1 - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione "Riccardo

Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010
1. Il formatore aziendale
La figura del “formatore aziendale” trova una sua collocazione istituzionale nelle
organizzazioni di lavoro, laddove sia necessario assicurare ai lavoratori l’acquisizione delle
conoscenze, capacità e competenze necessarie o utili per svolgere adeguatamente il proprio ruolo,
funzione, attività: è presente soprattutto – ma non solo - nelle grandi realtà aziendali e nei settori
dell’Amministrazione Pubblica, essenzialmente all’interno di azioni per l’inserimento e
l’aggiornamento degli operatori, dei quadri intermedi, dei manager. Si tratta di realtà organizzative
che riconoscono nella formazione una funzione interna, spesso gestita in modo autonomo o
attraverso strutture apposite (in tali casi il formatore aziendale partecipa o è integrato al tessuto
organizzativo).Un altro campo di azione dei formatori aziendali è all’interno delle agenzie
formative, sia private che pubbliche, le quali vengono chiamate dalle aziende e dalle altro
organizzazioni di lavoro a progettare e svolgere interventi formativi al loro interno.
Possono poi trovare collocazione nell’ambito degli enti di formazione professionale dei
lavoratori.
Gli interventi formativi collegati ai bisogni aziendali sono essenzialmente di quattro tipi:
- preparazione dei lavoratori prima del loro ingresso nel lavoro o in un particolare tipo di lavoro;
.- formazione di neoassunti, passaggi di ruolo, assunzione di nuove responsabilità;
- formazione di aggiornamento e supporto;
- -riqualificazione del personale, in concomitanza con processi di riconversione della produzione;
- -formazione per lo sviluppo innovativo, in concomitanza con trasformazioni produttive di tipo
tecnologico (reingegnerizzazione dei processi) e organizzativo (come fusioni o privatizzazioni), o
all’interno di strategie per la “qualità totale.
Riportiamo qui di seguito alcune definizioni della figura professionale del formatore,
provenienti da diverse fonti.
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (2002)
“Il formatore aziendale1
Il formatore aziendale svolge attività di docente, istruttore e tutor nelle imprese, nei servizi, nelle
pubbliche amministrazioni, in programmi di educazione continua, permanente e ricorrente.
Opera come tutor nella formazione a distanza o in rete, come gestore di risorse didattiche e di
documentazione orientata all’educazione e alla sua storia (centri educativi, mediateche, servizi
documentali, archivi), o come operatore nella editoria di software educativo. In questo quadro,
rispondendo alla forte esigenza di competenze relative all’uso dei nuovi media nei processi formativi, può
specializzarsi come formatore e progettista della formazione, esperto nell’uso didattico delle nuove
tecnologie, sintetizzando in sé le conoscenze e competenze proprie dei media educator con quelle del
tecnologo educativo con particolare riguardo alla formazione a distanza (open distance learning).
Opera inoltre nei centri di formazione professionale, nelle agenzie formative, nelle unità per la
formazione e sviluppo delle risorse umane delle grandi organizzazioni pubbliche, private e del terzo
settore, nei centri per l’impiego, nelle agenzie di lavoro interinale, nei centri di orientamento professionale,
nelle strutture pubbliche e private legate alla utilizzazione del Fondo sociale europeo (progettazione,
realizzazione, tutorato, verifica e valutazione), negli Ifts, nelle iniziative promosse dalle regioni e dagli enti
locali sul piano dell’educazione permanente e ricorrente, dell’aggiornamento professionale”.
1
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Guida all’università e alle professioni (Roma dicembre 2002, p.
29)1
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Esperto in formazione aziendale (ISFOL, Job Description nella formazione)2
“Definizione
L'Esperto in formazione aziendale svolge una serie di attività che sono finalizzate al
mantenimento/innovazione/sviluppo delle competenze delle risorse umane operanti all'interno delle
organizzazioni. L'addestramento e formazione sono quegli strumenti attraverso cui viene fornita,
mantenuta o migliorata la professionalità dei lavoratori.
Compiti e principali attività
In generale l'Esperto in formazione aziendale svolge i seguenti compiti:
1.
effettua analisi delle esigenze di formazione sia organizzative che individuali;
2.
si occupa della pianificazione e della successiva progettazione degli interventi di
formazione, anche utilizzando metodologie innovate (ad esempio: formazione a distanza);
3.
laddove ve ne siano le condizioni si occupa del reperimento dei fondi per il
finanziamento delle attività progettate;
4.
ricerca gli esperti da coinvolgere nelle iniziative di formazione;
5.
si occupa della gestione degli interventi formazione (tutoraggio delle iniziati ve di
formazione, rapporto con i docenti esterni);
6.
su determinate tematiche in merito alle quali possiede delle specifiche competenze
svolge attività di docenza;
7.
si occupa del monitoraggio degli interventi di formazione (analisi dei risultati della
formazione a livello individuale o collettivo).
L'Esperto, specialmente se opera in società di consulenza, può in qualche modo
specializzarsi in uno o alcuni dei compiti che sono stati indicati precedentemente;
in effetti può esservi una distinzione tra progettisti di formazione (coloro che si occupano
dell'analisi dei bisogni, della progettazione, della ricerca dei finanziamenti, del monitoraggio degli
interventi) e docenti (coloro che hanno una relazione diretta con gli utenti dell'attività formativa
avente come focus l'apprendi mento di nuove conoscenze/capacità).
Inoltre, sia tra coloro che svolgono una funzione docente che tra i progettisti di formazione
esistono delle specializzazioni dovute alle competenze tecnico/professionali individuali.
Ad esempio è frequente che chi si occupa di formazione per la sicurezza abbia una base di
conoscenze tecniche, provenga dall'area produttiva, abbia svolto attività di addestramento del
personale operativo e, successivamente, abbia iniziato ad occuparsi di progettazione,
aggiornamento, formazione sulle medesime tematiche.
Competenze
L'Esperto deve possedere una buona conoscenza generale del funzionamento delle
organizzazioni, dell'organizzazione in cui si trova ad operare (orientamenti strategici, struttura,
processi, problematiche di miglioramento continuo, ecc.), delle finalità della formazione, dei
processi di apprendimento.
Ha una approfondita conoscenza delle tecniche e degli strumenti per il monitoraggio delle
esigenze di formazione, delle tecniche di progettazione, delle strategie e tecniche didattiche, della
gestione delle dinamiche di gruppo.
Conosce le modalità attraverso cui i progetti di formazione possono essere finanziati da
fondi europei, nazionali o regionali.
Tra le competenze trasversali appaiono molto importanti l'ascolto, la comunicazione
interpersonale, la gestione delle dinamiche interpersonali”.
2
Sito Internet www.isfol.it.
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ESPERTO DI FORMAZIONE (Regione Toscana, Comparto Servizi educativi)3
“Descrizione
E' una professionalità altamente qualificata che opera nel settore dell'istruzione/formazione.
Elabora, realizza e controlla le azioni formative predisponendo obiettivi, contenuti, metodologie,
procedure, strumenti e forme di verifica collegandole all'evoluzione dei profili professionali e del mercato
del lavoro. Può operare quale responsabile della preparazione di un progetto formativo (project design), del
coordinamento tecnico di progetto e del monitoraggio dello stesso.
Conoscenze * realtà economica e sociale del territorio in cui opera; * organizzazione aziendale e
del lavoro; * strumenti di analisi della professionalità; * procedure e strumenti di analisi dei bisogni di
formazione; * teoria generale della progettazione formativa; * caratteristiche essenziali del processo
formativo; * definizione degli obiettivi formativi; * elementi di sociologia dell'organizzazione; * elementi
di pedagogia; * didattica e metodologie didattiche; * teoria e tecnica della valutazione sia dei soggetti che
delle azioni; * sistema di formazione professionale a livello regionale, nazionale ed europeo; *
problematiche europee più recenti relative alle strategie e ai programmi di formazione; * strumenti di
finanziamento e gestione degli interventi formativi; * contratto di lavoro e principali normative regolanti il
rapporto di lavoro; * igiene del lavoro, prevenzione e pronto soccorso
Competenze * comprendere e, se necessario, negoziare con il committente, il programma di
formazione all'interno del quale gli si chiede di svolgere un progetto formativo; * effettuare l'analisi dei
bisogni formativi dell'utenza ed il confronto fra questi e le finalità indicate dal committente; * disegnare un
progetto di formazione coerente con le finalità, i tempi e le risorse disponibili; * identificare e contattare le
competenze necessarie, discutere e decidere con i formatori e gli esperti i tipi e le modalità degli interventi,
sussidi didattici, strumenti di valutazione dei soggetti e predisporre quanto necessario in termini di
articolazione didattica delle competenze e valutazione dei risultati; * intervenire, in situazione reale in
qualità di formatore o esperto di un particolare settore; * verificare la correttezza e la coerenza delle risorse
e predisporre, se necessario, un rendiconto amministrativo; * stendere una relazione pedagogico didattica
sull'andamento e i risultati dell'intervento formativo; * utilizzare a scopo di autoformazione e come sussidi
per la professione, reti di informazione nazionali ed internazionali, selezionare documenti e bibliografie,
utilizzare riviste specializzate; * rapporti interpersonali a monte e a valle e con i livelli di responsabilità; *
previsione dell'evoluzione del proprio ruolo professionale
Sbocchi occupazionali * enti pubblici e privati; * aziende; * società di consulenza; *
organizzazioni datoriali; * organizzazioni sindacali; * cooperative di formazione; * libera professione”.
3
Sito Internet, www\Regione Toscana_ Database F_S_E_ banca dati dei profili professionali
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Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010
Sono un formatore: allora sono un esperto della cura e della conoscenza di sé
La figura del formatore aziendale è dunque quello di un professionista esperto in
“Progettazione, organizzazione, metodologia e valutazione dei sistemi di formazione aziendale e
professionale”4. Ma è anche un operatore culturale, che opera a cavallo delle esigenze degli
individui e delle organizzazioni di lavoro, per svolgere un compito educativo. Scruve Donata
Fabbri5:
«L’etimologia greca [del termine formazione] ci rinvia a morphé e quella latina a forma.
Sarebbe un errore pensare, come alcuni hanno fatto frettolosamente, che un termine sia traduzione o
sinonimo dell’altro. Il termine greco, infatti, contiene l’idea di un modo di essere […] mentre quello
latino include l’idea di un’azione esercitata su qualcosa, in un determinato tempo e contesto. […]
Nel pensiero filosofico greco, il concetto, l’idea, era espresso da morphé, essenza, caratteristica
concettuale delle cose materiali, opposta alla materia…Nella latina forma è contenuto invece il
nostro agire sugli oggetti o su di noi, per tras-formare, far diventare altro, modificare, far apparire
diverso.
«…Apprendere e formare diventa allora una diade inscindibile e complessa …Ma se
formare o formarsi serve ad apprendere, avrà dunque anche a che fare con il sapere, con la sua
elaborazione, la sua trasmissione, il rapporto che noi elaboriamo con esso.
«…potremmo dunque definire la formazione come una dimensione cognitiva fondamentale
per l’età adulta, intimamente connessa ai cambiamenti che caratterizzano il nostro percorso
evolutivo. Essa è costituita da processi, metodi e strategie di ricerca e di creatività tendenti alla
definizione di forme di azione, conoscenza ed esistenza congeniali al divenire di ogni essere umano.
Questa definizione ci propone un concetto di formazione che è progetto esistenziale, che non è
separato dal nostro percorso di vita adulta e che lo caratterizza poiché presuppone una presa di
coscienza sul proprio divenire e sul proprio agire….
«La formazione ha sposato troppo facilmente, negli ultimi anni, certe ottiche
dell’organizzazione, non sempre “illuminate”, che hanno contribuito a impoverire i suoi apporti e il
suo messaggio di fondo. Tanti, troppo corsi di formazione non sono certo corsi veramente
“educativi”, ma solo luoghi in cui vengono proposti apprendimenti rapidi e immediatamente
applicabili, senz’altro considerati utili dall’organizzazione che li domanda o li impone, ma non
costruiti nell’ottica della “formatività” …
«È necessario imparare il coraggio di non chiamare formazione tutto quello che corrisponde
alla trasmissione di certi saperi o di certe competenze, tutto quello che capita o succede in
un’aula.… «Non si fa sempre formazione. Si può fare training, corsi di istruzione su regole e
dettagli tecnici, su comportamenti necessari in sede organizzativa (da come si risponde al telefono a
come si accolgono i visitatori ecc.) si possono tenere corsi di apprendimento (computer, lingue
straniere ecc.): sono corsi necessari e indispensabili al funzionamento di un’organizzazione e
devono sicuramente continuare a esistere … ma per favore non chiamiamoli, come si usa fare oggi,
corsi di formazione!
«…questo termine è troppo inflazionato, non è riservato, come dovrebbe essere, a un
contesto di competenze ed esperienze che hanno come oggetto, anche se usando metodologie
diverse e sviluppando temi svariati, la presa di coscienza dell’esistere in formazione. Presa di
coscienza che può avvenire in modi diversi, ma che coincide sempre con uno o più momenti di
metariflessione sul nostro modo di apprendere, o sul nostro far parte di un progetto, o sulle
possibilità di cambiamento che ciò che abbiamo appreso può provocare, o sulla scoperta di nuove
potenzialità…dietro ogni vero corso di formazione dovrebbe esistere la preoccupazione di ornire a
Questa era la definizione originaria dell’insegnamento all’atto della istituzione della nostra Facoltà di Scienze
della Formazione di Milano Bicocca nel 1998, successivamente semplificata nella definizione odierna.
5
Fabbri, D., “Formazione come forma di adultità”, in Metodi per la formazione, fascicolo monografico della rivista
Adultità, n. 16, ottobre 2002, Guerini e Associati, Milano.
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Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010
chi si sta formando la possibilità di acquisire un elemento in più del suo essere, in un processo
costante e continuo di formazione.
Formazione al lavoro e formazione sul lavoro
Per esercitare con successo e soddisfazione una attività professionale, di qualunque tipo e in
qualunque contesto, è evidente che occorre possedere un insieme di conoscenze, capacità e
competenze apprese in precedenza.
In passato e per molti secoli, nelle società con modi di produzione diversi dalla cosiddetta
civiltà industriale, caratterizzati da scarsa mobilità sociale e dal perpetuarsi di padre in figlio delle
condizioni sociali e professionali, ciò raramente avveniva in modo istituzionalizzato e
consapevolmente intenzionale. Contadini e artigiani imparavano il loro mestiere da padri e madri o
da altre persone esperte, attraverso le pratiche dell’affiancamento, dell’apprendistato e del tirocinio
(peraltro ancora oggi presenti e spesso efficaci); mentre preti, giudici, medici – e in genere chi era
destinato a una professione liberale normalmente associata a un ruolo sociale importante –
ricevevano una istruzione preliminare in apposite istituzioni (i seminari, le università) prima di
intraprenderne l’esercizio
La civiltà industriale con il modo di produzione capitalistico, caratterizzato dal lavoro
dipendente e da complessità tecnologica via via rivelatasi crescente, fa aumentare il numero di
coloro che hanno bisogno di apprendere le competenze necessarie per svolgere un lavoro prima di
iniziarlo. Nasce così, a partire dall’Ottocento, il sistema della istruzione professionale. Ma gli
sviluppi della civiltà industriale (così sensibili e veloci da far parlare oggi di civiltà postindustriale),
comportano anche l’esigenza da parte dei lavoratori di apprendere nuove tecniche per far fronte ai
cambiamenti che avvengono nel corso della vita lavorativa: in tempi recenti questa si è rivelata una
condizione necessaria per consentire ai lavoratori di conservare il loro lavoro, al sistema produttivo
di mantenere la propria efficienza ed efficacia anche a fronte dell’aumento della competitività da
parte di altre imprese a livello locale, nazionale, internazionale e oggi, come si dice, globale.
Oggi si possono distinguere, nell’ambito della formazione collegata al lavorom due diversi
sistemi. La formazione al lavoro, la cosiddetta istruzione professionale, normalmente impartita
prima dell’ingresso nel mondo del lavoro, a giovano destinati a engtrarvi successivamente, di solito
ad opera di appositi organi pubblici a ciò destinati (tra cui gran parte delle istituzioni scolastiche:
non solo gli istituti professionali, ma per esempio anche le facoltà di medicina, ingegneria,
architettura e via elencando). E la formazione sul lavoro, oggi chiamata formazione continua, che
avviene – o dovrebbe avvenire – durante l’intera vita di lavoro (perciò si chiama anche “formazione
permanente” e “formazione lungo l’arco della vita” e permettere la corrispondenza tra lo sviluppo di
tecnologie produttive e processi organizzativi da un lato, e delle competenze dei lavoratori
dall’altro.
Nell’ambito della formazione “sul lavoro” (e più raramente della formazione “al lavoro”)
rientra la formazione aziendale. Ed è di essa che tratteremo, anche quando, per brevità espositiva,
utilizzeremo semplificando il termine di formazione; così come useremo spesso “formatore” per
formatore aziendale (che del resto, come si vedrà, formatore rimane).
Cos’è la formazione aziendale
Lo studio della formazione aziendale6 riguarda i saperi e le pratiche che facilitano
l’apprendimento delle conoscenze capacità e competenze necessarie a svolgere adeguatamente i
Fino a pochi lustri orsono, il termine “formazione” tout court designava esclusivamente la formazione aziendale (e
“formatori” erano solo quelli che operavano nelle aziende, come dice il nome della loro associazione: AIF,
Associazione Italiana Formatori). Si chiamava poi “formazione professionale” quella impartita prevalentemente prima,
e raramente dopo, l’ingresso nel mondo del lavoro a cui era ritenuta strettamente funzionale, e perciò considerata la
forma meno nobile di istruzione: non a caso governata non dal Ministero della Pubblica Istruzione, ma dal Ministero del
Lavoro prima, dagli assessorati regionali al Lavoro poi.
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ruoli professionali ricoperti nei contesti organizzativi e a fronteggiare, individualmente e
collettivamente, i cambiamenti tecnologici, organizzativi, culturali del mondo del lavoro.
Sistemi e attività di formazione in azienda rispondono a diverse intenzionalità educative,
utilizzano diversi approcci progettuali, metodologici e didattici, e danno luogo a pratiche multiformi
ognuna delle quali presenta aspetti problematici: anche per questo lo statuto epistemologico della
formazione aziendale è incerto.
Fare formazione, nei contesti di lavoro organizzato, significa “aiutare persone, gruppi e
organizzazioni ad apprendere per cambiare, e quindi a intervenire in maniera finalizzata e
organizzata sulla cultura professionale di individui e gruppi, attraverso la metodologie
dell’apprendimento consapevole” (Bruscaglioni 1991). Questa definizione tende a superare la
concezione della formazione aziendale come puro strumento di gestione delle risorse umane (quali
sono altre pratiche: la selezione, la valutazione delle prestazioni o del potenziale, i percorsi di
carriera, le politiche retributive ecc.), concezione che pure è ancora possibile ritrovare in alcuni
contesti organizzativi.
Partendo dal presupposto di una formazione aziendale rivolta a soggetti adulti, mirata
all’apprendimento consapevole in funzione del cambiamento individuale e collettivo, finalizzata
allo sviluppo di conoscenze, abilità, competenze, atteggiamenti e comportamenti dei soggetti e
quindi alla loro crescita, essa rientra a pieno titolo, dal punto di vista pedagogico, nel vasto campo
della educazione degli adulti, di cui costituisce una delle articolazioni: condizione e criterio per
determinare la sua efficacia sarà per l’appunto la rispondenza ai principi e alle finalità dell’Eda. E’
all’interno dell’Educazione degli adulti che si ritrovano gli elementi di un possibile statuto
epistemologico della formazione aziendale.
Formazione aziendale e formazione continua
Anche sul terreno delle politiche generali la formazione, con le nuove definizioni di
formazione continua, permanente e per tutto l’arco della vita, è ormai riconosciuta, almeno a parole,
come fattore essenziale dello sviluppo civile ed economico di ogni paese, sia nell’ottica della
cosiddetta occupabilità derivante dallo sviluppo di competenze dei lavoratori, sia in quella della
cittadinanza attiva e dell’integrazione tra culture diverse. Alle concezioni tradizionali ne sono state
aggiunte, e talora contrapposte, di nuove e di diverse: ci si spinge a parlare di formazione
postmoderna o postindustriale.
L’avvento, infatti, di nuovi fattori storico-sociali come la globalizzazione dell’economia,
l’introduzione di nuove tecnologie in continua evoluzione, la concorrenza internazionale tra le
imprese, i processi produttivi basati sull’intensità di conoscenze possedute dalle organizzazioni e
dai lavoratori, le nuove forme di organizzazione a responsabilità diffusa, è causa e conseguenza
insieme di una profonda trasformazione dei modi di produzione e di conseguenza del mercato del
lavoro: che non solo richiede ai lavoratori un maggior livello di competenze, ma impone loro da un
lato una più ampia flessibilità per quanto riguarda ruoli e mansioni attuali, dall’altro la prospettiva
(imposta o subìta) di dover cambiare nel corso della loro vita, persino più volte, il loro bagaglio di
professionalità.
Ecco allora che accanto alle competenze tradizionalmente codificate come sapere, saper
fare, sapere essere, è ormai riconosciuta altrettanto cruciale quella di “saper divenire”.
Il merito di aver rivendicato il significato ricco e pregnante del termine “formazione” (per analogia con Bildung della
cultura germanica) all’insieme delle attività di istruzione, educative e formative, va riconosciuto soprattutto all’opera di
Riccardo Massa, e trova la prima testimonianza con l’istituzione, alla fine dello scorso secolo, delle Facoltà di Scienze
della Formazione. Nella lingua inglese, di cui le discipline organizzative e gestionali sono largamente tributarie, il
termine non esiste. Gli autori anglosassoni usano i termini training, management education o, in senso più vicino al
nostro di formazione, Training & Development. In francese si usa invece il termine formation con significato analogo
all’italiano.
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Per fare formazione si parte dai bisogni (individuali o organizzativi), ma anche dagli
interessi, dalle intenzioni, dai desideri: e alla formazione si chiede di dare risposte ma anche di
formulare proposte. Progettare la formazione significa anzitutto esprimere finalità e obiettivi
negoziati e condivisi: è questa condivisione a denotare la formazione efficace rispetto a quella
apparente. Finalità e obiettivi vanno discussi e negoziati tra tutti gli attori del processo formativo,
mettendo in discussione il tradizionale predominio della committenza; rivendicando il diritto dei
soggetti in formazione di decidere in merito alla propria formazione e valorizzando il ruolo dei
formatori.
La formazione aziendale si rivolge a una popolazione spesso reticente a ricollocarsi in
situazioni di apprendimento che richiamino i contesti scolastici. I lavoratori a cui la formazione
aziendale si rivolge, dai manager agli operatori, sono individui consapevolmente e spesso
orgogliosamente in possesso di esperienze di lavoro (oltre che di vita);essi si definiscono
“partecipanti” a percorsi di apprendimento, e non allievi o discenti, perché si pongono in posizione
paritetica nei confronti del formatore, di cui accettano solo a ragion veduta e salvo verifica il
differenziale cognitivo, ma non il differenziale gerarchico: si aspettano un processo formativo utile,
interessante, motivante, coinvolgente e, naturalmente, efficace ai fini dell’apprendimento.
Si aspettano da un aumento delle proprie competenze lavorativo un maggior benessere; e in
una collettività organizzata qual è l’azienda, il benessere dei lavoratori è condizione del benessere –
meglio, del successo – dell’azienda, che a sua volta in tal modo contribuisce al benessere dei
lavoratori che per lei operano.
Per questa strada il tema del benessere (sottostante a tutti i fenomeni educativi) rientra a
pieno titolo come fattore di successo, efficienza ed efficacia anche nella vita delle aziende.
L’intenzionalità educativa
Comune alla formazione per e nel lavoro e all’educazione degli adulti è un’intenzionalità
educativa orientata su tre assi:
lo sviluppo dei soggetti: nel senso della loro autonomia nel comprendere, valutare e
scegliere la propria vita come lavoratori, cittadini, detentori di ruoli sociali;
lo sviluppo degli aggregati sociali: nei quali avviene l’incontro tra le potenzialità e le
scelte individuali e le scelte collettive. Nel caso della formazione aziendale, l’aggregato sociale al
cui sviluppo i soggetti contribuiscono è il contesto delle organizzazioni di lavoro);
lo sviluppo della società: sotto il profilo culturale, civile, economico e politico,
tenendo conto della sua complessità e dell’accelerato ritmo di cambiamento.
Nei confronti dei soggetti la formazione aziendale condivide la finalità comune e prioritaria
di ogni attività di educazione degli adulti, quali che ne siano gli scopi e gli obiettivi specifici, cioè
quella di favorire lo sviluppo di capacità (alcuni le chiamano competenze) fondamentali quali:
imparare a imparare: nel senso di costruire significati in relazione alle esperienze di
vita, lavoro, socialità, cittadinanza;
imparare a scegliere e decidere: in funzione dl proprio benessere, dei propri
interessi, dei propri progetti di vita;
imparare a collaborare: nel senso di contribuire consapevolmente ed efficacemente
ai processi di democratizzazione come pratica della libertà propria e altrui nel rispetto di diritti e
doveri validi per tutti.
Tali finalità si realizzano favorendo il processo di apprendimento, nelle dimensioni
cognitiva, emotivo-affettiva, operativa e relazionale; stimolando a utilizzare consapevolmente il
lavoro della mente delle diverse individualità circa i tempi e modi di apprendere, esprimere,
interpretare, scegliere, decidere, comunicare, agire.
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Per operare secondo questi principi nel mondo complesso del lavoro in evoluzione, di fronte
a soggetti i cui atteggiamenti nei confronti del lavoro sono a loro volta nuovi e diversi rispetto agli
stereotipi dell’acquiescente adattamento, l’esperienza sul campo non basta più. Si rivela l’urgenza
di un incontro e di un confronto tra pratiche e saperi. Il mondo del sapere, e in particolare
l’università, mostra una attenzione sempre crescente nei confronti delle esperienze di formazione da
cui traggono alimento le elaborazioni teoriche. Tocca però anche al mondo delle pratiche tener
conto della maturazione dei saperi, per calarli criticamente e problematicamente, ma comunque in
modo consapevole, nelle esperienze quotidiane di formazione. Solo così le innovazioni
metodologiche, il mutare dei tempi e dei luoghi della formazione, l’ingresso delle nuove tecnologie,
e persino i nuovi approcci (dal dibattito sulle competenze all’apprendimento organizzativo, per
esempio) acquisteranno valenza culturale e efficacia operativa, ognuna indispensabile all’altra.
Nel momento in cui il binomio formazione-lavoro si delinea come campo di una vera e
propria azione sociale, occorre prendere atto che anche la formazione aziendale deve intrecciare la
conoscenza e la riflessione sulla realtà – sulle pratiche formative – con la elaborazione di teorie – i
saperi dell'educazione - capaci di ispirarne l'azione e renderla utile ed efficace, e perché no
piacevole, per tutti i suoi protagonisti: le organizzazioni, gli uomini e le donne che vi lavorano, i
formatori. In questa concezione, alle molte definizioni che tentano di descrivere il ruolo del
formatore, siamo tentati di aggiungerne una: quella di organizzatore di cultura, nel senso più ampio
del termine. Organizzatore di risorse scientifiche, culturali intellettuali ed emotive, materiali e
simboliche, proprie, naturalmente, e dei propri interlocutori (le organizzazioni da un lato, i soggetti
in apprendimento dall’altro), come passaggio per la costruzione di significati e di valori.
Sollecitatore di quell’intreccio tra bisogno di imparare e desiderio di apprendere necessario a
garantire l’efficacia e la qualità della formazione anche nella sua più ovvia declinazione riferita ai
contesti organizzativi: nei quali individui e organizzazioni, ciascuno con le proprie storie e i propri
interessi, bisogni, desideri, motivazioni scopi e obiettivi, non necessariamente sovrapposti ma anzi
dialetticamente intersecati, operano e vivono.
Concezioni della formazione aziendale
Anche le concezioni della formazione si stanno evolvendo. Naturalmente, sono tutte
compresenti nelle pratiche formative, talvolta tra loro combinate. E non tutto il predicato
corrisponde al praticato. Ma confrontiamo questi testi:
«…la formazione viene ad essere riconosciuta soprattutto rispetto alle sue finalità concrete e
operative di miglioramento della preparazione professionale di determinati gruppi o categorie di
individui: essa non si caratterizza cioè come fatto di promozione culturale quanto come momento di
trasmissione e acquisizione di un sapere tecnico e specialistico che si ritiene vincolante per
un’efficace “prestazione di lavoro”», (Quaglino, Carrozzi, 1987),
«Oggi diremmo che la formazione degli adulti, e così anche per la formazione nelle
organizzazioni, è un’esperienza culturale di crescita e sviluppo del potenziale individuale e di
gruppo per il miglioramento della performance lavorativa e il benessere sul posto di lavoro».
(Aversa, 2005)
« Il check-up sullo stato dell’imparare avrà lo scopo di chiarire le idee sul passaggio in corso
nel mondo del lavoro tra l’idea di risorsa umana (strumentale per il raggiungimento di obiettivi
altrui) e l’idea di persona (finalizzata al raggiungimento di obiettivi propri). Come conseguenza di
questa trasformazione il modo di imparare sta cambiando radicalmente e in futuro non si parlerà più
solo di formazione, ma anche e soprattutto di sviluppo e crescita dei soggetti, intesi come titolari di
un progetto di benessere, soggettivo e diffuso», (AIDP, Associazione italiana direttori del
personale; AIF, Associazione italiana formatori: Presentazione del 1° Chek-in sullo stato
dell’imparare, Milano, 24 novembre 2006).
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Semplificando, si può dire che le concezioni della formazione aziendale si sviluppano
all’interno di due polarità
Da un lato una visione che potremmo chiamare “organizzativa” (perché centrata sui bisogni
dell’organizzazione), in cui la sua funzione è quella di far sì che gli individui lavoratori si adeguino
alle esigenze (culturali, tecniche, organizzative) dell’azienda intesa sempre come “impresa”, cioè
come luogo in cui altri (imprenditori, proprietari o loro delegati) decidono per loro.
Dall’altro una visione che potremmo definire “educativa” (perché centrata sui desideri di
sviluppo dei lavoratori), in cui la sua funzione è quella di aumentare le competenze professionali dei
singoli, per favorirne l’autonomia considerata efficace anche ai fini del successo dell’azienda.
Naturalmente la maggior pare delle pratiche formative non si attesta, per i motivi che
vedremo, su un solo polo, ma in qualche punto all'interno del continuum che li raccorda, dando
luogo a diversi mix in cui può prevalere l’una o l’altra concezione.
Il posizionamento di una organizzazione di lavoro su tale continuum tra le due polarità
“organizzativa” o “educativa”– che spesso scaturisce dalla natura, dalla cultura, dallo stile
manageriale, dalla strategia e persino dal momento di vita delle organizzazioni – determina diversi
modi di intendere e di fare formazione, e influisce sul modo con cui il formatore si accinge a
progettare il processo formativo e a scegliere tra le opzioni possibili.
Il collegamento tra paradigmi organizzativi e concezioni della formazione, con l’indicazione
di alcune implicazioni operative che ne conseguono, è approfondito nel testo di D. Lipari
obbligatorio per questo esame.
In passato la differenza tra concezioni della formazione era marcato dalla contrapposizione
tra i termini di “addestramento” e “formazione”. Il primo (training) designava la “istruzione”
fornita a coloro che nel lavoro erano chiamati a fare, eseguire, obbedire; la seconda (management
education) la “educazione” fornita a coloro a cui spettava di pensare, decidere, comandare. Oggi
tale distinzione tende ad essere accantonata: sia - sotto l’aspetto nominale - perché se ne rifiutano le
evidenti implicazioni classiste; sia perché ci si è resi conto che anche il più semplice degli
addestramenti (p.e. all’uso del computer), qualora abbia successo, produce un apprendimento che
cambierà, poco o tanto, in un modo o nell’altro, il soggetto, cioè lo “formerà”. Per converso, non
esiste azione educativa utile al lavoro che non comporti comunque anche l'apprendimento di
capacità tecniche, pratiche, operative; infine, ci si è ormai resi conto che all’efficacia del lavoro
organizzato serve che ciascuno dia il meglio delle proprie competenze non solo di carattere tecnico
operativo ma concettuale, ideativo, risolutore di problemi.
Rimane l’esigenza di non irrigidirsi dogmaticamente su dispute nominali: si può sostenere
che viaggiamo più tranquilli se pensiamo che il pilota dell’aereo sia stato ben addestrato su tutto
quel che può capitare senza doverci mettere troppa creatività, e del resto preferiamo farci operare da
un chirurgo che sappiamo tecnicamente e professionalmente sicuro, cioè ben addestrato. Si tratta,
laicamente, di contestualizzare i due termini all’interno delle specifiche situazioni che determinano
gli scopi della formazione.
Formazione ed educazione degli adulti
Del resto, aveva già prima precisato Duccio Demetrio7:
«Emerge tuttavia che non possiamo nettamente distinguere l’intervento educativo da quello
formativo, perché l’uno può essere fattore dell’altro soprattutto nella vita adulta. Ciò che si era
pensato razionalmente come finalizzato a certi scopi ne fa emergere con successo altri: ciò che non
aveva obiettivi intenzionali può invece rivelarsi fattore di ricerca di volontà, di autoeducazione ecc.
[…] In sostanza, nell’approccio formativo all’educazione si tratterà di selezionare gli obiettivi, di
accettarne alcuni, di escluderne altri; nell’approccio educativo alla formazione, invece, gli obiettivi
7
Duccio Demetrio, Manuale di educazione degli adulti. Bari, Laterza, 1999.
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Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010
saranno sempre incerti perché dovranno essere precisati con chi è coinvolto in un momento
“speciale” della propria vicenda umana soprattutto utile a un riconoscimento adulto».
I ruoli del formatore
Nella pratica, i ruoli del formatore sono molteplici, complessi e spesso sovrapposti e intersecati,
come mostra il documento riportato nella pagina successiva. La maggior parte dei formatori nelle aziende
ricoprono, con il proprio lavoro, almeno uno, ma assai spesso più d’uno, di questi ruoli. Errata è quindi la
visione del formatore esclusivamente come docente-facilitatore: la complessità del contesto aziendale gli
richiede di acquisire competenze diverse e a svolgere ruoli diversi, a volte alternativi e a volte tra loro
combinati come condizione per svolgere una formazione efficace.
Vanno infine ricordate le più recenti definizioni del formatore (e quindi anche del formatore
aziendale) come organizzatore di cultura (G. Bosio) e come operatore sociale (G. Della Rocca).
Le ragioni di tali definizioni dovrebbero emergere chiaramente dalle pagine precedenti.
I ruoli del formatore
(Fonte: McLagan & Suhadolnick, 1989)
Ruolo
Descrizione
Venditore
Il ruolo di chi offre contratta e vende i punti di vista, le analisi,
le conclusioni, i programmi e i servizi della formazione.
Analista dei bisogni
Il ruolo di chi confronta le prestazioni attuali con quelle
desiderate, i loro requisiti e le condizioni per metterle in atto,
valuta le discrepanze e ne stabilisce la causa.
Ricercatore
Il ruolo di chi cerca, scopre, sviluppa, sperimenta nuovi dati
(teorie, concetti, modelli, tecnologie, ecc.) e li trasforma in
implicazioni per il miglioramento delle prestazioni individuali
o organizzative.
Tecnologo
Il ruolo di chi crea o produce dispositivi e materiali, scritti
parlati visivi elettronici ecc., da usare nella formazione.
Agente di
cambiamento
organizzativo
Il ruolo di chi propone, influenza e aiuta il cambiamento della
cultura e del comportamento della organizzazione.
Programmatore
Il ruolo di chi definisce obiettivi, sceglie i contenuti e i metodi,
articola le sequenze di attività di un intervento formativo.
Docente/facilitatore
Il ruolo di chi presenta ed espone dati e informazioni, governa
il processo di apprendimento strutturato, e gestisce le
discussioni e i processi del gruppo.
Manager della
formazione
Il ruolo di chi coordina e guida un gruppo di lavoro, e collega
il lavoro a quello dell'intera organizzazione.
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Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010
Amministratore
Il ruolo di assicurare le risorse, gli strumenti e i servizi di
supporto per lo svolgimento di attività formative nell'ottica
costi/benefici.
Consulente
individuale
Il ruolo di chi aiuta gli individui a valutare le proprie
competenze, i propri valori e le proprie mete, e a formulare
piani e programmi per il proprio sviluppo personale e/o
professionale
Valutatore
Il ruolo di chi prevede, misura e verifica l'impatto di un
intervento formativo sulla efficacia personale, collettiva,
organizzativa.
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