ARGOMENTAZIONI A SOSTEGNO DELL’ATTUALE FORMULAZIONE DEL TESTO DELL’ART.14 A.S.3129 Le ragioni scientifiche delle vivisezione sono oggetto di critica; l’efficacia di questa pratica è messa in discussione, a partire dalle differenza genetiche esistenti tra individui che non appartengono alla stessa specie. Proprio queste diversità, infatti, impediscono di trasferire meccanicamente e con consequenzialità i risultati ottenuti su una particolare specie, a quella umana. A puro titolo d’esempio citiamo qui quattro cifre: 92%: Percentuale dei farmaci che, dopo aver superato le prove sugli animali, viene scartata con le prove cliniche sull’uomo (Food and Drug Administration, USA) 37-50%: Percentuale di predittività dei test su animali per l’uomo (Lancet, 04.06.2011). 43%: Percentuale di risultati ottenuti sui topi che discordano da quelli ottenuti sui ratti, loro stretti parenti, e viceversa (prof. Ames, Università della California) 3 su 10: Numero medio delle specie animali che, tra le 10 più usate, danno la stessa risposta dell’uomo (Suter K. E, 1990) Questi numeri sono sufficienti per testimoniare quanto la sperimentazione scientifica sugli animali possa essere inutile e fuorviante nei propri risultati. Disincentivare tale pratica a favore di metodi alternativi che non vedano l’impiego di animali è prima di tutto un dovere che trova la sua ragione nella tutela della salute umana. E’ questa la direzione che persegue l’art. 14 alla legge comunitaria 2011 nella sua attuale formulazione. Al problema della validità scientifica dei suoi metodi, si affianca la questione etica che viene troppo spesso nascosta e che non può essere ignorata. La ricerca della conoscenza non è uno scopo che permette di giustificare qualsiasi azione ma anzi, deve essere sottoposta alle ragioni etiche, libera dalla discriminazione arbitraria che permette a chi detiene il potere di dominare i più deboli. Se non fossimo convinti della validità di questo principio, daremmo ragione al dottor Mengele. Si ritiene dunque che l'Italia debba farsi protagonista di un cambio di marcia, che ci possa quindi orientare verso una più ampia diffusione dei metodi alternativi, e che recepisca la pressante domanda dell'opinione pubblica che chiede maggiori tutele nei confronti degli animali. Infine, si aggiunge che una recente ricerca, indipendente, dell'Istituto Eurispes ha rilevato che ben l'86 per cento degli italiani è contrario alla sperimentazione, in qualunque forma essa sia condotta. FEDERAZIONE ITALIANA ASSOCIAZIONI DIRITTI ANIMALI E AMBIENTE Via Torino 68, 20123 Milano – www.nelcuore.org - [email protected] Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2011 Articolo 14 (Principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 settembre 2010 sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici). 1. Il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 2 della presente legge, in quanto compatibili, anche i seguenti principi e criteri direttivi: a) Formare personale esperto nella sostituzione degli animali con metodi in vitro e nel miglioramento delle condizioni sperimentali secondo il principio della sostituzione, della riduzione e del perfezionamento; assicurare l’osservanza e l’applicazione del principio della sostituzione, della riduzione e del perfezionamento attraverso la presenza di un esperto in metodi alternativi e di un biostatistico all’interno di ogni organismo preposto al benessere degli animali e nel Comitato nazionale per la protezione degli animali usati a fini scientifici. La presenza di un esperto in metodi alternativi e di un biostatistico negli organismi preposti comporta una revisione e una riduzione del numero di animali richiesti e stabulati. E conseguentemente anche una riduzione dei costi. b) Vietare l'utilizzo di scimmie antropomorfe, cani, gatti e specie in via d'estinzione a meno che non risulti obbligatorio da legislazioni o da farmacopee nazionali o internazionali o non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell'uomo o delle specie coinvolte, condotte in conformità ai principi della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, previa autorizzazione del Ministero della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità. Nei fatti, questo punto, non apporta sostanziali modifiche rispetto al Decreto legislativo vigente 116/92. Infatti, queste specie subiscono già al momento regimi autorizzativi particolari e non basati su semplice comunicazione. Tuttavia la formulazione del punto in esame consente una migliore individuazione dell’ambito di operatività delle autorizzazioni in deroga rispetto al predetto Decreto legislativo, che nelle disposizioni derogatorie fa un riferimento più generico a “verifiche medicobiologiche essenziali”. In particolare, si tratta di animali d’affezione il cui ruolo nella ricerca è già modesto e sottoposto comunque ad un regime autorizzativo: nel 2009, l’ultimo anno per cui sono disponibili i dati, i gatti impiegati sono stati 26, l’esperimento in cui erano coinvolti risulta chiuso nel 2010. L’utilizzo dei cani è in caduta verticale ovunque, anche in Italia: se fossero decisivi per i FEDERAZIONE ITALIANA ASSOCIAZIONI DIRITTI ANIMALI E AMBIENTE Via Torino 68, 20123 Milano – www.nelcuore.org - [email protected] test di tossicità dell’industria farmaceutica, non se ne impiegherebbero alcune centinaia (607 nel 2009) ma migliaia. c) Vietare l'allevamento di primati, cani e gatti destinati alla sperimentazione di cui alla lettera b) su tutto il territorio nazionale. Punto cardine dell' articolo è proprio la lettera c). Tale divieto rappresenta infatti una necessaria risposta positiva da parte del legislatore alle costanti e intense pressioni esercitate dall’opinione pubblica (milioni di italiani) fortemente critica nei confronti delle attività svolte nell'unico allevamento di cani per la vivisezione presente in Italia. Nel nostro paese non vi sono infatti allevamenti di primati né di gatti destinati agli esperimenti. L'unica attività di tale genere è l'allevamento di cani beagle, Green Hill di Montichiari, di proprietà della multinazionale Marshall, che manda all’estero almeno l’80 per cento dei suoi “prodotti”. Dato, quest’ultimo, ribadito davanti alla commissione dalla dottoressa Gaetana Ferri, durante la sua audizione del 4 aprile. E’ evidente che già ora i laboratori italiani, se hanno bisogno di scimmie, si approvvigionano all’estero e che del benessere degli animali non si curano più di tanto. Verosimilmente lo stesso avviene in larga parte per i cani, a meno che non pensiamo che i circa 2.600 cani utilizzati in Italia nel triennio 2007-2009 venissero tutti da Green Hill Poiché l’uso dei cani è in forte diminuzione (nel 2009 sono stati 607), anche collocandosi nell’ottica del più convinto sostenitore della sperimentazione, non si potrebbe certo ravvisare un insuperabile problema per la ricerca italiana nell’impossibilità di reperire entro i confini nazionali qualche centinaio di cani. d) Assicurare una misura normativa sufficientemente cautelare nei confronti degli animali geneticamente modificati, tenendo conto della valutazione del rapporto tra danno e beneficio, dell'effettiva necessità della manipolazione, del possibile impatto che potrebbe avere sul benessere degli animali e valutando i potenziali rischi per la salute umana, animale e l'ambiente. Gli OGM sono una realtà che interessa oltre il 60% degli animali prodotti e utilizzati nei laboratori, una percentuale alta che non è attualmente sufficientemente regolamentata e che comporta dei potenziali rischi sia per la salute umana che animale. Questo campo è in evidente espansione e la direttiva è vaga e approssimativa. Una migliore regolamentazione come indicato nell’articolo 14 comporta maggiore controllo sul numero di animali prodotti e sul livello di dolore inferto insito nella creazione di alcune alterazioni genetiche. e) Vietare l'utilizzo di animali negli ambiti sperimentali di esercitazioni didattiche, ad eccezione dell'alta formazione dei medici e dei veterinari, ed esperimenti bellici. In merito alla didattica, tale divieto significa relativamente poco in termini di animali risparmiati (0,3% in Italia) ma moltissimo in termini di impatto a lungo termine, gli studenti non sarebbero FEDERAZIONE ITALIANA ASSOCIAZIONI DIRITTI ANIMALI E AMBIENTE Via Torino 68, 20123 Milano – www.nelcuore.org - [email protected] più formati guardando al modello animale come unico di riferimento ma con una maggiore attenzione verso una scienza moderna che si basa anche su metodi alternativi. Inoltre, tale divieto non comprende i livelli più alti di formazione. La legislazione attuale prevede già che quando disponibili, debbano essere impiegati metodi non animali ma nei fatti non esiste nessun controllo o incentivo. Per quanto riguarda gli esperimenti bellici, nei fatti non esistono ufficialmente procedure sperimentali su animali in questo ambito. f) Vietare gli esperimenti che non prevedono anestesia o analgesia, qualora provochino dolore all'animale. Questo divieto, sul quale pure si sono concentrate forti pressioni da parte dell'opinione pubblica, comporta la non esecuzione delle procedure che comportano livelli di dolore non alleviati in cui l’animale è vigile e sofferente per tutto il percorso operatorio. Il tema investe la questione etica alla quale si è accennato in premessa ma anche il problema della validità inter-specie dei risultati ottenuti con la sperimentazione animale. Citiamo il prof. Silvio Garattini: “La legislazione italiana, tra le più severe del mondo, prevede che debbano essere adottate tutte le precauzioni affinché sia evitata qualsiasi sofferenza agli animali che entrano in sperimentazione. Va detto inoltre che un animale che soffre è fonte di risultati non attendibili:quindi è nell'interesse del ricercatore stesso studiare animali in condizioni ottimali”. Attualmente le sperimentazioni senza anestesia sono 350 al biennio (dati forniti dal Ministero della Salute relativi al biennio 2008-2009) e in aumento negli ultimi anni. g) definire un quadro sanzionatorio appropriato in modo da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo. Attualmente le sanzioni sono irrisorie permettendo, nei rari casi in cui ci sia un controllo e vengano riscontrate delle irregolarità, di pagare un importo minimo che non incide nel sistema economico del laboratorio di sperimentazione e non dissuade, concretamente da effettuare violazioni. Il quadro “appropriato, proporzionato e dissuasivo” deve contenere fra le previsioni richiami ai reati contro gli animali previsti dal Codice penale, sanzioni pecuniarie efficaci, sospensioni e ritiri delle autorizzazioni, sospensioni e radiazioni dagli Ordini professionali di eventuale appartenenza. Le sanzioni vanno indirizzate a un fondo presso il Ministero della Salute per la riabilitazione degli animali salvati dai laboratori. FEDERAZIONE ITALIANA ASSOCIAZIONI DIRITTI ANIMALI E AMBIENTE Via Torino 68, 20123 Milano – www.nelcuore.org - [email protected]