La Pinacoteca di Brera, Milano

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La Pinacoteca di Brera, Milano
Secoli di storia hanno plasmato l'odierno Palazzo di Brera, legando al suo nome
l’omonima Pinacoteca, l'Accademia delle Belle arti di Milano, la Biblioteca
nazionale Braidense, l'Orto Botanico e l'Osservatorio Astronomico.
Le origini del complesso architettonico risalgono al Medioevo: il terreno su cui si
è sviluppato il palazzo apparteneva allora all'ordine semi monastico degli
Umiliati, divenuto famoso grazie alla produzione di panni di lana in tutto
l'occidente. Il complesso era in origine formato da un convento e dalla chiesa di
Santa Maria di Brera; quest'ultima, edificata in stile gotico a partire dal 1229,
presentava una facciata a fasce di marmo bianco e nero in cui si aprivano le
finestre a bifora ed un elegante portale. Sfortunatamente, convento e chiesa
sono stati in seguito demoliti o incorporati nel palazzo, ma rappresentano
tutt'oggi la matrice del complesso di Brera.
1)
Pinacoteca di Brera, vista esterna
Nel XVI secolo la proprietà del complesso passò ai gesuiti, affinché vi istituissero una prestigiosa università che Milano a quei tempi
non possedeva. Il progetto fu affidato a Francesco Maria Richini, il quale tuttavia riuscì ad avviare i lavori, che durarono circa un
secolo, solo nel 1651, dopo aggiustamenti e ritardi per mancanza di fondi. Da questa fase, l'edificio inizia ad assumere le forme
austere che tutt'oggi lo contraddistinguono: la facciata in mattoni rossi, arricchita agli angoli da paraste in ceppo grigio, si articola su
due piani con mezzanini; la superficie, divisa orizzontalmente da prominenti marcapiani, è ritmata da finestre con frontoni ad arco o
a doppio spiovente anch'essi in pietra grigia. All'interno, i loggiati a serliana con capitelli tuscanici al piano terra e ionici al primo
piano, si affacciano sull'ampio e luminoso cortile, di forma rettangolare.
2)
Particolare della facciata su Via Brera
3)
Cortile interno
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Nel 1773, il palazzo di Brera venne statalizzato. Maria Teresa d'Austria e suo figlio Giuseppe II d'Asburgo individuarono in Giuseppe
Piermarini il tecnico a cui affidare i lavori che i Gesuiti non erano riusciti a portare a termine (il piano originale prevedeva ad esempio
che l'ingresso principale non fosse su via Brera, dove attualmente si trova, ma sulla piazzetta antistante la chiesa di Santa Maria di
Brera). Gli interventi di Piermarini riguardarono soprattutto l'Osservatorio Astronomico, l'Orto Botanico e la Biblioteca; quest'ultima, in
particolare, venne ristrutturata e dotata di uno scalone da cui si accede tutt’oggi all'ambiente principale, un'ampia sala rivestita
interamente da scaffali in noce attorno ai quali ruota un ballatoio. Tra il 1778 e il 1795 anche la facciata venne terminata, e
caratterizzata in particolare da un robusto balcone e un monumentale portale neoclassico ad arco e colonne a definire l'ingresso
principale.
Le trasformazioni maggiori, tuttavia, avvennero in età napoleonica: è in questa fase, ad esempio, che una parte dell'edificio venne
adibita a pinacoteca. Questa scelta trova fondamento nei principi ideologici radicati nella Rivoluzione Francese (che hanno dato vita
al Louvre), secondo cui rendere di pubblica utilità le opere d'arte (confiscate in
larga parte a chiese e conventi, simboli di potere), contribuisce ad accrescere il
prestigio di uno stato, nonché a promuovere la cultura. Arrivarono quindi a Brera
decine e decine di opere, molte delle quali pale d'altare di grandi dimensioni, che
resero necessario affrontare il problema degli spazi. E' in questa occasione che,
su progetto di Pietro Gilardoni, la chiesa di Santa Maria di Brera fu divisa in due
livelli: al piano terreno venne ricavato un grande spazio per il museo delle
antichità lombarde, mentre al primo piano si ottennero quattro sale, da allora
chiamate napoleoniche, in cui finestre e lucernari posizionati nelle volte
illuminano i nuovi spazi. Infine, con una decisione radicale, si decise di demolire
la facciata della chiesa, in modo da regolarizzare la pianta con spazi uguali in
forma e dimensioni.
4)
Pianta della Pinacoteca di Brera, 1907
Altro importante cambiamento avvenne tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, quando, sotto la direzione del curatore
Corrado Ricci, si decise di murare tutte le finestre ed aprire, al loro posto, dei lucernari. Ciò al fine di rendere continuo, grazie alla
luce zenitale che da essi filtrava, il percorso espositivo.
La struttura dell'edificio non subì ulteriori variazioni sino alla Seconda Guerra Mondiale, quando i bombardamenti scoperchiarono e
devastarono le sale principali, lasciandone intatte poco più di sette. Proprio in queste sette sale, a guerra conclusa, venne aperta la
“Piccola Brera”, in attesa della “grande Brera” che insieme al teatro alla Scala fu ricostruita in tempi rapidissimi.
Il palazzo in seguito continuò a mutare: nel 1977, infatti, alla Pinacoteca venne aggiunta una nuova ala, la settecentesca abitazione
dell'astronomo affacciata sull'Orto Botanico, mentre le salette neorinascimentali, realizzate da Piero Portaluppi per ospitare Piero
della Francesca, Bramante e Raffaello, furono demolite in favore di un unico grande ambiente squadrato. Questo ambiente,
progettato dagli architetti Vittorio Gregotti e Antonio Citterio, si caratterizza in particolare per un soffitto piano e per una sofisticata
illuminazione di luce naturale combinata a quella artificiale.
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Come descritto, la trasformazione dell’edificio da austero convento a pinacoteca e accademia ha richiesto secoli di interventi, anche
molto drastici. Il risultato finale è tuttavia un museo caratterizzato da spazi armoniosi, fluidi, in grado perciò di risaltare i grandi
capolavori che vi sono ospitati sia come collezione permanente che in occasione di importanti mostre. La mostra del maestro
Italiano Giovanni Bellini, ad esempio, attualmente a Brera fino al 13 luglio, dimostra come la Pinacoteca sia non solo in grado di
attrarre visitatori per la sua collezione, ma anche di continuare ad essere un punto di riferimento in Italia per eventi di elevato
spessore culturale e artistico.
Alessandra Bertoli
Fonti Fotografie:
Immagini 1, 2, 3: di Alessandra Bertoli
Immagine 4: “Il Colore di Milano” Lorenzo Balestri, Edizioni Nuova SI, 2006, Bologna.
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