Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 1. Il formatore aziendale La figura del “formatore aziendale” trova una sua collocazione istituzionale nelle organizzazioni di lavoro, laddove sia necessario assicurare ai lavoratori l’acquisizione delle conoscenze, capacità e competenze necessarie o utili per svolgere adeguatamente il proprio ruolo, funzione, attività: è presente soprattutto – ma non solo - nelle grandi realtà aziendali e nei settori dell’Amministrazione Pubblica, essenzialmente all’interno di azioni per l’inserimento e l’aggiornamento degli operatori, dei quadri intermedi, dei manager. Si tratta di realtà organizzative che riconoscono nella formazione una funzione interna, spesso gestita in modo autonomo o attraverso strutture apposite (in tali casi il formatore aziendale partecipa o è integrato al tessuto organizzativo).Un altro campo di azione dei formatori aziendali è all’interno delle agenzie formative, sia private che pubbliche, le quali vengono chiamate dalle aziende e dalle altro organizzazioni di lavoro a progettare e svolgere interventi formativi al loro interno. Possono poi trovare collocazione nell’ambito degli enti di formazione professionale dei lavoratori. Gli interventi formativi collegati ai bisogni aziendali sono essenzialmente di quattro tipi: - preparazione dei lavoratori prima del loro ingresso nel lavoro o in un particolare tipo di lavoro; .- formazione di neoassunti, passaggi di ruolo, assunzione di nuove responsabilità; - formazione di aggiornamento e supporto; - -riqualificazione del personale, in concomitanza con processi di riconversione della produzione; - -formazione per lo sviluppo innovativo, in concomitanza con trasformazioni produttive di tipo tecnologico (reingegnerizzazione dei processi) e organizzativo (come fusioni o privatizzazioni), o all’interno di strategie per la “qualità totale. Riportiamo qui di seguito alcune definizioni della figura professionale del formatore, provenienti da diverse fonti. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (2002) “Il formatore aziendale1 Il formatore aziendale svolge attività di docente, istruttore e tutor nelle imprese, nei servizi, nelle pubbliche amministrazioni, in programmi di educazione continua, permanente e ricorrente. Opera come tutor nella formazione a distanza o in rete, come gestore di risorse didattiche e di documentazione orientata all’educazione e alla sua storia (centri educativi, mediateche, servizi documentali, archivi), o come operatore nella editoria di software educativo. In questo quadro, rispondendo alla forte esigenza di competenze relative all’uso dei nuovi media nei processi formativi, può specializzarsi come formatore e progettista della formazione, esperto nell’uso didattico delle nuove tecnologie, sintetizzando in sé le conoscenze e competenze proprie dei media educator con quelle del tecnologo educativo con particolare riguardo alla formazione a distanza (open distance learning). Opera inoltre nei centri di formazione professionale, nelle agenzie formative, nelle unità per la formazione e sviluppo delle risorse umane delle grandi organizzazioni pubbliche, private e del terzo settore, nei centri per l’impiego, nelle agenzie di lavoro interinale, nei centri di orientamento professionale, nelle strutture pubbliche e private legate alla utilizzazione del Fondo sociale europeo (progettazione, realizzazione, tutorato, verifica e valutazione), negli Ifts, nelle iniziative promosse dalle regioni e dagli enti locali sul piano dell’educazione permanente e ricorrente, dell’aggiornamento professionale”. 1 Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Guida all’università e alle professioni (Roma dicembre 2002, p. 29)1 Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 Esperto in formazione aziendale (ISFOL, Job Description nella formazione)2 “Definizione L'Esperto in formazione aziendale svolge una serie di attività che sono finalizzate al mantenimento/innovazione/sviluppo delle competenze delle risorse umane operanti all'interno delle organizzazioni. L'addestramento e formazione sono quegli strumenti attraverso cui viene fornita, mantenuta o migliorata la professionalità dei lavoratori. Compiti e principali attività In generale l'Esperto in formazione aziendale svolge i seguenti compiti: 1. effettua analisi delle esigenze di formazione sia organizzative che individuali; 2. si occupa della pianificazione e della successiva progettazione degli interventi di formazione, anche utilizzando metodologie innovate (ad esempio: formazione a distanza); 3. laddove ve ne siano le condizioni si occupa del reperimento dei fondi per il finanziamento delle attività progettate; 4. ricerca gli esperti da coinvolgere nelle iniziative di formazione; 5. si occupa della gestione degli interventi formazione (tutoraggio delle iniziati ve di formazione, rapporto con i docenti esterni); 6. su determinate tematiche in merito alle quali possiede delle specifiche competenze svolge attività di docenza; 7. si occupa del monitoraggio degli interventi di formazione (analisi dei risultati della formazione a livello individuale o collettivo). L'Esperto, specialmente se opera in società di consulenza, può in qualche modo specializzarsi in uno o alcuni dei compiti che sono stati indicati precedentemente; in effetti può esservi una distinzione tra progettisti di formazione (coloro che si occupano dell'analisi dei bisogni, della progettazione, della ricerca dei finanziamenti, del monitoraggio degli interventi) e docenti (coloro che hanno una relazione diretta con gli utenti dell'attività formativa avente come focus l'apprendi mento di nuove conoscenze/capacità). Inoltre, sia tra coloro che svolgono una funzione docente che tra i progettisti di formazione esistono delle specializzazioni dovute alle competenze tecnico/professionali individuali. Ad esempio è frequente che chi si occupa di formazione per la sicurezza abbia una base di conoscenze tecniche, provenga dall'area produttiva, abbia svolto attività di addestramento del personale operativo e, successivamente, abbia iniziato ad occuparsi di progettazione, aggiornamento, formazione sulle medesime tematiche. Competenze L'Esperto deve possedere una buona conoscenza generale del funzionamento delle organizzazioni, dell'organizzazione in cui si trova ad operare (orientamenti strategici, struttura, processi, problematiche di miglioramento continuo, ecc.), delle finalità della formazione, dei processi di apprendimento. Ha una approfondita conoscenza delle tecniche e degli strumenti per il monitoraggio delle esigenze di formazione, delle tecniche di progettazione, delle strategie e tecniche didattiche, della gestione delle dinamiche di gruppo. Conosce le modalità attraverso cui i progetti di formazione possono essere finanziati da fondi europei, nazionali o regionali. Tra le competenze trasversali appaiono molto importanti l'ascolto, la comunicazione interpersonale, la gestione delle dinamiche interpersonali”. 2 Sito Internet www.isfol.it. 2 Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 ESPERTO DI FORMAZIONE (Regione Toscana, Comparto Servizi educativi)3 “Descrizione E' una professionalità altamente qualificata che opera nel settore dell'istruzione/formazione. Elabora, realizza e controlla le azioni formative predisponendo obiettivi, contenuti, metodologie, procedure, strumenti e forme di verifica collegandole all'evoluzione dei profili professionali e del mercato del lavoro. Può operare quale responsabile della preparazione di un progetto formativo (project design), del coordinamento tecnico di progetto e del monitoraggio dello stesso. Conoscenze * realtà economica e sociale del territorio in cui opera; * organizzazione aziendale e del lavoro; * strumenti di analisi della professionalità; * procedure e strumenti di analisi dei bisogni di formazione; * teoria generale della progettazione formativa; * caratteristiche essenziali del processo formativo; * definizione degli obiettivi formativi; * elementi di sociologia dell'organizzazione; * elementi di pedagogia; * didattica e metodologie didattiche; * teoria e tecnica della valutazione sia dei soggetti che delle azioni; * sistema di formazione professionale a livello regionale, nazionale ed europeo; * problematiche europee più recenti relative alle strategie e ai programmi di formazione; * strumenti di finanziamento e gestione degli interventi formativi; * contratto di lavoro e principali normative regolanti il rapporto di lavoro; * igiene del lavoro, prevenzione e pronto soccorso Competenze * comprendere e, se necessario, negoziare con il committente, il programma di formazione all'interno del quale gli si chiede di svolgere un progetto formativo; * effettuare l'analisi dei bisogni formativi dell'utenza ed il confronto fra questi e le finalità indicate dal committente; * disegnare un progetto di formazione coerente con le finalità, i tempi e le risorse disponibili; * identificare e contattare le competenze necessarie, discutere e decidere con i formatori e gli esperti i tipi e le modalità degli interventi, sussidi didattici, strumenti di valutazione dei soggetti e predisporre quanto necessario in termini di articolazione didattica delle competenze e valutazione dei risultati; * intervenire, in situazione reale in qualità di formatore o esperto di un particolare settore; * verificare la correttezza e la coerenza delle risorse e predisporre, se necessario, un rendiconto amministrativo; * stendere una relazione pedagogico didattica sull'andamento e i risultati dell'intervento formativo; * utilizzare a scopo di autoformazione e come sussidi per la professione, reti di informazione nazionali ed internazionali, selezionare documenti e bibliografie, utilizzare riviste specializzate; * rapporti interpersonali a monte e a valle e con i livelli di responsabilità; * previsione dell'evoluzione del proprio ruolo professionale Sbocchi occupazionali * enti pubblici e privati; * aziende; * società di consulenza; * organizzazioni datoriali; * organizzazioni sindacali; * cooperative di formazione; * libera professione”. 3 Sito Internet, www\Regione Toscana_ Database F_S_E_ banca dati dei profili professionali 3 Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 Sono un formatore: allora sono un esperto della cura e della conoscenza di sé La figura del formatore aziendale è dunque quello di un professionista esperto in “Progettazione, organizzazione, metodologia e valutazione dei sistemi di formazione aziendale e professionale”4. Ma è anche un operatore culturale, che opera a cavallo delle esigenze degli individui e delle organizzazioni di lavoro, per svolgere un compito educativo. Scruve Donata Fabbri5: «L’etimologia greca [del termine formazione] ci rinvia a morphé e quella latina a forma. Sarebbe un errore pensare, come alcuni hanno fatto frettolosamente, che un termine sia traduzione o sinonimo dell’altro. Il termine greco, infatti, contiene l’idea di un modo di essere […] mentre quello latino include l’idea di un’azione esercitata su qualcosa, in un determinato tempo e contesto. […] Nel pensiero filosofico greco, il concetto, l’idea, era espresso da morphé, essenza, caratteristica concettuale delle cose materiali, opposta alla materia…Nella latina forma è contenuto invece il nostro agire sugli oggetti o su di noi, per tras-formare, far diventare altro, modificare, far apparire diverso. «…Apprendere e formare diventa allora una diade inscindibile e complessa …Ma se formare o formarsi serve ad apprendere, avrà dunque anche a che fare con il sapere, con la sua elaborazione, la sua trasmissione, il rapporto che noi elaboriamo con esso. «…potremmo dunque definire la formazione come una dimensione cognitiva fondamentale per l’età adulta, intimamente connessa ai cambiamenti che caratterizzano il nostro percorso evolutivo. Essa è costituita da processi, metodi e strategie di ricerca e di creatività tendenti alla definizione di forme di azione, conoscenza ed esistenza congeniali al divenire di ogni essere umano. Questa definizione ci propone un concetto di formazione che è progetto esistenziale, che non è separato dal nostro percorso di vita adulta e che lo caratterizza poiché presuppone una presa di coscienza sul proprio divenire e sul proprio agire…. «La formazione ha sposato troppo facilmente, negli ultimi anni, certe ottiche dell’organizzazione, non sempre “illuminate”, che hanno contribuito a impoverire i suoi apporti e il suo messaggio di fondo. Tanti, troppo corsi di formazione non sono certo corsi veramente “educativi”, ma solo luoghi in cui vengono proposti apprendimenti rapidi e immediatamente applicabili, senz’altro considerati utili dall’organizzazione che li domanda o li impone, ma non costruiti nell’ottica della “formatività” … «È necessario imparare il coraggio di non chiamare formazione tutto quello che corrisponde alla trasmissione di certi saperi o di certe competenze, tutto quello che capita o succede in un’aula.… «Non si fa sempre formazione. Si può fare training, corsi di istruzione su regole e dettagli tecnici, su comportamenti necessari in sede organizzativa (da come si risponde al telefono a come si accolgono i visitatori ecc.) si possono tenere corsi di apprendimento (computer, lingue straniere ecc.): sono corsi necessari e indispensabili al funzionamento di un’organizzazione e devono sicuramente continuare a esistere … ma per favore non chiamiamoli, come si usa fare oggi, corsi di formazione! «…questo termine è troppo inflazionato, non è riservato, come dovrebbe essere, a un contesto di competenze ed esperienze che hanno come oggetto, anche se usando metodologie diverse e sviluppando temi svariati, la presa di coscienza dell’esistere in formazione. Presa di coscienza che può avvenire in modi diversi, ma che coincide sempre con uno o più momenti di metariflessione sul nostro modo di apprendere, o sul nostro far parte di un progetto, o sulle possibilità di cambiamento che ciò che abbiamo appreso può provocare, o sulla scoperta di nuove potenzialità…dietro ogni vero corso di formazione dovrebbe esistere la preoccupazione di ornire a Questa era la definizione originaria dell’insegnamento all’atto della istituzione della nostra Facoltà di Scienze della Formazione di Milano Bicocca nel 1998, successivamente semplificata nella definizione odierna. 5 Fabbri, D., “Formazione come forma di adultità”, in Metodi per la formazione, fascicolo monografico della rivista Adultità, n. 16, ottobre 2002, Guerini e Associati, Milano. 4 4 Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 chi si sta formando la possibilità di acquisire un elemento in più del suo essere, in un processo costante e continuo di formazione. Formazione al lavoro e formazione sul lavoro Per esercitare con successo e soddisfazione una attività professionale, di qualunque tipo e in qualunque contesto, è evidente che occorre possedere un insieme di conoscenze, capacità e competenze apprese in precedenza. In passato e per molti secoli, nelle società con modi di produzione diversi dalla cosiddetta civiltà industriale, caratterizzati da scarsa mobilità sociale e dal perpetuarsi di padre in figlio delle condizioni sociali e professionali, ciò raramente avveniva in modo istituzionalizzato e consapevolmente intenzionale. Contadini e artigiani imparavano il loro mestiere da padri e madri o da altre persone esperte, attraverso le pratiche dell’affiancamento, dell’apprendistato e del tirocinio (peraltro ancora oggi presenti e spesso efficaci); mentre preti, giudici, medici – e in genere chi era destinato a una professione liberale normalmente associata a un ruolo sociale importante – ricevevano una istruzione preliminare in apposite istituzioni (i seminari, le università) prima di intraprenderne l’esercizio La civiltà industriale con il modo di produzione capitalistico, caratterizzato dal lavoro dipendente e da complessità tecnologica via via rivelatasi crescente, fa aumentare il numero di coloro che hanno bisogno di apprendere le competenze necessarie per svolgere un lavoro prima di iniziarlo. Nasce così, a partire dall’Ottocento, il sistema della istruzione professionale. Ma gli sviluppi della civiltà industriale (così sensibili e veloci da far parlare oggi di civiltà postindustriale), comportano anche l’esigenza da parte dei lavoratori di apprendere nuove tecniche per far fronte ai cambiamenti che avvengono nel corso della vita lavorativa: in tempi recenti questa si è rivelata una condizione necessaria per consentire ai lavoratori di conservare il loro lavoro, al sistema produttivo di mantenere la propria efficienza ed efficacia anche a fronte dell’aumento della competitività da parte di altre imprese a livello locale, nazionale, internazionale e oggi, come si dice, globale. Oggi si possono distinguere, nell’ambito della formazione collegata al lavorom due diversi sistemi. La formazione al lavoro, la cosiddetta istruzione professionale, normalmente impartita prima dell’ingresso nel mondo del lavoro, a giovano destinati a engtrarvi successivamente, di solito ad opera di appositi organi pubblici a ciò destinati (tra cui gran parte delle istituzioni scolastiche: non solo gli istituti professionali, ma per esempio anche le facoltà di medicina, ingegneria, architettura e via elencando). E la formazione sul lavoro, oggi chiamata formazione continua, che avviene – o dovrebbe avvenire – durante l’intera vita di lavoro (perciò si chiama anche “formazione permanente” e “formazione lungo l’arco della vita” e permettere la corrispondenza tra lo sviluppo di tecnologie produttive e processi organizzativi da un lato, e delle competenze dei lavoratori dall’altro. Nell’ambito della formazione “sul lavoro” (e più raramente della formazione “al lavoro”) rientra la formazione aziendale. Ed è di essa che tratteremo, anche quando, per brevità espositiva, utilizzeremo semplificando il termine di formazione; così come useremo spesso “formatore” per formatore aziendale (che del resto, come si vedrà, formatore rimane). Cos’è la formazione aziendale Lo studio della formazione aziendale6 riguarda i saperi e le pratiche che facilitano l’apprendimento delle conoscenze capacità e competenze necessarie a svolgere adeguatamente i Fino a pochi lustri orsono, il termine “formazione” tout court designava esclusivamente la formazione aziendale (e “formatori” erano solo quelli che operavano nelle aziende, come dice il nome della loro associazione: AIF, Associazione Italiana Formatori). Si chiamava poi “formazione professionale” quella impartita prevalentemente prima, e raramente dopo, l’ingresso nel mondo del lavoro a cui era ritenuta strettamente funzionale, e perciò considerata la forma meno nobile di istruzione: non a caso governata non dal Ministero della Pubblica Istruzione, ma dal Ministero del Lavoro prima, dagli assessorati regionali al Lavoro poi. 6 5 Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 ruoli professionali ricoperti nei contesti organizzativi e a fronteggiare, individualmente e collettivamente, i cambiamenti tecnologici, organizzativi, culturali del mondo del lavoro. Sistemi e attività di formazione in azienda rispondono a diverse intenzionalità educative, utilizzano diversi approcci progettuali, metodologici e didattici, e danno luogo a pratiche multiformi ognuna delle quali presenta aspetti problematici: anche per questo lo statuto epistemologico della formazione aziendale è incerto. Fare formazione, nei contesti di lavoro organizzato, significa “aiutare persone, gruppi e organizzazioni ad apprendere per cambiare, e quindi a intervenire in maniera finalizzata e organizzata sulla cultura professionale di individui e gruppi, attraverso la metodologie dell’apprendimento consapevole” (Bruscaglioni 1991). Questa definizione tende a superare la concezione della formazione aziendale come puro strumento di gestione delle risorse umane (quali sono altre pratiche: la selezione, la valutazione delle prestazioni o del potenziale, i percorsi di carriera, le politiche retributive ecc.), concezione che pure è ancora possibile ritrovare in alcuni contesti organizzativi. Partendo dal presupposto di una formazione aziendale rivolta a soggetti adulti, mirata all’apprendimento consapevole in funzione del cambiamento individuale e collettivo, finalizzata allo sviluppo di conoscenze, abilità, competenze, atteggiamenti e comportamenti dei soggetti e quindi alla loro crescita, essa rientra a pieno titolo, dal punto di vista pedagogico, nel vasto campo della educazione degli adulti, di cui costituisce una delle articolazioni: condizione e criterio per determinare la sua efficacia sarà per l’appunto la rispondenza ai principi e alle finalità dell’Eda. E’ all’interno dell’Educazione degli adulti che si ritrovano gli elementi di un possibile statuto epistemologico della formazione aziendale. Formazione aziendale e formazione continua Anche sul terreno delle politiche generali la formazione, con le nuove definizioni di formazione continua, permanente e per tutto l’arco della vita, è ormai riconosciuta, almeno a parole, come fattore essenziale dello sviluppo civile ed economico di ogni paese, sia nell’ottica della cosiddetta occupabilità derivante dallo sviluppo di competenze dei lavoratori, sia in quella della cittadinanza attiva e dell’integrazione tra culture diverse. Alle concezioni tradizionali ne sono state aggiunte, e talora contrapposte, di nuove e di diverse: ci si spinge a parlare di formazione postmoderna o postindustriale. L’avvento, infatti, di nuovi fattori storico-sociali come la globalizzazione dell’economia, l’introduzione di nuove tecnologie in continua evoluzione, la concorrenza internazionale tra le imprese, i processi produttivi basati sull’intensità di conoscenze possedute dalle organizzazioni e dai lavoratori, le nuove forme di organizzazione a responsabilità diffusa, è causa e conseguenza insieme di una profonda trasformazione dei modi di produzione e di conseguenza del mercato del lavoro: che non solo richiede ai lavoratori un maggior livello di competenze, ma impone loro da un lato una più ampia flessibilità per quanto riguarda ruoli e mansioni attuali, dall’altro la prospettiva (imposta o subìta) di dover cambiare nel corso della loro vita, persino più volte, il loro bagaglio di professionalità. Ecco allora che accanto alle competenze tradizionalmente codificate come sapere, saper fare, sapere essere, è ormai riconosciuta altrettanto cruciale quella di “saper divenire”. Il merito di aver rivendicato il significato ricco e pregnante del termine “formazione” (per analogia con Bildung della cultura germanica) all’insieme delle attività di istruzione, educative e formative, va riconosciuto soprattutto all’opera di Riccardo Massa, e trova la prima testimonianza con l’istituzione, alla fine dello scorso secolo, delle Facoltà di Scienze della Formazione. Nella lingua inglese, di cui le discipline organizzative e gestionali sono largamente tributarie, il termine non esiste. Gli autori anglosassoni usano i termini training, management education o, in senso più vicino al nostro di formazione, Training & Development. In francese si usa invece il termine formation con significato analogo all’italiano. 6 Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 Per fare formazione si parte dai bisogni (individuali o organizzativi), ma anche dagli interessi, dalle intenzioni, dai desideri: e alla formazione si chiede di dare risposte ma anche di formulare proposte. Progettare la formazione significa anzitutto esprimere finalità e obiettivi negoziati e condivisi: è questa condivisione a denotare la formazione efficace rispetto a quella apparente. Finalità e obiettivi vanno discussi e negoziati tra tutti gli attori del processo formativo, mettendo in discussione il tradizionale predominio della committenza; rivendicando il diritto dei soggetti in formazione di decidere in merito alla propria formazione e valorizzando il ruolo dei formatori. La formazione aziendale si rivolge a una popolazione spesso reticente a ricollocarsi in situazioni di apprendimento che richiamino i contesti scolastici. I lavoratori a cui la formazione aziendale si rivolge, dai manager agli operatori, sono individui consapevolmente e spesso orgogliosamente in possesso di esperienze di lavoro (oltre che di vita);essi si definiscono “partecipanti” a percorsi di apprendimento, e non allievi o discenti, perché si pongono in posizione paritetica nei confronti del formatore, di cui accettano solo a ragion veduta e salvo verifica il differenziale cognitivo, ma non il differenziale gerarchico: si aspettano un processo formativo utile, interessante, motivante, coinvolgente e, naturalmente, efficace ai fini dell’apprendimento. Si aspettano da un aumento delle proprie competenze lavorativo un maggior benessere; e in una collettività organizzata qual è l’azienda, il benessere dei lavoratori è condizione del benessere – meglio, del successo – dell’azienda, che a sua volta in tal modo contribuisce al benessere dei lavoratori che per lei operano. Per questa strada il tema del benessere (sottostante a tutti i fenomeni educativi) rientra a pieno titolo come fattore di successo, efficienza ed efficacia anche nella vita delle aziende. L’intenzionalità educativa Comune alla formazione per e nel lavoro e all’educazione degli adulti è un’intenzionalità educativa orientata su tre assi: lo sviluppo dei soggetti: nel senso della loro autonomia nel comprendere, valutare e scegliere la propria vita come lavoratori, cittadini, detentori di ruoli sociali; lo sviluppo degli aggregati sociali: nei quali avviene l’incontro tra le potenzialità e le scelte individuali e le scelte collettive. Nel caso della formazione aziendale, l’aggregato sociale al cui sviluppo i soggetti contribuiscono è il contesto delle organizzazioni di lavoro); lo sviluppo della società: sotto il profilo culturale, civile, economico e politico, tenendo conto della sua complessità e dell’accelerato ritmo di cambiamento. Nei confronti dei soggetti la formazione aziendale condivide la finalità comune e prioritaria di ogni attività di educazione degli adulti, quali che ne siano gli scopi e gli obiettivi specifici, cioè quella di favorire lo sviluppo di capacità (alcuni le chiamano competenze) fondamentali quali: imparare a imparare: nel senso di costruire significati in relazione alle esperienze di vita, lavoro, socialità, cittadinanza; imparare a scegliere e decidere: in funzione dl proprio benessere, dei propri interessi, dei propri progetti di vita; imparare a collaborare: nel senso di contribuire consapevolmente ed efficacemente ai processi di democratizzazione come pratica della libertà propria e altrui nel rispetto di diritti e doveri validi per tutti. Tali finalità si realizzano favorendo il processo di apprendimento, nelle dimensioni cognitiva, emotivo-affettiva, operativa e relazionale; stimolando a utilizzare consapevolmente il lavoro della mente delle diverse individualità circa i tempi e modi di apprendere, esprimere, interpretare, scegliere, decidere, comunicare, agire. 7 Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 Per operare secondo questi principi nel mondo complesso del lavoro in evoluzione, di fronte a soggetti i cui atteggiamenti nei confronti del lavoro sono a loro volta nuovi e diversi rispetto agli stereotipi dell’acquiescente adattamento, l’esperienza sul campo non basta più. Si rivela l’urgenza di un incontro e di un confronto tra pratiche e saperi. Il mondo del sapere, e in particolare l’università, mostra una attenzione sempre crescente nei confronti delle esperienze di formazione da cui traggono alimento le elaborazioni teoriche. Tocca però anche al mondo delle pratiche tener conto della maturazione dei saperi, per calarli criticamente e problematicamente, ma comunque in modo consapevole, nelle esperienze quotidiane di formazione. Solo così le innovazioni metodologiche, il mutare dei tempi e dei luoghi della formazione, l’ingresso delle nuove tecnologie, e persino i nuovi approcci (dal dibattito sulle competenze all’apprendimento organizzativo, per esempio) acquisteranno valenza culturale e efficacia operativa, ognuna indispensabile all’altra. Nel momento in cui il binomio formazione-lavoro si delinea come campo di una vera e propria azione sociale, occorre prendere atto che anche la formazione aziendale deve intrecciare la conoscenza e la riflessione sulla realtà – sulle pratiche formative – con la elaborazione di teorie – i saperi dell'educazione - capaci di ispirarne l'azione e renderla utile ed efficace, e perché no piacevole, per tutti i suoi protagonisti: le organizzazioni, gli uomini e le donne che vi lavorano, i formatori. In questa concezione, alle molte definizioni che tentano di descrivere il ruolo del formatore, siamo tentati di aggiungerne una: quella di organizzatore di cultura, nel senso più ampio del termine. Organizzatore di risorse scientifiche, culturali intellettuali ed emotive, materiali e simboliche, proprie, naturalmente, e dei propri interlocutori (le organizzazioni da un lato, i soggetti in apprendimento dall’altro), come passaggio per la costruzione di significati e di valori. Sollecitatore di quell’intreccio tra bisogno di imparare e desiderio di apprendere necessario a garantire l’efficacia e la qualità della formazione anche nella sua più ovvia declinazione riferita ai contesti organizzativi: nei quali individui e organizzazioni, ciascuno con le proprie storie e i propri interessi, bisogni, desideri, motivazioni scopi e obiettivi, non necessariamente sovrapposti ma anzi dialetticamente intersecati, operano e vivono. Concezioni della formazione aziendale Anche le concezioni della formazione si stanno evolvendo. Naturalmente, sono tutte compresenti nelle pratiche formative, talvolta tra loro combinate. E non tutto il predicato corrisponde al praticato. Ma confrontiamo questi testi: «…la formazione viene ad essere riconosciuta soprattutto rispetto alle sue finalità concrete e operative di miglioramento della preparazione professionale di determinati gruppi o categorie di individui: essa non si caratterizza cioè come fatto di promozione culturale quanto come momento di trasmissione e acquisizione di un sapere tecnico e specialistico che si ritiene vincolante per un’efficace “prestazione di lavoro”», (Quaglino, Carrozzi, 1987), «Oggi diremmo che la formazione degli adulti, e così anche per la formazione nelle organizzazioni, è un’esperienza culturale di crescita e sviluppo del potenziale individuale e di gruppo per il miglioramento della performance lavorativa e il benessere sul posto di lavoro». (Aversa, 2005) « Il check-up sullo stato dell’imparare avrà lo scopo di chiarire le idee sul passaggio in corso nel mondo del lavoro tra l’idea di risorsa umana (strumentale per il raggiungimento di obiettivi altrui) e l’idea di persona (finalizzata al raggiungimento di obiettivi propri). Come conseguenza di questa trasformazione il modo di imparare sta cambiando radicalmente e in futuro non si parlerà più solo di formazione, ma anche e soprattutto di sviluppo e crescita dei soggetti, intesi come titolari di un progetto di benessere, soggettivo e diffuso», (AIDP, Associazione italiana direttori del personale; AIF, Associazione italiana formatori: Presentazione del 1° Chek-in sullo stato dell’imparare, Milano, 24 novembre 2006). 8 Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 Semplificando, si può dire che le concezioni della formazione aziendale si sviluppano all’interno di due polarità Da un lato una visione che potremmo chiamare “organizzativa” (perché centrata sui bisogni dell’organizzazione), in cui la sua funzione è quella di far sì che gli individui lavoratori si adeguino alle esigenze (culturali, tecniche, organizzative) dell’azienda intesa sempre come “impresa”, cioè come luogo in cui altri (imprenditori, proprietari o loro delegati) decidono per loro. Dall’altro una visione che potremmo definire “educativa” (perché centrata sui desideri di sviluppo dei lavoratori), in cui la sua funzione è quella di aumentare le competenze professionali dei singoli, per favorirne l’autonomia considerata efficace anche ai fini del successo dell’azienda. Naturalmente la maggior pare delle pratiche formative non si attesta, per i motivi che vedremo, su un solo polo, ma in qualche punto all'interno del continuum che li raccorda, dando luogo a diversi mix in cui può prevalere l’una o l’altra concezione. Il posizionamento di una organizzazione di lavoro su tale continuum tra le due polarità “organizzativa” o “educativa”– che spesso scaturisce dalla natura, dalla cultura, dallo stile manageriale, dalla strategia e persino dal momento di vita delle organizzazioni – determina diversi modi di intendere e di fare formazione, e influisce sul modo con cui il formatore si accinge a progettare il processo formativo e a scegliere tra le opzioni possibili. Il collegamento tra paradigmi organizzativi e concezioni della formazione, con l’indicazione di alcune implicazioni operative che ne conseguono, è approfondito nel testo di D. Lipari obbligatorio per questo esame. In passato la differenza tra concezioni della formazione era marcato dalla contrapposizione tra i termini di “addestramento” e “formazione”. Il primo (training) designava la “istruzione” fornita a coloro che nel lavoro erano chiamati a fare, eseguire, obbedire; la seconda (management education) la “educazione” fornita a coloro a cui spettava di pensare, decidere, comandare. Oggi tale distinzione tende ad essere accantonata: sia - sotto l’aspetto nominale - perché se ne rifiutano le evidenti implicazioni classiste; sia perché ci si è resi conto che anche il più semplice degli addestramenti (p.e. all’uso del computer), qualora abbia successo, produce un apprendimento che cambierà, poco o tanto, in un modo o nell’altro, il soggetto, cioè lo “formerà”. Per converso, non esiste azione educativa utile al lavoro che non comporti comunque anche l'apprendimento di capacità tecniche, pratiche, operative; infine, ci si è ormai resi conto che all’efficacia del lavoro organizzato serve che ciascuno dia il meglio delle proprie competenze non solo di carattere tecnico operativo ma concettuale, ideativo, risolutore di problemi. Rimane l’esigenza di non irrigidirsi dogmaticamente su dispute nominali: si può sostenere che viaggiamo più tranquilli se pensiamo che il pilota dell’aereo sia stato ben addestrato su tutto quel che può capitare senza doverci mettere troppa creatività, e del resto preferiamo farci operare da un chirurgo che sappiamo tecnicamente e professionalmente sicuro, cioè ben addestrato. Si tratta, laicamente, di contestualizzare i due termini all’interno delle specifiche situazioni che determinano gli scopi della formazione. Formazione ed educazione degli adulti Del resto, aveva già prima precisato Duccio Demetrio7: «Emerge tuttavia che non possiamo nettamente distinguere l’intervento educativo da quello formativo, perché l’uno può essere fattore dell’altro soprattutto nella vita adulta. Ciò che si era pensato razionalmente come finalizzato a certi scopi ne fa emergere con successo altri: ciò che non aveva obiettivi intenzionali può invece rivelarsi fattore di ricerca di volontà, di autoeducazione ecc. […] In sostanza, nell’approccio formativo all’educazione si tratterà di selezionare gli obiettivi, di accettarne alcuni, di escluderne altri; nell’approccio educativo alla formazione, invece, gli obiettivi 7 Duccio Demetrio, Manuale di educazione degli adulti. Bari, Laterza, 1999. 9 Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 saranno sempre incerti perché dovranno essere precisati con chi è coinvolto in un momento “speciale” della propria vicenda umana soprattutto utile a un riconoscimento adulto». I ruoli del formatore Nella pratica, i ruoli del formatore sono molteplici, complessi e spesso sovrapposti e intersecati, come mostra il documento riportato nella pagina successiva. La maggior parte dei formatori nelle aziende ricoprono, con il proprio lavoro, almeno uno, ma assai spesso più d’uno, di questi ruoli. Errata è quindi la visione del formatore esclusivamente come docente-facilitatore: la complessità del contesto aziendale gli richiede di acquisire competenze diverse e a svolgere ruoli diversi, a volte alternativi e a volte tra loro combinati come condizione per svolgere una formazione efficace. Vanno infine ricordate le più recenti definizioni del formatore (e quindi anche del formatore aziendale) come organizzatore di cultura (G. Bosio) e come operatore sociale (G. Della Rocca). Le ragioni di tali definizioni dovrebbero emergere chiaramente dalle pagine precedenti. I ruoli del formatore (Fonte: McLagan & Suhadolnick, 1989) Ruolo Descrizione Venditore Il ruolo di chi offre contratta e vende i punti di vista, le analisi, le conclusioni, i programmi e i servizi della formazione. Analista dei bisogni Il ruolo di chi confronta le prestazioni attuali con quelle desiderate, i loro requisiti e le condizioni per metterle in atto, valuta le discrepanze e ne stabilisce la causa. Ricercatore Il ruolo di chi cerca, scopre, sviluppa, sperimenta nuovi dati (teorie, concetti, modelli, tecnologie, ecc.) e li trasforma in implicazioni per il miglioramento delle prestazioni individuali o organizzative. Tecnologo Il ruolo di chi crea o produce dispositivi e materiali, scritti parlati visivi elettronici ecc., da usare nella formazione. Agente di cambiamento organizzativo Il ruolo di chi propone, influenza e aiuta il cambiamento della cultura e del comportamento della organizzazione. Programmatore Il ruolo di chi definisce obiettivi, sceglie i contenuti e i metodi, articola le sequenze di attività di un intervento formativo. Docente/facilitatore Il ruolo di chi presenta ed espone dati e informazioni, governa il processo di apprendimento strutturato, e gestisce le discussioni e i processi del gruppo. Manager della formazione Il ruolo di chi coordina e guida un gruppo di lavoro, e collega il lavoro a quello dell'intera organizzazione. 10 Dante Bellamìo - Metodologia della Formazione aziendale – A.a. 2009-2010 Amministratore Il ruolo di assicurare le risorse, gli strumenti e i servizi di supporto per lo svolgimento di attività formative nell'ottica costi/benefici. Consulente individuale Il ruolo di chi aiuta gli individui a valutare le proprie competenze, i propri valori e le proprie mete, e a formulare piani e programmi per il proprio sviluppo personale e/o professionale Valutatore Il ruolo di chi prevede, misura e verifica l'impatto di un intervento formativo sulla efficacia personale, collettiva, organizzativa. 11