Le procedure di riferimento per una corretta gestione dei casi di violenza di genere Claudio Pagliara1, Alessandra Kustermann2 1 Task Force Codice Rosa, ASL 9, Grosseto 2 Fondazione IRCCS Cà Granda Osp. Maggiore Policlinico, Milano Ai centri antiviolenza, talvolta ai consultori, e alle forze dell'ordine arrivano donne che hanno già deciso di chiedere aiuto per uscire da un legame violento, mentre ad un Pronto Soccorso arrivano donne diverse, non meno sofferenti, ma spesso ancora incapaci di dare un nome a ciò che è avvenuto, che raccontano storie di improbabili cadute accidentali o di incidenti domestici. Donne che non riuscirebbero a pronunciare la parola violenza sessuale per descrivere rapporti imposti e subiti dopo minacce o percosse da parte del partner. Quali sono gli elementi fondamentali per un'adeguata accoglienza? • identificare un luogo adatto caratterizzato da quiete e riservatezza, • fare in modo che il numero di operatori presenti, di procedure e di spostamenti siano solo quelli strettamente necessari • avere una sincera disponibilità verso la donna e identificare un tempo adeguato per ascoltare • non drammatizzare, ma anche non banalizzare • sospendere qualunque giudizio • ascoltare in modo empatico, senza immedesimarsi eccessivamente • spiegare le finalità degli accertamenti sanitari e richiedere il consenso della paziente per ogni singolo intervento proposto • restituire alla vittima il suo valore di “persona” e di protagonista in ogni fase dell’accoglienza e degli accertamenti: darle la possibilità di scegliere Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” che cosa dire o non dire, che cosa accettare o non accettare delle proposte di diagnosi e cura sanitaria (consenso informato) • considerare gli aspetti clinici, senza dimenticare le implicazioni medicolegali, e proporre ulteriori accertamenti diagnostici e terapie sulla base delle evidenze scientifiche • non avere fretta di prendere decisioni per tutelare la donna e non lasciarsi incalzare dall'urgenza • permettere alla donna di accogliere l'offerta di aiuto per iniziare un percorso di uscita da una situazione violenta nell'immediato o in un momento successivo • tenere sempre presente che è indispensabile avere una rete territoriale di riferimento per un approccio multidisciplinare. Inoltre è importante: • la duttilità dell’operatore: pur seguendo uno schema logico e un protocollo concordato, deve essere in grado di modificare in ogni istante il suo comportamento per adattarsi alla persona che ha di fronte, • il consenso a qualunque procedura deve sempre essere richiesto ed è importante tenere presente che l’unica persona abilitata a darlo è la vittima, a qualunque età. Tutte le volte che viene espresso un esplicito e “incontrattabile” rifiuto non si deve procedere alla visita, anche se l’esame ispettivo viene richiesto dall’Autorità Giudiziaria, dalle Forze dell’Ordine o dai genitori di un minorenne. E’ raro che le pazienti rifiutino alcune o tutte le procedure proposte, ma la possibilità di dire no consente di ripristinare quei limiti e confini che la violenza ha annullato. Gli accertamenti sanitari, le eventuali terapie, la profilassi per le malattie sessualmente trasmesse possono avere il significato di restituire l’immagine di un’integrità fisica ancora presente o comunque recuperabile e aiutare a superare il senso di frantumazione che la violenza può causare. Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” Protocolli Sanitari Per La Violenza Sessuale Anamnesi L'anamnesi patologica prossima deve sempre contenere: data, ora e luogo dell’aggressione numero degli aggressori, conosciuti o no, eventuali notizie sull’aggressore presenza di testimoni minacce e eventuali lesioni fisiche furto, presenza di armi, ingestione di alcolici o altre sostanze perdita di coscienza sequestro in ambiente chiuso e per quanto tempo se la vittima è stata spogliata integralmente o parzialmente se c’è stata penetrazione vaginale e/o anale e/o orale unica o ripetuta se c’è stata penetrazione con oggetti se è stato usato un preservativo se è avvenuta eiaculazione se vi sono state manipolazioni digitali. Devono essere riportati i sintomi fisici: cefalea, dolore al volto, al collo, al torace, all’addome o agli arti, algie pelviche, disturbi genitali, perianali, disuria, dolore alla defecazione, tenesmo rettale o altro. Devono essere riportati i sintomi psichici riferiti o manifestati o elementi di valutazione dello stato psichico: paura, sentimenti di impotenza e di orrore, distacco, assenza di reattività emozionale, sensazione di stordimento, amnesia dissociativa, incapacità di ricordare aspetti importanti del trauma, persistente rivissuto dell’evento Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” attraverso immagini, pensieri, sogni, flash-back, sintomi di ansia e aumentato stato di allerta, come ipervigilanza, insonnia, incapacità di concentrazione, irrequietezza, risposte di allarme esagerate, pianto, tristezza, paura di conseguenze future o altro. In cartella è inoltre importante riportare: tempo trascorso tra la violenza sessuale e la visita precedenti visite presso altri operatori o presidi sanitari pulizia delle zone lesionate o penetrate cambio degli slip o di altri indumenti minzione, defecazione, vomito o pulizia del cavo orale (secondo le diverse modalità della violenza) assunzione di farmaci vanno segnalati eventuali rapporti sessuali intercorsi prima o dopo l’aggressione per una eventuale successiva corretta attribuzione del profilo genetico dell'aggressore e del partner. Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” Esame obiettivo generale L’esame obiettivo generale è guidato dal racconto. È importante porre una particolare attenzione alle regioni in cui il corpo è stato afferrato. Vanno cercate su tutta la superficie corporea, descritte e possibilmente documentate fotograficamente tutte le lesioni presenti specificandone l’aspetto, la forma e il colore, la dimensione e la sede.Le lesioni più comuni possono essere di tipo contusivo (ecchimosi, escoriazioni, lacerazioni e fratture), dovute all’urto di una superficie corporea con una superficie piana o ottusa oppure essere provocate da un’arma. Le ecchimosi sono lesioni “chiuse” che si manifestano come una discolorazione (il colore varia a seconda dell’epoca di produzione e va da rosso-blu per le più recenti a verdastro, a marrone e infine giallo per le più vecchie) dovuta alla rottura di vasi sottocutanei che provocano una infiltrazione emorragica dei tessuti. La modalità di produzione di tale rottura può essere per compressione (es. un pugno), per suzione (es. “succhiotto” o suggellazione), o per strappo (es. un “pizzicotto”). Variano di dimensioni, a seconda della superficie contundente e possono riflettere la forma dell’oggetto: per esempio, se piccole e tondeggianti possono essere attribuibili a dita, a seguito di afferramento violento o, se più grandi, a pugni, calci o urti contro il suolo. Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” Le escoriazioni superficiali implicano una perdita di sostanza superficiale della cute dovuta all’effetto di frizione in senso tangenziale di una superficie piana o curva contro il corpo. Le escoriazioni profonde raggiungono lo stroma, e la guarigione di queste ultime avviene per seconda intenzione e con esiti cicatriziali. L’irregolarità della superficie e la forza applicata si riflettono nella profondità della lesione nonché nella irregolarità della sua morfologia. Escoriazioni lineari, parallele e superficiali possono rappresentare graffi, mentre vaste escoriazioni su dorso e glutei possono indicare il trascinamento del corpo su una superficie. L’evoluzione delle escoriazioni avviene attraverso la formazione di croste sierose, siero-ematiche e ematiche. Le lacerazioni o ferite lacero-contuse sono solitamente perdite di sostanza lineari a margini irregolari spesso associate a ecchimosi e escoriazioni. Le lacerazioni si distinguono dalle lesioni da taglio (inferte con un’arma bianca) per i margini irregolari e poco netti e per il fondo della lesione, che spesso presenta ponti e briglie. Quando la discontinuazione interessa il tessuto osseo prende il nome di frattura. Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” Le soluzioni di continuo da arma bianca sono lesioni discontinuative, in genere lineari, con margini accostabili, superficiali (ad es. taglio) o più profonde (ad. es da punta o punta e taglio). Nei casi di violenza sessuale le lesioni coinvolgono più frequentemente il capo, il collo e le estremità (tipiche ad esempio le ecchimosi sulla superficie interna delle cosce, dovute alla forzata divaricazione degli arti inferiori). Possono riscontarsi segni di morsicature, sotto forma di ecchimosi o di escoriazioni in base agli elementi dentari rappresentati e alla forza esercitata, o di franche lacerazioni. Nei casi di morsi è possibile, attraverso tamponi, prelevare materiale genetico dell’aggressore o rilevare forma e dimensioni dell’arcata dentaria dell’aggressore, per eventuale comparazione tra la morfologia della lesione e la disposizione degli elementi dentari dell'aggressore. Nei casi di sospette fratture, che spesso possono essere anche pregresse, è necessario ricorrere a radiografie onde documentare il quadro acuto o il carattere evolutivo di una pregressa lesione (callo osseo può permanere anche a distanza di anni). Esame ginecologico Può essere effettuato ad occhio nudo, ma sarebbe meglio utilizzare una lente di ingrandimento. Il colposcopio, sarebbe lo strumento migliore, in quanto permette di evidenziare lesioni anche meno evidenti e di effettuare una documentazione fotografica. Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” Va segnalata la presenza di lesioni recenti (arrossamenti, escoriazioni, soluzioni di continuo superficiali o profonde, aree ecchimotiche, sanguinamento o altro), specificandone la sede (grandi e piccole labbra, clitoride, meato uretrale, forchetta, perineo e ano). L’imene va descritto accuratamente specificando la presenza o meno di incisure e la loro profondità, in particolare va segnalato se raggiungono la base di impianto e la presenza di eventuali lesioni traumatico-contusive recenti. L’esame con speculum deve essere effettuato per la raccolta degli eventuali spermatozoi dal canale cervicale, sede in cui permangono più a lungo, specialmente utile nei casi in cui la donna si sia lavata dopo la violenza. Se indicato, può essere opportuno completare l’esame con una visita ginecologica bimanuale e/o un'ecografia. Prelievi Va effettuato nel corso della visita lo screening delle malattie sessualmente trasmesse tramite tamponi vaginali e/o cervicali per la ricerca di: neisseria gonorrhoeae trichomonas vaginale clamydia trachomatis batteriosi vaginale Va effettuato un prelievo ematico da ripetere a 1-3-6 mesi per : VDRL-TPHA HIV markers per epatite B e C E' obbligatorio procedere al campionamento mediante tamponi per le indagini sul profilo genetico dell'aggressore. In base al tempo trascorso dalla violenza (massimo entro 7-10 giorni) vanno effettuati due tamponi sterili per la raccolta di spermatozoi e materiale genetico dell’aggressore nelle diverse sedi: vulva, fornice vaginale posteriore, canale cervicale, retto, cavo orale. Per ogni sede vanno effettuati due tamponi e il primo dei tamponi va strisciato su un vetrino da fissare con normale fissativo spray per l’esame citologico per la ricerca di spermatozoi. Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” La persistenza degli spermatozoi nelle diverse sedi può variare da 6 ore (cavo orale) a 1-3 giorni (retto e genitali esterni) fino a 7-10 giorni (cervice). In base al racconto, tracce biologiche dell’aggressore possono essere ricercate sulla cute (tampone sterile asciutto e bagnato con soluzione fisiologica sterile) o sotto le unghie della vittima (con scraping subungueale mediante tampone bagnato e asciutto, o meglio tagliandole e conservandole) e possono essere ricercati e raccolti eventuali peli pubici dell’aggressore con pettine nuovo a denti mediamente spaziati. Conservazione dei campioni e delle foto Ogni ospedale, che adotti un protocollo per la violenza sessuale, deve programmare dove verrà raccolto il materiale (compreso eventuali indumenti con tracce biologiche). Tutto il materiale raccolto deve essere conservato presso strutture dotate di freezer a -20°/-80° che garantiscano una corretta conservazione delle prove raccolte e che consentano di rintracciarle con la sicurezza che non vi siano errori di attribuzione (garanzie sulla “catena di custodia”). Le indagini sul profilo genetico dell'aggressore, se richieste dalla Magistratura, dovranno essere effettuate in centri di provata esperienza. Per garantire la corretta “catena di custodia” e, contemporaneamente, tenere conto del fatto che non tutte le violenze sessuali prevedono l'obbligo di denuncia di reato da parte degli operatori sanitari, oltre al fatto che la maggioranza delle vittime non ha intenzione di denunciare la violenza subita, è opportuno che i reperti siano conservati nella struttura ospedaliera o nell'istituto di medicina legale. Qualora queste ipotesi non fossero percorribili i reperti, previo protocollo firmato con la Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario, possono essere consegnati alla sezione di Polizia Giudiziaria della procura di riferimento. Esami tossicologici In base al racconto, possono essere effettuati esami ematici o sulle urine. È importante raccogliere un campione di sangue in provetta sterile eparinizzata (almeno 5 ml) e un campione di urina in contenitore sterile (almeno 30 ml). Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” Solo nei casi in cui siano trascorse più di due settimane dall’evento si potrà prelevare un campione di capelli (50-100 mg equivalente all’incirca allo spessore di una matita) nella regione del vertice posteriore, tagliando il più possibile vicino alla radice. I capelli dovranno essere fissati con un laccetto al fine di evidenziare la zona prossimale ed inseriti in una bustina di plastica o carta da conservare a temperatura ambiente. I campioni dovranno essere raccolti il prima possibile, meglio se entro 24 ore dalla riferita violenza subita. I campioni di sangue intero e urine, raccolti in doppio per ulteriori e più sofisticate ricerche, da effettuare eventualmente in un secondo momento su richiesta dalla Magistratura, verranno conservati in frigorifero alla temperatura di 4°C, e successivamente congelati in un freezer a – 20° e deve essere possibile rintracciarli con la sicurezza che non vi siano errori di attribuzione (garanzie sulla “catena di custodia”). La “catena di custodia” prevede: alla paziente va assegnato un codice alfanumerico, da riportare sulle provette e sugli indumenti, e nella cartella clinica di pronto soccorso, che garantirà la riconoscibilità del campione in sede di eventuale successiva analisi. In alternativa indicare sulle provette i dati anagrafici completi della vittima; il personale sanitario, responsabile della custodia e della corretta conservazione del campione fino alla consegna, è tenuto a compilare, timbrare e firmare il foglio di accompagnamento; la trasmissione del campione al luogo di conservazione prevede comunque il rilascio della ricevuta di consegna da parte di chi la riceve e che diventa il responsabile della corretta archiviazione; la copia della ricevuta va conservata nella cartella clinica di pronto soccorso cartacea o scannerizzata se la cartella è informatizzata; le foto delle lesioni, devono essere effettuate apponendo alla parte anatomica vicina alla lesione, un cartellino identificativo con i dati anagrafici della vittima e il numero di scheda clinica. Devono essere archiviate con la scheda clinica di pronto soccorso per una eventuale successiva consegna su richiesta della magistratura. Non è necessaria Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” un'attrezzatura fotografica dedicata, anche le foto del cellulare sono accettabili se il caso è correttamente identificabile e l'immagine viene archiviata nel computer o stampata. Profilassi Profilassi antibiotica Nei casi in cui ci sia un rischio legato alle modalità dell’aggressione o all’identità dell’aggressore e non siano trascorse più di 72 ore dall’aggressione, va prescritta una profilassi antibiotica che copra le diverse possibilità di trasmissione di malattie sessualmente trasmesse. Lo schema consigliato è: AZITROMICINA 1gr. per os o in alternativa TETRACICLINA 100mg. x 2 die x 7 giorni + CEFTRIAZONE 250 mg. i.m. + METRONIDAZOLO 2 gr. per os In presenza di ferite sporche di terra o altro e in base al tempo trascorso dall’ultimo richiamo di antitetanica, può essere prescritta la profilassi. Può essere consigliata la vaccinazione anti-epatite B. Profilassi HIV Il rischio di acquisire l’infezione da HIV da una singola violenza sessuale è da ritenersi, in base ai dati attuali, basso, ma non facilmente quantificabile. Nei casi in cui il rischio di trasmissione è probabilmente alto (aggressore sieropositivo noto o tossicodipendente o con abitudini sessuali ad alto rischio, o proveniente da aree geografiche ad alta prevalenza di questa patologia, in presenza di lesioni genitali sanguinanti, o di rapporti anali o in caso di aggressori multipli) o se la vittima lo richiede, può essere somministrata la profilassi. Va discussa con la paziente la non sicura efficacia della terapia, la sua possibile tossicità renale, ematica, gastrointestinale e neurologica, la comparsa di effetti collaterali importanti, la necessità di controlli regolari durante la terapia. Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” La terapia consigliata consiste in ZIDOVUDINA + LAMIVUDINA + INIBITORE DELLE PROTEASI. Va iniziata il prima possibile, probabilmente al massimo entro 12-24 ore, ma comunque mai oltre le prime 72 ore e continuata per 4 settimane. È consigliabile fare riferimento a un centro specializzato per le malattie infettive che seguirà la paziente per il periodo della terapia e per il follow-up. Intercezione postcoitale Se sono trascorsi meno di 5 giorni è opportuno proporre l’intercezione postcoitale : LEVONORGESTREL 1 cp 1,5m in unica somministrazione se sono trascorse meno di 72 ore Il Levonorgestrel ha un'efficacia del 95% se assunto entro 24 ore dal rapporto che scende al 58% se assunto in 3° giornata. ULIPRISTAL ACETATO 30mg in un'unica somministrazione entro 120 ore. L'uripristal acetato ha un efficacia del 98% se assunto entro 24 ore dal rapporto che scende al 30% se assunto in 5° giornata. Follow-up Dopo aver eseguito tutte le pratiche di emergenza, lo scopo del follow-up è quello di completare gli accertamenti sanitari. Ripetere gli esami infettivologici dopo 1 mese, dopo 3 mesi e dopo 6 mesi. In base alle condizioni psichiche della vittima può essere opportuno consigliare una visita psichiatrica e una psicoterapia. È inoltre fondamentale valutare la situazione sociale della paziente (i suoi bisogni, le risorse personali, la rete di supporto) e le conseguenze della violenza subita, con un invio alla rete territoriale istituita localmente. Infatti è opportuno elaborare un progetto condiviso con la vittima e, sulla base delle sue problematiche, attivare le risorse del Centro Antiviolenza o inviare comunque a una rete esterna. Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” PROTOCOLLI SANITARI PER LA VIOLENZA DOMESTICA Un problema sommerso Gli operatori che si trovano di fronte a una situazione di violenza domestica hanno spesso molte difficoltà nel far emergere il problema e appaiono restii a cercare e riconoscere i segni di un maltrattamento. Altri elementi ostativi allo svelamento della violenza da parte degli operatori sono: la presenza di stereotipi relativi alla vittima, all'aggressore e alla dinamica della violenza la mancanza di consapevolezza del fenomeno e del riconoscimento dei costi sociali e delle conseguenze psicologiche della violenza pensare che non sia un proprio compito intervenire non sapere come intervenire e aiutare la vittima di violenza temere ritorsioni o aggressioni da parte dell'autore della violenza presenza di alcuni meccanismi di difesa psichica di fronte all'evento narrato come ad esempio minimizzare, negare, razionalizzare difficoltà ad essere empatici con la vittima per il suo rifiuto: a denunciare il partner, Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” a interrompere la relazione maltrattante, a aderire a proposte e progetti di uscita dalla violenza. difficoltà a affrontare e gestire i propri sentimenti, evocati da una donna che descrive la violenza subita (“trauma vicario”). Come far emergere il problema Gli operatori sanitari devono avere ben presente che, di fronte a una vittima di violenza domestica, hanno il dovere di intervenire e quindi di: Cercare di far emergere il sommerso Non ignorare i segnali inespressi Essere competenti e professionali L’anamnesi medica deve essere puntuale. È fondamentale individuare se in passato ci sono stati altri accessi al Pronto Soccorso e se si sono già verificati episodi che hanno portato a traumi o ferite. È utile anche indagare la presenza di dolore pelvico cronico o infezioni recidivanti all’apparato genito-urinario (molto frequenti in coloro che hanno subito violenza fisica). Bisogna ricordarsi di chiedere se vi sono stati episodi depressivi, tentativi di suicidio, abuso di sostanze o alcol. L'esame obiettivo deve essere attuato con lo scopo di riconoscere, descrivere accuratamente e trattare le lesioni. E' importante registrare eventuali segni di lesività esogena traumatico-contusiva (ecchimosi, escoriazioni, ferite lacerocontuse, fratture, avulsioni dentali) o da energia termica (ustioni), nonché le cicatrici. Di ogni lesione tegumentaria si dovrà segnalare la sede, il colore, la forma, le dimensioni e le caratteristiche dei margini e, possibilmente, le stesse dovranno essere documentate fotograficamente. Per una descrizione accurata vedere l'esame obiettivo generale riportato nel capitolo sulla violenza sessuale. Anche in questo caso va rispettata la catena di custodia segnalata nel capitolo sulla violenza sessuale. Quali sono gli indicatori inequivocabili di maltrattamento o violenza? Un indicatore spesso misconosciuto è il ritardo nel presentarsi in Pronto Soccorso rispetto al momento del dichiarato “incidente domestico”. Se una Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” donna cade da una scala e ha dolore difficilmente attende molte ore prima di farsi visitare. La commissione dei chirurghi americani che ha redatto il protocollo ATLS – Advanced Trauma Life Support [American College of Surgeons 1978] (adottato in 37 stati in tutto il mondo, tra cui anche l’Italia) ha identificato una sezione specifica per discriminare la violenza domestica. Secondo questo protocollo l’obiettivo è rilevare: 1. le lesioni che non concordano con l’anamnesi 2. la diminuzione dell’autostima, segni di depressione, tentativi di suicidio 3. atti di autolesionismo 4. la rilevazione degli accessi pregressi in pronto soccorso 5. sintomi riconducibili ad abuso di sostanze 6. dichiarazioni di autocolpevolizzazione 7. presenza oppressiva del partner alle visite 8. manipolazione dei colloqui da parte del partner. Al fine di poter effettuare un’adeguata accoglienza ed anamnesi clinica è opportuno, in caso di sospetta violenza domestica: non permettere la presenza di alcuna altra persona, soprattutto se la paziente è adulta rivolgere alla donna domande dirette sul problema della violenza in caso di donna straniera sarebbe opportuno richiedere la presenza di una traduttrice o di una mediatrice culturale (considerare che partner o altri familiari o amici di famiglia potrebbero volutamente tradurre omettendo particolari legati all'episodio di violenza) valutare il rischio di recidiva e di escalation della violenza prima della dimissione, nel dubbio o se il rischio è elevato trattenere la donna in ospedale e contattare la rete territoriale qualora la vittima sia arrivata in ospedale accompagnata da figli minorenni, specialmente se hanno assistito ai maltrattamenti, si rammenta che quando il medico di Pronto Soccorso, rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, evidenzia situazioni di grave pericolo per l’incolumità del minore può trattenerlo in ospedale, a Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” prescindere dalle esigenze cliniche, “per approfondimenti”, ai sensi dell’art. 403 del codice civile. valutare in base alla normativa vigente se sussistano gli estremi per una denuncia di reato all'autorità giudiziaria e in tal caso comunicarlo alla donna, spiegandole il suo diritto di presentare a sua volta querela o di non rispondere durante l'eventuale successiva indagine se non ha intenzione di denunciare le violenze subite. indicare alla paziente prima della dimissione i servizi e i centri antiviolenza del territorio ai quali si può rivolgere per essere aiutata e consegnarle il materiale informativo sul tema della violenza domestica. Se la donna è disponibile può essere utile fissarle direttamente un appuntamento con il centro di riferimento. Come si desume da quanto esposto fino ad adesso, i casi di maltrattamento presentano un alto grado di complessità e richiedono l’intervento di operatori con diverse professionalità. Quindi, è considerata una prassi indispensabile creare una rete tra servizi diversi. Per attuare ciò è necessaria una conoscenza e una mappatura aggiornata delle risorse pubbliche e private presenti sul territorio. Corso FAD “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali”