Mini dispensa sugli argomenti di Pedagogia anno scolastico2010/11 A cura della prof.ssa Elena della Vella L'apprendimento L'apprendimento è una modificazione, un cambiamento nel nostro modo di comportarci e di vivere maturato attraverso l'esperienza. Ogni esperienza ci modifica. Quattro sono gli studiosi che si sono interessati allo studio dell' apprendimento: 1 Skinner--> apprendimento semplice (per i suoi esperimenti usava i topi) 2 Thordike--> apprendimento "per tentativi ed errori" (per i suoi esperimenti usava i gatti) 3 Koler--> apprendimento cognitivo "insight" (usava le scimmie per i suoi esperimenti) 4 Pavlov--> apprendimento dei "riflessi condizionati" (usava i cani per i suoi esperimenti Skinner Skinner utilizzava ratti e piccioni. Fu l'inventore dello "skinner box" una gabbia che conteneva dei sistemi programmati di rinforzo (rinforzo positivo o negativo) Skinner fece apprendere ai ratti che dovevano pigiare o tirare una leva. I rinforzi potevano essere Positivi (nel qual caso al topo sarebbe arrivato del cibo) o Negativi (nel qual caso le condizioni ambientali della gabbietta sarebbero peggiorate) La legge di Skinner (legge dell'acquisizione) La forza di un comportamento operante aumenta tutte le volte che il comportamento è seguito dalla presenza o della scomparsa di uno stimolo rafforzante. Thordike Thordike sosteneva che essendo l'organismo fondamentalmente attivo e dinamico quando è posto in una situazione problematica reagisce come gli è possibile. Costruì una gabbia particolare chiamata Puzzle Box, dentro vi metteva un gatto affamato e fuori vicino alla gabbia metteva il cibo. Il gatto attraverso tentativi ed errori doveva spostare un chiavistello per uscire. L'animale compiva una serie disordinata si azioni, saltava, graffiava, mordeva finchè non riusciva per caso ad aprire la gabbia quindi a sfamarsi. La legge di Thordike (legge dell'effetto) Le risposte seguite da conseguenze soddisfacenti formano nuove abitudini di comportamento e rimangono impresse; mentre quelle seguite da conseguenze insoddisfacenti vengono cancellate. 1 Koler Koler nella sua gabbia introduce una scimmia e svariati utensili e sul soffitto appende delle banane. La scimmia per prenderle ha bisogno di un INSIGHT cioè un atto d'intelligenza, un'idea. La scimmia si trova davanti a delle situazioni: 1) Il soggetto deve trovarsi davanti ad una difficoltà 2) Il problema deve trovasi ad una fascia adeguata di difficoltà (nè troppo facile nè troppo difficile) 3) Il soggetto deve conoscere gli elementi per risolvere il problema Come risolvere il problema? - Rendersi conto che c'è un problema - Fermarsi a pensare, stabilire qual è il problema - Decidere un obiettivo (quello che desideri che avvenga) - Pensare a molte possibili soluzioni - Pensare alle conseguenze di ciascuna soluzione - Scegliere la soluzione migliore - Fare un piano per attuare la soluzione Pavlov Inizialmente i suoi esperimenti vertevano sulla secrezione della saliva del cane. Sottoponendoli a interventi chirurgici per deviare la saliva e poterne studiare. Una volta che i cani si erano ristabiliti dall'intervento venivano imbracati e legati a supporti chiamati "torri del silenzio". Mentre conduceva le indagini sul funzionamento delle ghiandole digestive fa alcune osservazioni che lo inducono allo studio dei Riflessi condizionati. Il cane produce saliva con il cibo davanti stimolo incondizionato questo stimolo provoca nel cane una risposta incondizionata(la saliva). Un altro stimolo ad esempio una campanella non farà salivare il cane, questo è chiamato stimolo neutro. Ma se lo stimolo neutro (la campanella) viene accostato allo stimolo incondizionato (il cibo) non è più neutro ma sarà condizionato che spingerà il cane a una risposta condizionata. In pratica: Pavlov portava del cibo al cane che inevitabilmente alla sua vista salivava, in seguito alla pietanza accostò il suono della campanella, il cane si abitua quindi a sentire la campanella prima di mangiare. Infine il cane saliverà anche solo al sentire della campanella poichè associa quel suono all'arrivo del cibo anche se nel suo campo visivo di cibo non ce n'è. Educazione ed apprendimento Non esiste possibilità di educare senza una corrispondente capacità di apprendere: per cui alla base del discorso educativo sta la riflessione sull'apprendimento. Per gli esseri umani l'apprendimento è un evento direttamente collegato con la sopravvivenza che coinvolge globalmente ogni organismo. Dalla sua efficacia dipende l'effettiva possibilità di adattamento ai mutamenti dell'ambiente. La nostra specie ha però affiancato all'apprendimento un processo in parte speculare, quello dell'insegnamento. L'insegnamento consiste in una serie di comportamenti realizzati da individui esclusivamente allo scopo di far apprendere qualcosa ad altri individui. L'insegnamento ha 2 per gli esseri umani una base naturale, dimostrato dal fatto che si produce spontaneamente fra adulti e bambini. Allo stesso tempo però l'insegnamento assume presto le caratteristiche "artificiali" di un processo razionalmente diretto e programmato per ottenere la massima efficacia di apprendimento. Tale efficacia è condizionata dalla capacità dell'insegnamento di corrispondere ai meccanismi naturali dell'apprendimento: tanto più l'insegnamento "segue" le modalità dell'apprendimento spontaneo, tanto più ha garanzie di produrre effettivamente apprendimento. Tuttavia è inevitabile che l'attività che l'attività dell'insegnare comporti comunque qualche cosa che va al di là delle modalità naturali dell'apprendimento. Quindi l'insegnamento produce in un altro senso un altro tipo di apprendimento, in qualche modo "artificiale". Il rapporto fra insegnamento e apprendimento spontaneo, o meglio ancora fra apprendimento spontaneo e apprendimento artificiale, è così una delle più grandi questioni della riflessione pedagogica. L'efficacia dell'insegnamento e dell'attività formativa in genere dipendono però anche dal potenziale formativo coinvolto. * Per potenziale formativo si intende l'identificazione di quanto nell'uomo può essere sviluppato mediante l'educazione, oppure di quanto determinate agenzie o azioni possono produrre nell'ambito educativo. * Per educazione si intende un' attività per mezzo della quale gli uomini cercano di promuovere la personalità di altri uomini sotto un qualche aspetto. Il termine viene spesso usato anche in contrapposizione ad istruzione per indicare la sollecitazione allo svolgimento "naturale" e globale della personalità ovvero la formazione degli aspetti socioaffettivi di essa. * L'apprendimento è l'insieme dei processi psichici che consentono di acquisire in modo durevole abitudini, conoscenze e competenze anche molto complesse. La personalità Per il senso comune è scontato che ci sia la personalità e che ogni individuo abbia la propria. Altri psicologi, riprendendo temi della tradizione filosofica e basandosi su considerazioni rigorosamente empiriche e sperimentali, hanno scosso dalle fondamenta la nozione di personalità con dubbi e obiezioni. Parlare di personalità vuol dire supporre che i vari aspetti psicologici dell’individuo facciano parte di un sistema unitario, che siano componenti di una fisionomia che matura e evolve tutta assieme. Di un individuo la psicologia è in grado di studiare il concetto di sé, l’autostima, gli atteggiamenti, ecc. ed è discutibile che queste ed altre dimensioni specifiche siano tutte interconnesse. Non disponiamo di dati a riprova del fatto che le varie caratteristiche psicologiche formino complessi individuali unitari. La comune nozione di personalità è un’euristica di social cognition, un espediente cognitivo per cavarsela nella conoscenza degli altri. È difficile credere che una nozione euristica abbia consistenza, proprio perchè le nozioni euristiche sono costruzioni strumentali e più che rispecchiare la realtà, la semplificano e la trasformano in funzione delle esigenze di chi deve conoscere, orientarsi e prendere decisioni. Le indagini sulla 3 coerenza longitudinale dei caratteri sono tese a vedere se certi tratti psicologici restano stabili o cambiano con l’età; le indagini sulla coerenza trans-situazionale verificano se le persone cambiano da un contesto all’altro, a seconda di ciò che fanno, delle condizioni ambientali e del momento. La teoria interazionista considera la personalità una considerazione psico-sociale, che si forma e si mantiene continuamente, come il sé, nel rapporto dell’individuo con l’ambiente sociale. Teorie classiche della personalità: 1. Teorie tipologiche: sono di tipo descrittivo. È una concezione basata sul presupposto che esistano tipi psicologici, categorie cui gli individui si possono classificare, caratterizzate dal fatto che vi dominano certi modi di fare o certe fisionomie mentali, affettive, sociali. La più nota teoria tipologica è del medico america Sheldon che collega conformazione fisica e tipo psicologico. Sheldon individua 3 tipi fondamentali di conformazione fisica, e quindi tre tipi di carattere. Le persone a seconda delle loro corporatura vengono trattate diversamente dagli altri. 2. Teorie dei tratti: sono di tipo descrittivo. Un tratto è una caratteristica interiore duratura. Esistono diversi tipi di tratti: -tratti fondamentali: radicati nell’individuo e costanti; -tratti di superficie: variabili a seconda delle circostanze; -tratti comuni: riscontrabili un po’ in tutti; -tratti individuali: tipici di un dato individuo. Allport studiò altri tipi di tratti: -tratti cardinali: investono e pervadono l’intera personalità; -tratti centrali: caratterizzano l’individuo e sono costanti; -tratti secondati: più di superficie e meno caratterizzanti. Cattel successivamente individuò ancora altri tipi di tratti: -tratti dinamici: legati alle motivazioni e all’impegno nelle attività; -tratti di abilità: essenzialmente cognitivi e motori; -tratti di temperamento: emotivi e affettivo-sociali. 3. Teorie psicodinamiche: sono di tipo espositivo. L’idea di fondo è che la psiche dell’individuo è un campo di battaglia tra forze pulsionali irrazionali e forze contrarie tese a far valere la ragionevolezza nel rapporto con la realtà e la società; la personalità è il risultato di questo conflitto psichico. 4. Teorie umanistiche: sono di tipo espositivo. La psiche degli uomini non sono campi di battaglia, ma luoghi di autorealizzazione; l’uomo possiede un potenziale, una ricchezza da portare nell’ambiente e nella vita civile. La personalità è il risultato dell’equilibrio. 5. Teorie comportamentali: sono di tipo espositivo. Chiamano in causa il condizionamento e i rinforzi degli ambienti in cui l’individuo si trova a vivere. 6. Teorie dell’apprendimento sociale: anche loro di tipo espositivo, danno più importanza ai modelli offerti dagli altri e all’imitazione. 4 Esistono diversi tipi di indagine della personalità. Un metodo relativamente semplice è l’osservazione: vedendo come l’individuo si comporta ci facciamo un’idea delle sue caratteristiche psicologiche. Si tratta di un metodo poco attendibile perchè è facile che psicologi diversi esprimano pareri diversi sulla stessa persona. Non arriva ad essere una tecnica da cui ci si può aspettare molto sulla personalità, perchè i comportamenti sono dettati dalle circostanze. I test si dividono in test proiettivi e questionari autodescrittivi. Test proiettivi: tentano di fare emergere la personalità del soggetto stimolando la sua libertà di espressione. Vengono presentati stimoli ambigui e vaghi dando istruzioni brevi e generiche. Tipi di test proiettivi: 1. Rorshach -> Test delle macchie -> Consiste di 10 cartoncini, su ciascuno dei quali è stampata una macchia di inchiostro, composti di due parti speculari e simmetriche, con sfumature e talvolta colori. 2. Test di appercezione tematica TAT -> consiste in 20 tavole, di cui una bianca e 19 contenenti disegni suggestivi. Al soggetto si chiede di costruire un racconto e immaginare una scena per riempire la tavola bianca. 3. Test della figura umana -> il soggetto deve disegnare una persona su un foglio e successivamente ne deve disegnare una di sesso opposto; oltre che sul disegno ci si basa anche sul procedimento seguito, e sui commenti che l’autore fornisce a lavoro finito. I test proiettivi non sono abbastanza validi né attendibili e né affidabili dal punto di vista scientifico. Questionari autodescrittivi: bisogna riconoscere confrontandosi con una serie di affermazione predisposte. Tipi di questionari autodescrittivi: 1. Minnesota MMPI ->consiste in alcune centinaia di domande o di dichiarazioni cui bisogna rispondere vero o falso; è stato elaborato con l’intento di individuare tratti tipici di personalità patologiche; ci sono 10 gruppi di item, ciascuno dei quali concerne uno specifico disturbo psicopatologico; il questionario non consente di diagnosticare con sicurezza disturbi mentali, tuttavia col Minnesota si identificano soggetti che potrebbero avere disturbi mentali; è un test molto limitato e problematico perchè lungo, costruito in riferimento a condizioni patologiche e in un clima storicamente lontano dal nostro. 2. Californian psychological inventory CPI: Contiene 480 item, ma ha il privilegio di indagare dimensioni normali della personalità e di avere un taglio più attuale. È più affidabile e attendibile del Minnesota. Scuola e sviluppo della personalità La scuola è un'agenzia educativa "specializzata" e formalizzata in modo più rigido rispetto alla famiglia: essa tende ad aumentare al massimo la propria consapevolezza rispetto agli obiettivi e alle procedure formative, riceve dalla società dei compiti precisi, si fonda su politiche e teorie pedagogiche. Inoltre è importante come sfondo nella formazione globale dell'individuo. La scuola deve considerare se sia meglio formare personalità autonome ed emancipate, o invece semplicemente condizionate dall'obbedienza delle norme sociali. Nella scolarizzazione, infatti, il bambino viene introdotto ad una socialità allargata in un'istituzione extra familiare in cui le regole di vita comune cominciano ad assumere connotazioni impersonali. Questo significa, ad esempio, che la dimensione del privato tipica delle scelte educative della famiglia, inizia a scomparire. Il bambino non riceve più richieste educative sulla base di regole dipendenti da una scelta effettuata all'interno del conteso immediato di esistenza. 5 Deve piuttosto riconoscere la dipendenza dalle regole da un sistema di rapporti che vanno al di là delle singole intenzioni e persone, per fondarsi su valori "astratti". Con molta più intensità della famiglia, la scuola chiede di compiere una certa azione " perchè è giusta" anche al di là della volontà dell'educatore, chiede ad esempio ad un bambino di rispettare il proprio compagno di attività "perchè è un bambino come lui", al di là della sua identità specifica. Un altro aspetto del contributo della scuola allo sviluppo della personalità sta nella sua appartenenza alla realtà storico - sociale precisa, connessa ad un territorio specifico, a specifici operatori e a gruppi in grado di fare scelte pedagogiche determinate. Tuttavia nella società contemporanea la scuola non può più considerare la propria attività educativa, tanto nel campo della personalità quanto in tutte le altre direzioni come se fosse a se stante ed isolata oppure come se fosse puramente sequenziale rispetto al ruolo di altre agenzie Mente, salute e malattia Il malato psichiatrico; veniva definito il “folle” e considerato in modo diverso nel corso dei secoli. Prima di Freud Nel periodo medioevale vengono considerati non uomini, con caratteristiche simili agli animali, creature demoniache in preda a spiriti maligni che li possedevano; suscitavano paure e venivano bruciati con l’accusa di essere maghi o streghe, oppure costretti a vivere fuori dalle mura della città, abbandonati alle belve o alle intemperie. La paura della folla evocava orrore, paura, intolleranza. Tra il 1600 e la metà del 1700 nascono luoghi in cui i malati psichiatrici venivano reclusi: però non erano luoghi di cura, ma di difesa sociale. Con Freud Toccò a Freud scoprire l’Eziologia del sintomo isterico, cioè la vera causa di disturbi che colpivano soprattutto giovani donne e che creavano problemi di ordine pubblico e sociale. Nel corso del 1800 nasce perciò il manicomio, luogo in cui il “folle” viene riconosciuto come malato a sottoposto a terapie (ricordare l’ospedale psichiatrico a Parigi, la “Salpetriere”, dove Freud conobbe Charcot, che per primo si occupò di “cura del sintomo isterico”). Nel corso del 1900 nascono i primi progetti terapeutici: dall’istituzionalizzazione delle strutture manicomiali, alla nuova concezione della nozione-concetto di normalità. . Concetto di normalità Secondo Bergeret, la nozione di normalità deve tenere in considerazione i seguenti aspetti: Anche nella persona definita “sana” esiste un’area di conflitto psichico: anche chi è 6 sano, può entrare in una “condizione patologica”, ad esempio a fronte di eventi particolarmente traumatici. Dunque la salute e la malattia acquistano un significato di relatività, cioè ci si può ammalare relativamente a eventi contingenti (= che avvengono nel corso della vita). E’ altrettanto vero che è possibile in alcuni casi guarire con cure adeguate. Dunque la normalità e la malattia non sono più concetti assoluti. Il malato è colui che può possedere geneticamente una "propensione alla malattia", ma ad essa si associano le variabili ambientali di tipo socio-culturali ed motive; s’intrecciano quindi fattori biologici (natura), più fattori ambientali (cultura). Il patologico non sempre è il disadattato, cioè colui che non è integrato nella società; infatti, talvolta, succede che alcuni individui “borderline” non siano del tutto esclusi da una vita sociale, ma vivono ai “margini di una vita normale”: vivono, cioè, al confine tra normalità e patologia. Conclusione: La linea di separazione tra normalità e patologia oggi risulta meno rigida. Il problema è quello di stabilire il criterio di valutazione: qual è la normalità? Criterio statistico--> i fenomeni naturali tendono a distribuirsi secondo curve gaussiane (o normali). La forma della curva sarà a “campana” o a “sombrero” perché i valori medi della caratteristica misurata sono i più frequenti e si raccolgono nella parte centrale della distribuzione, mentre i valori estremi sono i meno frequenti e li ritroviamo alle 2 estremità (“code della curva). Se adottiamo il criterio statistico, un fenomeno psicologico, è da considerarsi normale se cade nell’area centrale della curva, patologico quando è in periferia. Cioè è “anormale”, ciò che è infrequente; normale, ciò che è frequente. Ma questo criterio presenta dei limiti: non sempre i fenomeni psicologici infrequenti, sono patologici; a volte sono condizioni di eccellenza. Ad esempio un basso Quoziente Intellettivo (Q. I.) è indice di “deficit intellettivo” (sotto i 70 si parla di “ritardo mentale”); ma per un Q. I. pari a 130 (molto alto e sicuramente all’estremità della curva), sulla base di questo criterio si dovrebbe parlare di “anormalità”. Il metodo statistico, quindi, non sempre è valido, può esserlo ma occorre utilizzarlo con prudenza. Criterio socio-culturale--> un altro modo per stabilire cos’è “desiderabile”, dunque normale, è referirsi a ciò che secondo le norme sociali si ritiene auspicabile. Ad esempio le donne islamiche hanno il capo coperto e questo è “normale” nella loro cultura; verrebbe, invece, giudicato scandaloso e perseguibile per legge se una donna islamica non avesse il capo coperto nel suo paese. Rispetto alla “malattia” una persona è sana quando si conforma alle aspettative della società, è ben integrata e conduce una vita in cui aspetti sociali, economici ed emotivi si integrano e si equilibrano. È la società che determina il “buono o il cattivo” livello di adattamento e dunque la malattia 7 o la salute. Questo criterio ha un fondamento di verità: chi soffre di disturbi psichici, spesso si integra male nel proprio ambiente e, a vari livelli di gravità, è fortemente limitato nel processo di integrazione sociale pregiudica le relazioni con l’ambiente; chi ne soffre, infatti, fugge le occasioni di potenziale sofferenza. Questo approccio socioculturale ha il pregio di chiarire la malattia mentale anche in riferimento ad un determinato contesto socio-culturale o ad un determinato periodo storico: ad esempio le visioni allucinatorie, sono considerate presso molti popoli indiani del nordamerica normali e, anzi, indice di particolari qualità proprie dello sciamano; da noi invece chi ha visioni allucinatorie è considerato malato. Questo criterio ha però un limite: ci sono persone chiaramente malate che apparentemente sono integrate nella società e si conformano alle regole sociali (ciò accade soprattutto per chi soffre di disturbi dell’umore o di ansia). Ci sono invece, persone sane che vanno contro le norme sociali (EX: individui deviati che da un punto di vista psichiatrico sono sani, ma il cui comportamento è chiaramente disturbato). Con il criterio socio-culturale, infatti, si corre il rischio di confondere la patologia psichica con la devianza, l'eccentricità, l'originalità e la genialità. Criterio personale --> un altro modo di definire normalità e patologia è affidarsi a come si sente il soggetto: se sta bene o dice di sentirsi bene, dovrebbe essere sano; al contrario, rientra nella patologia. Limite: è poco affidabile perché a volte pazienti malati dicono di sentirsi bene e viceversa, persone sane, particolarmente sensibili o suggestionabili, scambiano per fenomeni patologici manifestazioni “normali” e comunque non patologiche. Criterio professionale--> vengono considerati come “malati”, in base a questo criterio, quei soggetti con una diagnosi prodotta da specialisti; si usa soprattutto in sede giudiziaria attraverso l’elaborazione di perizi Limite: spesso queste diagnosi vengono fatte da esperti diversi che utilizzano strumenti diversi e, in sede di valutazione diagnostica, i risultati non concordano. Criterio utopico--> si basa sulla considerazione della “normalità” come lo stato ottimale. Sono stati soprattutto gli psicologi di orientamento umanistico esistenziale ad insistere sul concetto di “salute come condizione ottimale da raggiungere”. secondo questi psicologi lo scopo della vita è autorealizzarsi, perciò la salute diventa lo stato in cui l'individuo si realizza al meglio compatibilmente con i condizionamenti ambientali: Allport-->considera fondamentale il concetto di “personalità matura", come espressione di salute mentale. Rogers --> parla invece di “persona pienamente funzionante”. Laing --> considera indicatore di salute il concetto di “persona autentica”. E’ importante secondo questo criterio perseguire come obiettivo condiviso dagli psicologi clinici, la promozione della salute: anzichè semplicemente curare le malattie, occorre promuovere la condizione di benessere. Limite: coinvolge posizioni etiche: ci si attiene a dati scientifici, ma in sede clinica diventa inevitabile lasciarsi coinvolgere a livello 8 sociale, culturale, morale. I risultati sono “connotati nel tempo”: ciò che è sano oggi, lo sarà nel futuro? Criterio sintomatico descrittivo--> sintetizza il metodo di classificazione delle manifestazioni psicologiche sulla base; è quello preferito dagli psicologi comportamentismi e sta alla base dell’impostazione del D.S.M. --> American Psychiatric Association. Confine tra normalità e patologia Oggi si ritiene che non vi sia un netto confine, uno stacco profondo tra salute e malattia. Consideriamo perciò i seguenti aspetti: Il fenomeno degli stadi intermedi --> comprende una vasta gamma di studi che si collocano tra il pieno benessere psichico e le grandi patologie. È possibile che questi disturbi minori, di non grave entità, siano sempre esistiti, ma per fattori socio-culturali venivano “trascurati”; oggi, invece, la maggior attenzione per i malati psichici, che sono meno stigmatizzati (= emarginati) di un tempo, ha indotto a sensibilizzare sia l’opinione pubblica che la comunità scientifica, rispetto alla cura e all’accettazione di questi soggetti. La continuità evolutiva--> tra la normalità e la patologia vi è una linea di continuità che riguarda la storia evolutiva di un individuo che, in periodi particolari, può oscillare da momenti di maggiore serenità, ad altri di acuta sofferenza. Tutto questo è legato a vicende personali (EX: lutti, separazioni…) che conducono il soggetto, in varie fasi della sua vita, ad un cambiamento del suo profilo psicologico, emotivo, socio-culturale La malattia mentale e la struttura della personalità Per definire il concetto di struttura di personalità, occorre riferirsi “all’ approccio” interattivo nella considerazione della malattia mentale, cioè considerarla come un’interazione tra fattori innati e fattori acquisiti; quelli innati appartengono all’eredità e sono legati a debolezza o forza costituzionale, mentre quelli acquisiti riguardano processi di natura relazionale, dai primissimi rapporti con le figure genitoriali, in particolare con la madre (relazione oggettuale primaria). Esistono 2 modelli di organizzazione della personalità, che possono condurre ad un evento patologico: Struttura di tipo nevrotico e Struttura di tipo psicotico In età evolutiva il problema diagnostico è delicato perchè le strutture della personalità non sono ancora consolidate. Soprattutto per gli adolescenti occorre essere cauti nel diagnosticare turbe nevrotiche o psicotiche; si preferisce parlare, invece, di disarmonia evolutiva, termine con cui gli psicologi e gli psichiatri descrivono genericamente una personalità che potrebbe aprirsi ed evolversi verso la patologia; dunque è da “tener sotto controllo”. Infatti, un bambino o un adolescente possono avere manifestazioni ad andamento nevrotico o psicotico, ma siccome la struttura di personalità è ancora in fase di definizione, l 'atteggiamento classificatorio deve lasciare il campo a possibili strade. Solo in condizioni gravi e conclamate (EX: l’autismo) l’intervento psicologico e il “continuo monitoraggio”, devono lasciare spazio ad una serie di strategie che conducano una struttura di personalità in fase evolutiva al miglior adattamento 9 possibile. La struttura di tipo nevrotico Nevrosi --> è una patologia che si presenta in forme più o meno gravi, tuttavia l’organizzazione della personalità si avvale degli stessi meccanismi di difesa che utilizzano le persone “normali”. Questi meccanismi, però, nelle persone nevrotiche sono esasperati. L’ eziogenesi (l’origine) della nevrosi Come osservò Freud nelle sue pazienti isteriche, le cause della nevrosi risultavano connesse a fatti legati alla sfera sessuale, cioè alla fase fallica quindi all’elaborazione distorta del conflitto edipico (3-6 anni). Freud notò che molte pazienti durante le sedute riferivano di traumi sessuali subiti nel periodo infantile (addirittura nella primissima infanzia); poi scoprì che nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di fantasie: il dramma non era reale, ma le fantasie assumevano il significato di un effettivo trauma. Le conseguenze più importanti della risoluzione edipica sono, infatti, l’ identificazione bambino-padre e bambina-madre, che diventano un modello; l’ accettazione della relazione tra il padre e la madre; la formazione del super-io e l’ introiezione della norma morale che proibisce l’incesto. Nel nevrotico questa fase risulta del tutto o parzialmente irrisolta; Il desiderio incestuoso permane e le alternative sono due: O rimane fissato sulle figure genitoriali che vengono investite anche in futuro di connotazioni amorose; Oppure viene spostato su altre figure esterne alla famiglia (EX: il desiderio ossessivo delle donne nell’uomo e viceversa; uomini e donne che non trovano mai un equilibrio affettivo: da infedeli ad oltranza, a gelosi patologici). Nell’adolescenza non è preoccupante una sintomatologia nevrotica, poiché l’adolescente ritorna al periodo edipico anche se gli investimenti libidici non sono più coi genitori, ma con figure esterne alla famiglia che diventano “modelli di riferimento” (EX: amici, fidanzati, adulti autorevoli) 10