Deformazioni di algebre di Lie

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Deformazioni di algebre di Lie
Lucio Guerra
Dipartimento di Matematica e Informatica, Università di Perugia,
via Vanvitelli 1, 06123 Perugia. Rapporto Tecnico n. 16-2004.
Una rapida introduzione alla teoria delle deformazioni delle algebre di Lie, con
l’obiettivo di evidenziare alcuni aspetti geometrici. Questi appunti sono il risultato di un seminario di studio e di ricerca, svolto negli anni 1999-2001 con il
supporto del gruppo di Geometria del Dip. Mat. Inf. di Perugia.
1
La varietà delle algebre di Lie
1.1 Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n su un campo. Lo
spazio dei prodotti antisimmetrici in V si identifica con Hom(V ∧
V, V ). Un prodotto antisimmetrico α che soddisfa la proprietà di
Jacobi
α(a, α(b, c)) + α(b, α(c, a)) + α(c, α(a, b)) = 0
(identicamente in a, b, c) si dice un prodotto di Lie e la struttura
A := (V, α) si dice un’algebra di Lie.
Questa proprietà è una condizione polinomiale quadratica su α,
che scriveremo nella forma p(α) = 0 dove p indica l’applicazione
polinomiale Hom(V ∧ V, V ) → Hom(V ∧ V ∧ V, V ).
Nello spazio affine Hom(V ∧ V, V ) è cos definito uno schema
che parametrizza le algebre di Lie su uno spazio vettoriale fissato.
Denoteremo questo schema con il simbolo L(V ).
Un isomorfismo V ∼
= L(V ′ ).
= V ′ induce un isomorfismo L(V ) ∼
Possiamo usare il simbolo Ln quando non è necessario ricordare il
particolare spazio vettoriale.
1.2
Il gruppo lineare GL(V ) agisce su Hom(V ∧ V, V ) e su L(V )
1
con l’azione
g · α =: α′ tale che α′ (ga, gb) = gα(a, b)
che produce un isomorfismo g : (V, α) → (V, α′ ). Questa azione è
lineare. L’orbita di α ∈ L(V ) sarà indicata con il simbolo L(V, α),
oppure con Ln (α). Si ha una biiezione
L(V )
GL(V )
↔
algebre di Lie di dimensione n
modulo isomorfismi
Il quoziente non è in generale una varietà algebrica, e nemmeno uno
spazio separato, come si vede già nel caso n = 2. Questo si studia
con Geometric Invariant Theory.
1.3 Mediante coordinate. Fissata in V una base e1 , . . . , en , un
prodotto α è determinato dai coefficienti tali che
X
α(ei , ej ) =
cijk ek
k
che si dicono costanti di struttura del prodotto. Soddisfano cijk +
cjik = 0. La proprietà di Jacobi equivale al sistema di equazioni
quadratiche
X
cijk cpkq + cjpk cikq + cpik cjkq = 0
k
una per ogni fissata quaterna i, j, p, q.
1.4 Esempio, in dimensione 3. È possibile semplificare la numerazione delle coordinate. Ponendo α(e1 , e2 ) =: f3 , α(e2 , e3 ) =:
f1 , α(e3 , e1 ) =:
P f2 , il prodotto′ α si rappresenta con la matrice A
tale che fi =
aij ej . Posto A := cof (A), la matrice dei cofattori,
allora
p(α) = 0 ↔ A′ simmetrica
Si tratta di tre equazioni quadratiche in A. Se A è invertibile allora
A′ simmetrica ↔ A simmetrica. Di conseguenza la varietà L3 è
unione delle sottovarietà
S : A simmetrica
S ′ : det A = 0, A′ simmetrica
Più precisamente si vede che lo schema L3 è unione dei due sottoschemi definiti dalle equazioni indicate. È chiaro che S è una varietà
lineare di dimensione 6. Si può dimostrare che S ′ è anche irriducibile
di dimensione 6.
2
2
Deformazioni
Sia α ∈ Ln e sia A := (V, α) la corrispondente algebra di Lie.
2.1 Se il campo base K è il campo reale o complesso, una applicazione analitica K → Ln tale che 0 7→ α si dice una deformazione
analitica del prodotto α, oppure dell’algebra A. Per ogni t ∈ K si ha
un prodotto di Lie αt e quindi si ha una algebra di Lie At = (V, αt ).
Considerata come una applicazione analitica K → Hom(V ∧
V, V ), questa si rappresenta con una serie convergente che scriveremo
αt = α + tα1 + . . . + tk αk + . . .
dove ogni αk ∈ Hom(V ∧ V, V ). Più in generale una serie formale αt che soddisfa l’equazione p(αt ) = 0 dello schema Ln si dice
una deformazione formale di α. Le deformazioni formali si possono
trattare su un campo base qualsiasi.
Una curva algebrica C ⊂ Ln contenente il punto α si può chiamare una deformazione geometrica. Allora esiste una deformazione
formale di α che soddisfa le equazioni della curva C. Se il campo base è reale o complesso allora esiste una serie convergente che
soddisfa le equazioni della curva.
2.2 Se il campo base è reale o complesso, una applicazione analitica
K → GL(V ) tale che 0 7→ 1 determina una deformazione analitica
di α. Per ogni t si ha un automorfismo gt ∈ GL(V ) e quindi un
prodotto di Lie αt′ := gt · α. Una deformazione di questo tipo si dice
banale.
Considerata come una applicazione analitica K → End(V ), questa si rappresenta con una serie
gt = 1 + tg1 + . . . + tk gk + . . .
dove gk ∈ End(V ). Più in generale una deformazione formale del
tipo αt′ := gt · α dove gt è una serie formale come sopra si dice una
deformazione banale.
Due deformazioni legate da una relazione del tipo αt′ = gt · αt si
dicono equivalenti. Una deformazione banale è una equivalente alla
deformazione costante.
2.3 Una deformazione formale αt per definizione soddisfa l’equazione αt (a, αt (b, c)) + αt (b, αt (c, a)) + αt (c, αt (a, b)) = 0. Nella se3
rie a sinistra i coefficienti delle potenze tk devono essere nulli. Si
ottengono cos le equazioni
X
αi (a, αj (b, c)) + αi (b, αj (c, a)) + αi (c, αj (a, b)) = 0
i+j=k
al variare di k. Queste si dicono equazioni di deformazione.
Per k = 0 si ha l’identità di Jacobi per α0 = α. Per k = 1 si ha
l’equazione
α1 (a, α(b, c)) + α1 (b, α(c, a)) + α1 (c, α(a, b))+
α(a, α1 (b, c)) + α(b, α1 (c, a)) + α(c, α1 (a, b)) = 0
3
Coomologia
Sia A una algebra di Lie sul campo K. Sia M un A-modulo. La
moltiplicazione scalare [a, m] per definizione soddisfa [a, [b, m]] −
[b, [a, m]] = [[a, b], m]. Si introduce la notazione [m, a] := −[a, m].
Allora la definizione significa che si ha un omomorfismo A → End(M)
di algebre di Lie. Introduciamo la coomologia di A a valori in M.
3.1 Una p-cocatena è una applicazione f : A× ...p ×A → M multilineare su K e antisimmetrica. Lo spazio delle cocatene si denota
C p (A, M).
Il cobordo è l’applicazione δ p : C p (A, M) → C p+1 (A, M) tale che
f 7→ δ p f è definita da
P
i+1
(δ p f )(a1 , . . . , ap+1 ) =
[ ai , f (a1 , . . . , âi , . . . , ap+1 ) ] +
i (−1)
P
+ i<j (−1)i+j f ( [ai , aj ], a1 , . . . , âi , . . . , aˆj , . . . , ap+1 )
La successione dei cobordi è un complesso di coomologia. Si definiscono allora lo spazio dei cocicli Z p (A, M), lo spazio dei cobordi
B p (A, M), e infine lo spazio di coomologia
H p (A, M)
In particolare, considerando l’algebra A come modulo su sè stessa,
si ha uno spazio di coomologia H p (A, A).
3.2 Per p = 0 si ha C 0 = M, C 1 = Hom(A, M), e il cobordo
m 7→ δm è dato da (δm)(a) = [a, m]. Per definizione B 0 = 0. Di
4
conseguenza H 0(A, M) = {m ∈ M : [A, m] = 0}. In particolare
H 0 (A, A) è il centro dell’algebra A.
Per p = 1 si ha C 1 = Hom(A, M), C 2 = Hom(A ∧ A, M), e il
cobordo f 7→ δf è dato da
(δf )(a, b) = [a, f b] − [b, f a] − f [a, b]
Per p = 2 il cobordo è dato dalla formula
(δf )(a, b, c) = [a, f (b, c)] − [b, f (a, c)] + [c, f (a, b)]
−f ([b, c], a) + f ([a, c], b) − f ([a, b], c)
4
Infinitesimali
La coomologia è collegata con le deformazioni. Supponiamo che il
campo K sia algebricamente chiuso, di caratteristica 0.
4.1 Sia αt = α+tα1 +. . . una deformazione dell’algebra A = (V, α).
Nelle formule per la coomologia il prodotto α(a, b) è scritto [a, b].
Allora si vede che la prima delle equazioni di deformazione (v. 2.3,
k = 1) si scrive δα1 = 0 (v. 3.2, p = 2). La derivata iniziale di una
deformazione è un cociclo α1 ∈ Z 2 (A, A).
Se αt = gt · α con gt = 1 + tg1 + . . . è una deformazione banale
allora α1 = δg1 . La derivata iniziale di una deformazione banale è
un cobordo α1 ∈ B 2 (A, A).
4.2 Lo spazio tangente allo schema Ln nel punto α corrispondente
all’algebra A è lo spazio dei 2-cocicli
Tα (Ln ) = Z 2 (A, A)
Dim. Lo spazio tangente è lo spazio annullato dal differenziale dα p
dove p è l’applicazione che compare nella equazione di Jacobi. Il
differenziale calcolato nel vettore α1 è il coefficiente di t nella serie
formale p(α + tα1 ). Compare nella prima equazione di deformazione
e si è visto che coincide con il cobordo δα1 .
4.3 Lo spazio tangente all’orbita Ln (α) nel punto α corrispondente
all’algebra A è lo spazio dei 2-cobordi
Tα (Ln (α)) = B 2 (A, A)
5
Dim. L’applicazione GLn → Ln (α) è liscia, di conseguenza l’applicazione tangente T1 (GLn ) → Tα (Ln (α)) è suriettiva. D’altra parte
si è visto all’inizio che l’immagine di T1 (GLn ) → Tα (Ln ) = Z 2 (A, A)
coincide con B 2 (A, A).
4.4 Se H 2 (A, A) = 0 l’orbita Ln (α) è aperta e lo schema Ln è non
singolare nei punti dell’orbita.
Dim. Nel punto α lo spazio tangente a Ln coincide con lo spazio
tangente a Ln (α), quindi lo schema Ln è non singolare nel punto
e l’orbita Ln (α) è l’unica componente di Ln contenente α. Questo
implica che l’orbita è aperta.
5
Rigidità
5.1 Si dice formalmente rigida un’algebra A le cui deformazioni
formali sono formalmente banali. Ha senso anche parlare di algebre
analiticamente rigide. Si dice geometricamente rigida un’algebra per
cui l’orbita Ln (α) è un aperto di Zariski, cioè la chiusura Ln (α) è
una componente irriducibile di Ln .
I vari concetti sono collegati. Si dimostra che la rigidità formale
implica la rigidità analitica e questa implica la rigidità geometrica.
In caratteristica 0, la rigidità geometrica implica viceversa la rigidità
formale.
5.2 Sia αt = α + tα1 + t2 α2 + . . . una deformazione dell’algebra
A. Se la deformazione è banale si è visto che [α1 ] = 0 in H 2 (A, A).
Viceversa se α1 = δg1 allora usando gt = 1 − tg1 si ottiene una
deformazione equivalente αt′ = gt · αt tale che α1′ = 0. Possiamo
allora supporre che α1 = 0.
Si parte dalla seguente osservazione. Se α1 = 0 e se α2 = δg2
allora usando gt = 1 − t2 g2 si ottiene una deformazione equivalente
αt′ che soddisfa α1′ = α2′ = 0.
5.3 Se H 2 (A, A) = 0 allora A è formalmente rigida. Si è visto in
4.4 che A è geometricamente rigida (K algebricamente chiuso, di
caratteristica 0).
Dim. Al passo r si costruisce un endomorfismo gr tale che la de(r)
(r−1)
(r)
formazione equivalente αt = αt
· (1 − tr gr ) soddisfi α1 =
6
(r)
. . . =Qαr = 0. Si costruisce una serie formale prodotto infinito
gt = r (1 − tr gr ). Allora la deformazione equivalente gt · αt coincide con la deformazione costante α. Quindi αt è una deformazione
banale.
5.4 È il punto per ricordare il lemma di Whitehead. Siano l’algebra A e l’ A-modulo M entrambi di dimensione finita sul campo
base di caratteristica 0. Se A è un’algebra semisemplice allora
H 1 (A, M) = H 2 (A, M) = 0
6
Ostruzioni
6.1 Dato un cociclo α1 ∈ Z 2 (A, A) cerchiamo una deformazione
αt = α + tα1 + . . . che abbia α1 come derivata iniziale. Si tratta
di risolvere le successive equazioni di deformazione (v. 2.3). La
seconda equazione (k = 2) si scrive
α1 (a, α1 (b, c)) + α1 (b, α1 (c, a)) + α1 (c, α1 (a, b)) = −δα2
Il lato sinistro è sempre un 3-cociclo, la cui classe dipende solo dalla
classe di α1 .
6.2 Si definisce una operazione bilineare sulle 2-cocatene a valori
3-cocatene
¯ g (a, b, c) := −f (a, g(b, c)) − f (b, g(c, a)) − f (c, g(a, b))
f∧
¯ g è un cociclo, la cui classe dipende
Se f, g sono cocicli allora f ∧
solo dalle classi di f, g. Si ha cos una applicazione quadratica
H 2 (A, A) → H 3 (A, A)
¯ f.
data da f 7→ f ∧
6.3 Con questa notazione la seconda equazione di deformazione si
scrive
¯ α1 = δα2
α1 ∧
Di conseguenza esiste il termine α2 per la deformazione che si cerca
¯ α1 ] = 0 in H 3 (A, A). Questa classe è
se e soltanto se la classe [α1 ∧
7
la prima ostruzione alla deformazione. Supponiamo allora superata
la prima ostruzione.
6.4
La terza equazione di deformazione (k = 3) si scrive
¯ α2 + α2 ∧
¯ α1 = δα3
α1 ∧
¯ α1 = δα2 allora il lato sinistro è un 3-cociclo, la cui classe
Se α1 ∧
dipende non soltanto dalla classe di α1 ma anche dalla particolare scelta di α2 . Inoltre si può dire che esiste il termine α3 per
¯ α2 +
la deformazione che si cerca se e soltanto se la classe [α1 ∧
3
¯
α2 ∧ α1 ] = 0 in H (A, A). Questa classe è una seconda ostruzione
alla deformazione.
6.5 Il procedimento continua. La k-esima equazione di deformazione si scrive
¯ α1 = δαk
¯ αk−1 + α2 ∧
¯ αk−2 + . . . + αk−1 ∧
α1 ∧
Se l’ostruzione al passo k−1 è superata allora il lato sinistro dell’equazione è un 3-cociclo, la cui classe si dice ostruzione al passo k. Allora
esiste il termine αk se e soltanto se l’ostruzione al passo k è 0. Notare
che la successione delle ostruzioni non è determinata.
Si deduce che se H 3 (A, A) = 0 allora ogni cociclo α1 ∈ Z 2 (A, A)
è la derivata iniziale di una deformazione αt .
6.6 Se H 3 (A, A) = 0 lo schema Ln è non singolare nel punto α.
(K algebricamente chiuso, di caratteristica 0.)
Dim. I cocicli che sono derivata di una deformazione formano il
supporto del cono tangente allo schema Ln nel punto α che corrisponde all’algebra A. La dimensione del cono tangente coincide con
la dimensione dello schema nel punto. Il cono tangente è contenuto
nello spazio tangente. Inoltre la dimensione dello schema coincide
con la dimensione dello spazio tangente se e solo se lo schema è non
singolare nel punto.
6.7 Se H 2 (A, A) → H 3 (A, A) è iniettiva l’orbita Ln (α) è aperta.
Inoltre: se H 2 (A, A) = 0 lo schema Ln è non singolare nel punto α;
se H 2 (A, A) 6= 0 lo schema Ln è non ridotto in α. (K algebricamente
chiuso, di caratteristica 0.) Questa osservazione è utilizzata in [3]
per verificare che in certi punti lo schema è non ridotto.
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Dim. Se l’applicazione sopra è iniettiva, nel punto α il cono tangente a Ln coincide con lo spazio tangente a Ln (α). Questo implica
che l’orbita è aperta. Se lo spazio tangente a Ln coincide con lo
spazio tangente a Ln (α) lo schema Ln è non singolare nel punto.
Altrimenti Ln è singolare nel punto, quindi non ridotto.
6.8 Nota sul cono tangente. Il cono tangente a una varietà affine V in un
punto p è lo schema definito dall’ideale generato dalle forme iniziali Lp (f ) dei
polinomi f nell’ideale di V . Ha dimensione = dimp V , coincide con lo spazio
tangente se il punto è non singolare, se il punto è singolare in generale non è
uno schema ridotto. Se il campo base è C, il supporto del cono tangente è il
luogo dei vettori velocità di cammini analitici in V uscenti da p. Questo si trova
per esempio nei lavori di Whitney. Coincide con il luogo dei vettori velocità
dei cammini formali in V uscenti da p. Questo si ottiene mediante il teorema
di Artin sulla approssimazione delle soluzioni formali di equazioni analitiche.
Quest’ultima descrizione è valida più in generale per un campo algebricamente
chiuso di caratteristica 0, come si trova enunciato in [3].
6.9 Esempio, in dimensione 3. Per l’algebra abeliana lo spazio dei
2-cocicli ha dimensione 9. Per l’algebra di Heisenberg [e1 , e2 ] =
[e1 , e3 ] = 0, [e2 , e3 ] = e1 , lo spazio dei 2-cocicli ha dimensione 8.
Per l’algebra [e1 , e2 ] = e2 , [e1 , e3 ] = −e3 , [e2 , e3 ] = 0, si calcola
che la dimensione è 7. Questi sono punti singolari dello schema L3 .
Tutti i punti nelle loro orbite sono anche singolari.
Usando la classificazione delle algebre di Lie di dimensione 3 e
il calcolo dello spazio dei 2-cocicli per le algebre in forma canonica,
si può dimostrare che queste tre orbite esauriscono il luogo singolare. Si può dimostrare che infatti le tre orbite costituiscono il luogo
singolare della componente S ′ (queste informazioni sono fornite da
Roberta Basili).
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Riferimenti bibliografici
[1] M. Gerstenhaber, S.D. Schack: Algebraic cohomology and deformation theory. In: Deformation theory of algebras and structures and applications (Il Ciocco, 1986), 11–264, NATO Adv.
Sci. Inst. Ser. C Math. Phys. Sci., 247, Kluwer Acad. Publ.,
Dordrecht, 1988.
[2] A.L. Onishchik, E.B. Vinberg (Eds.): Lie Groups and Lie Algebras III. Encyclopaedia of Mathematical Sciences, Vol. 41,
Springer-Verlag, 1994.
[3] G. Rauch: Effacement et dformation. Annales de l’institut
Fourier, 22 no. 1 (1972), p. 239-269
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