originalite methode mezieres

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Françoise Mézières
ORIGINALITE
DE LA
METHODE MEZIERES
a cura di
AIFiMM formazione srl
Associazione Italiana Fisioterapisti Metodo Mézières
www.aifimm.it
CAP. 1
BASI DELLA TEORIA E TECNICHE ORTODOSSE.
Alla base si collocano enormi errori che hanno fuorviato i fondatori delle teorie:
1)
Una terminologia incompleta ed inadeguata
secondo i classici i muscoli anteriori sono flessori ed i posteriori sono estensori; in realtà non
possono esistere muscoli estensori: l’errore sta nel confondere il senso di un movimento con una
funzione.
Poiché‚ tutti i muscoli sono flessori, possiamo definire gli addominali antero-flessori ed i dorsali
postero-flessori.
Questa confusione porta i classici a pretendere di ottenere l’estensione del rachide allorché‚ si
rinforzino i postero-flessori, che sono sempre iperattivi, perché appartenenti alla catena posteriore,
responsabili dei nostri atteggiamenti viziati e dei dismorfismi.
2)
L’uomo in piedi
esclusivamente in relazione alla singolarità dell’Homo erectus iniziano gli studi sui meccanismi
regolatori del corpo e questo in base a ragionamenti soggettivi: l’uomo è un essere superiore e per
questo diverso dagli animali, e ad ognuno dei suoi elementi costitutivi viene attribuita una specifica
finalità.
A)
Equilibrio e maitre-cuople (coppia-guida)
All’inizio un’affrettata comparazione dello scheletro umano con quello di un quadrupede
(confronto cui sarebbero dovuti seguirne altri), ha evidenziato il fatto che sia nell’uomo che nel
quadrupede il carico cade nella parte anteriore del rachide; questa osservazione pareva autorizzare
a concludere che la gravità tende a farci cadere su naso e che ad essa noi ci opponiamo grazie
all’intervento dei muscoli dorsali, ritenuti strumento e garanzia del nostro equilibrio in stazione
eretta.
E’ una strana nozione di equilibrio quella così definita: “un corpo è in equilibrio allorché‚ il suo
centro di gravità si pone all’interno del suo poligono di appoggio”; questa definizione descrive una
condizione che non richiede l’intervento di forze, tanto che la descrizione classica di maitre-couple
è:
un sistema di due forze uguali, parallele e di senso contrario che fanno ruotare il corpo attorno al
suo centro di gravità e questo è un mezzo per recuperare un equilibrio compromesso.
I classici devono tutti i loro insuccessi all’aver confuso uno STATO con un MEZZO. Partendo da
questo strepitoso equivoco i classici ci immaginano in perpetua lotta contro la gravità, vista come il
nemico numero uno, e sostengono che quando noi ci pieghiamo questo avviene a causa della nostra
debolezza dei muscoli dorsali: i cosiddetti muscoli della statica o antigravitari; una loro debolezza
determinerebbe, quindi, un’ipercifosi.
Quanto all’iperlordosi essa sarebbe provocata dalla debolezza degli addominali, la cui funzione,
secondo i classici, sarebbe limitata al contenimento del ventre; essi sono gli ausiliari dei dorsali (ci
riesce meno faticoso portare un peso tenendolo appoggiato al nostro corpo, piuttosto che sostenerlo
a braccia tese). Sempre per i classici, essendo l’ossigenazione una garanzia di salute, ritenendo che
un atteggiamento astenico (flesso) favorisca l’espirazione a scapito dell’inspirazione, si ritiene
necessario sviluppare la cassa toracica con degli esercizi respiratori, facendo inspirare
profondamente (e questa sarà la fase di maggior durata) mentre si raddrizza il tronco, accentuando
il movimento tramite l’elevazione degli arti superiori per favorire l’innalzamento delle coste .
L’espirazione si effettuerà, invece, in atteggiamento astenico, con l’abbassamento delle braccia che
favorisce quello delle coste. Questo completerà il piano immutabile di tutte le sedute che consisterà
nel rinforzare gli addominali ed i dorsali e nell’apprendere a respirare per aumentare l’espansione
toracica.
B)
Effetti dell’appoggio al suolo
Questi esercizi non solo non sono curativi delle ipercifosi e lordosi, ma la teoria che li supporta non
è in grado di spiegare né l’inversione delle curve, né l’infossamento sternale, né la scoliosi; se si fa
eccezione per la scoliosi statica, così chiamata perché concomitante ad una differenza di lunghezza
degli arti inferiori (eppure il rialzo, immancabilmente prescritto perché ritenuto sistema infallibile
per riequilibrare il piano di appoggio, aggrava la situazione!).
E questo perché, per i classici, l’atteggiamento dell’uomo all’impiedi è determinato dall’appoggio
al suolo, ed un’asimmetria nell’appoggio si ripercuoterà dal basso verso l’alto.
Per loro è necessario distinguere le scoliosi vere da quelle false: non si possono definire vere quelle
scoliosi che, a partire dalla stazione eretta si correggono con una flessione in avanti del tronco. I
classici non ne conoscono l’eziologia e non ne individuano alcuna causa meccanica!
Questi casi non sono degni della cura illuminata della medicina e vengono inviati ai professori di
educazione fisica per praticare della ginnastica correttiva che consisterà nel rinforzo degli
addominali e dei dorsali e nell’imparare a respirare profondamente. Essi saranno affidati alla
chirurgia quando la ginnastica correttiva avrà instaurato delle vere scoliosi.
Vi sono, infine, le scoliosi essenziali la cui eziologia è sconosciuta, anch’esse ignominiosamente
definite “idiopatiche”.
Si riconoscono, poi, le scoliosi equilibrate: bisogna astenersi dall’intervenire, per evitare di
distruggere questo incomparabile equilibrio!! Le scoliosi “strutturate” non devono più essere
trattate, perché‚ si aggraverebbero inevitabilmente. Ma allora sono così ben equilibrate ed il
peggioramento è la fatale conseguenza della kinesiterapia ortodossa?
Infine: la scoliosi è ritenuta incurabile a crescita avvenuta. Questo dismorfismo sarà sempre la
conseguenza di deformità ossee e le proprietà dei muscoli non sussisteranno più nell’adulto?
Bisogna notare che la ginnastica correttiva e tutte quelle forme di ginnastica che si propongono
nelle scuole , nelle caserme, nei clubs sportivi, non differiscono che di poco, rivolgendo la loro
precipua attenzione a quei segmenti giudicati muscolarmente insufficienti.
Per esempio: si vorrà rinforzare solo la muscolatura dell’ipercifosi, l’esercizio si effettuerà a partire
dal decubito prono, facendo raddrizzare il dorso al di sopra della regione lombare, in precedenza
cifotizzata da un cuscino sotto il ventre.
C)
Didattica incoerente - Confusione - Incomprensione
Vediamo che i classici fanno di questi esercizi di contrazione isotonica dei muscoli dorsali ora un
mezzo per ottenere l’estensione vale a dire di stiramento, ora un mezzo di rinforzo muscolare ,
cioè di accorciamento muscolare!
Ciò prova la loro ignoranza sull’esistenza di catene muscolari e della loro fisiologia.
Ecco che a dimostrare ,che i principi del mio metodo non erano conosciuti e non sono mai stati
applicati, e questo è confermato dagli studi attuali che, a cominciare dagli autori più vecchi (De
Seze, De Sambucy), per primi hanno ideato con le stesse illustrazioni i medesimi esercizi.
Ma alcuni Autori pretendono di dire che io non ho fatto altro che insistere sull’importanza
dell’espirazione, alla quale anche loro attribuiscono molta importanza (perché‚ permette un più
completo ricambio di aria nei polmoni), e convengono anche sulla necessita di eliminare la lordosi,
cosa che essi conoscono bene, e praticano l’esercizio che (per loro) riassume tutto il mio metodo:
“gambe in aria e mento retratto”, il che non è che una grossolana caricatura di un esercizio molto
preciso e difficile del mio metodo.
Questo significa:
1)
Non aver capito niente del mio metodo che è basato sul fatto che la sinusoide vertebrale è
determinata da una catena muscolare ipertonica in costante retrazione. E’ soltanto questo
eccesso di tonicità che è responsabile dei nostri dismorfismi. Di conseguenza è da ricercare solo
il ripristino dell’elasticità muscolare con la tensione all’approssimazione alla perfetta
morfologia del torace, da raggiungere, tra l’altro, tramite l’espirazione profonda, a bocca
completamente aperta e con la contrazione isometrica delle catene muscolari.
2)
Dopo aver fatto una simile parodia della mia tecnica tanto difficile, sapiente e studiata, i
nostri classici vi aggiungono i loro esercizi di rinforzo dei muscoli dorsali ed addominali, senza
rendersi conto che essi sostengono la loro teoria e il suo esatto contrario. Ecco a che cosa porta
“la politica del piccolo treno” che deplora G.P. Gasc nel suo lavoro dal titolo
“ A proposito del concetto di adattamento”: “...in effetti, da un lato è tradizionalmente mal visto,
da sembrare riflettere i fondamenti e prolungamenti teorici della sua disciplina, come altrove
tentare un dialogo su questo punto con le altre discipline e d’altra parte le strutture
dell’insegnamento sono molto inerti per ciò che concerne lo stato delle conoscenze in un istante
dato.
Da questo deriva che si pratica abitualmente la politica del “piccolo treno” che consiste
nell’aggiungere un vagone di sapere ai programmi, senza rifondare il tutto, sulle basi nuove del
momento, come, per altro, non è questione di evoluzione storica delle conoscenze, lo studente si
trova a confrontarsi con un magma di sapere caduco e alla moda, non collegati storicamente,
cioè senza indicazioni sul loro riferimento epistemologico.”.
3)
Infine, e ciò è di importanza capitale, essi ignorano che l’ipertonia di catene muscolari
comporta l’ipotonia degli
addominali e del quadricipite e che è sufficiente rilassare le catene
perché questi muscoli se ne trovino rafforzati, cosa questa che essi non hanno potuto verificare,
perché dopo aver male imitato un esercizio di rilassamento delle catene vi aggiungono le loro
pratiche di rinforzo muscolare.
D)
Nozioni classiche sulla fluidità dei movimenti
Quanto alla fluidità i classici non la considerano che relativamente alle articolazioni e ai loro
legamenti.
Se un movimento è ridotto o apparentemente impossibile, si mobilizza l’articolazione
passivamente, poi attivamente, sollecitandone i muscoli motori. Per esempio la periartrite della
spalla è trattata senza risultati e si ricorre senza alcun successo alle infiltrazioni articolari e, come
ultimo rimedio si ricorrerà alla chirurgia.
Sempre posseduti dall’idea della debolezza muscolare, i classici attribuiscono alla lassità
legamentosa il recurvatum del gomito e del ginocchio e non individuano per essi alcun rimedio.
E)
I biotipi
D’altra parte per i classici non esiste una norma morfologica, ma solamente dei “biotipi”.
Le scuole sono numerose, ma la maggior parte si riferisce a tre biotipi: il longilineo, il medio - e il
brevi - lineo, ai quali si attribuiscono delle predisposizioni ad alcuni sports: quelli di forza per i
brevilinei, quelli di velocità per i longilinei, mentre per i mediolinei è adatto qualsiasi tipo di sport.
Questi biotipi sarebbero innati e perciò irreversibili (sarebbe un’utopia volerli modificare), e questo
non giustifica l’uso di metodi di lavoro analitici e segmentari , come loro propongono.
CAP. 2
IL MIO METODO
E’ nato nel 1947, quando insegnavo alla scuola francese di Ortopedia e Massaggio, rue Cujas, oltre
all’anatomia e alla fisiologia, la ginnastica classica, a proposito della quale pubblicai pure un
manuale.
1.
OSSERVAZIONE PRIMARIA.
Un giorno mi fu inviata un’ammalata d’una quarantina d’anni, magra e longilinea, che presentava
una cifosi molto marcata ed una recente periartrite bilaterale della spalla. Un corsetto in cuoio e
metallo, prescritto due anni prima all’ospedale Lariboisière, non aveva per nulla corretto la
situazione, ma aveva, anzi, ferito la donna. Sette vertebre e le spine delle scapole erano messe a
nudo e vi erano delle ecchimosi sulle spalle e sulle anche.
Dopo aver tentato senza successo, seguendo il metodo classico, di farle portare - mentre era in
posizione seduta - le spalle indietro premendo sull’apice della cifosi, non trovai altra soluzione che
farla stendere in decubito dorsale e di esercitare una pressione sulle spalle. Anche se è poco efficace
per le spalle, questa modalità operativa fa comparire immediatamente una marcatissima iperlordosi
lombare. Se si impedisce che questo avvenga facendo flettere le ginocchia e portarle verso il petto,
questa iperlordosi si traspone poi al tratto cervicale.
Credendo di aver preso un abbaglio rifeci tre volte la prova, e poiché tale fenomeno si ripresentava
sempre, chiamai una mia collega e rifeci l’esercizio senza commenti, pregandola di giudicare lo
stato della muscolatura dorsale.
Non poteva che constatare questo fenomeno e concordare con me.
2.
LEGGI SVINCOLATE.
I legge: i numerosi muscoli dorsali si comportano come un unico muscolo;
II legge: questi muscoli sono troppo forti e troppo accorciati;
III legge: ogni azione localizzata, come l’allungamento e l’accorciamento, si ripercuote
istantaneamente su tutto l’insieme della muscolatura.
Ho rilevato che la tensione a squadra (ad angolo retto) degli arti inferiori si effettua in rotazione
interna ed ho potuto verificare che questo accade sempre, da qui ne consegue:
IV legge: ogni opposizione a questo accorciamento provoca istantaneamente delle lateroflessioni e
delle rotazioni del rachide e degli arti;
V legge: la rotazione degli arti si effettua sempre all’interno.
Queste leggi empiriche, dato che sono nate dall’osservazione e non sono state tratte dalla teoria
ortodossa alla quale sono contrarie, determinerebbero una tecnica contrapposta alla tecnica
classica. Poiché non si tratterebbe più di rinforzare nessun muscolo, ma di rilasciare, attraverso un
lavoro isometrico, l’insieme della muscolatura posteriore, cioè di trattare sempre il rachide secondo
il suo asse longitudinale quali che siano le deformità in cifosi o in lordosi.
I risultati positivi dell’attuazione pratica conseguente permettono pragmaticamente di enunciare i
fondamenti della nuova teoria. Questi hanno destato l’interesse degli omeopati, strabiliati nel
vedere che una kinesiterapia ottiene degli effetti benefici. Questo fu il punto di partenza della
notorietà del mio metodo.
Applicando questa tecnica rivoluzionaria seguirono altre osservazioni: ho constatato chiaramente
che si trattiene sempre il respiro (blocco in inspirazione) durante gli sforzi, in particolare quando si
tenta di delordizzare e mi sono accorta che questo blocco respiratorio in inspirazione, vanificava i
miei sforzi di allungare la muscolatura dorsale. Ne deriva che:
VI legge: ogni allungamento, derotazione, dolore, ogni sforzo comporta immediatamente un blocco
respiratorio in inspirazione.
Ne ho concluso che bisognerebbe considerare il diaframma diversamente da come lo si considera, e
cioè unicamente come un agonista dell’inspirazione, senza considerare il centro frenico, come si è
abituati a fare.
Il centro frenico mi interessa, perché costituisce il fondo della gabbia toracica, il che fa si che lavori
con essa e si influenzino a vicenda; di qui la necessita di impedire il blocco in inspirazione.
Ma i pilastri del diaframma hanno un’enorme importanza, perché attirano in alto ed in avanti la 2°
(per la sinistra), la 2° e la 3° (per la destra) vertebra lombare, sulle quali si inseriscono suddivise le
fibre degli psoas che, da D12 a L5, attirano in basso e in avanti i segmenti lombari.
Questi due muscoli hanno una forte azione lordosizzante alla quale si aggiunge quella di
lateroflessione e rotazione. Essi sono, con in muscoli iliaci (che congiunti agli psoas si inseriscono
sul piccolo trocantere e attraversano anteriormente il bacino), dei potenti ausiliari dei dorsali.
E` per questo che, lungi dal cercare di accrescere la capacità toracica, io mi sforzo di far rilassare
questi muscoli per mezzo di un’espirazione profonda da effettuarsi tenendo la bocca molto aperta,
non in un atteggiamento astenico (di abbandono), ma al contrario, puntando sullo stiramento dei
muscoli posteriori, ottenuto per mezzo di una loro contrazione isometrica.
Detensione e rilasciamento delle catene muscolari sono lo scopo essenziale della tecnica e mi fanno
ritornare sulla costituzione dei muscoli e sull’idea di scioltezza.
CAP. 3
PRINCIPI BASE DELLA FISIOLOGIA
1.
IL MUSCOLO
Costituzione: organo di movimento caratterizzato da una componente carnosa e da una tendinea.
La parte carnosa è rappresentata da fibre costituite da una giustapposizione di bande chiare e di
bande scure che si alternano (actina e miosina).
Proprietà: le bande scure hanno due proprietà: sono contrattili e toniche:
a: la contrattilità è volontaria o riflessa in presenza di agenti fisici o chimici;
b: la tonicità è una sorta di semi-contrazione costante che fa si che il muscolo eserciti
un’azione continua di trazione sulle sue inserzioni .
E` i importante aver presente questo meccanismo poiché può essere causa, per esempio, di
una scomposizione delle fratture - vedi quella della clavicola -, che vanno quindi,
adeguatamente fissate.
Il tono non scomparirà completamente che alla morte.
Le bande chiare sono elastiche e quindi la loro azione si esplica passivamente. Una forza
esterna può stirarle, e così accade quando, essendo stirato tutto il muscolo le bande scure si
contraggono (per tentare una flessione o per opporsi ad una estensione), aumentando lo spazio a
disposizione delle bande chiare.
Mezzi di contrazione:
quando un muscolo avvicina le sue inserzioni effettua un lavoro detto isotonico (o statico
concentrico); in questa maniera guadagna in forza, non in scioltezza (= elasticità): si ingrossa e
si indurisce.
Quando tenta di avvicinare le sue inserzioni per opporsi ad uno stiramento, le bande scure si
contraggono e quelle chiare vengono stirate; il muscolo guadagna in forza ed elasticità: diviene
lungo e sottile. E` la contrazione isometrica, o statica eccentrica, o ancora, in corsa esterna.
Azioni:
i muscoli si comportano come leve e, qualsiasi sia il loro genere, presentano sempre tre punti;
a: il punto di appoggio rappresentato dall’articolazione esistente tra i segmenti considerati;
b: il punto fisso verso il quale si effettua il movimento;
c: il punto mobile.
E` importante sapere che il punto fisso è tale solo relativamente; esso è sempre un poco
attirato verso il punto mobile.
Il muscolo può prendere per punto fisso l’una o l’altra delle sue inserzioni.
La funzione normale di un muscolo è determinata dalla posizione dei suoi punti fisso e
mobile, nel momento in cui in partenza i segmenti sono correttamente allineati. In caso
contrario il muscolo realizza il movimento inverso, vale a dire quello dei suoi antagonisti. Gli
sternocleidomastoidei ne sono un esempio per il fatto che l’apofisi mastoidea è molto vicina
all’atlante (punto di appoggio). La mastoide, quando la testa è in posizione corretta, si situa,
come l’inserzione sterno-clavicolare, in avanti all’appoggio. Gli sternocleidomastoidei flettono
in avanti la testa. Ma quando la testa è rovesciata all’indietro, la mastoide si trova ad essere
indietro rispetto all’atlante e in queste condizioni, essi determinano la postero-flessione del
capo. Questo obbliga il terapeuta ad essere estremamente preciso nello stabilire la posizione di
partenza degli esercizi.
agonisti - antagonisti:
quando dei muscoli monoarticolari si situano in piani opposti, essi sono antagonisti.
Quando dei muscoli poliarticolari, dotati di più funzioni, si situano in piani opposti, essi sono
antagonisti per una sola delle loro funzioni e agonisti per le altre. Es.: i muscoli anteriori della
gamba ed i posteriori sono antagonisti per la flessione plantare e dorsale del piede e agonisti per
l’adduzione del piede.
Disposizioni muscolari:
possiamo schematicamente dire che i muscoli si inseriscono per mezzo di tendini su ossa differenti.
Talora si inseriscono su due segmenti adiacenti, ricoprendo un’unica articolazione: questi sono i
muscoli monoarticolari; essi sono brevi e profondi, ricoperti da lunghi muscoli che coinvolgono
parecchie articolazioni. Questi ultimi sono i muscoli poliarticolari. La successione di parecchi
muscoli mono e poliarticolari, forma un sistema a catena, sistema sempre ipertonico in cui gli
elementi sono interdipendenti.
Azioni dei muscoli:
i muscoli, data la loro posizione sul tronco e sugli arti cui si aggiunga quella delle loro inserzioni ,
possono svolgere una o due o tre funzioni. I muscoli monoarticolari hanno una sola funzione (vedi
il brachiale anteriore). I poliarticolari, in relazione alla loro direzione, possono svolgere due azioni
(es. il bicipite brachiale che è flessore e, grazie al suo capo breve, è rotatore esterno
dell’avambraccio) o tre azioni come gli ischiocrurali che sono posteroflessori, lateroflessori e
rotatori.
Le loro azioni si sostituiscono le une alle altre: così il semitendinoso e il semimembranoso ruotano
il ginocchio in dentro quando si impedisce loro di effettuare la flessione.
Questa nozione è molto
meccanica.
2.
importante e noi verifichiamo senza posa l’effetto di questa legge
LA SCIOLTEZZA
E` ben evidente che la forma delle articolazioni determina quella dei movimenti. Ma bisogna
ricordare, da un lato, che parecchie articolazioni possono essere coinvolte in un movimento e in un
altro, che i mezzi di unione delle articolazioni sono i legamenti (legami passivi) ed i muscoli
periarticolari (legami attivi).
Occorre figurarsi che quando gli uni mobilizzano l’articolazione, gli altri si trovano stirati e la loro
contrazione diminuisce.
Essi frenano il movimento, i muscoli impediranno la sua realizzazione.
Verosimilmente la fluidità dei movimenti è da attribuirsi a dei freni di questo genere; questo
concetto espresso nella mia teoria si oppone all’ortodossia riabilitativa. Bisogna sottolineare che gli
allungamenti passivi portano alla flaccidità, ma sono inefficaci come viene dimostrato dagli
insuccessi riportati dal ricorso alle sospensioni e alle trazioni sul tavolo.
Solo la contrazione isometrica allunga e scioglie i muscoli rinforzando la loro capacità contrattile, a
tal punto che questo trattamento incrementa l’abilità sportiva dei nostri pazienti. Poiché la
ginnastica è definita come: “ la pratica di esercizi atti a sviluppare e a fortificare i corpi “, ed essa
utilizza le contrazioni isotoniche, il mio metodo potrebbe essere definito come “ una tecnica adatta
a normalizzare la forma attraverso la scioltezza delle catena muscolari per mezzo di contrazioni
isometriche “.
A questo proposito si deve sostenere - al contrario dei classici - la necessita di un confronto
morfologico, poiché è la forma a condizionare la funzione.
3.
IL CONFRONTO MORFOLOGICO
Un dismorfismo è un’alterazione della forma rispetto alla norma.
La forma normale è caratteristica della specie ed è propria di tutti i suoi appartenenti, senza
distinzione di sorta.
Ciò che i classici considerano “norma”, da loro definita “biotipo” (qualcosa di decretato, innato e
quindi irreversibile) non è che un dismorfismo sempre correggibile.
A questa forma perfetta di cui i classici non si interessano per nulla poiché è ritenuta troppo bella
per essere vera, corrisponde al numero d’oro, rapporto di misura di due segmenti consecutivi, da
cui risultano le radici dell’equazione:
= 1,618 ... e 0,618
E` una legge di armonia universale: cos¡ furono costruite, tra le altre, le cattedrali gotiche e scolpiti
il bel dio di Amiens e l’Apollo del Belvedere.
Riferendoci a questo paragone noi esaminiamo e istruiamo il paziente per correggere le sue
deformità . In questa maniera vediamo accrescere le sue prestazioni fisiche, anche se non ha mai
praticato alcun allenamento specifico. Al contrario dei classici che si sforzano di migliorare la
forma attraverso il movimento, noi cerchiamo di perfezionare la forma al fine di migliorare la
funzione. Ed è così che, senza esercitare l’inspirazione ma solamente correggendo la linea toracoaddominale per mezzo di espirazioni profonde che accompagnano lo stiramento delle catene
muscolari, otteniamo un aumento della capacità toracica.
CAP. 4
SPIEGAZIONI SCIENTIFICHE
Necessaria obiettività dei ragionamenti.
In base ai principi fondamentali del mio metodo, a rischio di essere considerata un’orribile
materialista, noi dobbiamo, per realizzare trattamenti benefici, abbandonare il confortevole
finalismo degli ideatori dei metodi dichiarati “scientifici”, non presentarci più come dei
onnipotenti, rinunciare alle brillanti ricerche dei nostri sapienti ciarlatani e ammettere, una volta
per tutte, che noi siamo il risultato finale della evoluzione dei grandi primati (gorilla e scimpanzé‚),
alla cui classe noi apparteniamo, poiché questi sono provvisti di quegli stessi elementi che i
sostenitori della specificità umana definiscono i mezzi predestinati della stazione eretta.
E` necessario respingere la seducente favola delle grandi egemonie e comprendere che gli esseri
utilizzano le loro risorse in relazione ai loro bisogni ed alle circostanze e che essi sviluppano alcuni
organi e acquistano delle nuove possibilità e questo si verifica sempre a scapito di organi e facoltà
inutilizzate. Non c’è nessuna predestinazione, ma molteplici possibilità di utilizzazione. Così come
la corda non è predestinata all’impiccagione, i muscoli dorsali non hanno per finalità la statica e la
mano non è fatta esclusivamente per portare il cibo alla bocca.
Per nostra regola noi dobbiamo:
a.
rinunciare a sottoscrivere queste piacenti frottole e a tutti quegli argomenti soggettivi
pretenziosamente avanzati da dotti ignorantoni;
b.
non più studiare i meccanismi corporali riguardo alla stazione eretta;
c.
non più considerare la gravità come un fattore ostile, ma al contrario come un alleato.
Questo emerge sia dalle mie osservazioni sia dai dettami della fisiologia.
Effetti positivi della gravità.
I manuali ci insegnano che un peso sulla schiena di un animale provoca l’estensione degli arti
anteriori, che provoca un aumento del tono e questo succede nel caso in cui il peso equivale o
superi quello dell’animale; al contrario la flessione della testa fa estendere gli arti posteriori il cui
tono aumenta. D’altra parte si sa che il portare un peso sulla testa è un ottimo sistema di correzione
del rachide, che per di più conferisce eleganza e distinzione rimarchevoli.
Infine noi conosciamo le difficoltà che incontrano gli astronauti per camminare sulla luna, ove la
gravità è minore che sulla terra: in sua assenza il corpo oscilla.
Non si tratta più di enunciare qualche giudizio critico sul valore della filosofia cinese, alla quale si
riferiscono alcune discipline (come l’agopuntura) e non c’è dubbio che la scienza riuscirà a mettere
in evidenza le energie alle quali esse si rivolgono, ma non è assolutamente necessario ricorrervi per
chiarire le basi del mio metodo, basi che sono sufficientemente chiare se si considera la
disposizione degli elementi anatomici e la fisiologia.
Noi dobbiamo studiare i meccanismi del nostro corpo obiettivamente, come fanno i paleontologi,
obiettivamente. Come loro noi dobbiamo distinguere due “treni”, anteriore e posteriore e attribuire
la massima importanza alle catene muscolari.
I DUE BLOCCHI
Descrizione: la pratica mi fece scoprire la solidarietà che esiste tra i muscoli dell’arto superiore e
quelli del cingolo scapolare, della testa, del collo, del rachide, dell’atlante a D7 (livello della punta
della scapola) e anche che in posizione seduta il lavoro isometrico dei flessori dorsali delle dita
viene avvertito fino alle spalle.
Ne ho dedotto che esistono due zone o blocchi, l’uno superiore, dall’occipite a D7, l’altro inferiore
da D7 alle piante dei piedi. E` ciò che i paleontologi chiamano treno anteriore e treno posteriore.
E` proprio questo che determina nell’uomo la disposizione dello scheletro, dei muscoli, dei nervi.
IL BLOCCO SUPERIORE
Per quanto riguarda lo scheletro bisogna ricordare:
che il torace si allarga dalla I alla VII costa;
che l’angolo inferiore delle scapole è situato a livello della VII dorsale;
che questo corrisponde all’apofisi xifoide, la cui faccia posteriore offre inserzione al diaframma;
che il rachide è incluso nella cintura scapolare, poiché il romboide trae origine dalla VII cervicale e
dalle prime quattro dorsali e si inserisce alla scapola mentre la testa è congiunta al rachide, al
cingolo scapolare e attraverso questo all’arto superiore.
Così il blocco superiore comprende: testa, cingolo scapolare, arto superiore e rachide dall’atlante a
D7.
Tutti gli elementi di uno stesso blocco sono solidali.
Questa nozione indica che nel trattamento efficace del morbo di Dupuytren (per il quale i classici si
rivolgono solo alla mano), il lavoro deve coinvolgere tutto il blocco superiore.
Un caso illustra la relazione intercorrente tra tutti gli elementi dello stesso blocco. Si tratta di un
incidente stradale che provocò fratture multiple di cui una della mandibola, con lussazione
completa dei due condili (che usciti dalla glenoide temporale appoggiano col loro bordo interno
sulla squama del temporale dei due lati), paralisi dell’oculomotore esterno sinistro, con parestesie
al labbro inferiore a sinistra e alla regione temporale sinistra. Il chirurgo specialista, pessimista a
proposito del recupero funzionale delle articolazioni temporo-mandibolari aveva dichiarato che
l’apertura della bocca sarebbe stata molto ridotta. Essa era di qualche millimetro dopo
l’asportazione del blocco bimascellare di contenzione, tenuto per 45 giorni; dopo l’intervento in
anestesia generale era di 1,5 cm.
Il trattamento con il mio metodo inizia quando l’apertura della bocca era di 1,5 cm.
Dopo dieci sedute l’apertura della bocca era di 3 cm.
In seguito a lavoro isometrico delle catene e particolarmente della catena anteriore del braccio
destro, degli stiramenti e dei pizzicamenti che furono sentiti a livello della articolazione temporo
mandibolare sinistra come una leggera sudorazione a livello della tempia sinistra e del bordo
esterno dell’occhio sinistro, alla fine della trentesima seduta l’apertura della bocca era di 4 cm e
secondo il parere del chirurgo quasi normale.
Il lavoro sulle catene afferenti al blocco superiore ha recuperato le alterazioni a livello della faccia
senza che nulla fosse fatto direttamente ad essa.
Importanza del blocco superiore.
E` disdicevole che i classici che hanno conoscenza di tante cose non tengano conto delle più
importanti e che tornino ad ignorarle.
Se essi avessero tenuto conto di ciò che ci insegnano i manuali di fisiologia e del ruolo del tono
muscolare nella statica, saprebbero che i riflessi statici generali sono comandati da due fonti:
la tonicità dei muscoli cervicali (post.)
la posizione del labirinto.
Essi non commetterebbero questi errori se non avessero fatto della postura su due piedi il punto di
partenza del loro studio dei meccanismi del corpo.
Ed è perché‚ (io li cito) “la posizione della testa ha una influenza considerevole sulla statica del
resto del corpo” che essi avrebbero dovuto capire che i nostri dismorfismi partono dall’alto e non
dal basso ed essi non attribuirebbero a un piede piatto o a una gamba corta le scoliosi che
definiscono “di statica”, ma essi saprebbero che il piede piatto consegue alla rotazione interna del
ginocchio e che la gamba corta (a parte le fratture o le crescite asimmetriche, peraltro molto rare
che io ho riscontrato solo quattro volte in 34 anni di esercizio della professione) è in realtà una
gamba risalita a partire dall’anca o dalla spalla o dalla testa.
L’atteggiamento degli arti dipende dalla retrazione a partire dalla testa delle catene muscolari.
IL BLOCCO INFERIORE
Comprende il rachide da D7 al coccige, bacino, arti inferiori.
Tutti i suoi elementi sono interdipendenti. Questo è talmente vero come dimostra il caso di una mia
allieva alla quale una caduta da cavallo aveva provocato oltre a fratture multiple un enorme
“cassetto” del ginocchio, diagnosticato come completa lassità di tutti i legamenti del ginocchio e la
frattura del legamento crociato.
Il che comportava un intervento chirurgico, rifiutato dalla paziente.
Io accettai di prenderla in trattamento seguendo il mio metodo.
Per la durata di un mese e mezzo, in ragione di una seduta alla settimana io le feci fare contrazioni
isometriche della catena posteriore ed ella non ebbe più traccia di “cassetto” né di “recurvatum”, né
della minima lassità.
La mia allieva riprese presto la sua occupazione, l’equitazione e anche a suonare il violino, pratica
nella quale eccelle.
Alcuni muscoli e nervi appartengono in modo specifico ad uno dei due blocchi, altri muscoli
appartengono ad entrambi e li uniscono. La maggior parte forma sistemi di catene. Sono questi
sistemi che in realtà governano tutti i nostri meccanismi. La conoscenza di questi blocchi è
importantissima ai fini pratici. Essa ci permette di comprendere il meccanismo di deformità, di
dolore, impotenza di cui noi dobbiamo cercare l’origine in segmenti diversi da quelli che sembrano
colpiti e che sono l’effetto di quello che io chiamo “riflesso antalgico a priori”.
IL RIFLESSO ANTALGICO A PRIORI
Non si tratta affatto del riflesso antalgico a posteriori, ben conosciuto e descritto da lungo tempo,
ma di un sistema preventivo contro un dolore nascosto. L’osservazione mi fece scoprire questi
meccanismi nel 1950 durante il trattamento di una paziente anziana che camminava falciando e il
cui piede era fisso in equinismo. Ella si lamentava solo di questa impotenza crescente che la
spossava.
La caviglia sembrava completamente anchilosata.
Il tentativo di mobilizzazione in talo di questo piede le fece gridare : “Ahi! I miei reni!”.
Fu correggendole l’iperlordosi lombare che i movimenti del piede e il cammino si normalizzarono.
Trattai particolarmente tutto il blocco inferiore con la contrazione isometrica della catena
posteriore.
Per il fatto della retrazione costante delle catene muscolari (esse sono responsabili del
rimpicciolimento dovuto alla vecchiaia), non c’è nessuno che non presenti qualche punto doloroso
del rachide e che non reagisca automaticamente quando vengono messi in tensione i muscoli dallo
spostamento di qualche segmento lontano dalla sede del dolore o della deformità evidente.
Ecco un esempio che conferma due punti essenziali della mia teoria.
Nel novembre 1984 mi fu portato una ragazza di 15 anni che da sette anni lamentava dolori alle
ginocchia al punto di non poter dormire e di vomitare.
Medici e chirurghi consultati all’estero e in Francia si stupivano di non vedere alcuna lesione
esaminando le radiografie delle ginocchia e il caso fu etichettato come psicosomatico.
Tuttavia davanti all’aumento del dolore e alle difficoltà crescenti della marcia fu decisa la
trasposizione dei tendini del quadricipite ed effettuate a cominciare dal ginocchio destro senza che
ne seguisse alcun miglioramento. L’esame mi rivelò che le ginocchia erano in adduzione e
rotazione interna, ma soprattutto la presenza di una notevole lordosi lombare.
Già nelle prime sedute ottenevo l’abduzione delle ginocchia senza alcun lavoro particolare. Il
miglioramento è proseguito regolarmente e dopo le vacanze delle quali la giovinetta aveva potuto
approfittare per nuotare, i chiodi fissati alle ginocchia furono rimossi. Il trattamento venne
proseguito durante l’inverno alla fine del quale la guarigione fu definitivamente raggiunta, tanto
che la ragazza poté praticare lo sci.
Questo dimostra che l’iperlordosi era responsabile di un dolore nascosto dalla posizione viziata di
un elemento del blocco inferiore (il ginocchio) e che si trattava del riflesso antalgico a priori e che
bisognava trattare la causa per mezzo della contrazione isometrica della catena posteriore.
LE CATENE MUSCOLARI
Definizione e fisiologia.
Attualmente compaiono una quantità di scritti sulle catene. Gli uni trattano di catene articolari, gli
altri di fasce, ma alcuni scoprono una quantità di catene muscolari che definiscono come una
successione di muscoli disposti “punta a punta”, con un estremo accanto all’altro.
Questo non può costituire una catena di alcun tipo. Una catena muscolare è un sistema di muscoli
poliarticolari embricati, cioè che si coprono come le tegole di un tetto. Tutti gli elementi di una
catena sono solidali in modo che ogni azione localizzata (l’allungamento come l’accorciamento)
provoca il raccorciamento o l’allungamento dell’insieme del sistema che si manifesta con flessione
o rotazione. Le catene sono ipertoniche e questo è ben dimostrato dalla catena brachiale: la mano e
il braccio pendenti sono sempre in semiflessione e pronazione.
Le catene non si possono allungare che per mezzo di contrazioni isometriche. I nostri meccanismi
sono regolati da quattro catene che sono:
la catena anteriore del collo, che appartiene al blocco superiore;
la catena brachiale che appartiene al blocco superiore;
la catena anterointerna, che appartiene al blocco inferiore e unisce in avanti i due blocchi;
la catena posteriore che comprende: i muscoli propri del blocco superiore, i muscoli propri del
blocco inferiore, i muscoli comuni ai due blocchi e che li uniscono.
LE CATENE PROPRIE DEL BLOCCO SUPERIORE
Esse sono: la catena anteriore del collo e del braccio e parte della catena posteriore.
La catena anteriore del collo:
questo modesto sistema comprende tre muscoli:
il piccolo retto del capo, piccolo muscolo monoarticolare, ma ricoperto dal grande retto del capo.
Esso unisce le masse laterali dell’atlante all’apofisi basale dell’occipite; corrisponde al piccolo
retto e al piccolo obliquo della nuca (plesso cervicale C1);
il grande retto anteriore del capo o lungo del capo, unisce le apofisi traverse dalla III alla VI
cervicale all’apofisi basale dell’occipite (plesso cervicale C1 - C4). Ricopre il piccolo retto;
il lungo del collo, comprende tre porzioni: obliquo ascendente, obliquo discendente e longitudinale.
Si estende dall’atlante alla III vertebra dorsale.
E` innervato dal plesso cervicale e brachiale (C2 - C8).
Questo sistema flette la testa in avanti ed in questa azione è antagonista dei muscoli posteriori e
particolarmente del piccolo retto e del piccolo obliquo della nuca. Ma esso attira in avanti assieme
alla testa anche il segmento cervico-dorsale esercitando una funzione lordosizzante e agonista
assieme alla catena posteriore. Questo spiega l’estendersi della
lordosi cervicale al segmento dorsale interscapolare fino a D3.
Da qui discende la necessità di indietreggiare l’occipite all’appiombo delle cifosi dorsale e pelvica
prima di serrare il mento, errore che farebbe conseguire una dannosissima compressione e non
l’allungamento ricercato.
Occorre notare che i muscoli estensori non esistono, l’autoallungamento è determinato in primo
luogo dalla retroflessione del capo e del rachide al disopra di D7, all’appiombo del sacro, in
secondo luogo dall’elevazione dell’occipite grazie ad un basculamento della testa in avanti (azione
dovuta al piccolo retto del capo e agli sternocleidomastoidei).
La catena brachiale:
si estende dalla spalla all’estremità della faccia palmare delle dita. Tutti i suoi muscoli sono flessori
e pronatori ad eccezione del capo breve del bicipite che è supinatore.
Tali muscoli sono:
il corobrachiale (n. muscolo cutaneo - C5);
il bicipite, che ricopre il brachiale anteriore (n. muscolo cutaneo C5 -C6);
gli epitrocleari, che sono: il pronatore rotondo (n. mediano C6 -C7),il grande e piccolo palmare o
flessore radiale del carpo (n. mediano), il cubitale anteriore o flessore ulnare del carpo (n.
cubitale C7 - C8 ), il flessore lungo comune superficiale (n. mediano C8 - D1), il flessore lungo
comune profondo (n. cubitale C6 - D1), con i lombricali, il flessore lungo del polso o flessore
lungo del pollice (n. cubitale C6 - C8); questi ultimi due ricoprono il pronatore quadrato;
gli interossei palmari (C8 - D1);
i muscoli dell’eminenza tenar (il flessore breve del pollice, l’abduttore breve e l’abduttore breve del
pollice, tutti C8 - D1, cui si aggiunge l’opponente del pollice innervato da C6 - C7;
i muscoli dell’eminenza ipotenar, (l’abduttore del quinto dito, il flessore breve e l’opponente del
quinto dito, tutti innervati dalle branche del tronco comune derivate dal plesso brachiale C8 D1, che origina il n. mediano e il cubitale.
LE RIMARCHEVOLI BAGATELLE
Un brillante ignorantone pretende di affermare senza complessi che, dato che la mano è una delle
“grandi egemoni”, poiché‚ è preposta a portare il cibo alla bocca, la prensione prevale
sull’estensione, e questo perché‚ le dita sono provviste di un solo tendine estensore, mentre i
tendini flessori sono due!
Non c’è nessun bisogno di sottolineare degli evidenti errori: su cinque dita tre, il pollice, l’indice, il
mignolo, sono provvisti di due tendini estensori, per comprendere il motivo per cui la prensione
prevale sull’estensione. Ci si potrebbe chiedere se il simpatico scoiattolo, il commovente koala e
tanti altri animali abbiano anch’essi delle “grandi egemonie” da difendere.
La prensione
predomina sull’estensione perché‚ è il prodotto di una catena i cui sistemi sono ipertonici; ne deriva
che la potenza dei flessori del gomito è di 83 kg, mentre quella degli estensori non raggiunge che i
52 kg (Vander Vael). Provvisti di questo sistema gli arti anteriori dei quadrupedi servono loro a
camminare, a fuggire, a stare in sospensione, a scegliere la preda, a lottare e a portare gli alimenti
alla bocca; quest’ultima non è che una delle molteplici possibilità funzionali dell’arto anteriore
degli animali, e questo vale anche per l’uomo. Per quanto riguarda la retrazione dei componenti
delle catene muscolari, la catena brachiale, come le altre, deve essere rilasciata, il che necessita che
venga allungata per tutta la durata degli esercizi.
Non sarà mai adottata la posizione a candelabro, mai si opporrà il pollice alle altre dita (alla
maniera degli yogi): non abbiamo a che fare con energie misteriose e trascendenti, ma con
un’energia meccanica.
GLI ELEMENTI DELLA CATENA POSTERIORE APPARTENENTI AL BLOCCO
SUPERIORE
Fra i muscoli del rachide riconosciamo:
il piccolo e il grande retto della nuca,
il piccolo e grande complesso,
gli spleni del capo e del collo, tutti innervati dal plesso cervicale,
il traverso del collo (che fa parte del dorsale lungo) innervati dal plesso cervicale brachiale.
I muscoli appartenenti al cingolo scapolare sono:
l’omoioideo (C1 - C3, plesso cervicale),
il sottoscapolare (plesso brachiale, C5 - C8),
il grande rotondo (plesso brachiale C6 - C7),
il piccolo rotondo e il deltoide (innervati dal n. circonflesso, branca del plesso brachiale, C5 - C6),
l’elevatore della scapola e il romboide ( plesso cervico-brachiale, C4 - C5),
il trapezio (n. spinale, XI nervo cranico e X plesso cervicale, C2 - C4),
gli scaleni (plesso brachiale, C5 - C8), sempre considerati come muscoli inspiratori,
poiché‚ prendono punto fisso sulle vertebre cervicali; bisogna tener conto del fatto che il punto
fisso è sempre un polo attirato verso il punto mobile; in questo caso ne consegue che essi
accentuano la lordosi cervicale, azione ulteriormente rinforzata quando prendono punto fisso sul
torace. Essi sono sinergici della catena posteriore e particolarmente dell’angolare della scapola
le cui inserzioni rachidee gli sono comuni.
LE CATENE PROPRIE DEL BLOCCO INFERIORE
Il blocco inferiore si estende da D7 alla punta dei piedi.
Comprende la catena antero-interna e parte della catena posteriore.
La catena antero-interna:
essa comprende il diaframma, gli psoas e gli iliaci.
Il diaframma è composto da due parti: il centro frenico ed i pilastri. Il centro frenico è asimmetrico,
composto da due cupole, di cui la destra è più elevata della sinistra. La maggior parte del
diaframma è rappresentata da aponeurosi e solo il suo contorno è muscolare; si inserisce sulla
faccia interna delle coste dalla XII alla VII, sulla faccia posteriore dell’aponeurosi xifoidea e,
per mezzo dei suoi pilastri, sul rachide. Costituisce la base della cassa toracica in modo che esso
si muove con le coste sulle quali s’inserisce; di qui ne discende la necessita della sua mobilità
durante l’esecuzione degli esercizi.
Anche i pilastri sono asimmetrici: il destro s’inserisce sul II - III disco lombare e talvolta sul IV; il
sinistro sul corpo e disco di L2;
gli psoas: s’inseriscono sulla XII vertebra dorsale, sulla V lombare, escono dal bacino sotto l’arcata
crurale, si riflettono sul pube e terminano sul piccolo trocantere;
gli iliaci: s’inseriscono nella fossa iliaca interna; in parte ricoperti dagli psoas ai quali si uniscono
in aponeurosi comune per uscire dal bacino sotto l’arcata crurale. Terminano insieme sul piccolo
trocantere.
Questi particolari anatomici mostrano che l’insieme di questi muscoli forma un sistema molto
lordosizzante (i pilastri diaframmatici trazionano in avanti e in alto le vertebre lombari, gli psoas le
attirano in basso e in avanti, gli iliaci portano il bacino in antiversione). Tutti sono lateroflessori e
rotatori.
Gli psoas sono innervati dal plesso lombare (L1 - L3) e dal crurale; gli iliaci dal plesso lombare (L2
- L4) e dal crurale. Vediamo che il diaframma per la sua inserzione xifoidea e per la sua
innervazione frenica (branca del plesso cervicale C3 - C5) fa parte del blocco superiore e, per le sue
inserzioni lombari e le sue inserzioni da parte degli ultimi sei nervi costali, fa parte del blocco
inferiore.
Esso appartiene per mezzo degli splancnici al sistema nervoso simpatico e, per le innervazioni
sopracitate, al sistema cerebrospinale.
INUTILITÀ` DEL LAVORO DEL PERINEO
E` solo questo, il diaframma, che m’interessa e , malgrado il pavimento pelvico sia considerato un
terzo diaframma, non mi preoccupo di esercitarne la respirazione istruendo i pazienti a soffiare
attraverso gli sfinteri, geniale tecnica destinata a ristabilire le funzioni genitali e a confortare lo
psichismo dei delusi sessuali.
Poiché‚ la mia tecnica allunga i muscoli rachidei, le funzioni assicurate tanto dl sistema cerebro
spinale come quelle assicurate dal sistema neurovegetativo vengono normalizzate. Fino dagli ani
‘50, ho constatato che nelle mie pazienti si trovano regolarizzate le mestruazioni, che delle donne
fino ad allora sterili non lo erano più, che quelle gravide non soffrivano più nè di nause, nè di
varici, che il parto si effettuava regolarmente, che il trattamento ripreso dopo il parto cancellava le
smagliature, Questa stessa tecnica risolve i problemi legati all’incontinenza urinaria e alla ptosi
degli organi genitali.
GLI ELEMENTI DELLA CATENA POSTERIORE APPARTENENTI AL BLOCCO
INFERIORE
I fasci inferiori del sacro-lombare o ileo-costale;
il grande gluteo (L5 - S2);
gli ischiocrurali (nervo tibiale L5 - S2);
il popliteo , il tricipite surale, il plantare gracile, tutti innervati dallo sciatico popliteo interno
(derivazione del nervo sciatico, S1 - S2);
il flessore lungo comune delle dita e il flessore proprio dell’alluce;
il tibiale posteriore; tutti e tre innervati dal tibiale posteriore;
l’adduttore del primo dito;
gli adduttori obliquo e trasverso del primo dito;
i lombricali annessi al flessore lungo comune;
il flessore plantare breve, o flessore breve delle dita (L5 - S1);
il carnoso quadrato di Silvius (annesso al flessore comune lungo), innervato dal plantare interno ed
esterno, S1 - S2);
l’adduttore del primo dito (L5 - S1);
il flessore breve dell’alluce (L5 - S1);
l’adduttore del quinto dito, flessore breve e opponente del quinto dito;
gli interossei plantari e dorsali (vedremo che la catena posteriore prosegue in avanti e in fuori fino
al ginocchio), tutti innervati dal plantare esterno, S1- S2;
l’estensore lungo del primo dito, estensore comune, tibiale anteriore, pedidio (annesso all’estensore
lungo), peroneo anteriore, tutti innervati dal nervo tibiale anteriore (spe);
il peroneo laterale lungo e breve innervato dal nervo muscolocutaneo, L5 - S1.
Azione di quegli elementi che si prolungano nella parte anteriore della gamba.
L’azione della catena posteriore prosegue nella parte anteriore della gamba e del piede
comprendendo i muscoli della loggia antero-esterna della gamba; questi muscoli sono sinergici a
quelli della loggia posteriore della gamba e della faccia plantare del piede; infatti, i movimenti di
antero e retro pulsione del blocco astragalo-calcaneare nel momento in cui il piede si pone in talo o
in equino ci permettono di osservare che l’azione della catena posteriore si estende al di là della
pianta del piede, per risalire in avanti al ginocchio.
L’alluce valgo illustra bene questo meccanismo di accorciamento simultaneo dei tendini plantari e
dorsali che si trovano disossiati; per giustificare questa situazione mi richiamo ad una legge
meccanica.
Come gli elementi del blocco superiore, anche quelli del blocco inferiore sono interdipendenti; ne
risulta che, per tutte le lesioni o dismorfismi che compaiono a livello dei piedi, delle ginocchia o
delle anche, la causa va ricercata in primo luogo nella regione dorsale dopo D7. Allo stesso modo
ogni trauma che coinvolge questi segmenti colpirà sempre il dorso e soprattutto fino a D7.
E` quindi, a questo blocco che dobbiamo indirizzare subito la nostra attenzione.
GLI ELEMENTI DELLA CATENA POSTERIORE COMUNI AI DUE BLOCCHI E I
MUSCOLI CONGIUNGENTI
Il traverso spinoso (C3 - S4);
il dorsale lungo (C2 - L5), e m. lunghissimo;
i fasci medi del sacro-lombare, o ileo costali, essi collegano le ultime coste alle prime; sono i
innervati dai rachidei dorsali e lombari;
il gran dorsale: benché‚ incluso nel blocco inferiore è antagonista dei coraco-brachiali, dei bicipiti,
dei sottospinosi e dei deltoidi (blocco superiore) per quanto riguarda l’elevazione del braccio; è
anch’esso innervato dal plesso brachiale;
i fasci inferiori del trapezio: abbassano la scapola, si oppongono ai fasci superiori e, come i fasci
medi, adducono le scapole. L’innervazione deriva dal plesso brachiale e dall’undicesimo paio di
nervi cranici.
Notiamo che tutti i muscoli sulla scapola o sul braccio sono innervati dal plesso brachiale, mentre i
muscoli spinali, posti tra i due blocchi, ricevono l’innervazione dalle branche posteriori dei nervi
rachidei.
Poiché‚ agisce sui due blocchi la catena posteriore interviene in tutti i nostri movimenti sia per
crearli, sia per inibirli.
E` implicata in tutti i nostri dismorfismi e va, quindi, osservata per prima.
La rotazione dei cingoli.
I nostri movimenti, raramente simmetrici, provocano la rotazione elicoidale del rachide e dei
cingoli. Anche nel cammino compare questa rotazione:
l’anca dell’arto in movimento avanza, come pure avanzano le spalle e l’arto superiore
controlaterali: si intuisce che i due cingoli ruotano in senso opposto; questa controrotazione
avviene a livello di D7.
Le spalle non sono mai allineate su un piano perpendicolare a quello rachideo: tutti presentiamo
una rotazione del cingolo scapolare più o meno evidente.
Questo movimento è effettuato dalla catena posteriore ed è, quindi, alla spalla posteriorizzata che
dobbiamo rivolgere la nostra attenzione.
IL BURATTINO
I meccanismi che regolano i movimenti del nostro corpo non possono essere perfettamente
compresi se si segue la rappresentazione del nostro corpo presentata dai classici. Essi immaginano
il nostro corpo simile ad una marionetta il cui collo è imprigionato nel tronco e gli arti attraversati
da un’asse, in maniera tale che la mobilità di queste entità non influenza il tronco.
In realtà siamo come dei burattini sospesi a dei fili: gli arti sono connessi ad una corda mediana
dorsale; è questa corda, ed in particolare, il suo accorciamento a determinare il movimento degli
arti; questo è testimoniato dal fatto che fra i nostri precursori ci sono i serpenti che non hanno altri
muscoli all’infuori del trasversale spinale e del gran dorsale. Reciprocamente, ogni movimento
degli arti implica quello della corda dorsale che si accorcia potendo anche ruotare su se stessa .
Ogni nostra catena muscolare è, pertanto, correlata con la catena posteriore che, a sua volta,
interagisce con ciascuna di esse.
SPIEGAZIONE DELLA LEGGE ENUNCIATA
La conoscenza dei blocchi, delle catene loro proprie e delle loro rotazioni, spiega obbiettivamente i
fenomeni osservati e le leggi che ne derivano:
PRIMA LEGGE: i muscoli posteriori si comportano come un unico muscolo, poiché‚ i muscoli
poliarticolari, embricati fra loro, formano un sistema di catene.
Da queste considerazioni discendono la seconda e la terza.
SECONDA LEGGE: questi muscoli sono troppo tonici ed eccessivamente accorciati. Dal momento
che sono embricati fra loro, si influenzano a vicenda; il tono di ogni elemento si somma a quello
degli adiacenti. Poiché‚ questi muscoli non vengono mai completamente allungati dai movimenti
liberi, le catene, inevitabilmente, si accorciano e si ipertrofizzano.
TERZA LEGGE: ogni azione localizzata, sia l’accorciamento sia l’allungamento si ripercuote
immediatamente sull’insieme del sistema, Poiché‚ ogni modificazione della lunghezza di un
elemento del sistema produce una trazione o un allentamento della tensione a livello dell’inserzione
del muscolo adiacente, è impossibile eseguire un movimento esclusivamente segmentario.
QUARTA LEGGE: ogni opposizione a questo accorciamento provoca immediatamente delle
latero-flessioni e delle rotazioni del rachide e degli arti; questo avviene perché‚ gli elementi delle
catene manifestano tutte tre le azioni che sono loro proprie. Ne discende la necessita di un
confronto morfologico.
QUINTA LEGGE; a livello degli arti prevale sempre la rotazione interna, poiché‚ la catena
anteriore del braccio comprende i pronatori (epitrocleari) e la catena posteriore dell’arto inferiore
comprende dei potenti intrarotatori (semitendinoso, simimembranoso e popliteo).
Le prime tre leggi spiegano come si verificano i dismorfismi nel piano antero-posteriore (in
particolare la cifosi, la lordosi e l’inversione delle curve).
La scoliosi è favorita da un’asimmetria del diaframma ed è spiegata dalla IV e V legge, sulla
retrazione delle catene, che provoca, per la tripla tensione dei loro elementi ed il rilascio di queste
tensioni, le lordosi, le lateroflessioni, le rotazioni sia delle vertebre, delle coste e dei cingoli, sia
degli arti. D’altronde, l’evoluzione di tutto ciò che appartiene al nostro sistema cosmico avviene in
forma elicoidale: come le catene degli amminoacidi, le conchiglie, la salita della linfa nei vegetali, i
pampini della vite, i tronchi dei glicini, come quella dell’evoluzione del sistema solare, i nostri
movimenti si propagano da una parte all’altra del nostro corpo. La nostra forma varia in relazione
dell’allungamento più o meno pronunciato della spirale.
Queste conoscenze spiegano i meccanismi che sono all’origine:
I - della periartrite fibrosante della spalla.
Ciò ci porta a non considerare più i muscoli come motori, ma come freni e a non attribuire più la
rigidità ai legamenti passivi ma a quelli attivi: sono i muscoli periarticolari a costituire dei freni.
Non è sollecitando gli agonisti del movimento perduta che questo può essere recuperato, ma solo
togliendo la causa che lo frena, cioè allungando la catena degli antagonisti.
Di conseguenza, l’unico mezzo per curare la periartrite è ristabilire elasticità della catena
posteriore, in particolare a livello del gran rotondo e del gran dorsale, i principali responsabili, ed
anche il piccolo rotondo che provoca il dolore a livello del deltoide, poiché‚ il nervo circonflesso è
comune ai due muscoli.
II - questo ci permette di comprendere il fenomeno della “lassità” che è conseguente alle tensioni
degli elementi delle catene.
Quanto alla causa del recurvatum del ginocchio, considerato come “lassità legamentosa”, è indicata
dalla conoscenza della normale morfologia: è sufficiente osservare, da dietro, il soggetto in piedi.
Si vede, allora, apparire eccessivamente il condilo mediale, tanto che la testa del perone è
anteriorizzata: questo è l’effetto della retrazione della catena posteriore
che sostituisce la rotazione alla posteroflessione. Si tratta di rigidità, di ipertonia e non di lassità o
di debolezza.
Anche il recurvatum del gomito è un falso aspetto: il becco non attraversa che in casi estremi la
cavità oleocranica. Uno sguardo perspicace scopre che si tratta di una rotazione esterna provocata
dalla retrazione posteriore da attribuirsi al romboide e al trapezio: posteriorizzando e adducendo la
scapola, si provoca una lordosi interscapolare e una retropulsione in extrarotazione del moncone
della spalla (dovuta al piccolo rotondo al sottospinoso e ai fasci posteriori del deltoide).
Così, la catena posteriore predomina sulla catena brachiale.
Questi sono gli elementi da allungare, poiché‚ questa catena si estende dal capo alle estremità degli
arti inferiori: e tutto quest’insieme va deteso.
Lungi dall’essere dovuto alla lassità legamentosa, il recurvatum, o ciò che appare, è il risultato
dell’ipertonia della catena posteriore. Non si tratta di lassità, ma di rigidità muscolare.
CAP. 5
CONCLUSIONI
Classificare il mio fra i metodi “dolci” o globali è un’assurdità:
1-
il mio non è un metodo “dolce”:
se la mia tecnica non è brutale, all’inizio del trattamento può essere dolorosa e provocare delle
reazioni molto vivaci, il che richiede una grande competenza da parte del terapista;
2
- il mio non è un metodo “globale” perché:
a)
non mira ad esercitare un qualsivoglia muscolo, ma a realizzare una tensione integrale delle
catene;
b)
se, per molti, la parola “globale” esprime la totalità di soma e psiche, il mio metodo, che si
indirizza esclusivamente al fisico non è globale. La psiche si trova avvantaggiata, poiché sono
più frequenti te turbe somatiche che ingenerano delle turbe psicologiche che non viceversa (in
tutta la mia carriera non ho visto che tre casi psicosomatici). La chinesiterapia si rivolge solo al
fisico e mi astengo dal mescolarvi altre discipline: le mie competenze non sono universali.
c)
il mio metodo non ha nulla in comune con lo yoga.
La mia tecnica pone in tensione tutto il corpo, dato che non c’è altro mezzo per allungare le catene
muscolari: questa è la differenza rispetto a tutti gli altri metodi ed, in particolare, lo yoga, i cui
esercizi sono liberi e provocano una spiccata lordosi a cominciare dalla posizione del “loto” (di
fatto l’abduzione della coscia), che non si propone la correzione dei dismorfismi.
A differenza di tutti gli altri metodi il mio:
1non si indirizza che elasticità muscolare;
2non si ripropone il rinforzo muscolare;
3tiene conto della morfologia normale;
4non potenzia mai l’inspirazione;
5non richiede mai esercizi analitici;
6non propone esercizi perpendicolari all’asse rachideo;
7non si indirizza che al fisico;
aggiungerei, inoltre, che non considera la gravità come nemico, ma come alleato, ne consegue che i
suoi fondamenti sono esatti, perché‚ obiettivi. Da questo punto di vista sono in netta opposizione ai
principi ortodossi, e il mio metodo non può essere confuso nè assimilato a quello classico, nè ad
altro metodo. Peraltro, i classici non lo conoscono nemmeno.
Quanto ai nostri scintillanti mascalzoni e ai loro emuli, non fanno altro che imbastardire ciò che
toccano.
A quanti mi propongono che “nessuno può pretendere di detenere la verità”, rispondo che, al
contrario, ne possono scoprire alcune (a loro rischio e pericolo): eppur si muove!
I risultati fondati su una teoria esatta ne dimostrano il valore.
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