Comunicato stampa
Nelle staminali cardiache il segreto per riprendersi dopo
un infarto e recuperare dopo un intervento di bypass
Uno studio dei cardiologi dell’Università Cattolica-Policlinico A.
Gemelli di Roma sulla rivista “Circulation” svela perché non tutti i
pazienti si riprendono dopo un infarto: le cellule staminali “riparacuore” non funzionano a dovere. Un giorno queste staminali
potrebbero divenire un bersaglio terapeutico per accelerare il
processo “autoriparativo” cardiaco
Roma, 10 dicembre 2013 – Ricercatori di cardiologia dell’Università Cattolica
del Sacro Cuore– Policlinico A. Gemelli di Roma, insieme a colleghi del
prestigioso Brigham and Women's Hospital e Harvard Medical School di Boston
hanno scoperto che nelle cellule staminali adulte, naturalmente presenti nel
cuore, c’è il segreto per una ripresa ottimale delle condizioni di salute dopo un
infarto; infatti queste cellule ripara-cuore non funzionano altrettanto bene in
tutti i pazienti ed è per questo che in circa un terzo dei casi dopo un intervento
di bypass coronarico non si osserva una ripresa ottimale della funzione cardiaca
e analogamente dopo un infarto o l’inserimento di un pacemaker
biventricolare. Ciò significa che le staminali cardiache possono divenire un
marcatore per predire la prognosi di un paziente reduce da un intervento di
bypass coronarico e, forse, in un prossimo futuro potrebbero divenire anche
bersaglio di nuove terapie per potenziare il naturale processo autoriparativo
del miocardio.
La scoperta è frutto del lavoro di una équipe di ricercatori, fra cui i cardiologi
della Cattolica Domenico D’Amario e Antonello Leone, coordinata dal professor
Filippo Crea, Direttore del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari del
Policlinico A. Gemelli di Roma e dal professor Piero Anversa, direttore del
Center for Regenerative Medicine del Brigham and Women's Hospital e
Harvard Medical School di Boston.
Lo studio è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista “Circulation”.
Dopo un infarto cardiaco o un intervento di bypass coronarico la funzione
cardiaca non migliora nello stesso modo in tutti i pazienti.
“Finora - sottolinea il professor Crea -, non era noto il motivo di queste marcate
differenze nella prognosi di pazienti trattati tutti allo stesso modo. I ricercatori
hanno studiato 38 pazienti – tutti uguali per età, per stato generale di salute, e
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per quel complesso di fattori che possono influenzare la prognosi – sottoposti a
intervento di bypass coronarico. Durante l’operazione i ricercatori hanno
eseguito una minuscola biopsia cardiaca e isolato le cellule staminali cardiache in
essa presenti. Poi hanno caratterizzato queste cellule staminali e misurato il loro
“potere replicativo”, cioè la loro efficienza nel moltiplicarsi e generare nuove
cellule cardiache. “In questa maniera – spiega il professor Crea – abbiamo visto
che c’era una chiara associazione tra efficienza replicativa delle staminali
cardiache e miglioramento della funzione cardiaca dopo bypass. Laddove queste
cellule si moltiplicano in modo efficiente la ripresa contrattile del cuore dopo
l’intervento era eccellente”.
Questo significa che le cellule staminali cardiache possono divenire un
biomarcatore per predire quali pazienti avranno un miglioramento della funzione
cardiaca. “In futuro - conclude il professor Crea - queste cellule staminali riparacuore potrebbero anche diventare un importante bersaglio terapeutico,
utilizzando farmaci capaci di ‘risvegliarle’ quando sono assopite”.
“Le proprietà della crescita delle staminali cardiache umane residenti potrebbero
divenire in futuro predittivo della prognosi clinica di altre malattie cardiache commenta il professor Anversa. E ancora più importante, potremmo esser in
grado un giorno di isolare e moltiplicare per terapie la piccola parte di staminali
giovani e funzionanti, per poi sviluppare dei nuovi trattamenti sperimentali per lo
scompenso cardiaco''.
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