Università degli Studi di Firenze Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria IL CALENDARIO E LA MISURA DEL TEMPO: UN PERCORSO DIDATTICO PER LA SCUOLA PRIMARIA Relatore Dott. Samuele Straulino Candidato Marco Simoni Anno accademico 2011/2012 20 INDICE Introduzione p.03 1 – Le scienze sperimentali nella scuola primaria p.06 1.1 Cenni storici sulle scienze sperimentali e il metodo p.06 di Galileo 1.2 Le scienze sperimentali nella scuola primaria p.12 1.3 La lezione partecipata p.15 1.4 Il laboratorio e la cultura della laboratorialità p.19 1.5 La trasposizione didattica e gli ostacoli all’apprendimento p.23 2 - La storia del calendario e la misura del tempo p.29 2.1 Cenni storici sul calendario civile p.29 2.2 I moti principali della Terra p.40 2.3 L’ora e la misura del tempo p.52 2.4 Il pendolo p.58 3 – Il percorso didattico in classe incontro per incontro p.65 3.1 Il progetto del percorso didattico p.65 3.2 Incontro I – Il calendario p.74 3.3 Incontro II – Il moto di rivoluzione della Terra p.86 attorno al Sole 3.4 Incontro III – Il moto di rotazione della Terra p.95 e le meridiane 3.5 Incontro IV – L’esperienza del pendolo p.104 3.6 Conclusioni p.115 1 Ringraziamenti p.122 Bibliografia p.123 2 INTRODUZIONE “ Che cos’è il tempo ? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo, a chi me lo chiede, non lo so”. Sant’ Agostino1 Questa tesi, “ Il calendario e la misura del tempo: un percorso didattico per la scuola primaria”, nasce dalla volontà e dal desiderio di trattare con approccio laboratoriale un argomento scientifico, in una scuola primaria. In accordo e in sintonia con il mio relatore ho deciso di affrontare un tema fondamentale nella vita di tutti gli uomini : il “ tempo”. Il tempo è una grandezza fisica sui generis : non si tocca, non ha odori, è invisibile e ci si accorge della sua presenza solo per gli effetti indiretti che produce sulle persone, sugli animali, sulle piante e anche sugli oggetti materiali ( ad esempio un oggetto di ferro con il passare del tempo tende ad arrugginire ). Il tempo è una componente essenziale della nostra esistenza, ha qualcosa di veramente affascinante : appare evanescente, etereo, misterioso, quasi irreale, in quanto sfugge costantemente alla nostra capacità di afferrarlo. Non ho affrontato l’argomento del tempo da un punto di vista filosofico o psicologico, ma come futuro insegnante di scuola primaria ho seguito un approccio didattico, progettando e realizzando un percorso scientifico in classe ( in sintonia con la programmazione annuale della classe, con le indicazioni nazionali per il curricolo e con il POF dell’istituto scolastico ). Perché è importante insegnare e far apprendere la fisica nella scuola primaria ? Perché è opportuno imparare, fin da bambini, a ragionare sugli eventi naturali che ci circondano e a sviluppare una capacità critica nei confronti della realtà: ciò 1 Sant’Agostino, Le confessioni , trad. it., Milano, Rizzoli, 1991. 3 costituisce un pilastro fondamentale per la formazione di una persona e di un cittadino. Il professor Alberto Righini, titolare della cattedra di “Fondamenti di fisica” del corso di Laurea che ho frequentato, afferma che << la fisica è una disciplina falsificabile […] in quanto una legge fisica può essere invalidata da un qualsiasi esperimento che ne dimostri la falsità >> e che è necessario studiare fisica, fin dalla scuola primaria, << per capire i meccanismi che regolano i fenomeni che ci circondano e per cercare di controllarli per quanto possibile >>.2 La tesi descrive sia gli incontri svolti in classe con le attività sperimentali e gli argomenti teorici, sia la teoria pedagogica e scientifica che è alla base di tutto il lavoro. È composta di tre capitoli. Il primo capitolo, dopo una breve introduzione storica e una discussione sul metodo sperimentale, affronta l’importanza dell’insegnamento delle discipline scientifiche nella scuola primaria italiana. Quindi si analizzano due metodologie indispensabili per un insegnamento/apprendimento efficace delle scienze sperimentali: la lezione partecipata, che trae origine dalla teoria pedagogica del costruttivismo, e la didattica centrata sul laboratorio, che va inteso non solo come un luogo specifico ma anche come una mentalità, che la classe e l’insegnante devono acquisire. Infine nel capitolo si approfondiscono due temi tratti dalla ricerca storica in didattica della matematica : la trasposizione didattica e la teoria degli ostacoli all’apprendimento. Il secondo capitolo è dedicato alle nozioni di astronomia e di fisica che costituiscono quel sapere teorico, “universitario”, che è la base scientifica del percorso didattico svolto in classe. In particolare nel primo paragrafo del capitolo si analizza la storia del nostro calendario civile, partendo dal fondatore di Roma, per arrivare alla riforma di Papa Gregorio XIII. 2 Righini A., Dispense del corso << Fondamenti di fisica >>, 2011. 4 Nel terzo capitolo viene descritto ciascun incontro del percorso didattico che ho progettato e realizzato in classe. Il percorso si è articolato in quattro incontri, sviluppati sia a livello teorico, con l’insegnamento di concetti scientifici, sia a livello sperimentale, con la realizzazione di attività pratiche. Ho sviluppato, nel primo incontro, il significato del “calendario” civile, sia da un punto di vista storico, sia da un punto di vista scientifico ed astronomico, mettendo in evidenza il legame che esiste tra il calendario e il moto di rivoluzione che la Terra compie attorno al Sole. Nel secondo incontro ho approfondito il tema del moto di rivoluzione del globo terrestre attorno alla nostra stella, soffermandomi in particolare sulla conseguenza fondamentale che produce : il ciclo delle stagioni. Oltre al moto di rivoluzione, la Terra compie simultaneamente un altro movimento nello spazio: ruota su se stessa come fa una trottola; tale moto, chiamato di “rotazione”, è l’argomento principale del terzo incontro, dove ho posto attenzione al concetto di “giorno” e alla storia degli strumenti creati dall’uomo per misurare il tempo: dalle meridiane solari agli orologi atomici. Infine, nell’ultimo incontro del percorso ho affrontato sperimentalmente il tema del pendolo : uno strumento per misurare il tempo, caratterizzato dalla “ legge dell’isocronismo” delle oscillazioni, scoperta nel 1583 da Galileo Galilei, quando era uno studente dell’università di Pisa, osservando il moto oscillatorio di una lampada appesa al soffitto del Duomo. Lo scopo del percorso è stato quello di far ragionare gli alunni della classe sul significato di oggetti comuni come il calendario e l’orologio: sono strumenti che suddividono e misurano il tempo, e che hanno un legame profondo con i moti che la Terra compie nello spazio. Senza il calendario e gli orologi saremmo persi nel tempo. 5 Capitolo 1 Le scienze sperimentali nella scuola primaria << La cultura delle scienze nella loro espressione più elevata è forse ancora più necessaria allo stato morale di una nazione della sua prosperità materiale >>. Louis Pasteur 3 1.1 Cenni storici sulle scienze sperimentali e il metodo di Galileo Le domande più frequenti che i bambini rivolgono agli adulti, che nascono dalla loro innata ed inesauribile curiosità, iniziano con la seguente parola: << perché…? >>; ad esempio << perché le lucertole perdono la coda ? >>, oppure << perché le formiche trasportano corpi molto più grandi di loro e noi uomini non possiamo farlo ? >>. Per molti studiosi di storia del pensiero scientifico, dietro questo semplice vocabolo, si cela l’origine della scienza stessa, intesa come l’apice dell’indagine razionale del pensiero per comprendere il mondo. L’uomo è da sempre curioso del mondo che lo circonda: fin dall’inizio egli ha cercato di imporre l’ordine alla grande diversità degli eventi che osserva nel mondo, percorrendo molte strade, dalla religione all’arte, dalla filosofia alla scienza. 4 3 Cuny H., Pasteur , trad. it., Firenze, Sansoni, 1974, p.169. 4 Il termine “scienza” deriva dal verbo latino “scire”, “sapere” : nel tempo ha assunto il significato non di conoscenza in generale, ma in particolare di conoscenza del mondo naturale. 6 L’indagine razionale del mondo che ci circonda e che costituisce l’essenza dell’approccio scientifico vide la luce nella Grecia nel VI secolo a.C., e all’inizio prese il nome di “filosofia naturale”. 5 Questa espressione perdurò per secoli, fino alla nascita della scienza moderna, con Galileo Galilei, che introdusse per la prima volta nella storia umana una metodologia specifica di indagine razionale degli eventi naturali. Durante il periodo storico dell’Ellenismo, che iniziò convenzionalmente dopo la morte di Alessandro Magno ( 323 a.C. ) e si concluse con la conquista romana del regno tolemaico d’Egitto ( 31 a.C. ), la filosofia naturale raggiunse il massimo splendore nella storia antica dell’umanità, con il fiorire di centri di diffusione del sapere come il museo e la biblioteca di Alessandria d’Egitto. Nacque la figura del “filosofo naturale” di professione, dedito allo studio e alla ricerca. La scienza ellenistica raggiunse la vetta più alta nel mondo antico con uomini come Euclide ( 367– 283 a.C.; con i suoi Elementi sistemò il pensiero geometrico greco), Archimede da Siracusa ( 287– 212 a.C.; matematico, ingegnere ed inventore, viene considerato il “Leonardo da Vinci” del mondo antico ), Apollonio di Perga ( 262 – 190 a.C.; matematico ed astronomo, studiò le sezioni coniche ), Aristarco di Samo ( 310 – 230 a.C.; matematico e astronomo, è noto per aver sviluppato la prima teoria eliocentrica dell’antichità ) ed Eratostene ( 276 – 194 a.C.; matematico, astronomo e geografo, fu il fondatore della geografia matematica, arrivando a misurare il raggio della Terra). Con questi filosofi naturali, precursori dei moderni scienziati, si specializzano le scienze classiche come la geometria, la matematica, l’astronomia, la geografia e la medicina. Con l’avvento dell’impero romano, le invasioni barbariche e il lungo periodo medioevale la cultura scientifica conosce un generale abbandono a favore delle discipline umanistiche e letterarie. 5 I filosofi naturali erano coloro che studiavano razionalmente, con lo strumento della ragione, la natura e l’universo fisico; il termine “natura” si traduceva in greco “physis”, da cui deriva anche la parola “fisica” per indicare la scienza che studia i fenomeni naturali. 7 Nel mondo occidentale, le grandi opere degli scienziati antichi vengono ignorate o distrutte, mentre nel mondo arabo ed orientale la ricerca scientifica continua e produce notevoli risultati, soprattutto in campo matematico ( la numerazione decimale, l’invenzione dello zero,…). Nel XVI secolo in Europa avvennero numerosi cambiamenti epocali sociali e storici come la riforma protestante, la scoperta dell’America, la caduta di Costantinopoli : sulla loro scia ci fu anche la nascita della scienza moderna, che avvenne durante il periodo storico chiamato “Rivoluzione scientifica” . Con tale termine gli storici, in modo convenzionale, intendono quel periodo storico che inizia con il capolavoro dell’astronomo polacco Kopernik ( 1473 – 1543 ), il “De revolutionibus orbium coelestium” 6 ( 1543, “Sulle rivoluzioni dei corpi celesti”), e termina con il capolavoro di Isaac Newton ( 1642 – 1727 ), i “Philosophiae naturalis principia mathematica” (1687, “I principi matematici della filosofia naturale”). In questo periodo storico si ebbero numerose scoperte scientifiche e molti uomini di scienza; tra i tanti, al di là di Galileo Galilei ( 1564-1642 ) di cui parleremo ampiamente in seguito, in campo astronomico svetta il tedesco Kepler (1571– 1630; scoprì empiricamente le tre leggi, chiamate in seguito “leggi di Keplero”, che regolano i moti dei pianeti attorno al Sole ) e l’astronomo danese Tyge Brahe ( 1546-1601; anche se non era copernicano, le sue osservazioni astronomiche permisero a Kepler di determinare le tre leggi fondamentali del moto planetario). Con la rivoluzione scientifica la filosofia naturale diventa scienza “moderna”, producendo un insieme di conoscenze empiriche 7 controllabili e avvalendosi di un “metodo” preciso, utile per indagare la realtà che ci circonda. 6 La tesi di questa opera fu considerata rivoluzionaria: è la Terra che si muove attorno al Sole. Kopernik sconfessava secoli di fiducia nel sistema geocentrico di Tolomeo - Aristotele ( la Terra immobile al centro dell’universo e i corpi celesti, compreso il Sole, che ruotano attorno ad essa) . 7 “Empirico” è un termine che deriva dal vocabolo greco “ empeiria” che significa “esperienza” : si dice empirico tutto ciò che si basa sull’esperienza, sulla sperimentazione diretta. 8 L’iniziatore di questa metodologia, conosciuta con la denominazione di “metodo scientifico” o “metodo sperimentale”, è stato Galileo Galilei e anche oggi, ai giorni nostri, è un insieme di regole valido ed usato dagli scienziati: << La ricerca scientifica è in continua evoluzione … tuttavia la metodologia che viene seguita nello studio della Natura è sempre la stessa dai tempi di Galileo Galilei e non si vede perché si debba un giorno essere costretti a cambiare idea. Tutto è basato sulla idea fondamentale di Galileo e cioè sulla validità del suo metodo sperimentale : esso indica qual è la strada da percorrere correttamente per arrivare alle verità scientifiche. È la strada che viene percorsa anche oggi e quindi, a buon diritto, Galileo è considerato il padre della Fisica moderna >>.8 Il metodo sperimentale, che è alla base della scienza moderna, prevede una serie di passaggi: a) si parte dall’osservazione empirica di un fenomeno naturale; b) sulla base delle osservazioni vengono formulate ipotesi per spiegarne il funzionamento ( queste ipotesi prendono il nome di modelli o teorie nel caso più generale ); c) l’applicazione delle ipotesi porta a conclusioni che devono essere confermate da appositi esperimenti; d) se la verifica sperimentale conferma le supposizioni, il modello teorico che le ha previste viene adottato come corretto, se non avviene la conferma sperimentale il modello viene scartato. Questo metodo sperimentale è alla base di tutte le discipline della scienza che si chiamano “scienze sperimentali”, le quali si distinguono da quelle “teoriche”, basate sulla teoria e sull’indagine intellettuale. 8 Corbò G., Un fisico da salotto , Milano, Salani Editore, 2010, p.18. 9 La Fisica è una scienza sperimentale che comprende molte discipline scientifiche sperimentali quali l’ottica, l’acustica, la meccanica, l’elettronica e molte altre, ciascuna con un campo specifico di indagine. Il grande merito storico e scientifico di Galileo non è stato solo quello, se pur fondamentale, di aver iniziato un nuovo metodo di indagine razionale del mondo che ci circonda e che è alla base della scienza moderna, ma anche di aver fortemente voluto opporsi al “principio di autorità” che era imperante da secoli, secondo il quale le affermazioni acquistano valore in relazione a chi le ha espresse.9 << Parlando di Galileo Galilei si ribadisce che la sua importanza come scienziato non sta nel fatto di essersi fermamente convinto, con il suo cannocchiale e le scoperte astronomiche, della validità del sistema copernicano, quanto piuttosto nell’aver fatto uso, in modo efficacissimo di un metodo scientifico rivoluzionario, completamente sottratto ad ogni principio dogmatico. Egli seppe servirsi in modo mirabile dell’esperienza e della matematica, che dopo di lui rappresenteranno sempre i cardini dell’indagine scientifica >>.10 Galileo sosteneva che nelle questioni relative alle cose naturali non si deve far appello all’autorità di Aristotele o a quella delle sacre scritture, ma si deve direttamente apprendere dal grandissimo libro della natura, dell’universo, che ci sta davanti agli occhi e che è scritto con il linguaggio della matematica, come afferma nel celebre passo del Saggiatore ( 1623): << La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico universo), ma non si può intendere se prima non 9 Questo modo di ragionare, tipico nel Medioevo, si manifestava nel cosiddetto Ipse dixit, “ l’ha detto lui”, dove “lui” era un’autorità nell’ambito del tema trattato ( ad esempio Aristotele, Tolomeo, Galeno ). 10 Morettini S., Temi fondamentali della fisica moderna, Torino, Petrini editore, 1984, p.453. 10 s’impara a intendere la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica […] >>. All’autorità di Aristotele, Galileo sostituisce un nuovo principio d’autorità nell’indagine razionale sull’universo fisico : quello che chiama delle << sensate esperienze >> ( “esperienze sensibili” : il momento osservativo- induttivo della scienza, ossia partendo dal particolare si arriva all’universale ) e delle << necessarie dimostrazioni >>, ( il momento ipotetico -deduttivo della scienza, partendo dall’universale si arriva al particolare ) ovvero le rigorose deduzioni logiche condotte dallo scienziato.11 Dopo Galilei il metodo sperimentale è diventato la base delle scienze sperimentali, che hanno permesso di raggiungere l’attuale grado di progresso scientifico e tecnologico. Ma che ruolo occupano le scienze sperimentali, così importanti per il livello di benessere raggiunto dalla civiltà contemporanea, nello scacchiere delle discipline insegnate nella scuola primaria ? Molti studi e ricerche 12 indicano un ruolo marginale, con la prevalenza del metodo d’insegnamento di tipo esclusivamente verbale, senza nessuna attività di laboratorio. Appare evidente che, come sostengono molti studiosi di didattica e di pedagogia, nel processo di formazione di un alunno, fin dalla scuola dell’infanzia, ma soprattutto a partire dalla scuola primaria, è necessario dare maggior spazio alla dimensione operativa nella formazione : per questo va potenziata la didattica delle discipline scientifiche sperimentali, che oggi , nella scuola primaria italiana, è ancora assai concettuale e libresca ( basti pensare che molti docenti continuano ad usare il classico sussidiario o delle schede didattiche precompilate, senza nessuna didattica sperimentale o laboratoriale ). 11 Cfr. Righini A., Galileo tra scienza, fede e politica, Bologna, Editrice Compositori, 2008. 12 Cfr. MIUR , Programma quinquennale riordino cicli d’istruzione, 2000. 11 1.2 Le scienze sperimentali nella scuola primaria Le discipline scientifiche, tra cui le scienze sperimentali, fanno parte integrante del curricolo della scuola primaria, ossia del percorso formativo del primo ciclo d’istruzione ( che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado). Per curricolo si intende << l’intero percorso formativo che uno studente compie, dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria di primo grado, nel quale si intrecciano e si fondono i processi cognitivi e quelli relazionali >>.13 Ogni scuola primaria, nell’ambito della propria autonomia scolastica, predispone il curricolo, all’interno del piano dell’offerta formativa ( POF ). Il documento ministeriale che fa da riferimento nazionale per la progettazione e la realizzazione del curricolo è rappresentato dalle “Indicazioni nazionali per il curricolo” del 2007.14 È evidente, fin dal titolo, la scelta di fare del curricolo l’elemento fondante del fare scuola: è il fulcro attorno a cui ruota la progettazione, la realizzazione e la valutazione di tutte le attività scolastiche, oltre ad essere un punto di riferimento per tutte quelle attività di ricerca, di sperimentazione e di formazione previste dal POF. La struttura del curricolo è articolata in due dimensioni: 1) Dimensione formativa : è costituita dalle competenze di base e di cittadinanza attese alla fine dell’obbligo scolastico15; tali competenze sono distribuite su quattro “assi” culturali, tra i quali, fondamentale per la formazione, vi è l’“asse scientifico-tecnologico”; 13 Capperucci D., Dalla programmazione educativa e didattica alla progettazione curricolare, Milano, Franco Angeli, 2008, p. 104. 14 M.P.I., Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione , Roma, 2007. 15 Decreto 22 agosto 2007, Regolamento recante norme in materia di adeguamento dell’obbligo di istruzione , Roma, 2007. 12 2) dimensione didattica : rappresenta la progettazione operativa che gli insegnanti realizzano per le proprie discipline; è composta dalle “aree disciplinari” e dai “traguardi per lo sviluppo delle competenze” attesi al termine del primo ciclo d’istruzione. Le discipline scientifiche fanno parte dell’area “matematico – scientifico tecnologica”, che costituisce una di quelle tre “ aree disciplinari ” della dimensione didattica del curricolo della scuola primaria.16 << L'area è articolata in tre filoni curricolari - matematica, scienze naturali e sperimentali, tecnologia - che dal punto di vista didattico si devono intendere collegati e interagenti fra loro, ma anche con le altre aree culturali e che devono essere sviluppati in continuità costruttiva attraverso percorsi coerenti tra scuola dell'infanzia, scuola primaria e scuola secondaria >>.17 Tali discipline scientifiche sono fondamentali per la formazione di base di un alunno in quanto << si tratta di discipline che studiano e propongono modi di pensare, artefatti, esperienze, linguaggi, modi di agire che oggi incidono profondamente su tutte le dimensioni della vita quotidiana, individuale e collettiva: è perciò necessario che la formazione si confronti in modo sistematico anche con l’esperienza comune (in senso lato) di ragazzi e adulti >>.18 In particolare le scienze sperimentali , come le varie branche disciplinari della fisica ( la meccanica, l’ astronomia, l’ottica, eccetera ), hanno un diretto legame con la realtà del mondo fisico-naturale e con l’esperienza quotidiana che sia i bambini che gli adulti sperimentano. L’importanza dell’insegnamento delle discipline scientifiche nella scuola primaria risiede nel fatto che l’apprendimento di conoscenze scientifiche determina non 16 Le altre due “aree” sono quella “linguistico – artistico –espressiva” e quella “storico-geografica”. 17 MPI, Indicazioni, p.91. 18 Ibidem, p.91. 13 solo una formazione culturale ma anche e soprattutto accresce la capacità << di mettere in stretto rapporto il "pensare" e il "fare" , offrendo strumenti adatti a percepire, interpretare e collegare tra loro fenomeni naturali, eventi quotidiani >>.19 Lo studio scientifico permette dunque di sviluppare capacità nuove di ragionamento sui fenomeni reali, di costruire una capacità mentale di critica e di giudizio della realtà naturale, consentendo al bambino di imparare a non assimilare in modo passivo tutto ciò che gli viene detto. Nel mondo contemporaneo sempre più tempestato da continue notizie, messaggi ed informazioni, talora piene di falsità scientifiche, occorre che, fin dalla scuola primaria, i bambini sviluppino questa capacità di critica e di giudizio delle informazioni,che ci piovono addosso dal mondo, soprattutto dai mass media. Le scienze sperimentali, basandosi sul metodo galileiano e rinnegando il principio d’autorità, contribuiscono senza dubbio a realizzare questo scopo. Per un insegnamento ed un apprendimento efficace delle scienze sperimentali nella scuola primaria è importante lavorare su molti elementi: tra questi analizzeremo nei paragrafi seguenti la lezione partecipata e la didattica laboratoriale. 19 Ibidem, p.91. 14 1.3 La lezione partecipata Nella scuola primaria, una metodologia di apprendimento efficace, nell’insegnamento/apprendimento delle scienze sperimentali, per raggiungere una conoscenza ben radicata negli alunni, significativa nel corso del curriculum scolastico e indispensabile per la formazione di una forma mentis critica della realtà che hanno davanti agli occhi, è la lezione “partecipata”.20 La lezione partecipata si contrappone alla lezione frontale “tradizionale”, con l’insegnante che si trova solo di fronte alla classe e che trasmette il contenuto delle discipline scientifiche “ex cathedra”, affidandosi soltanto alle sue conoscenze e alla sua capacità di suscitare interesse. La lezione frontale, di tipo tradizionale, è caratterizzata da : una comunicazione verticale ed asimmetrica tra il docente e gli allievi; un comportamento di passività da parte degli alunni; un modello didattico basato sull’idea di insegnamento come trasferimento della conoscenza, dall’insegnante agli alunni; una tendenza a privilegiare una comunicazione di tipo verbale, rispetto ad altri codici comunicativi, offerti dalle nuove tecnologie digitali e cognitive. La lezione partecipata è una strategia, pedagogica e didattica, che affonda le radici ideologiche nella teoria del “costruttivismo”21: la conoscenza è costruzione, meglio ricostruzione, delle conoscenze che ognuno di noi già possiede. 20 Cfr. Peruffo B., Leggere e scrivere la scienza, Bologna, Zanichelli, 2010. 21 Il costruttivismo è una teoria della conoscenza, in base alla quale la realtà non è qualcosa di oggettivo, indipendente dal soggetto, ma è il soggetto stesso che la costruisce; la teoria nasce negli Stati Uniti negli anni cinquanta nell’ambito della 15 Si tratta di una ricostruzione delle conoscenze non a livello individuale, ma a carattere sociale, comunitario. Il costruttivismo, in ambito pedagogico, sottolinea che, in una classe scolastica, l’apprendimento avviene attraverso il confronto collettivo delle conoscenze degli alunni, delle varie mappe cognitive presenti in ciascuno degli studenti. Alcuni autori, come la professoressa Perret-Clermont22 dell’università di Neuchâtel, hanno sottolineato, nelle loro ricerche, il carattere “sociale” della conoscenza: la costruzione e la rielaborazione dei saperi giunge solo attraverso una condivisione comune e non individuale. La lezione partecipata ha alla base il filone dell’apprendimento cooperativo23 : partendo dalle preconoscenze, che ogni ragazzo possiede sul tema proposto dall’insegnante, si arriva, attraverso un confronto continuo con gli altri, alla ricostruzione di una nuova conoscenza. La lezione partecipata è dunque caratterizzata dai seguenti elementi: l’insegnante propone un tema disciplinare e coinvolge ciascun alunno nell’esposizione delle proprie preconoscenze; l’insegnante coinvolge l’intera classe nella discussione e nel confronto fra le varie opinioni sull’argomento; attraverso gli strumenti operativi come i testi, le immagini, le mappe concettuali e gli ausili multimediali le conoscenze progressivamente si rafforzano e si consolidano; psicologia, e poi diventa una teoria dell’apprendimento con pedagogisti come Jean Piaget ( 1896 - 1980). 22 Cfr. Perret- Clermont A.N., Social interaction and cognitive development in children, Londra: stampa accademica, 1980. 23 L’apprendimento cooperativo ( Cooperative Learning ) è una modalità di apprendimento che si basa sull’interazione all’interno di un gruppo di alunni che collaborano; gli allievi affrontano lo studio in modo collaborativo, responsabile e solidale, in un mutuo insegnamento. 16 si arriva a un apprendimento condiviso da tutta la classe e dall’insegnante. Nella lezione partecipata il coinvolgimento degli alunni, sia sul piano cognitivo che su quello emotivo, è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi didattici che l’insegnante si propone di realizzare. Infatti in tale lezione avviene un confronto continuo tra gli alunni e l’insegnante: è una lezione che può << essere facilmente interrotta dagli studenti per chiarimenti e richieste di ripetizioni; le interruzioni possono essere sfruttate facilmente per divagazioni che rendono la lezione in qualche modo inedita e sorprendente >>.24 L’insegnante osserva l’apprendimento della classe in itinere modificando all’occorrenza il canovaccio della sua programmazione e rendendola perciò più flessibile. Questa modalità di conduzione della lezione favorisce a livello individuale un pensiero critico e analitico, e contribuisce al raggiungimento di un sapere consapevole ed interiorizzato. In questo modo, gli studenti non sono più soggetti passivi, ma partecipano attivamente, con domande e ragionamenti, assieme alla collaborazione indispensabile del docente, arrivando a un apprendimento condiviso: la classe diventa così una “comunità di apprendimento”.25 Questa concezione dell’apprendimento, basata su un modello collaborativo, permette agli alunni di mirare a un apprendimento continuo, alla consapevolezza delle proprie conoscenze. La finalità è il miglioramento collettivo della classe, che rappresenta e diventa un vero e proprio gruppo sociale: questo comporta una contrapposizione, in modo 24 Peruffo B., Leggere e scrivere la scienza, Bologna, Zanichelli, 2010, p.1. 25 La comunità di apprendimento, che ha visto la sua origine agli inizi degli anni ’90, è un modello di apprendimento collaborativo: è un gruppo sociale che ha come obiettivo finale la conoscenza, tramite la partecipazione e la condivisione dei saperi di tutti i componenti del gruppo. 17 costruttivo e pedagogicamente valido, al modello individualista della società nella quale viviamo. Per l’insegnante di discipline scientifiche, che persegue l’obiettivo di formare un pensiero critico e di raggiungere un apprendimento di conoscenze spendibile nella vita di tutti i giorni, questo stile d’insegnamento, incentrato sulla lezione partecipata e sul coinvolgimento diretto ed emotivo degli alunni, va considerato irrinunciabile. 18 1.4 Il laboratorio e la cultura della laboratorialità Oltre alla modalità della lezione partecipata, per un efficace insegnamento/apprendimento delle scienze sperimentali è fondamentale il coinvolgimento diretto individuale e di gruppo con gli oggetti fisici e i fenomeni naturali che sono argomento della lezione. Tale coinvolgimento diretto, all’interno di un istituto scolastico, non può che avvenire nel luogo naturale che è il laboratorio. Chiaramente non sempre è possibile riprodurre in laboratorio certi fenomeni naturali, ma quello che conta è l’approccio sperimentale agli argomenti studiati. I contenuti disciplinari delle materie scientifiche non devono piovere dall’alto, ma devono essere il più possibile sperimentati direttamente dagli alunni in laboratorio: solo così l’apprendimento è efficace. Ragionando sui risultati che si trovano, i concetti teorici si comprendono efficacemente e la motivazione e la partecipazione attiva degli alunni cresce. << Il coinvolgimento diretto, individuale e in gruppo con i fenomeni rafforza e sviluppa la comprensione e la motivazione, attiva il lavoro operativo e mentale che deve essere prima progettato e poi valutato; aiuta a individuare problemi significativi a partire dal contesto esplorato e a prospettarne soluzioni; sollecita il desiderio di continuare ad apprendere >>.26 Il laboratorio è l’elemento fondamentale per l’insegnamento delle scienze sperimentali e di tutte le discipline scientifiche, nella scuola primaria. Le funzioni che il laboratorio deve svolgere sono principalmente le seguenti: 1) Un luogo fisico : il laboratorio è principalmente un luogo dove si sperimenta. In assenza di un’aula attrezzata e dotata di strumenti specifici 26 MPI, Indicazioni, op. cit. p.93. 19 ( opzione da preferire ) , il laboratorio può essere l’aula scolastica di tutti i giorni. 2) un momento di partecipazione attiva dell’alunno: egli nel laboratorio deve sperimentare e formarsi una capacità critica, una testa ben fatta e non ben piena.27 << Tutte le discipline dell'area hanno come elemento fondamentale il laboratorio, inteso sia come luogo fisico (aula, o altro spazio specificamente attrezzato) sia come momento in cui l'alunno è attivo, formula le proprie ipotesi e ne controlla le conseguenze, progetta e sperimenta, discute e argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere dati e a confrontarli con le ipotesi formulate, negozia e costruisce significati interindividuali, porta a conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze personali e collettive >>. 28 L’uso e la pratica del laboratorio nella didattica delle scienze sperimentali deve essere costante durante l’anno scolastico e non deve costituire un momento straordinario di attività scolastica. Purtroppo nella scuola italiana ci sono molti punti deboli che riguardano l’uso del laboratorio: da una rilevazione nazionale 29 ,ottenuta da un gruppo di lavoro interministeriale per lo sviluppo della cultura scientifica nella scuola italiana, su un campione di 11.000 scuole, risulta chiaramente che lo spazio per il laboratorio è disponibile solo nel 22% per la scuola primaria e che la didattica di laboratorio ha una importanza marginale nella didattica delle scienze, a tutti i livelli scolastici. 27 Cfr. Morin E., La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina editore, 2000. 28 MPI, Indicazioni, p.91. 29 Rilevazione nazionale del Gruppo di lavoro interministeriale per lo Sviluppo della cultura scientifica e tecnologica nella Scuola italiana, presieduto da Luigi Berlinguer, i cui risultati furono presentati al CNR di Roma il 23 Aprile 2008. 20 Per Luigi Berlinguer, ex ministro del MIUR e presidente di questo gruppo di lavoro, sono tre le azioni necessarie da seguire : 1) procedere ad un cambiamento della didattica scientifica, 2) porre gli insegnanti al centro del cambiamento culturale in senso scientifico e tecnologico, 3) dotare di più attrezzature i laboratori. Per realizzare questi obiettivi, sono state elaborate ed avviate a livello nazionale diverse proposte, su spinta degli stessi insegnanti. La più significativa è il Piano nazionale “Insegnare Scienze Sperimentali” ( ISS ), proposto dalle associazioni degli insegnanti ( AIF, Associazione per l’Insegnamento della Fisica; ANISN, Associazione Nazionale Insegnanti di Scienze Naturali ) con l’obiettivo di “rivoluzionare” il modo tradizionale di affrontare l’insegnamento e l’apprendimento delle scienze sperimentali e naturali nella scuola italiana. Uno degli obiettivi principali che il Piano ISS si propone di realizzare è << la didattica laboratoriale >>: << Il laboratorio del Piano ISS è non solo e non tanto un “luogo attrezzato”, bensì metodo e cultura della ricerca e della progettualità. Il laboratorio rappresenta uno “spazio – situazione” ove gli studenti vengono coinvolti in operazioni mentalimanuali. Tuttavia non si tratta soltanto di proporre, di progettare e realizzare esperienze e /o esperimenti, quanto di evidenziare il legame esistente tra l’interpretazione dei fenomeni e lo siluppo di capacità di ragionamento >>.30 30 Piano ISS Documenti di lavoro : I Seminario Nazionale, 2006. 21 Questo è un punto fondamentale evidenziato dal Piano ISS: la didattica laboratoriale deve sviluppare le “capacità di ragionamento ” dei fenomeni naturali che ci circondano e non soltanto limitarsi agli esperimenti. Quindi non è necessario, se pur auspicabile, la presenza di un laboratorio propriamente detto, ma occorre formare nei ragazzi della scuola primaria una mentalità di ragionamento della realtà. Per questo gli insegnanti di scienze sperimentali devono passare dalla cultura del laboratorio alla cultura della “laboratorialità” : l’esperienza di laboratorio non deve costituire un’appendice alla lezione di scienze, ma deve essere un modo attraverso cui l’insegnante stimola nella classe le capacità di ragionamento. Il fine dunque che l’insegnante deve realizzare non è tanto l’esperienza laboratoriale in sé (se pur fondamentale, al fine di non limitarsi soltanto ad un’ enunciazione di verità cadute dall’alto ), ma la comprensione razionale e critica di ciò che stiamo sperimentando. La cultura della laboratorialità consiste nell’incrementare le capacità critiche e logiche degli alunni, che è anche uno degli obiettivi della lezione partecipata. 22 1.5 La trasposizione didattica e gli ostacoli all’apprendimento La didattica della fisica, come di altre scienze sperimentali o naturali, è una didattica disciplinare in sé, che ha contenuti , parametri e scopi specifici. La fisica viene talvolta considerata la scienza più fondamentale, in quanto alla base di moltissimi settori scientifici, dalla biologia all’astronomia e si occupa di spiegare fenomeni naturali e reali che tutti abbiamo continuamente davanti agli occhi: perché un’auto slitta a percorrere un curva, perché il cielo è blu o perché ci sono le stagioni e così via. Come qualsiasi didattica disciplinare , la didattica della fisica ha un proprio vocabolario, un proprio linguaggio specifico : termini comuni come forza, velocità o tempo hanno significati particolari in fisica, che un buon insegnante deve far apprendere ai suoi allievi. Ci sono stati molti studi di ricercatori di didattiche “disciplinari” 31 , che hanno analizzato gli elementi o fattori comuni alle varie didattiche, che un insegnante deve assolutamente conoscere, per meglio esercitare nella pratica quotidiana il suo delicato e fondamentale lavoro di insegnamento-apprendimento delle scienze. Ad esempio un elemento fondamentale che un docente deve conoscere è il concetto di “contratto didattico”. 32 Negli anni ’70 del Novecento la francese Jeanine Filloux lanciò l’idea di “contratto pedagogico”, sulla scia del celebre “contratto sociale” del filosofo J.J.Rousseau ( 1712-1778 ), per definire gli aspetti del rapporto tra un docente e il suo allievo. Fu Guy Brousseau, nel decennio successivo, a ideare il concetto di “contratto didattico” come quell’insieme di aspettative e di comportamenti che sono attesi sia da parte del docente sia da parte degli alunni, in una situazione 31 Tra le didattiche disciplinari, fondamentali sono i lavori svolti da tanti ricercatori, soprattutto francesi, nell’ambito della “didattica della matematica”. 32 Cfr. D’Amore B., Didattica della matematica, Bologna, Pitagora Editrice, 2001. 23 scolastica-didattica, e questo proprio in virtù delle regole, delle norme, delle clausole implicite ed esplicite che costituiscono il contratto. In questo paragrafo analizzeremo due elementi importanti che caratterizzano la didattica disciplinare delle scienze: il concetto di “trasposizione didattica” e il concetto degli “ostacoli” al processo di apprendimento degli alunni. La “trasposizione didattica” è stata elaborata nell’ambito della “didattica della matematica” dal ricercatore francese Yves Chevallard, negli anni ‘80 del secolo scorso. È intesa come il lavoro che deve compiere un insegnante per adattare il sapere scientifico ( o meglio le tante forme del sapere scientifico ) appreso nei libri e nelle aule dell’università ( il sapere esperto, “universitario”, il “savoir savant” ), in un sapere adatto all’insegnamento, in funzione degli alunni della classe, dell’ambiente scolastico e delle finalità didattiche che ci si pone ( il sapere “insegnato” ). Nella realtà il meccanismo è più complesso in quanto si ha prima il passaggio dal sapere “universitario” a quello “da insegnare” e poi da quest’ultimo a quello “insegnato” effettivamente agli alunni della classe, secondo il seguente schema33: sapere universitario sapere da insegnare sapere insegnato 33 Il primo passaggio tra il sapere “universitario” a quello “da insegnare” rappresenta la “trasposizione didattica”; il secondo passaggio, invece, dal sapere “da insegnare” a quello “insegnato” in classe rappresenta l’ “ingegneria didattica”. 24 << La trasposizione didattica consisterebbe allora, dal punto di vista dell’insegnante, nel costruire le sue proprie lezioni, attingendo dalla fonte dei saperi, tenendo conto delle orientazioni fornite dalle istituzioni e dai vari programmi ( sapere da insegnare) per adattarli alla propria classe :livello degli allievi, obiettivi perseguiti. La trasposizione didattica consiste nell’estrarre un elemento di sapere dal suo contesto ( universitario, sociale eccetera ) per ricontestualizzarlo nel contesto sempre singolare, sempre unico, della propria classe >>.34 Il termine “trasposizione” allude metaforicamente ad uno “spostamento non rettilineo” per cui il sapere cambia forma: da una forma “scientifica”, che si riscontra all’interno delle comunità scientifiche-accademiche, si passa a una forma “didattica” del sapere, che si ha all’interno di un’aula scolastica.35 Il docente, grazie alla trasposizione didattica, costruisce le sue lezioni sulla base della sorgente dei saperi ufficiali; però nel fare ciò non opera individualmente, non è mai da solo, ma deve tenere conto della classe in cui insegna e della istituzione scolastica, del curricolo e delle indicazioni nazionali che deve osservare. La trasposizione didattica si compie a due livelli: 1) livello formale : l’ elaborazione del curricolo scolastico, il lavoro svolto dalle associazioni di insegnanti della disciplina, le relazioni con il mondo istituzionale e formale della scuola; 34 D’Amore B., Didattica della matematica, Bologna, Pitagora Editrice, 2001, p. 76,77. 35 Cfr. Martini B., Formare ai saperi. Per una pedagogia della conoscenza, Milano, Franco Angeli, 2005. 25 2) livello didattico : la progettazione e la pianificazione delle singole unità di apprendimento: dalla scelta delle strategie didattiche più opportune alla scelta dei materiali e delle parole da usare durante gli interventi didattici. Quando un argomento qualsiasi , nell’ambito di ogni ramo della scienza, entra in un’aula scolastica subisce inevitabilmente una semplificazione rispetto alla trattazione caratteristica della comunità scientifica, dove viene continuamente studiato ed elaborato, in ogni aspetto minimo dai ricercatori più qualificati. Dal dominio dei saperi puri si passa ai contenuti d’insegnamento: questo delicato passaggio è la trasposizione didattica, che comporta una vera e propria trasformazione. << Dal momento in cui entrano in un programma scolastico, un dominio del sapere, un concetto, subiscono una trasformazione massiccia, sono snaturati per trovare un altro statuto, entrano in un’altra logica, in un’altra razionalità. I requisiti di una pedagogia scolastica danno loro una forma nuova >>.36 Un altro concetto che un insegnante di scienze deve conoscere è quello relativo agli “ostacoli” che si frappongono all’apprendimento della matematica e in generale all’apprendimento di tutte le discipline scientifiche. Tale concetto fu elaborato e proposto, a partire dal 1976 fino al 1983, da Brousseau ( il ricercatore francese che elaborò l’idea di “contratto didattico”), nella sua Teoria degli ostacoli , ispirandosi filosoficamente all’idea di ostacolo di Bachelard ( 1938 ). Un “ostacolo”, secondo Brousseau, è un “qualche cosa” che << si frappone all’apprendimento trasmissivo insegnante- allievo atteso, qualunque ne sia la natura>>.37 36 37 D’Amore, Didattica della matematica, Bologna, Pitagora Editrice, 2001, p. 77. D’Amore, Fandiňo Pinilla M.I., Difficoltà nell’apprendimento della matematica, Ostacoli, Dipartimento di matematica-Università di Bologna. 26 Brousseau fornisce alcune caratteristiche di questi “ostacoli”: a) in generale un ostacolo non è una mancanza di conoscenza, ma rappresenta esso stesso una forma di conoscenza. Giovanni Vailati ( 18631909) nell’opera Sull’importanza delle ricerche relative alla storia delle scienze (1896) scriveva : << Un’asserzione erronea, un ragionamento inconcludente di uno scienziato dei tempi trascorsi possono essere tanto degni di considerazione quanto una scoperta o un’intuizione geniale, se essi servono ugualmente a gettar luce sulle cause che hanno accelerato o ritardato il progresso delle conoscenze umane >>; b) anche se l’ostacolo genera delle contraddizioni, l’allievo resiste a tali contraddizioni: occorre l’intervento dell’insegnante per fornirgli una conoscenza maggiore che risolva le contraddizioni, in modo che lo studente se ne renda conto e ne sia consapevole; c) anche se superato, l’ostacolo, in modo sporadico, può ritornare lungo il percorso cognitivo dell’alunno. La teoria degli ostacoli distingue tre tipologie di ostacoli ( con intersezioni reciproche ), in base alla loro natura: 1) di natura ontogenetica: hanno origine nell’allievo e sono legati allo sviluppo delle capacità e conoscenze caratteristiche della sua età mentale. Se nella costruzione di un certo concetto scientifico le capacità dello studente sono insufficienti, allora queste diventano un ostacolo ontogenetico ( ossia legato allo sviluppo dell’intelligenza e dei sistemi percettivi); a questa tipologia sono ascritti anche gli ostacoli genetici ( dovuti al corredo cromosomico, genetico di un individuo ) che sono spesso insuperabili; 27 2) di natura didattica: sono dovuti a una scelta o a un progetto del sistema educativo o all’insegnante: sono legati alla trasposizione didattica ( scelta del contenuto ) e all’ingegneria didattica ( scelta della metodologia, ossia dell’organizzazione pratica delle attività didattiche in aula). Le scelte compiute da un docente, in base alle proprie convinzioni, possono essere efficaci per molti studenti e fallimentari per alcuni; 3) di natura epistemologica: sono degli ostacoli che si originano, in matematica e in tanti campi della scienza, per la natura stessa dell’argomento. Nella storia del pensiero scientifico, si trovano degli argomenti che , oltre a rappresentare un ostacolo all’apprendimento, sono stati problematici da accettare nella comunità scientifica; si possono fare alcuni esempi: il principio di Archimede, il concetto di numero immaginario, la divisione come operazione aritmetica, eccetera. Gli ostacoli di natura didattica e metodologica possono essere superati dall’insegnante : può correggere le scelte didattiche e ricalibrare la sua trasposizione, rispetto alle difficoltà che incontra l’allievo. Di quelli di natura epistemologica, invece, è opportuno che il docente sia cosciente e cerchi, per quanto possibile, di semplificare l’argomento, soprattutto in una scuola primaria, per renderlo accessibile a tutti. 28 Capitolo 2 La storia del calendario e la misura del tempo 2.1 Cenni storici sul calendario civile Il calendario civile38 è un sistema o uno strumento adottato dall’uomo per suddividere, calcolare e dare un nome ai vari periodi di tempo. Esistono molti calendari nel mondo, da quello islamico, nei paesi musulmani, a quello ebraico o cinese, ma la maggior parte dei Paesi del mondo occidentale, nonché le organizzazioni sovranazionali come l’ONU, adottano ufficialmente il calendario gregoriano, il cui nome è dovuto a Papa Gregorio XIII ( 1502-1585 ) che lo introdusse nel 1582 con la bolla Inter gravissimas 39 , per risolvere il problema della discrepanza tra il calendario civile in vigore in precedenza ( il calendario giuliano, dal nome di Giulio Cesare che lo introdusse nel 46 a.C. ) e le stagioni astronomiche. L’anno civile, espresso tramite lo strumento del calendario civile, è il periodo di tempo che regola la vita di noi esseri umani, cittadini di uno Stato; inizia il primo giorno di Gennaio e termina l’ultimo giorno di Dicembre, con una durata complessiva di 365 giorni ( più uno durante gli anni bisestili ). L'anno solare invece è il periodo di tempo compreso fra due passaggi successivi del Sole fra due solstizi od equinozi dello stesso nome ; non è perfettamente costante per motivi legati ai moti della Terra e per questo si definisce: 38 L’aggettivo “civile” si riferisce a tutto ciò che concerne l’uomo comune come partecipe di una società organizzata in Stato e deriva dal latino civis = cittadino. 39 Inter gravissimas sono le prime parole della bolla pontificia emanata il giorno 24 Febbraio 1582, in cui il Papa pose fine all’uso del calendario giuliano sostituendolo con il suo calendario molto più preciso, come spiegheremo in seguito. 29 L’anno solare medio = 365,2422 giorni = 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi (1) La storia del calendario civile è stato il continuo tentativo da parte dell’uomo di far coincidere l’anno civile con l’anno solare, ossia di annullare lo “sfasamento” tra i due anni, in modo che le date riportate sul calendario coincidessero con le stagioni astronomiche40 che si hanno durante l’anno solare. Se l'anno civile non marciasse di pari passo con l'anno solare, si avrebbe uno spostamento delle stagioni nell'arco dell'anno, per cui, ad esempio, l'equinozio di primavera finirebbe per slittare, col tempo, dal 21 marzo ad aprile, poi in maggio, in giugno e così via. Il calendario gregoriano con 365 giorni più le correzioni bisestili ha le sue radici nell’antica Roma, a partire proprio dal suo mitico fondatore41: Romolo (771-716 a.C.), il primo re di Roma, che introdusse il calendario (detto “romuleo”) secondo la testimonianza del filosofo romano Ambrogio Teodosio Macrobio ( 390-430 ) nella I giornata dei Saturnalia. 42 Il calendario romuleo ( Tab.1 ), che sembra basato sul calendario lunare greco, contava appena 304 giorni e aveva soltanto dieci mesi, con i nomi dei mesi che derivavano dall’ordine dei mesi stessi, eccetto i primi quattro: 40 In astronomia una stagione è l’intervallo di tempo che intercorre tra un equinozio e il solstizio successivo ( o viceversa ). 41 Secondo la tradizione Romolo fondò Roma tracciandone il confine sacro, il pomerio, il 21 Aprile 753 a.C. e da allora i Romani adottarono tale data come riferimento per calcolare il computo degli anni ( in latino “Ab Urbe condita ”, a.U.c., “dalla fondazione della Città”). 42 I Saturnalia sono l’opera letteraria principale di Macrobio, sono divisi in sette libri nei quali i personaggi dell’aristocrazia romana dialogano di vari argomenti; nel I libro si parla della storia del calendario romano. 30 Numero mese Nome del mese Numero di giorni Mese calendario gregoriano I II III IV V VI VII VIII IX X MARTIUS APRILIS MAIUS IUNIUS QUINTILIS SEXTILIS SEPTEMBER OCTOBER NOVEMBER DECEMBER 31 30 31 30 31 30 30 31 30 30 MARZO APRILE MAGGIO GIUGNO LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE OTTOBRE NOVEMBRE DICEMBRE Tab. 1 Il calendario di Romolo << Romolo decise che il “primo” mese del suo Calendario fosse dedicato al dio della guerra, Marte, e così venne fuori il nostro Marzo. Il “secondo” lo dedicò all’apertura delle gemme con il nome “Aprilis ”, il “terzo” lo dedicò a una dea italica, Maius e il “sesto” alla regina dei romani, Giunone. Gli ultimi quattro nomi di mesi, come numeri ordinali, sono arrivati fino ad oggi… Per chi aveva bisogno di seguire l’andamento dell’agricoltura quel Calendario con 304 giorni era inutilizzabile: nel volgere di appena tre anni la data scritta nel Calendario romuleo risultava sfasata rispetto alle stagioni, per esempio le date del Calendario indicavano l’inverno e il clima era piena estate >>.43 Si attribuisce a Numa Pompilio ( 754 - 673 a.C. ), secondo re di Roma, la prima riforma del calendario. Egli essendo forse a conoscenza del calendario greco costituito da 12 mesi alternativamente di 29 e 30 giorni, aggiunse Ianuarius ( che deriva dal dio romano “Ianus”,“Giano”, divinità bifronte preposta alle porte e ai ponti, per significare una forma di passaggio e di mutamento dal vecchio anno al nuovo) e Februarius (dal latino “februare” che significa “purificare”) che furono posti immediatamente dopo December e quindi prima di Martius: i mesi di 30 43 Zichichi A., L’irresistibile fascino del tempo , Milano, Marco Tropea editore, 2011, p.102-104. 31 giorni furono portati a 29 ed i nuovi ebbero rispettivamente 29 giorni ( Ianuarius ) e 28 ( Februarius). Si ebbe così un anno composto da 355 giorni, poco diverso da quello greco che ne contava 354 ( i Romani, a differenza dei Greci, erano superstiziosi e non amavano i numeri pari ). Al fine di mantenere l’anno del calendario allineato all’anno solare, ogni tanto, per decisione del pontefice massimo ( figura religiosa romana), veniva aggiunto un mese intercalare detto il mercedonio44, che aveva 27 giorni e veniva inserito ad anni alterni. Inoltre con il calendario di re Numa per il computo pratico dei giorni dei mesi furono introdotte le calende45 (il primo giorno di ogni mese), le none (nono giorno di ogni mese) e le idi ( il giorno a metà di ogni mese). << Con questo nuovo calendario lo sfasamento tra data del calendario e stagioni arrivava dopo circa diciotto anni: era necessario inserire nuovi giorni, nuovi mesi per tenersi in fase con le stagioni, come facevano gli antichi greci. Si decise di adottare una versione del calendario greco che inseriva un mese supplementare ogni 8 anni in modo da avere un anno con 365 giorni. Ma le regole del calendario greco erano difficili da seguire, spesso i sacerdoti dimenticavano di inserire il mese supplementare, quindi c’erano continue oscillazioni tra l’anno solare effettivo e le date del calendario >>.46 Gaio Giulio Cesare (100-44 a.C.), in qualità di pontefice massimo, decise di porre rimedio a queste continue oscillazioni del calendario e introdusse la sua riforma: 44 Mercedonius o Mensis Intercalaris posto tra la prima parte di Febbraio, che terminava il giorno 23 con la fine dell’anno religioso, mentre i restanti cinque giorni formavano la seconda parte. 45 Dalla parola “calendae” (“calende”) deriva il termine “calendarium”, “calendario”. 46 Ibidem, p.102. 32 << finché nell’anno 708 di Roma ( 46 a.C. ) Giulio Cesare, sommo pontefice, chiesta la cooperazione del grande astronomo di Alessandria Sosigene, riforma di nuovo il Calendario, formando un anno di 365 giorni e 6 ore circa con inizio al primo gennaio >>.47 L’anno fu suddiviso in 12 mesi, alternativamente di 31 e 30 giorni, con l’eccezione che negli anni di 365 giorni il mese di Febbraio avrebbe avuto 29 giorni invece di 30, mentre il giorno in più sarebbe stato collocato tra il VI e VII giorno precedenti le calende di Marzo48: poiché tale giorno intercalato era definito “bis sextus ante kalendas martias” l’anno fu chiamato “bi-sextus” ossia “bisestile”. L’astronomo greco di Alessandria di Egitto Sosigene ( I secolo a.C.), che fu incaricato da Cesare di formulare il suo calendario stabilì che una volta ogni quattro anni ci fosse un anno bisestile di 366 giorni. La struttura del calendario giuliano ( Tab. 2) fu pertanto la seguente: 47 Cappelli A., Cronologia, cronografia e calendario perpetuo, Milano, Hoepli, 1998, p.26. 48 Il sesto giorno prima del 1° Marzo ( le calende di Marzo ) era il 24 Febbraio: nei mesi con Febbraio di 29 giorni era il “sexto die”, nei mesi con Febbraio di 30 giorni era il “bis sexto die”. 33 Numero mese Nome del mese I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII Numero di giorni Mese calendario gregoriano 31 29/30 31 30 31 30 31 30 31 30 31 30 GENNAIO FEBBRAIO MARZO APRILE MAGGIO GIUGNO LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE OTTOBRE NOVEMBRE DICEMBRE IANUARIUS FEBRUARIUS MARTIUS APRILIS MAIUS IUNIUS QUINTILIS SEXTILIS SEPTEMBER OCTOBER NOVEMBER DECEMBER Tab. 2 Il calendario di Giulio Cesare Questa riforma fu attuata nel 45 a.C. dopo aver aggiunto i circa novanta giorni persi in precedenza a causa del mancato inserimento di alcuni mesi intercalari e perciò l’anno 708 ab Urbe condita, anno di transizione fra i due sistemi, fu costituito da oltre 440 giorni suddivisi in 15 mesi e fu chiamato da Cesare “ultimus annus confusionis” , “ l’ultimo anno di confusione ”. Ulteriori modifiche furono fatte al calendario dopo il razionale assetto dato da Giulio Cesare. Infatti proprio l’anno seguente alla sua istituzione, Marco Antonio propose che Quintilis, fosse chiamato Iulius in onore di Giulio Cesare, che in questo mese era nato. Il mese Sextilis fu chiamato invece Augustus in onore dell’imperatore Augusto che in questo mese era stato nominato console ed aveva conseguito importanti vittorie. Ed in tale occasione, forse per far piacere allo stesso imperatore, tale mese a lui dedicato fu portato a 31 giorni per renderlo di lunghezza uguale a quello dedicato a Giulio Cesare, a scapito di Febbraio che fu ridotto a 28 giorni negli anni comuni ed a 29 in quelli bisestili. Pertanto per non avere tre mesi consecutivi di 31 giorni, la lunghezza degli ultimi quattro mesi fu invertita: 34 Settembre e Novembre passarono da 31 a 30 giorni ed Ottobre e Dicembre da 30 a 31 giorni. Nel periodo imperiale con Costantino ( 272-337 ) il calendario giuliano assume una importante variazione: l’introduzione della settimana al posto del ciclo nundinale (da “novem dies”, “nove giorni ” ). Era un ciclo di 9 giorni, contrassegnati da una lettera, che scandiva la vita romana, introdotto dal sesto re di Roma Servio Tullio nel VI secolo a.C. La suddivisione del tempo in settimane è probabilmente di origine caldaica. In ogni caso essa deriva dalle tradizioni comuni a tutti i popoli dell’antichità che adottavano il mese lunare basato sulle fasi lunari aventi ciascuna la durata di sette giorni. L’origine dei nomi dei giorni della settimana nella lingua italiana è legata alla struttura del sistema tolemaico49 in cui si riteneva l’universo costituito da sette sfere celesti: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno ed infine la sfera delle Stelle fisse. Da questo sistema sono derivati i giorni: Lunedì, Martedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì, “giorno di Saturno” e “giorno del Sole”. Sempre con Costantino che si convertì al Cristianesimo il giorno dedicato al Sole si trasformò in Domenica, “giorno del Signore” ( “dies Dominus” ), e quello dedicato a Saturno in Sabato, dall’ebraico Shabbath; presso alcuni popoli, però, è rimasta la dedicazione originale, come ad esempio nei popoli anglofoni: Sunday ( giorno del Sole ) e Saturday ( giorno di Saturno). Il Cristianesimo diffuse la settimana in tutto l’Impero Romano ed essa si sovrappose lentamente alle usanze romane di culto : l’imperatore Costantino decretò, con un editto del 321 d.C., l’ufficialità della settimana nel calendario giuliano, fissando inoltre la Domenica come giorno festivo. 49 Il sistema tolemaico era un sistema geocentrico, con la Terra al centro dell’universo e gli altri corpi celesti che ruotano attorno ad essa; fu codificato dal filosofo greco Aristotele (383-322 a.C. ) e dall’astronomo Tolomeo ( 90-168 ), da cui prende il nome. 35 greco Claudio Il modo di contare i giorni continuò nella tradizione romana che consisteva nel contare i giorni che mancavano alle calende, alle none e alle idi, fino a che i Visigoti introdussero l’abitudine di assegnare un numero progressivo ai giorni. Con Carlo Magno ( 742-814 ), imperatore del Sacro Romano Impero, questo metodo di numerazione progressiva diventò ufficiale. Per quanto riguarda il computo degli anni, si faceva il calcolo dalla fondazione di Roma ( ab Urbe condita ) ed essi venivano distinti col nome dei consoli in carica o degli imperatori regnanti. Fu Dionigi il Piccolo ( V secolo - VI secolo d.C. ), un monaco originario della Scizia, che visse a Roma, a introdurre per la prima volta nella datazione il riferimento all’anno di nascita di Gesù Cristo, che secondo suoi calcoli era avvenuta nel 753 dalla fondazione di Roma e fu proprio lui ad aver introdotto l’usanza di calcolare gli anni da tale data ( Anno Domini ). Si fece quindi corrispondere l’anno 754 a.U.c. al primo anno dell’era di Cristo ( 1 d. C., il primo dopo Cristo ). Importante è osservare come nella numerazione degli anni dalla nascita di Cristo, introdotta da Dionigi il Piccolo, non esista l’anno zero, poichè si passa direttamente dall’anno 1 a.C. ( avanti Cristo ) all’anno 1 d.C. ( dopo Cristo). Perché dopo tanti secoli, nel 1582, Papa Gregorio XIII decise di intervenire per riformare il calendario giuliano ? Il motivo è principalmente di natura religiosa. Il Concilio di Nicea ( 325 ), voluto dall’imperatore Costantino, decise che la Pasqua cristiana si sarebbe celebrata ogni anno la prima Domenica dopo la prima luna piena ( plenilunio) successiva all’equinozio50 di Primavera ( il 21 Marzo ). Dunque per il calcolo della data della Pasqua l’anno del calendario civile doveva essere sincronizzato con l’equinozio di Primavera che è legato all’anno solare. 50 L’Equinozio, che cade a Primavera ( 21 Marzo) e a in Autunno (22 Settembre) nell’emisfero boreale, deriva dal latino “equi-noctis” ( che significa “notte uguale” al dì) ed in astronomia è l’istante in cui nel corso dell’anno i raggi del Sole sono perpendicolari al suolo all’equatore. 36 Con il calendario giuliano, in vigore da più di quindici secoli, esisteva uno sfasamento tra data del calendario e anno solare effettivo di ben 10 giorni. Infatti la durata dell’anno giuliano medio 51 è di 365 giorni e 6 ore : Anno giuliano medio = 365,25 giorni = 31.557.600 sec (2) L’anno solare medio,come riportato nella (1), in secondi, ha la seguente durata: Anno solare medio = 365,2422 giorni = 31.556.925 sec (3) Di conseguenza la differenza tra l’anno giuliano medio (2) e l’anno solare medio (3) risulta essere: Ritardo del calendario giuliano = 675 secondi all’anno (4) Quindi calcolando la durata media di un giorno in secondi52 e dividendo per il ritardo dell’anno giuliano rispetto all’anno solare ( 675 sec ), si ottiene che il calendario giuliano accumula un ritardo di un giorno ogni circa 128 anni. Tra l’anno 325 in cui si tenne il Concilio di Nicea e l’anno 1582, in cui papa Gregorio XIII fece la sua riforma, erano passati 1257 anni e quindi si era accumulata una differenza di quasi 10 giorni, per cui la data sul calendario giuliano del 21 Marzo ( l’Equinozio di Primavera), che era fondamentale per il calcolo della Pasqua, arrivava quando il reale equinozio astronomico era passato da 10 giorni. Papa Gregorio XIII si accorse che continuando così la Pasqua si sarebbe celebrata in Estate! Decise quindi di nominare una commissione pontificia di esperti, presieduta dal matematico gesuita Cristoforo Clavio ( 1538-1612 ) , tra i cui membri vi era 51 Si fa la media aritmetica tra 3 anni con 365 giorni e 1 anno bisestile con 366 giorni : anno giuliano medio = ( 365+365+365+366 ) / 4 = 365,25 giorni ; ed essendo un giorno = 24 ore ( h ), allora 0,25 · giorno = ¼ · giorno = ¼ · 24 h = 6 h, l’anno giuliano medio è 365 giorni interi e 6 ore. 52 Si ha : 3600 · 24 = 86.400 secondi. 37 l’ideatore della riforma del calendario: il medico ed astronomo calabrese Luigi Lilio ( 1510-1574 ). La commissione decise di rimediare allo spostamento dell’equinozio di primavera dovuto al calendario giuliano, eliminando dal calendario 10 giorni: fu proposto da Clavio di passare direttamente da giovedì 4 Ottobre 1582 a venerdì 15 Ottobre 1582. Inoltre la commissione pontificia decise di modificare la durata media dell’anno civile cambiando la regola degli anni bisestili: - gli anni la cui numerazione è multipla di 100 ( 1500, 1600,…) sono bisestili solo se sono multipli anche di 400 ( 1600, 2000, 2400,…); mentre non lo sono gli anni 1700, 1800, 1900, 2100,… - tutti gli altri anni multipli di 4 rimangono bisestili. Con questa regola ( la cui sintesi è: “ i giorni dell’anno sono 365, più uno ogni 4 anni, meno 3 ogni 4 secoli” ) la durata dell’anno gregoriano medio è : Anno gregoriano medio = 365 + 97/400 = 365,2425 giorni = 31.556.952 sec (5) La differenza, di conseguenza, tra l’anno gregoriano medio ( 5 ) e l’anno solare medio ( 3 ) risulta essere: Ritardo dell’anno gregoriano = 26 secondi all’anno (6) La differenza con l’anno solare medio è di soli 26 secondi in eccesso, il che equivale a circa un giorno ogni 3323 anni53; poiché il calendario gregoriano è stato istituito nel 1582 occorrerebbe sopprimere un giorno soltanto nell’anno 4905. 53 Infatti dividendo 86.400 : 26 = 3323. 38 La riforma del calendario giuliano fu quindi varata dal papa Gregorio XIII con la bolla Inter gravissimas del 13 febbraio 1582, nella quale si adottavano i provvedimenti proposti da Cristoforo Clavio. << Ed è così che il 1° Marzo 1582 viene pubblicata la bolla Inter gravissimas, a seguito della quale gran parte della cristianità si trova in quell’anno a passare da giovedì 4 ottobre a venerdì 15 ottobre saltando i giorni intermedi. Per mantenere poi il calendario al passo con la stagione astronomica si stabilisce che vengono considerati non bisestili gli anni centenari non divisibili per 400>>.54 La superstizione popolare dice che “anno bisesto, anno funesto”, invece gli anni bisestili << servono per sincronizzare la data del Calendario con l’anno solare … gli anni bisestili servono per migliorare questo sincronismo: né magie né sciagure funeste possono essere legate a queste scelte di aggiungere un giorno a un anno del Calendario >>.55 Per migliorare ancora questo ritardo di 26 secondi all’anno, nel secolo ventesimo sono stati proposti ulteriori tentativi da parte degli scienziati, ma il Calendario Gregoriano è tuttora in vigore ed è molto preciso poiché esiste soltanto una differenza di un giorno ogni 3000 anni! 54 Buonanno R., Il cielo sopra a Roma : I luoghi dell’astronomia, Springer Verlag editore,2007,p.8. 55 Zichichi A., L’irresistibile fascino del tempo , Milano, Marco Tropea editore, 2011, p.179. 39 2.2 I Moti principali della Terra La Terra è un pianeta che fa parte del sistema solare, ossia di un sistema planetario56 costituito da una varietà di corpi celesti, tra cui otto pianeti, mantenuti in orbita dalla forza di attrazione gravitazionale del Sole, la nostra stella. La Terra, come tutti i corpi celesti nello spazio, non è statica, ma si muove compiendo dei movimenti, detti “moti”, che sono essenziali per le conseguenze che hanno sull’ecosistema del nostro pianeta. In questo paragrafo, verranno approfonditi i due moti principali della Terra, quello di rotazione ( il movimento attorno al proprio asse ) e quello di rivoluzione ( il movimento attorno al Sole). Questi due moti avvengono contemporaneamente e sono indipendenti fra loro ma, per poterli studiare meglio, li analizzeremo separatamente. 57 << Dal punto di vista copernicano possiamo schematizzare il moto della Terra come composizione di due movimenti principali, fra loro indipendenti: uno spostamento lungo l’orbita attorno al Sole ( moto di rivoluzione) e una rotazione attorno a un asse passante per il centro della Terra ( moto di rotazione ). La durata della rivoluzione è detta anno, mentre la durata della rotazione è il giorno >>.58 56 Il sistema planetario è un sistema formato da diversi oggetti di natura non stellare ( come pianeti, satelliti, comete, polvere interstellare) in orbita attorno ad una stella. 57 Il movimento della Terra nello spazio è molto complesso: oltre ai due moti principali, la Terra compie altri moti minori, chiamati “millenari”, in quanto percepiamo il loro effetto in una scala temporale di molte migliaia di anni; i moti “millenari” principali sono : la variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre e la precessione degli equinozi ( ossia la direzione dell’asse della Terra, su migliaia di anni, non è costante e quindi, fra migliaia di anni, la stella Polare non indicherà più il Nord) . 58 Straulino S., Lezioni di astronomia per gli studenti di scienze della formazione primaria , Aracne editrice, Roma, 2012, p.27. 40 Il Moto di Rotazione La Terra, come gli altri pianeti del sistema solare, ruota su se stessa attorno a un asse immaginario che passa per il centro del pianeta e << incontra la superficie terrestre in due punti chiamati Polo Nord e Polo Sud >>.59 Il senso della rotazione è da Ovest verso Est, ossia in senso contrario a quello delle lancette di un orologio ( senso “antiorario”), per un osservatore che guardi la Terra da un punto situato sulla verticale del Polo Nord. Il periodo di tempo necessario a un pianeta per compiere una rotazione completa attorno al proprio asse, si chiama “periodo di rotazione”. Tale periodo varia da pianeta a pianeta. Ad esempio il pianeta Mercurio ha un periodo di rotazione di 58 giorni, mentre il pianeta Giove ha un periodo di rotazione di quasi 10 ore. Il periodo di rotazione della Terra, prendendo come riferimento il Sole, è detto “giorno solare ” 60 e ha una durata di circa 24 ore. Mentre se prendiamo come riferimento le stelle, il periodo di rotazione della Terra, si chiama “giorno sidereo” ed è pari a 23 ore, 56 minuti e 4 secondi, ossia 4 minuti più breve del giorno solare. Per comprendere il motivo di questa differenza di 4 minuti, con l’aiuto della Fig.1, immaginiamo che sulla Terra ci sia un osservatore P, che osserva la culminazione del Sole (l’istante in cui il Sole raggiunge la massima altezza, nel suo moto apparente, rispetto al piano dell’orizzonte dell’osservatore ), e un osservatore Q che osserva la culminazione di una certa stella ( infatti anche le stelle hanno un moto apparente a causa della rotazione terrestre) in un punto diverso dal pianeta. Siano P1 e Q1 le posizioni iniziali in cui gli osservatori P e Q osservano la culminazione o del Sole ( P ) o della Stella (Q). 59 Ibidem, p.27. 60 In astronomia si distingue il giorno solare “vero” , che è il tempo che intercorre tra due culminazioni del Sole su un determinato meridiano, e il giorno solare “medio” che è la durata media dei giorni solari durante l’anno : è pari a 24 ore, ossia 86.400 secondi ed è usato per fini civili. Si usa il giorno solare medio perché la durata del giorno solare varia durante l’anno ( anche di diversi minuti ). 41 Fig.1 Differenza tra giorno sidereo e giorno solare. La dimensione dell’angolo alfa in figura è esagerata rispetto alla realtà ( angolo di circa un grado) per una migliore rappresentazione. << Il giorno successivo l’osservatore Q riscontra una nuova culminazione della stella quando si trova in posizione Q2, dopo che la Terra ha fatto un rotazione completa su di sé : infatti le stelle sono così lontane da noi che la loro luce proviene sempre dalla stessa direzione >>.61 Per l’osservatore P le cose sono leggermente diverse perché quando arriva nella posizione P2, dopo una rotazione completa della Terra, il Sole non ha raggiunto 61 Ibidem, p.45. 42 ancora la culminazione, in quanto la Terra ha compiuto anche uno spostamento lungo la sua orbita a causa del moto di rivoluzione. Per osservare la culminazione del Sole l’osservatore P deve trovarsi nella posizione P3, ossia deve aspettare che la Terra si sposti ancora un po’ e ruoti di un angolo supplementare ( corrispondente all’angolo α della figura ) di circa un grado.62 Quindi deve aspettare altri 4 minuti rispetto al suo collega osservatore Q. I due osservatori registrano intervalli temporali diversi tra la culminazione del Sole e delle stelle e << questo spiega perché il giorno solare è più lungo del giorno sidereo di alcuni minuti >>.63 La Terra, a causa del moto di rivoluzione, percorre un’orbita ellittica, intorno al Sole, ruotando intorno al suo asse di rotazione, immaginario, che passa per il centro del pianeta e per i due poli. Il piano geometrico in cui giace l’orbita che la Terra percorre attorno al Sole è detto “piano dell’eclittica” o semplicemente “eclittica”. La direzione dell’asse terrestre , nel nostro emisfero boreale, è diretta verso la stella Polare ( che possiamo facilmente individuare nel cielo notturno dell’emisfero settentrionale, individuando la costellazione dell’Orsa maggiore). L’asse di rotazione terrestre è inclinato di 23º 27' rispetto alla retta perpendicolare al piano dell’eclittica e passante per il centro della Terra ( Fig. 2 ). 62 Questo angolo è circa 1º e corrisponde al tempo di circa 4 minuti che si ottiene dividendo il periodo di rotazione ( 24 ore corrispondono a 1440 minuti ) per l’angolo di 360º ( angolo del percorso orbitale completo della Terra attorno al Sole ): 1440/360 = 4 minuti. 63 Ibidem, p. 47. 43 Fig. 2 L’inclinazione dell’asse terrestre ( colore verde ) rispetto alla perpendicolare al piano dell’eclittica. La rotazione terrestre ha delle conseguenze molto importanti. La conseguenza più manifesta è l’alternarsi di un periodo di luce, il “dì”, e di un periodo di buio, la “notte”: l’insieme del dì e della notte costituiscono il “giorno”, ossia il periodo di tempo di una rotazione completa. Un'altra conseguenza importante del moto di rotazione è il moto apparente della sfera celeste, ossia dell’enorme sfera che sembra avvolgere la Terra e su cui sembrano proiettati i corpi celesti ( il più importante è chiaramente il Sole, la nostra stella ). Tale moto della sfera celeste è apparente, in quanto è la Terra che ruota, ed è in senso contrario, cioè da Est a Ovest, rispetto al senso di rotazione del nostro pianeta ( che è da Ovest verso Est ). 44 Il Moto di rivoluzione La Terra ruota intorno al Sole, in senso antiorario per un osservatore che guardi la Terra da un punto situato sulla verticale del Polo Nord, compiendo un “moto di rivoluzione” attorno alla nostra stella e descrivendo un’orbita che ha la forma geometrica dell’ellisse, di cui il Sole occupa uno dei due fuochi.64 << Il tedesco Kepler scopre che le orbite planetarie non hanno forma circolare, come riteneva Kopernik sulla base di tutta la tradizione astronomica precedente, ma sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei fuochi. Nel caso della Terra è difficile accorgersi di questa forma particolare perché l’orbita è molto poca diversa da un cerchio >> .65 In virtù di questa forma ellittica dell’orbita la distanza fra la Terra e il Sole varia nel corso dell’anno: avremo un valore massimo ( circa 152 milioni di chilometri ), detto “afelio”, che cade il 4 di Luglio e un minimo ( circa 147 milioni di chilometri), detto “perielio”, che cade il 3 di Gennaio ( Fig. 3 ). 64 Fu lo scienziato tedesco Giovanni Keplero (Kepler) a dimostrare che i pianeti ruotano attorno al Sole secondo traiettorie ellittiche e non circolari, come invece sostenevano Niccolò Copernico e Galileo Galilei, seguendo la tradizione. 65 Straulino S., Lezioni di astronomia per gli studenti di scienze della formazione primaria , Aracne editrice, Roma, 2012, p.27. 45 Fig.3 Il moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole. Si parla di “anno solare” quando si considera il Sole come punto di riferimento per misurare il periodo di rivoluzione della Terra. L’anno solare è calcolato come l’intervallo temporale tra due equinozi o due solstizi e ha la seguente durata: 365 giorni, 5 ore , 48 minuti e 46 secondi. Se invece viene presa come riferimento una stella lontana si parla di “anno sidereo” e la sua durata è di 365 giorni, 6 ore e 9 secondi ( esso è calcolato come intervallo temporale tra due passaggi consecutivi del Sole osservato dal nostro pianeta rispetto allo stesso punto dello zodiaco). Prima di proseguire nella descrizione del moto di rivoluzione è opportuno definire alcuni concetti che saranno necessari ed utili in seguito. La Terra ha una forma sferica, ma non è un sfera perfetta: risulta infatti leggermente schiacciata ai poli. La forma particolare della Terra viene chiamata con il nome specifico di geoide e non corrisponde ad alcun solido geometrico studiato a scuola. 46 Il piano equatoriale divide il geoide in due parti uguali, chiamati per semplicità emisferi ( cioè “metà-sfera”, anche se la forma della Terra non è esattamente una sfera ) : l’emisfero “boreale” a Nord e l’emisfero “australe” a Sud. << La direzione verticale in un punto P della Terra è individuata dalla direzione del filo a piombo ( che fornisce la direzione verticale nel punto in cui ci troviamo); il prolungamento verso l’alto del filo a piombo incontra la volta celeste in un punto chiamato Zenit. Il piano perpendicolare alla verticale nel punto P si chiama invece piano orizzontale del punto P>>.66 Per localizzare con precisione la posizione di qualsiasi oggetto sulla superficie terrestre l’uomo ha ideato un sistema di riferimento convenzionale, costituito da un reticolato di linee immaginarie che sono tra loro perpendicolari e che avvolgono la Terra come una rete, il reticolato geografico. Queste linee immaginarie sono i “meridiani” e i “paralleli”. Immaginiamo di tagliare la superficie terrestre con piani passanti per l’asse di rotazione: si determina una serie di circonferenze uguali fra loro, i circoli meridiani, passanti per i poli; le semicirconferenze comprese tra un polo e l’altro costituiscono i meridiani geografici. Quanti sono i meridiani? In teoria sono infiniti, perché possiamo immaginare infiniti piani che tagliano la superficie della Terra; in pratica si usa prendere 180 piani, alla distanza angolare di 1º l’uno dall’altro. Poiché i meridiani << sono tutti uguali, è necessario sceglierne uno come riferimento: per motivi storici è stato scelto il meridiano passante per Greenwich, sede di un osservatorio astronomico vicino a Londra >>.67 Se invece immaginiamo di affettare la Terra con dei piani perpendicolari all’asse terrestre e paralleli al piano equatoriale, l’intersezione con la superficie terrestre determina una serie di circonferenze che sono chiamate paralleli e che hanno una lunghezza che diminuisce dall’equatore ai poli ( i paralleli ai poli sono dei punti ). 66 Straulino S., Lezioni di astronomia per gli studenti di scienze della formazione primaria , Aracne editrice, Roma, 2012, p.30. 67 Ibidem , p.31. 47 Quanti sono i paralleli ? In teoria infiniti, facendo lo stesso ragionamento dei meridiani. In pratica si usa prendere in considerazione 180 circonferenze che distano 1º l’una dall’altra. Infatti possiamo immaginare 90 paralleli a Nord dell’equatore e 90 paralleli a Sud dell’equatore. Torniamo al moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole. Nel nostro emisfero boreale, in inverno, “ viene buio” presto, mentre nell’emisfero australe avviene il contrario, le giornate sono più lunghe. Quale è il motivo della diversa durata del dì e della notte nei vari luoghi della Terra durante il corso dell’anno ? È una conseguenza del moto di rivoluzione del nostro pianeta attorno al Sole. Infatti la Terra, durante il suo moto di rivoluzione, mantiene inclinato il suo asse di rotazione di 66º 33' 68 rispetto all’eclittica. Ciò comporta che, mentre la Terra percorre la sua orbita, l’asse di rotazione terrestre si sposta mantenendosi sempre parallelo a se stesso. Di conseguenza l’orientamento dei raggi solari rispetto a qualsiasi punto posto sulla superficie della Terra cambia continuamente nel corso dell’anno. Se l’asse terrestre non fosse inclinato rispetto al piano dell’eclittica, ma fosse perpendicolare ad esso, allora in qualsiasi giorno dell’anno il circolo di illuminazione 69 passerebbe sempre per i Poli e pertanto la durata del dì e della notte sarebbe uguale e pari a 12 ore. Ma l’asse terrestre è inclinato: solo due volte all’anno il circolo di illuminazione passa esattamente per i poli e quindi il dì e la notte hanno la stessa durata in tutti i punti della Terra : questi due giorni sono detti “equinozi” e cadono a Primavera, il 21 di Marzo, e in Autunno, il 23 di Settembre. 68 Questo angolo si ottiene sottraendo al valore dell’angolo retto ( 90º), individuato tra l’eclittica e la perpendicolare ad essa ( passante per il centro della Terra ), il valore dell’angolo di inclinazione dell’asse terrestre ( 23º 27' ) : 90º - 23º 27' = 66º 33'. 69 Il circolo di illuminazione è il circolo massimo che divide la Terra in una parte rischiarata e in una parte in oscurità : in virtù della rotazione si sposta continuamente man mano che la Terra ruota. 48 In tutti gli altri giorni dell’anno uno dei due poli si trova nella metà illuminata della Terra e l’altro polo nella metà oscura. Infatti a partire da ciascuno dei due equinozi il circolo di illuminazione si allontana progressivamente dai Poli fino a raggiungere la distanza massima da essi in uno dei due giorni di “solstizio” ( “sosta del Sole”, cioè il Sole, nel suo spostamento annuale apparente, in quel giorno si “ferma”, raggiungendo la massima distanza dall’equatore sul parallelo del Tropico, e torna indietro ) , che cadono in Estate, il 21 di Giugno e in Inverno, il 22 di Dicembre. Gli intervalli temporali tra un equinozio e un solstizio sono denominati “stagioni astronomiche”; nel caso dell’emisfero boreale, sono quei periodi di tempo così definiti: Primavera : Estate : Autunno : Inverno : fra l’equinozio di primavera e il solstizio d’estate fra il solstizio d’estate e l’equinozio d’autunno fra l’equinozio di autunno e il solstizio d’inverno fra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera Nel caso dell’emisfero australe le stagioni sono invertite rispetto all’emisfero boreale, l’estate con l’inverno e la primavera con l’autunno. Quindi il moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole e l’inclinazione dell’asse terrestre rispetto all’eclittica determinano, non solo la differente durata del dì e della notte in ogni luogo del pianeta, ma anche l’alternanza delle stagioni. Si ha quindi una variazione continua, nel corso dell’anno, dell’entità del riscaldamento che i raggi solari producono sulla superficie terrestre. Con l’aiuto della Fig. 4 analizziamo meglio l’alternanza delle stagioni e il moto di rivoluzione della Terra, assumendo come riferimento l’emisfero boreale in cui si trova il nostro Paese. 49 Fig.4 Il moto di rivoluzione della Terra e l’alternanza delle stagioni. In questa Fig. 4 è rappresentato il moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole con il disegno dell’orbita ellittica descritta dal nostro pianeta durante il periodo di rivoluzione. Il senso di rivoluzione indicato con la freccia è antiorario. Le posizioni 1 e 3 indicano la posizione della Terra durante i Solstizi, mentre le posizioni 2 e 4 indicano la posizione del nostro pianeta durante gli Equinozi. Fra una posizione e l’altra, si hanno le quattro stagioni. In una stagione la Terra compie un quarto di giro intorno al Sole. Consideriamo la posizione 1 della figura n.4 che rappresenta la posizione della Terra durante il solstizio d’estate : l’emisfero boreale è illuminato in misura maggiore rispetto all’emisfero australe perché il Polo Nord è “rivolto” verso il Sole. L’asse terrestre è rappresentato dalla linea verde della figura. 50 Quindi nell’emisfero boreale, in questo giorno di solstizio estivo, la durata del dì è maggiore di quella della notte ed è la durata massima dell’intero anno: si dice che “è il giorno più lungo dell’anno”. Situazione opposta si ha durante il solstizio d’inverno ( 22 Dicembre ), rappresentato dalla posizione 3 della Fig. 4. << Nei giorni successivi ai solstizi i raggi del Sole si trovano allo Zenit in punti via via più vicini all’Equatore; le zone di luce totale e di oscurità totale intorno ai poli divengono sempre più piccole fino a quando, nei giorni equinoziali la durata del giorno e della notte è la stessa per qualsiasi località sulla Terra >>.70 Nei due giorni degli equinozi, in cui la Terra occupa la posizione 2 e 4 della Figura 4, in tutti i punti della Terra il dì e la notte hanno uguale durata. In conclusione possiamo dire che l’alternanza delle stagioni ( a cui concorre anche l’inclinazione dell’asse della Terra rispetto all’eclittica) e la diversa durata del dì e della notte nel corso dell'anno, sono le conseguenze principali del moto rivoluzione del nostro pianeta attorno alla nostra stella, il Sole. 70 Ibidem , p. 35. 51 di 2.3 L’ora e la misura del tempo Il tempo ha affascinato filosofi, poeti e scienziati, ma anche contadini, viaggiatori, casalinghe, uomini di tutte le classi sociali, di tutte le epoche storiche e di tutte le civiltà che sono vissute nel nostro pianeta. Da sempre l’uomo ha cercato di capirlo e di misurarlo. Ci sono molti modi di misurare il tempo. I più antichi distinguevano solo i grandi cicli stagionali e si basavano sull’osservazione del Sole, della Luna e di certi eventi naturali come le migrazioni degli uccelli o il fiorire delle piante. I più recenti hanno iniziato a dividere il tempo in porzioni sempre più piccole e precise: in ore, minuti, secondi, fino ai centesimi e ai millesimi di secondo. La ragione di questa diversità è che ogni tipo di società misura il tempo in funzione dei propri ritmi di vita e di attività, che sono lenti nelle società di cacciatori e contadini e sono intensi nelle società contemporanee fondate sulla tecnologia e le comunicazioni. La storia delle misure del tempo va dal “pressappoco” di un orologio solare alla precisione incredibile di un orologio atomico. Un’unità di misura del tempo molto comune è l’ “ora” , il cui simbolo è la lettera “h” ( dal latino hora = ora ); una ora è pari a 60 minuti ( un minuto è pari a 60 secondi ) ossia 3600 secondi.71 L’ora è definita storicamente come la ventiquattresima parte del giorno solare medio : con questa definizione l’ora è sostanzialmente costante durante tutto l’anno, poiché le variazioni, dovute al fatto che la velocità di rotazione della Terra non è costante nel tempo, sono minime e quasi trascurabili. Lo strumento che indica l’ora si chiama “orologio”. 71 Nel Sistema Internazionale ( SI ) l’unità di misura del tempo è il secondo, il cui simbolo è la lettera “s”. 52 L’orologio è dunque uno strumento che serve per misurare il fluire del tempo e fin dai tempi antichi l’uomo ha sentito il bisogno di costruirlo. Il più antico strumento per misurare il tempo è la “meridiana” o l’orologio solare. << Uno dei più antichi strumenti per la misura del tempo è la meridiana. Forse gli antichi si erano accorti che le loro ombre erano lunghe al mattino,si accorciavano gradualmente e poi si allungavano di nuovo con l’avanzare della sera. La più antica meridiana a noi nota è datata 3300 a.C. e si trova scolpita nella pietra presso il grande tumulo di Knowth in Irlanda. Si può realizzare una semplice meridiana conficcando un bastone verticalmente nel terreno. Nell’emisfero settentrionale l’ombra ruota intorno al bastone in senso orario e la sua posizione può essere utilizzata per segnare lo scorrere del tempo. La precisione di questo rudimentale strumento aumenta se il bastone viene inclinato in modo da puntare verso la posizione della Stella Polare. Con questa modifica l’ombra dell’indicatore non cambierà al mutare delle stagioni. Una forma diffusa di meridiana presenta il quadrante orizzontale ed è spesso utilizzata nei giardini a scopo ornamentale. Poiché l’ombra non si muove uniformemente intorno al quadrante i segni indicanti le ore non si trovano tutti alla stessa distanza. Sono diversi i motivi per cui le meridiane non risultano precise: la velocità variabile della Terra nella sua orbita attorno al Sole, l’adozione dell’ora legale e il fatto che al giorno d’oggi l’ora ufficiale viene uniformata all’interno di ogni fuso orario. Prima dell’epoca degli orologi da polso talvolta le persone portavano in tasca una meridiana pieghevole, insieme a una bussola magnetica per indicare il polo nord geografico >>.72 A ognuno di noi è capitato di osservare come l’ombra di un qualsiasi oggetto si sposti con regolarità durante il giorno. Gli orologi solari sfruttano questo fenomeno, misurando su un quadrante gli spostamenti dell’ombra proiettata da un’asta detta gnomone e ricavandone l’ora. 72 Clifford A. Pickover, Il libro della Fisica, Modena, Logos, 2012, p.28. 53 Però la misurazione del tempo con le meridiane presenta un grande svantaggio: la meridiana non funziona quando il cielo è nuvoloso oppure di notte. Per questo da sempre si sono ricercate soluzioni alternative in grado di segnare il tempo a prescindere dal Sole: tra queste,la più semplice è quella che sfrutta il flusso dell’acqua, la clessidra ( la parola deriva dal greco e significa ladro di acqua ). Anche Galileo Galilei creò un orologio ad acqua. Nel Medioevo furono inventati i primi orologi “meccanici”, con meccanismi a contrappeso: un peso produce la forza che fa ruotare il quadrante o muovere le lancette. A partire dalla fine del XVII secolo cominciarono a formarsi le prime figure di scienziati moderni : Galileo, Keplero, Newton e nacque l’esigenza di misurare il tempo con orologi più precisi che potessero essere utilizzati negli esperimenti scientifici. Christiaan Huygens ( 1629- 1695) è passato alla storia per avere costruito il primo orologio a pendolo, mettendo in pratica le intuizioni di Galileo sul pendolo ( che vedremo bene nel paragrafo seguente ). A partire dal Cinquecento diventarono sempre più numerosi i mercanti costretti a viaggiare di continuo in paesi lontani per i loro commerci. I loro viaggi erano però complicati dalla mancanza di un tempo standard e uniforme: ogni città conservava il proprio sistema orario. Nell’Ottocento con la nascita della ferrovia e la conseguente velocizzazione dei trasporti, l’esigenza di un tempo globale divenne impellente. Nel 1884 una commissione internazionale decise finalmente di dividere la Terra in 24 “fusi orari”, in ognuno dei quali l’ora sarebbe stata la stessa. Dopo lunghe discussioni si scelse come meridiano di riferimento quello passante per Greenwich73, in Inghilterra: è il meridiano “zero” e ad ogni passaggio di fuso si cambia di un’ora. 73 Greenwich oggi è un semplice sobborgo di Londra, ma nell’Ottocento era la sede di un prestigioso osservatorio astronomico, che fu poi spostato nel Novecento perché le luci della città impedivano l’osservazione dei cieli. 54 Nella Fig. 5 si riporta la divisione della Terra in fusi orari: Fig.5 I 24 fusi orari in cui è divisa la Terra. Il meridiano fondamentale ( il numero 1 ) è quello di Greenwich. I fusi orari sono quasi sempre attribuiti ad uno studioso canadese, Sir Sandford Fleming ( 1827 - 1915 ), che li propose nel 1878. Ma l’idea di suddividere la superficie del globo terrestre in 24 “fusi orari”, nasce da una visione del mondo utopistica da parte di uno scienziato italiano: noto con lo pseudonimo di Quirico Filopanti ( 1812-1894 ), li aveva proposti nel 1859 nella 55 sua opera, dal titolo latino “Miranda” ( “cose meravigliose” ) pubblicata a Londra mentre era in esilio. << I “24 fusi orari” nascono con il sogno di un repubblica universale nella quale Filopanti immagina di affidare alla scienza la guida del progresso materiale e morale dell’umanità. Il nome vero di Filopanti era Giuseppe Barilli, professore di meccanica e idraulica nella università di Bologna >>. 74 Fino a mezzo secolo fa gli orologi più precisi erano nel cielo: la base per calcolare l’ora erano i movimenti del Sole, della Luna, della Terra. Ma con il progresso scientifico si è scoperto che la Terra rallenta nel suo moto di rivoluzione intono al Sole, tanto che si calcola che abbia perso un secondo negli ultimi cinquanta anni. Era quindi necessario ricorrere a un sistema ancora più preciso e regolare di quello su cui ci si era basati per millenni. Nel 1967 la Conferenza dei pesi e delle misure adottò una nuova definizione del secondo, basata sulla frequenza dell’emissione dell’atomo di Cesio : cominciava l’era degli orologi atomici. Prima dell’invenzione dell’orologio atomico al Cesio, tutti gli strumenti per misurare il tempo dipendevano dalle oscillazioni di un corpo solido, che poteva essere il pendolo, un bilanciere o dei cristalli di quarzo. Nel 1948 gli scienziati pensarono di collegare uno strumento per misurare il tempo con una vibrazione atomica, creando il primo orologio atomico. Poiché le vibrazioni dell’atomo sono indipendenti da influenze esterne, si ottenne un miglioramento enorme nella misurazione del tempo. I più recenti orologi atomici in mille anni sbagliano un secondo! < Nel mondo, oggi, ci sono 230 orologi atomici,che sono estremamente stabili, che sono collegati via satellite per fornire la misura del Tempo Atomico 74 Zichichi A., L’irresistibile fascino del tempo , Milano, Marco Tropea editore, 2011, p.24. 56 Internazionale (TAI) ,che è una misura molto precisa ( a noi uomini basterebbe il millesimo di secondo, invece questi orologi hanno una precisione di miliardi di volte più spinta) >>.75 75 Ibidem, p. 30. 57 2.4 Il Pendolo La tradizione76 e la leggenda raccontano che il giovane Galileo Galilei, non ancora ventenne, nel vedere oscillare una lampada77 nel duomo di Pisa, misurando il tempo con i battiti del proprio cuore ( l’intervallo di tempo tra una pulsazione cardiaca e la successiva è di circa un secondo ), constatasse che le oscillazioni erano tutte di egual durata, nonostante progressivamente diminuissero d’ampiezza. 78 Il giovane Galileo scoprì la legge dell’ “isocronismo” ( dal greco isos = uguale e chronos = tempo ) delle oscillazioni del pendolo: quel fenomeno per cui le oscillazioni del pendolo si svolgono tutte nello stesso tempo, a prescindere dalla loro ampiezza. Questo episodio storico, diventato molto famoso, fu raccontato molte volte da Vincenzo Viviani ( 1622-1703 ), il suo più grande biografo; così racconta il Viviani nel Racconto istorico della vita del Sig.r Galileo Galilei : << In questo mentre con la sagacità del suo ingegno inventò quella semplicissima e regolata misura del tempo per mezzo del pendulo, non prima da alcun altro avvertita, pigliando occasione d'osservarla dal moto d'una lampada, mentre era un giorno nel Duomo di Pisa; e facendone esperienze esattissime, si accertò dell'egualità delle sue vibrazioni, e per allora sovvennegli di adattarla all'uso della medicina per la misura della frequenza de' polsi, con stupore e diletto de'medici di que' tempi e come pure oggi si pratica volgarmente: della quale invenzione si valse poi in varie esperienze e misure di tempi e moti, e fu il primo 76 Non ci sono documenti attendibili di questo episodio; ci sono i testi del biografo Vincenzo Viviani, le lettere e alcune opere di Galileo. 77 La lampada celebre detta “di Galileo” ,vicina al pulpito di Giovanni Pisano, in realtà è posteriore di 4 anni perché fu collocata il 20 Dicembre 1587, mentre la scoperta galileiana è del 1583. 78 Oggi sappiamo che l’isocronismo è vero per angoli piccoli. 58 che l'applicasse alle osservazioni celesti, con incredibile acquisto nell'astronomia e geografia>>.79 Il fisico siciliano Antonino Zichichi così scrive nel suo libro dedicato al padre della scienza moderna: «L’invenzione del pendolo determina una svolta nel plurimillenario tentativo di migliorare la misura del tempo. Per secoli e secoli, da sempre, la misura di grandi quantità di tempo era affidata a quantità sempre crescenti di qualcosa : ad esempio la sabbia nelle clessidre. Eppure bastava legare una pietra a uno spago, fissarne un estremo a un asse di legno e spingere la pietra. Da ragazzo, a Pisa, Galileo Galilei si accorse che le oscillazioni dei lampadari nella Cattedrale di Pisa avevano la stessa durata temporale, ossia erano “sincrone”. E fu la costruzione di un pendolo uno dei suoi primi lavori. Variando la lunghezza dello spago, fissato a un asse di legno, Galilei poté costruire un pendolo che batteva come il suo cuore. Infatti se leghiamo un sasso a uno spago lungo un metro e gli diamo un movimento a pendolo, troviamo che il sasso impiega un secondo per andare da un capo all’altro. Ecco perché si dice che “batte il secondo”. Galilei scoprì che, a parità di peso e lunghezza, l’oscillazione dura la stessa quantità di tempo, anche se si usano ampiezze diverse. A patto che le variazioni nelle ampiezze delle oscillazioni non siano troppo grandi. Però se si cambia la lunghezza dello spago, cambia la durata dell’oscillazione. In effetti le regolarità dei movimenti pendolari aprivano orizzonti nuovi a ciò cui Galilei credeva fermamente: l’universalità di tutti i movimenti, siano essi rettilinei, circolari, parabolici. Ed è così che partendo dal battito del suo cuore, cuore come misura del tempo, Galilei apre all’umanità gli orizzonti nuovi che dovevano portarla ai miliardesimi di secondo >>.80 79 Viviani V., Racconto istorico della vita del Sig.r Galileo Galilei, tratto da Opere di Galileo Galilei, Volume XIX ,pp.597-632, Firenze,1968. 80 Zichichi A., Galilei divin uomo , Milano, il Saggiatore, 2001, p.195-197. 59 Lo stesso Galilei nella sua opera Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attenenti alla mecanica e i movimenti locali racconta in un dialogo di questa esperienza e di questa scoperta dell’isocronismo del pendolo. Quest’opera, scritta da Galileo tra il 1633 e il 1636, è articolata in quattro giornate durante le quali tre personaggi (Salviati, Simplicio e Sagredo, gli stessi del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo) discutono di vari argomenti di fisica. Le prime due giornate sono scritte in forma di vero e proprio dialogo, durante il quale vengono presentati anche molti esperimenti di fisica (esperimenti diventati classici anche sui libri di testo scolastici); nelle ultime due, invece, vengono dimostrati, con maggior rigore matematico, alcuni teoremi di dinamica. Nel seguente dialogo tra Sagredo e Salviati, Galileo parla di questa esperienza sui movimenti oscillatori delle lampade : Sagredo: << Io ho ben mille volte posto cura alle vibrazioni, in particolare, delle lampade pendenti in alcune chiese da lunghissime corde, inavvertentemente state mosse da alcuno; ma il più che io cavassi da tale osservazione, fu l'improbabilità dell'opinione di quelli che vogliono che simili moti vengano mantenuti e continuati dal mezzo, cioè dall'aria, perché mi parrebbe bene che l'aria avesse un gran giudizio, ed insieme una poca faccenda, a consumar le ore e le ore di tempo in sospignere con tanta regola in qua e in là un peso pendente: ma che io fussi per apprenderne che quel mobile medesimo, appeso a una corda di cento braccia di lunghezza, slontanato dall'imo punto una volta novanta gradi ed un'altra un grado solo o mezzo, tanto tempo spendesse in passar questo minimo, quanto in passar quel massimo arco, certo non credo che mai l'avrei incontrato, ché ancor ancora mi par che tenga dell'impossibile. Ora sto aspettando di sentire che queste medesime semplicissime minuzie mi assegnino ragioni tali di quei problemi musici, che mi possino, almeno in parte, quietar la mente >>. Salviati: << Prima d'ogni altra cosa bisogna avvertire che ciaschedun pendolo ha il tempo delle sue vibrazioni talmente limitato e prefisso, che impossibil cosa è il farlo muover sotto altro periodo che l'unico suo naturale. Prenda pur chi si voglia in mano la corda ond'è attaccato il peso, e tenti quanto gli piace d' accrescergli o 60 scemargli la frequenza delle sue vibrazioni; sarà fatica buttata in vano: ma ben all'incontro ad un pendolo, ancor che grave e posto in quiete, col solo soffiarvi dentro conferiremo noi moto, e moto anche assai grande col reiterare i soffi, ma sotto 'l tempo che è proprio quel delle sue vibrazioni; che se al primo soffio l'aremo rimosso dal perpendicolo mezzo dito, aggiugnendogli il secondo dopo che, sendo ritornato verso noi, comincerebbe la seconda vibrazione, gli conferiremo nuovo moto, e così successivamente con altri soffi, ma dati a tempo, e non quando il pendolo ci vien incontro (che così gl'impediremmo, e non aiuteremmo, il moto); e seguendo, con molti impulsi gli conferiremo impeto tale, che maggior forza assai che quella d'un soffio ci bisognerà a cessarlo >>.81 Ma che cos’è il pendolo ? Prima di analizzarlo è opportuno approfondire alcune definizioni che riguardano quella parte della Fisica che studia il “moto periodico”. Un moto che si ripete più volte nel tempo viene detto “moto periodico”; ad esempio il battito del cuore, il movimento di un bambino nell’altalena e così via. Per studiare questo moto una delle caratteristiche fisiche fondamentali è il tempo necessario per compiere un ciclo completo: T = tempo necessario per compiere un ciclo completo Questo tempo T è definito “periodo” e l’unità di misura è il secondo ( s ). I moti periodici possono assumere varie forme, come l’andamento di un tracciato di un elettrocardiogramma oppure la variazione di luminosità di una lontana stella. Esiste un particolare tipo di moto periodico che è molto importante : il “moto periodico semplice”. Un classico esempio di moto periodico semplice è fornito dall’oscillazione di una massa ( ad esempio un carrello ) attaccata a una molla, che viene spostata dalla posizione di equilibrio ( ossia dove il carrello è fermo). La molla esercita una forza di richiamo la cui intensità è proporzionale allo spostamento dalla posizione 81 Galilei G., Opere di Galileo Galilei , Edizione nazionale a cura di Antonio Favaro, vol.VIII, Sansoni, Firenze, p.141. 61 di equilibrio. Un pendolo semplice che compie piccole oscillazioni esegue un moto armonico semplice. Per pendolo semplice ( Fig. 6 ) si intende un sistema costituito da un punto materiale ( ad esempio un pesetto ) di massa m , sospeso ad un punto tramite un filo ideale, cioè inestensibile (ossia che abbia una lunghezza L che non varia durante il moto del corpo ) e di massa assolutamente trascurabile rispetto alla massa m del punto materiale. Fig.6 Il pendolo semplice. Il punto materiale ( cerchio verde) oscilla tra la posizione 1 e la posizione 2; la posizione 3 è quella d’equilibrio. 62 ሬԦ e la tensione del Su questo punto materiale agiscono due forze: la forza peso P filo ሬTԦ. La posizione d’equilibrio del pendolo (posizione 3 della figura ) è quella nella quale il centro di sospensione, il filo teso, e il baricentro del pesetto sono allineati lungo la verticale.82 Se si sposta il punto materiale dalla verticale, esso inizia ad oscillare in un piano verticale attorno alla posizione di equilibrio lungo un arco di circonferenza. Si chiama “oscillazione” il passaggio del pendolo da una posizione estrema all'altra, mentre l’angolo formato con la verticale del filo nella posizione “estrema” è detto “ampiezza dell'oscillazione”. Attraverso calcoli matematici si può arrivare alla formulazione matematica che lega tra loro le grandezze come il periodo di oscillazione T, la lunghezza del filo L, l'accelerazione di gravità g. Si dimostra che per angoli piccoli83 la formula è semplificabile come : T = 2ߨට (s) Questa espressione verifica le osservazioni di Galileo. Osservando la formula, si ricava che il periodo T del pendolo semplice presenta le seguenti proprietà: 82 ሬԦ che agisce sulla massa è equilibrata dalla In tali condizioni la forza peso P tensione del filo ሬTԦ ( a sua volta equilibrata dalla reazione vincolare del sostegno): ሬPԦ + ሬTԦ = 0 . 83 La formula è tanto più esatta quanto più l’angolo è piccolo. Ma anche per un’ampiezza di oscillazione di circa 15º l’errore commesso nel determinare il periodo con questa formula semplificata non è superiore allo 0,4%. 63 è indipendente dall'angolo θ : è la proprietà dell’isocronismo scoperta da Galilei, per cui variando l’ampiezza d’oscillazione e quindi l’angolo θ il periodo T non varia, rimane lo stesso; è indipendente dalla massa e dalla natura del punto materiale: se sospendiamo palline di materiale diverso, per esempio una di ferro e una di legno, a parità di lunghezza del filo, si osserva che il periodo T è sempre lo stesso; è direttamente proporzionale alla radice quadrata della lunghezza L: questa è l’unica grandezza ( senza prendere in esame l’accelerazione di gravità g , che si suppone costante ) che influisce sul periodo d’oscillazione T del pendolo; si può dimostrare sperimentalmente, con delle misure, la veridicità di questa proprietà come abbiamo fatto nell’incontro didattico che illustreremo nel prossimo capitolo. 64 Capitolo 3 Il percorso didattico in classe incontro per incontro 3.1 Il progetto del percorso didattico La Fisica è una scienza sperimentale ed è inclusa nell’area disciplinare “matematico- scientifico- tecnologica” delle Indicazioni per il curricolo84, in particolare fra le “scienze naturali e sperimentali” che sono trasversali a tutte le discipline scientifiche. << Le scienze naturali e sperimentali sono fra loro profondamente diverse: per i loro "oggetti" di studio; per il peso che vi hanno diversi metodi di indagine e diversi strumenti tecnologici; per il tipo e il livello di linguaggio simbolico e formale utilizzato per rappresentare e interpretare i fenomeni. D'altra parte, molte altre dimensioni sono comuni alle diverse discipline scientifiche: osservare i fenomeni nel loro verificarsi, sia nell’esperienza quotidiana sia in situazioni controllate di laboratorio (imparare a guardare - imparare a vedere); descrivere e registrare quanto si vede e si fa accadere, dandogli forma attraverso linguaggi appropriati; interpretare fatti e processi attraverso modelli e quadri teorici, anche schematici; fare previsioni riguardo a quanto può accadere e controllare la loro attendibilità; arricchire e rivedere le interpretazioni in base a nuovi strumenti sperimentali e interpretativi. Inoltre le diverse discipline scientifiche condividono un approccio alla conoscenza che, pur assumendo forme e significati specifici nei diversi ambiti, caratterizza fin dall'inizio i percorsi di apprendimento >>.85 Quindi la Fisica è una scienza caratterizzata da un ampio spettro di oggetti di studio, con un proprio linguaggio specifico, che può e deve essere insegnata alla scuola primaria fin dai primi anni. 84 MPI, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, settembre 2007. 85 Ibidem, p.100. 65 Per meglio comprendere il lavoro didattico che ho svolto in una classe quinta di una scuola primaria è opportuno, prima di descrivere nel dettaglio ciascun incontro del percorso, analizzare sinteticamente il progetto in tutti gli elementi costitutivi che lo hanno caratterizzato : il contesto, gli spazi e i tempi, gli obiettivi formativi e specifici, i contenuti degli incontri, le strategie didattiche adottate, per finire con i criteri di valutazione che ho scelto per valutare il mio intervento. IL CONTESTO La scuola primaria nella quale ho svolto il percorso di didattica della Fisica è una scuola paritaria86, di ispirazione cattolica, che fa parte integrante del << Sistema nazionale di istruzione >> 87, in quanto svolge un pubblico servizio e garantisce la libera scelta educativa per le famiglie del territorio. La scuola primaria paritaria fa parte dell’Istituto “S.Giuseppe” di Pozzolatico, nel comune di Impruneta, nella provincia di Firenze, che comprende anche la scuola dell’infanzia paritaria; tra poco si prevede l’apertura di un asilo nido. Ho svolto il percorso didattico sul calendario e sul tempo nella classe quinta dell’Istituto, composta da otto alunni, quattro maschi e quattro femmine, di cui due di provenienza straniera ( Paesi non appartenenti all’Unione Europea ): Andry viene dalla Repubblica delle Filippine e Regina viene dalla Repubblica di Albania. La maestra Gianna e i genitori dei ragazzi si sono mostrati da subito molto contenti di questa opportunità formativa che proponevo alla classe, soprattutto perché l’attività didattica verteva nel campo scientifico e prevedeva attività di tipo laboratoriale e sperimentale. Il percorso didattico proposto era in sintonia con la programmazione annuale di “Scienze” della classe, con i valori costitutivi del Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituto scolastico e in accordo con i traguardi per lo sviluppo delle 86 Legge n.62/2000 Nuovo sistema di scuole paritarie. 87 Art. 1, Comma n.3, L. n.62/2000. 66 competenze al termine della scuola primaria, nell’area disciplinare “Scienze naturali e sperimentali”, delle Indicazioni Nazionali del 2007. Inoltre gli argomenti proposti alla classe hanno permesso un ripasso e un rafforzamento concettuale di argomenti matematici , sia in campo aritmetico88 che soprattutto nell’ambito della geometria.89 GLI SPAZI E I TEMPI Gli incontri programmati erano quattro, della durata di due ore ciascuno; inoltre ci sono stati altri due incontri per completare un’attività didattica ( la costruzione di una meridiana solare) e per la somministrazione del test finale per valutare il successo formativo dell’esperienza. Le attività didattiche si sono svolte tutte in classe con l’eccezione della costruzione della meridiana, nella fase finale di realizzazione, che si è svolta all’aperto nell’ampio cortile della scuola, aspettando le giuste condizioni climatiche, ossia l’assenza di nuvole. Ciascun incontro è stato preparato da me a casa in maniera più dettagliata possibile, seguendo sempre le preziose indicazioni e i suggerimenti del mio relatore. Questo mi è servito per valutare bene i tempi delle varie attività, teoriche e pratiche, affinché si adattassero bene alla durata dell’incontro, soprattutto per l’ultimo incontro con il pendolo. Nel complesso, a parte piccoli imprevisti, sono riuscito a rispettare i programmi, i tempi e gli obiettivi che avevo previsto per ciascuna attività, seguendo sempre i moti di reazione emotiva, il grado di partecipazione e di attenzione che gli alunni mostravano di volta in volta. 88 In campo aritmetico ho ripassato concetti quali i numeri naturali, i numeri razionali o frazioni, nonché le quattro operazioni fondamentali. 89 Per descrivere le orbite dei pianeti e soprattutto della Terra ho introdotto la figura geometrica dell’Ellisse (che non conoscevano) e ho approfondito la misura degli angoli in gradi sessagesimali. 67 GLI OBIETTIVI E I CONTENUTI DEGLI INCONTRI Ogni intervento progettuale “è opportuno che punti al conseguimento sia di obiettivi generali che di obiettivi specifici”.90 Gli obiettivi generali o formativi del mio intervento si riferiscono ai Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria91, in particolare: L’alunno ha capacità operative, progettuali e manuali, che utilizza in contesti di esperienza-conoscenza per un approccio scientifico ai fenomeni. Si pone domande esplicite e individua problemi significativi da indagare a partire dalla propria esperienza, dai discorsi degli altri, dai mezzi di comunicazione e dai testi letti. Con la guida dell’insegnante e in collaborazione con i compagni, ma anche da solo, formula ipotesi e previsioni, osserva, registra, classifica, schematizza, identifica relazioni spazio/temporali, misura, utilizza concetti basati su semplici relazioni con altri concetti, argomenta, deduce, prospetta soluzioni e interpretazioni, prevede alternative, ne produce rappresentazioni grafiche e schemi di livello adeguato. Gli obiettivi specifici o didattici del mio intervento, che sono strettamente correlati con gli obiettivi formativi, sono stati questi: Apprendere dei concetti nuovi su argomenti non conosciuti o appresi in modo superficiale arrivando a rimuovere dei preconcetti; osservare, partecipare attivamente, saper descrivere le esperienze sul campo; familiarizzare con il linguaggio specifico della Fisica; 90 Capperucci D., Dalla programmazione educativa e didattica alla progettazione curricolare, p.69, Milano, Franco Angeli, 2008. 91 MPI, Indicazioni, Op.cit., p.102. 68 apprendere un nuovo modo di conoscere ed esplorare la realtà che ci circonda. Ogni incontro ha avuto un contenuto didattico specifico sviluppando temi e attività in correlazione tra loro e sempre in relazione all’argomento principale del mio intervento, ossia il calendario e la misura del tempo da parte dell’uomo. Ecco il contenuto nel dettaglio: PRIMO INCONTRO Somministrazione di un questionario agli alunni per sondare le preconoscenze sugli argomenti affrontati durante l’ intervento; attraverso la tecnica del brainstorming e la libera associazione di idee, si costruisce insieme una mappa concettuale sulla parola: << calendario >>; cenni storici sul calendario civile, da quello romano-giuliano a quello “gregoriano”; spiegazione degli anni bisestili: cosa sono e perché vengono introdotti. SECONDO INCONTRO Introduzione breve al sistema solare; informazioni sul periodo di rotazione e di rivoluzione di alcuni pianeti; spiegazione del moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole; la conseguenza del moto e dell’inclinazione dell’asse terrestre: il “ciclo delle stagioni”; disegno didattico del moto di rivoluzione della Terra; attività didattica sull’illuminazione del globo terrestre durante il solstizio d’inverno, con un mappamondo e una lampada. 69 TERZO INCONTRO Spiegazione del moto di rotazione della Terra intorno al proprio asse e della differenza tra giorno sidereo e giorno solare; introduzione al concetto della misura del tempo e di ora; spiegazione del significato e della storia dei fusi orari; attività didattica di costruzione di una meridiana solare. QUARTO INCONTRO L’orologio: che cos’è; cenni storici sugli orologi: da quelli atomici di oggi agli orologi a pendolo dei nostri nonni; il cronometro: che cos’è e come funziona; il pendolo semplice: che cos’è, dimostrazione del fatto che può funzionare come un orologio,ipotesi di lavoro per determinare il periodo T; spiegazione delle caratteristiche del periodo T del pendolo; come trovare una lunghezza del filo tale che il pendolo batta il secondo. Al quarto incontro si aggiunge un’appendice: in un altro giorno ho riproposto agli alunni il questionario d’ingresso per valutare se l’apprendimento dei concetti è stato raggiunto con pienezza. LE STRATEGIE DIDATTICHE Per un apprendimento efficace di qualsiasi concetto è opportuno che l’insegnante sappia associare una spinta emotiva- emozionale nei confronti dell’oggetto a una strategia didattica opportuna, che non può essere sempre la stessa, magari di tipo 70 tradizionale92, ma deve variare in funzione degli alunni, del loro stato emotivo, reattivo e del loro grado di attenzione, di interazione e di partecipazione. Fondamentale è sempre l’interazione diretta con ciò che insegni: << Presupposto di un efficace insegnamento/apprendimento delle scienze è un’interazione diretta degli alunni con gli oggetti e le idee coinvolti nell’osservazione e nello studio, che ha bisogno sia di spazi fisici adatti alle esperienze concrete e alle sperimentazioni, sia di tempi e modalità di lavoro che diano ampio margine alla discussione e al confronto. Infatti il coinvolgimento diretto, individuale e in gruppo con i fenomeni rafforza e sviluppa la comprensione e la motivazione, attiva il lavoro operativo e mentale che deve essere prima progettato e poi valutato; aiuta a individuare problemi significativi a partire dal contesto esplorato e a prospettarne soluzioni; sollecita il desiderio di continuare ad apprendere. Al tempo stesso, in questo modo si stimola e sostiene la riflessione metacognitiva >>.93 Le strategie didattiche che ho utilizzato durante la realizzazione del percorso sono state essenzialmente due: 1) STRATEGIA BASATA SULL’APPRENDIMENTO COOPERATIVO: in questa strategia del cooperative learning gli alunni stessi, interagendo tra loro, diventano corresponsabili del loro apprendimento in quanto la cooperazione reciproca assume essa stessa un valore formativo. Ci sono molte tecniche di cooperative learning, dal lavorare in piccoli gruppi, oppure a coppia con un rapporto di collaborazione ( peer collaboration) o di tutoraggio ( peer tutoring), dove un alunno fa da tutor al suo compagno. 92 Per “tradizionale” si intende la strategia didattica di tipo trasmissivo- ricettivo ovvero una lezione frontale con il docente tuttologo e gli alunni che recepiscono in maniera passiva . 93 MPI, Indicazioni, Op. cit., p.100. 71 Nella mia attività il gruppo che si è formato è la classe stessa, abituata da sempre lavorare in modo collaborativo e costruttivo: questo metodo si evidenzia nelle attività pratiche che ho fatto svolgere come la costruzione di una meridiana solare o il disegno del moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole; 2) STRATEGIA BASATA SULLA SCOPERTA: in tale strategia “si punta maggiormente alla scoperta di relazioni, di concetti, di fatti, ecc., mediante l’analisi e l’interpretazione di esperienze, di fenomeni osservati, di eventi”.94 Si tratta di una strategia didattica che affonda le radici nella scuola attiva di Dewey ( “Learning by doing” era il motto di questa scuola ) fondata nei primi decenni del secolo scorso. Ho impiegato questa strategia soprattutto nel quarto incontro con l’intervento sul pendolo semplice, facendo prima le esperienze dirette e poi facendo scoprire agli alunni le proprietà del pendolo come la regolarità temporale delle oscillazioni, l’isocronismo scoperto da Galilei nel Duomo di Pisa nel 1583, il periodo T che per piccole oscillazioni non dipende dall’ampiezza o dalla massa del corpo oscillante, ma soltanto dalla lunghezza L del filo.95 I CRITERI DI VALUTAZIONE << Qualsiasi percorso progettuale deve fare i conti con la valutazione dei processi attivati e dei risultati conseguiti. La valutazione, tuttavia, non va concepita 94 Capperucci D., Dalla programmazione educativa e didattica alla progettazione curricolare, p.69, Milano, Franco Angeli, 2008. 95 Secondo la formula T = 2ߨට , dove T è il periodo di oscillazione, g è l’accelerazione di gravità ( = 9,81 ݉ൗ ݏଶ ). 72 soltanto come momento terminale di un percorso, ma deve essere vista piuttosto come una misura di monitoraggio dell’andamento complessivo del progetto >>.96 La valutazione può essere “sommativa” quando si attribuisce un voto sul risultato di un lavoro fatto in base a dei criteri preferibilmente oggettivi oppure può essere “formativa” quando si considera l’intero processo di apprendimento e di formazione. Nel mio percorso didattico ho considerato più il secondo tipo che il primo, anche se il questionario d’ingresso e di uscita è stato un ottimo indicatore di verifica del grado di apprendimento dei concetti del progetto che ho proposto. NOTA FINALE Nella descrizione degli incontri ho utilizzato spesso il discorso di tipo diretto mettendo tra virgolette “…” il mio parlato e scrivendo in corsivo gli interventi degli alunni. 96 Capperucci D., Dalla programmazione educativa e didattica alla progettazione curricolare, p.80, Milano, Franco Angeli, 2008. 73 3.2 Incontro I – Il Calendario Il primo incontro che ho avuto con la classe è iniziato con la mia presentazione: “ Buongiorno a tutti, a voi ragazzi e alla maestra Gianna. Mi chiamo Marco e anch’io vorrei diventare un maestro. Per fare questo sto prendendo una laurea all’Università di Firenze in Scienze della formazione Primaria. Per concludere gli studi devo fare una tesi, che è simile a una grande “ricerca”, svolta insieme a voi, con un “maestro” dell’Università su un argomento di Fisica. Sapete che cos’è la Fisica ?! ” Tutti gli alunni sono stati d’accordo e hanno risposto: Una scienza! “Che cosa è una scienza?” Ciascun alunno dà una risposta in base alle sue conoscenze; in particolare mi interessa riflettere su un concetto espresso da un’alunna: Una scienza sta negli esperimenti e nell’ipotesi, per vedere se una cosa è vera o no ! “ Esatto! La fisica è dunque una scienza che studia tante cose: la velocità, il movimento di un corpo, le forze, l’ottica, l’elettricità; studia i solidi, i liquidi, i gas, direi studia l’universo così come appare, così come è ai vostri occhi. E in questo studio fa delle ipotesi, verifica con gli esperimenti se queste ipotesi sono vere e alla fine formula, espone le leggi che regolano l’universo. Noi faremo insieme un viaggio sul Calendario e sul Tempo: quindi studieremo anche qualcosa di Astronomia; sapete cosa studia l’Astronomia ? ” Il cielo I pianeti Le stelle…I corpi celesti 74 “Sì , infatti l’astronomo è colui che studia…” il cielo… “ Lo spazio, no? C’è il geologo che studia la terra e c’è l’astronomo che studia gli “astri”, cioè lo spazio, il cielo pieno di stelle, pianeti, asteroidi, meteoriti, comete… Noi parleremo di astri, dei movimenti che fa la Terra nello spazio e tutto questo per spiegare il concetto di << CALENDARIO>>.Cosa vi fa venire in mente la parola << calendario >> ? ” Per comprendere meglio le preconoscenze su questi argomenti decido di costruire insieme una mappa concettuale sulla lavagna: scrivo la parola “CALENDARIO” e invito ciascun alunno a scrivere il primo concetto, la prima parola che gli viene in mente pensando appunto al calendario. Il metodo delle mappe concettuali è uno strumento molto utile per un apprendimento efficace soprattutto di concetti di argomento scientifico. Nella figura 1 seguente riporto l’immagine del risultato finale: Fig.1 La mappa concettuale sul Calendario. 75 Come si evince dalla mappa concettuale, al concetto di calendario i ragazzi associano parole come “anno, mese, giorni, settimane ”, “calcolare il tempo” ossia in sintesi tutto viene collegato al concetto fondamentale di “tempo”. Il calendario è quindi per loro qualcosa che riguarda il calcolo del tempo, intendendo con questa espressione la possibilità di sistemare, misurare, controllare il tempo che passa. Per analizzare meglio le preconoscenze su questi argomenti somministro un test di ingresso con alcune domande a risposta aperta e alcune con risposta chiusa e multipla. Ecco il test: QUESTIONARIO SUL CALENDARIO 1) Secondo te IL CALENDARIO è… ? □ □ □ □ Uno strumento per misurare il tempo Un sistema per suddividere e calcolare i periodi di tempo Un oggetto per trovare il tempo Una specie di quaderno su cui sono segnati dei numeri 2) Spiega come funziona il calendario che conosci (come è suddiviso, se ci sono dei giorni particolari, quali periodi preferisci …) ( Risposta aperta ) 3) Che cosa è un “ANNO” ? □ È il tempo che impiega la Terra a girare su se stessa □ È il tempo che la Terra impiega a ruotare intorno al Sole □ È il tempo che la Luna impiega a ruotare intorno alla Terra 76 4) Che cosa è un “GIORNO” ? □ È il tempo che impiega la Terra a girare su se stessa □ È il tempo che la Terra impiega a ruotare intorno al Sole □ È il tempo che la Luna impiega a ruotare intorno alla Terra 5) Hai mai sentito parlare di anno BISESTILE? ( Risposta aperta ) 6) Ogni quanti anni viene l’anno bisestile? □ 2 anni □ 3 anni □ 4 anni 7) Secondo te IL PENDOLO è… ? □ UN OROLOGIO □ UNO STRUMENTO ASTRONOMICO □ UNO STRUMENTO MUSICALE 77 8) SE NON AVESSI L’OROLOGIO, COME misureresti IL TEMPO ? ( Risposta aperta ) 9) Secondo te, quali sistemi utilizzavano gli uomini primitivi per misurare il tempo che passa? ( Risposta aperta ) 10) Un atleta partecipa a una gara di corsa sulla distanza di 800 metri. Nell’immagine qui sotto è riportato il tempo impiegato dall’atleta. A quanti secondi corrisponde? □ □ □ □ 145 secondi e 24 decimi 145 secondi e 24 centesimi 105 secondi e 24 centesimi 45 secondi e 24 centesimi 78 11) Quali delle seguenti affermazioni sono vere e quali false? ( scrivi V= Vera , F= Falsa ) LA TERRA RUOTA SU SE STESSA COME UNA TROTTOLA LA LUNA RUOTA SU SE STESSA COME LA TERRA IL SOLE RUOTA INTORNO ALLA TERRA LA TERRA RUOTA INTORNO AL SOLE DESCRIVENDO UN’ORBITA ELLITTICA □ SE OSSERVO UN PENDOLO CHE OSCILLA, SCOPRO CHE IL TEMPO NECESSARIO A FARE UN’OSCILLAZIONE DIPENDE DAL MATERIALE DI CUI È FATTO IL PENDOLO □ SE OSSERVO UN PENDOLO CHE OSCILLA, SCOPRO CHE IL TEMPO NECESSARIO A FARE UN’OSCILLAZIONE DIPENDE DALLA LUNGHEZZA DEL FILO A CUI È ATTACCATO IL PENDOLO □ □ □ □ Dall’analisi dei primi due quesiti riguardanti l’argomento “calendario”, si evince che i ragazzi comprendano come il calendario sia << un sistema per suddividere e calcolare i periodi di tempo >> ( sei risposte su otto) e che soltanto due alunni pensano che sia << uno strumento per misurare il tempo >>, ossia uno strumentoorologio. La spiegazione del funzionamento del calendario ( risposta aperta al quesito 2 ) è molto articolata, ma comunque sempre legata al concetto di tempo e alla sua suddivisione in giorni, settimane e mesi. Ecco alcuni esempi: Il calendario è un foglio su cui ci sono i giorni della settimana e dei mesi dell’anno. Un giorno particolare è la domenica. I periodi che preferisco di più è l’inverno. ( Jacopo ) Il calendario si suddivide in mesi alla fine dei dodici mesi si forma un anno, spesso nei calendari il sabato e la domenica sono in rosso perché in genere si fa festa ( Pietro ) 79 Nella Fig.2 riporto la risposta di Elisa: Fig. n.2 Il funzionamento del Calendario. Per quanto riguarda il concetto di “ANNO” e di “GIORNO” (quesiti n. 3 e n.4 ), cinque alunni su otto hanno risposto correttamente collegando i due termini al moto della Terra, mentre in particolare i due ragazzi stranieri, Regina e Andry, hanno confuso i moti, immaginando anche l’influenza del moto lunare. Il concetto di “anno bisestile”, nei quesiti n.5 e n.6, è stato un vero scoglio conoscitivo: se da una parte tutti hanno risposto correttamente sul periodo di quattro anni che intercorrono tra un anno bisestile e il seguente, tutti hanno avuto difficoltà a definirlo ( tre ragazzi non hanno risposto niente ): L’anno bisestile viene ogni quattro anni e è quando Febbraio ha 28 giorni. ( Jacopo ) È a Febbraio e ogni quattro anni non finisce 28 ma 29. ( Greta ) Sì ne ho sentito parlare visto che quel mese, che si chiama Febbraio e che quest’anno ha avuto ventotto giorni, è il mio compleanno. ( Elisa ) L’anno bisestile è quando manca un anno. ( Pietro ) 80 L’anno bisestile è un anno speciale. ( Riccardo ) Quindi c’è molta confusione tra i concetti, anche se comprendono che l’anno bisestile è un anno “diverso” dagli altri e che la differenza rispetto agli altri anni riguarda il mese di Febbraio. Quasi tutti ( sette su otto ) hanno risposto bene al quesito n.7 su che cosa è il pendolo: un orologio. Questo è importante per associare il concetto della misura del tempo, con la caratteristica peculiare del pendolo, ossia la regolarità del movimento. Molto interessanti sono le risposte aperte alle domande n.8 e n.9 che riguardano il tema, eterno per l’uomo, del “Tempo”: come lo si potrebbe misurare senza un orologio e come lo misuravano gli uomini primitivi. Infatti, quasi tutti gli alunni, hanno risposto che utilizzerebbero il Sole e che questo modo così naturale lo utilizzavano anche gli uomini primitivi: Gli uomini primitivi a quei tempi non avevano le cose elettroniche e allora guardavano il sole e dicevano che ora era ( Jacopo ) Vedendo se il sole sorge è mattina se il sole tramonta è sera. ( Greta ) Se non avessi l’orologio il tempo lo misurerei con il sole, cioè mettendomi a guardare in che posizione è il sole: se è basso e il cielo si sta schiarendo è mattino, se è in alto è pomeriggio ( Elisa ) C’è più modi ma quello più semplice è guardare il sole, quando è alto è mezzo giorno quando cala verso l’est è la sera quando è basso verso l’ovest è mattina ( Pietro ) 81 Infine è interessante osservare che nel penultimo quesito nessuno ha dato la risposta corretta su quanti secondi si leggano nel display del cronometro digitale: questo è dovuto alla difficoltà del sistema di misura sessagesimale usato per minuti e secondi. Finito il questionario di ingresso, entro in medias res nell’argomento principale del mio intervento didattico e introduco la storia del calendario: “ Il << calendario >> è un sistema adottato dall’uomo per suddividere il tempo, per dare un nome ai vari periodi di tempo. Ecco, guardate il calendario a muro che avete in classe: vedete che ci sono segnati i giorni, quelli lavorativi in nero e quelli festivi in rosso, poi ci sono le settimane, il mese ed infine l’anno. Questo calendario si chiama “civile”, perché si riferisce alla vita che noi viviamo come cittadini, come “civili” appunto; se fossimo dei monaci avremmo probabilmente davanti il calendario “liturgico”. Sapete quanti calendari sono esistiti o esistano nel mondo? ” Tanti Tantissimi “ Sì, tantissimi: pensate ai Babilonesi, agli antichi Egizi, ai Romani. Ognuno di questi popoli aveva un calendario ed anche oggi ci sono paesi o interi gruppi religiosi che usano un proprio calendario, magari contando gli anni partendo dalla nascita del fondatore della loro religione. Ad esempio noi siamo nel 2012 perché sono passati appunto 2012 anni97 dalla nascita di Gesù; per gli Ebrei siamo nell’anno 5773 perché si inizia a contare dall’anno presunto della creazione del mondo secondo la Bibbia. 97 Il calcolo non è esatto in quanto l’effettiva data di nascita di Gesù è sconosciuta; attualmente gli studiosi la collocano tra il 7 e il 6 a.C., negli ultimi anni del re Erode ( 73 – 4 a.C.). 82 Il nostro calendario, che si usa in quasi tutto il mondo occidentale, è un calendario << solare >>, ed è chiamato << gregoriano >>. Perché secondo voi? Da che cosa deriva l’aggettivo << gregoriano >> ? ” Da Gregor Gregorio San Gregorio “ Sì! Infatti ci fu un Papa che si chiamava Gregorio XIII: nel 1582 modifica il calendario precedente che era stato introdotto dagli antichi Romani, dal grande Giulio Cesare ( era chiamato appunto calendario “giuliano” ). Nel calendario giuliano gli anni si contavano dalla fondazione di Roma ( che corrisponde al 753 a.C.) e grazie a lui furono introdotti i mesi di Gennaio e di Febbraio. Infatti nell’antico calendario romano utilizzato prima di Giulio Cesare, che nasce dal fondatore di Roma, il mitico Romolo, i giorni si contavano dal 1° Marzo e non dal 1° Gennaio come facciamo adesso noi: pensate al mese di SETTEmbre ( nella radice della parola c’è un 7 ), al mese di OTTObre ( 8 ), NOVEmbre ( 9 ), DICEmbre ( 10 ), cioè 7,8,9 e 10 mesi a partire dal primo mese, quello di Marzo. Ma noi, anche se il nome del mese non è cambiato, utilizziamo per Settembre il numero 9, per Ottobre il 10, per Novembre l’11, per Dicembre il 12 perché dopo Giulio Cesare l’inizio dell’anno è stato fissato il 1° Gennaio e non più il 1° Marzo. Ma torniamo al calendario di Papa Gregorio XIII, quello che usiamo noi tutti i giorni. È un calendario << solare >>, cioè basato sul moto della Terra intorno al Sole, sul ciclo delle stagioni. Ciascun anno si compone di 12 mesi, alcuni di 30 giorni, altri di 31 e uno di 28 giorni. Conoscete questa filastrocca: Trenta dì conta Novembre…” …con april,giugno e settembre 83 di ventotto ce n’è uno tutti gli altri ne han trentuno. “ Poi c’è anche il metodo delle nocche della mano ( Fig. 3 ) : le nocche indicano i mesi di 31 giorni e gli spazi tra due nocche vicine indicano i mesi di 30 giorni ( o 28 nel caso di Febbraio ). ” Fig.3 Il metodo delle nocche per contare i mesi con 31 giorni ( nocche ) e quelli di 30 o 28 giorni ( spazi ). Chiudendo la mano a pugno come in Fig.3 faccio contare la durata dei mesi a turno a ciascun alunno, in modo da fissare bene questo metodo. Infine tratto un argomento ostico, significativo, in cui hanno avuto difficoltà nel Test, ossia gli anni << bisestili >> : “ L’anno civile del calendario gregoriano ha una durata di 365 giorni, perché si riferisce al tempo che la Terra impiega a girare intorno al Sole. Questo tempo si chiama << anno solare >>, ma in realtà l’anno solare non è esattamente 365 giorni, ma è…” 84 Tutti gli alunni rispondono in coro: 365 GIORNI 5 ORE 48 MINUTI 45 SECONDI “Sì! Circa 365 giorni e ¼ di giorno. Per far coincidere l’anno civile con l’anno solare, dobbiamo recuperare questo ritardo di un quarto di giorno. È stato introdotto l’anno << bisestile >>, che dura 366 giorni: ogni 4 anni abbiamo il mese di Febbraio di 29 giorni. Guardate il calendario che avete in classe, guardate il mese di Febbraio: vedete che è di 29 giorni, quindi quest’anno, il 2012, è un anno …” Tutta la classe risponde con sicurezza: BISESTILE! Il primo incontro finisce su questo argomento, sull’anno bisestile, un aspetto che nessuno conosceva, ma che ha destato molta curiosità in loro, così come la durata esatta dell’anno solare: questo dato è rimasto ben impresso nella loro mente anche negli incontri successivi. 85 3.3 Incontro II – Il moto di Rivoluzione della Terra attorno al Sole Il tema principale del secondo incontro è stato il “moto di Rivoluzione” della Terra attorno al Sole, la nostra Stella, nonché la conseguenza principale di tale moto, in combinazione con l’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre, ossia il ciclo delle quattro stagioni meteorologiche e astronomiche. “ Oggi parleremo del movimento che il pianeta su cui viviamo, la Terra, compie attorno al Sole, che è la nostra Stella. Senza la nostra Stella che ci illumina e ci dà calore noi, qui sulla Terra, non potremmo vivere, sarebbe impossibile perché saremmo sempre al buio e al freddo! La Terra è un pianeta che vive in una grande “famiglia” : la famiglia del Sole, che si chiama “ sistema solare ” e questa famiglia fa parte di una famiglia ancora più grande, la nostra Galassia, composta da miliardi di stelle: si chiama…Via Latt…” Lattea… “ Sì! Si chiama Via Lattea : il suo nome deriva da un mito greco. Se andiamo di notte in montagna, in un posto non illuminato come la città, possiamo vedere la nostra galassia nel cielo della notte: è una lunga scia luminosa, che sembra una lunga striscia di “latte”. Ma torniamo al sistema solare: il Sole, la nostra stella, è come un’immensa candela accesa e la Terra, insieme ad altri sette pianeti ( sono dei satelliti del Sole), ruota attorno a questa immensa candela descrivendo un’orbita. Questa orbita è una figura geometrica che si chiama…“ellisse! Conoscete l’ellisse? ” Nessun alunno aveva mai sentito parlare di tale figura geometrica, caratterizzata dal fatto di avere due “centri”, chiamati “fuochi”, anziché uno solo come nella figura geometrica della circonferenza. Vado pertanto alla lavagna e disegno questa immagine ( Fig.4 ) : 86 Fig.4 La figura dell’ellisse, come orbita di un pianeta, e la posizione del Sole in uno dei 2 fuochi. “L’ellisse è una figura geometrica simile alla circonferenza, ma è come se fosse un po’ schiacciata sopra e sotto, e invece di avere un solo centro come la circonferenza, ha due centri che sono detti “fuochi” e il Sole occupa il posto di uno di questi due fuochi, mentre il pianeta, come la Terra, ruota attorno al Sole lungo questa orbita ellittica. Per molti secoli gli uomini credevano che la Terra fosse al centro dell’Universo e che il Sole girasse intorno alla Terra, ma poi nel 1500 arrivò un astronomo polacco che si chiamava Niccolò Copernico ( detto in italiano ) e disse: << No! E’ la Terra che gira attorno al Sole e così fanno gli altri pianeti!>>. Copernico aveva ragione però credeva che l’orbita della Terra fosse circolare, una circonferenza, perché la circonferenza è una figura geometrica perfetta! E gli uomini antichi amavano le figure perfette! Ma agli inizi del 1600 un astronomo tedesco, Giovanni Keplero (detto ancora in italiano), scoprì che i pianeti girano attorno al Sole descrivendo un’orbita a forma di ellisse e che il Sole si trova appunto in uno di questi due fuochi dell’ellisse.” 87 Scrivo alla lavagna il nome di Keplero e indico bene i fuochi dell’ellisse ( Fig.5): Fig.5 L’orbita ellittica del pianeta Terra attorno al Sole scoperta da Giovanni Keplero. Per approfondire l’argomento del sistema solare racconto brevemente le caratteristiche degli otto pianeti ( con i loro satelliti) che ruotano attorno al Sole, soffermandomi in particolare su due: “…Mercurio è il pianeta più piccolo e più vicino al Sole, è roccioso, non ha atmosfera né acqua e gira attorno al Sole in 88 giorni terrestri. Inoltre ruota attorno al proprio asse in 58 giorni: quindi se si fosse lì un giorno non finirebbe mai… Giove è il pianeta più grande del sistema solare e ruota velocissimo sul suo asse, in appena 10 ore, mentre gira intorno al Sole in quasi 12 anni, quindi ci mette un tempo enorme a fare un giro completo.” 88 La conoscenza del sistema solare è un argomento che cattura sempre l’attenzione e la fantasia dei ragazzi, tant’è che gli alunni mi fanno molte domande sui pianeti; rispondo brevemente alle loro curiosità perché il tempo avanza velocemente e introduco il tema principale: il moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole: “ La Terra, come gli altri pianeti del sistema solare, percorre un’orbita ellittica attorno al Sole, in senso antiorario ( cioè nel verso opposto a quello delle lancette di un orologio) in un tempo di …” 365 giorni 5 ore 48 minuti 45 secondi ! (tutti in coro) “ … bravi! Questo tempo è l’anno solare e abbiamo visto l’altra volta che il nostro calendario è collegato a questo periodo di tempo. Il moto della Terra attorno al Sole è detto << moto di rivoluzione >> e c’è un giorno nel mese di Gennaio in cui il nostro pianeta è più vicino al Sole ( questa posizione si chiama perielio ) e un giorno di Luglio in cui si ha la massima distanza dal Sole ( afelio ). Ma perché se a Gennaio siamo nel perielio fa freddo, mentre dovrebbe fare caldo, trovandoci nella posizione più vicina al Sole? E a Luglio non dovrebbe fare freddo, dato che siamo nell’afelio? Da che cosa dipendono le quattro stagioni? ” A questo punto spiego che cosa sono le stagioni dal punto di vista astronomico, ossia i quattro periodi di tempo che tutti conosciamo, di tre mesi ciascuno, in cui è suddiviso l’anno solare. Ma soprattutto sottolineo questo concetto: “ L’alternanza delle stagioni è dovuta all’inclinazione dell’asse terrestre ( Fig. 6 ) perché questa inclinazione determina l’angolo di arrivo dei raggi solari sulla superficie della Terra e quindi determina il cambiamento delle stagioni e la diversa durata della notte.” 89 Fig. 6 L’inclinazione dell’asse terrestre. “L’asse di rotazione della Terra è inclinato rispetto al piano dell’orbita ( l’angolo di inclinazione è di 23°27' rispetto alla retta perpendicolare al piano dell’orbita che la Terra compie attorno al Sole). Se non ci fosse questa inclinazione non ci sarebbero le stagioni perché l’esposizione ai raggi solari sarebbe costante. Inoltre è importante sapere che la Terra è una sfera. L’equatore la divide in due emisferi: quello a Nord ( detto “boreale” ) e quello a Sud ( detto “australe” ). Allora, se le stagioni dipendono dall’inclinazione dell’asse, cioè dalla diversa illuminazione dei raggi solari durante l’anno, avremo nei due emisferi le stagioni in alternanza: per esempio quando qui da noi, nell’emisfero Nord, è estate, nell’emisfero australe è inverno.” Ho spiegato che l’asse di rotazione della Terra punta verso la stella “polare”, chiedendo poi agli alunni se fossero in grado di riconoscere la stella polare nel 90 cielo notturno. Spiego come individuare la stella polare nel cielo notturno, prendendo come riferimento la costellazione dell’Orsa Maggiore.98 Per approfondire il tema del moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole e l’alternanza delle stagioni, propongo un’attività didattica attraverso un disegno per illustrare i momenti in cui si ha il passaggio tra una stagione e l’altra ossia gli equinozi e i solstizi. Disegno alla lavagna ( Fig.7 ) il moto di rivoluzione: Fig. 7 Il moto di rivoluzione della Terra e l’alternarsi delle stagioni. “ La parola << solstizio >> vuol dire << sosta del Sole >> e infatti sembra che il Sole in quei due giorni, il 21 Giugno e il 21 Dicembre, si fermi, indugi un po’ in questa posizione. Nel solstizio d’estate, il 21 Giugno, nell’emisfero dove viviamo noi, l’emisfero boreale, abbiamo il trionfo del Sole, la massima illuminazione ed infatti il giorno è più lungo, mentre nell’emisfero australe si ha la notte più lunga di tutto l’anno. 98 Per trovare la stella polare occorre riferirsi alle stelle dell’Orsa Maggiore, facilmente individuabile nel cielo notturno, prolungando di 5 volte il segmento immaginario che congiunge le ultime due stelle del carro. 91 Nel solstizio d’inverno, il 21 Dicembre, noi viviamo la notte più lunga di tutto l’anno, mentre una persona che vive nell’emisfero australe, per esempio in Argentina, vive il giorno più lungo. Invece la parola << equi-nozio >> vuol dire << notte uguale >> perché nei due emisferi, sia a Marzo che a Settembre, giorno e notte hanno in quel periodo pressappoco la stessa durata.” Nelle Figure 8 e 9 ecco il risultato finale del lavoro: Fig. 8 Il moto di rivoluzione della Terra. 92 Fig. 9 Il moto di rivoluzione della Terra disegnato da tutta la classe. Per far comprendere meglio le condizioni di illuminazione della Terra durante i solstizi e gli equinozi propongo questa attività didattica: 1) Mettiamo in penombra l’aula scolastica; 2) prendiamo un mappamondo che, simulando la realtà fisica della Terra ha un asse di rotazione inclinato di 66° rispetto alla base del piedistallo d’appoggio; 3) Si posiziona il mappamondo, con un segnaposto per indicare dove ci troviamo; 4) Con una lampada ( ho usato una torcia ) si illumina l’emisfero boreale dove noi viviamo e si osservano le condizioni di illuminazione della superficie del globo. Nella Figura 10 riporto il momento in cui abbiamo riprodotto le condizioni che si presentano durante il solstizio d’inverno: 93 Fig. 10 L’illuminazione dell’emisfero boreale durante il solstizio invernale ( 21 Dicembre ). 94 3.4 Incontro III – Il moto di rotazione della Terra e le meridiane solari Il terzo incontro riprende il filo conduttore dei moti del nostro pianeta affrontando questa volta il moto di rotazione della Terra sul proprio asse, che avviene sempre, contemporaneamente, con il moto di rivoluzione attorno al Sole. “ Oggi parliamo dell’altro moto fondamentale che compie la Terra: il movimento di rotazione intorno al proprio asse. Ogni pianeta del sistema solare compie una rotazione completa sul proprio asse. Anche la Terra ruota su se stessa, è una trottola che gira intorno al proprio asse. Abbiamo visto l’altra volta che l’asse terrestre è inclinato di 23° 27' rispetto alla perpendicolare al piano su cui la Terra si muove attorno al Sole. Ma a noi interessa adesso il “periodo di rotazione” della Terra, cioè ci interessa scoprire in quanto “tempo” la Terra gira sul proprio asse. Si è visto che Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, impiega a girare su se stesso circa 58 giorni terrestri mentre il pianeta Giove è molto più veloce e ci mette solo 10 ore. E la Terra ? Quanto tempo impiega a girare su se stessa ? La Terra gira sul proprio asse in 24 ore, cioè in un << giorno >>: infatti il giorno è la durata di un giro completo di rotazione. Il giorno poi si divide in due parti: quando c’è l’illuminazione del Sole si chiama << il dì >>, mentre quando c’è buio si chiama << la notte >>. Notte e dì , dì e notte, formano il << giorno >> che tutti conosciamo. Ma ci sono due tipi di giorno: c’è il giorno << solare >>, cioè il tempo che la Terra, ruotando attorno al proprio asse da ovest verso est, impiega per ritornare nella stessa posizione rispetto al Sole, e c’è il giorno << sidereo >> che indica il tempo che la Terra impiega per ritrovarsi nella stessa posizione rispetto alle stelle ( in latino “stella” si diceva “sidus”, da qui l’aggettivo “sidereo” ). Ora attenzione: il giorno solare medio dura 24 ore ( scritto 24 h giorno sidereo ha una durata inferiore di 4 minuti.100 99 Dal termine latino hora = ora, si ha l’abbreviazione “h”. 95 99 ) , mentre il 23 h 56 min 04 s = giorno sidereo 24 h = giorno solare medio Perché questa differenza tra il giorno sidereo e quello solare ? ” Questa differenza di tempo è dovuta al fatto che la Terra, dopo aver compiuto una rotazione di 360° ( un angolo giro in geometria ) intorno al proprio asse in un tempo di 23h 56m 04s ( è il tempo costante del giorno sidereo ) deve ancora ruotare di un piccolo angolo per ritornare nella stessa direzione rispetto al Sole, perché nel contempo la Terra si è spostata lungo l’orbita ellittica che compie attorno al Sole. Per spiegare questo concetto, di per sé piuttosto difficile, propongo questa animazione alla classe: 1) disegno il Sole alla lavagna, un bambino-osservatore guarda la lavagna e inizia a ruotare su se stesso lentamente. Dopo un certo tempo T1, che viene misurato da un altro bambino con un cronometro, il bambino vede di nuovo il Sole alla lavagna; 2) disegno il Sole anche su una piccola lavagna portatile , che un altro bambino tiene ben salda tra le mani; 3) il bambino-osservatore ruota su se stesso alla stessa velocità di rotazione tenuta prima, guardando questa volta il Sole che si trova disegnato sulla lavagna portatile ( posizionata nello stesso punto in cui si trova il Sole disegnato alla lavagna della classe ); 4) in una fase successiva, mentre il bambino-osservatore ruota su se stesso, il bambino con la lavagna portatile si sposta lentamente lungo la parete; 5) il bambino con il cronometro registra il tempo T2 del secondo movimento; 6) Dalle osservazioni si vede che il tempo T2 è leggermente più lungo del tempo T1, perché il bambino con la lavagna portatile si sposta lungo la parete mentre il bambino-osservatore ruota su se stesso. 100 Il termine “minuti” si abbrevia scrivendo “min”, così come il termine “secondi” si abbrevia con la lettera “s”. 96 Nelle Figure 11 e 12 riporto alcune immagini dell’attività didattica proposta: Fig. 11 Mentre il bambino-osservatore ruota su se stesso, l’alunna con il Sole disegnato sulla lavagna portatile si sposta lungo la parete e il terzo alunno registra il tempo. Fig. 12 Quando il bambino-osservatore rivede il Sole, l’alunno registra il tempo T2 , mentre l’alunna tiene la lavagna portatile con il Sole. 97 Dimostrato che il tempo T2 è leggermente più lungo del tempo T1, introduco il tema dell’ora e la storia dei fusi orari: “ L’ora viene indicata col simbolo << h >> perché in latino si diceva << hora >>. L’ora è un’unità di misura del tempo: è pari alla ventiquattresima parte del giorno solare “medio”. Un giorno è formato da 24 ore. Sessanta minuti formano un’ora e sessanta secondi formano un minuto. Quindi un’ora è composta da 3600 secondi. Adesso facciamo degli esercizi su queste unità di misura del tempo: l’ora, il minuto , il secondo !” Per rinforzare l’apprendimento e la comprensione di questo concetto sulle unità di misura del tempo propongo di fare alla lavagna degli esercizi di conversione 101 tra minuti, secondi e frazioni d’ora. Le domande che ho posto sono le seguenti: 1) Quanti minuti e quanti secondi corrispondono a un quarto d’ora ? 2) Quanti minuti e quanti secondi corrispondono a tre quarti d’ora ? Nella figura 13 riporto un risultato di tali operazioni : 101 Sono esercizi perfetti anche per riprendere e consolidare concetti matematici quali i numeri razionali, le operazioni con le frazioni, le operazioni aritmetiche di prodotto e di divisione. 98 Fig. 13 Esercizi di conversione di unità di misura temporali. Dopo questi esercizi sulle unità di misura del tempo, chiedo alla classe: “ Chi di voi ha viaggiato in aereo? ” Io sono stata in America… Io sono stato a casa mia nelle Filippine! “ Probabilmente appena scesi dall’aereo avete visto che il vostro orologio indicava un’ora diversa da quella che indicava l’orologio dell’aeroporto! C’erano diverse ore di differenza: le lancette dell’orologio erano o troppo avanti come in America o troppo indietro come nelle Filippine! Perché questo fenomeno ? Perché ci sono i “fusi orari” ? Che cosa sono i fusi orari ? Immaginate la Terra simile a un pallone da basket che è suddiviso in tanti spicchi. Anche la Terra , nel diciannovesimo secolo, è stata divisa in 24 spicchi, in 24 parti uguali, chiamati fusi orari. All’interno di ciascuno spicchio o fuso c’è la stessa ora convenzionale. 99 Per esempio se qui a Firenze sono le ore 11.00 e vado in Africa a Tunisi sono sempre le ore 11.00 perché Firenze e Tunisi sono nello stesso fuso orario. Se invece vado a Londra sono le ore 10.00, perché la capitale dell’Inghilterra si trova nel fuso orario che ci precede, verso Ovest” Per spiegare i fusi orari, in particolare la loro distribuzione, mi avvalgo dell’aiuto di un mappamondo. Indico, in maniera chiara, il fuso orario di riferimento: “ A Londra c’è un osservatorio astronomico che si chiama Greenwich ed è importante perché l’ora di Greenwich fa da riferimento a tutte le ore convenzionali di tutti i fusi orari del mondo. Ma chi ha inventato i fusi orari ? L’inventore è stato uno scienziato italiano, che si chiamava Quirico Filopanti: era un professore di matematica e di filosofia ed era un sognatore, uno che amava gli uomini, cioè un filantropo. Fu lui ad avere l’idea, l’intuizione di dividere la Terra in 24 spicchi con 24 orari diversi. Era il 1859 e il Filopanti scrisse questa teoria dei fusi orari dentro un libro intitolato : << Miranda ! >>, ossia << Cose meravigliose ! >>. Ma questa idea non ebbe seguito, perché questo professore-sognatore non era famoso. Poi nel 1883 un ingegnere capo delle ferrovie del Canada, che si chiamava Fleming, fece sì che le ferrovie americane e canadesi avessero i primi quatto fusi orari continentali del Nord America. Dal 1884 il sistema dei fusi orari venne esteso a tutto il mondo! Ma perché sono così importanti i fusi orari? Perché senza i fusi orari, la Terra sarebbe nel caos: infatti basta spostarsi di pochi chilometri e l’ora solare varia a causa del moto di rotazione della Terra. Fino a quando non c’era la necessità di comunicazioni, per secoli, ogni città poteva avere la sua ora, ma dopo la nascita delle ferrovie dare una regola ai tempi è diventato necessario! ” La storia dei fusi orari affascina tutta la classe e mi dà l’aggancio ideale per parlare degli orologi, degli strumenti per misurare il tempo. 100 “ Oggi abbiamo degli orologi molto precisi che misurano il tempo: abbiamo gli orologi << atomici >>: si chiamano così perché sfruttano le proprietà di certi atomi. A Francoforte, in Germania, ce n’è uno molto accurato. Ma andiamo più indietro nel tempo: come misuravano il tempo gli uomini del passato? Galileo Galilei, di cui parleremo nell’ultimo incontro, usava le pulsazioni del polso per misurare il periodo di oscillazione del pendolo. Inoltre aveva inventato un orologio ad acqua. Ma prima che orologi usavano ? Per secoli gli uomini delle antiche civiltà usavano la posizione del Sole per misurare gli intervalli di tempo perché sappiamo che la nostra Stella cambia posizione nel cielo lungo il dì , nel suo moto apparente ( siamo noi terrestri a muoverci!). Quando è mezzogiorno il Sole raggiunge la sua massima altezza nel cielo. Gli uomini antichi avevano inventato un orologio che sfrutta queste caratteristiche del movimento (apparente) del Sole: si chiama la << meridiana solare >>.” Illustro brevemente le caratteristiche di una meridiana solare, parlando dello gnomone, lo stilo la cui ombra sul quadrante si sposta col passare del tempo. Propongo poi un’attività didattica di progettazione di una meridiana solare. Ogni alunno costruisce la sua meridiana solare con il seguente procedimento: 1) Su un cartoncino giallo si disegna un cerchio grande ( con l’aiuto di un piatto); 2) si ritaglia il cerchio e si disegna al centro il Sole; 3) con la plastilina si fa una base centrale, nel centro del Sole, e si inserisce un pezzo (metà ) di cannuccia che fungerà da gnomone; 101 4) nel cortile della scuola, si espone ai raggi del Sole la meridiana appoggiata a terra e si segna una riga, con una matita, in corrispondenza dell’ombra che fa la cannuccia sul quadrante-cartoncino ; 5) si segna con la matita sul cartoncino l’ora esatta che appare al nostro orologio di scuola; 6) dopo intervalli di tempo regolari ( per esempio dopo un’ora ) si segna sul quadrante-cartoncino un’altra riga in corrispondenza della nuova ombra e si indica l’ora esatta. Lo scopo dell’attività didattica è quello di dimostrare il moto di rotazione della Terra: tale moto fa sembrare che il Sole si muova ( moto apparente del Sole). Rispetto al punto più alto raggiunto a mezzogiorno, prima e dopo mezzogiorno l’ombra è più lunga perché la nostra stella è più bassa sull’orizzonte. Nelle Figure 14, 15 e 16 riporto alcune fasi dell’attività sulla costruzione delle meridiane solari. Fig. 14 Una fase di costruzione delle meridiane solari. 102 Fig. 15 La meridiana costruita posizionata nel cortile della scuola con gli orari delle ombre nel quadrante. Fig. 16 L’allineamento delle meridiane solari della classe. 103 3.5 Incontro IV – L’esperienza del Pendolo Nel quarto ed ultimo incontro affronto il tema della misurazione del tempo, e decido di affrontare questo ampio argomento soprattutto a livello sperimentale, facendo delle misure con lo strumento del pendolo semplice. All’inizio dell’incontro faccio una sintesi di tutto il percorso didattico svolto negli incontri precedenti: “ Abbiamo visto che cos’è il calendario, in particolare la sua storia dagli antichi Romani fino ai giorni nostri, e si è compreso che si tratta di uno strumento creato dall’uomo per suddividere gli intervalli del tempo; abbiamo inoltre compreso il legame che c’è tra il calendario e i moti della Terra. I moti della Terra sono principalmente due: uno attorno al Sole ( si chiama moto di rivoluzione) e uno attorno al proprio asse ( moto di rotazione ). Quindi abbiamo parlato del tempo e di come l’uomo lo ha misurato nel corso dei secoli: dalle meridiane solari agli orologi atomici. Oggi parleremo e faremo una misura del tempo con il pendolo che vi ho portato: proviene dal laboratorio didattico del Polo scientifico universitario di Sesto Fiorentino. Inizieremo con un racconto che riguarda Galileo Galilei, il grande scienziato pisano. Nel 1581 era un ragazzo, non ancora diciottenne, a Pisa, la sua città, nella cattedrale ( dove accanto c’è la famosa torre o campanile pendente ) in piazza dei Miracoli. All’interno della chiesa fu attratto dal movimento che produceva una lampada votiva, sospesa in aria, a causa del vento che la faceva muovere. Il giovane Galileo iniziò a misurare il tempo di oscillazione di questa lampada. In che modo poteva misurarlo? Galileo non aveva un orologio come quello che ho io al polso, tanto meno aveva il cronometro come questi due che vi ho portato dal laboratorio. Allora come faceva a misurare i tempi di oscillazione di questa lampada ? Li misurava con i battiti del cuore che sentiva toccandosi il polso: sono infatti battiti regolari; il tempo fra due battiti è circa un secondo. 104 Ebbene Galileo scoprì un’importante proprietà di questo movimento oscillatorio della lampada, che altro non è se non un pendolo. Ma che cos’è un pendolo ? E che cosa scoprì Galileo sul moto del pendolo? Ne parleremo dopo facendo delle misure qui in classe!” Prendo ciascun pezzo che compone il pendolo e ne illustro le caratteristiche principali, dalla base d’appoggio all’asta in metallo, dal filo di nylon alla sfera di piombo che è legata a una estremità del filo e che oscilla. Costruisco il pendolo assemblando i vari pezzi e lo posiziono sopra la cattedra, disponendo i banchi degli alunni in semicerchio attorno ad essa per una migliore osservazione ( Fig. 17 ): Fig. 17 La disposizione dei banchi durante la lezione. “ Il pendolo semplice è formato da una base d’appoggio e un’asta metallica a cui si lega un filo di lunghezza L ; - una estremità del filo viene fissata all’asta di metallo del sistema d’appoggio, 105 - all’altra estremità del filo invece è attaccata una piccola sfera di un certo materiale ( ho portato due tipi di sfere: piombo e legno). Noi usiamo queste due sfere, una di piombo e una di legno, che hanno lo stesso volume, ma essendo di materiale diverso hanno un peso diverso. Per le nostre misure non importa sapere esattamente il valore di questo peso. Quello che conta è la misura del tempo e qui ho portato due cronometri digitali.” Mostro agli alunni il funzionamento del cronometro digitale, soffermandomi bene sulla corretta lettura delle cifre basata sul sistema numerico sessagesimale. Dopo questa introduzione sul pendolo, indispensabile per comprendere il senso di ciò che gli alunni si appresteranno a sperimentare, do inizio alla parte pratica e sperimentale. “ Per prima cosa guardiamo se il pendolo può funzionare come un orologio, cioè se riproduce un fenomeno fisico che sia regolare e periodico nel tempo. Per fare questo misuriamo il tempo di 10 oscillazioni e poi si calcola il periodo T di una oscillazione, che si ottiene dividendo il valore per dieci” Preparo il filo del pendolo con una lunghezza casuale, lo misuro: L = 60 cm ; Quindi chiamo ciascun alunno ( Fig. 18 ) per la prova e ciascuno misura il tempo di 10 oscillazioni.102 Nella seguente tabella ( Tab. 1) riporto i risultati finali: 102 La scelta di 10 oscillazioni non è causale, ma ha l’obiettivo di ridurre al minimo gli errori di misura. 106 Alunno JACOPO REGINA PIETRO NATALIE GRETA ELISA RICCARDO ANDRY Tempo 10 oscillazioni 15,68 s 15,53 s 15,32 s 15,44 s 15,50 s Ass. 16,06 s 15,59 s Tab. 1 Le misure dei tempi di 10 oscillazioni complete del pendolo ( L = 60 cm ). Fig. 18 La misura del tempo di 10 oscillazioni ( L = 60 cm). 107 I valori misurati sono abbastanza omogenei, la naturale differenza è sull’ordine dei decimi di secondo, quindi non ci sono errori evidenti. Quindi per ciascuna misura si calcola il valore del Periodo T di una oscillazione completa, dividendo per 10 ciascun tempo ( Tab. 2 ) : Alunno JACOPO REGINA PIETRO NATALIE GRETA ELISA RICCARDO ANDRY periodo T 1,57 s 1,55 s 1,53 s 1,54 s 1,55 s Ass. 1,61 s 1,56 s Tab.2 Le misure del Periodo T del Pendolo per L = 60 cm. Conosciuti i valori misurati dagli alunni del periodo T del pendolo per una lunghezza del filo di 60 cm, si calcola il valore medio di tutti periodi: Valore medio T = ( 1,57 + 1, 55 + 1,53 + 1,54+ 1, 55 + 1,61 + 1,56 ) / 7 = 1,56 s “ Abbiamo visto come il pendolo può funzionare come uno strumento per misurare il tempo, in quanto riproduce un moto periodico e regolare: esso è, in maniera evidente, il meccanismo di base dell’orologio << a pendolo >> dei nostri nonni.” Dimostrato che il pendolo è uno strumento caratterizzato da oscillazioni che hanno una durata temporale regolare e che quindi può essere usato come elemento principale di un orologio, entro nel vivo dell’incontro didattico. Lo scopo dell’incontro è quello di indagare e far scoprire agli alunni quali possono essere le grandezze fisiche che influiscono sul periodo di oscillazione T. Gli elementi che possono influire sul periodo T possono essere ragionevolmente tre: 108 1) il tipo di materiale o il peso della sfera; 2) l’ampiezza di oscillazione; 3) la lunghezza del filo. Il mio scopo è quello di verificare sperimentalmente, con delle misure, quale di queste tre grandezze ( il tipo di pesetto, l’angolo di oscillazione e la lunghezza del filo ) influisce sul periodo T : nel fare questo, avvio una discussione in classe, invitando gli alunni ad esprimere le loro ipotesi e le loro idee. La maggior parte degli alunni sostiene che il periodo di oscillazione T dipenda dal tipo di pesetto, ossia dalla natura del materiale : un pesetto di piombo oscilla più velocemente di un pesetto di legno. Alcuni alunni pensano che dipenda dalla lunghezza del filo e dal tipo di pesetto; quasi nessuno pensa che il periodo T possa dipendere da una maggiore o minore ampiezza di oscillazione. Inizio l’attività analizzando l’ipotesi di maggiore consenso: 1) Misura del periodo con un pesetto di legno Per fare questa misura sostituisco il pesetto di piombo con uno di legno, sempre con la stessa lunghezza del filo ( L = 60 cm ) e chiamo un alunno ( Fig. 19 ) per fare la misura del tempo di 10 oscillazioni. 109 Fig. 19 L’alunno misura le oscillazioni con il pesetto di legno. Il tempo di 10 oscillazioni con la pallina di legno ( sempre con lunghezza del filo L = 60 cm ) è di 15,59 secondi e quindi si ricava il periodo T è di 1,56 secondi. “ Abbiamo visto che il periodo T con un pesetto di legno è lo stesso che abbiamo misurato con il pesetto di piombo: quindi il periodo d’oscillazione non dipende dal tipo di pesetto.” 2) Misura del periodo con una diversa ampiezza d’oscillazione In questa fase dell’attività didattica prendo in esame l’ipotesi di variare l’ampiezza di oscillazione del pendolo, sempre considerando la stessa lunghezza del filo ( L = 60 cm): chiamo un alunno ( Fig. 20 ) per misurare il tempo di 10 oscillazioni fatte con lo stesso pendolo usato all’inizio ( con il pesetto di piombo ) ma partendo da un angolo maggiore rispetto alla prima esperienza. Il valore misurato dall’alunno è il seguente: 110 Tempo 10 oscillazioni = 15,32 s , periodo T = 1,53 s . “Quindi abbiamo dimostrato che il periodo d’oscillazione non dipende dall’ampiezza di oscillazione del pendolo. Questa proprietà fu scoperta proprio da Galileo osservando il movimento di quella lampada nel Duomo di Pisa e si chiama : << isocronismo del pendolo >>.” . Fig. 20 La misura del tempo per diverse ampiezze di oscillazione. 111 3) Misura del periodo con una diversa lunghezza del filo Dopo aver dimostrato, con prove sperimentali, che il periodo d’oscillazione T di un pendolo non varia al variare del tipo di pesetto e dell’ampiezza di oscillazione, si affronta l’ultima ipotesi : che cosa succede al variare della lunghezza L del filo? Prendo un filo di lunghezza maggiore e lo misuro: L = 120 cm; Quindi chiamo un altro alunno ( Fig. 21 ) ad effettuare la misurazione del tempo di 10 oscillazioni; i valori trovati sono: Tempo 10 oscillazioni ( L = 120 cm ) = 23,18 s , periodo del pendolo T = 2,32 s . Fig. 21 Un alunno misura il tempo di 10 oscillazioni ( per L = 120 cm ). 112 Con la terza ipotesi troviamo la grandezza fisica che influisce sul periodo T del pendolo: la lunghezza del filo. “ Abbiamo trovato sperimentalmente che variando la lunghezza del filo L , il periodo d’oscillazione T del pendolo varia: prima per L = 60 cm avevamo T = 1,56 s , mentre adesso per L = 120 cm abbiamo trovato T = 2,32 s. Quindi il periodo d’oscillazione di un pendolo dipende dalla lunghezza del filo.” Riporto nella Tab. 3 il riepilogo finale delle misure del periodo d’oscillazione T di un pendolo effettuate dalla classe : GRANDEZZA FISICA PERIODO T PESETTO DI PIOMBO 1,56 s ( L = 60 cm ) PESETTO DI LEGNO 1,56 s ( L = 60 cm ) PESETTO DI PIOMBO, 1,53 s OSCILLAZIONE PIU’ AMPIA ( L = 60 cm ) LUNGHEZZA DEL FILO 2,32 s ( L = 120 cm ) Tab. 3 I valori del periodo T misurati dalla classe. Per concludere l’incontro sul pendolo propongo alla classe di cercare una lunghezza L del filo tale che il periodo T sia di 2 secondi ( e quindi il mezzo periodo sia di 1 secondo), ovvero di cercare una lunghezza L del filo tale che il pendolo batta il secondo. 113 “ La lunghezza del filo L deve essere una misura compresa tra 120 cm e 60 cm, perché nel primo caso abbiamo un periodo d’oscillazione T maggiore di 2 secondi e nel secondo caso un periodo T minore di 2 secondi.” Spiego agli alunni che la teoria matematica del pendolo permette di trovare la lunghezza del filo che consente al pendolo di battere il secondo; tale lunghezza è di 99 cm.103 Quindi predispongo il filo per questa nuova misurazione e otteniamo: Tempo di 10 oscillazioni ( L = 99 cm) : 20,57 s , periodo T : 2, 06 s , semiperiodo T/2 : 1,03 s . Si dimostra sperimentalmente che il pendolo è uno strumento che può misurare il tempo di un secondo e quindi che può essere usato come meccanismo di base per costruire un orologio. Con questo intervento concludo il percorso didattico : percorso che è partito da uno strumento come il calendario, inventato dall’uomo per “ordinare” il fluire incessante del tempo ed è arrivato allo studio del pendolo, uno strumento per misurare il tempo. 103 Dato che T = 2ߨට , per T = 2 s L = ( T2 ∙ g) / ( 4 ∙ ߨ 2 ) = = ( 4 s2 · 9,8 m / s2 ) / ( 4 ∙ ߨ 2 ) ≈ 99 cm. 114 3.6 Conclusioni Con la parte sperimentale sulla misurazione del tempo, con lo strumento del pendolo semplice, si conclude il mio percorso didattico di Fisica sul tema del calendario e la misura del tempo. Tale percorso si è svolto in quattro incontri con un interesse generale, sia da parte dell’intera classe che da parte della maestra, sempre presente e crescente e con vera partecipazione attiva nelle esperienze sia teoriche sia pratiche. Per verificare se l’apprendimento dei concetti teorici oggetto del mio intervento didattico, su argomenti di carattere scientifico, sia stato compiuto ed efficace, sottopongo alla classe il questionario che avevo preparato per il primo incontro per verificare le preconoscenze riguardo a tali argomenti. Il risultato del test è stato complessivamente molto positivo : espongo di seguito la qualità dell’apprendimento dei vari concetti facendo un lavoro di sintesi di tutte le risposte degli alunni della classe. IL CALENDARIO Il concetto del calendario come sistema o strumento creato dall’uomo per regolare, suddividere e calcolare gli intervalli di tempo è stato ben compreso da tutti gli alunni. Due alunni hanno considerato il calendario come “ un quaderno su cui sono segnati dei numeri ”: questo è dovuto al fatto che spesso i nostri calendari sono zeppi di informazioni, note ed appuntamenti che in effetti sembrano delle “agende” piene di numeri piuttosto che degli indicatori degli intervalli temporali. Riporto in Figura 22 la risposta di un’alunna che ben riassume il significato del calendario: 115 Fig. 22 Il funzionamento del calendario. L’ANNO E L’ANNO BISESTILE Il concetto di << anno >> legato al movimento di rivoluzione della Terra attorno al Sole è stato ben appreso dall’intera classe. In particolare è stata ricordata da tutti la durata temporale dell’anno solare: 365 GIORNI 5 ORE 48 MINUTI 45 SECONDI Ben diverso invece il concetto di anno << bisestile >> : a parte qualche eccezione ( Fig.23 ), permane molta confusione sul significato di tale anno, sebbene l’intervallo di 4 anni tra un anno bisestile e il successivo sia un elemento ben acquisito da tutti. 116 Fig. 23 La risposta sull’anno bisestile. IL GIORNO Anche il concetto di << giorno >> legato al movimento di rotazione della Terra attorno al proprio asse in circa 24 h è stato ben assimilato dalla classe, così come il tema dell’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano orbitale come causa principale del ciclo delle stagioni. Per quanto riguarda il concetto degli equinozi e dei solstizi, anche se non era presente nel questionario, ho avuto riscontri di apprendimento molto positivi e significativi. IL PENDOLO Il significato e la conoscenza dello strumento del pendolo semplice per misurare il tempo è stata pienamente acquisita da parte di tutti gli alunni della classe. 117 Il pendolo è considerato a tutti gli effetti un orologio, riferendosi anche all’immaginario comune degli orologi a pendolo che i nostri nonni avevano in casa. Inoltre all’ultima domanda del questionario, riguardo al pendolo, gli alunni hanno considerata giustamente falsa l’affermazione che il tempo necessario per fare un’ oscillazione dipenda dal materiale con cui è fatta la “pallina” del pendolo, mentre hanno considerato giustamente vera l’affermazione che tale tempo dipenda dalla lunghezza del filo. LA MISURA DEL TEMPO SENZA L’OROLOGIO Esistono molti sistemi per misurare il passare del tempo senza poter contare sui nostri moderni e tecnologici orologi, ma sicuramente sono due i sistemi di cui ho parlato durante gli incontri : 1) Il moto apparente del Sole 2) L’oscillazione periodica del pendolo Questi due metodi per misurare il tempo sono ben entrati nella mente degli alunni, come vediamo dalle risposte seguenti: Il tempo si misura Con il pendolo o con il sole. Il pendolo perché ogni dondolio è un secondo. Il sole perché ogni secondo si sposta di un mini gocciolino. ( Fig. 24 ) Lo misurerei o costruendo una meridiana o guardando il Sole. ( Fig. 25 ) 118 Fig. 24 La misura del tempo. Fig. 25 Un’altra misura del tempo. 119 Tuttavia mi piace concludere questa sintesi con due visioni alternative: da parte di un alunno ( Fig. 26 ) che userebbe “ le mani ” per misurare il tempo senza gli orologi, e da parte di un’alunna ( Fig. 27 ) che userebbe invece “ i passi ”. Fig.26 La misura del tempo con le “mani”. Fig. 27 La misura del tempo con i “passi”. 120 Con questo percorso didattico ho concluso in maniera completa il percorso universitario, riuscendo a coniugare armonicamente teoria e pratica. Questo progetto, infatti, mi ha permesso di provare, direttamente in classe, le nozioni e le teorie apprese nelle aule dell’università. Ho cercato di elaborare una trasposizione didattica di concetti scientifici in funzione della classe e dei programmi dell’istituto scolastico, superando gli ostacoli all’apprendimento, di varia natura, che avevano gli alunni. Con la metodologia del laboratorio e delle prove sperimentali, ho potuto realizzare tutti gli obiettivi di apprendimento che mi ero proposto: questo risultato è stato possibile per il coinvolgimento diretto ed attivo da parte degli alunni. Non ho riscontrato criticità particolari : la difficoltà ad insegnare certi argomenti scientifici complessi, si supera con le attività pratiche e con l’approccio sperimentale. Concludo affermando che, per un insegnamento efficace delle discipline scientifiche nella scuola primaria, occorre sempre coniugare teoria ed esperienza diretta, stimolando la motivazione e la partecipazione degli alunni. 121 Ringraziamenti Intendo ringraziare la mia famiglia, Ilaria e Luciano, per il sostegno affettivo e morale che mi hanno sempre dato in tutti questi anni. Vorrei ringraziare il mio relatore, il Dott. Straulino Samuele per il costante aiuto nella lavorazione di tutta la tesi. Un grazie particolare alla scuola S.Giuseppe di Pozzolatico e alla maestra Gianna per avermi dato la possibilità di fare questo lavoro didattico e sperimentale di Fisica. Infine vorrei esprimere sincera gratitudine ed amicizia alle compagne di questo lungo viaggio universitario : Carolina Tintisona, Elena Piani, Cecilia Pierguidi, Ilaria Ricci ed Evita Vezzosi. 122 Bibliografia Testi Boncinelli E., Il posto della Scienza: realtà, miti, fantasmi, Milano, Mondadori, 2004. Buonanno R., Il cielo sopra a Roma : I luoghi dell’astronomia, Milano, Springer Verlag editore, 2007. Cappelli A., Cronologia, cronografia e calendario perpetuo , Milano, Hoepli, 1998. Capperucci D., Dalla programmazione educativa e didattica alla progettazione curricolare, Milano, Franco Angeli, 2008. Clifford A. Pickover, Il libro della Fisica, Modena, Logos, 2012 ( edizione originale : The Physics Book, 2011 ). Corbò G., Un fisico da salotto , Milano, Salani Editore, 2010. D’Amore B., Didattica della matematica, Bologna, Pitagora Editrice, 2001. 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