Lorenzo Perrona 227 NOTE SUL TEATRO ITALIANO IN AUSTRALIA Questo articolo esamina lo sviluppo del teatro degli italiani in Australia dal dopoguerra ad oggi, con particolare riferimento alla realtà italoaustraliana, delineando i problemi che si pongono alla pratica teatrale (innanzi tutto la scelta di un "repertorio") e indicando alcuni risultati, che vanno dal radicale rinnovamento al riproporsi della figura dell'emigrato come rappresentazione stereotipata. Nonostante l'afflusso migratorio del dopoguerra, la dispersione è il dato di partenza. La storia del teatro italo-australiano a partire dalla seconda guerra mondiale e dall'immigrazione di massa è determinata dalla dispersione fisica, linguistica e culturale avvenuta negli anni '50 e '60, e dalla lenta ricostruzione di un "repertorio" che recuperi una tradizione spesso coperta dall'oblio e dal silenzio indotti in una cultura minoritaria. Quella degli emigranti nel dopoguerra fu una diaspora da zone rurali, soprattutto della Sicilia e del Veneto, sollecitata dalla propaganda e poi abbandonata a se stessa. In Australia, diventata minoranza etnica, fu indotta, inizialmente dalle direttive assimilazioniste, a dimenticare le proprie origini, di fatto a ridursi al silenzio e a coltivare in privato le tradizioni familiari. L'inglese si è sovrapposto al dialetto e spesso la conoscenza dell'italiano nelle giovani generazioni è frutto della scelta di una minoranza e di una conquista. In questa situazione il riconoscimento di una tradizione di teatro italiano ο italo-australiano è stata problematica. Una sorta di imbarazzato oblio ha coperto la tradizione popolare di teatro religioso (non più adatto ai tempi e priva di prestigio culturale). Solo con la fine degli anni '70 ci sono stati tentativi da parte di gruppi teatrali semiprofessionali di sviluppare un repertorio, per esempio, di teatro napoletano; oppure un teatro accademico che svolgeva un'importante opera di aggiornamento e diffusione presso gli studenti dei dipartimenti di italiano. Un altro tentativo di istituire una tradizione è stata la 1 2 Lorenzo Perrona 228 drammaturgia italo-australiana degli anni '80. Con quest'etichetta si è cercato di dare impulso anche al teatro nell'ambito dei festival di arte italiana (il Melbourne-Spoleto Festival di Gian Carlo Menotti ebbe nel 1986-88 un'appendice multiculturale: il Piccolo Spoleto), grazie alla presenza (sporadica in verità se si va oltre alla pagina scritta) di autori che hanno fatto in quegli anni dei tentativi teatrali. La politica del multiculturalismo ha fornito le sovvenzioni necessarie all'attività dei primi gruppi professionali. Questi a loro volta hanno iniziato ad essere un punto di riferimento per gli attori italo-australiani della seconda generazione, e ad essere ufficialmente riconosciuti, insieme ai gruppi aborigeni, greci, spagnoli, ebrei, bulgari ecc., come facenti parte della cultura australiana, anche se ancora sotto la particolare etichetta "multiculturale." 3 La scomparsa delle forme rituali e religiose Non è facile rintracciare documenti riguardanti iniziative teatrali di italiani ο italo-australiani. Esistono tuttavia testimonianze che risalgono agli anni '40 e '50 di rappresentazione nel North Queensland di forme rituali legate al periodo pasquale, e una di queste è la serie di dodici fotografie che documentano una processione drammatica. Nella zona si registra, fra le due guerre, la presenza di italiani che lavoravano nelle piantagioni come tagliatori di canna da zucchero (cane-cutters). Fu una di queste comunità che praticò un teatro popolare, rituale, allo stesso modo in cui si allestivano le rappresentazioni popolari nei borghi rurali italiani. La processione drammatica si svolgeva nei luoghi comunitari: se in Italia erano gli oratori ο le piazze, in Australia sono le strade che collegano la country-town con i campi. All'aperto la processione ricreava alcuni episodi evangelici della passione di Gesù (l'entrata in Gerusalemme, e la Via Crucis: Gesù che cade sotto la croce, la Veronica, la crocifissione, la deposizione), e sostava davanti a un palco costituito dalla piattaforma di un camion abbellita da rami di palme: su questi palchi si svolgevano le scene della lavanda dei piedi, dell'ultima cena, del Sinedrio, di Pilato. I costumi erano semplici, eclettici, ma efficaci e coerenti fra loro e all'interno delle convenzioni della rappresentazione popolare si notano i drappeggi delle tuniche, le parrucche e barbe finte, le divise dei soldati forniti di elmetti di tipo americano, la foggia palestinese di alcuni copricapi, l'uso efficace di rami di palma come elemento scenografico (elemento evangelico ma 5 Lorenzo Perrona 229 anche tipico del Queensland), l'effigie naif del volto di Cristo sul lenzuolo della Veronica. L'autenticità dell'avvenimento teatrale non stava tanto nei contenuti religiosi ma nell'affermare attraverso il teatro la propria presenza in quel luogo. Era in corso un trasferimento di memorie e cultura che rinforzava e permetteva l'insediamento di quella comunità. Come scrive Robert Pascoe riguardo alle tante festività ancora vive nella collettività italo-australiana, la soluzione "immaginaria" comportava la riproduzione della festa del vecchio paese non quale era stata vissuta, ma così come veniva ricordata e ricostruita nella memoria popolare. Pertanto la festa cambiò: non più culto magico, rito di fertilità legato alle stagioni dell'anno rurale, bensì affermazione d'identità fra gli italo-australiani. 6 Nella vastità del paesaggio australiano che si intravede nelle foto, e tramite il percorso a tappe scandito dalla recitazione, la comunità prendeva simbolicamente possesso del territorio. Che spettacoli comunitari come questo non siano più avvenuti ο se ne sia perso il ricordo suggerisce che proprio nel momento della maggiore emigrazione aumentò la dispersione. Il passaggio dalla fase degli "agricoltori" alla fase dei "costruttori" — come ha definito Pascoe l'urbanizzazione degli emigrati italiani — e la creazione nelle grandi città australiane di quartieri italiani ha comportato una riduzione al silenzio e a spazi confinati. I gesti che affermavano un'identità e definivano il possesso del territorio sono stati circoscritti. Nella metropoli rimangono tracce della tradizione della recita della Passione, come nell'area di Melbourne alcuni spettacoli di argomento sacro. Ma il "senso" è diverso. La recita si "borghesizza," diventa "filodrammatica" ο direttamente devozionale: non è più all'aperto, ma in sale di teatro con palcoscenico e convenzione della "quarta parete." Anche le processioni non percorrono liberamente il territorio, ma hanno per lo più circuiti obbligati intorno alle chiese. A Melbourne la Filodrammatica Italiana presentò la Passione alla Festival Hall di West Melbourne nel 1959 e una Via Crucis nel 1964 intorno alla chiesa di S. Antonio a Hawthorn. A volte si è trattato di operazioni più spettacolari come il dramma storico e psicologico Golgotha di Stefano Rocco e del suo gruppo filodrammatico (1955, Cathedral Hall, Melbourne). Oppure il teatro religioso fornisce l'idea di partenza, come nel testo inedito dello scrittore e giornalista Pino Bosi di Sydney, What now, Jesus Christ?, 7 Lorenzo Perrona 230 dove Bosi presenta una recita della Passione e, in chiave fantapolitica, ipotizza che Pilato "non se ne lavi le mani" e Cristo non muoia in croce. Non mancano riprese filologiche e archeologiche come La natività di Cristo, di ignoto del XV secolo, del "Gruppo teatrale italiano," coordinato da Colin McCormick (dicembre 1977) ο La Passione in siciliano di Nino Sanciolo a Melbourne (National Theatre, St. Kilda) nel 1983. Il diminuito sentimento religioso ο la inadeguatezza di quel mondo culturale di fronte ai tempi moderni non bastano a spiegare il ripiegamento su se stesso di questa tradizione di teatro. Il fatto è che non ci sono state più occasioni in cui una comunità "si sia rappresentata" direttamente e apertamente utilizzando il proprio linguaggio e le proprie modalità espressive, e perciò la tradizione non è stata mantenuta viva. L'isolamento degli anni '50 e '60 L'isolamento e la marginalizzazione, sia rispetto all'Italia, sia all'interno della società australiana, indirizzano le scelte verso un repertorio all'insegna dell'intrattenimento o, per pochi, alla ricerca di emancipazione culturale. Il teatro rituale e popolare, legato alla cultura dialettale, viene messo da parte in favore di forme di teatro borghese in lingua italiana. Le difficili condizioni di adattamento nella società hanno fatto si che il teatro non fosse più parte integrante della vita collettiva, ma è praticato solo da gruppi di dilettanti dediti ad attività artisticoculturali, subite passivamente ο addirittura rifiutate dalla maggioranza (i trafiletti sui giornali italiani dell'epoca registrano alternativamente "grande affluenza" e "scarso pubblico" nelle cronache delle serate). Questa spaccatura è una caratteristica costante di cui faranno le spese tutti i tentativi di coinvolgere la collettività italiana in iniziative culturali. Nelle filodrammatiche, che si formano ogni qualvolta una persona trova l'entusiasmo per farsene promotore, possiamo leggere la reazione più ο meno consapevole alla impossibilità/incapacità di condividere con la collettività uno spazio proprio. Ci si crea quindi uno spazio artificiale, separato dalla realtà, dove parlare la propria lingua e dedicarsi ad una attività artistica. A Melbourne nel dopoguerra dal 1952 al 1965 furono attive intorno alla Società Dante Alighieri: la Compagnia della Commedia Italiana, poi Lorenzo Perrona 231 chiamata Teatrofiamma, animata e diretta da Stefano Rocco, e la Filodrammatica della "Dante" coordinata da Anito Raiola. Stefano Rocco presentò, oltre al già ricordato Golgotha, un adattamento di Don Camillo da Guareschi (1955) e alcuni testi del repertorio leggero italiano degli anni '40-'50 (come Il gatto in cantina di N. Vitali). Il rilievo dato all'uso della lingua italiana come ragione fondamentale della rappresentazione indica il tentativo di trovare un elemento unificatore nella dispersione e nell'isolamento e di definire una comunità attraverso la lingua (l'italiano, non i dialetti). Inoltre è ancora operante il tentativo di affermare una continuità, un trasferimento di modi di vita e di valori: non a caso la storia di Don Camillo riporta a una piena contemporaneità con il clima italiano degli anni '50, e Golgotha riprende l'uso popolare, riconducibile alla tradizione delle Passioni italiane. Mancano invece sia i riferimenti alla condizione dell'emigrante, sia l'atteggiamento nostalgico verso la terra natale. Questo apparirà in seguito e caratterizzerà fortemente il teatro italoaustraliano. Il teatro universitario Il successivo sviluppo del teatro italiano è avvenuto in un altro contesto, parallelo e in qualche modo indipendente dall'evolversi della situazione sociale: l'università. A Melbourne è stato attivo Colin McCormick alla University of Melbourne; ad Adelaide Antonio Comin alla Flinders University; a Sydney Frederick May alla University of Sydney. Essi hanno fondato ο contribuito a stabilire i Dipartimenti di italiano nelle università, e il teatro, a cui si sono dedicati in prima persona e che è stato centrale nel loro progetto di emancipazione e di diffusione della cultura italiana. La loro attività è stata sostenuta dall'impegno politico per una cultura non elitaria, condivisibile nella società australiana ed elemento di vivacità e di confronto. Anche se in modo diverso essi hanno usato il teatro in funzione di questa idea. Per il nostro discorso è importante riconoscere come il teatro accademico sia intervenuto a proporre per almeno una decina d'anni un possibile repertorio di teatro italiano in Australia. Il teatro è stato per McCormick un modo per lavorare a contatto con la cultura e la lingua italiana ed anche una passione personale. La sua idea di teatro italiano in Australia si basava su una consapevolezza "politica": la necessità di dare alla componente italiana lo spazio per Lorenzo Perrona 232 esprimersi, nella convinzione che tutta la società australiana ne avrebbe beneficiato. Si vedano, per esempio, le sue lettere al direttore di un quotidiano di Melbourne, che presumibilmente risalgono agli anni '60, dove, facendo fronte agli atteggiamenti razzisti molto forti nella società australiana, dimostra di avere presente le difficili condizioni che gli italiani in Australia dovevano affrontare (Defending espresso bars, Attacking the migrants; dall'archivio personale di Jo McCormick, Melbourne). Quest'idea di apertura con una pari dignità delle due componenti linguistico-culturali si ritrova nell'allestimento del Tumulto dei Ciompi di Massimo Dursi (Italian Week, National Theatre, St. Kilda, 1975), recitato a serate alterne in italiano e in inglese dagli studenti coinvolti in tutte le fasi della lavorazione fin dalla traduzione del testo. Più interessante fu l'intervento di McCormick sul problema della creazione di un repertorio. Egli infatti si adoperò per un doppio sviluppo: quello del repertorio italiano e quello della produzione originale di novità italo-australiane. Per la diffusione del repertorio italiano (di fatto uno sviluppo dell'attività del teatro accademico) McCormick sostenne la formazione di un Teatro Stabile di Melbourne (1971-73) intorno ad Osvaldo Maione, attore e regista formatosi in Italia e stabilitosi in Australia nel 1968. L'idea era quella di un teatro sul modello degli Stabili italiani: municipale, collegato a una popolazione cittadina, promotore di una politica di aggiornamento culturale, "teatro d'arte" e "borghese." Se grazie al Teatro Stabile la drammaturgia italiana fu presente, tuttavia non si agì su un bisogno espresso dalla società. Le condizioni generali (la dispersione e l'oblio), che avrebbero determinato la risposta ο meno del pubblico, rimasero immutate. Per quanto riguarda il teatro italo-australiano, McCormick fu un sostenitore di Nino Randazzo all'inizio degli anni '80, in pieno multiculturalismo, come possibilità di una originale produzione locale. In questo modo cercò di stabilire un contatto fra il Dipartimento di italiano dell'Università e la comunità italiana. Frederick May fu attivo soprattutto attraverso le traduzioni e la divulgazione del teatro italiano nel contesto culturale anglosassone, iniziative che presso l'Università di Sydney diedero origine alla Frederick May Foundation. Agli "istituzionali" Pirandello e Goldoni egli affiancava i testi innovativi del Gruppo '63 (eseguiti nel 1969), il teatro futurista, le commedie borghesi e poi Morte accidentale di un anarchico di Dario Fo. Del teatro rinascimentale, in quegli anni studiato e rivalutato in Italia, furono da lui tradotti e realizzati con gli studenti la Lorenzo Perrona 233 commedia goliardica del '400, Lamento della moglie di Cavicchiolo e La Venexiana, allora considerate entrambe oscene; due Dialoghi di Ruzante, Reduce e Bifora; la Mandragola di Machiavelli. L'attività teatrale di Antonio Comin ha un carattere diverso da quella promossa da May ο da McCormick: un'attività di regista che non nasce da interessi esclusivamente intellettuali, didattici ο di promozione della cultura italiana, ma si affianca al lavoro sulle tradizioni musicali popolari con l'Italian Folk Ensemble, "Collettivo per la musica popolare italiana" da lui fondato e diretto, e si distingue per l'impegno politico, in sintonia con la cultura della sinistra italiana, che ispirava le sue regie e i suoi progetti drammaturgici. Come regista A. Comin ha allestito nel 1975 uno spettacolo su temi femministi basato sulla radiocommedia Femminazione di Floriana Bossi e Bianca Garufi. L'anno seguente La figlia di Iorio di D'Annunzio fece parte del I National Italian Festival di Adelaide ed evidenziò il tema del conflitto generazionale. Interpretare la storia sociale attraverso il canto popolare per offrire un'immagine diversa da quella della cultura ufficiale è l'esigenza che si precisa sempre meglio nei successivi spettacoli, che portano all'incontro con Fo. Con Maria Sanciolo e Christopher Bell, Comin preparò un collage di canti sul tema dell'emigrazione ispirato a un saggio di Vittorio Franceschi Qui tutto bene ... e così spero di te (1972) e intitolata Questa è una storia (1977). L'edizione di Mistero buffo preparata nel 1978 ripropose lo schema dello spettacolo concerto. Gli episodi del testo di Fo erano intrammezzati da canti rituali e religiosi di diverse regioni e affrontavano il tema della religiosità popolare (come nel 1982 La Passione di Maria, canti e testi derivati ancora da Fo). Padrone mio ti voglio arricchire (1979) è un collage di canti che ripercorre la storia sociale dell'Italia dalla fine dell'Ottocento fino agli anni '80: industrializzazione e canti di filanda, guerra mondiale, canti di emigrazione, fascismo, resistenza, canzoni di Dario Fo. Gli spettacoli musicali con l'Italian Folk Ensemble erano scritti ο "montati" tenendo presente la spettacolarità dei cantastorie. La Ballata grande per Francesco Fantin ne è un esempio, fra canto, sui metri delle tradizioni popolari delle diverse regioni, e drammatizzazione popolare di un fatto storico. Inoltre il soggetto è un episodio della storia italo-australiana, l'uccisione di un anarchico da parte di fascisti avvenuta nel 1942 in un campo di concentramento di italiani a Loveday Camp in South Australia. 8 Lorenzo Perrona 234 La dimensione del concerto di musica popolare prendeva così le forme di un vero e proprio spettacolo teatrale. Come si è visto, l'esplicito modello di questa operazione è il teatro di Dario Fo degli anni ' 6 8 - 7 0 , da Mistero buffo a Ci ragiono e canto. L'idea di teatro politico, un uso ideologico della cultura popolare proposta in chiave antiborghese, l'uso teatrale della canzone, della ballata, il lavoro in collettivo, sono gli elementi che vengono acquisiti dall'esperienza di Comin. È la prima volta che il "repertorio" del teatro italiano in Australia prova a vincere la dispersione e l'oblio, fa suo il tema della cultura popolare ed affronta la questione della storia recente dell'emigrazione. Il teatro italo-australiano e lo stereotipo celebrativoldenigrativo Alla fine degli anni '70 si formano diversi gruppi amatoriali, alcuni dei quali sono tutt'oggi attivi. In generale la funzione importante di queste iniziative dilettantesche nell'ambito della collettività italo-australiana, diversamente da quelli degli anni '50 e '60, è di diffondere un repertorio specifico e di inculcare l'abitudine ad andare a teatro, obiettivo raggiungibile se le scelte sono coerenti. Al repertorio del teatro napoletano si dedicano il Gruppo Teatrale del West Australia di Perth (attivo dal 1977), Le Maschere di Melbourne (dal 1979) e il Gruppo Teatrale Napoletano (animato dal 1984 da Raffaele Matarese, che, a parte Il berretto a sonagli di Pirandello, si è dedicato al teatro di Eduardo). A Sydney la Compagnia Teatrale Italiana fu formata nel 1973 e Annibale Migliucci ne riprese l'attività nel 1993 con un repertorio molto variato. A Melbourne sono attivi gli Amici del teatro di Adriana Frosi, attrice e regista instancabile animatrice teatrale nelle comunità dei suburbs della città. La Italo-Australian Theatre Company, infine, è nata nel 1982 per dedicarsi all'allestimento degli autori italo-australiani. In realtà, nonostante la presenza di diversi registi come Osvaldo Maione, Franco Cavarra e Renato Cuocolo, e nonostante il rilievo offerto dalla partecipazione agli Italian Arts Festivals, l'attività è stata limitata alla proposta di un solo autore italo-australiano, Nino Randazzo, e non ha rispettato il programma iniziale di promuovere il teatro italo-australiano attraverso una serie di voci e proposte diverse. Il gruppo di appassionati di teatro che appare a suo modo più innovativo e discusso, e che ha funzionato commercialmente fino ad Lorenzo Perrona 235 avere un assetto professionale (e persino programmi di teatro didatticolinguistico), è stato quello delle Broccoli Productions di Melbourne. Dal 1978, quando un gruppo di studenti dell'italian Student Association della Melbourne University guidato da John Bono organizzò uno spettacolo comico che venne inserito nel programma del primo Festival Italiano delle Arti, la loro formula presenta situazioni e personaggi ispirati alla vita quotidiana e familiare degli italo-australiani, i modi di fare, le abitudini, i gusti, che sono in realtà le manie, il cattivo gusto, le forme mentali che essi hanno osservato e vissuto nella generazione dei loro genitori e in loro stessi. Variando il modello della stand up comedy, Bono ha abilmente creato spettacoli leggeri adatti all'intrattenimento innanzi tutto nelle feste, nei club, nei dinner dance (occasioni tipiche della socialità italo-australiana), trasferiti poi nei teatri a Melbourne, Adelaide, Sydney. I titoli suonano come: Fuori malocchio, Ogni casa 'na croce, Mangia broccoli e cresce grande, Tutto a posto e niente in ordine; quest'ultimo testo presenta (1994) una serie di situazioni, scenette ο siparietti che raccontano momenti della vita di una famiglia italo-australiana: il figlio in discoteca, la moglie che telefona al talk show, il maschilismo del marito che però non sa fare neanche il caffè, la salsa di pomodoro fatta in casa, i figli che non si vogliono sposare ma si fanno mantenere dalla famiglia e chiedono i soldi alla nonna (che li dà al nipote ma non alla nipote) ecc. La conoscenza di ambienti e di linguaggio (l'"italoaustraliano" fatto di una realistica mescolanza di inglese popolare, dialetti e italiano) è fondamentale, e questo crea una specificità e una esclusività che permette la fruizione solo all'interno della "tribù," della collettività italo-australiana. Questa operazione è significativa perché propone a teatro una autorappresentazione degli italo-australiani, e questa autorappresentazione è comica, autoironica, grottesca. Ma invece di avere un funzione critica, eversiva, carnevalesca, in questo caso il comico alleggerisce le tensioni, evita i problemi e conferma l'ordine esistente. Questo tipo di spettacolo, che continua a ripetersi con poche modifiche e a soddisfare il suo pubblico, si rivela come un modo per esorcizzare, nel riso, una profonda e inespressa insoddisfazione. Nel vuoto lasciato dal "repertorio" disperso e dimenticato delle proprie origini, l'immagine di sé viene ricostruita e narrata in una celebrazione "al contrario," in termini di cronica svalutazione. Infatti, anche se in questo caso lo spettacolo è rivolto a un pubblico italo-australiano, questo stereotipo è poi quello creato dalla dominante cultura Lorenzo Perrona 236 anglosassone in funzione discriminatoria (analogo agli stereotipi italiani del "meridionale" e del "contadino"). Per l'uso esasperato dello stereotipo le Broccoli Productions hanno anticipato Wogs out of work (nella cui prima edizione del 1987 l'attrice Maria Portesi interpretava la ragazza italiana). Questo fortunato spettacolo portò per la prima volta, e inaspettatamente, sulla scena mainstream l'autocaricatura di sudeuropei working class (greco, italiano, spagnolo) che affermavano provocatoriamente la propria "etnicità" come valore e forza (e di conseguenza portavano a teatro un pubblico giovanile che finora ne era stato escluso). L'operazione delle Broccoli Productions rimane però meno dirompente e più ambigua perché evita le ragioni dei conflitti, passati e presenti, non offre spunti di critica, e si limita all'autodenigrazione/ autocelebrazione consolatoria, chiusa all'interno del gruppo italoaustraliano. La rappresentazione stereotipata ha condizionato pesantemente la drammaturgia italo-australiana. Nelle pièce di Osvaldo Maione la disillusione degli ultimi emigrati negli anni '70 di fronte alla realtà italo-australiana porta alla rappresentazione di quella realtà in termini fortemente negativi (vedi gli atti unici pubblicati nell'antologia Voci nostre). Ne Il nuovo seme un giovane e moderno studente affronta il padre, retrivo e ostile padre/padrone meridionale; in Bitch il faccendiere Don Ciccio ha efficacia di personaggio, colorito come nella commedia napoletana, ma alla fine deve essere scacciato perché esponente di una società malata. Questa rappresentazione non fa che confermare il senso di sradicamento e frustrazione determinato dalla perdita del valore delle proprie origini. Anche nei testi del più noto autore di teatro italo-australiano, Nino Randazzo, emerge il problema dello stereotipo e della celebrazione/ denigrazione. L'essere italiano (che prende corpo nel mito nostalgico della terra natale, delle origini) si scontra con il disagio e il rifiuto di questa appartenenza (da qui per esempio l'immagine stereotipata e spesso grottesca di certe figure di "comari" e "compari" italo-australiani ritratte da Randazzo con forte impazienza). Eppure Randazzo rifiuta i pregiudizi e il complesso di inferiorità che gli immigrati italiani hanno patito nei decenni precedenti. Liquida definitivamente le tesi assimiliazioniste (secondo le quali gli immigrati dovrebbero integrarsi nella nuova società negando le proprie origini) per affermare il valore delle tradizioni (vedi nel Pane e le rose, 1980, la statua del santo 9 10 11 Lorenzo Perrona 237 patrono trasportata in Australia dal paese natio) e, immergendosi nella cultura popolare degli italiani, rivendicare una maggiore ricchezza culturale rispetto agli australiani. Ma nonostante queste intenzioni, permane un imbarazzo, come una colpa da espiare, che è frutto della dispersione e dell'oblio, e che prende corpo nello stereotipo comicogrottesco della autorappresentazione. Questo funziona bene a livello spettacolare. Il Sindaco d'Australia (1981) è una commedia interessante per la vivacità linguistica del droghiere in pensione orgoglioso di essere diventato "sindaco" del suo quartiere a Sydney e che fa in questa veste un disastroso viaggio in Italia in "visita ufficiale." Ma l'uso dello stereotipo negativo, a ben vedere, sancisce la rassegnazione, l'impossiblità di cambiamento, retaggio forse della storia contadina italiana, che l'esperienza italo-australiana non ha fatto che confermare. Quando Randazzo ricostruisce un episodio di violenza contro gli italiani in una città mineraria in Le fiamme di Kalgoorlie (1987), gli stereotipi (l'italiano focoso, il gerarchetto fascista, gli australiani beoni ecc.) conducono verso la tesi della pièce che in fondo i guai e le intolleranze si evitano solo standosene tranquilli perché: "Non cambia nulla, si continua a sbattere le ali nella stessa gabbia di sempre. (...) Il tempo si è fermato. Si guarda al passato, si guarda al futuro, ma si rimane immobili, come in catene, non si riesce a tornare sui propri passi né a fare un passo avanti." E in Victoria Market (1982), dramma sulla campagna diffamatoria creata negli anni '50 intorno a due omicidi fra italiani nel famoso mercato di Melbourne, la tesi razzista della presenza della mafia in Australia fatta pesare sugli italiani non viene combattuta nel senso dell'emancipazione e dell'intervento positivo nella società, ma con una regressione verso l'immagine irraggiungibile e mitica di una Sicilia contadina. I testi di Randazzo ritraggono e interpretano, come nota Randazzo stesso in un'intervista a Tony Mitchell del 1987, il mondo degli emigranti della prima generazione vissuta fra gli anni '50 e '80, che scomparirà con essa ("a desire to interpret this Italian world of migrants in Australia which is dying out and passing away, and probably won't exist any more in ten or fifteen years"). Quest'idea del teatro che concerne la morte di una generazione sancisce la dispersione e non lascia nessuna prospettiva per il futuro. I figli e i nipoti sono già percepiti come diversi, compromessi e perduti, e questo a ben vedere si risolve nella coscienza di una profonda disperazione (vedi L'ultima flotta, 1989). 12 Lorenzo Perrona 238 Questi problemi sono presenti anche in Domenic Mico, che scrive in inglese e opera a Canberra nell'ambiente anglofono utilizzando il suo background italiano. Ma grazie all'uso più inventivo della componente visiva, egli riesce a "spettacolarizzare" le immagini della memoria e a renderle mitici segnali di un'altra dimensione. In The other side of the moon (1988) l'immagine è quella di una grande barca che Benito, ο Benny, costruisce per sconfiggere la solitudine, dove appaiono i suoi ricordi e i suoi sogni. Egli vive nell'outback con la moglie, una farmer pragmatica e vitale, in un capannone di lamiera. Ormai vecchio, ricapitola una sera tutta la sua vita. I flashback di ricordi e fantasmi creano così un contrasto fra l'ambiente tipicamente australiano e un suo abitante che non gli appartiene. Un altro esempio della stessa tecnica drammaturgica di Mico è la scena iniziale di Sirocco and the angel (1993), dove il vecchio italiano Rocco parla al nipote australiano Gino, e contemporaneamente appaiono sulla scena personaggi e azioni mute. Il mito, la nostalgia, il riproporre immagini canoniche, sono tutti segnali di una mancanza, di carenze ancora sentite e di una impossibilità di sviluppare un discorso nuovo nel presente. Se il ripiegamento su se stessi è stata la linea principale di sviluppo della drammaturgia italo-australiana, è sbagliato concludere nello stesso tono rinunciatario. In realtà c'è stato un testo degli anni '70 che andava in un'altra direzione. Ma, pur preso in considerazione per un allestimento in inglese, non è mai stato messo in scena da professionisti e non ha avuto seguito. Nonostante i suoi limiti, L'amaro della canna (1976) di Joe Abiuso indicava una strada, quella del dramma che ricostruisce il passato recente e lo fa diventare storia collettiva. La singolarità del dramma di Abiuso è nello sfondo di storia sociale degli anni '50 degli italiani nel North Queensland — i rapporti di potere, le lotte sindacali — contro il quale si svolge una neorealistica "storia vera": Sesto ama la moglie del fratello Secondo, Annetta. In seguito ad un incidente nei campi, Secondo scompare e i due iniziano una convivenza. Ma Secondo non è morto e ritorna vecchio e storpio dopo tanti anni, come cantastorie, per raccontare la sua tragica storia e per vendicarsi. Riconosciuto da Annetta, fugge nei campi con una lanterna accesa, appicca il fuoco e muore nel rogo. Accanto al dramma passionale e alla forza del sesso che in questa terra perduta porta all'autodistruzione simboleggiata dall'incendio finale (da notare che il fuoco viene normalmente usato per raccogliere la canna da zucchero), ha rilievo il tema sociale della condizione dei tagliacanne, descritta con precisione Lorenzo Perrona 239 e realismo. Questa linea "sociale," idealmente vicina al lavoro di Comin, non sarà seguito dagli altri scrittori, più interessati all'intimismo delle commedie familiari. Ma verrà sviluppata qualche anno dopo dal Doppio Teatro e dal community theatre del Filef Theatre Group. Il lavoro del nuovo teatro italo-australiano Molto a ridosso delle esperienze appena esaminate si colloca l'attività di artisti arrivati di recente dall'Italia. Ricordiamo Maria Luisa Abbate, attrice di teatro e cinema apprezzata in Italia per l'interpretazione fra l'altro di Medea di Porta Medina dei Santella, stabilitasi dal 1989 a Fremantle dove dà vita col marito Michele Gentile ad iniziative di studio e ricerca su "visual" e "performing arts," sul teatro e la cultura aborigena, e dirige e interpreta (Memory Rooms, 1990; Questa sera si recita a soggetto/ Tonight We Improvise, 1994). Né meno importante è: l'IRAA Theatre che non nasce in relazione alla collettività italiana ma in seguito al trasferimento a Melbourne dall'Italia del suo regista Renato Cuocolo, e che si caratterizza per una ricerca d'avanguardia sull'attore e per lo stile di recitazione. Ma ancora più significativa è la presenza di attori italo-australiani della seconda generazione e la formazione di compagnie professionali. La diversa età e la diversa sensibilità culturale e politica permette loro di avere più chiaro il problema dell'ambiente in cui operano. A differenza delle realizzazioni della generazione precedente, questi gruppi non puntano sul testo scritto e d'autore, su una drammaturgia cioè preesistente al lavoro comune degli attori e del regista, ma elaborano spettacoli originali usando tecniche drammaturgiche più aggiornate (il laboratorio, il teatro frutto del lavoro collettivo). Questi gruppi sono: il Filef Theatre Group di Sydney che ha fatto "community theatre" su temi sociali e politici dal 1984 al 1988, quando ha interrotto l'attività; e il Doppio Teatro di Adelaide che esplora le radici culturali della collettività italo-australiana. 13 Doppio Teatro. In molti spettacoli di Doppio Teatro vi è un uso evidente della comicità, della caricatura e del grottesco. Sono presenti gli stereotipi dell'immigrato italiano, come nel Cabaret dell' emigrante (1984, uno dei primi spettacoli di Doppio Teatro) ο in Una festa di nozze (1992) — entrambi nati nei luoghi tipici della vita italo- Lorenzo Perrona 240 australiana, il club e le festività familiari, gli stessi luoghi dove nasce l'intrattenimento autocaricaturale delle Broccoli Productions. Ma l'intenzione è qui volta a creare un contrasto fra l'immagine usata e la realtà umana e politica rappresentata. Nella realizzazione di queste caratterizzazioni Teresa Crea riconosce l'influenza di Lina Wertmuller, della quale ha diretto la commedia Love and magic in Mamma's kitchen (1992) ("We use stereotypes in our work, but it's a question of what you do with them. Wertmuller creates controversy with her stereotypes of the south, but there is a message that pulls everything beyond that, and you get poignant moments that look at the south in a different way"). Fondato nel 1983 da Teresa Crea e Cristopher Bell, Doppio Teatro è un teatro bilingue (o trilingue: inglese, italiano ed "emigrante," come Teresa Crea ha definito la mescolanza di italiano, dialetti e australiano parlata dagli italo-australiani). Esso, operando da un'area "marginale" attraverso una lingua attualmente viva ma non codificata e ufficializzata, e parlando delle tradizioni popolari e regionali italiane giunte in Australia con l'emigrazione, è riuscito a guadagnarsi una posizione fra le compagnie australiane, pur rifiutando ogni gerarchizzazione culturale ο strumentalizzazione del mainstream. Il suo repertorio recupera forme popolari con una sensibilità contemporanea, come in La Madonna emigrante (1987), che ricreava la processione religiosa all'aperto con l'immagine venerata trasportata a spalle dagli uomini e accompagnata dalla banda locale, ο come il community event del Presepio vivente (1988) ο come Una festa di nozze (1992). Rispetto alla drammaturgia della prima generazione, ci sono affinità tematiche e diversità ideologiche evidenti se si confrontano per esempio (come ha già fatto Mitchell) Il pane e le rose di Nino Randazzo e la Madonna emigrante. In Randazzo un atteggiamento a priori fortemente selettivo valorizza fino all'idealizzazione solo certi aspetti delle consuetudini italo-australiane, come il culto del santo, ma ne condanna altri, come le superstizioni e le credenze magiche, che fanno parte della stessa cultura popolare. Doppio Teatro invece acquisisce l'italoaustralianità come complesso di storie vissute e patrimonio culturale, e opera criticamente su di esse attraverso il linguaggio scenico. Il passato, l'emigrazione e la condizione della donna sono altri temi centrali di Doppio Teatro, che compaiono soprattutto in Ricordi (1989), frutto del lavoro delle attrici Josie Eberhardt, Lucia Mastrantone, Antonietta Morgillo e Teresa Crea. (È significativo, della 1 15 Lorenzo Perrona 241 persistenza dei tradizionali canali privilegiati fra Australia e Inghilterra, il fatto che Ricordi è andato in tournée in Inghilterra, allo Youth Theatre Festival di Leeds nel 1990, e non in Italia.) Dal passato al presente, attraverso nove personaggi di donne di diverse generazioni che raccontano, sul palcoscenico spoglio, le loro storie, da Napoli a Adelaide, lo spettacolo definisce il rapporto del pubblico con la memoria e la vita attuale, e presenta le ragioni dello scontro generazionale. La dimensione memoriale però non rimane vagheggiamento nostalgico ma si collega alla ricostruzione delle storie personali e collettive, come in Tinto di rosso - Red like the devil (1992) basato sullo stesso episodio dell'uccisione dell'anarchico raccontato dal collage di canti di Comin. Scavando nella storia recente degli ex prigionieri, di solito taciuta perché tocca ancora vecchi rancori e divisioni, lo spettacolo provoca alla fine una consapevolezza storica suggerendo una sua interpretazione proprio attraverso la dimensione del racconto mitico: la storia diventa una leggenda popolare sulla violenza dei malvagi (i fascisti) che opprimono la libertà dell'eroe (l'anarchico). Sono espliciti i contenuti politici, e appare, presente in Doppio Teatro, la vocazione a un teatro, a un teatro educativo, di presa di coscienza (in questo molto vicino a Dario Fo). In Filling the silence (1993) il tema è la trasformazione della cultura d'origine quando questa viene a contatto con la realtà contemporanea, con i gesti veloci, l'immagine elettronica, la musica tecnologica. Di fronte a questo tema ancora aperto la risposta di Doppio Teatro sembra una conferma della sua linea: tradizione, trasferimento, traduzione, ricontestualizzazione. Un "progetto Pulcinella," in corso nel 1994-95, ha portato: la regista genovese Valeria Campo, Paolo Consiglio, specialista in maschere di cuoio che lavora a Firenze, e Elio Gatti dell'Università di Canberra in qualità di dramaturg, a lavorare con gli attori italo-australiani sulla drammaturgia e sulla recitazione di lazzi e tirate di Pulcinella. Lo scopo è fare acquisire tecniche teatrali come quelle della Commedia dell'Arte, spesso fraintese in Australia, e utilizzarle nel nuovo contesto. La cultura delle origini viene così esplorata e riacquisita per superare l'iconografia dell'emigrazione e dare nuovo sviluppo al "repertorio." Filef Theatre Group. A Sydney il più innovativo evento del teatro italoaustraliano è stato frutto di un progetto politico e culturale prima che Lorenzo Perrona 242 teatrale. Promotore ne fu la Filef (Italian Federation of Migrant Workers and their Families, federazione fondata nel 1967 da Carlo Levi) attiva a Sydney dal 1972 nel campo dell'assistenza agli emigrati italiani e sostenuta dal PCI. Prima della formazione del Filef Theatre Group, la Filef, fra l'altro, realizzò nelle scuole programmi per il mantenimento della lingua italiana. L'uso e lo studio dell'italiano fra i giovani italoaustraliani in un ambiente anglofono era visto come un modo per rinforzare l'identità sociale e conseguentemente la coscienza politica. Su questa linea di lavoro si è inserita la pratica del teatro bilingue, che si rivolgeva, attraverso tecniche e accorgimenti drammaturgici, ai parlanti in inglese e in italiano e coinvolgeva un'intera comunità. 16 Nuovo paese - New country (1984), è stato infatti un esempio di community theatre che ripercorreva l'esperienza collettiva dell'emigrazione. La vicenda ha inizio nel parco di fronte alla Leichhardt High School con la scena della partenza degli emigranti ambientata in un paese della Calabria. Quindi attori e pubblico entravano nella scuola a rappresentare il viaggio e la vita in Australia in 25 anni e tre generazioni. L'iconografia è ancora quella dell'emigrazione. Ma lo stereotipo è rotto dall'intervento straniante di personaggi, simili a giullari ο cantastorie, che commentano l'azione e aggiornano il pubblico, con esplicito intento didattico, sulla società e la politica italiane. Per esempio, quando la madre discute con la figlia se è meglio che stia a casa ο vada a lavorare, i giullari danno notizie del movimento femminista in Italia. Anche gli altri spettacoli del FTG hanno avuto temi politici: le lotte delle donne, il pacifismo, il contributo dei lavoratori italiani allo sviluppo economico australiano del dopoguerra: Ottomarzo - Eighth of March (1985), Lasciateci in pace - Leave us in peace (1986), L'albero delle rose - The tree of the roses (1987), Storie in cantiere - Stories in construction (1988). Ma il community theatre deve essere continuamente rinnovato nel suo rapporto con la comunità ο è facile che ripeta se stesso. Il FTG infatti è andato incontro a una crisi (accentuata dalla crisi della sinistra alla fine degli anni '80) e con gli spettacoli successivi non è più riuscito ad essere incisivo come con Nuovo paese; il quale rimane tuttavia esemplare. Insomma il lavoro di organizzatori e artisti si è concentrato sulla realtà metropolitana italo-australiana, ha individuato nelle scuole del quartiere italiano di Sydney un campo d'azione e nel binomio cultura e politica un modo per raccontare la storia degli italiani e riflettere su di essa. Quindi, è stata una rara occasione di festa 17 Lorenzo Perrona 243 comunitaria in cui la collettività italo-australiana si è direttamente rappresentata e riconosciuta intorno ad un "repertorio" di storie personali e collettive. Il nostro discorso si è precisato intorno al problema della creazione di un "repertorio" di teatro italiano in Australia. Il caso dell'IRAA Theatre è diverso da quelli finora esaminati perché non nasce né vuole collegarsi alla realtà italo-australiana. Proprio per questo esso ha lavorato a creare un repertorio riconoscibile che lo ha fatto percepire in Australia come portatore di un teatro inedito, incentrato come è: sull'attore, sull'improvvisazione e la fisicità, sull'uso dei classici come punto di partenza per la rielaborazione drammaturgica, sulla regia come atto creativo. Il suo animatore Renato Cuocolo stabilitosi a Melbourne da Roma nel 1988, visse in Italia gli anni del teatrodanza, del teatro di immagine, caratterizzato dall'uso della parola come pretesto e occasione per il lavoro sull'attore. Poi si orientò verso lo studio delle culture teatrali extraeuropee (il Sudamerica, l'India, le comunità aborigene) seguendo le indicazioni di ricerca già praticate da Peter Brook. Sulla base di una formazione tipicamente europea (Barba, Grotowski, Brook, Bausch), le immagini di Cuocolo danno corpo a forti conflitti con un linguaggio allo stesso tempo raffinato e "materico." Così come egli impegna i suoi attori in una fisicità trascendentale, allo stesso modo ingaggia lo spettatore in una sfida emozionale che lo riporta alla sacralità e ritualità dell'esperienza teatrale. Lontano da dove - Far from Where, il primo spettacolo presentato in Australia ma non ancora prodotto in Italia, si distingue per il modo in cui tratta il tema del viaggio, dell'esilio, della memoria. Filtrate attraverso la memoria del personaggio che appare da solo in scena (un meta-fisico emigrante), sulla scena si susseguono situazioni introdotte dall'arrivo ripetuto di altri tre personaggi con le valigie i quali si confrontano con oggetti simbolici (la sottoveste, la casa che brucia, la porta che si apre e mette in comunicazione scena e fuori scena) ma che vengono scacciati ogni volta dal suono del campanello agitato dal personaggio sempre in scena. Dopo aver lavorato sulla tragedia greca (Medea, The Trojan women, Agamemnon, The Bacchae), aggiornando quelle immagini di conflitto con l'uso di testi novecenteschi (da Thomas Mann a Joyce, Eliot, Pasolini, Muller), Cuocolo è approdato a Othello, Othello (1995) che utilizza brani di Shakespeare e di Verdi ed è costruito sulla riflessione 18 Lorenzo Perrona _ 244 e moltiplicazione del personaggio e delle sue ossessioni in un viaggio nell'inconscio. Come scrive Cuocolo, sintetizzando le sue suggestioni, "A whole part of our unconscious, or nocturnal soul, is explained by the myth of Death, conceived as a departure on water." I miti teatrali (Pentheus, Othello) sono legati insieme dalla realtà psico-fisica del viaggio e dall'elemento ricorrente dell'acqua, come in Bacchae dove il palcoscenico è completamente inondato. Questo ci sembra un elemento nuovo ma assai incoraggiante che ci permette di concludere la nostra analisi con un tocco di ottimismo per il futuro. Cifra stilistica e mondo poetico sono molto lontani da quelli finora esaminati. Ma, se consideriamo la costante presenza della sua attività artistica nell'ambiente australiano, possiamo osservare che Cuocolo riesce a far emergere a poco a poco riferimenti alla tradizione culturale italiana (è il caso di Verdi nell'ultimo spettacolo) ed a rielaborare con la propria voce e il proprio linguaggio un repertorio nuovo e rinnovato. Avendo davanti agli occhi questi esempi, possiamo concludere che il grosso merito del nuovo teatro italo-australiano è stato quello di avere recuperato l'esperienza storica e sociale degli italoaustraliani e colmato il vuoto di dispersione e oblio creato dall'emigrazione e dalle condizioni australiane degli anni '50 e '60. E di conseguenza di avere iniziato a togliere alla autorappresentazione degli italiani e della cultura italiana in Australia la svalutazione e la denigrazione così radicata da anni di storia silenziosa e subordinata. Questo è un grande risultato, ottenuto subito dopo che la generazione precedente aveva rotto il silenzio iniziando a raccontare se stessa anche in forma teatrale. Si è individuato un "repertorio" e lo si è percorso con coerenza. In questa fase occorre ora superare l'attuale repertorio e trovare un linguaggio più articolato che si allontani definitivamente dallo stereotipo della autorappresentazione celebrativa-consolatoria: Doppio Teatro lo sta facendo rivolgendosi alla tradizione del teatro comico italiano; IRAA Theatre ha impostato il suo lavoro su questa esigenza; altri artisti stanno cercando di farlo, ma soffrono ancora la condizione dell'isolamento. 19 LORENZO PERRONA Genova Lorenzo Perrona 245 NOTE 1 Cfr. Stephen Castle, Ellie Vasta, Joseph Lo Bianco, "Dall'assimilazionismo al multiculturalismo," in Italo-australiani. La popolazione di origine italiana in Australia, a c. di Stephen Castle, Caroline Alcorso, Gaetano Rando e Ellie Vasta (Torino: Edizioni Fondazione Giovanni Agnelli, 1992), pp. 121-51. Il censimento del 1976 registrava l'"uso" della lingua inglese da parte degli immigrati italiani: il 17% non usa l'inglese, il 74% usa l'inglese e almeno un'altra lingua, il 6% usa solo l'inglese (cfr. Helen Ware, A profile of the Italian community in Australia [Melbourne: Australian Institute of Multicultural Affairs, and Co. As. It , 1981], pp. 29-31). Per quanto riguarda l'uso dell'italiano, l'88% degli italo-australiani nati in Italia parla italiano in casa, e il 52% sul luogo di lavoro, contro il 69% e il 29% degli italo-australiani nati in Australia (cfr. Victorian Ethnic Affairs Commission, Language Use in Australia, information paper, 1984, p. 11). Geoffrey Milne, "The other side of the story. Multicultural drama in Australia," Meanjin 3 (1994), 495-503. Le fotografie sono conservate presso la Historical Society, Co. As. It., Melbourne. La tipologia della processione drammatica di origine medievale è descritta in Paolo Toschi, Le origini del teatro italiano (Torino: Einaudi, 1955), p. 37. Robert Pascoe, "Luogo e comunità: la costruzione dello spazio italoaustraliano," in Italo-australiani, op. cit., pp. 173-87; per l'indicazione di altre festività cfr. id. Buongiorno Australia (Richmond, VIC: Greenhouse Publications, 1987), pp. 210-15. Pascoe, "Luogo e comunità," op. cit. Le sue traduzioni di Pirandello sono state pubblicate da Penguin (Right you are! If you think so; Henry IV; Lazarus; The life I gave you), Heinemann (Six characters in search of an author; The jar) e dalla Pirandello Society di Leeds, che ha pubblicato anche altre traduzioni fra le quali spiccano Goldoni, Mine Hostess, The servant of two masters, The fan, The impresario from Smyrna, The merry wives of Venice; Carlo Gozzi, The King Stag; A comedy of Venice; Machiavelli, The Mandrake; Bibbiena, The comedy of Calandro; F. T. Marinetti, Electric puppets; Rosso di San Secondo, What passion, you puppets!; Diego Fabbri, The seducer. Dallo spettacolo è stato tratto un serial per la televisione commerciale, Akropolis Now, privo del senso provocatorio/liberatorio che aveva a teatro, cfr. Tony Mitchell, "Wogs still out of work; Australian television comedy as colonial discourse," Australasian Drama Studies 20 (aprile 1992), 119-33. Voci nostre, a c. di J. Abiuso, M. Giglio e V. Borghese (Melbourne: Tusculum, 1979). 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Lorenzo Perrona 246 11 Il Sindaco d'Australia, Victoria Market e La gabbia e il bosco di Nino Randazzo sono pubblicati da Insegna Publishers, Melbourne. Victoria Market è stata presentata al 1986 Australian National Playwrights Conference di Canberra (nella traduzione di Colin McCormick, adattamento drammaturgico di Tony Mitchell, regia di Franco Cavarra e Anne Harvey, con Carmelina Di Guglielmo e Adriana Frosi). Franco Cavarra ha diretto Carmelina di Guglielmo e Maria Portesi in Dialogue of a prostitute and her client e Sexual acts di Dacia Maraini (Melbourne, 1989). Dina Panozzo ha scritto e interpretato Varda che bruta ... poreta (Sydney, 1993), a one-woman show che rielabora l'esperienza traumatica del viaggio in Italia degli italo-australiani, e il conseguente rifiuto di quel mondo così diverso da come lo si era immaginato ο ricordato (un tema già presente nel Sindaco d'Australia di Randazzo). 12 13 14 In Tony Mitchell, "Doppio: a trilingual touring theatre for Australia," New Theatre Quarterly (gennaio-marzo 1992), 77. Teresa Crea, Josie Composto Eberhardt, Lucia Mastrantone e Antonietta Morgillo, "Ricordi (Memories)," a c. di Elisabeth Mansutti con la collaborazione di Diana Cavuoto, in Around the edge. Women's plays (Adelaide, South Australia: Tantrum Press, 1992), pp. 4-63. Ringrazio Rose Costelloe per avermi permesso di consultare il suo lavoro inedito sull'attività del FTG. "Nuovo paese — New country, a bilingual community show produced by Filef, script writing and co-ordination by Patrick Cranney and Sonja Sedmak, performed on 12, 13, 14, and 15 December 1984, in Pioneer Park, Leichhardt and Leichhardt High School's Auditorium and Courtyard." Dattiloscritto inedito. Cfr. anche Robin Laurie, "Twelve weeks in a Nuovo Paese," in Community Theatre in Australia, a c. di Richard Fotheringham (North Ryde, NSW: Methuen Australia, 1987). Sull'accoglienza del pubblico cfr. Maria Shevstova, "Audience for FTG's 'L'albero delle rose/ The tree of roses' and 'Storie in cantiere/Stories in construction'," Australasian Drama Studies 20 (aprile 1992), 93-118. Renato Cuocolo, "Water and Reverie," Inter nos 2 (marzo 1995), 9. 15 16 17 18 19