Il dibattito sugli indicatori di benessere.

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Indagine conoscitiva sull'individuazione di
indicatori di misurazione del benessere
ulteriori rispetto al PIL
Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati
Audizione del Presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro
On. Prof. Antonio Marzano
Camera dei Deputati, 30 maggio 2012
1
Il dibattito sugli indicatori di benessere.
Già a partire dagli anni ’30 alcuni economisti, tra cui Simon Smith Kuznets, avevano
evidenziato alcuni limiti, in termini di misurazione del benessere della società, del prodotto interno
lordo. Esso infatti non coglie alcuni dei costi della crescita economica e alcune delle interrelazioni
tra cambiamenti strutturali del sistema economico ed altri aspetti della struttura sociale1.
Il PIL, come noto, non considera le attività svolte al di fuori del mercato (come il
volontariato e il lavoro domestico), le esternalità negative sociali e ambientali del sistema
produttivo, non tiene conto degli aspetti distributivi (del reddito, della ricchezza, delle esternalità
negative di tipo sociale e ambientale) e valuta al costo dei fattori l’attività della Pubblica
Amministrazione (con la conseguenza che se aumentano gli sprechi e le inefficienze dell’apparato
pubblico aumenta il PIL), includendo in essa le spese per la difesa.
Kutznets osservava ad esempio che i cambiamenti nelle condizioni di vita conseguenti
all’urbanizzazione, alle migrazioni (interne e internazionali), alla perdita e all’acquisizione di
competenze, ai cambiamenti nella struttura produttiva e alle conseguenze dell’innovazione
tecnologica presentano costi e vantaggi che non sono ancora misurati nelle misure di crescita
economica e che alcuni di questi aspetti non potranno mai esserlo. Osservava, inoltre, che i
cambiamenti provocano conflitti, resistenze e instabilità che rappresentano ostacoli alla crescita e
che a volte hanno portato a soluzioni che rappresentano un onere per le future generazioni.
Nonostante Kuznets avesse messo in evidenza i limiti informativi del PIL già dagli anni ’30
del secolo scorso, è soltanto a partire dagli anni ’80 che si avvia un confronto a livello metodologico
per arrivare a indicatori che ne superino o integrino i limiti.
A partire dal 1990 le Nazioni Unite pubblicano lo Human Development Report che è
definito da una risoluzione dell’Assemblea dell’ONU come “un esercizio intellettuale indipendente
e un importante strumento per aumentare la consapevolezza sul tema dello sviluppo dell’umanità
nel mondo”2.
Elemento caratterizzante di ogni Rapporto a partire dall’edizione del 1993 è l’Indice delle
sviluppo umano (Human Development Index),
Con tale indice si cerca di integrare le informazioni fornite dal PIL pro capite con le
informazioni fornite da un indice di aspettativa di vita e da un indice del livello di istruzione
(distinguendo tra adulti e ragazzi). Nelle edizioni fino al 2009 si utilizzava una media aritmetica dei
tre indici, mentre a partire dall’edizione 2010 si calcola la media geometrica dell’aspettativa di vita
alla nascita, di un indice di istruzione che tiene conto degli anni effettivi e previsti di istruzione e
del reddito nazionale lordo pro capite.
Nei primi anni del 2000, l’OCSE si è impegnata fortemente sul tema della misurazione del
progresso e del benessere, con l’obiettivo di dare risposta alle esigenze dei cittadini e dei decisori
politici di informazioni migliori sul benessere e il progresso della società.
A partire dal 2004, il primo Forum Mondiale su “Statistica, Conoscenza e Politica” tenutosi
a Palermo, ha alimentato un dibattito globale su come andare “oltre il Pil”.
Nel 2007 la Commissione Europea, il Parlamento Europeo, il Club of Rome, l’OCSE e il
WWF hanno organizzato la conferenza “Beyond GDP”.
1
2
Kuznets S. (1971a), (1971b)
Risoluzione dell’Assemblea dell’ONU 57/264
2
In questa conferenza è stato sottolineato il fatto che gli indicatori statistici risultano
particolarmente importanti per delineare e valutare le politiche aventi lo scopo di promuovere il
progresso della società. La scelta di questi indicatori è un passo cruciale, in quanto il “cosa si
misura” influenza il “cosa si fa”.
Il PIL è il principale protagonista di tale dibattito. Misura quantitativa dell’attività
macroeconomica, esso ha assunto negli anni il ruolo di indicatore dell'intero sviluppo economicosociale e del progresso in generale. Tuttavia, dati la sua natura e il suo scopo, esso non può
costituire la chiave di lettura di tutte le questioni oggetto di dibattito pubblico, non potendo fornire
indicazioni su aspetti come, tra gli altri, l’inclusione sociale, la disuguaglianza, l’inquinamento o la
percezione del benessere soggettivo da parte dei cittadini. Può succedere, ad esempio, che il PIL
cresca, ma che i dati associati a questi aspetti peggiorino.
Sempre nel 2007, Con la “Dichiarazione di Istanbul”, in occasione del secondo Forum
Mondiale OCSE e con il lancio del “Progetto Globale sulla misura del progresso delle società”
sempre più paesi hanno cominciato a guardare a questo tema con l’attenzione necessaria, avviando
iniziative di carattere metodologico e politico.
Nel 2008, su decisione del Presidente francese Nicholas Sarkozy, è stata istituita la
Commissione sulla misura del risultato economico e del progresso sociale sotto il coordinamento
dei premi Nobel Joseph Stiglitz, Amartya Sen e dell’economista Jean-Paul Fitoussi3.
La Commissione ha sottolineato la necessità di spostare l’attenzione dalla misura della
produzione di un’economia alla misura del benessere delle persone definito in una accezione
multidimensionale: condizioni di vita materiali (reddito, ricchezza, consumo); salute, istruzione,
attività personali (compreso il lavoro); relazioni sociali; ambiente; sicurezza di natura economica e
fisica
La Commissione propose dodici raccomandazioni per ottenere misure migliori dei risultati
economici e del progresso sociale in un’economia complessa:
1. per valutare il benessere materiale, analizzare i redditi e il consumo piuttosto che la produzione;
2. rafforzare l'analisi dal punto di vista delle famiglie ;
3. considerare il reddito e il consumo insieme con la ricchezza;
4. dare maggiore importanza alla distribuzione dei redditi, del consumo e del patrimonio;
5. estendere gli indicatori alle attività non legate direttamente al mercato;
6. migliorare la qualità della vita concentrandosi su condizioni oggettive, migliorare la valutazione
di sanità, educazione e condizioni ambientali;
7. individuare indicatori di qualità della vita che aiutino a calcolare le differenze fra individui, tra
diversi gruppi sociali, per genere e per generazione;
8. realizzare survey per comprendere meglio come le evoluzioni in un settore della qualità della
vita hanno ripercussioni su altri;
9. gli istituiti di statistica dovrebbero rendere disponibili le informazioni necessarie per creare un
indicatore sintetico della qualità della vita;
10. misurare il benessere sia in termini oggettivi che soggettivi e fornire indicazioni essenziali per
misurare la qualità della vita;
11. definire una griglia di indicatori per misurare la "sostenibilità" del benessere questione questa
complementare al benessere attuale e quindi da esaminare distintamente;
12. definire una griglia di indicatori di sostenibilità ambientale che consentano di misurare il livello
di pericolo conseguenza del danneggiamento ambientale.
3
CMEPSP (2009)
3
Nel 2009 la Commissione Europea ha approvato una comunicazione sul PIL e le misure di
progresso4. Ad avviso della Commissione “il prodotto interno lordo (PIL) è un possente indicatore,
ampiamente riconosciuto, per controllare le fluttuazioni a corto e medio termine dell'attività
economica, soprattutto durante l'attuale recessione. Nonostante i suoi difetti, rimane la migliore
unità di misura dello stato di salute del mercato economico. Tuttavia, il PIL non è stato concepito
per misurare con accuratezza il progresso economico e sociale a più lungo termine e, in
particolare, la capacità di una società di affrontare questioni quali i cambiamenti climatici, l'uso
efficiente delle risorse o l'inclusione sociale. Esistono validi motivi per completare il PIL con
statistiche che riprendano gli altri aspetti economici, sociali ed ambientali dai quali dipende
fortemente il benessere dei cittadini”.
Vengono individuate cinque azioni per misurare meglio il progresso in un mondo in
cambiamento:
- completare il PIL con indicatori ambientali e sociali
- informazioni quasi in tempo reale a sostegno del processo decisionale
- informazioni più precise su distribuzione e disuguaglianze
- elaborare una tabella europea di valutazione dello sviluppo sostenibile
- estendere i conti nazionali alle questioni ambientali e sociali.
L’OCSE ha poi organizzato il Terzo Forum Mondiale tenutosi a Busan nel 2009, cui ha partecipato,
in veste di Presidente del CNEL e di Presidente dell’AICESIS (Associazione internazionale dei
Consigli economici e sociali e istituzioni similari) il Prof. Antonio Marzano.
Per la misurazione delle dimensioni del benessere, l’OCSE parte da uno schema basato su
due sistemi fortemente interconnessi tra loro: il sistema umano e l’ecosistema5. Il benessere
complessivo di un paese dipende dalla condizione di tali sistemi, che a loro volta dipendono dal
benessere degli individui. Il benessere dipende dalla disponibilità di condizioni individuali e
collettive (anche in termini di presenza o assenza di opportunità), la cui esistenza è legata a fattori
economici, culturali e di governance; tali fattori vanno considerati obiettivi intermedi, in quanto la
loro disponibilità favorisce il conseguimento del benessere. Ogni dimensione del benessere va
valutata, inoltre, con un’ottica intra-generazionale, che approfondisce i temi della povertà e della
disuguaglianza, e con un’ottica inter-generazionale, che approfondisce i temi della sostenibilità e
della vulnerabilità.
In breve l’OCSE configura uno schema multidimensionale di benessere con obiettivi finali e
intermedi e due ottiche trasversali secondo il quale “il progresso di una società si verifica quando si
consegue un aumento del benessere equo e sostenibile”6.
L’impegno dell’OCSE non si è limitato al piano metodologico, ma al contrario l’inziativa
“Una vita migliore: la misura del progresso e del benessere” ha portato nel 2011 alla pubblicazione
di un rapporto e alla proposta del BLI (Better Life Index, Indice di una Vita Migliore), che permette
il confronto del livello di benessere dei diversi paesi7. Questo indice è caratterizzato da un grado
molto elevato di flessibilità, al punto che ciascun utilizzatore può costruirsi il proprio indice
attribuendo pesi diversi agli aspetti che sono stati selezionati come rilevanti nel determinare il grado
di benessere delle persone: reddito, occupazione, abitazione, salute, conciliazione tra lavoro e tempo
libero, istruzione, reti sociali, impegno civico e politico, ambiente, sicurezza personale e benessere
soggettivo.
L’OCSE, infine, si appresta ad organizzare un quarto Forum a Dehli nell’autunno del 2012.
4
5
6
7
Commissione UE (2009a)
Hall J., Giovannini E. et al. (2010), Giovannini E. (2010)
Hall J., Giovannini E. et al. (2010), cit.
OECD (2011), www.oecdbetterlifeindex.org
4
Il contributo del CNEL
Nel 2005, anticipando molte delle iniziative relative al tema degli indicatori integrativi del
PIL, il CNEL ha presentato il progetto "Indicatori per lo sviluppo sostenibile". Nell’ambito di tale
progetto ci si è posto l'obiettivo di coprire le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: economico,
sociale e ambientale. Tale progetto fu approvato all’unanimità dalle Parti Sociali rappresentate al
CNEL in occasione dell’Assemblea del 28 aprile 20058.
E' stato proposto e realizzato un sistema di indicatori per lo sviluppo sostenibile basato su
indici (aggregati tematici di indicatori), su indicatori (descrittori diretti di fenomeni economici,
sociali ed ambientali) e su target (obiettivi da perseguire nel tempo) e, sulla base di esso, è stato
predisposto un Rapporto sullo sviluppo sostenibile in Italia9, capace di descriverne lo stato attuale
della sostenibilità e di consentirne il monitoraggio nel futuro. Anche in questo caso la condivisione
sia dell'impianto metodologico, che degli indicatori (in numero di 54) e dei target di riferimento è
stata considerata essenziale. Per questa ragione la definizione del sistema di indicatori è stata
accompagnata da un processo di consultazione che ha visto la partecipazione dei diversi portatori di
interesse che hanno contribuito al dibattito con osservazioni e proposte. In questo senso il progetto
del 2005 è stato un precursore dell’ampia consultazione pubblica che ha caratterizzato l’iniziativa
del CNEL e dell’ISTAT sugli indicatori di progresso e benessere.
Il risultato finale della consultazione è rappresentato da tre domini - Economia, Società e
Ambiente – articolati in temi e sottotemi, per i quali vengono proposti specifici indici-chiave.
I temi del dominio Economia sono due: i modelli di produzione e consumo e la performance
economica e finanziaria. Nel complesso sono presenti 19 indicatori; l'indice-chiave più corposo è
quello della Competitività che include i temi dell'innovazione e della spesa in Ricerca e Sviluppo,
oltre a quelli classici della produttività e del costo energetico dell'industria.
Nel dominio che rappresenta la Società sono stati inseriti gli aspetti di equità del reddito,
anche tra le aree del Paese, l'occupazione, la qualità della vita, la demografia e gli aspetti relativi
alla conoscenza secondo gli obiettivi dell’allora prospettiva europea di Lisbona (oggi aggiornata
nella prospettiva Europa 2020).
Il dominio Ambiente è costituito da 4 temi: atmosfera, geosfera, idrosfera e biosfera. In
quest'ultimo tema sono state inserite due attività economiche che riguardano l'agricoltura e il
prelievo delle specie ittiche.
8
9
CNEL (aprile 2005), reperibile su www.cnel.it; il relatore fu il Consigliere Claudio Falasca e l’istruttoria fu curata
dalla Commissione per le attività produttive e le risorse ambientali (VI)
CNEL (maggio 2005), reperibile su www.cnel.it
5
Le proposte approvate all’unanimità dall’Assemblea del CNEL furono le seguenti10: “Le
politiche per lo sviluppo sostenibile richiedono l'adozione di un sistema di indicatori capace di
integrare la dimensione economica con quella sociale ed ambientale.
L'adozione di un sistema integrato di indicatori con riferimento ai tre pilastri della
sostenibilità, economico, sociale ed ambientale, consente di superare contemporaneamente tanto
l'approccio prevalentemente economicistico nella valutazione della crescita del sistema economico
e produttivo, quanto l'approccio prevalentemente ambientalista nella valutazione del grado di
sostenibilità del sistema.
L'esperienza di vari Paesi dimostra infatti che l'adozione di un sistema integrato di indicatori si
pone come punto qualificante tanto nella elaborazione delle strategie politiche tese allo sviluppo,
quanto nella valutazione dei loro effetti.
10
CNEL (aprile 2005), pag. 28
6
L'esperienza dimostra altresì che il sistema di indicatori, affinché si dimostri strumento utile ed
efficace per valutare attentamente la performance di sostenibilità, deve tener conto delle
specificità economiche, ambientali e sociali del paese a cui fanno riferimento.
La condivisione del sistema di indicatori da parte dell'insieme delle forze economiche e sociali
è la condizione per verificare la coerenza del sistema al contesto a cui viene applicato.
L'individuazione del sistema di indicatori deve comunque collocarsi all'interno di un quadro
conoscitivo statisticamente affidabile e confrontabile con i sistemi adottati a livello internazionale e
a livello comunitario”.
Nel corso della ricerca e nelle fasi di consultazione sono state riscontrate diverse carenze del
sistema informativo italiano, in quello comunitario e anche a livello internazionale. Le carenze
riguardano sia l'esistenza stessa di determinati indicatori, che l'esistenza di un numero sufficiente di
dati per coprire un andamento di 8-10 anni. In proposito la posizione del CNEL votata all’unanimità
fu la seguente11: “Riguardo alle carenze informative e statistiche rilevate dal progetto, il CNEL
sollecita enti e istituti preposti a risolvere i problemi riscontrati nella disponibilità dei dati e delle
informazioni. In particolare tra questi emergono con particolare rilievo:
- il tema della partecipazione, la cui definizione statistica attuale appare insufficiente.
D'altronde, l'uso dei sistemi di indicatori per descrivere le politiche pubbliche ha senso solo se
al contempo si promuovono forme di partecipazione alle decisioni del pubblico come dei
lavoratori;
- il tema della qualità urbana rimane ancora definito in modo non esauriente, in particolare per
quanto attiene al tema della mobilità;
- la definizione di un indicatore di perdita di biodiversità andrebbe risolta con una attività
apposita che sia in sintonia con quanto va emergendo a livello internazionale;
- la copertura dei dati relativi al consumo complessivo della risorsa idrica è particolarmente
rilevante;
- il difficilissimo tema del peso dell'economia illegale e criminale, da studiare e rappresentare
nell'ambito dal sistema statistico nazionale nelle forme e nei metodi possibili e praticabili”.
Il documento del Cnel “Indicatori di crescita economica e sociale ad integrazione del PIL” del
201012.
Tale documento di osservazioni e proposte fu approvato all’unanimità dall’Assemblea del
Cnel il 9 giugno 2010.
Il dibattito nel Consiglio aveva fatto emergere nel corso del 2009 la consapevolezza che le
grandi trasformazioni economiche e sociali, che il mondo stava vivendo dopo l’esplosione della
crisi, avrebbero richiesto nuove e più complesse strategie di azione. La discussione sugli strumenti
di misurazione era strettamente legata a quella dei fini e dei metodi della politica economica, così
come era segnalato nei lavori dell’OCSE e della Commissione Stiglitz.
Nel corso dell’istruttoria, curata dalla Commissione per la Politica Economica e la
Competitività del Sistema Produttivo (I), fu organizzato il 14 aprile 2010 un seminario a cui
parteciparono il Prof. Enrico Giovannini, Presidente dell’ISTAT, e il Prof. Fabrizio Barca, direttore
generale del Ministero delle Finanze e Presidente del Comitato per le politiche territoriali
dell’OCSE.
11
12
CNEL (aprile 2005), pagg. 29 - 30
CNEL (2010), disponibile su www.cnel.it; il relatore fu il Consigliere Gabriele Olini e l’istruttoria fu curata dalla
Commissione per la politica economica e la competitività del sistema produttivo (I)
7
Fu proprio a margine di tale seminario che il Presidente del CNEL e il Presidente
dell’ISTAT maturarono l’idea di una collaborazione tra le due Istituzioni sui temi della misurazione
del benessere.
Nel documento le Parti Sociali rappresentate al CNEL concordano nel ritenere che la
definizione di una “Costituzione statistica” rappresenta un tema politico e non tecnico – statistico,
in quanto “come dice Amartya Sen, discutere di indicatori significa ragionare sui fini ultimi di una
società. Tutto ciò implica, quindi, la necessità di avviare a livello internazionale e italiano un
confronto per individuare un cruscotto di indicatori che siano di supporto per gli operatori
economici e i decisori di politiche economiche, sociali ed ambientali”13.
Ad avviso del CNEL, occorre “arrivare a predisporre tali indicatori quale supporto per:
- consentire una conoscenza adeguata e dettagliata della situazione ed evoluzione del benessere
economico e della qualità della vita delle famiglie e dei cittadini, anche a livello territoriale;
questo significa che occorre avere dati e indicatori che coprano i temi essenziali per la misura
del progresso, che siano rigorosi, tempestivi e "pubblicamente" accettati;
- favorire una comprensione più ampia dei fenomeni, garantita dal pluralismo delle informazioni,
di cui va assicurata la trasparenza, la correttezza e l'attendibilità;
- mettere a disposizione una base quantitativa comune e riconosciuta per discussioni "informate"
sui suddetti problemi da parte delle parti sociali, partiti politici, operatori economici, cittadini;
ciò anche al fine di migliorare il dibattito politico attraverso l'uso di dati e indicatori che tutti
ritengano credibili;
- prendere decisioni "informate" da parte dei policy makers per l'attuazione di politiche
economiche e sociali, consentendo loro di essere "trasparenti" e di render conto del loro
operato (accountability).
Gli Istituti nazionali di statistica non possono essere lasciati soli a lavorare su questi temi.
Ovviamente il loro contributo tecnico è fondamentale per definire indicatori e modalità di
rilevazione dei dati che conducano a statistiche di qualità, ma essi non possono sostituirsi alle
rappresentanze delle categorie produttive e alla società civile organizzata nella condivisione dei
fini della società”14.
Il documento prosegue delineando un possibile piano di lavoro che parta dalla condivisione
della definizione di progresso, passi attraverso la scelta degli strumenti di misura del progresso fino
ad arrivare alla pubblicazione di un rapporto periodico sul progresso del Paese senza trascurare il
tema della corretta interpretazione e comunicazione delle statistiche.
Alcune iniziative di misurazione del benessere realizzate in Italia15.
Il primo esercizio di questo tipo in ordine cronologico è l’Indice di Qualità della Vita che il
Sole24Ore pubblica da oltre venti anni in un dossier dedicato. Il lavoro si propone di misurare la
vivibilità delle province italiane attraverso un set di 36 indicatori raggruppati in 6 domini: tenore di
vita; affari e lavoro; servizi, ambiente e salute; ordine pubblico; popolazione; tempo libero.
Dal 2003 la Campagna Sbilanciamoci! calcola il QUARS, l’Indice di Qualità Regionale
dello Sviluppo, 41 indicatori raggruppati in 7 domini: ambiente; economia e lavoro; diritti e
cittadinanza; salute; istruzione; pari opportunità; partecipazione. Il QUARS è calcolato per le 20
regioni italiane. Utilizzando i medesimi domini adottati per il QUARS, Sbilanciamoci! ha inoltre
13
14
15
CNEL (2010), pag. 2
CNEL (2010), pagg. 2 e 3
le informazioni sulle iniziative e i rapporti di ricerca citati in questo paragrafo sono tutte reperibili sui siti internet
delle istituzioni promotrici; un buon punto di partenza può essere il sito www.misuredelbenessere.it curato da
ISTAT e CNEL
8
realizzato delle analisi della “qualità dello sviluppo” nelle province del Lazio e in quelle di Trento e
Ascoli Piceno.
Tra gli altri indicatori sviluppati in Italia per misurare il benessere e il progresso vanno poi
segnalate alcune esperienze settoriali e territoriali.
Sul fronte ambientale, Legambiente e Ambiente Italia pubblicano ormai da molti anni
l’Ecosistema Urbano, un indice sintetico sulla qualità ambientale dei comuni capoluogo di
provincia. L’indice tiene conto di 25 indicatori relativi ad aria, acque, rifiuti, trasporti e mobilità,
spazio e verde urbano, energia, politiche ambientali pubbliche e private.
Dal 2000, la rilevazione Istat “Dati ambientali nelle città” è attuata con periodicità annuale
sui comuni capoluogo di provincia secondo le stesse 7 tematiche e un analogo indice sintetico.
Sul versante della produzione è invece bene ricordare il lavoro, tuttora in progress, che la
Fondazione Symbola sta portando avanti per misurare il cosiddetto PIQ, il Prodotto Interno di
Qualità. Esso si propone di quantificare la quota di PIL ritenuta “di qualità” scomponendola
secondo quattro componenti della catena del valore: capitale umano e know how; conoscenza e
costruzione della domanda; sviluppo del prodotto/servizio; presidio delle reti e delle relazioni
nazionali ed internazionali.
La Confartigianato ha portato avanti alcuni esercizi che dedicano particolare attenzione al
sistema produttivo italiano. Nell'ambito del Rapporto Confartigianato 2010 "Alla ricerca del Pil
perduto", si è costruito un indice sintetico che prende in considerazione assieme al Pil anche
elementi di qualità della vita, risorse culturali e ambiente Nel 2011 è inoltre stato sviluppato un
indice di qualità della vita nei distretti industriali.
L'IRES Piemonte pubblica un'analisi della qualità della vita nelle province piemontesi
secondo 8 dimensioni16: salute; relazioni sociali degli individui; istruzione; qualità ambientale;
attività personali quotidiane; sicurezza personale; partecipazione democratica; sicurezza e benessere
materiale. L'istituto ha anche realizzato una rivista per iPad (disponibile gratuitamente da giungo
2011 su Apple Store, parole chiave QV oppure IRES) dedicata agli indicatori di qualità della vita
per le province del Piemonte.
Un’analisi a scala regionale centrata sul Veneto è stata realizzata nell’ambito dell’iniziativa
“Oltre il PIL” promossa e realizzata da Unioncamere del Veneto e dalla Camera di Commercio di
Venezia, in collaborazione con l’Università di Venezia Ca’ Foscari e con la Regione del Veneto.
L’analisi condotta è estesa a tutte le regioni italiane per il periodo 2006-2009 e per le dimensioni
individuate dalla Commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi: benessere materiale, salute, istruzione, lavoro
e tempo libero, pubblica amministrazione, relazioni personali e sociali, ambiente, insicurezza fisica
ed economica.
Lo studio progettuale “Analisi e ricerche per la valutazione del benessere equo e sostenibile
delle province” è condotto dall’Ufficio Statistica della Provincia di Pesaro e Urbino con la
partecipazione metodologica e tecnica dell’ISTAT. Tale studio è finalizzato a progettare un sistema
informativo territoriale per la misurazione del Benessere Equo e Sostenibile che possa supportare la
programmazione, il monitoraggio e la rendicontazione sociale dell’azione amministrativa e di
governance della Provincia.
Un’altra esperienza a livello provinciale è quella condotta nell'ambito del VII Rapporto
IARES dell'Osservatorio sull'Economia Sociale e Civile in Sardegna. All'interno del Rapporto è
inserito il Caso studio "Un Tentativo di Stima di un Indice di Qualità della Vita nelle Province
Sarde", che propone un indicatore sintetico del benessere sociale in Sardegna secondo 52 indicatori
raggruppati in 8 dimensioni: Ambiente; Economia e lavoro; Diritti e cittadinanza; Salute;
Istruzione; Pari opportunità; Partecipazione e Disagio sociale.
Ad Arezzo è stato invece calcolato un indice sintetico di benessere a scala comunale.
Nell'ambito del progetto di ricerca “Umanamente”, l'associazione Lunaria, in stretta collaborazione
con l'Amministrazione comunale, ha pubblicato il rapporto "La misurazione del benessere ad
16
www.regiotrend.piemonte.it
9
Arezzo. Promozione della misurazione del benessere in ambito locale urbano secondo un approccio
di sviluppo umano" prendendo in considerazione le serie storiche 1999-2009 per 45 indicatori
relativi ai domini ambiente; economia e lavoro; diritti e cittadinanza; salute; istruzione; pari
opportunità; partecipazione.
La Fondazione Wellness Foundation, attraverso il progetto Wellness Valley, intende
misurare il benessere della collettività in Romagna attraverso il miglioramento della qualità della
vita, l’ educazione delle persone alla prevenzione per ridurre la spesa sanitaria, l’incremento dello
sviluppo economico del territorio.
Nel 2010 si è costituita a Firenze l'AIQUAV, Associazione Italiana per gli Studi sulla
Qualità della Vita, presieduta da Filomena Maggino. Nel settembre 2011 l'AIQUAV ha organizzato
un workshop internazionale sulle problematiche di misura del benessere.
Il 18 luglio 2011 l’Unione delle Pro Loco (UNPLI) ha presentato i risultati del progetto
"B.I.L.anciamo il Futuro", finanziato dal Ministero delle Politiche Sociali, con la partecipazione
dell’ISTAT (che ha contribuito direttamente all’elaborazione del questionario sulla percezione del
benessere sociale) e il patrocinio della Commissione nazionale italiana per l’UNESCO. Il progetto è
stato realizzato coinvolgendo e sensibilizzando le comunità locali nella riflessione sul superamento
del puro calcolo economico delle ricchezze nazionali, oggi definite attraverso il PIL, e
sull’introduzione di altri indicatori con cui si possa valorizzare e quantificare anche la sostenibilità
ambientale, l’inclusione sociale, la qualità della vita, il patrimonio culturale e il valore di attività
come il volontariato. Nelle 21 località laboratorio selezionate in tutte le Regioni italiane sono stati
distribuiti i questionari, diffusi anche online a tutte le Pro Loco che hanno partecipato al progetto.
Il Comitato CNEL – ISTAT per la misurazione del benessere
La costruzione di un indicatore multidimensionale del benessere e del progresso richiede
l’identificazione di un impianto logico di riferimento condiviso, sulla base del quale possa essere
costruito un cruscotto di indicatori utile agli operatori economici e ai decisori di politiche
economiche, sociali ed ambientali.
Lo sviluppo delle metodologie statistiche e l’ampia disponibilità di dati consente di
ipotizzare la costruzione di indici di progresso economico e sociale; i relativi aspetti tecnici sono
indagati dagli istituti nazionali di statistica, il cui contributo in tal senso è fondamentale per la
definizione di modalità di rilevazione e procedure di sintesi che conducano a statistiche di qualità.
Molto più complesso risulta, invece, l’aspetto politico del processo di individuazione degli
indicatori, ossia quali sono i soggetti deputati alla specificazione dei domini rilevanti ed essenziali
per il benessere ed il progresso di una collettività, che siano ampiamente accettati e condivisi dalle
diverse anime della società contemporanea, incluso il riconoscimento dei singoli cittadini.
Come suggerito dalle organizzazioni internazionali, questa ricerca deve avvenire istituendo
in ogni Paese occasioni e luoghi strutturati di confronto che coinvolgano tutti gli attori sociali e,
quindi, le rappresentanze delle categorie produttive e delle società civile organizzata. Diviene,
dunque, necessario individuare l’istituzione capace di creare e gestire un luogo strutturato in cui tale
processo di condivisione e sintesi possa avvenire. In questo senso il contributo del CNEL è stato il
punto di forza, la parte qualificante di questa iniziativa.
La definizione degli indicatori di un benessere a più dimensioni non è tanto questione
tecnico – statistica, da gestire in solitudine da parte degli Istituti di statistica, ma problema politico,
che deve vedere un ruolo primario della società organizzata. Si tratta non solo di definire gli
elementi che segnano l’evoluzione dei principali fenomeni economici, sociali ed ambientali, ma
implicitamente di indicare le priorità delle politiche.
10
L’iniziativa Cnel/Istat è partita, dunque, all’inizio del 2011 attraverso uno scambio di lettere
dei Presidenti dei due Enti e la definizione del Comitato di indirizzo, incaricato di elaborare una
proposta sulle dimensioni principali del benessere.
Sono state previste tre fasi:
1. una prima fase che riguarda il processo di condivisione della definizione di progresso, nella
quale si sviluppa una discussione sulle macrodimensioni del benessere, i "domini"; in questa
fase viene svolta un'analisi organica per decidere con consenso ampio su quali dimensioni si
articola il progresso;
2. una seconda fase che riguarda la scelta degli strumenti di misura del progresso; per ciascuna
dimensione si concordano gli indicatori più adeguati per costruire una sorta di "Costituzione
statistica", cioè un set di indicatori sufficientemente generale come la Costituzione e
condiviso da tutti; la proposta viene fatta dall'ISTAT e portata alla consultazione dei
portatori di interesse.
3. Infine, una volta definito il set di indicatori, il CNEL e l’ISTAT predispongono un rapporto
periodico sul progresso economico e sociale del Paese iniziano una verifica del sistema degli
indicatori, monitorandone attentamente l'appropriatezza, soprattutto alla luce dell'evoluzione
economica e sociale concreta.
Nel Comitato sono stati nominati nove membri del CNEL, tra questi rappresentanti sia delle
organizzazioni sindacali che dei datori di lavoro, ed un rappresentante dell’ISTAT. Inoltre, sono
stati nominati otto membri designati dalle Rappresentanze della società civile, concordate dalle due
Presidenze, oltre che un rappresentante dell’OCSE che hanno riguardato:
- la presenza del non profit attraverso una designazione richiesta al Forum del terzo settore;
- una rappresentanza delle associazioni dei consumatori attraverso il Consiglio Nazionale
Consumatori ed Utenti, organo rappresentativo delle stesse a livello nazionale;
- le designazioni di associazioni che hanno come obiettivo la difesa delle risorse ambientali e
culturali: Italia Nostra, Legambiente e WWF;
- tre rappresentanti di Consulte Femminile di varie Regioni (Piemonte, Lazio e Puglia) per le reti
di associazioni e dei movimenti che rappresentano i problemi e gli interessi delle donne; si
tratta, infatti, di organismi permanenti di consultazione dei Consigli Regionali, composti da una
rete di Associazioni e gruppi femminili con varie finalità;
- una rete di 46 associazioni e organizzazioni della società civile (Sbilanciamoci!), che con il
QUARS (Qualità Regionale dello Sviluppo) ha particolarmente approfondito il tema degli
indicatori di benessere.
I lavori del Comitato sono, inoltre, preparatori alla definizione degli indicatori statistici e
alla sperimentazione metodologica da parte della Commissione scientifica, istituita quindi
nell’ambito dell’Accordo CNEL ISTAT ed insediata presso l’ISTAT.
La Commissione scientifica è composta da esperti e ricercatori nei diversi ambiti di
informazione statistica e da docenti e ricercatori universitari. Essa ha il compito di definire gli
indicatori statistici più appropriati per la misura del benessere all’interno di ciascun dominio
definito dal Comitato di indirizzo e di sottoporlo alla sua valutazione. La Commissione Scientifica
viene inoltre investita di approfondire la possibilità di integrare misure di sostenibilità ed equità del
benessere.
Il completamento della prima e delicata fase, dedicata alla definizione dei domini, ha
coinvolto il Comitato da aprile 2011 fino ad settembre 2011 in un calendario di otto incontri molto
serrato, nel corso delle quali il dibattito, avvenuto in un clima collaborativo e di forte
identificazione con l’obiettivo, ha favorito l’integrazione tra le diverse connotazioni ivi espresse in
ambito economico, sociale ed ambientale.
11
Le prime riunioni sono state dedicate all’approfondimento degli essenziali e propedeutici
aspetti procedurali e metodologici.
Come primo punto si è convenuto di utilizzare - quali elementi di partenza – i riferimenti già
disponibili (in particolare OCSE, EUROSTAT e Commissione Europea), specificando insieme
quanto di essi sia rilevante ed attinente al benessere e quando siano necessarie rivisitazioni mediante
disaggregazione o accorpamento delle varie aree e dimensioni trattate.
Nella specificazione dei domini si è, inoltre, condiviso di analizzare i contenuti dei diversi
ambiti senza stabilire a priori alcuna classifica e/o graduatoria di rilevanza, così da costruire un
numero adeguato ed esaustivo di domini, non troppo eterogenei al proprio interno, in grado di
consentire la costruzione di una misura multidimensionale del benessere per il tramite di un
cruscotto di indicatori di sintesi.
L’intenzione di costruire, quindi, un set di indicatori che si affianchi alla PIL e ne consenta
di superare i limiti di indice unico, monodimensionale ed esclusivo ha fatto emergere alcuni
questioni prioritarie, di seguito riassunte:
-
la confrontabilità internazionale: si è discusso se privilegiare la comparabilità tra paesi o
cogliere piuttosto le specificità e le peculiarità del contesto italiano. Si è rilevato che la stretta
comparazione internazionale, auspicata dal Comitato di indirizzo, è, comunque, già obiettivo dei
competenti organismi sovranazionali (OCSE, EUROSTAT); pur non sembrando opportuno
delegare a questi ultimi la garanzia della confrontabilità, è sembrato preferibile costruire uno
strumento che dia una misura del benessere e del progresso in grado di cogliere le peculiarità del
sistema Italia e ne legittimi, in tal senso, l’uso nelle politiche e nei processi decisionali. D’altra
parte porsi il vincolo stretto della comparabilità significherebbe vincolarsi alle sole informazioni
già disponibili anche negli altri Paesi e, quindi, avrebbe costituito di fatto un limite; ciò
impedirebbe sia di ottenere risultati innovativi sia di analizzare nuovi ambiti potenzialmente
rilevanti dal punto di vista delle peculiarità del sistema Italia. Le scelte concrete, a consuntivo,
dei domini sono andate nel senso di riprendere nove domini presenti nelle esperienze estere al
momento consolidate aggiungendo tre altre aree tematiche ossia Paesaggio e patrimonio
culturale, Ricerca e Innovazione, Qualità dei servizi, che stanno a denotare punti di forza e/o di
criticità della società italiana. Questo metodo di lavoro non sacrifica la comparabilità
internazionale, ma consente anche di verificare, sempre con vincoli stringenti quando e quanto
siano necessari semplici rivisitazioni degli indicatori esistenti e dove sia opportuno introdurre
indicatori innovativi legati alle tipicità italiane, eventualmente spendibili anche in contesti
internazionali.
-
la disaggregazione territoriale: è stata ampliamente dibattuta la questione inerente la fattibilità di
una disaggregazione per territorio degli indicatori. Si è optato per la priorità della dimensione
nazionale, unita ad una raccomandazione in favore della disaggregazione a livello regionale, ove
consentito dalla disponibilità dei dati e dalla significatività del fenomeno. I livelli territoriali
inferiori soffrono di una frammentazione dell’informazione statistica, tale da non assicurare
sempre risultati significativi, né di identificare i corrispondenti indicatori disaggregati. In
presenza di dati statistici significativi non è escluso a priori alcun ambito rilevante, come
province, città metropolitane, grandi centri urbani, etc. D’altra parte le metodologie statistiche
consentono, comunque, di ottenere stime aggiuntive e di complemento attraverso opportune
rielaborazioni dei dati disponibili (ad es. aggregazione di dati comunali per produrre stime sulla
variabilità tra le città metropolitane e/o tra i grandi centri urbani).
-
la possibilità di pervenire alla definizione di un indicatore sintetico, ovvero all’aggregazione di
più domini in macrodomini: la discussione ha messo in evidenza le difficoltà di arrivare ad un
unico indice riassuntivo di tutte le dimensioni del benessere attraverso opportune ponderazioni
dei singoli aspetti. Quest’impostazione è probabilmente produttiva dal punto di vista
12
comunicativo, nel senso che l’indicatore sintetico, così come avviene per il PIL, sarebbe
facilmente recepito e ritrasmesso dai media. Ma pone molti problemi metodologici nella
costruzione e, poi, nell’interpretazione del dato. E’ stata, quindi, condivisa la difficoltà di
utilizzo di un’unica misura e, quindi, si è optato per l’aggregazione degli indicatori a livello di
dominio, i cui aspetti tecnici e metodologici saranno investigati dalla Commissione scientifica.
Questa valuterà anche la possibilità di una successiva aggregazione dei dodici domini in aree
concettuali più ampie, che identifichino i domini maggiormente interconnessi fra loro e, insieme
siano utilizzabili nella costruzione di strumenti o leve per il raggiungimento del benessere.
-
gli indicatori soggettivi ed oggettivi: gli indicatori soggettivi sono deputati a misurare
sinteticamente ciò che le persone sentono e valutano, mentre gli altri danno una valutazione non
legata ad una visione parziale e personale. Questa tematica richiama in qualche modo anche la
distinzione tra indicatori percepiti e effettivi. Naturalmente i due approcci propongono percorsi
valutativi diversi. Preso atto della loro differenza, il Comitato ha rilevato che sia gli indicatori
soggettivi che quelli oggettivi sono pacificamente accettati nella misurazione del benessere e del
progresso. Si è optato, quindi, di suggerire alla Commissione scientifica di inserire nei domini di
pertinenza gli indicatori soggettivi tematici ove disponibili accanto a quelli oggettivi.
-
la definizione di indicatori di benessere per specifici soggetti e/o segmenti: il livello e
l’andamento del benessere “medio” possono nascondere importanti divergenze per specifiche
figure. Da una parte questo rafforza la necessità di attenzione sulla distribuzione delle
opportunità e del reddito. Dall’ altra rende essenziale osservare l’andamento del benessere per
peculiari segmenti sociali, quali le donne innanzitutto, ma anche, per particolari aspetti gli
anziani, i giovani, gli immigrati, etc. Il Comitato ha mostrato molta attenzione per gli aspetti di
ineguaglianza connessi a qui segmenti sociali, suggerendo che possano trattarsi in modo
trasversale nei domini dove si pone la questione delle differenze. Tali soggetti sono qualificabili
come specifiche ottiche di lettura e/o dimensioni autonome, misurabili aggregando gli indicatori
tematici di dominio pertinenti.
-
la sostenibilità: e’ un tema particolarmente complesso ed è trasversale su molti domini; si è
rilevato come la sostenibilità sia intrinseca al concetto di benessere in quanto ne costituisce un
vincolo. Nel Comitato si è convenuto che non si parla solo di sostenibilità ambientale, tema,
pure, particolarmente importante, ma anche di sostenibilità economica e sociale. Si è su un
sentiero di sviluppo sostenibile quando la generazione corrente soddisfa i propri bisogni senza
intaccare la possibilità che anche la generazione futura possa fare altrettanto. Una misurazione
della sostenibilità può essere affrontata in termini di dotazione di capitale di diversa tipologia
(stock di capitale prodotto, di capitale naturale, di capitale sociale e di capitale umano) che ogni
generazione riceve per realizzare i propri obiettivi. Il "capitale", che ogni generazione lascia alla
successiva, determina le condizioni di partenza di quest'ultima; la sostenibilità implica, dunque,
il non depauperamento di tale dotazione complessiva. La misurazione del “capitale” è
particolarmente complessa ed ha margini di arbitrarietà; bisogna, infatti, ricostruire quel
capitale, a partire dalle dotazioni di diversi assets da ricondurre ad un metro comune, esso stesso
piuttosto arbitrario. Un’altra strada per definire la sostenibilità è quella di individuare indicatori
che rivelano le dinamiche/tendenze future del livello di benessere attuale; per fare ciò si può
anche ricorrere a valori soglia (è il tipo di approccio utilizzato nel Patto di Stabilità europeo). Il
vantaggio di questo secondo approccio è di non necessitare il computo, assai complesso ed
incerto, delle diverse categorie di capitale, che sarà sperimentato ed approfondito dalla
Commissione Scientifica.
-
l’equità: in analogia alla sostenibilità, questo tema costituisce una variabile trasversale
caratterizzante ogni dimensione del benessere. La costruzione di una misura che consenta la
13
valutazione del benessere equo e sostenibile presuppone l’inquadramento dei relativi concetti di
base e la conseguente definizione di appropriati indicatori statistici. In tal senso, si tratta di una
vera e propria sfida poiché è un aspetto poco indagato e sperimentato anche a livello
sopranazionale, ma, allo stesso tempo è un tema che ha costituito motivo diretto di critica al PIL
e quindi va prioritariamente affrontato in rapporto al concetto di benessere economico. Il
Comitato ha, quindi, delineato le logiche sottostanti, raccogliendo e conducendo a sintesi le
diverse posizioni espresse dalle varie rappresentanze. L’equità è, innanzitutto, un concetto
relativo, essendo la disuguaglianza condizionata dal contesto di riferimento da cui consegue la
specificazione di ciò che ritiene meritevole di quantificazione; come la sostenibilità, si può
intendere l’equità nei patrimoni, nei redditi, nella società (inclusa tra i generi), tra le generazioni
presenti e future, etc. Ciò, oltre alle questioni di interpretazione, comporta difficoltà anche da un
punto di vista metodologico poiché si rischiano sovrapposizioni che possono integrarsi in
maniera distorta, dando luogo a risultati anche contradditori o di scarsa utilità (ad esempio
maggiore spesa pubblica può creare più benessere, ma anche più debito pubblico e quindi
riduzione di risorse per le generazioni future). Il Comitato ha, al riguardo, concluso la
trattazione ritenendo imprescindibile la trattazione dell’equità, includendole in ogni dominio
come dimensione autonoma, la cui misurazione deve essere finalizzata anche al riscontro di
variazioni nelle disparità.
-
alcuni aspetti metodologici: il Comitato, nella prospettiva di operare in sinergia con la
Commissione scientifica, ha avviato un preliminare confronto sugli indicatori statistici, con
riferimento sia ai dati sia alle tecniche di sintesi. In particolare, i domini sono delimitati sulla
base dei tradizionali indici di outcome (come misura degli effetti reali di un fenomeno ossia
dell’efficacia oggettiva) cui sono affiancati gli indicatori rappresentanti i fattori incidenti il
benessere; in questo modo, ogni dominio risulta composto di due “dimensioni” sintetizzate con
tecniche distinte e separate così da evitare compensazioni distorte. Allo stesso tempo, il
Comitato ha ribadito sia l’inadeguatezza dei “super indici” sia l’opportunità di tentare la
sperimentazione di procedure di sintesi che consentano di definire per ogni dominio una misura
di impatto nelle decisioni politiche e di facile comprensione da parte dei cittadini.
Nella formulazione della sua proposta il Comitato ha, altresì, rivolto alla Commissione
scientifica alcune raccomandazioni di carattere generale sugli aspetti trasversali comuni a tutti
domini ed in particolare nella scelta degli indicatori di:
- tener conto delle differenze di genere e generazione e delle differenze territoriali (possibilmente
su scala regionale);
- considerare, quando possibile, sia indicatori oggettivi che indicatori soggettivi;
- considerare gli aspetti distributivi per poter valutare l’equità.
Il comitato, inoltre, ha raccomandato alla Commissione scientifica di valutare:
- le soluzioni metodologiche opportune per misurare la sostenibilità, non solo da un punto di vista
ambientale, ma anche sociale ed economico;
- le soluzioni metodologiche opportune per la costruzione di indicatori compositi per domini;
- la possibilità di una successiva aggregazione aggiuntiva dei dodici domini in aree concettuali
più ampie, che identifichino i domini più direttamente legati alla qualità della vita e quelli che
possono essere considerati strumenti o leve per il raggiungimento del benessere.
La scelta dei domini.
La definizione dei domini, ossia degli ambiti specifici che determinano il benessere della
società, ha costituito uno dei compiti più rilevanti del Comitato. Si tratta della fase preliminare a
quella affidata alla Commissione Scientifica, insediata presso l’ISTAT, di definizione degli
indicatori. I domini scelti corrispondono a:
14
1.
Ambiente
2.
Salute
3.
Benessere economico
4.
Istruzione e formazione
5.
Lavoro e conciliazione dei tempi di vita
6.
Relazioni sociali
7.
Sicurezza
8.
Benessere soggettivo
9.
Paesaggio e patrimonio culturale
10.
Ricerca e innovazione
11.
Qualità dei servizi
12.
Politica e istituzioni
Il Comitato, per maggiore chiarezza, ha individuato non solo il titolo del dominio, ma ne ha
dato una declaratoria, ovvero una breve illustrazione, che ne definisce i contenuti. E’ interessante
confrontare la scelta della Consulta con quanto suggerito negli studi più rilevanti a livello
internazionale, da cui si evince come i punti di contatto prevalgono nettamente rispetto alle
differenziazioni. In alcuni ambiti, però, si è ritenuto di approfondire alcune peculiarità italiane; e
questo o per la presenza di valori da noi più diffusi e sentiti, o perché in determinati campi abbiamo
ritardi particolarmente rilevanti. Dunque, avendo a mente quelli che sono (o potrebbero essere)
punti di forza e punti di debolezza del benessere italiano.
In questo contesto, il confronto in seno al Comitato è stato particolarmente intenso sui
domini inerenti il Paesaggio, il Patrimonio culturale, la Ricerca e le Infrastrutture. La definizione
dei contenuti del dominio Paesaggio e Patrimonio culturale ha coinvolto, in particolar modo, le
associazioni aventi come obiettivo la difesa delle risorse ambientali e culturali (Italia Nostra,
Legambiente e WWF) e ha richiesto un importante lavoro di analisi volto all’individuazione delle
interdipendenze con il dominio Ambiente. Ciò ha consentito di definire un’area tematica
focalizzata sulle più note tipicità italiane, ossia il consistente patrimonio storico, artistico, culturale
e paesaggistico, da tutelare e valorizzare anche per l’attrattività economica che rappresenta per il
sistema nel suo complesso.
Le tematiche connesse alle Infrastrutture (inclusa l’accessibilità ai servizi) e alla Ricerca
sono state affrontate nel corso delle ultime riunioni del Comitato. Questi, al fine di garantirne una
adeguata rappresentazione, ha convenuto sulla definizione di due domini ad hoc, ossia Qualità dei
servizi e Ricerca ed Innovazione.
La stessa accezione adottata per la trattazione delle Infrastrutture, ossia Qualità dei servizi,
consegue alla scelta del Comitato di ricomprendere in un più ampio contesto le tematiche connesse
all’efficienza, alla funzionalità e alla efficacia delle infrastrutture che devono essere intese
soprattutto come presupposto dei servizi medesimi, oltre il mero concetto di dotazione.
Analogamente sulla Ricerca, il Comitato ha delineato le logiche cui dovranno riferirsi gli
indicatori di riferimento, ossia: attività di ricerca pubblica e privata, capacità innovativa delle
imprese, ricerca dell’efficiente uso delle risorse, competenze elevate in ambito tecnico-scientifico.
Molto ampio è stato il dibattito sui domini relativi a Partecipazione e Relazioni sociali. Gli
interventi hanno riguardato la definizione dei relativi contenuti e confini, considerando come
variabili: la partecipazione politica dei cittadini, la fiducia nei politici, la capacità di governo delle
15
istituzioni, l’associazionismo e la partecipazione alla vita nelle comunità locali, le relazioni sociali, i
processi di inclusione sociale (tra cui l’assenza di barriere di genere). A conclusione dei lavori si è
convenuto di separare il dominio Relazioni sociali dal dominio Politica ed Istituzioni.
1. Ambiente
L’ambiente, nel quale si vive, condiziona fortemente il benessere dei cittadini. Dalle risorse che
alimentano la produzione e l’economia, al piacere che ci dà il contatto con la natura, il benessere
umano è inestricabilmente legato e dipendente dall’ambiente.
L’ambiente deve essere considerato il nostro capitale naturale che influenza il benessere umano in
molteplici domini sia direttamente attraverso le risorse sia indirettamente attraverso i servizi. La più
avanzata conoscenza scientifica e l’accresciuta “coscienza ecologica” hanno messo in luce come le
tipologie di produzione e consumo, l’uso di risorse ed energia, l’offerta di servizi possano
modificare le condizioni dell’ambiente in misura rilevante. Il dominio si basa su indicatori che
forniscono una valutazione dello stato dell’ambiente in Italia, dei servizi ecosistemici, della qualità
percepita e misurata dell’ambiente in cui vivono i cittadini, con particolare riferimento all’ambiente
urbano.
2. Salute
La salute è una dimensione essenziale del benessere individuale. Essa ha conseguenze che
impattano su tutte le dimensioni della vita delle persone e in tutte le sue diverse fasi, modificando le
condizioni di vita e condizionando i comportamenti, le relazioni sociali, le opportunità e le
prospettive dei singoli e, spesso, delle loro famiglie. Riconoscendole una caratteristica
multidimensionale, l’OMS (1948) definisce la salute come la capacità dei soggetti di essere in
equilibrio con se stessi e con il proprio contesto e di godere, quindi, di un “completo benessere
fisico, mentale e sociale” e non soltanto come assenza di malattia. Sul piano del diritto, l’art. 32
della Costituzione Italiana riconosce la salute come un ”diritto fondamentale dell’individuo e
interesse della collettività”. Gli economisti la definiscono un “bene meritorio”, cioè un bene ritenuto
fondamentale per lo sviluppo e la crescita economica e culturale di una società civile.
A fronte dell’evoluzione favorevole dello stato di salute della popolazione nei decenni, i progressi
ottenuti non hanno interessato equamente tutti i cittadini creando (o perpetuando) per alcune
dimensioni più che per altre, disuguaglianze tra individui, gruppi sociali e territori in appropriatezze
ed esiti perversi.
Le principali dimensioni di questo dominio sono misurate attraverso indicatori riguardanti: le
condizioni oggettive e soggettive di salute e di benessere fisico e mentale; i fattori di rischio.
3. Benessere economico
Le capacità reddituali e le risorse economiche non devono essere viste come un fine, ma piuttosto
come il mezzo attraverso il quale un individuo riesce ad avere e sostenere un determinato standard
di vita. Un’analisi del benessere economico fa riferimento al reddito, alla ricchezza, alla capacità di
consumo, ma anche ad alcune dimensioni di benessere materiale che tali strumenti permettono di
acquisire (condizioni abitative, possesso di beni durevoli, ecc.). Inoltre, non può limitarsi allo studio
dei livelli medi o mediani degli indicatori scelti, ma deve necessariamente dar conto della
disuguaglianza della distribuzione e redistribuzione delle risorse nella popolazione: un più alto
livello di reddito nazionale può essere conseguito a prezzo di una maggiore disuguaglianza, di una
maggiore insicurezza economica o rinunciando a raggiungere obiettivi di politica sociale, come ad
esempio la riduzione della povertà.
La misura del benessere economico non è quindi la “semplice” misurazione della capacità del
sistema economico italiano di crescere, ma anche della sua capacità di trasformare la crescita
economica in un aumento di equità e sostenibilità, attraverso l’analisi del sistema economico, delle
politiche redistributive e dei loro effetti sulle famiglie.
16
4. Istruzione e formazione
L’istruzione è una risorsa personale fondamentale per conseguire e gestire il benessere.17 I percorsi
formativi hanno un ruolo fondamentale nel fornire agli individui le conoscenze, le abilità e le
competenze di cui hanno bisogno per partecipare attivamente alla vita della società e all’economia
del Paese. Inoltre livelli di competenze più elevate possono migliorare il benessere delle persone
anche in domini come la salute, la partecipazione sociale e la felicità personale. Molti studi
mostrano che le persone con alti livelli di istruzione vivono più a lungo, partecipano più attivamente
alla vita della società, hanno livelli di fruizione culturale più elevati, commettono meno crimini e
hanno bisogno di meno assistenza sociale. Il percorso formativo è un percorso continuo che deve
coinvolgere tutto l’arco della vita: dai bambini in età prescolare fino alla terza e quarta età. Questo
dominio misura quindi: stato e livelli di istruzione e formazione delle diverse fasce di popolazione
(con attenzione anche ai bambini in età prescolare); i livelli di competenza acquisiti, con particolare
attenzione ai livelli di competenza della popolazione in età adulta. Il dominio misura anche in senso
più esteso le forme di fruizione e partecipazione culturale.
5. Lavoro e conciliazione tempi di vita
Il lavoro costituisce l’attività basilare di sostegno materiale e di realizzazione delle aspirazioni
individuali. La piena e buona occupazione è uno dei parametri principali della stabilità economica,
della coesione sociale e della qualità della vita. Se l’occupazione svolge un ruolo centrale nel
proteggere le famiglie dalla povertà, la disoccupazione di lunga durata è una delle cause della
povertà con conseguente deterioramento degli standard di vita. Obiettivo di questo dominio è
misurare sia la partecipazione al mercato del lavoro sia la qualità del lavoro (così come
raccomandata dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro)18, qualificando i diversi segmenti
dell’occupazione in relazione alla stabilità del lavoro, al reddito, alle competenze, alla conciliazione
degli orari tra tempi di lavoro, personali e familiari, alla sicurezza del lavoro e nel lavoro, alla
partecipazione dei dipendenti alla vita dell’impresa/ente/amministrazione, alla soddisfazione
soggettiva verso il lavoro.
6. Relazioni sociali
L’intensità delle relazioni sociali che si intrattengono e la rete sociale nella quale si è inseriti non
solo influiscono sul benessere psico-fisico dell’individuo, ma rappresentano una forma di
“investimento” che può rafforzare gli effetti del capitale umano e sociale. La famiglia costituisce un
luogo di osservazione privilegiato delle relazioni, insieme alle altre forme di relazione e di reti: dai
rapporti di amicizia e di lavoro, di comunità e di vicinato, all’impegno nel pubblico e nel
volontariato. Gli indicatori considerati nel dominio riguarderanno anche la fiducia interpersonale.
7. Sicurezza
La sicurezza personale è un elemento fondativo del benessere degli individui. Essere vittima di un
crimine può comportare una perdita economica, un danno fisico e/o un danno psicologico dovuto al
trauma subito. L’impatto più importante della criminalità sul benessere delle persone è il senso di
vulnerabilità che determina. La paura di essere vittima di atti criminali può influenzare molto le
proprie libertà personali, la propria qualità della vita e lo sviluppo dei territori.
Anche la tematica della violenza è strettamente legata alla sicurezza personale e alla qualità della
vita. Il dominio misura le caratteristiche e le dimensioni dei fenomeni criminali e della violenza con
particolare riguardo a quella domestica; le conseguenze della violenza e della criminalità subita; la
percezione della sicurezza e la preoccupazione dei reati; la considerazione del territorio in cui si
vive dal punto di vista della criminalità (il degrado socio ambientale osservato).
17
18
Michalos, A. C., Sharpe, A., Arsenault, J., Muhajarine, N., Labonte, R., Scott, K., et al. (2010). An Approach to the Canadian
Index of Wellbeing. Toronto, ON: Canadian Index of Wellbeing.
Si vedano gli studi sul decent work: http://www.ilo.org/global/topics/decent-work/lang--en/index.htm
17
8.Benessere soggettivo
Questo dominio intende misurare il benessere percepito dalle persone rilevando opinioni soggettive
sulla propria vita. Queste informazioni soggettive forniscono un’informazione complementare a
quella fornita dai dati oggettivi che sono estremamente utili a misurare la qualità complessiva della
vita degli individui. Sia dalla consultazione effettuata in Gran Bretagna dall’ONS19 che dall’analisi
dei pesi forniti da coloro che hanno consultato il My Better Life Index dell’OCSE20, è risultato che
la valutazione del benessere soggettivo è considerato dai cittadini uno degli elementi di maggiore
importanza nella valutazione del benessere.
9. Paesaggio e patrimonio culturale
Il paesaggio, la ricchezza e la qualità del patrimonio artistico, archeologico e architettonico fanno
dell’Italia un Paese unico al mondo. Il diritto alla bellezza e la tutela del paesaggio non sono
un’attività ‘fra altre’ per la Repubblica, ma una delle sue missioni più proprie, pubblica e
inalienabile per dettato costituzionale e per volontà di una identità millenaria.
L’articolo 9 della nostra Carta fondamentale, recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della
cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della
Nazione”.
La consapevolezza di possedere, dover custodire e valorizzare un patrimonio culturale ricchissimo,
frutto di arte e scienza, espressioni della genialità umana, individuale e collettiva sono un obbligo
per lo Stato ma appartengo anche alla coscienza e all’identità culturale di ciascuno di noi.
Questo dominio cerca di considerare questi elementi misurando quindi la presenza del patrimonio
storico, artistico, culturale e paesaggistico; la tutela; l’uso da parte della popolazione. Misura anche
l’attrattività economica dei territori in base alla presenza del patrimonio culturale e paesaggistico
come fattore che genera produttività e richiamo verso la classe creativa nazionale e internazionale.
10.Ricerca e innovazione
Ricerca, innovazione e tecnologia danno un contributo fondamentale allo sviluppo sostenibile e
durevole, tanto più importante in un’economia, come quella italiana, che mostra un pesante ritardo
in un contesto che attende risposte alle sfide del cambiamento economico, demografico e sociale.
Per approfondire la comprensione del progresso di un paese sarà necessario individuare un set di
indicatori nelle aree di Ricerca & Sviluppo, considerando l’attività di ricerca pubblica e privata la
capacità innovativa delle imprese, la ricerca dell’efficienza nell’uso delle risorse e il livello di
dotazione e competenze elevate in ambito tecnico-scientifico, anche considerando gli indicatori di
Europa2020.
11. Qualità dei servizi
L’analisi del benessere e delle opportunità di progresso richiede una valutazione della dotazione
infrastrutturale e dei servizi riletta alla luce della loro funzionalità ed efficienza, del grado di
utilizzo, delle misure di accessibilità, della qualità del servizio generato, dell’eventuale congestione.
Le stesse infrastrutture sociali incidono decisamente sulla qualità della vita della popolazione e
retroagiscono sulla opportunità del territorio. Si tratta di valutare le condizioni della dotazione di
infrastrutture e servizi, ponderata rispetto alla sua funzionalità di alcuni ambiti strategici, quali
mobilità, comunicazione, energia, servizi idrici, servizi per l’infanzia, servizi per gli anziani, servizi
per persone con disabilità, servizi sanitari.
19
http://www.ons.gov.uk/ons/guide-method/user-guidance/well-being/wellbeing-knowledgebank/understanding-wellbeing/findings-from-the-national-well-being-debate.pdf
20
http://www.oecdbetterlifeindex.org/#/
18
12. Politica e istituzioni
Oggi più che mai i cittadini richiedono trasparenza dalle loro istituzioni. La qualità del processo di
decisione politica è essenziale per la fiducia nelle istituzioni della democrazia. Apertura e
trasparenza migliorano i servizi pubblici e riducono i rischi di frode, corruzione e cattiva gestione
dei fondi pubblici. Una società coesa esiste solo se i cittadini hanno fiducia nelle loro istituzioni e
nella pubblica amministrazione. L’opportunità di esprimere un’opinione politica e di partecipare al
processo decisionale è importante per la qualità della vita. Il dominio misura le forme ed i modi
della partecipazione politica, la presenza nelle istituzioni e nei luoghi decisionali delle donne e dei
gruppi meno rappresentati, il livello di fiducia dei cittadini verso le istituzioni, la qualità della
giustizia.
I nuovi indicatori
Ogni dominio è stato declinato dunque individuando una serie di indicatori (cioè dimensioni)
specifici che sono stati ritenuti sufficientemente esaustivi per individuare e monitorare l’andamento
del benessere della società, tenendo conto della equità e della sostenibilità. Ogni singolo dominio,
tramite gli indicatori specifici, è in grado di descrivere in modo efficace come quel determinato
dominio possa contribuire in modo essenziale al benessere collettivo.
Al momento l’elenco completo dei singoli indicatori non è stato ancora formalmente definito
Gli indicatori, comunque, sono stati proposti dalla Commissione scientifica insediata presso
l’ISTAT, sono stati discussi dal Comitato CNEL – ISTAT) , nei prossimi mesi saranno presentati
sul territorio nazionali con una serie di incontri itineranti con le realtà locali e, successivamente,
saranno disponibili sul sito www.misuredelbenessere.it
Verso quale obiettivo si indirizza la proposta degli indicatori?
In molti, soprattutto i più scettici, siano essi studiosi o semplicemente opinionisti, hanno da subito
considerato l’iniziativa che il CNEL sta portando avanti con l’ISTAT come un modo per distogliere
l’attenzione dei più dai bassi (alle volte nulli) tassi di sviluppo registrati negli ultimi anni. In molti
hanno pensato, cioè, che dietro questa proposta innovativa ci fosse il tentativo di fare un
ragionamento del tipo “visto che il PIL italiano è fermo, occupiamoci di altro e dimostriamo che
comunque, tutto sommato, continuiamo ad essere il “BEL PAESE”.
Niente di tutto questo.
Siamo invece nel pieno di una iniziativa che può essere ricondotta ad un campo di studi
multidisciplinari interno alla scienza politica. Ci si trova cioè nell’ambito di una azione indirizzata
ad individuare, tra l’altro, i comportamenti dei soggetti operanti nell'arena pubblica (approccio
comportamentale).
Lo studio delle politiche pubbliche, quindi, consiste in un lavoro di ricerca che ha come unità di
analisi fondamentale un problema collettivo nei confronti del quale le autorità pubbliche (e a certe
condizioni anche organizzazioni private) decidono di fare o non fare qualcosa.
L’obiettivo di questa iniziativa è dunque quello di analizzare la società nella sua dinamicità e,
contestualmente, valutare quale policy possa essere messa in campo per migliorare o contrastare
alcune tendenze in atto.
Di fatto, lo strumento che si crea è uno strumento proprio per tutti i parlamentari, quotidianamente
impegnati nella gestione dello Stato, nelle sue diverse sfaccettature. Gli indicatori sono dunque un
ottimo mezzo per valutare ex ante, ma anche ex post, le leggi che si approvano, in relazione alle
esigenze della collettività . La valutazione di compatibilità economica, ex art. 81 della Costituzione,
di ogni singolo disegno di legge, non sarà dunque più la sola “sostenibilità” da verificare e
monitorare. E questo concetto è peraltro pienamente coerente con quanto affermò sin dall’inizio il
CNEL, quando propose di voler creare una Costituzione Statistica fatta di elementi di rilevanza
generale condivisi dalla società.
19
In questa direzione, per esempio, si possono ricordare le proposte di Rossi, Freeman e Lipsey che
prevedevano un approccio sistematico alla valutazione delle politiche pubbliche (program
evaluation), strutturato essenzialmente su alcune domande cui il valutatore non può sottrarsi:
•
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quali sono i propositi della valutazione in questione?
qual è la struttura e il contesto in cui si trova il programma analizzato?
come deve essere impostata la relazione con gli stakeholders?
quali sono le domande valutative (evaluation questions) cui è necessario dare risposta?
quali sono i metodi applicabili per dare risposte solide alle domande poste?
Le domande valutative individuate dagli autori sono cinque e costituiscono altrettanti stadi del
processo di valutazione di una politica pubblica:
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valutazione dei bisogni sociali cui vuole rispondere il programma
valutazione della teoria sottesa al programma
valutazione del processo/implementazione
valutazione dell’impatto/degli effetti
valutazione di efficienza
Quello che si può mettere in atto, secondo quanto proponiamo, è una valutazione che può assumere
la forma di
1.
2.
3.
4.
strumento per allocare risorse agli usi più meritevoli;
veicolo per rendere conto delle realizzazioni effettuate in un certo ambito di azione pubblica
strumento di analisi critica dei processi di attuazione di una politica
valutazione come stima degli effetti prodotti da una politica (Martini, Cais 1999).
Tutto questo, in una fase economico – sociale come quella che stiamo vivendo, è certamente da
tenere in dovuta considerazione.
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