in perso- ✃ na dell’amministratore. I soggetti del processo • 55 Osservazioni Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni o per il rilascio o la rinnovazione della procura alle liti (art. 182 c.p.c.). 8Successione nel processo (art. 110 c.p.c.) CC Quando la parte viene meno per morte o per altre cause, il processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confronti (art. 110 c.p.c.). CC La morte di una parte nel corso del giudizio determina la trasmissione della sua legittimazione processuale attiva e passiva agli eredi, i quali vengono a trovarsi nella posizione di litisconsorti necessari qualunque sia la natura del rapporto sostanziale controverso (Cass. 23765/2008). Nozione •la morte della parte-persona fisica, qualora non faccia ve- Presupposti CC Gli eventi che danno luogo alla successione nel processo sono: nir meno la ragion d’essere del processo, come ad es. la morte dell’interdicendo nel processo di interdizione o la morte di un coniuge nel giudizio di separazione o di divorzio. In tal caso, il processo proseguirà per la pronuncia di dichiarazione di cessazione della materia del contendere; •l’estinzione della parte-persona giuridica o altro ente. La successione a titolo universale non avviene nel caso delle fusione di società, poiché non è una vicenda estintiva ma soltanto modificativa della società (art. 2504bis, co. 1, c.c.). CC Il subingresso del successore non si verifica automaticamente, ma richiede un’iniziativa volontaria del successore o nei suoi confronti. Disciplina CC La successione si attua attraverso la riassunzione del processo compiuta dal successore (o effettuata nei suoi confronti) a seguito dell’interruzione del giudizio determinata dall’estinzione della parte originaria, persona fisica o giuridica. 9Successione a titolo particolare nel diritto controverso (art. 111 c.p.c.) CC Il trasferimento del diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare nel corso del processo non produce effetti sul rapporto processuale, che continua a svolgersi tra le parti originarie. CC Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte (c.d. legato), il processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confronti. Disciplina CC Il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l’alienante può essere estromesso. Pertanto, l’intervento del successore a titolo particolare non comporta automaticamente l’estromissione dell’alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentono (Cass. 1535/2010). CC La sentenza pronunciata tra le parti originarie produce sempre i suoi effetti anche nei confronti del successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme sull’acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione (art. 111 c.p.c.). 56 • Capitolo 6 Schema n. 6 Successione a titolo particolare nel diritto controverso Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte il processo prosegue tra le parti originarie il processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confronti Il successore a titolo particolare di una delle parti del processo può intervenire volontariamente nel processo o esservi chiamato ciò non comporta automaticamente l’estromissione dell’alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentono 10Il difensore (artt. 82-89 c.p.c.) Nozione L’art. 84 c.p.c. stabilisce che: Ius postulandi ✃ La parte può stare in giudizio da sola: CC Il difensore è colui che assiste la parte nel processo e compie, in nome della parte stessa, gli atti processuali. CC quando la parte sta in giudizio con un difensore, questo può compiere e ricevere, nell’interesse della parte stessa, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono a essa espressamente riservati; CC il difensore non può compiere atti che comportano la disposizione del diritto controverso, se non ne ha ricevuto espressamente il potere. CC Questa norma attribuisce al difensore lo ius postulandi, ossia il potere di compiere e di ricevere tutti gli atti del processo, esclusi quelli riservati espressamente alla parte (ad es., la confessione) o quelli che, in generale, implicano disposizione del diritto in contesa (la conciliazione, la composizione amichevole della lite, la rinuncia all’azione). CC nelle cause davanti al giudice di pace il cui valore non ecceda euro 516,46 (art. 82, co. 1, c.p.c.); CC se la parte stessa è un avvocato (art. 86 c.p.c.), e in tal caso non occorre, ovviamente, che la parte conferisca una procura a se stessa, ma è sufficiente che dichiari di possedere la qualifica professionale di avvocato; I soggetti del processo • 57 La parte può stare in giudizio da sola: CC se è autorizzata dal giudice di pace a stare in giudizio senza difensore, laddove ciò appaia opportuno in considerazione della natura e dell’entità della causa (art. 82, co. 2, c.p.c.); CC nel processo del lavoro, anche senza autorizzazione del giudice, se la causa non eccede euro 129,11 (art. 417 c.p.c.). CC L’atto con il quale la parte nomina il difensore è la procura alle liti (art. 83 c.p.c.). CC La procura alle liti può essere generale (riferita a una serie indefinita di processi) o speciale (conferita per un determinato giudizio o una sua fase o per un singolo atto processuale) e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Procura alle liti CC La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non è espressa una volontà diversa. CC Se la procura alle liti è stata conferita su un supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici deve trasmettere la copia informatica autenticata con firma digitale. CC La procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore (art. 85 c.p.c.). CC Dovere di lealtà e di probità: le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità. In caso di inosservanza, da parte dei difensori, del dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità, il giudice ne riferisce alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di esse, poiché tale violazione può configurare, a loro carico, un’infrazione disciplinare sanzionabile, ove il comportamento non sia conforme alla dignità e al decoro della proDovere di corretfessione (art. 88 c.p.c.). tezza delle parti C C Espressioni sconvenienti od offensive: negli scritti presentati e nei discorsi e dei difensori pronunciati davanti al giudice, le parti e i loro difensori non devono usare espressioni offensive (lesive del valore e dei meriti di qualcuno) o sconvenienti (contrastanti con le esigenze della funzione difensiva nel cui ambito vengono formulate). Il giudice può disporre che si cancellino le espressioni sconvenienti od offensive e, con la sentenza che decide la causa, può assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno (art. 89 c.p.c.). 11 Le spese del processo CC condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa; CC se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta; Con la sentenza che chiude il pro- CC può escludere la condanna della parte soccombente al pagamento delle specesso il giudice se eccessive o superflue; (art. 92 c.p.c.): CC può condannare una parte al rimborso delle spese che ha causato all’altra parte per violazione del dovere di cui all’art. 88 c.p.c.; CC se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione della sentenza, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti. 58 • Capitolo 6 Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione. Osservazioni ✃ Responsabilità aggravata e abuso del processo Se la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza (art. 96, co. 1, c.p.c.). Se il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente che ha agito senza la normale prudenza (art. 96, co. 2, c.p.c.). In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91, il giudice, anche d’ufficio, può condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata (art. 96, co. 3, c.p.c.), quale sanzione per il comportamento illegittimo e ristoro del torto complessivamente subìto da chi esce vittorioso per il solo fatto di esser dovuto andare in giudizio. L’interesse tutelato in via principale da questa disposizione, che ha introdotto una sorta di sanzione civile a carico del soccombente, consiste nell’evitare che il processo venga instaurato senza ragioni. I soggetti del processo • 59 Capitolo 7 Pluralità di parti: litisconsorzio e intervento 1Il litisconsorzio (artt. 102-103 c.p.c.) Nozione CC Il litisconsorzio ricorre quando più soggetti, diversi dall’attore o dal convenuto, diventano parti del processo. CC necessario, se la decisione deve essere pronunciata nei confronti di più parti in quanto il rapporto sostanziale fatto valere è unico rispetto a più soggetti (art. 102 c.p.c.); Il litisconsorzio può essere: CC facoltativo, se è opportuno (e non obbligatorio) che il processo si svolga nei confronti di più parti, per ragioni di economia processuale e per evitare un eventuale contrasto di giudicati; CC originario, se il processo si svolge fin dall’inizio con la presenza di più parti; CC successivo, se alle parti originarie se ne aggiungono altre nel corso del processo. CC Il litisconsorzio necessario ricorre quando, per la particolare natura del rapporto giuridico dedotto in giudizio, la decisione non può conseguire il proprio scopo se non è resa nei confronti di una pluralità di parti. Esempio: la domanda proposta per la demolizione di un manufatto costruito in violazione delle distanze legali comporta la necessità del litisconsorzio dal lato passivo quando l’immobile da demolire è oggetto di comproprietà. CC Il litisconsorzio necessario è il riflesso processuale dell’inscindibilità della situazione controversa facente capo a più persone le quali, proprio per l’indissolubile legame giuridico che le unisce, devono necessariamente agire o essere convenute nel medesimo processo. CC L’accertamento relativo alla sussistenza o meno di una situazione di litisconsorzio necessario va effettuata sulla base della domanda, poiché è questa che fissa e delimita l’ambito della controversia. Litisconsorzio CC La non integrità del contraddittorio può necessario (art. essere rilevata dal giudice d’ufficio o 102 c.p.c.) su specifica eccezione di parte. La parte che eccepisce l’omessa integrazione del contraddittorio ha l’onere di indicare: •la parte pretermessa, provandone l’esistenza; •i presupposti di fatto che rendono necessaria l’integrazione. CC Il giudice, qualora accerti la mancata partecipazione di uno o più litisconsorti necessari, deve disporre, con ordinanza, l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti, da effettuare entro un termine perentorio da lui stabilito. L’ordine di integrazione può essere emesso non solo all’udienza di comparizione-trattazione ex art. 183, co. 1, c.p.c., ma anche nel corso del giudizio, e quindi anche quando la non integrità del contraddittorio venga sollevata in sede di decisione della causa. CC Sia nel caso in cui l’ordine di integrazione non venga eseguito, sia nel caso in cui venga eseguito ma non nel rispetto del termine, il giudice dichiara l’estinzione del processo ex art. 307, co. 3, c.p.c., senza alcuna possibilità di riassunzione. ✃ CC La sentenza resa senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è priva di effetti anche tra le parti tra le quali è stata pronunciata (inutiliter data). Pluralità di parti: litisconsorzio e intervento • 61 CC Il litisconsorzio è facoltativo quando, per ragioni di economia processuale, la legge consente, senza imporlo, che più soggetti agiscano o siano convenuti nello stesso processo. Esempio: in caso di responsabilità dell’appaltatore e del progettista sussiste un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo, poiché la condanna al risarcimento dei danni patiti dal committente può essere pronunciata autonomamente nei confronti di ciascuno di essi, salva la possibilità di accertare in altro giudizio la concorrente responsabilità degli altri. •tra le cause che si propongono esiste conLitisconsorzio facoltativo (art. CC Più parti possono agire o esse103 c.p.c.) re convenute nello stesso processo quando: nessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono (ad es., la proposizione della domanda di risarcimento da parte di più danneggiati nei confronti dell’unico danneggiante, oppure le azioni contro il debitore principale e il fideiussore); •la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla soluzione di identiche questioni. CC Le cause cumulate restano distinte e autonome. CC La mancanza di connessione tra le domande non comporta l’inammissibilità delle stesse ma solo la necessità di una distinta pronuncia sul merito su ciascuna di esse. 2 L’intervento (artt. 105-107 c.p.c.) CC L’intervento è il fenomeno per il quale un soggetto entra in un processo già pendente tra altre parti, spontaneamente o a seguito della chiamata di una delle parti o del giudice. Nozione •è uno dei modi con cui si attua il litisconsorCC L’intervento: zio facoltativo successivo; • fa acquisire al terzo interveniente la qualità di parte. •quello volontario (art. 105 c.p.c.), che impliCC L’ordinamento disciplina due tipologie di intervento: Tipi ca l’ingresso spontaneo di un soggetto in un processo già pendente; •quello coatto, in cui l’intervento è invece provocato dalla istanza delle parti (art. 106 c.p.c.) o dalla determinazione del giudice (art. 107 c.p.c.). Osservazioni L’intervento è escluso nel giudizio di cassazione. È dubbia l’ammissibilità dell’istituto in esame nei procedimenti in camera di consiglio e cautelari, stanti le ragioni di celerità e sommarietà che caratterizzano questi giudizi. 62 • Capitolo 7 CC È l’intervento effettuato spontaneamente dal terzo. CC Sono individuabili tre tipologie di intervento volontario, a seconda della situazione giuridica fatta valere dal terzo: •intervento principale (o autonomo); •intervento adesivo autonomo (o litisconsortile) •intervento adesivo dipendente. CC Ai sensi dell’art. 268 c.p.c., l’intervento può aver luogo fino alla precisazione delle conclusioni. Intervento volontario (art. 105 c.p.c.) CC L’art. 268, co. 2, c.p.c. stabilisce che il terzo non può compiere atti che al momento sono preclusi alle altre parti. Ciò comporta una grave limitazione dei suoi poteri. È stata, quindi, proposta una lettura restrittiva in base alla quale con il termine «atti» di cui all’art. 268 c.p.c. il legislatore ha inteso riferirsi unicamente all’attività istruttoria (raccolta delle prove), mentre può senz’altro proporre domande nuove autonome, perché se così non fosse si vanificherebbe qualsiasi utilità processuale all’istituto (Cass. 25364/2008). Pertanto, chi interviene volontariamente in un processo già pendente può formulare domande nei confronti delle altre parti anche se per le parti originarie sono scaduti i termini di cui all’art. 183 c.p.c. per la proposizione di domande nuove. CC L’intervento si propone mediante una comparsa di costituzione (art. 267 c.p.c.), che deve contenere la domanda proposta nei confronti delle parti già in causa e l’esposizione della situazione che legittima il terzo all’intervento. CC L’intervento principale è l’istituto processuale con cui il terzo fa il proprio ingresso nel giudizio per far valere un proprio dirittonei confronti di tutte le parti (art. 105, co. 1, c.p.c.). CC Il diritto del terzo deve essere: •relativo all’oggetto della causa, oppure •dipendente dal titolo già dedotto nel processo. CC Il terzo che effettua un intervento principale esercita un’azione autonoma rispetto a quelle delle altre parti. Intervento principale (o autonomo) CC Attraverso l’intervento principale si verifica un allargamento dell’oggetto del processo. CC La situazione che legittima l’intervento principale del terzo è data dalla connessione oggettiva della domanda introdotta dall’interveniente con quelle già proposte nel processo dalle parti originarie. CC La connessione sussistente tra il diritto azionato dal terzo e quelli esercitati dalle altre parti riguarda, di solito, l’oggetto, mentre non ci può essere connessione per il titolo, ossia per la causa petendi, perché i diritti sono fondati su titoli diversi. CC L’intervento principale è un mezzo di tutela facoltativo, poiché il terzo che non lo effettua rimane estraneo agli effetti della sentenza pronunciata tra le altre parti e può sempre fare valere la propria pretesa in un autonomo giudizio. ✃ Intervento litisconsortile (o adesivo autonomo) CC È l’intervento del terzo che fa valere, nei confronti di una o di alcune parti originarie, un diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo. Pluralità di parti: litisconsorzio e intervento • 63 CC La ratio di questo tipo di intervento risiede nell’esigenza di evitare un possibile contrasto di giudicati e nel principio di economia processuale. Intervento litisconsortile (o adesivo autonomo) CC Il terzo fa valere un diritto incompatibile con la posizione di una o di alcune delle parti originarie, per cui all’accoglimento della domanda proposta dal terzo corrisponde necessariamente la soccombenza di quelle. CC Anche questo tipo di intervento attribuisce al terzo la qualità di parte unitamente a tutti i poteri connessi a tale posizione. CC Attraverso l’intervento adesivo autonomo il terzo propone una domanda che si affianca a quella già proposta dall’attore o dal convenuto che abbia proposto domanda riconvenzionale. CC È l’ingresso in causa di un terzo per sostenere le ragioni di una parte (c.d. parte adiuvata), quando ha interesse alla vittoria di quest’ultima in quanto è titolare di una situazione dipendente dal rapporto principale oggetto della lite, suscettibile di subire un pregiudizio in caso di soccombenza della parte adiuvata. Esempi: Intervento adesivo dipendente •i nonni possono intervenire nel giudizio di separazione dei coniugi a tutela del diritto della prole minorenne alla conservazione dei rapporti con le famiglie d’origine di entrambi i genitori (App. Perugia 27/9/2007); •il subconduttore può intervenire nel giudizio di convalida di sfratto intimato al conduttore principale, a sostegno della posizione di quest’ultimo, per evitare che dalla risoluzione del contratto di locazione principale discenda anche la risoluzione di quello di sublocazione. CC Il terzo non esercita un’azione propria, ma si limita a chiedere l’accoglimento della domanda già proposta da una delle parti originarie. CC Il terzo interveniente adesivo ha interesse. • acquista la qualità di parte, ma i suoi poteri sono limitati dall’ambito delle domande e delle eccezioni già svolte dalla parte adiuvata; CC Il terzo interveniente adesivo dipendente: •non può compiere atti di disposizione del diritto né atti di impulso per far proseguire il processo in caso di rinuncia delle parti principali; •ha pieni poteri istruttori; •non può impugnare la sentenza. Intervento a istanza di parte o «coatto» (art. 106 c p.c.) 64 • Capitolo 7 CC L’intervento, oltre a essere frutto di una scelta volontaria del terzo, può essere suscitato da un’istanza effettuata da una delle parti già in causa. In questo senso è anche definito intervento «coatto», con la precisazione che il terzo chiamato non può essere obbligato a una partecipazione attiva al processo pendente, in quanto nessuno può essere costretto a proporre delle domande e, dunque, può sempre decidere di non partecipare attivamente al processo. CC Normalmente, è il convenuto a chiamare in causa il terzo. L’attore può chiamare un terzo soltanto se il suo interesse alla chiamata non sia originario, bensì conseguente alle difese del convenuto; in tal caso, l’attore deve ottenere dal giudice un’apposita autorizzazione a chiamare in causa un terzo. CC I poteri del terzo chiamato sono quelli che egli avrebbe avuto se avesse effettuato l’intervento spontaneamente. CC La situazione più frequente di intervento su istanza di parte riguarda i terzi che avrebbero potuto promuovere un intervento volontario (art. 105 c.p.c.), ma che, per varie ragioni, ancora non lo hanno fatto e vengono chiamati da una delle parti. ✃ Intervento a istanza di parte o «coatto» (art. 106 c p.c.) CC L’altra ipotesi in cui è consentito l’intervento coatto a istanza di parte è la chiamata in garanzia, ossia la chiamata in giudizio del terzo dal quale una delle parti pretende di essere garantita. La chiamata in causa del terzo può essere compiuta affinché questi risponda al posto del convenuto, oppure sia condannato a rispondere di quanto il convenuto sarà eventualmente tenuto a pagare all’attore. La chiamata in garanzia non produce alcuna variazione della competenza (art. 32 c.p.c.), che resta in capo al giudice investito della causa principale anche quando, sommando i valori delle domande, si travalichino i limiti della competenza per valore. Tuttavia, se la domanda di garanzia è proposta davanti al giudice di pace e viene superata la competenza per valore, il giudice di pace dovrà rimettere entrambe le cause al giudice superiore. Pluralità di parti: litisconsorzio e intervento • 65 Capitolo 8 Gli atti del processo 1 L’atto processuale CC Gli atti processuali sono quegli atti che svolgono un ruolo nella dinamica del processo. La «processualità» non dipende, pertanto, dal fatto che si tratta di atti compiuti nel processo, ma dalla circostanza che si inseriscono nell’iter processuale. Caratteristiche CC L’atto processuale consente al processo di procedere fino al provvedimento finale. CC Ogni atto è potenzialmente in grado di influire sul convincimento finale del giudice, orientando la decisione della controversia in un senso piuttosto che in un altro. •in grado di produrre conseguenze sul processo, e dunque di orientarne lo svolgimento (requisito oggettivo); Requisiti CC L’atto processuale è l’atto: CC Gli elementi che contraddistinguono un atto processuale sono: •proveniente dalle parti, dal giudice, dagli uffici giudiziari o da un ausiliario di giustizia (requisito soggettivo). Pertanto, non sono atti processuali gli atti compiuti dalle parti al di fuori del processo, anche se sono destinati ad esercitare sullo stesso un certo effetto, né gli atti compiuti da persone estranee al procedimento. •il contenuto, che esprime la volontà della parte che compie l’atto; • la forma, ossia la manifestazione esteriore della volontà del soggetto, il suo manifestarsi in un comportamento esteriore oggettivamente individuabile e apprezzabile. CC Obbligatorietà e strumentalità delle forme: l’ordinamento prevede, per la maggior parte degli atti, una forma determinata, indicando con precisione il contenuto. Forma e contenuto CC L’obbligatorietà delle forme legali, prevista per numerosi atti processuali, comporta la portata marginale del principio di libertà delle forme, in base al quale «gli atti del processo possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo» (art. 121 c.p.c.). CC La forma, dunque, non è fine a se stessa, ma è uno strumento indispensabile per consentire all’atto di raggiungere il suo scopo. •deve essere utilizzata per individuare una forma che CC La libertà delle forme non è assoluta, poiché: consenta all’atto di raggiungere lo scopo previsto dall’ordinamento; •deve ispirarsi alle regole che disciplinano fattispecie ✃ analoghe e ai principi generali dell’ordinamento. Gli atti del processo • 67 CC Ai sensi dell’art. 156 c.p.c., quando l’atto è stato compiuto senza il rispetto della forma prescritta dalla legge, non può essere pronunciata la nullità se l’atto ha raggiunto il suo scopo. CC Lo scopo dell’atto non è quello che si prefigge soggettivamente il suo autore, ma quello che ad esso assegna la legge processuale, la «funzione astratta e obiettiva dell’atto nel processo» (Mandrioli). Il principio di CC Si tratta di definire la finalità della norma che prevede e regola l’atto. Nella strumentalità definizione dello scopo dell’atto non ci si può limitare ad osservare il singolo atto, delle forme ma occorre allargare la prospettiva al procedimento in cui esso si inserisce. Spesso determinati requisiti di contenuto dell’atto sono stabiliti dalla legge in relazione alle attività successive degli altri soggetti del processo cui l’atto è diretto. CC La difformità di un determinato atto rispetto al suo modello legale non comporta la nullità dell’atto quando si tratti di semplici irregolarità, ossia di difformità relative a requisiti non indispensabili al raggiungimento dello scopo. CC Ai sensi dell’art. 131 c.p.c., i provvedimenti del giudice hanno sempre la forma della sentenza, dell’ordinanza o del decreto, secondo quanto prescrivono le disposizioni di legge, salvo, in mancanza delle stesse, l’utilizzo della forma più idonea al raggiungimento dello scopo. Ad es., il rinvio dell’udienza disposto d’ufficio dal giudice non è soggetto all’obbligo della comunicazione formale e può avvenire mediante l’utilizzo di un qualsiasi modo, purché sia idoneo a portare il fatto a conoscenza delle parti (è legittima, a questo fine, la comunicazione del rinvio dell’udienza mediante un avviso affisso nella sala di udienza o in cancelleria: Cass. 9736/1992). Provvedimenti del giudice CC La forma della sentenza è prevista dal legislatore per i provvedimenti che assolvono la tipica funzione decisoria del giudizio. CC Le forme dell’ordinanza e del decreto, invece, sono previste per i provvedimenti con i quali il giudice regola l’andamento del processo (funzione ordinatoria del processo): •l’ordinanza è prevista quando il provvedimento presuppone lo svolgimento di un contraddittorio tra le parti; •il decreto viene emanato in assenza di contraddittorio. CC A norma dell’art. 111, co. 6, Cost., «tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati». CC I provvedimenti del giudice devono sempre essere redatti in lingua italiana, anche nelle regioni nelle quali è ammesso l’uso ufficiale di altra lingua, come il francese in Val d’Aosta, dove peraltro è concessa la traduzione in lingua tedesca. Atti di parte CC Salvo che la legge disponga altrimenti, gli atti processuali delle parti (atto di citazione, ricorso, comparsa di costituzione e risposta, controricorso, precetto ecc.) devono indicare (art. 125 c.p.c.): •l’ufficio giudiziario; •le parti; •l’oggetto; •le ragioni della domanda; •le conclusioni o l’istanza. CC I requisiti suindicati non sono richiesti per gli atti successivi all’instaurazione del giudizio (memorie difensive, note scritte ecc.), e anche l’assenza della sottoscrizione è valutata soltanto come mera dimenticanza, inidonea a determinare la nullità dell’atto. 68 • Capitolo 8 Atti di parte CC L’originale e le copie da notificare devono essere sottoscritti dalla parte, se sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax (art. 125 c.p.c., come modificato ex D.L. 138/2011, conv. in L. 148/2011). CC La procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata. Osservazioni La mancanza della procura alle liti conferita al difensore prima della costituzione in giudizio produce, ai sensi degli artt. 125, n. 2, e 156, co. 2, c.p.c., una nullità insanabile all’interno del processo, con conseguente inammissibilità della domanda. Nei procedimenti che iniziano con ricorso, la costituzione in giudizio coincide con il deposito del ricorso, sicché già in tale momento il difensore deve essere munito di una valida procura; risulta, pertanto, affetto da nullità il ricorso sottoscritto da un difensore sfornito di valido mandato, né il vizio è sanato per effetto del rilascio della procura successivamente al deposito del ricorso. Schema n. 7 Atti delle parti private SOGGETTO TIPO DI ATTO SCOPO Attore Citazione (art. 163) Atto con cui l’attore chiama in giudizio un’altra parte affinché il giudice decida, proponendo la domanda giudiziale nel processo di cognizione di 1° grado: a questo fine è atto sempre necessario, salvo le eccezioni di legge (art. 316). Può, però, trovare luogo anche all’infuori del processo di 1° grado, come, per esempio, per proporre appello in via principale (art. 342), per la revocazione (art. 398) e l’opposizione di terzo (art. 405). La citazione è atto scritto, autografo, di parte, unilaterale, recettizio. Essa non trova luogo nel processo di esecuzione, a meno che non si proponga opposizione (art. 615). Attore - Convenuto Comparsa (art. 125) È un atto scritto con cui la parte o il suo procuratore espongono in precise proposizioni, che prendono il nome di conclusioni, i provvedimenti che domandano al tribunale, indicando il fondamento in fatto e in diritto delle loro domande (c.d. motivazione). La prima comparsa, che deve comunicare il convenuto nel processo di cognizione, si chiama comparsa di risposta; quelle che vengono depositate, sia dall’attore che dal convenuto, prima della decisione della causa sono dette comparse conclusionali. Attore Ricorso (art. 125) È l’atto scritto rivolto al giudice, tendente ad ottenere un provvedimento in forma normalmente di decreto, emesso di solito senza contraddittorio: ottenuto il provvedimento, si procede alla notifica alla parte del ricorso e del decreto. È regolato da norme particolari per ogni tipo di processo: es. controversie in materia di lavoro, procedimento d’ingiunzione, sequestro, separazione ecc. ✃ (Segue) Gli atti del processo • 69 SOGGETTO TIPO DI ATTO SCOPO Attore Ricorso (art. 125) In alcuni procedimenti svolge il normale ruolo introduttivo, per esempio, nell’ipotesi di ricorso in Cassazione nel qual caso va prima notificato all’altra parte e poi depositato (proprio come una citazione). Una forma particolare di ricorso è la nota di iscrizione a ruolo, atto scritto di impulso processuale, consistente in una istanza da presentare al Cancelliere tutte le volte in cui una causa debba essere portata in udienza, ed in particolare all’atto della costituzione in giudizio. Convenuto Controricorso (art. 370) È un atto scritto diretto al giudice della Cassazione per contrastare la richiesta di un determinato provvedimento formulata dalla controparte. Va notificato all’altra parte, al pari del ricorso. Attore - Convenuto Precetto (art. 480) È l’atto che preannuncia il processo di esecuzione: assume la forma di intimazione, diretta all’obbligato, di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro il termine, non minore di 10 giorni, con l’avvertimento che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata (art. 480). Schema n. 8 Provvedimenti del giudice Tipo Definizione Contenuto Sentenza (art. 132) È l’atto giurisdizionale per eccellenza che decide il merito: — (se definitiva) di tutta la causa definendo così il giudizio; — (se non definitiva) di varie questioni preliminari o pregiudiziali senza definire il giudizio. Decisorio (risolve un conflitto accertando l’esistenza o inesistenza di un diritto) Ordinanza (art. 134) È un provvedimento che ri regola è usato per lo svolgimento del processo. Essa è diretta a risolvere le questioni che possono sorgere tra le parti, in ordine all’iter del procedimento. Può essere pronunciata in udienza e fuori udienza. Normalmente è revocabile e impugnabile. Ordinatorio (regola l’iter del processo risolvendo le questioni che possono insorgere tra le parti) Decreto (art. 135) È un provvedimento che normalmente assolve un’attività pre- A volte ordinatorio e paratoria del processo o di vari atti del processo. Non pre- senza motivazione supponendo l’insorgere di questioni, di solito è reso senza contraddittorio tra le parti. È pronunciato d’ufficio o su istanza, (anche verbale) di parte. Non è impugnabile né revocabile. Nozione 70 • 2 L’udienza CC L’udienza è il luogo nel quale le parti si incontrano per esercitare l’attività processuale, in modo formale e trasparente, nel rispetto dei principi del contraddittorio. Capitolo 8 CC L’udienza si svolge nelle aule o nell’ufficio del singolo magistrato collocate all’interno del Palazzo di Giustizia, davanti al giudice, tra le parti ed eventualmente i terzi chiamati a rendere dichiarazioni, in giorni prefissati secondo un calendario. CC L’art. 80 disp. att. c.p.c. stabilisce che il Presidente del Tribunale indica i giorni della settimana e le ore in cui i giudici tengono udienza. Il decreto resta affisso nelle stanze d’udienza. Luoghi e tempi CC Il calendario delle udienze successive è fissato nel rispetto del principio di ragionevole durata del processo (art. 81bis disp. att. c.p.c., come modificato ex D.L. 138/2011, conv. in L. 148/2001). CC Il luogo dove si tiene l’udienza costituisce un requisito formale dell’atto, in mancanza del quale l’attività svolta risulta affetta da nullità. Questo principio può subire delle eccezioni previste dalla legge ove, per ragioni di opportunità e necessità, risulta necessario che il relativo svolgimento si collochi al di fuori del Palazzo di Giustizia. I casi in cui l’attività processuale può svolgersi al di fuori dell’udienza sono tassativamente disciplinati dal codice di procedura civile e ne costituiscono un esempio di frequente applicazione l’ispezione (art. 259 c.p.c.) e l’assunzione dei mezzi di prova al di fuori della circoscrizione del tribunale (art. 203 c.p.c.). CC Anticipazione dell’udienza: se una parte deposita un’istanza di anticipazione d’udienza qualora ritenga la necessità che, per ragioni d’urgenza, il giudice conosca in tempi rapidi della controversia. Anticipazione CC Nell’ipotesi in cui, a seguito di istanza di parte, il giudice emetta decreto di anticipazione dell’udienza di discussione e tale provvedimento non sia stato comunicato a tutte le parti del giudizio, l’eventuale sentenza emessa a seguito dell’udienza parimenti svoltasi, deve considerarsi nulla, per violazione del contraddittorio. CC Le udienze si distinguono a seconda dell’attività che vi si svolge: Tipologie •udienze istruttorie, dove avvengono la trattazione e l’istruzione in senso stretto; •udienze di discussione della causa. CC Con riferimento alla fase decisoria della causa, l’udienza di discussione, sia nell’ipotesi in cui si svolga avanti il giudice monocratico sia avanti il collegio, ha luogo solo se espressamente richiesta almeno da una parte. Può essere rinviata dal giudice solo una volta e solo in presenza di un grave impedimento del Tribunale ovvero delle parti. CC Il potere di direzione d’udienza si colloca nel potere di direzione del processo, disciplinato all’art. 175 c.p.c. Poteri direttivi del giudice CC Il giudice che dirige l’udienza dispone di delicati poteri di coordinamento dell’udienza, al fine di garantire una trattazione ordinata e proficua della causa, predeterminando i punti in ordine ai quali la discussione si deve svolgere e dichiarandola chiusa quando sia ritenuta matura per la decisione. CC Il potere di direzione dell’udienza e l’assunzione dei mezzi di prova costituiscono attività dei giudici caratterizzate da un’ampia sfera di discrezionalità. ✃ CC Il giudice non può ricevere informazioni private sulle cause pendenti davanti a sé, né può ricevere memorie se non per mezzo della cancelleria (art. 97 disp. att. c.p.c.). Tale norma intende evitare che il giudice sia condizionato da pressioni e contatti. Gli atti del processo • 71 3I termini per il compimento degli atti processuali CC I termini sono periodi di tempo che la legge stabilisce per il valido compimento degli atti del processo. Generalità CC Nel disporre per ciascun atto un periodo di tempo il legislatore si ispira a criteri di opportunità che mirano a influire sulla maggiore o minore rapidità dello svolgimento del processo, poiché se stabilisce che un atto deve essere compiuto entro un certo termine, è chiaro che il legislatore tende ad accelerare il cammino del processo, mentre se stabilisce che un determinato atto va compiuto dopo e non prima di un certo termine, il legislatore tende a ritardare il cammino processuale (Mandrioli). CC Tutti i termini processuali subiscono una sospensione di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno (c.d. sospensione feriale dei termini). Se il decorso ha inizio durante il periodo di sospensione, tale inizio è differito alla fine di detto periodo (art. 1, L. 742/1969). CC Termini acceleratori (ad es., i termini per proporre le impugnazioni). CC Termini dilatori (ad es., il termine a comparire, di cui all’art. 163bis c.p.c. e il termine per proporre l’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati di cui all’art. 501 c.p.c.). CC L’art. 152, co. 1, c.p.c. distingue tra termini stabiliti dalla legge e termini stabiliti dal giudice, precisando che questi ultimi possono essere stabiliti solo quando la legge lo consente. •termini perentori, la cui decorrenza dà luogo autoTipologie CC Con riguardo ai termini stabiliti dalla legge introduce la distinzione, fondata sulle conseguenze dell’inosservanza, tra: maticamente alla decadenza dal potere di compiere l’atto, i quali pertanto non possono essere abbreviati o prorogati nemmeno con l’accordo delle parti (art. 153 c.p.c.). Un termine perentorio fissato dalla legge è il termine per impugnare le sentenze (art. 325 c.p.c.), mentre un termine perentorio fissato dal giudice è il termine per l’integrazione del contraddittorio (art. 102 c.p.c.); •termini ordinatori, la cui inosservanza comporta la decadenza della parte dal potere di compiere l’atto soltanto dopo una valutazione discrezionale del giudice. I termini ordinatori possono essere abbreviati o prorogati dal giudice prima della loro scadenza. CC Se si tratta di termini a mesi o ad anni, va osservato il calendario comune (art. 155, co. 2, c.p.c.). Il termine di un anno da una certa data scade con lo spirare dell’ultimo istante del giorno, del mese e dell’anno corrispondente a quello del giorno, del mese e dell’anno in cui si è verificato il fatto iniziale. Calcolo dei termini 72 • CC Qualora si tratti di termini a giorni o ad ore, non si computa il termine iniziale ma si computa il termine finale (art. 155, co. 1, c.p.c.). Non si tiene conto del fatto che uno o più giorni compresi nel termine sono festivi, salvo che sia festivo il giorno di scadenza, nel qual caso la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo (art. 155, co. 3 e 4, c.p.c.). Questa regola è applicabile anche ai termini di decadenza (Cass. 15832/2004). Non festiva è la giornata del sabato. I termini che scadono in tale giornata sono prorogati al primo giorno seguente non festivo (art. 155, co. 5 e 6, c.p.c.). Capitolo 8 Calcolo dei termini CC Se si tratta di termini che si computano a ritroso (ad es., il termine di costituzione del convenuto, che deve avvenire almeno venti giorni prima della prima udienza) e la scadenza capita in un giorno festivo, il termine è anticipato al giorno precedente non festivo. CC Talora la legge indica il termine riferendosi a un certo numero di giorni liberi (ad es., il termine di comparizione di cui all’art. 163 bis c.p.c.): in tal caso, il numero di giorni deve escludere il giorno iniziale e il giorno finale. CC Il mancato compimento dell’atto nel termine finale previsto dalla legge comporta la decadenza dal potere di compiere quell’atto. La rimessione in termini CC La decadenza si verifica: •automaticamente, se il termine non osservato è perentorio; •previa valutazione del giudice, se il termine è ordinatorio. CC La decadenza, normalmente, produce effetti irreversibili, salva la possibilità della rimessione in termini, prevista dall’art. 153 c.p.c. come rimedio di carattere generale tutte le volte in cui la parte dimostri «di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile». 4 Comunicazioni e notificazioni CC La comunicazione è l’atto con il quale il cancelliere informa le parti o altri soggetti che operano nel processo (pubblico ministero, consulente tecnico o altri ausiliari, testimoni) che si sono verificati determinati fatti rilevanti per il processo, tra i quali, in primo luogo, la pronuncia dei provvedimenti del giudice. CC La comunicazione avviene a mezzo di biglietto di cancelleria, in carta non bollata, che si compone di due parti: una è consegnata al destinatario e l’altra è conservata nel fascicolo d’ufficio (art. 45 disp. att. c.p.c.). CC Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o è consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica. Comunicazioni (art. 136 c.p.c.) CC Le comunicazioni possono essere eseguite a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, riguardante la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi (art. 136, co. 3, c.p.c.). L’esercizio di questa facoltà del cancelliere è condizionato dall’esercizio della facoltà del difensore di indicare, nel primo atto difensivo utile, il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere gli avvisi (artt. 133 e 134 c.p.c.). CC Tutte le comunicazioni alle parti devono essere effettuate a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica (art. 136, co. 4, c.p.c., inserito ex D.L. 138/2011, conv. in L. 148/2011). ✃ Notificazioni (art. 137 c.p.c.) CC Le notificazioni, quando non è disposto altrimenti, sono eseguite dall’ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere. L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi. Gli atti del processo • 73 CC Se l’atto da notificare o comunicare è un documento informatico e il destinatario non possiede un indirizzo di posta elettronica certificata, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell’atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all’originale, e conserva il documento informatico per i due anni successivi. Se richiesto, l’ufficiale giudiziario invia l’atto notificato anche attraverso strumenti telematici all’indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della notifica o dal suo procuratore, ovvero conseNotificazioni gna ai medesimi, previa esazione dei relativi diritti, copia dell’atto notificato, su (art. 137 c.p.c.) supporto informatico non riscrivibile. CC Se la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, l’ufficiale giudiziario consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. CC Notificazione in mani proprie (art. 138 c.p.c.) CC Di regola, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna dell’atto al destinatario in persona, ovunque venga trovato dall’ufficiale giudiziario nell’ambito della circoscrizione dell’ufficio giudiziario a cui è addetto. Se il destinatario rifiuta di ricevere la copia, l’ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione e la notificazione si considera fatta in mani proprie (art. 138 c.p.c.). CC Se non è eseguita personalmente nelle mani del destinatario, l’art. 139 c.p.c. dispone che «… la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio». La norma non dispone un ordine tassativo da seguire in tali ricerche, potendosi scegliere di eseguire la notifica presso la casa di abitazione o presso la sede dell’impresa o presso l’ufficio, purché si tratti, comunque, di luogo posto nel Comune in cui il destinatario ha la sua residenza (Cass. 15755/2004). CC Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o Notificazione all’azienda. nella residenza, nella dimora o CC In mancanza delle persone suindicate, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda, e, quando anche il portiere mannel domicilio ca, a un vicino di casa che accetti di riceverla. Il portiere o il vicino deve sotto(art. 139 c.p.c.) scrivere una ricevuta, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata (art. 139 c.p.c.). In caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, anche della vana ricerca di altre persone abilitate a ricevere l’atto; pertanto, è nulla la notifica al portiere quando la relazione non contenga l’attestazione del mancato rinvenimento delle persone, indicate ex art. 139 c.p.c.; inoltre, l’omessa spedizione della raccomandata determina la nullità della notifica nei riguardi del destinatario (Cass. 7667/2009). CC Se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone suindicate, l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del Irreperibilità o comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta rifiuto di ricechiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatavere la copia rio, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento (art. 140 c.p.c.). (art. 140 c.p.c.) CC La notifica si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata o, comunque, decorsi dieci giorni dalla spedizione (Corte cost. 3/2010). 74 • Capitolo 8 CC Se non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario, l’ufficiale giudiziario esegue la notifica mediante deposito di copia dell’atto nella Notificazione a casa comunale dell’ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luopersona di rego di nascita del destinatario sidenza, dimora e domicilio CC Se non sono noti né il luogo dell’ultima residenza né quello di nascita, l’ufficiale sconosciuti giudiziario consegna una copia dell’atto al pubblico ministero. La notificazio(art. 143 c.p.c.) ne si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte (art. 143 c.p.c.). CC La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede o al portiere dello stabile in cui è la sede. CC La notificazione può anche essere eseguita, a norma degli artt. 138, 139 e 141 c.p.c., alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora Notificazione abituale. agli enti collettivi CC La notifica alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati si fa nella sede indicata nell’art. 19, co. 2, c.p.c., ovvero alla persona fisica che rappresenta l’ente, qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale. CC Se la notifica non può essere eseguita nelle modalità suddette, la notificazione alla persona fisica che rappresenta l’ente può essere eseguita anche a norma degli artt. 140 o 143 c.p.c. •il richiedente, che può essere una parte o il suo difenSoggetti CC I soggetti che vengono in rilievo nella notificazione sono tre: sore, il P.M. o il cancelliere (art. 137, co. 1, c.p.c.). L’omessa indicazione della parte istante o la sua indicazione in modo generico (ad es., «come in atti») dà luogo a nullità solo quando non sia desumibile dal contesto dell’atto; •l’ufficiale giudiziario che effettua la notifica; •il destinatario. Relazione di notifica CC La relazione dell’ufficiale giudiziario (c.d. relata di notifica) è il verbale contenente la descrizione delle attività compiute dall’ufficiale giudiziario, e costituisce un atto pubblico. Pertanto, fa fede fino a querela di falso delle attività svolte dall’ufficiale, della constatazione dei fatti avvenuti in sua presenza e della conformità della copia all’originale (Cass. 224/1994), ma non della veridicità delle dichiarazioni a lui effettuate (Cass. 5305/1999). Osservazioni ✃ In tema di notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento, se il difensore trasferisce lo studio professionale a un indirizzo diverso da quello risultante dagli atti del processo, egli ha l’onere di comunicare alla cancelleria, con mezzi idonei e tempestivi, la relativa variazione, per conferire a essa rilevanza giuridica ai fini delle comunicazioni e delle notificazioni di pertinenza della cancelleria medesima; in mancanza, comunicazioni e notificazioni possono eseguirsi e perfezionarsi nel luogo risultante dagli atti del processo, senza che la cancelleria sia tenuta ad accertare se siano eventualmente intervenuti mutamenti di indirizzo (Cass. 5079/2010). Gli atti del processo • 75 Schema n. 9 Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia (art. 140 c.p.c.) Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia (art. 140 c.p.c.) Se non è possibile eseguire la notifica per: — irreperibilità temporanea del destinatario della notifica o delle altre persone legittimate a riceverla; — rifiuto o incapacità di ricevere l’atto da parte delle persone, diverse dal destinatario, legittimate a riceverlo La Corte costituzionale, con sent. 14-12010, n. 3, ha affermato che la notifica per irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata informativa o, comunque, con il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notifica deve eseguirsi affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento 4.1 • La facoltà di notificazione per gli avvocati CC La notificazione è, di regola, un atto dell’ufficiale giudiziario. Tuttavia, la L. 53/1994 consente, in presenza di particolari condizioni, che la notificazione sia effettuata dal difensore munito di delega. Generalità In particolare, l’avvocato può effettuare le notificazioni: •senza limiti di competenza territoriale (Cass. 1938/2000); •a mezzo del servizio postale (artt. 1, 2, 3) oppure personalmente al destinatario che sia un avvocato iscritto allo stesso albo (artt. 4, 5, 6). CC Se è effettuata in mancanza dei requisiti previsti dalla legge (autorizzazione del Consiglio dell’ordine degli avvocati e conservazione in un apposito registro cronologico), la notifica è nulla ed è sanabile con il raggiungimento dello scopo (Cass. S.U. 1242/2000). 76 • Capitolo 8 CC Per il combinato disposto degli artt. 106 e 107, co. 2, D.P.R. 1229/1959, la potestà notificatoria spetta, in via concorrente, all’ufficiale giudiziario del luogo dove deve essere eseguita la notificazione e a quello addetto all’ufficio giudiziario competente a conoscere la causa alla quale attiene la notificazione. Quest’ultimo può operare anche fuori della circoscrizione territoriale ma solo a mezzo del servizio postale (Cass. 13922/2002). Generalità CC Il vizio conseguente all’incompetenza dell’ufficiale giudiziario dà luogo a nullità della notificazione dell’atto, sanabile con la costituzione della parte notificata (Cass. 8625/2004). Il vizio, se non è sanato, si converte in un motivo di impugnazione. Se però la notificazione è eseguita da chi non è ufficiale giudiziario né un suo aiutante né un messo di conciliazione, è inesistente. Osservazioni La notificazione del ricorso per Cassazione costituisce, a norma dell’art. 107, D.P.R. 1229/1959, un atto di competenza promiscua, perché la stessa riguarda non solo la città di Roma dove il processo deve essere trattato, ma anche il luogo nel quale la sentenza impugnata è stata pronunciata e il ricorso deve essere notificato; ne consegue che l’incombenza può essere svolta anche dall’ufficiale giudiziario del luogo dove la sentenza impugnata è stata emessa (Cass. S.U. 10969/2001). 4.2 •Scissione del momento perfezionativo della notificazione CC La notificazione può essere eseguita dall’ufficiale giudiziario personalmente o a mezzo del servizio postale, mediante invio di plico raccomandato con avviso di ricevimento (art. 149 c.p.c.): in questo modo l’ufficiale giudiziario può eseguire le notificazioni anche al di fuori dell’ambito territoriale di sua competenza. In caso di mancata consegna del plico, sull’avviso di ricevimento deve essere fatta menzione, a pena di inesistenza, delle formalità eseguite e del luogo di affissione dell’avviso di deposito. CC La Corte costituzionale, con la sentenza n. 477/2002, nel dichiarare l’incostituzionalità del combinato disposto Generalità dell’art 149 c.p.c. e dell’art. 4, co. 3, L. 890/1982, ha affermato che: •la notifica a mezzo posta si perfeziona, per il notificante, alla data della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario; •per il destinatario gli effetti della notifica si verificano solo al momento della consegna a lui dell’atto, sicché l’avviso di ricevimento condiziona la stessa esistenza della notificazione. CC Dopo l’intervento della Corte costituzionale il legislatore ha modificato l’art. 149 c.p.c., aggiungendo un terzo comma secondo cui «la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha legale conoscenza dell’atto». CC La scissione del momento di efficacia della notifica rispetto al notificante e al notificando riguarda ogni forma di notifica (Corte cost. 3/2010). Osservazioni ✃ La regola secondo la quale il termine per la notifica è rispettato dal notificante con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (sempre che la notifica avvenga poi validamente) va applicata indipendentemente dalle obiettive possibilità di perfezionamento della notifica entro il termine (si pensi, ad es., alla consegna del plico all’ufficiale giudiziario alla vigilia della scadenza del termine, nella consapevolezza dell’obiettiva impossibilità del perfezionamento della notifica nel termine). Gli atti del processo • 77 Schema n. 10 Notifica a mezzo del servizio postale (art. 149 c.p.c.) A seguito della sentenza n. 477/2002 della Corte costituzionale la notifica a mezzo posta deve ritenersi tempestiva per il notificante, con la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario per il destinatario, alla data di ricezione dell’atto attestata dall’avviso di ricevimento del plico postale che lo contiene tale regola trova applicazione nell’ipotesi in cui la notifica a mezzo posta venga eseguita dall’ufficiale giudiziario o dal difensore della parte ai sensi dell’art. 1 L. 53/1994 5 La trasmissione a distanza degli atti CC La L. 183/1993 ha attribuito al difensore la facoltà per la quale, in caso di trasmissione con determinate modalità, da parte sua ad altro difensore di atti o provvedimenti del processo (o anche di altro processo) a mezzo fax, la copia fotoriprodotta è considerata conforme all’atto trasmesso. Generalità CC Il requisito essenziale perché sussista questa particolare efficacia sta nell’essere entrambi i difensori muniti di procura, contenuta nell’atto trasmesso, con sottoscrizione da essi autenticata. 6 La nullità degli atti processuali CC La nullità degli atti processuali è prevista dall’art. 156 c.p.c. per vizi di forma, ossia relativi alle modalità di manifestazione degli atti stessi. Cause 78 • CC Il riferimento della legge ai requisiti formali va inteso come esclusione dei requisiti non formali dalla disciplina generale delle nullità. CC Accanto ai requisiti di forma, infatti, vi sono requisiti non formali, che non riguardano le modalità di manifestazione degli atti: si pensi, ad es., alla competenza del giudice, alla capacità processuale, alla legittimazione processuale, alle condizioni dell’azione ecc. Capitolo 8 CC L’art. 156 c.p.c. disciplina i vizi di nullità degli atti processuali secondo un criterio derivante dal principio di strumentalità delle forme (artt. 121 e 131 c.p.c.), in base al quale la forma di ciascun atto è strettamente legata alla funzione dell’atto stesso, nel senso che i requisiti formali ai quali la legge attribuisce rilievo determinante sono soltanto quelli necessari per il conseguimento dello scopo dei singoli atti (Mandrioli). CC L’art. 156, co. 2, c.p.c. stabilisce che la nullità può essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. Lo scopo non è l’obiettivo contingente e concreto perseguito dall’autore dell’atto, ma il fine che l’atto è destinato a realizzare secondo la norma che lo disciplina. CC In alcuni casi la legge prevede espressamente i requisiti che devono sussistere per evitare la nullità dell’atto (art. 156, co. 1, c.p.c.). Il legislatore, nel prevedere espresRilevanza samente la nullità per mancanza di un requisito, ha già compiuto, una volta per tutte, della nulliquella valutazione di indispensabilità del requisito per il raggiungimento dello scopo tà (art. 156 dell’atto che, negli altri casi, è affidato al giudice. c.p.c.) CC Il comma 3 dell’art. 156 c.p.c. prevede che la nullità non può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo al quale è destinato. Questa disposizione comporta che, pur sussistendo un vizio di nullità secondo quanto previsto dai commi 1 e 2 dell’art. 156 c.p.c., tuttavia tale vizio non comporta la nullità dell’atto se l’atto stesso ha raggiunto il suo scopo nonostante il vizio di nullità. Esempio: se un atto di citazione manca, nella copia notificata, dell’indicazione della data della prima udienza, non è idoneo a dare vita al contraddittorio, finalità principale dell’atto di citazione, poiché sulla base di quell’atto il convenuto non può sapere quando deve comparire; e infatti, l’art. 164, co. 1, c.p.c. prevede espressamente la nullità per l’atto di citazione privo del suddetto requisito. Tuttavia, se il convenuto assume spontanee informazioni presso la cancelleria e compare all’udienza stabilita, l’atto di citazione, nonostante la sua obiettiva inidoneità, ha raggiunto il suo scopo e la nullità resta sanata ex art. 156, co. 3, c.p.c. CC L’art. 157, co. 1, c.p.c. stabilisce che «non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d’ufficio». In relazione a ciò, se, seguendo la terminologia di uso più frequente, chiamiamo relative le nullità che possono essere pronunciate soltanto a seguito di istanza di parte, e assolute le nullità che possono essere pronunciate anche d’ufficio, possiamo dire che le nullità degli atti processuali civili sono, di regola, relative, salvo che la legge attribuisca loro espressamente i caratteri dell’assolutezza. Nullità assolute e relative CC Il legislatore, al fine di evitare le gravi conseguenze della nullità, fa dipendere la pronuncia della nullità da un’iniziativa della parte interessata a far valere il vizio. La pronuncia d’ufficio della nullità è consentita soltanto nei casi in cui, per l’essenzialità del requisito mancante e per la conseguente gravità del pregiudizio, che investe non solo interessi di parte ma la stessa regolarità del processo, il legislatore ha espressamente attribuito al giudice il potere di pronunciare d’ufficio la nullità. CC Con riguardo alle nullità relative, l’art. 157, co. 2, c.p.c. dispone che soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può denunciare la nullità dell’atto per la mancanza del requisito stesso e deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto viziato o alla notizia di esso; altrimenti, la nullità resta sanata (Cass. 27026/2008). CC A ulteriore limitazione dell’ambito delle persone che possono far valere la nullità, il comma 3 aggiunge che la nullità non può essere fatta valere: •dalla parte che l’ha causata; •dalla parte che vi ha rinunciato anche tacitamente. ✃ CC Per le nullità assolute la rilevabilità d’ufficio non tollera limitazioni di ordine temporale, sicché tali nullità sono rilevabili in ogni stato e grado del giudizio; solo eccezionalmente la legge prevede dei limiti di stato o di grado per la loro pronuncia. Gli atti del processo • 79 CC La sentenza che dichiara la nullità di un atto processuale fa crollare l’intera sequenza degli atti successivi, come una costruzione alla quale vengano sottratte tutte le fondamenta o una parte di esse crolla per l’intero o per quel settore che poggia su quelle fondamenta, mentre rimane in piedi quella parte di costruzione che non poggia su di esse (Mandrioli). Allo stesso modo, la nullità dell’atto A si estende all’atto successivo B se l’atto A si pone come necessario antecedente dell’atto B, nel senso che l’atto A sia non solo cronologicamente anteriore, ma anche indispensabile per la realizzazione dell’atto B. Estensione del- CC Per evitare l’estensione delle conseguenla nullità (art. ze della nullità al di là del necessario, in 159 c.p.c.) base al principio di conservazione degli atti processuali (utile per inutile non vitiatur), l’art. 159, co. 1 e 2, c.p.c., stabilisce che: •la nullità di un atto non comporta quella degli atti successivi che ne sono indipendenti; •la nullità di una parte dell’atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti; CC L’art. 159, co. 3, c.p.c. precisa che «se il vizio impedisce un determinato effetto, l’atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo». Questa disposizione disciplina il principio di conservazione degli atti processuali, che opera quando l’atto abbia i requisiti di forma e di sostanza dell’atto in cui viene convertito e sia stato proposto davanti al giudice competente (Cass. 17939/2009). •dalla mancanza di un requisito essenziale della sentenza (c.d. nullità diretta); CC La nullità della sentenza può dipendere: •dal ripercuotersi, sulla sentenza, dell’invalidità di un atto del processo anteriore alla sentenza (c.d. nullità indiretta o derivata). CC I vizi di nullità della sentenza possono essere fatti valere soltanto con il mezzo di impugnazione previsto contro quella sentenza, per cui si convertono in un motivo di impugnazione (art. 161, co. 1, c.p.c.). La decadenza dal mezzo di impugnazione impedisce di far valere il vizio di nullità della sentenza e comporta, quindi, la sanatoria del vizio. Nullità della sentenza (art. 161 c.p.c.) CC La sottoscrizione della sentenza da parte del giudice costituisce un requisito essenziale del provvedimento, la cui ingiustificata mancanza, pur se involontaria - provocata, cioè, da errore o da dimenticanza - ne determina la nullità assoluta e insanabile, equiparabile all’inesistenza (art. 161, co. 2, c.p.c.), senza che possa ovviarsi né con il procedimento di correzione degli errori materiali né con la rinnovazione della pubblicazione da parte dello stesso organo che, emessa la pronuncia, ha ormai esaurito la sua funzione giurisdizionale (Cass. 21049/2006). • è pronunciata da chi non è un giudice; •non è redatta per iscritto o è carenCC Oltre all’ipotesi della mancanza di sottoscrizione, la sentenza è radicalmente nulla se: te di dispositivo o ha un dispositivo assurdo o impossibile; •è redatta in una minuta e consegnata al cancelliere perché provvedesse alla redazione dell’originale; •è pronunciata contro un soggetto defunto. 80 • Capitolo 8 Osservazioni La sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, requisito necessario per la sua esistenza giuridica (art. 162, co. 2, c.p.c.), deve essere costituita da un segno grafico che abbia caratteristiche di specificità sufficienti e possa, quindi, consentire l’attribuzione al giudice che l’ha redatta, pur nella sua eventuale illeggibilità (la quale non pregiudica l’idoneità della sottoscrizione se sussistono adeguati elementi per il collegamento del segno grafico con un’indicazione nominativa contenuta nell’atto) (ad es., deve ritenersi radicalmente nulla la sentenza sottoscritta soltanto con una breve linea impercettibilmente ondulata) (Cass. 7928/2000). La rinnovazione dell’atto nullo CC Per la stessa ragione per la quale, nel disciplinare l’estensione della nullità, si è preoccupato di far salvi gli atti successivi indipendenti da quello viziato, il legislatore si preoccupa di imporre, se possibile, la rinnovazione dell’atto nullo e di quelli successivi, vale a dire il compimento di un nuovo atto destinato a produrre i medesimi effetti che avrebbe prodotto l’atto colpito dall’estensione della nullità, col conseguente recupero degli atti successivi (Mandrioli). CC Quando il giudice pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende (art. 162 c.p.c.). La rinnovazione presuppone la dichiarazione della nullità. CC La rinnovazione può essere compiuta anche spontaneamente dalla parte interessata. Si pensi all’appello proposto con un atto di citazione nullo: la legge prevede la possibilità della sua riproposizione fino a quando non sia decorso il termine o non sia dichiarata l’inammissibilità o l’improcedibilità (art. 358 c.p.c.). 7Nullità e inesistenza della notifica CC La notificazione è nulla (art. 160 c.p.c.): •se non sono osservate le disposizioni relative alla persona alla quale deve essere consegnata la copia; •se c’è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data. CC In ogni caso, alla notificazione si applicano gli artt. 156 e 157 c.p.c. Nullità della notificazione (art. 160 c.p.c.) •non può essere pronunciata la nullità per inosservanza delle forCC L’art. 156 c.p.c. individua tre principi: me dell’atto processuale, se la nullità non è espressamente prevista dalla legge (c.d. tassatività delle nullità); •la nullità può essere pronunciata se nell’atto mancano i requisiti essenziali per il raggiungimento dello scopo; •la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato. CC L’art. 157 c.p.c. prevede, invece, che la nullità può essere pronunciata soltanto su istanza di parte, a meno che la legge preveda che essa venga pronunciata d’ufficio. Osservazioni ✃ La notifica è affetta da nullità (sanabile attraverso la costituzione del convenuto o attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice) quando, pur essendo stata eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, risulti tuttavia ravvisabile un collegamento con il destinatario dell’atto, così da rendere possibile che l’atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario (Cass. 25350/2009). Gli atti del processo • 81 CC se è effettuata in un luogo o nelle mani di una persona che non presentino alcun riferimento con il destinatario dell’atto, risultando a costui del tutto estranei; La notifica è inesistente: 82 • Capitolo 8 CC quanto venga effettuata con modalità del tutto estranee al procedimento notificatorio tipico delineato dalla legge (ad es., la notifica della citazione effettuata mediante consegna materiale al convenuto da parte dell’attore) (Cass. 9772/2005). Capitolo 9 Le Prove 1 Principi generali Nozione CC Le prove sono gli strumenti processuali per mezzo dei quali il giudice forma il suo convincimento circa la verità o la non verità dei fatti affermati dall’una o dall’altra parte. CC Con questo significato si parla di mezzi di prova, poiché nel processo la prova comincia a entrare proprio come strumento messo a disposizione del giudice. •le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero; • i fatti non specificatamente contestati dalla CC Ai sensi dell’art. 115 c.p.c., salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione: Disponibilità delle prove e fatto notorio (art. 115 c.p.c.) ✃ CC Il giudice, senza bisogno di prova, può porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza (c.d. fatto notorio). Il fatto notorio, derogando al principio dispositivo delle prove e al principio del contraddittorio, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con un tale grado di certezza da apparire incontestabile; ne consegue che tra le nozioni di comune esperienza non possono farsi rientrare: parte costituita. La semplice negazione di un fatto, non accompagnata dall’indicazione di un altro fatto incompatibile con quello negato, equivale a contestazione generica (Trib. Catanzaro 30-10-2009). Nessun valore probatorio può essere dato alla «non contestazione stragiudiziale», ossia anteriore all’inizio del processo, poiché la «non contestazione» consiste in un contegno processuale, non potendo concorrere a integrarla atteggiamenti assunti dalla parte prima e al di fuori del giudizio. Ciò è confermato dall’art. 9, D.Lgs. 28/2010 sulla mediazione civile, che prevede che le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio, avente il medesimo oggetto, iniziato dopo l’insuccesso della mediazione, salvo il consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. •le acquisizioni specifiche di natura tecnica; •gli elementi valutativi che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati estimativi (Cass. 13234/2010); •le circostanze comunemente note nel luogo dove abitano le parti e il giudice (notorietà ristretta) (Cass. 4051/2007). Le prove • 83 Osservazioni I fatti acquisiti tramite Internet non possono definirsi nozioni di comune esperienza ai sensi dell’art. 115 c.p.c., norma che, derogando al principio dispositivo, deve essere interpretata in senso restrittivo. Può, infatti, ritenersi «notorio» solo il fatto che una persona di media cultura conosce in un dato tempo e in un dato luogo, mentre le informazioni pervenute da internet, quand’anche di facile diffusione e accesso per la generalità dei cittadini, non costituiscono dati incontestabili nelle conoscenze della collettività (Trib. Mantova 18-5-2006). CC Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente giudizio, salvo che la legge disponga altrimenti (art. 116, co. 1, c.p.c.). Pertanto, la regola generale è la libera valutabilità delle prove da parte del giudice, mentre l’eccezione è rappresentata dalle prove legali, la cui valutazione ed efficacia nel processo è predeterminata dal legislatore una volta per tutte (ad es., il giuramento decisorio ha valore di prova legale quanto ai fatti che ne formano oggetto, che devono considerarsi definitivamente accertati). CC Una volta che la prova legale sia stata acquisita (ad es., è stato prestato il giuramento), il giudice deve prenderne atto, senza possibilità di metterne in dubbio la veridicità (Mandrioli), salva l’ipotesi di contrasto con un’altra prova di pari efficacia, nel qual caso è libero di scegliere tra l’una e l’altra (Cass. 12401/1997). Prove liberamente valutabili, prove legali e argomenti di prova (art. 116 c.p.c.) CC Non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altri dati probatori, essendo rimessa la valutazione delle prove al prudente apprezzamento del giudice; da ciò consegue che il convincimento del giudice sulla verità di un fatto può basarsi anche su una presunzione, eventualmente in contrasto con altre prove acquisite, se da lui ritenuta di tale precisione e gravità da rendere inattendibili gli altri elementi di giudizio ad esso contrari, alla sola condizione che fornisca del convincimento così attinto una giustificazione adeguata e logicamente non contraddittoria (Cass. 9245/2007). •dalle risposte che le parti gli danno in sede di interrogatorio non formale (art. 117 c.p.c.); CC Il giudice può desumere argomenti di prova, ossia elementi di valutazione di altre prove (art. 116 c.p.c.): •dal rifiuto ingiustificato delle parti di sottoporsi alle ispezioni ordinate dal giudice; •dal contegno delle parti nel processo (ad es., la linea difensiva assunta in giudizio da una parte, che si limiti a una contestazione generica delle pretese avversarie senza formulare alcuna specifica contestazione). CC Chi vuol fare valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, e chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti, ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto, deve provare i fatti sui quali l’eccezione si fonda (art. 2697 c.c.). L’onere della prova (art. 2697 c.c.) CC L’onere della prova è •è stato esplicitamente ammesso; superfluo se riguarda un fatto pacifico, os- •non è stato specificamente contestato dalla controparte. sia un fatto che 84 • Capitolo 9 CC L’inversione dell’onere della prova si ha quando l’attore non deve dare la prova di un determinato fatto, mentre sarà il convenuto a dover provare che quel fatto non sussiste. L’inversione può derivare da specifiche previsioni di legge (ad es., artt. 2050-2054 c.c.) oppure dalla volontà della parte di rinunciare ai vantaggi che gli deriverebbero dall’applicazione dei principi sull’oneL’onere della prova re della prova. (art. 2697 c.c.) CC I patti con i quali è invertito o è modificato l’onere della prova sono nulli quando si tratta di diritti di cui le parti non possono disporre o quando l’inversione o la modificazione ha per effetto di rendere a una delle parti eccessivamente difficile l’esercizio del diritto (art. 2698 c.c.). CC La presunzione (o «prova indiretta») è ogni argomento, congettura, illazione attraverso la quale, essendo già provata una determinata circostanza, si considera provata anche un’altra circostanza sfornita di prova diretta: ad es., dalla circostanza che è decorso un certo periodo di tempo dal momento in cui si poteva pretendere il pagamento di un debito, per il quale normalmente il pagamento avviene entro breve tempo, si trae la presunzione che il debito sia stato già pagato o che si sia già estinto, sebbene manchino prove dirette del pagamento (Torrente-Schlesinger). •legali se è la legge che attribuisce a un fatto il vaPresunzioni legali CC Le presunzioni sono lore di prova in ordine a un altro fatto, che quindi viene presunto (ad es., la presunzione che chi ha il possesso di una cosa altrui sia in buona fede: art. 1147, co. 3, c.c.); •semplici se sono lasciate al prudente apprezzamento del giudice, il quale può ritenere provato un fatto, di cui manchino prove dirette, se ricorrono indizi gravi, precisi e concordanti (art. 2729 c.c.). •assolute (iuris et de iure), se non è ammessa la CC Le presunzioni legali possono essere prova contraria. •relative (iuris tantum), se è ammessa la prova contraria. 2 Prove tipiche e atipiche Le prove utilizzabili non sono soltanto quelle espressamente previste dall’ordinamento (confessione, giuramento, testimonianza, ecc., c.d. prove tipiche), ma anche le prove atipiche, ossia le prove non previste da alcuna norma e le prove che, pur essendo previste dal legislatore, vengono assunte in una sede diversa da quella nella quale sono valutate (ad es., utilizzo delle prove raccolte in un altro processo). Sono prove atipiche, tra le altre: ✃ — lo scritto proveniente da un terzo, che non possiede l’efficacia probatoria piena delle prove documentali, ma può fondare un indizio o una presunzione fino a costituire fondamento di una decisione; — le prove assunte in un precedente giudizio o in un giudizio estinto o in sede penale o raccolte da un giudice incompetente; — le affermazioni di fatti compiute in una sentenza; — le certificazioni amministrative e i verbali di polizia giudiziaria. Le prove • 85 3 Prove costituende e prove precostituite CC Le prove costituende sono quelle che si formano all’interno del processo. Tipiche prove costituende sono le prove orali (testimonianza, confessione e giuramento), l’ispezione giudiziale, la richiesta di informazioni alla Pubblica Amministrazione, ecc. CC Il meccanismo attraverso il quale si attua l’ingresso nel processo delle prove costituende è più complesso di quello che riguarda le prove precostituite, tanto è vero che l’intera fase dell’»istruzione in senso stretto» (vale a dire quella che il codice chiama «istruzione probatoria») riguarda prevalentemente le prove costituende, anche se in eventuale correlazione con prove precostituite (ad es., la testimonianza disposta per chiarimento o conferma del contenuto di un documento proveniente da un terzo). •istanza di parte, con la quale la parte, nell’offrire il mezzo di Prove costituende CC Questo meccanismo di ingresso si sviluppa in un procedimento, il c.d. procedimento istruttorio, che si articola in tre fasi: prova, chiede al giudice l’espletamento dell’attività istruttoria necessaria perché la prova venga raccolta (ad es. l’istanza di far luogo ad una prova testimoniale). Questa istanza, proposta entro i limiti previsti dall’art. 183 c.p.c., è necessaria solo per le prove che rientrano nella disponibilità delle parti, mentre non è necessaria per le prove che il giudice può disporre d’ufficio; •provvedimento di ammissione, ossia l’ordinanza con la quale il giudice ammette le prove all’esito della valutazione di ammissibilità e rilevanza delle prove stesse. Il giudice non è tenuto ad ammettere i mezzi di prova dedotti dalle parti ove ritenga sufficientemente istruito il processo e può, nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, non ammettere la prova testimoniale quando, alla stregua di tutte le altre risultanze di causa, la ritenga superflua (Cass. 13375/2009); •assunzione della prova, che consiste nelle attività per mezzo delle quali la prova entra nel processo (l’audizione dei testimoni, l’interrogatorio della parte, ecc.). L’assunzione della prova viene documentata per iscritto in un apposito verbale. La prova così documentata costituirà l’oggetto della valutazione del giudice al momento della decisione. CC Le prove precostituite sono quelle che si formano fuori e prima del processo, nel quale entrano con la loro produzione, ossia con la loro inclusione nel fascicolo di parte al momento della costituzione in giudizio o in un momento successivo, purché entro i termini di cui agli artt. 167 e 183 c.p.c. CC Sono prove precostituite le scritture, pubbliche e private, e le rappresentazioni di fatti (fotografie, disegni ecc.) o altre cose idonee, col concorrere di certe circostanze, a fondare o a rafforzare il convincimento sulla verità dei fatti (ad es., un oggetto personale rinvenuto in un certo luogo). Prove preCC Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 8203/2005, hanno stabilito che costituite il divieto di nuove prove nel giudizio di appello previsto dall’art. 345 c.p.c. si estende, senza distinzione di sorta tra prove costituende e prove costituite, anche alla prova documentale, precisando che la produzione dei nuovi documenti deve essere specificamente indicata nell’atto di appello e che ad essa deve seguire l’adozione di un motivato provvedimento di ammissione da parte del collegio, da adottarsi alla prima udienza. La L. 69/2009 ha recepito l’orientamento delle Sezioni Unite modificando l’art. 345, co. 3, c.p.c., che attualmente prevede che in appello «non possono essere prodotti nuovi documenti». 86 • Capitolo 9 4Assunzione dei mezzi di prova CC All’assunzione dei mezzi di prova (audizione dei testimoni, interrogatorio, ecc.) provvede il giudice istruttore con un’ordinanza con la quale, se non è possibile assumere le prove nella stessa udienza, stabilisce il tempo, il luogo e il modo dell’assunzione (art. 202, co. 1, c.p.c.). CC Il giudice può differire a un’udienza successiva l’assunzione delle prove che non si esaurisca nell’udienza fissata (art. 202, co. 2, c.p.c.). CC All’assunzione possono assistere i difensori e le parti personalmente (art. 206 c.p.c.). CC Dell’assunzione si redige processo verbale, sotto la direzione del giudice istruttore, il quale, oltre a riportare in prima persona (art. 207, co. 2, c.p.c.) le dichiarazioni delle parti o dei testimoni, può anche descriverne il contegno (art. 207, co. 3, c.p.c.). Poiché il verbale di udienza è un atto pubblico, che fa fede fino a querela di falso della sua provenienza da parte del pubblico ufficiale che lo forma e delle dichiarazioni rese dalle persone intervenute, la mancata sottoscrizione da parte dei testimoni delle dichiarazioni da essi rese e riportate a verbale, o Modalità di assunzione la mancata lettura, da parte del giudice, della verbalizzazione delle loro dichiarazioni costituisce una mera irregolarità della prova testimoniale e non costituisce motivo di nullità della stessa, potendo presumersi, fino a querela di falso, che quanto riportato a verbale corrisponda a quanto dichiarato dai testimoni (Cass. 12828/2003). CC Il giudice istruttore può pronunciarsi su tutte le questioni che sorgono durante l’assunzione della prova (art. 205 c.p.c.), fino alla chiusura dell’assunzione, dopo il suo esaurimento o quando il giudice ritenga superflua la prosecuzione (art. 209 c.p.c.). CC La parte che ha chiesto l’assunzione della prova (ad es., l’attore che ha chiesto l’audizione del testimone Tizio) può essere presente all’udienza fissata per l’inizio o la prosecuzione della prova: se non si presentano, il giudice la dichiara decaduta dal diritto di far assumere la prova (art. 208, co. 1, c.p.c.). L’ordinanza di decadenza può essere revocata dall’istruttore nell’udienza successiva, a istanza della parte interessata, quando la mancata comparizione della parte sia dovuta a una causa non imputabile ad essa (art. 208, co. 2, c.p.c.). ✃ CC Se i mezzi di prova devono essere assunti fuori dalla circoscrizione del tribunale, il giudice delega a procedervi il tribunale del luogo, il cui presidente designerà un giudice ad hoc, salvo che le parti chiedano concordemente (e il presidente del tribunale consenta) che vi si trasferisca il giudice stesso (art. 203 c.p.c.). Il giudice delegato, effettuata l’assunzione della prova e rimette d’ufficio il processo verbale al giudice istruttore. Assunzione fuori della circoscrizione del tribu- CC L’art. 203 c.p.c. è applicabile anche al procedimento davanti al giudice nale e all’estero di pace, non essendovi alcuna incompatibilità fra tale disposizione e le norme specificamente dettate per tale procedimento; il giudice di pace, qualora intenda avvalersi della facoltà in parola, deve delegare il giudice di pace del luogo di assunzione della prova (e non il tribunale), poiché la sostituzione del giudice istruttore con il giudice di pace non può che simmetricamente avvenire sia per l’autorità delegante che per quella delegata (Trib. Ascoli Piceno 15/7/2002). Le prove • 87 CC Se il mezzo di prova deve essere assunto all’estero, il giudice istruttore dispone la c.d. rogatoria alle autorità estere e la relativa trasmissione per via diplomatica (art. 204, co. 1, c.p.c.). Nel caso che il mezzo di prova riguardi cittadini italiani residenti all’estero, il giudice istruttore delega il console competente che provvede a norma della legge consolare (art. 204, co. 2, c.p.c.). Assunzione fuori della CC La rogatoria internazionale ex art. 204 c.p.c. non è consentita soltanto circoscrizione del tribuper l’audizione di cittadini italiani residenti all’estero, ma è ammessa annale e all’estero che l’assunzione per rogatoria del cittadino straniero. Il diritto a essere sentito davanti al giudice del luogo di residenza non potrebbe negarsi, infatti, allo straniero, avuto riguardo al maggior disagio che comporterebbe a quest’ultimo la comparizione davanti al giudice di un altro Paese. Del resto, la presenza in Italia dello straniero non sarebbe in alcun modo coercibile, per cui, anche per tale profilo, la rogatoria, si conferma come l’unico strumento per l’assunzione della testimonianza (Cass. 15096/2001). 5I documenti: atto pubblico e scrittura privata CC I documenti sono oggetti materiali idonei a rappresentare o a dare conoscenza di un fatto. CC Il fatto rappresentato dal documento è un pensiero (ad es., la dichiarazione contenuta nel documento), che può essere di tipo narrativo (ad es., Tizio ricostruisce le modalità di svolgimento di un incidente stradale) oppure dichiarativo (ad es., Tizio dichiara la volontà di concludere un contratto). •l’autore dell’atto può essere colui che ha mateGeneralità CC Il documento più frequente è l’atto scritto, ossia una carta contenente segni grafici (parole, disegni, ecc.): rialmente redatto il documento (documento autografo), oppure un altro soggetto che, ad es., ha scritto sotto dettatura (documento eterografo); •la sottoscrizione è il segno grafico con cui un soggetto riconosce come proprio il pensiero contenuto nell’atto scritto, apponendovi in calce il proprio nome; •la sottoscrizione non è necessaria quando, ad es., lo scritto sia scritto di pugno da colui che appare come autore del pensiero espresso, o quando questo non ne contesti la provenienza. Osservazioni Per ottenere un maggior margine di sicurezza, rispetto a quella offerta dalla sottoscrizione, sulla provenienza del pensiero espresso nello scritto, l’ordinamento si avvale di un altro strumento, ossia l’attestazione ufficiale da parte di determinati soggetti (i notai e gli altri pubblici ufficiali espressamente a ciò autorizzati) ai quali l’ordinamento conferisce la funzione di attribuire al documento pubblica fede, ossia di dare certezza ufficiale sul fatto che le parole contenute nel documento sono state scritte, pronunciate o comunque volute da una determinata persona, alla presenza del notaio o del pubblico ufficiale (Mandrioli). In relazione a questo diverso grado di sicurezza sulla provenienza del pensiero espresso nello scritto, a seconda che sussista l’attestazione del pubblico ufficiale o soltanto la sottoscrizione, i documenti si distinguono in atti pubblici (documenti redatti da notaio o altro pubblico ufficiale) e scritture private (atti scritti la cui provenienza può essere desunta dalla sottoscrizione). 88 • Capitolo 9 •è il documento redatto, con le formalità richieste dalla legge, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede (art. 2699 c.c.); CC L’atto pubblico (cartaceo o informatico) •fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (art. 2700 c.c.). CC Il documento formato da un pubblico ufficiale incompetente o incapace ovvero senza l’osservanza delle formalità prescritte, se è stato sottoscritto dalle parti, ha la stessa efficacia probatoria della scrittura privata (art. 2701 c.c.). CC Il D.Lgs. 110/2010 ha introdotto l’atto pubblico informatico, cioè la possibilità che il notaio rediga atti pubblici in formato elettronico e possa sottoscriverli utilizzando la firma digitale, ossia la particolare firma elettronica qualificata, basata su un sistema di chiavi crittografiche (una pubblica e una privata). La formaL’atto pubblico zione dell’atto pubblico con queste particolari modalità consente la piena equiparazione della sua efficacia probatoria a quella dell’atto pubblico cartaceo (art. 47bis, co. 1, L. 89/1913, c.d. legge notarile). CC «Piena prova» significa efficacia probatoria assoluta e incondizionata, nel senso che non lascia margine al giudice per una libera valutazione, il che equivale a dire che si tratta di prova legale. Questa efficacia rafforzata dell’atto pubblico viene meno soltanto all’esito del procedimento di querela di falso, che ha la funzione di contestare le risultanze dell’atto pubblico. CC L’art. 2700 c.c. limita l’efficacia probatoria legale dell’atto pubblico agli elementi estrinseci dell’atto: provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, momento della formazione (data), luogo della formazione stessa e, in generale, tutto ciò che davanti al pubblico ufficiale è stato detto o è stato fatto. Invece, il contenuto delle dichiarazioni resta al di fuori dell’efficacia di prova legale e, perciò, rientra nell’ampia e normale libera valutabilità da parte del giudice (art. 116 c.p.c.). Esempio: il giudice è vincolato nel ritenere che, Tizio ha fatto quella dichiarazione in quel giorno e in quel luogo davanti al notaio, ma è libero di ritenere, sulla base di altre risultanze, che tale dichiarazione è falsa. Osservazioni ✃ In tema di sanzioni amministrative, il verbale di accertamento dell’infrazione stradale fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale nonché riguardo alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni delle parti; non può essere, invece, attribuita la fede privilegiata né ai giudizi valutativi, né alla menzione di quelle circostanze relative ai fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale che possono risolversi in suoi apprezzamenti personali: ad es., la rilevazione, sul verbale di contestazione, della prosecuzione della marcia dell’automobile nonostante la luce rossa del semaforo è un’attività percettiva rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 2700 c.c., in quanto non è caratterizzata da alcuna valutazione o elaborazione da parte dell’agente (Cass. 25844/2008). Le prove • 89 CC È scrittura privata qualunque scritto la cui provenienza non è attestata da un pubblico ufficiale. CC La scrittura privata fa piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta — il sottoscrittore o l’autore dello scritto o, eventualmente, un suo successore — ne riconosce la sottoscrizione (in base alla massima di esperienza secondo la quale nessuno dice o scrive cose contro i propri interessi se non sono vere), oppure se questa è legalmente considerata come riconosciuta (art. 2702 c.c.). CC Al riconoscimento è equiparata l’autenticazione, ossia l’attestazione, da parte del notaio o altro pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’identità della persona che sottoscrive (art. 2703 c.c.). La scrittura privata CC Il D.Lgs. 110/2010 consente che l’autenticazione della sottoscrizione apposta in calce alla scrittura privata possa avvenire, da parte del notaio, anche con modalità informatiche (art. 25 D.Lgs. 82/2005, Codice dell’amministrazione digitale), ossia mediante l’attestazione, da parte del notaio, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento: • della sua identità personale; •della validità del certificato elettronico utilizzato; •del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l’ordinamento giuridico. CC A differenza di quanto accade nell’atto pubblico, qui il pubblico ufficiale non è l’autore dell’atto e non raccoglie le dichiarazioni, ma si limita a integrare l’efficacia della sottoscrizione in calce allo scritto, attestandone la provenienza da chi, sottoscrivendo, ha assunto l’atto come proprio. Osservazioni Alle scritture private autenticate appartiene la procura alla lite, che l’art. 83, co. 3, c.p.c. consente sia stesa in calce o a margine degli atti ivi elencati, precisando che «in tali casi l’autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore». La funzione del difensore di certificare l’autografia della sottoscrizione della parte, ai sensi degli artt. 83 e 125 c.p.c., pur trovando la sua base in un negozio giuridico di diritto privato (mandato), ha natura essenzialmente pubblicistica; ne consegue che il difensore, con la sottoscrizione dell’atto processuale e con l’autentica della procura riferita allo stesso, compie un negozio di diritto pubblico e riveste la qualità di pubblico ufficiale, la cui certificazione può essere contestata soltanto con la querela di falso (Cass. 10240/2009) e non è ammessa la prova per testimoni finalizzata a contraddire il contenuto di tale procura (Cass. 24639/2010). CC Il telegramma ha l’efficacia probatoria della scrittura privata, se l’originale consegnato all’ufficio di partenza è sottoscritto dal mittente, ovvero se è stato consegnato o fatto consegnare dal mittente medesimo anche senza sottoscriverlo (art. 2705, co. 1, c.c.). Il telegramma 90 • CC Ai fini della efficacia del telegramma, pertanto, è sufficiente che l’originale sia consegnato o fatto consegnare dal mittente, anche senza che questi lo sottoscriva, sicché l’utilizzazione del servizio telefonico, prevista dal codice postale, consente al mittente, autore della comunicazione, di ottenere, sia pure con la collaborazione di terzi, il recapito del proprio messaggio all’ufficio telegrafico; tuttavia, ove sorga contestazione circa la riferibilità del telegramma al mittente, questi ha la facoltà di provare che l’affidamento all’ufficio incaricato di trasmetterlo è avvenuto a sua opera o su sua iniziativa (Cass. 23882/2006). Capitolo 9 Il telegramma CC La riproduzione del telegramma consegnata al destinatario si presume, fino a prova contraria, conforme all’originale. Il mittente si presume esente da colpa per le divergenze verificatesi tra originale e riproduzione (art. 2706 c.c.). CC Il documento informatico è la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti (art. 1, co. 1, lett. p), D.Lgs. 82/2005). CC Le regole tecniche per la formazione, per la trasmissione, la conservazione, la copia, la duplicazione, la riproduzione e la validazione temporale dei documenti informatici, nonché quelle in materia di generazione, apposizione e verifica di qualsiasi tipo di firma elettronica avanzata, sono stabilite ai sensi dell’art. 71 D.Lgs. 82/2005. CC Il documento informatico, al quale è apposta una firma elettronica, sul piano proIl documento batorio è liberamente valutabile in giudizio (art. 21 D.Lgs. 82/2005). informatico CC Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. CC I documenti informatici contenenti copia di atti pubblici, scritture private e documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo, hanno piena efficacia, ai sensi degli artt. 2714 e 2715 c.c., se ad essi è apposta o associata, da parte di colui che li spedisce o rilascia, una firma digitale o altra firma elettronica qualificata (art. 22 D.Lgs. 82/2005). 5.1 •Disconoscimento della scrittura privata (art. 214 c.p.c.) CC La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta e, pertanto, fa piena prova limitatamente alla sua provenienza (art. 215 c.p.c.), salva l’eventualità della querela di falso (Cass. 3718/1981): •se la parte alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta è contumace, salva la facoltà, per il contumace, di effettuare il disconoscimento con l’atto di appello; •se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione. Generalità CC La «prima risposta» è un atto compiuto in presenza di entrambe le parti, attesa l’esigenza dell’immediata conoscenza del disconoscimento da parte del soggetto che ne è destinatario; ne consegue che non può intendersi come prima risposta il mero deposito di note difensive, perché effettuato in assenza della controparte (Cass. 6187/2009). CC Nel caso che parte sia una persona giuridica (o anche una società o associazione priva di personalità), legittimato al disconoscimento (e gravato dal relativo onere) è il rappresentante legale. Definizione CC Il disconoscimento è l’atto con cui la parte contro la quale è prodotta una scrittura privata nega formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione (art. 214 c.p.c.). In alternativa, la parte contro la quale la scrittura è prodotta può proporre la querela di falso. ✃ CC La tardività del disconoscimento non può essere rilevata d’ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte che ha prodotto il documento (Cass. 9994/2003). Le prove • 91 CC Il disconoscimento di una scrittura privata, pur non richiedendo una forma vincolata, deve rivestire i caratteri della specificità e della determinatezza, e non Specificità del sono sufficienti espressioni generiche o di stile: ad es., deve escludersi che posdisconoscimensa configurare un disconoscimento la contestazione, proveniente dalla parte to contro la quale la scrittura è stata prodotta, di «tutto quanto dedotto e prodotto da controparte in comparsa di costituzione» (Cass. 3474/2008). CC Il disconoscimento può riguardare l’originale del documento o la copia fotostatica, che ha la stessa efficacia dell’originale qualora non sia espressamente disconosciuta la sua conformità all’originale. •la sua conformità all’originale, per impedi- Oggetto CC La parte contro la quale è prodotta la copia fotostatica non autenticata di un documento, può disconoscere: re che alla copia sia riconosciuta la stessa efficacia probatoria dell’originale. Il disconoscimento non impedisce, alla parte che ha prodotto la copia, l’utilizzabilità del documento come prova, né impedisce al giudice di poter accertare la conformità all’originale attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni; •la sottoscrizione, che impedisce definitivamente l’utilizzabilità del documento come mezzo di prova, se la parte che l’ha prodotta ne chiede la verificazione e la relativa procedura non abbia dato esito per lei favorevole. CC La procedura di disconoscimento riguarda esclusivamente le scritture provenienti dalle parti, ossia dai soggetti del proLimiti del discocesso, e presuppone che sia noscimento negata la propria firma dal soggetto conto il quale il documento è prodotto. Pertanto, non possono essere disconosciuti: •i documenti provenienti da terzi, che non fanno piena prova ma hanno solo valore indiziario (Cass. 14122/2004); • la scrittura privata non sottoscritta (Cass. 34/1997). 5.2 • Procedimento di verificazione (artt. 214-220 c.p.c.) CC L’art. 2702 c.c. stabilisce che la scrittura privata assume valore di piena prova se è stata autenticata o se è stata riconosciuta in giudizio. Generalità CC Ha la stessa certezza probatoria la scrittura privata di cui sia accertata l’autenticità attraverso il procedimento di verificazione, volto ad accertare se l’autore della sottoscrizione sia effettivamente colui che è indicato come tale dalla parte che ha prodotto il documento. Verificazione inCC Il giudizio di verificazione della scrittura privata ha ad oggetto l’accertamento cidentale e audella provenienza della scrittura privata disconosciuta. tonoma 92 • Capitolo 9 • in via principale, ossia in un giudizio autonoCC Tale accertamento può essere effettuato: mo sull’autenticità della scrittura; •in via incidentale, ovvero nel corso del giudizio nel quale la scrittura è stata disconosciuta. CC L’introduzione del giudizio di verificazione in via incidentale è disciplinata dall’art. 216 c.p.c., secondo cui «la parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione». Le scritture di comparazione devono essere autentiche, in quanto già accertate o riconosciute tali, esplicitamente o implicitamente. •non richiede forme particolari; •deve essere effettuata entro i termini previVerificazione incidentale e autonoma CC La richiesta di verificazione in via incidentale: sti per ogni altra istanza istruttoria (artt. 183, co. 6, nn. 2) e 3), e 345 c.p.c.); •non può essere proposta nel giudizio d’appello, qualora la scrittura sia stata disconosciuta in primo grado. CC In mancanza dell’istanza di verificazione il giudice non può tenere conto del documento disconosciuto, anche se ritiene di avere elementi a sostegno dell’autenticità (Cass. 7302/1993). CC L’istanza di verificazione può essere proposta anche in via principale, cioè in un autonomo giudizio, con atto di citazione, quando la parte dimostri di avervi interesse (art. 216, co. 2, c.p.c.). L’«interesse» consiste nella possibilità di utilizzare la scrittura come prova in eventuali, futuri giudizi, o anche come titolo per trascrizioni o iscrizioni (artt. 2657 e 2835 c.c.). Scritture di comparazione CC Il giudizio di verificazione è imperniato sulla comparazione con altre scritture di sicura provenienza dalla parte disconoscente (scritture da depositarsi in cancelleria), comparazione che il giudice effettua riferendosi, preferibilmente, alle scritture già riconosciute o accertate giudizialmente (art. 217 e art. 218 c.p.c.), salvo il potere di ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura (art. 219 c.p.c.). CC Il giudice dispone le cautele opportune per la custodia del documento da verificare, stabilisce il termine per il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione, nomina, quando occorre, un consulente tecnico e provvede all’ammissione delle altre prove. ✃ Decisione CC L’istanza di verificazione (incidentale o autonoma) è decisa con sentenza. Se l’esito del giudizio è affermativo, la scrittura vale come se fosse stata riconosciuta, e il disconoscente può essere condannato a una pena pecuniaria (art. 220, co. 2, c.p.c.); se l’esito è negativo, la scrittura disconosciuta resta priva di efficacia probatoria. Le prove • 93 5.3 • Querela di falso (artt. 221-227 c.p.c.) Generalità CC Alla parte, nei cui confronti venga prodotta una scrittura privata è consentita, oltre la facoltà di disconoscerla, facendo carico alla controparte di chiederne la verificazione (addossandosi il relativo onere probatorio), anche la possibilità alternativa di proporre querela di falso, al fine di contestare la genuinità del documento e ottenere un risultato più ampio e definitivo, quello cioè della completa rimozione del valore del documento con effetti erga omnes e non nei soli riguardi della controparte. •in via principale, ossia con atto di citazione inCC La querela di falso può proporsi: Modalità troduttivo di un apposito giudizio che ha, come unico oggetto, la dichiarazione di falsità del documento, esclusa la proposizione cumulata di altre domande; •in via incidentale, ossia nel corso della causa nella quale il documento è stato prodotto. •deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità; CC La querela (art. 221 c.p.c.): Contenuto •deve essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale, con atto di citazione o con dichiarazione da unire al verbale d’udienza. CC È obbligatorio l’intervento nel processo del pubblico ministero. Interpello CC Quando è proposta querela di falso in corso di causa, al fine di richiamare le parti alla consapevolezza della gravità delle conseguenze di questo giudizio, l’art. 222 c.p.c. dispone che il giudice istruttore interpella la parte che ha prodotto il documento se intende valersene in giudizio. •Se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile in causa; •se è affermativa, il giudice, che ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione della querela nella stessa udienza o in una successiva, ammette i mezzi istruttori che ritiene idonei e dispone i modi e termini della loro assunzione. CC Sulla querela di falso si pronuncia, con sentenza, il collegio (art. 225 c.p.c.) e non il giudice istruttore come giudice unico. Decisione CC Se la sentenza accoglie la domanda, la sua esecuzione non può aver luogo prima che sia sopravvenuto il giudicato (art. 227, co. 1, c.p.c.). CC Se la sentenza rigetta la domanda, è prevista la menzione di essa sull’originale del documento, nonché la condanna della parte che ha proposto la querela a una pena pecuniaria (art. 226, co. 1, c.p.c.). 94 • Capitolo 9 Schema n. 11 Querela di falso La querela di falso può proporsi in qualunque stato e grado del giudizio, a nulla rilevando che il querelante abbia tacitamente o espressamente riconosciuto la sottoscrizione del documento di cui allega la falsità; che venga proposta dopo lo spirare delle preclusioni istruttorie; che la relativa istanza venga formulata per la prima volta solo in grado di appello Se è proposta in via incidentale il giudice chiede, alla parte che ha prodotto il documento, se intende avvalersene in giudizio (c.d. interpello): — in via principale, ossia in un autonomo giudizio volto ad accertare esclusivamente la falsità del documento — in via incidentale, ossia in un giudizio già in corso — finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato — se la risposta è negativa, il documento non è più utilizzabile come prova e la querela non ha seguito — se la risposta è affermativa, il giudice autorizza la presentazione della querela se ritiene il documento rilevante Le scritture private provenienti da terzi estranei alla lite possono essere liberamente contestate dalle parti poiché: — costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio è meramente indiziario — possono contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo 6 Le prove costituende Differenze ✃ Le prove precostituite e le prove costituende si distinguono per le diverse modalità con le quali entrano nel processo. Per quanto riguarda le prove precostituite, la parte ha soltanto l’onere di produrle in giudizio mettendole a disposizione del giudice, poiché sono formate fuori e prima del processo. Invece, le prove costituende si formano soltanto nel processo attraverso l’attività di assunzione dei mezzi di prova. Le prove • 95 6.1 • La confessione e l’interrogatorio formale (artt. 228-232 c.p.c.) Definizione di confessione (art. 2730 c.p.c.) CC La confessione è la «dichiarazione che una parte fa della verità di fatti a essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte» (art. 2730 c.c.). L’efficacia della confessione è quella della prova legale, in quanto vincola il giudice nel suo apprezzamento, ossia «forma piena prova contro colui che l’ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili» (art. 2733, co. 2, c.c.). •spontanea, la quale può essere contenuta in qualsiasi atto Confessione CC La confessiospontanea e inne giudiziale terrogatorio può essere: formale processuale firmato dalla parte personalmente (art. 229 c.p.c.), ad eccezione dell’interrogatorio libero (art. 117 c.p.c.), che non ha efficacia confessoria, poiché consente alla parte di parlare al giudice liberamente dei fatti di causa, anche per giovare alla propria tesi, e consente al giudice di informarsi liberamente su quei fatti; •provocata mediante interrogatorio formale (art. 228 c.p.c.). Essendo diretto a provocare la confessione giudiziale, l’interrogatorio formale può soltanto nuocere, e mai giovare, alla parte interrogata. Ciascuna parte può chiedere l’interrogatorio formale della controparte per provocarne la confessione. CC L’interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici, ossia con riferimento a singole circostanze di fatto, per ciascuna delle quali l’interrogando dovrà dire se gli risultano vere o non vere. •procede all’assunzione dell’interrogatorio nei modi e nei termini stabiliti nell’ordinanza che l’ammette; Modalità dell’interrogatorio CC Il giudice (art. 230 c.p.c.): •non può fare domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, a eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; •può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date. •deve rispondere personalmente; non è consentito, pertanto, l’interrogatorio del difensore; CC La parte interrogata: Rifiuto della parte 96 • •non può servirsi di scritti preparati, ma il giudice e può consentirle di avvalersi di note o appunti quando deve fare riferimento a nomi o a cifre, o quando particolari circostanze lo consigliano (art. 231 c.p.c.). CC Se la parte non si presenta, oppure si rifiuta di rispondere senza giustificato motivo o rende risposte evasive o inattendibili (Cass. 7783/2010), il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio (art. 232 c.p.c.): ciò significa che la mancata risposta della parte all’interrogatorio formale rappresenta un fatto al quale il giudice può attribuire valore di ammissione dei fatti dedotti e, quindi, di prova, ma che resta soggetto alla sua prudente valutazione e al quale, quindi, il giudice può negare nel caso concreto quel valore quando ritenga i fatti dedotti non suffragati dagli altri elementi acquisiti al processo (Cass. 11233/1997). Capitolo 9 6.2 •Il giuramento (artt. 233-243 c.p.c.) CC Il giuramento della parte, come la confessione, è una dichiarazione compiuta da una delle parti sulla verità di fatti della causa, ma a differenza della confessione è effettuato dalla parte alla quale i fatti da dichiarare non nuocciono ma giovano. Generalità CC L’attendibilità della dichiarazione si fonda (Mandrioli): •sulla solennità delle forme con le quali avviene la dichiarazione giurata, che viene provocata dalla controparte come una sfida alla lealtà di chi è chiamato a giurare; •sull’efficacia intimidatrice delle conseguenze penali che colpiscono chi giura il falso (art. 371 c.p.). •giuramento decisorio (art. 2736, n. 1, c.c.), che una parte deferisce all’altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della causa; Tipi CC Il giuramento può essere di tre tipi: •giuramento suppletorio (art. 2736, n. 2, c.c.), che è deferito d’ufficio dal giudice a una delle parti al fine di decidere la causa quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova; •giuramento estimatorio, che è deferito al fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può accertarlo altrimenti (art. 2736, n. 2, c.c.). CC Oggetto del giuramento possono essere soltanto fatti decisivi per l’esito della pronuncia, ossia circostanze dalle quali dipende direttamente la decisione (Cass. 1634/2000), per cui, a seguito del giuramento, al giudice non resta che prenderne atto e accogliere o respingere la domanda sulla base delle dichiarazioni del giurante. CC Il giuramento non è ammesso (art. 2739 c.c.): ✃ Giuramento decisorio •su fatti illeciti attribuiti a colui che dovrebbe giurare; •su contratti per la validità dei quali è richiesta la forma scritta ad substantiam (il giuramento è ammissibile, invece, quando la forma scritta è richiesta solo ad probationem). CC Il giuramento può essere: — de veritate, se ha ad oggetto un fatto proprio della parte a cui si riferisce; — de scientia o de notizia, se ha ad oggetto la conoscenza che essa ha di un fatto altrui. Questa distinzione assume rilevanza poiché: — rispetto al giuramento de veritate, la dichiarazione di non poter giurare perché non si ricordano i fatti capitolati o non si è informati su di essi equivale a rifiuto di giurare, con conseguente soccombenza della parte interroganda (Cass. 598/1987); — rispetto al giuramento de scientia, la dichiarazione di non ricordare o di ignorare i fatti non comporta il rifiuto di prestare giuramento, ma comporta un giuramento negativo, per cui la lite va decisa a sfavore del deferente (Balbi). Le prove • 97 CC Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della causa, con dichiarazione fatta all’udienza dalla parte o dal difensore di mandato speciale o con atto sottoscritto dalla parte. Esso deve essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e specifico (art. 233 c.p.c.). Finché non abbia dichiarato di essere pronta a giurare, la parte, alla quale il giuramento decisorio è stato deferito, può riferirlo all’avversario nei limiti fissati dal codice civile (art. 234 c.p.c.). La parte, che ha deferito o riferito il giuramento decisorio, non può più revocarlo quando l’avversario ha dichiarato di essere pronto a prestarlo (art. 235 c.p.c.). CC Il giuramento è prestato dalla parte personalmente ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull’importanza morale dell’atto e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false, e lo invita a giurare. Il giurante, in piedi pronuncia a chiara voce le parole: «consapevole della responsabilità che col giuramento assumo, giuro ...», e continua ripetendo le parole della formula su cui giura (art. 238 c.p.c.). Giuramento decisorio CC La parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non si presenta senza giustificato motivo all’udienza all’uopo fissata, o, comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all’avversario, soccombe rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso; e del pari soccombe la parte avversaria, se rifiuta di prestare il giuramento che le è riferito. Il giudice istruttore, se ritiene giustificata la mancata comparizione della parte che deve prestare il giuramento, provvede a norma dell’art. 239 c.p.c. •il giudice deve dichiarare vittoriosa (su tutta la causa o sulla CC L’efficacia probatoria del giuramento decisorio è particolarmente intensa, poiché: parte di causa che è investita dai fatti di cui al giuramento) la parte che ha giurato e soccombente l’altra parte (art. 2738 c.c. e art. 239 c.p.c.), senza che la controparte possa provare il contrario di quanto giurato); •l’efficacia decisiva del giuramento resta anche se il giuramento è riconosciuto o dichiarato falso (art. 2738 c.c.). In questa ipotesi la parte soccombente potrà ottenere soltanto il risarcimento dei danni, purché sia intervenuta sentenza penale per falso giuramento. CC Il giuramento suppletorio è deferito d’ufficio dal giudice a una delle parti al fine di decidere la causa, quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova (c.d. semiplena probatio). Il giuramenGiuramento to suppletorio è, pertanto, un mezzo complementare e sussidiario nei confronti delsuppletorio le prove fornite dalle parti o comunque acquisite nel processo. Esempio: giuramento suppletorio deferito dal giudice su circostanze attinenti alla formazione di un contratto ai fini dell’interpretazione della volontà dei contraenti. •è una species del giuramento suppletorio ed è quello deferito al fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può accertarlo altrimenti; •può essere deferito dal giudice a una delle parti se non è posGiuramento estimatorio CC Il giuramento estimatorio: sibile determinare altrimenti il valore della cosa. Il giudice deve anche determinare la somma fino a concorrenza della quale il giuramento avrà efficacia; •essendo ammesso solo per determinare il valore della cosa domandata, non può essere deferito per accertare il fatto storico del prezzo convenuto e pagato in un contratto di vendita (Cass. 5753/1981). 98 • Capitolo 9 CC Nel giuramento suppletorio ed estimatorio manca l’elemento della sfida dall’una all’altra parte, poiché il giuramento è deferito d’ufficio dal giudice in sede di decisione (e quindi dall’organo giudicante) quando ritiene più giusto evitare il rigore della regola dell’onere della prova, acquisendo la conferma (o la smentita) intorno al suo non ancora fermo convincimento sul fatto stesso, o quando manca di altri elementi per determinare il valore di una cosa. Giuramento CC La formula del giuramento suppletorio, come quella del giuramento decisorio, deve essere risolutiva, ovvero deve essere tale da non richiedere, per la formazione del convincimento del giudice, ulteriori elementi o argomenti di prova (ad es., se le parti controvertono sull’obbligazione di pagamento di un compenso professionale, è inammissibile il giuramento deferito sull’esistenza dell’accordo contrattuale tra le parti senza che la formula specifichi l’entità, le modalità e le caratteristiche del corrispettivo) (Cass. 2601/2001). 6.3 • La testimonianza (artt. 244-257bis c.p.c.) CC La testimonianza è la narrazione di fatti compiuta, nel corso del processo e con determinate forme, da soggetti diversi dalle parti. Nozione CC I fatti narrati devono essere noti al testimone per scienza propria. Se il testimone si limita a riferire dichiarazioni altrui, si parla di testimonianza de relato, ammissibile soltanto come supporto ad altre risultanze probatorie (Cass. 4306/2001). CC La narrazione dei fatti della causa va fatta al giudice. La dichiarazione resa a persona diversa dal giudice non ha l’efficacia probatoria della testimonianza. Ciò non impedisce che lo scritto contenente la dichiarazione possa essere valutato come argomento di prova o fonte di presunzioni, come ogni altro scritto proveniente da un terzo. •quando il valore dell’oggetto eccede euro 2,58. Tuttavia, il limi- Limiti CC La prova per testimoni non è ammessa: te di euro 2,58 è derogabile dal giudice il quale, in relazione al mutato valore della moneta, è tenuto a valutare la qualità delle parti, la natura del contratto e ogni altra circostanza prima di negare ingresso alla prova stessa (art. 2721 c.c.). La somma di euro 2,58 non costituisce più un criterio di distinzione ai fini della prova testimoniale del contratto: per l’ammissibilità di detta prova occorre, piuttosto, la valutazione dell’importanza economica del contratto, essendo tuttora valida la ratio legis del richiamato art. 2721 c.c., inteso a escludere la prova orale delle obbligazioni di notevole valore economico, che vengono di solito documentate con atto scritto e in ordine alle quali la genuinità dei testi potrebbe essere compromessa dall’entità degli interessi in discussione; •se ha ad oggetto patti aggiunti o contrari che contraddicono o modificano il contenuto di un documento stipulati prima o contestualmente al documento stesso (art. 2722 c.c.); •per provare che dopo la formazione di un documento è stato ✃ stipulato un patto aggiunto o contrario al contenuto di esso, purché, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto e a ogni altra circostanza, appaia verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali (art. 2723 c.c.). Le prove • 99 •quando vi è un principio di prova per iscritto, costituito Eccezioni al divieto della prova testimoniale CC I suddetti limiti sono superabili, e la prova per testimoni è ammessa in ogni caso (art. 2724 c.c.): da qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda, inidoneo a provare direttamente il fatto ma sufficiente a renderlo verosimile; •quando il contraente è stato nell’impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta; •quando il contraente ha senza colpa perduto il documento che gli forniva la prova. CC Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio (art. 246 c.p.c.). Incapacità a testimoniare CC La ratio della norma risiede nell’evitare situazioni che rendano presumibile una certa parzialità — e quindi inattendibilità — del testimone. CC L’istanza di ammissione della prova testimoniale deve contenere l’indicazione dei testimoni e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuno di essi deve deporre (art. 244 c.p.c.). Ammissione CC Con l’ordinanza che ammette la prova il giudice istruttore riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge (art. 245 c.p.c.). CC Il giudice può anche disporre d’ufficio la prova testimoniale, formulando i capitoli, quando le parti, nell’esposizione dei fatti, si sono riferite a persone in grado di conoscere la verità (art. 281ter c.p.c.). CC Dopo la fissazione dell’udienza per l’audizione dei testimoni, la parte interessata alla loro deposizione intima ai testimoni di comparire all’udienza. CC L’intimazione può essere effettuata: Intimazione ai testimoni •tramite l’ufficiale giudiziario; •direttamente dal difensore a mezzo di lettera raccomandata, telefax o posta elettronica (art. 103 disp. att. c.p.c.). CC L’intimazione non è un atto indispensabile, perché il giudice può sentire il testimone anche se compare spontaneamente o su invito verbale dell’una o dell’altra parte. CC Tuttavia, l’intimazione impedisce, nel caso di mancata comparizione del testimone, la dichiarazione di decadenza dalla prova (art. 104 disp. att. c.p.c.). •ordinare una nuova intimazione, oppure; •disporne l’accompagnamento coattivo all’udienza stesCC Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice istruttore Te s t i m o n e può: assente sa o ad altra successiva; •condannarlo, in caso di mancata comparizione senza giustificato motivo, a una pena pecuniaria non inferiore a 100 euro e non superiore a 1.000 euro. In caso di ulteriore mancata comparizione senza giustificato motivo, il giudice dispone l’accompagnamento del testimone all’udienza stessa o ad altra successiva e lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a 200 euro e non superiore a 1.000 euro. CC Se il testimone si trova nell’impossibilità di presentarsi o è esentato a presentarsi dalla legge o dalle convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nell’ufficio (art. 255 c.p.c.). 100 • Capitolo 9 CC I testimoni sono esaminati separatamente (art. 251, co. 1, c.p.c.). Giuramento CC Il giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza religiosa (se credente) e morale del giuramento e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti (art. 372 c.p.), e legge la formula: «consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio, se credente, e agli uomini, giurate di dire la verità, null’altro che la verità». Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: «lo giuro» (art. 251, co. 2, c.p.c.). CC Prima della deposizione il testimone è invitato a dichiarare i suoi rapporti con una delle parti o i suoi interessi nella causa (art. 252 c.p.c.). CC Il giudice interroga il testimone rivolgendogli le domande che ritiene utili a chiarire i fatti medesimi. Le domande possono riguardare anche circostanDomande e risposte ze non esplicitamente dedotte, purché attinenti ai fatti articolati. CC È vietato, alle parti e al pubblico ministero, interrogare direttamente i testimoni, i quali devono rispondere personalmente con le modalità che l’art. 231 c.p.c. indica per l’interrogatorio formale della parte (art. 253 c.p.c.). •se vi sono divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni, può disporre che siano messi a confronto (art. 254 c.p.c.); •se uno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza Confronto e rinnovazione dell’esame CC Il giudice: dei fatti, ad altre persone, può disporre che siano chiamate a deporre (art. 257, co. 1, c.p.c.); •può disporre che siano sentiti testimoni in precedenza esclusi; •può disporre che siano nuovamente interrogati testimoni già sentiti per ottenere chiarimenti o eliminare eventuali irregolarità (art. 257, co. 2, c.p.c.); •può escludere le deposizioni che ritiene superflue. •il giudice, su accordo delle parti, può chiedere al testimone di fornire, per iscritto e nel termine fissato, le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato; •il testimone rende la deposizione compilando l’appoTestimonianza scritta CC L’art. 257bis c.p.c. prevede la testimonianza scritta. La disciplina è la seguente: sito modello di testimonianza, che spedisce in busta chiusa o consegna alla cancelleria del giudice; •se il testimone non spedisce o non consegna le risposte scritte nel termine stabilito, il giudice può condannarlo alla pena pecuniaria di cui all’art. 255 co. 1, c.p.c.; •il giudice, esaminate le risposte o le dichiarazioni, può ✃ sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato. Le prove • 101 Schema n. 12 La prova testimoniale La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata la prova testimoniale deve avere ad oggetto fatti obiettivi e non apprezzamenti o valutazioni richiedenti conoscenze tecniche o nozioni di esperienza non rientranti nel notorio con l’ordinanza che ammette la prova il giudice riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge l’ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni di comparire nel luogo, nel giorno e nell’ora fissati dopo il giuramento e l’identificazione del testimone, il giudice lo interroga sui fatti intorno ai quali è chiamato a deporre alle parti è vietato interrogare direttamente i testimoni (divieto ampiamente violato nella prassi) se la parte senza giusto motivo non fa chiamare i testimoni davanti al giudice, questi la dichiara, anche d’ufficio, decaduta dalla prova, salvo che l’altra parte dichiari di avere interesse all’audizione se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l’accompagnamento coattivo in caso di mancata comparizione senza giustificato motivo il giudice può condannare il testimone a una pena pecuniaria su accordo delle parti può essere assunta la testimonianza scritta 102 • Capitolo 9 6.4 • L’ispezione CC L’ispezione di luoghi, di cose mobili e immobili, o delle persone è disposta dal giudice istruttore, il quale fissa il tempo, il luogo e il modo dell’ispezione (art. 258 c.p.c.). CC All’ispezione procede personalmente il giudice istruttore, assistito, quando occorre, da un consulente tecnico anche se l’ispezione deve eseguirsi fuori della circoscrizione del tribunale, tranne che esigenze di servizio gli impediscano di allontanarsi dalla sede. In tal caso delega il giudice istruttore del luogo (art. 259 c.p.c.). CC Il giudice istruttore può astenersi dal partecipare all’ispezione corporale e disporre che vi proceda il solo consulente tecnico. All’ispezione corporale deve procedersi con ogni cautela diretta a garantire il rispetto della persona (art. 260 c.p.c.). Generalità CC Il giudice istruttore può sentire testimoni per informazioni e dare i provvedimenti necessari per l’esibizione della cosa o per accedere alla località. Può anche disporre l’accesso in luoghi appartenenti a persone estranee al processo, sentite se è possibile queste ultime, e prendendo in ogni caso le cautele necessarie alla tutela dei loro interessi (art. 262 c.p.c.). 7 La consulenza tecnica (artt. 191-201 c.p.c.) CC La consulenza tecnica d’ufficio non costituisce un mezzo di prova, ma è finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice, di un parere tecnico necessario, o quantomeno utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze. Generalità Funzione CC La nomina del consulente rientra nel potere discrezionale del giudice, che può provvedervi anche senza alcuna richiesta delle parti; sicché ove la parte ne faccia richiesta, non si tratta di un’istanza istruttoria in senso tecnico, ma di una mera sollecitazione rivolta al giudice affinché questi, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo; ne consegue che una tale richiesta non può mai considerarsi tardiva, ancorché formulata dalla parte che si è costituita tardivamente in giudizio (Cass. 9461/2010). CC La consulenza tecnica è un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratto alla disponibilità delle parti e affidato alla prudente valutazione del giudice, il quale può ricorrere alla consulenza soltanto per risolvere questioni di fatto che presuppongono cognizioni di ordine tecnico e non giuridico (Cass. 996/1999). CC Il giudice istruttore nomina il consulente con ordinanza, formula i quesiti e fissa l’udienza nella quale il consulente deve comparire (art. 191 c.p.c.). Nomina del CC Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quanconsulente do la legge espressamente lo dispone. CC L’ordinanza di nomina è notificata al consulente tecnico a cura del cancelliere, con invito a comparire all’udienza fissata dal giudice. ✃ Astensione e ricusazione CC Il consulente che non ritiene di accettare l’incarico o quello che, obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l’ha nominato almeno tre giorni prima dell’udienza di comparizione; nello stesso termine le parti devono proporre le loro istanze di ricusazione mediante ricorso al giudice (art. 192 c.p.c.). Le prove • 103 Astensione e ricusazione CC La mancata proposizione dell’istanza di ricusazione preclude la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo (Cass. 12004/2009). Giuramento CC All’udienza di comparizione il giudice ricorda al consulente l’importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità (art. 193 c.p.c.). •valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulenConsulente deducente e percipiente CC Il giudice può affidare al consulente l’incarico di: te deducente); •accertare i fatti (consulente percipiente), e in tal caso la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova. •assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; Attività del consulente •compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le CC Il consulente tecnico: indagini necessarie; •previa autorizzazione del giudice, può chiedere chiarimenti alle parti, assumere informazioni da terzi ed eseguire piante, calchi e rilievi. •nominare CC Le parti possono: un consulente tecnico di fiducia (art. 201 c.p.c.), per assistere alle operazioni del consulente del giudice, partecipare all’udienza ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, chiarire e svolgere osservazioni sui risultati delle indagini tecniche; •intervenire alle operazioni del consulente in persona o a mezzo dei propri consulenti tecnici e difensori; Il ruolo delle parti •presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze (art. 194 c.p.c.). CC Ovviamente, le parti possono formulare critiche solo dopo il deposito della relazione del consulente tecnico d’ufficio, poiché il diritto di intervenire alle operazioni tecniche anche a mezzo dei propri consulenti tecnici deve essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della relazione medesima, che è atto riservato al consulente d’ufficio, ma soltanto all’accertamento materiale dei dati da elaborare (Cass. 24792/2010). CC Delle indagini del consulente si forma apposito verbale quando sono compiute con l’intervento del giudice, il quale però può disporre che il consulente rediga relazione scritta. Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice, il consulente deve farne relazione. Relazione tecnica CC La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza. CC Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una valutazione sulle stesse (art. 195 c.p.c.). 104 • Capitolo 9 •disporre indagini tecniche suppletive o integrative; •sentire per chiarimenti il consulente tecnico d’ufficio sulla relazione già depositata; •rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo Poteri del giudice CC Il giudice può sempre: Esame contabile CC Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice può darne incarico al consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti. Il consulente sente le parti e, previo consenso di tutte, può esaminare documenti e registri non prodotti in causa (art. 198 c.p.c.). Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente tecnico e inserito nel fascicolo d’ufficio. Il giudice istruttore attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale (art. 199 c.p.c.). Se la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore (art. 200 c.p.c.). l’ausiliare del giudice (art. 196 c.p.c.). Se la parte chiede la rinnovazione delle indagini tecniche, specificando le ragioni della richiesta, il giudice è libero di disporla o meno, ma nel caso in cui non la disponga è tenuto a motivare la sua scelta (Cass. 14775/2004). Osservazioni ✃ La consulenza di parte, ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, con la conseguenza che il giudice, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni con essa incompatibili e conformi al parere del consulente tecnico d’ufficio (Cass. 2063/2010). Le prove • 105 Schema n. 13 La consulenza tecnica d’ufficio La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitano di specifiche conoscenze ne consegue che non può essere utilizzata per esonerare la parte dal fornire la prova delle proprie affermazioni, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda, con essa, a compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati All’udienza di comparizione-trattazione, o con ordinanza successiva emessa fuori udienza, il giudice nomina il consulente tecnico formula i quesiti fissa l’udienza nella quale il consulente deve comparire per prestare giuramento Normalmente l’attività del consulente è documentata da una relazione scritta, trasmessa alle parti, le quali possono formulare osservazioni 106 • Capitolo 9