All`inizio c`era il baratto

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DOSSIER DENARO
All’inizio c’era il baratto
Chi di noi oggi ha il tempo di andare dal contadino, per procurarsi quella frutta dall’odore e dal sapore millenario e, guardandolo
negli occhi, di stringergli la mano per concludere un baratto? Ora
sono i soldi che ci permettono di procurarci ciò di cui abbiamo
bisogno e voglia.
di Francesco Loria
Un 100 franchi con
un soggetto del
pittore svizzero
Ferdinand Hodler.
Correvano gli anni
‘10 del secolo
scorso.
10
La prima forma di scambio commerciale fu il baratto. Si può distinguere tra baratto semplice, quando
entrambe le parti desiderano procurarsi il bene o il
servizio che ricevono in cambio del bene o del servizio ceduto, e baratto multiplo, quando un soggetto cede un bene o un servizio ricevendone in cambio un altro bene o servizio che non desidera avere,
ma che potrebbe servirgli, in un successivo scambio,
per ottenere quanto desiderato. La transazione avveniva in modo semplice: bastava guardarsi negli occhi
e darsi la mano. L’accordo era concluso. Il baratto
era però un mezzo non idoneo per scambiare beni
indivisibili, per esempio capi di bestiame. Si rese
quindi necessario un mezzo di pagamento accettato
da tutti in grado di conservare il proprio valore nel
tempo e facilmente divisibile. Tale mezzo fu individuato nei metalli preziosi trasformati in monete.
Con la nascita della moneta i sacerdoti del tempio,
custodi degli averi dei faraoni e degli imperatori,
furono sostituiti da professionisti che svolgevano la
loro attività dapprima vicino agli stessi templi e poi
nei principali luoghi di scambio, come mercati e
porti. I Greci li chiamavano "trapeziti", dal termine
"trapeza", il banco dietro il quale esercitavano la loro
attività. Fungevano da cambiavalute, raccoglievano
tasse e tributi per conto della comunità cittadina,
erogavano prestiti.
Le monete durante l’impero romano divennero strumento di pubblicità per gli imperatori. Le loro
immagini, coniate dalla zecca di stato, arrivavano
facilmente nei luoghi più remoti.
il dialogo 3/07
Nel Medioevo comparirono le “lettere di credito”,
grazie alle quali mercanti e sovrani potevano liberarsi dal pericolo di portare con sé grandi quantità di
contanti o preziosi, quando si spostavano da un
luogo all'altro. Sono i primi assegni: i banchieri si
prestavano come garanti dei pagamenti, firmando
una lettera (detta appunto "di credito") che li impegnava a pagare somme per conto di chi le portava.
Questa nuova attività riscosse molto successo: nelle
grandi città d'Europa famiglie di banchieri divennero ricche e potenti, e prestarono denaro ai regnanti,
finanziando le loro guerre.
In epoca industriale diventò importante disporre di
monete in quantità sufficiente per soddisfare le esigenze di economie in forte crescita.
Contemporaneamente il diffondersi del benessere
ampliò il numero dei risparmiatori. Nacquero così le
banche per raccogliere il risparmio e prestare denaro, sotto forma di depositi bancari e di banconote.
Passarono molti anni prima che gli Stati riuscissero a
darsi una politica monetaria comune. Nel 1944 gli
accordi di Bretton Woods diedero vita al fondo
monetario internazionale, rinnovarono il sistema
aureo e fissarono il prezzo del metallo a 35 dollari
per oncia. Legando il valore dell’oro al dollaro si stabilivano cambi fissi tra tutte le monete degli Stati firmatari con base diretta il dollaro e indiretta l’oro
(gold exchange standard). Nel frattempo l’economia
è diventata troppo complessa perché anche questo
sistema possa reggere. Il presidente Nixon ha svincolato il dollaro dall'oro nel 1971.
Ne emerse un sistema economico su nuove basi: un
sistema di cambi flessibili, nel quale l’entità di valuta
circolante è svincolata dalla quantità di oro propria
dello Stato. Si parla, infatti, di corso legale della
moneta. Il valore della moneta oggi è determinato
dalle banche centrali, che lo adeguano in funzione
dello stato economico del Paese. Il peso di una valuta in rapporto alle altre non è più fisso, ma oscilla
sulla base della fiducia che può essere riposta nello
Stato che la emette e sulla sua forza economica. Sulla
base di questa oscillazione si calcola il tasso di cambio, che esprime quanto il mercato apprezza una
certa moneta rispetto alle altre ed è un indicatore
significativo della condizione finanziaria di un Paese:
un rialzo del cambio è indice di forza economica, un
ribasso di debolezza.
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