Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro Innovazione tecnologica e lavoro Seminario Roma, 6 aprile 2017 Intervento Dott. Delio Napoleone - Presidente f.f. del CNEL Porgo molto volentieri il saluto di benvenuto a tutti i partecipanti a questo Seminario di approfondimento e di confronto. Vi ringrazio a nome del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, ed anche a titolo personale. Sono grato agli illustri esperti che hanno accettato di introdurre la nostra discussione, e a tutti coloro che, a nome di diverse Organizzazioni sociali e istituzionali, vorranno prendere la parola. Un particolare riconoscimento lo voglio esprimere anche al nostro Consigliere Giuseppe Pennisi che riveste la funzione di Presidente della Commissione dell’Informazione. Non è facile, in questa fase, dopo circa 3 anni di duri attacchi politici e mediatici, riprendere il lavoro del CNEL. Ci conforta e ci incoraggia, però, l’ampio voto democratico degli italiani. Ma non voglio parlarvi di questo, né tantomeno fare polemiche: Però vi prego di considerare come quello che è avvenuto contro questa Istituzione non ha precedenti nella storia della Repubblica. Sarà bene non dimenticare i fatti successi, per chi ha a cuore la vita democratica e l’espressione del pluralismo sociale che uno degli elementi forti che anima la nostra Costituzione. Siamo qui per parlare di innovazione tecnologica e di lavoro. Sempre nuove sfide si manifestano nella nostra vita contemporanea. 2 Viviamo ancora dentro una crisi economica e sociale profonda, che ha distrutto in Europa, e in tutto l’Occidente, molti milioni di posti di lavoro. Il progresso tecnologico, costante nel mondo, determina poi ulteriori problemi perché, da sempre, il lavoro dell’uomo viene sostituito da sofisticati macchinari e nuovi processi produttivi. E’ stato così per le macchine a vapore, per le macchine da scrivere, per le macchine utensili sempre più automatizzate. Sono stato imprenditore manifatturiero per alcuni decenni e so di cosa si parla, e quali processi e problemi si possono creare. Ma, oggi, la sfida è più incisiva perché attraversiamo una fase ancora recessiva e i problemi si sommano, senza una adeguata capacità di risposta. Il lavoro dell’uomo sembra perdere valore e considerazione economica e politica. Nel secolo XIX ha preso un certo piede una ideologia economica e politica che denunciava il lavoro ridotto a merce. Oggi rischiamo di vivere un epoca nella quale il lavoro non è neanche più una merce. Più semplicemente non è più cosi rilevante come in passato. Infatti il lavoro serve per la dignità dell’individuo perché collega la ricchezza alla capacità di produrla. La capacità di una persona e di un territorio hanno a che vedere con l’identità individuale e collettiva. 3 Perdere l’identità ci porta alla depressione, che non a caso è la malattia della nostra epoca. In molti Paesi europei ci sono almeno due generazioni di giovani che non sono ancora entrate stabilmente nel mondo del lavoro. Questo fenomeno non era mai avvenuto. Senza lavoro l’uomo perde fiducia in se e nella società. Non è solo un problema di accesso alle risorse economiche di sostentamento, che potrebbero arrivare da misure di politica passiva, sostegno al reddito e fenomeni di solidarietà familiare e sociale. Un uomo senza lavoro costituisce però un danno anche alla società nel suo complesso, sottraendo competenza e forza al mondo produttivo e isolando l’uomo dalla società. Contemporaneamente abbiamo una pressione straordinaria dal Sud del mondo, di milioni di persone che vogliono emigrare dai loro Paesi, vogliono sottrarsi ad un destino di sottosviluppo o di sviluppo troppo lento. Che fare ? Quali ricette adottare ? Quali politiche innovative avanzare ? Non spetta certo a me dare queste risposte. Vorrei solo sottolineare che non possiamo sottrarci alla sfida di definire e introdurre delle risposte adeguate nel sistema. 4 Cresce il disagio sociale, anche la violenza in certe fasce del mondo giovanile, che magari è indotto ad abbracciare anche dottrine fanatiche, o a cercare rifugio in altri comportamenti devianti. Credo che ci voglia una visione culturale nuova. Il lavoro costituisce il legame tra uomo e società attraverso il sistema economico e pertanto con le politiche del lavoro in senso lato è possibile determinare una società. Una visione che si ponga il problema di innovare il mondo e la cultura del lavoro. Una visione che, in Italia, si proponga di dare attuazione, non solo all’articolo 1 della Costituzione, ma ancor di più all’articolo 4. Quello che dice che: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Ritengo che in questa visione ampia ci possano essere molte risposte. Si tratta di cominciare a vedere il lavoro in modo nuovo, in forme e modalità diverse. 5 Attività o funzioni che concorrano al progresso materiale o spirituale della società, dice la Costituzione. Molti giovani, molte persone sono in cerca di un lavoro ma, ancor di più, di un senso diverso al loro lavoro. Penso al lavoro delle donne, ma anche a quello di molti ragazzi e adulti. Penso che dovremo cominciare a definire nuovi statuti e canoni di lavoro. Ma anche nuove tutele e nuovi riconoscimenti. Credo che dovremo anche guardare con occhi diversi al tema degli orari di lavoro, e a quello della conciliazione con la vita personale e sociale. Nuovi modelli di società e di inclusione sociale sono necessari. Mi fermo qui, perché sono andato ben oltre un semplice saluto. Ma volevo lasciarvi anche qualche spunto per il vostro confronto. Vi ringrazio ancora sinceramente e auguro un proficuo scambio comune, del quale il CNEL terrà conto e che faremo circolare. 6