nanotecnologia - Dipartimento di Scienza dei Materiali

in Enciclopedia della Scienza e della Tecnica
(Istituto della Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani, Roma 2008)
Giorgio Benedek, Paolo Milani
Nanotecnologie
Il termine ‘nanotecnologia’ indica un approccio
multidisciplinare alla realizzazione di materiali,
dispositivi e sistemi nei quali almeno una delle tre
dimensioni caratteristiche dei loro componenti è
misurata sulla scala dei nanometri (nm), ovvero
della miliardesima parte del metro: 1 nm =10-9 m.
La scala nanometrica caratterizza le dimensioni
degli atomi (dal diametro dell’atomo di idrogeno,
pari a circa 0,106 nm, a quello dell’atomo di cesio
pari a 0,534 nm), delle molecole (dalla molecola
dell’idrogeno H2, con il diametro maggiore di circa
0,1 nm, alle proteine, estese tipicamente da 1 a 20
nm), le distanze tra gli atomi nella materia
condensata ordinaria (per es., la distanza di 0,28 nm
tra gli ioni sodio e cloro nel cloruro di sodio), fino
ai più piccoli componenti della microelettronica in
uso alla fine del XX sec. (dell’ordine di 100 nm).
Le frazioni di nanometro del mondo atomico sono
più comunemente espresse in Ångstrom (Å), dove 1
Å = 0,1 nm = 10-10 m. I materiali le cui proprietà
strutturali e funzionali dipendono da componenti
con almeno una delle tre dimensioni su scala
nanometrica si dicono ‘materiali nanostrutturati’ e
tali componenti nanometrici si dicono ‘nanostrutture’.
Le nanotecnologie hanno come presupposto il
controllo e la manipolazione della materia sulla
scala nanometrica e come obiettivo lo sfruttamento
delle proprietà e dei fenomeni fisici e chimici che si
manifestano su tale scala. Molte tecnologie del
passato, scoperte empiricamente, attualmente sono
state, almeno in parte, comprese e ricondotte a
strutture e meccanismi sulla scala nanometrica.
Esempi storici sono la ceramica, la metallurgia, la
colorazione delle vetrate e, più recentemente, il
processo fotografico, la catalisi eterogenea, le resine e i polimeri, le speciali mescole per i pneumatici
e molti altri.
La fisica delle nanostrutture come nuova e consapevole disciplina scientifica è fatta comunemente
risalire all’intuizione di Richard Feynman, il quale,
in una celebre e visionaria conferenza tenuta nel
dicembre 1959 al California Institute of Technology, preconizzò la possibilità di controllare la
materia e realizzare dispositivi sulla scala atomica,
anticipando un ampio spettro di campi di ricerca
scientifica e di applicazione tecnica che all’inizio
del XXI sec. appaiono già ben consolidati. Fra
1
questi, i metodi di fabbricazione basati su fasci di
elettroni o di atomi, l’epitassia da fasci molecolari,
la litografia nanometrica, la microscopia elettronica, la manipolazione atomo per atomo, l’elettronica basata sul trasporto quantico e di spin (detta
spintronica), fino ai sistemi micro- e nano-elettromeccanici, detti MEMS (Micro-electromechanical
systems) e NEMS (Nano-electromechanical systems), rispettivamente.
Il primo passo decisivo in questa direzione è
stato compiuto nel 1969 da Leo Esaki con la prima
realizzazione di un superreticolo, costituito da una
sequenza di strati nanometrici di materiali semiconduttori diversi, impresa, questa, che ha aperto la
strada alla nanoelettronica. Molti laboratori e
singoli scienziati si sono presto avviati sulle strade
aperte dalle intuizioni di Feynman e dal lavoro
sperimentale di Esaki. A partire dal 1977, Eric
Drexler, al Massachusetts Institute of Technology,
ha posto le basi sperimentali e computazionali su
cui si sono sviluppate, concettualmente e operativamente, molte nanotecnologie. Già nel 1991, John
Armstrong, ex direttore scientifico dell’IBM, presso
i cui laboratori Esaki ha svolto la sua fondamentale
ricerca, poteva osservare che la nanoscienza e le
nanotecnologie sarebbero state centrali nel successivo stadio dell’era dell’informazione, e sarebbero
state tanto rivoluzionarie quanto la scienza e la
tecnologia sulla scala del micron lo sono state dagli
anni Settanta in poi. Nel 1998, inoltre, George
Whitesides, della Harvard University, ha concretamente esemplificato la visione di Feynman dimostrando che, potenzialmente, il volume di un orologio da polso può contenere l’equivalente di 103
CD-ROM, corrispondenti a una frazione non
trascurabile dell’informazione reperibile nella libreria di riferimento cui attinge una persona colta
nell’arco della vita.
Sommario
1. Tipologia delle nanostrutture
2. Processi di fabbricazione e classificazione delle
nanostrutture
3. Teoria, modelli e simulazione delle nanostrutture
4. Applicazioni di materiali e di sistemi realizzati
mediante nanotecnologie
1. Tipologia delle nanostrutture
L’elettronica è il settore applicativo e industriale che più
di ogni altro ha determinato lo sviluppo delle
nanotecnologie e il progresso di quei settori della fisica
dai quali dipende la comprensione fondamentale dei
processi sulla scala nanometrica. La necessità di
comprimere un numero sempre più grande di
componenti elettronici in un volume sempre più piccolo
non è dovuto solo all’esigenza primaria di trasportabilità
e maneggevolezza dei dispositivi, ma anche, e
soprattutto, all’esigenza di velocità di calcolo. Poiché i
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segnali elettromagnetici si propagano con una velocità
finita, pari a circa 3108 m/s nel vuoto, in un
miliardesimo di secondo, pari a 1 nanosecondo (ns), essi
percorrono soltanto 30 cm. È quindi necessario che
l’unità centrale o CPU (Central processing unit) di un
calcolatore capace di compiere 1 miliardo di operazioni
a virgola mobile al secondo (1 G-flop, dove G sta per
giga, ossia per 109, e flop sta per floating-point operation) abbia dimensioni minori della suddetta lunghezza,
affinché solo una parte trascurabile del tempo di calcolo
sia speso per la mera trasmissione dei segnali da un
componente all’altro. Essendo, poi, il numero dei componenti elettronici compresi in tale spazio dell’ordine dei
milioni, la rispettiva dimensione deve scendere verso la
scala del micrometro (1m = 10-6 m). L’elettronica su
questa scala è comunemente detta microelettronica e
deve il suo sviluppo all’invenzione del transistore (1947)
e dei circuiti integrati, nei quali i componenti elementari
(transistori, diodi, resistenze, capacità ecc.) e le relative
interconnessioni sono realizzati su una singola piastrina
(chip) di materiale semiconduttore. La scala di integrazione, definita dal numero di elementi circuitali attivi per
unità di area, è cresciuta – nell’arco degli ultimi decenni
– da 103 elementi/cm2 (fine degli anni Sessanta) agli
attuali quasi 109 elementi/cm2, secondo una legge
rigorosamente esponenziale, nota come legge di Moore
(fig. 2, ordinata a sinistra). Il livello di integrazione
raggiunto all’inizio del XXI sec. è entrato nel dominio
nanometrico, essendo la dimensione dei più piccoli
elementi circuitali impiegati all’inizio del XXI sec.
largamente inferiore ai 100 nm.
Le cinque decadi che vanno dalla scala millimetrica a
quella di 100 nm contraddistinguono i livelli di integrazione detti di scala piccola o SSI (Small-scale integrated), media o MSI (Medium-scale integrated), grande
o LSI (Large-scale integrated), grandissima o VLSI
(Very large-scale integrated) e ultra-grande o ULSI
(Ultra large-scale integrated). L’integrazione dei componenti, segue egualmente una crescita esponenziale (fig.
2, ordinata a destra), dapprima lenta con i moduli
multichip, poi molto rapida a partire dal 2004 con
l’avvento delle nanotecnologie SIP (System-in-package)
e SOP (System-on-package).
Il passaggio dell’elettronica dalla scala micrometrica
a quella nanometrica non si risolve, tuttavia, in una mera
riduzione delle scale di lunghezza e di tempo nelle quali
avvengono i medesimi processi fisici. Scendendo verso
la scala atomica la fisica dei processi di trasporto degli
elettroni nei semiconduttori cambia in modo radicale,
essenzialmente perché i componenti e le interconnessioni diventano più brevi di due lunghezze caratteristiche: (a) della lunghezza di cammino medio degli
elettroni, cosicché una corrente elettronica su tale breve
distanza può avvenire senza collisioni e il regime di
trasporto, ordinariamente dissipativo di tipo ohmico,
diviene balistico; (b) della lunghezza d’onda di de
Broglie degli elettroni, cosicché si manifestano gli effetti
specifici della meccanica quantistica, per esempio la
discretizzazione dei livelli energetici. Un altro effetto
quantistico particolarmente importante è l’effetto tunnel,
per il quale ha probabilità finita il processo, classicamente impossibile, in cui un elettrone attraversi una
barriera di potenziale più alta della sua energia cinetica e
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di spessore nanometrico. Barriere di questo spessore
erano già state realizzate e studiate da Esaki nel 1958, un
anno prima della profezia di Feynman, in giunzioni tra
semiconduttori pesantemente drogati e avevano condotto
alla scoperta del diodo a tunnel (noto anche come diodo
Esaki), e quindi ai diodi a tunnel risonante, basati su
sequenze di nanostrutture artificiali ottenute per epitassia
molecolare.
La tecnologia delle nanostrutture bidimensionali,
inaugurata da Esaki, ha portato, fra l’altro, alla scoperta
nel 1980 dell’effetto Hall quantistico da parte di Klaus
von Klitzing. Tale scoperta ha valore fondamentale in
fisica e in metrologia, avendo dato luogo a un grande
sviluppo della fisica del gas elettronico bidimensionale e
dei sistemi fortemente correlati e a una determinazione
molto precisa della costante di struttura fine. Per queste
ricerche nel 1985 venne attribuito il premio Nobel per la
fisica a Klitzing e nel 1998 a Robert B. Laughlin, Horst
L. Störmer e Daniel C. Tsui.
Nelle nanostrutture zero-dimensionali come i cluster
atomici, i nanocristalli e i cosiddetti punti quantici, i
livelli energetici discreti si spostano apprezzabilmente
con l’aggiunta o la sottrazione di una singola carica
elettronica, per cui il tunnel si blocca dopo il passaggio
di un singolo elettrone (bloccaggio coulombiano). Ciò
rende possibile controllare il trasporto di singoli
portatori di carica. Le condizioni sopra descritte di
trasporto quantistico e privo di collisioni, realizzate
grazie all’avvento delle nanotecnologie, non solo rivestono grande importanza per la fisica fondamentale ma
sono destinate a produrre una rivoluzione concettuale nel
settore dell’elettronica e la fine della legge di Moore
nella sua formulazione corrente.
Un’altra lunghezza caratteristica, che discrimina tra
micro- e nano-fisica, è la lunghezza d’onda delle onde
elettromagnetiche alle frequenze ottiche, corrispondenti
a tipiche energie elettroniche dell’ordine dell’elettronvolt (1 eV). Quest’ultimo fatto riguarda non solo le
applicazioni optoelettroniche, dove avvengono conversioni dirette tra correnti elettriche e segnali elettromagnetici (fotoni), ma anche i fondamentali problemi
tecnici dell’osservazione microscopica, della fabbricazione e manipolazione controllata delle nanostrutture.
L’osservazione e la manipolazione della materia sulla
scala atomica sono state rese possibili, negli ultimi due
decenni del XX sec., grazie all’invenzione del
microscopio elettronico a tunnel o STM (Scanning
tunneling microscope) e alla grande risoluzione raggiunta con il microscopio elettronico a trasmissione o
TEM (Transmission electron microscope) e, più recentemente, allo sviluppo delle microscopie laser a scansione confocale o LSCM (Laser scanning confocal
microscopy) e ottica a scansione campo vicino o NSOM
(Near-field scanning optical microscopy) che consentono di visualizzare oggetti assai più piccoli della
lunghezza d’onda della luce impiegata. Riguardo alla
fabbricazione di dispositivi elettronici più piccoli della
lunghezza d’onda della luce visibile, sono decisivi i
progressi nel campo della litografia con raggi X, legata
allo sviluppo di sorgenti di luce di sincrotrone, e della
crescita epitassiale di film sottili mediante svariate
tecniche di deposizione atomo per atomo.
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2. Processi di fabbricazione e
classificazione delle nanostrutture
La litografia e la crescita epitassiale esemplificano
due opposte procedure di fabbricazione delle
nanostrutture: dall’alto al basso e dal basso all’alto (topdown e bottom-up, rispettivamente (fig. 3)). Mentre con
le procedure top-down le strutture ottenute preservano le
qualità chimico-fisiche dei solidi di partenza, fatti salvi i
fenomeni sopra citati che insorgono al di sotto di certe
dimensioni, con le procedure bottom-up è possibile
realizzare una gamma pressoché infinita di materiali
nanostrutturati, gran parte dei quali inesistenti in natura,
con proprietà inusuali e comunque diverse da quelle dei
materiali cristallini ordinari di uguale composizione
chimica. In generale, i piccoli aggregati atomici o
molecolari (cluster), costituiti da un numero di atomi o
di molecole che va da 2 a poche migliaia, si formano
secondo strutture che possono essere molto diverse da
quelle dei rispettivi solidi e così saranno diverse le loro
proprietà. Per esempio, piccoli cluster di oro presentano
attività catalitica laddove il materiale cristallino è
notoriamente inerte; i cluster di silicio possono essere
luminescenti mentre il silicio cristallino non lo è.
Pertanto una delle idee-guida delle procedure bottom-up
è l’utilizzo di cluster preformati quali mattoni per la
costruzione di materiali nanostrutturati in modo tale che
certe proprietà tipiche dei cluster siano preservate su
scala macroscopica nel materiale finale. In tal modo è
possibile, almeno in linea di principio, realizzare
materiali con proprietà volute e alte prestazioni
attraverso la scelta e il controllo dei loro costituenti
nanometrici. Störmer ha osservato che la nanotecnologia
ha fornito gli strumenti per giocare con i più elementari
ingredienti della materia ordinaria: gli atomi e le
molecole. La combinazione dei metodi e strumenti topdown con processi di autoassemblaggio sulla scala
atomica fornisce un’impressionante serie di nuove
opportunità di saldare pezzi di chimica e di biologia a
strutture artificiali fatte dall’uomo. Le possibilità di
creare nuovi oggetti appaiono pertanto illimitate.
Le procedure di fabbricazione dei materiali e dei sistemi
nanostrutturati dipendono dalla natura degli oggetti
elementari di dimensione nanometrica che li compongono, e, pertanto, le nanostrutture possono essere classificate sulla base dei rispettivi componenti elementari
descritti qui di seguito.
Atomi, molecole inorganiche, composti metallorganici. Le prime nanostrutture artificiali, realizzate negli
ultimi decenni del Novecento a partire dal diodo a
tunnel, hanno geometria planare. Esse vengono cresciute
sopra una superficie perfettamente regolare di un
substrato solido in forma di singoli film ultrasottili, di
pozzi quantici o di multistrati costituiti da materiali
diversi caratterizzati da composizione e spessori costanti
e perfettamente controllabili su scala atomica (fig. 4). Le
tecniche di deposizione, raggruppate sotto il nome
generale di ‘epitassia’, si basano sul trasporto nella
regione di crescita di atomi oppure di molecole: (a) in
fase vapore, siano essi liberi (adsorbimento diretto) o
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trasportati in fase vapore da composti chimici e rilasciati
alla superficie mediante la deposizione chimica da fase
vapore o CVD (Chemical vapor deposition); (b) in un
getto generato dall’evaporazione controllata di un
materiale (sputtering) o da un fascio, sub- o supersonico,
di atomi o molecole emessi dall’ugello di una o più
sorgenti temporalmente controllate: tecnica, questa,
definita epitassia da fasci molecolari o MBE (Molecular
beam epitaxy). La microelettronica e l’optoelettronica
attuali e il grande numero di dispositivi a tecnologia
planare, e più di recente a tecnologia 3-D (tridimensionale), debbono il loro rapido progresso allo
sviluppo delle tecniche di epitassia molecolare.
Molecole organiche, polimeri, dendrimeri, biomolecole. L’estensione dell’epitassia molecolare alle molecole organiche ha grandemente allargato la disponibilità di
ingredienti per le applicazioni nanotecnologiche. Negli
anni Novanta vi è stato un grande progresso nella
preparazione di oggetti organici adatti a essere assemblati in strutture di complessità crescente. Un contributo
essenziale, a tale proposito, viene dalla chimica
supramolecolare. La scoperta di polimeri con nuove
forme topologiche, quali i dendrimeri, ha portato a una
nuova classe di componenti nanometrici con rilevanti
proprietà funzionali adatti a rivestimenti speciali, alla
formazione di strati buffer biocompatibili ecc. Nanoparticelle composte da complessi tra lipidi (o polimeri)
policationici e DNA sono state sperimentate con
successo nel trasporto e nel rilascio di farmaci e di geni
in vivo. Tra le complesse strutture che possono essere
realizzate con l’infinito meccano messo a disposizione
dalla chimica organica, vi sono strutture mesoscopiche
periodiche in tre dimensioni dovute all’organizzazione
spontanea (autoassemblaggio) di molecole organiche in
soluzione. Tali strutture possono essere usate come
stampi per la costruzione di architetture inorganiche
tridimensionali, periodiche e altamente porose, con
periodi sulla scala delle lunghezze d’onda della luce
visibile (centinaia di nm), idonee a realizzare i cosiddetti
‘reticoli ottici’. Questi consentono di realizzare elementi
di circuiti fotonici, nei quali le correnti elettroniche sono
sostituite da segnali luminosi che possono essere guidati,
intrappolati, amplificati o soppressi. Inoltre, la sintesi
recente di molecole metallorganiche che incorporano
atomi magnetici ha inaugurato il fertile campo del
nanomagnetismo moleco-lare, con ampie prospettive per
lo sviluppo di memorie magnetiche ultradense.
Cluster, nanocristalli, nanoaggregati e punti quantici.
Vi sono varie tecniche, dalla chimica delle sostanze
colloidali ai getti supersonici, che consentono di
preparare molti materiali inorganici correnti nella forma
di piccoli agglomerati atomici, con dimensioni che
variano da poche unità a diversi milioni di atomi e forme
che possono variare dalla struttura amorfa, per poche
unità di atomi (cluster), alla forma cristallina, per numeri
di atomi sufficientemente grandi (nanocristalli). Le
tecniche sopra citate consentono di realizzare oggetti
nanometrici di dimensione praticamente costante e
forma controllata. Le figg. 5A e 5B mostrano due tipici
esempi: pixel di carbonio ottenuti per deposizione con
maschera da fasci supersonici di cluster e nanocristalli
perfettamente cubici di argento ottenuti per via chimica,
rispettivamente. Questo consente, attualmente, di
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depositare punti quantici (detti anche atomi artificiali) su
substrati e di costruire materiali nanostrutturati con
struttura controllata e funzionalità definita, direttamente
finalizzati a impieghi che ne sfruttano le particolari
proprietà meccaniche e tribologiche, chimiche e/o le
proprietà elettromagnetiche. I punti quantici possono
anche essere realizzati con tecniche litografiche a
risoluzione nanometrica. Nell’esempio presente nella
fig. 5C è mostrata una molecola artificiale, formata da
due punti quantici (in colore) e connessa a 10 elettrodi,
dove ciascun punto quantico contiene circa 40 elettroni
liberi. Il sistema, ottenuto per litografia elettronica in
un’eterostruttura di GaAs/AlGaAs, costituisce un
prototipo di dispositivo nanoelettronico ove è possibile
controllare il trasporto di singoli elettroni. Nanoaggregati amorfi e altamente porosi possono anche essere
ottenuti per erosione chimica di materiale cristallino, con
eventuale profonda modifica delle proprietà fisiche.
Fullereni, nanotubi e nanostrutture di carbonio. Con
l’identificazione da parte di Robert Curl, Harold Kroto e
Richard Smalley dei cluster di carbonio a forma di
gabbia chiusa con legami covalenti di tipo grafitico
(sp2), inizialmente denominati buckminsterfullereni e
quindi semplicemente fullereni, si è aperto un vasto
campo di ricerca sulle nanostrutture di carbonio. Il
fullerene più frequente negli ordinari processi di sintesi,
e anche in natura, ha la formula C60 e forma una
molecola a forma di pallone da calcio costituita da 12
anelli pentagonali e 20 anelli esagonali (fig. 6B).
Successivamente, la ricerca sui fullereni ha portato alla
scoperta e alla sintesi dei nanotubi di carbonio (fig. 6C),
dalla struttura cilindrica di diametro nanometrico e di
lunghezza anche di ordini di grandezza maggiore; dei
fullereni e dei nanotubi concentrici (onions e nanotubi a
parete multipla, rispettivamente); delle fulleriti di metalli
alcalini, i cui solidi sono superconduttori a media
temperatura critica; di molti composti e polimeri dei
fullereni con interessanti proprietà ottiche, elettriche e
magnetiche. Queste nuove forme di carbonio di tipo
grafitico, note col termine generale di ‘grafeni’, si
aggiungono alla grafite ordinaria (fig. 6A) e danno luogo
a forme aggregate: si hanno così la fullerite pura (C60
solido), dove oggetti zero-dimensionali, quali i cluster
C60, sono tenuti insieme in tutte le direzioni dello spazio
da forze di van der Waals; i fasci di nanotubi, dove
oggetti monodimensionali (i nanotubi) sono tenuti
insieme da forze di van der Waals in due direzioni dello
spazio, e la grafite stessa, dove oggetti bidimensionali (i
piani grafitici) sono tenuti insieme da forze di van der
Waals nella terza direzione dello spazio. Recentemente
l’isolamento e la funzionalizzazione di singoli piani di
grafite hanno ulteriormente esteso il vasto campo di
applicazione dei grafeni. Sono stati anche ipotizzati
grafeni tridimensionali in forma di superfici periodiche
minimali (fig. 6D) denominate ‘schwarziti’, in onore del
matematico Karl Hermann Amandus Schwarz che le ha
descritte alla fine del XIX sec. Col metodo della
deposizione di cluster da fasci supersonici è stata di fatto
sintetizzata una nuova forma di carbonio nanostrutturato
riconducibile a una forma di schwarzite amorfa (fig. 7).
I nanotubi di carbonio sono chimicamente molto
inerti e possiedono proprietà meccaniche straordinarie:
per esempio, è stata più volte prospettata la possibilità di
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realizzare funi molto più resistenti delle funi d’acciaio
mediante assemblaggio di nanotubi. Le ottime proprietà
di trasporto dei nanotubi e l’elevata inerzia chimica
hanno stimolato una vivacissima attivita’ di ricerca in
vista di applicazioni pratiche tra le quali gli elettrodi ad
altissima superficie specifica per supercapacitori; gli
emettitori di elettroni a effetto di campo per schermi
ultrapiatti e sorgenti di raggi X; vettori di molecole di
interesse biologico, elettrodi per caratterizzazioni
elettrochimiche su scala nanometrica. Dal punto di vista
del trasporto elettrico, i nanotubi di carbonio si
comportano come semimetalli, simili alla grafite, oppure
come semiconduttori, in dipendenza dell’orientazione
degli anelli esagonali rispetto all’asse del nanotubo.
Queste proprietà, congiunte con le possibilità di manipolazione nanometrica, aprono settori di applicazione
molto promettenti: la nanoelettronica e l’elettronica molecolare. Il trasporto quantizzato di elettroni attra-verso
singoli nanotubi, nonché la realizzazione di giun-zioni pn e transistori mediante l’impiego di nanotubi sono stati
dimostrati nei primi anni di questo secolo (fig. 8).
Nanotubi e nanofili di composti lamellari e metallici.
Molti altri composti capaci di formare solidi lamellari
simili alla grafite possono egualmente bene formare
nanotubi. Elettricamente i nanotubi poliatomici riflettono, in qualche modo, le proprietà dei composti lamellari di partenza e si possono avere tanto metalli che
semiconduttori oppure isolanti. Pertanto lo spettro delle
potenziali applicazioni tecnologiche basate sui nanotubi
si è enormemente ampliato. Alla vasta schiera dei
nanotubi si aggiungono i nanofili, di struttura cilindrica
piena. Il trasporto di carica quantizzato può essere
realizzato egualmente bene in nanofili metallici,
ottenendo diametri pari a poche distanze interatomiche,
cioè dell’ordine di 1 nm, con una struttura controllata a
livello atomico. La crescita su un opportuno substrato di
palizzate nanometriche di materiale elettroluminescente
consente di realizzare una distribuzione regolare di LED
(Light emitting diode) o di laser a semiconduttore separati da distanze micrometriche e quindi idonee a costituire una rete di pixel per schermi ultrapiatti.
I materiali nanostrutturati basati sull’assemblaggio di
costituenti nanometrici sono caratterizzati da grandi aree
di interfaccia, precisamente da grandi rapporti superficie/volume dell’ordine delle centinaia o migliaia di
m2/g. Questa proprietà geometrica li rende ideali all’uso
in materiali compositi, reazioni chimiche, catalisi eterogenea, adsorbimento/desorbimento, rilascio di farmaci,
supercapacitori, stoccaggio di energia, e numerose altre
applicazioni. Cruciali, in queste applicazioni, così come
per le nanostrutture destinate all’elettronica, sono le
tecniche di assemblaggio e di ordinamento eventuale dei
costituenti, che garantiscano le migliori proprietà strutturali e funzionali del prodotto. Si è osservato che
l’organizzazione sistematica della materia su scala
nanometrica è un aspetto chiave dei sistemi biologici, i
quali sono in grado di realizzare strutture complesse
attraverso processi di autoassemblaggio. L’autoassemblaggio di oggetti nanometrici in strutture utili dal punto
di vista funzionale è stato osservato anche nei sistemi
inorganici e organici non biologici, nei quali si realizza
sotto opportune condizioni termodinamiche. In tempi
recenti è stato dimostrato l’assemblaggio ordinato di
8
nanocristalli di ZnS, per opera di virus batteriofagi
geneticamente ingegnerizzati. È attivamente studiato
anche l’utilizzo diretto di biomolecole (DNA, virus e
batteri) per l’assemblaggio di nanostrutture. In alcune
applicazioni in genetica e per scopi diagnostici, sono
state realizzate deposizioni ordinate di DNA. Le
proprietà programmabili di autoassemblaggio del DNA,
even-tualmente sostenuto da campi elettromagnetici,
stanno anche aprendo molte possibilità per la
fabbricazione di strutture mesoscopiche funzionali e per
l’elettronica molecolare.
Le nanostrutture organiche autoassemblate, a loro
volta, possono servire da stampi per la sintesi di
materiali ultraporosi e di aerogel inorganici e
nanocompositi per membrane e filtri molecolari,
catalizzatori, matrici per la riparazione di tessuti, e molte
altre applicazioni. I processi di autoreplicazione di
strutture polimeriche, già note su scala micrometrica in
diversi processi industriali, sono stati recentemente
dimostrati anche su scala nanometrica. Gli organismi
viventi costituiscono essi stessi la più complessa
organizzazione della materia attualmente conosciuta,
essendo strutturati sia sulla scala nanometrica
(biomolecole), che su quella micrometrica (cellule),
millimetrica (tessuti) e metrica (organi) (fig. 1).
Obiettivo a lungo termine delle nanobiotecnologie
bottom-up è la fabbricazione di dispositivi complessi
caratterizzati da un’analoga organizzazione multiscala.
La manipolazione diretta degli atomi e delle molecole
depositate sulla superficie di un substrato può essere
compiuta con micro- e nanosonde a scansione, basate sul
principio del microscopio elettronico a scansione e del
microscopio a forza atomica inventati da Gerd Karl
Binnig e Heinrich Rohrer. Con tale tecnica è possibile
trasportare atomi e molecole lungo la superficie del
substrato e realizzare allineamenti atomici, filamenti,
recinti chiusi e altri pattern più complessi adatti a
esperimenti di trasporto quantico e altre applicazioni in
nanochimica e stoccaggio dell’informazione. La
possibilità di realizzare strutture in numero ed estensione
utili all’industria, almeno a livello di prototipo, richiede
la robotizzazione della procedura.
Dal punto di vista della fisica teorica il procedimento
bottom-up trae vantaggio dal grande progresso compiuto
nelle ultime decadi del Novecento dalla meccanica
quantistica dei sistemi a molti corpi, da un lato, e dallo
sviluppo di supercomputer dall’altro, che insieme
consentono di simulare l’evoluzione dinamica degli
elettroni e degli atomi in sistemi relativamente estesi,
tipicamente della dimensione dei cluster che
compongono i materiali nanostrutturati. Pertanto le
proprietà elementari dei componenti nanometrici sono in
buona misura predicibili o quanto meno descrivibili da
principi primi, mediante il calcolo quantistico. In questo
modo è avvenuta la saldatura tra l’attività teoricosimulativa e la sperimentazione su sistemi reali, un
tempo separati da scale di lunghezza e di tempo assai
diverse. Peraltro, anche le simulazioni multiscala hanno
compiuto progressi ragguardevoli in tempi recenti.
9
3. Teoria, modelli e simulazione
delle nanostrutture
L’avvento dei supercomputer, sostenuto esso stesso dal
grandioso sviluppo della microelettronica, consente di
risolvere numericamente problemi quantistici relativi a
sistemi con migliaia di atomi e problemi di dinamica
molecolare classica con centinaia di milioni di atomi. In
tal modo è possibile simulare teoricamente il
comportamento di sistemi di dimensioni sempre più
prossime a quelle delle nanostrutture di interesse
tecnologico. La discesa verso il basso delle dimensioni
degli oggetti di interesse tecnologico, da un lato, e la
salita verso l’alto della potenza di calcolo, dall’altro,
hanno di fatto chiuso il gap tra la scala della predicibilità
teorica e quella dei sistemi reali. Inoltre, le moderne
tecniche di simulazione numerica, in particolare la
dinamica molecolare, sono state integrate da metodi di
scalabilità temporale e spaziale (multiscalarità) che
consentono di estrapolare risultati numerici su scala
nanometrica e su tempi brevi (da 10-12 a 10-10 s) a sistemi
reali, caratterizzati da scale di lunghezza più grandi e
tempi più lunghi. Il metodo della metadinamica,
introdotto da Michele Parrinello e collaboratori all’inizio
del 2000, consente simulazioni quantistiche su scale di
tempi macroscopiche.
Tanto le simulazioni quantistiche, che si basano sulla
dinamica molecolare tight-binding oppure su metodi da
principi primi (metodo Car-Parrinello, 1985) fondati
sulla teoria del funzionale densità, che le simulazioni
classiche, fondate su potenziali d’interazione fenomenologici, hanno raggiunto un alto livello di attendibilità e
un elevato potere predittivo. Pertanto la possibilità di
simulare le proprietà fisiche e chimiche di nanostrutture
reali consente di accelerare fortemente il processo di
progettazione e di prova di nuovi materiali nanostrutturati. Inoltre, la grande velocità di calcolo
convenzionale o le reti neuronali artificiali e possibilmente la computazione quantistica, permetteranno di
simulare e controllare le dinamiche conformazionali di
macromolecole di interesse biotecnologico, di indirizzare la chimica combinatoria di sintesi di nuovi
materiali, di controllare architetture complesse sulla
scala mesoscopica e così via.
La simulazione dinamica dei processi di crescita può
fornire protocolli e procedure ottimali per la
realizzazione di nanostrutture con proprietà preventivamente stabilite, con consistente riduzione dei costi e
dei tempi di progettazione e di produzione. Le
simulazioni numeriche, naturalmente, possono affiancare il processo di ricerca e sviluppo di una
nanotecnologia in tutti i suoi stadi e scale di
integrazione, dalla sintesi e dalla caratterizzazione
strutturale e funzionale dei componenti nanometrici, al
funzionamento del prodotto finito. È importante notare
la forte correlazione biunivoca tra lo sviluppo del
supercalcolo e lo sviluppo delle nanotecnologie: le
nanotecnologie, incluse quelle riguardanti l’elettronica e
il supercalcolo, progrediscono più rapidamente grazie
all’apporto delle simulazioni numeriche, mentre queste
ultime diventano sempre più estese ed efficaci grazie
allo sviluppo delle nanotecnologie.
10
4. Applicazioni di materiali e di
sistemi realizzati mediante
nanotecnologie
I concetti e i campi di applicazione delle nanotecnologie
emersi negli ultimi decenni esercitano una profonda
influenza sia sulla ricerca fondamentale sia sulle
tecnologie industriali, orientandole verso direzioni
largamente imprevedibili. Tra i numerosi prodotti
industriali basati sulle nanotecnologie attualmente
disponibili vi sono: i nuovi pneumatici particolarmente
resistenti all’usura; i farmaci costituiti da nanoparticelle
per un rilascio efficiente e mirato; i colori e i pigmenti
per la stampa (che ne hanno grandemente migliorato la
qualità e la stabilità); i laser a semiconduttore e le testine
per lettura/scrittura ad alta risoluzione e ad alta velocità
su dischi ottici e magnetici. Attualmente esistono
concrete previsioni di sviluppo e di applicazione
industriale di numerose nuove nanotecnologie. La National Nanotechnology Initiative, promossa dal presidente degli Stati Uniti sulla base dei più autorevoli
documenti scientifici disponibili e approvata dal
Congresso americano nel novembre 2000, aveva
previsto per il primo decennio di questo secolo un largo
apporto delle nanotecnologie nei settori descritti qui di
seguito.
Industrie automobilistiche e aeronautiche, esplorazione spaziale. Materiali compositi rinforzati con nanoparticelle per parti leggere; pneumatici rinforzati da
nanoparticelle resistenti all’usura e riciclabili; vernici
antipolvere; plastiche non infiammabili a basso costo;
elettronica di controllo; rivestimenti e tessuti autoriparanti; veicoli spaziali ultraleggeri; generazione e
gestione economica dell’energia; sistemi robotici molto
piccoli ed efficienti. Speciale menzione, inoltre,
meritano: i nuovi rivestimenti protettivi con elevata
resistenza alla corrosione e all’erosione, in sostituzione
dei rivestimenti a base di cromo, assai dannosi per
l’ambiente; gli strati sottili per il filtraggio ottico e le
barriere termiche; i polimeri e i materiali compositi
nanostrutturati.
Elettronica per le comunicazioni, sensoristica e
sistemi elettromeccanici. Sistemi di registrazione basati
su nanostrutture quantiche; schermi ultrapiatti; tecnologie senza filo (tecnologie wireless); nuovi dispositivi e
processi in tutti i settori tecnologici dell’informazione e
comunicazione basati su capacità di stoccaggio dati e
velocità di calcolo da 1000 a 1 milione di volte maggiore
di quelle attuali. Sono stati compiuti passi fondamentali
verso la realizzazione di sistemi elettronici e magnetici
su scala nanometrica con varie funzioni. È stata
dimostrata la possibilità di realizzare nanocircuiti
autoassemblati e vi sono prospettive per la realizzazione
di switch con singole molecole organiche e di memorie
non volatili con una densità di bit maggiore di 1 milione
di volte rispetto alle attuali DRAM (Dynamic random
access memory). Un transistor a effetto di campo è stato
realizzato mediante un nanotubo a parete singola nel
ruolo del canale di connessione. È stata realizzata e
commercializzata una testina magnetica di lettura basata
sull’effetto della magnetoresistenza gigante, che si
realizza in multistrati nanometrici di materiali magnetici
e non-magnetici alternati (A. Fert e P. Grünberg, premi
11
Nobel per la Fisica 2007). Sulla scala nanometrica si
hanno facilmente fenomeni di tunnel degli elettroni che
portano alla realizzazione di dispositivi a tunnel
risonante, di sistemi di giunzioni Josephson con
potenzialità nella computazione quantistica. Anche la
spintronica, basata sul trasporto di elettroni a spin
definito, ha prospettive di realizzazione sulla scala
nanometrica. La discesa alla scala nanometrica consente
di integrare in un singolo chip una serie di sensori e tutta
l’elettronica corrispondente per un’analisi chimica
completa dell’aria o dei liquidi e la rivelazione di agenti
tossici o esplosivi. Così l’integrazione di funzioni
elettroniche e meccaniche prelude alla realizzazione di
nanorobot e dei già citati NEMS.
Prodotti chimici e materiali per l’energetica. Nuovi
tipi di batterie; fotosintesi artificiale per produzione di
energia pulita; celle solari a buca quantica; stoccaggio
sicuro dell’idrogeno per celle a combustibile; risparmio
energetico dall’uso di materiali ultraleggeri; catalizzatori
che aumentano l’efficienza energetica degli impianti
chimici e l’efficienza di combustione dei veicoli a
motore, riducendo globalmente le emissioni inquinanti.
Importanti sono anche gli aerogel, consistenti in
materiali spugnosi altamente porosi con una trama
tridimensionale nanostrutturata, che promettono molto
nel campo della catalisi e dell’accumulo di energia in
virtù dell’enorme area superficiale. La conversione
dell’energia solare in energia chimica, secondo un
processo di fotosintesi artificiale, è stato dimostrato in
una cella fotochimica di Graetzel costituita da un film di
TiO2 nanostrutturato sul quale si adsorbono molecole di
un colorante. Così i catodi di batterie a litio, i
componenti delle celle a combustibile e il corrispettivo
stoccaggio di idrogeno si valgono di materiali
nanostrutturati con grandissima area superficiale, fra i
quali i nanotubi e il carbonio nanostrutturato sopra
menzionato. Infine, la sintesi a basso costo di zeoliti
nanoporose ha portato a una vera rivoluzione nella
catalisi dei processi petrolchimici, che consente –
dall’inizio del 2000 – il ‘processo’ di oltre 7 miliardi di
barili di petrolio e di altri prodotti chimici con fatturati
di molte decine di miliardi di dollari all’anno.
Prodotti farmaceutici, tutela della salute e scienze
della vita, biotecnologie e applicazioni biomediche.
Nuovi medicinali nanostrutturati; sistemi di rilascio di
farmaci e materiale genetico mirati a specifici siti del
corpo; protesi biocompatibili e sostitutivi di fluidi
fisiologici; strumenti di autodiagnosi; sensori per test
biologici su chip; materiali per la rigenerazione del
tessuto osseo e altri tessuti. A questo settore vanno
ascritti i numerosi nanosistemi e i dispositivi proposti
per determinare la sequenza di singole molecole di
DNA, destinati ad aprire grandi prospettive nella
genomica su larga scala e nell’applicazione di
nanostrutture inorganiche quali marcatori in biologia e in
medicina. Le biomolecole hanno dimensioni e attributi
che le rendono adatte a numerose applicazioni
nanotecnologiche.
Un
aspetto
particolarmente
importante è l’ingegneria dei tessuti biologici, che ha
l’obiettivo di usare le cellule e le loro molecole per la
costruzione di sostituti a tessuti danneggiati o non
funzionanti. Altre applicazioni sono l’impiego di
nanocristalli semiconduttori come i marcatori biologici
12
fluorescenti e dei chip di DNA sopra menzionati nella
determinazione delle sequenze del genoma.
Industria manifatturiera. Ingegneria di precisione
basata su nuove generazioni di microscopi e di tecniche
di misura su scala nanometrica; nuovi processi e
strumenti per manipolare la materia a livello atomico;
nanopolveri sinterizzate per materiali con specifiche
proprietà, quali sensori per rivelare rotture incipienti e
attuatori per autoriparazioni; lucidature chimicomeccaniche con nanoparticelle; autoassemblaggio di
strutture da molecole; biostrutture e materiali biomimetici. Vi sono molti materiali le cui proprietà
dipendono dalla presenza di componenti finemente
disperse. La realizzazione di dispersioni su scala
nanometrica ha aumentato notevolmente il valore
aggiunto di tali materiali. Ne sono esempi l’impiego di
nanoparticelle di silice colloidale nella manifattura delle
fibre ottiche attraverso processi sol-gel; i nanocompositi
nei quali polimeri tradizionali sono rinforzati dalla
dispersione di particelle nanometriche; le plastiche con
nanoparticelle inorganiche a infiammabilità ritardata; i
rivestimenti di superfici con nanoparticelle per diversi
scopi quali l’aumento della resistenza all’usura e alla
corrosione chimica; l’autolubrificazione; la formazione
di barriere termiche; la modifica delle proprietà ottiche;
la realizzazione di catalizzatori ad alta area specifica; le
polveri nanometriche per la decontaminazione dell’aria
da batteri tossici; le nanoparticelle per inchiostri e
coloranti; i fluidi magnetici (ferrofluidi) realizzati
mediante la dispersione di nanoparticelle ferromagnetiche in un liquido; fluidi magnetici smart per tenute
a vuoto e lubrificanti. La dispersione di particelle
nanometriche in fasi solide consente anche la
fabbricazione di materiali strutturali ad alte prestazioni
come acciai, leghe e materiali ceramici di grande
durezza e superiori proprietà meccaniche; punte di
trapano; lame di frese e strumenti da taglio ad altissima
durezza e bassa fragilità; nuovi materiali ferromagnetici;
bitumi particolarmente resistenti all’usura; cementi
duttili; protesi mediche integrabili con i tessuti biologici.
Ambiente e sicurezza. Le applicazioni riguardano le
membrane selettive per il filtraggio di contaminanti e la
dissalazione; le trappole nanostrutturate per la rimozione
di inquinanti dagli efflussi industriali; la definizione
dell’impatto ambientale delle nanostrutture; il mantenimento della sostenibilità industriale mediante significative riduzioni di materiali e di energia utilizzati; la
riduzione delle fonti di inquinamento e l’aumento delle
possibilità di riciclaggio. Nel campo della sicurezza sono
importanti i rivelatori e i detossificatori di agenti chimici
e biologici; i sistemi di sorveglianza miniaturizzati e lo
sviluppo dell’elettronica corrispondente; i materiali mimetici, sostitutivi del plasma sanguigno; i materiali e i
rivestimenti nanostrutturati ultrarobusti; i tessuti leggeri
e autoriparanti.
13
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14
FIGURE
Figura 1. La discesa dalla scala macroscopica dei grandi
organismi biologici alla scala atomica attraverso successive
sottostrutture (organi, tessuti, cellule, molecole) è simile
alla progressiva discesa della tecnologia dalla scala
macroscopica delle grandi macchine alle nanostrutture. Il
diagramma può egualmente essere letto dall’atomo verso
forme successive di organizzazione, tanto nel mondo
biologico quanto nella tecnologia dei sistemi integrati.
15
Figura 2. Diagramma della legge di Moore per i circuiti
integrati (ordinata a sinistra) secondo la quale lo sviluppo
della microelettronica, espresso dalla densità di elementi
attivi realizzabili in un chip di silicio, cresce
esponenzialmente nel tempo. L’integrazione dei
componenti, ossia il loro impacchettamento in sistemi
integrati, segue egualmente una crescita esponenziale
(ordinata a destra), dapprima lenta con i moduli multichip,
poi molto rapida a partire dal 2004 con l’avvento delle
nanotecnologie SIP (System-in-package) e SOP (Systemon-package) (Fonte: R. R. Tummala, Microsystem
Packaging Research Center, Georgia Institute of
Technology, 2007).
16
Figura 3: I due approcci alla base della produzione delle
nanostrutture: la riduzione progressiva della dimensione a
partire da materiali macroscopici mediante processi di tipo
litografico (top-down) oppure l’assemblaggio di
componenti su scala atomica quali atomi, molecole o
cluster (bottom-up).
17
Figura 4. Sequenza periodica di pozzi quantici di InGaAs
alternati a InP come appare in un’immagine STM di una
sezione perpendicolare alla direzione di crescita e, a destra,
un singolo pozzo quantico della medesima struttura. Le
immagini prese rispettivamente con potenziale positivo e
negativo evidenziano, nel primo caso, la distribuzione
disordinata degli atomi di indio e gallio in InGaAs, nel
secondo caso, l’ordinata sequenza dei piani reticolari in
entrambi i cristalli (immagini fornite da R. M. Feenstra e
pubblicate in Huajie Chen, R. M. Feenstra, G. C. Aers, P. J.
Poole, R. L. Williams, S. Charbonneau, P. G. Piva, R. D.
Goldberg, and I. V. Mitchell, “Journal of Applied Physics”,
89, 4815, 2001).
18
Figura 5. Esempi di oggetti micro/nanometrici di forma
regolare e controllata: (a) pixel di carbonio ottenuti per
deposizione da un fascio supersonico di cluster attraverso
una maschera posta davanti al substrato. Si ottengono in tal
modo sistemi strutturati gerarchicamente su scale che
vanno dal nanometro alla frazione di millimetro (da P.
Milani e S. Iannotta, Cluster beam synthesis of
nanostructured materials, Berlin, Springer, 1999); (b)
nanocubi di argento ottenuti per riduzione di nitrato di
argento in glicole etilenico in presenza di polivinilpirrolidone (riprodotto da Y. Sun e Y. Xia, “Science”,
298, 2176, 2002, con permesso, 2002 AAAS); (c) una
molecola formata da due punti quantici (in colore) connessa
a 10 elettrodi, dove ciascun punto quantico contiene circa
40 elettroni liberi; il sistema, ottenuto per litografia
elettronica in un’eterostruttura di GaAs/AlGaAs, ha
consentito di misurare l’effetto Kondo coerente e
costituisce un prototipo di dispositivo nanoelettronico ove è
possibile controllare il trasporto di singoli elettroni
(riprodotto da H. Jeong, A. M. Chang, e M. R. Melloch,
“Science”, 293, 2221-2223, 2001, con permesso, 2001
AAAS).
19
Figura 6. Le quattro forme allotropiche di carbonio
grafitico, caratterizzato da legami tipo sp2 e da
coordinazione 3, raggruppate sotto il nome generico di
grafeni: (a) due piani reticolari della grafite cristallina, ove
ciascun piano esemplifica un grafene ideale costituito
unicamente da anelli esagonali; (b) il fullerene C60,
costituito da 12 pentagoni e 20 esagoni; (c) un nanotubo di
carbonio, di forma cilindrica e di lunghezza indefinita; (d)
una schwarzite triperiodica del tipo D, caratterizzata da una
struttura cristallina tipo diamante. Mentre le forme
cristalline di fullereni, nanotubi e grafite sono legate da
forze di van der Waals rispettivamente in 3, 2 e 1 direzione
dello spazio, la schwarzite è interamente legata in modo
covalente in 3 dimensioni. Accanto a queste forme ideali, il
carbonio sp2 si presenta in varie forme amorfe (fibre,
carbon black, aerogel, schwarziti amorfe, ecc.) distinte tra
loro per la particolare nanostruttura, e in altre forme
regolari più complesse come i nanotubi a parete multipla, i
fullereni a parete multipla (onions), i fasci di nanotubi e i
nanotubi elicoidali, le strutture coniche e molte altre.
20
Figura 7. Immagine ottenuta con un microscopio
elettronico a trasmissione (TEM) di schwarzite di carbonio
amorfa.
21
Figura 8. Nanofili ottenuti con nanotubi di carbonio tra
elettrodi d’oro. Le proprietà elettriche e di trasporto della
giunzione tra metallo e nanotubo o tra nanotubi diversi o
diversamente drogati possono essere sfruttate per la
realizzazione di dispositivi elettronici nanometrici, quali,
per esempio, diodi e transistor.
22