Ricerche Microbiologiche Standard del Regno Unito

Ricerche Microbiologiche Standard del
Regno Unito
Ricerca per Epatite
Emesso da Standards Unit, Microbiology Services, PHE
Linea Guida Clinica I G 5 I Emissione no: 1.2 I Data emissione:03.03.14 I Pagina 1 di 44
© Crown copyright 2014
Ricerca per Epatite
Ringraziamenti
Le Procedure Standard del Regno Unito per le Ricerche Microbiologiche (SMI - Standards for
Microbiology Investigations) sono sviluppate sotto l'egida della Public Health England (PHE) in
collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale (NHS - National Health Service), la Sanità Pubblica
del Galles e con le organizzazioni professionali i cui loghi sono di seguito elencati sul sito web
http://www.hpa.org.uk/SMI/Partnerships. Le SMI sono sviluppate, revisionate e controllate da diversi
gruppi di lavoro che sono supervisionati da un comitato direttivo (consultare
http://www.hpa.org.uk/SMI/WorkingGroups).
Si ringraziano per contributi forniti i numerosi operatori dei laboratori clinici, gli specialisti e i laboratori
di riferimento che hanno fornito informazioni e commenti durante lo sviluppo di questo documento. Si
ringraziano i Revisori Medici per le modifiche apportate ai contenuti clinici.
Per ulteriori informazioni contattare:
Standards Unit
Microbiology Services
Public Health England
61 Colindale Avenue
London NW9 5EQ
E-mail: [email protected]
Website: http://www.hpa.org.uk/SMI
Le Procedure Standard del Regno Unito per le Ricerche Microbiologiche sono sviluppate con la
collaborazione di:
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Contenuti
RINGRAZIAMENTI .....................................................................................................................2
CONTENUTI ..............................................................................................................................3
TABELLA MODIFICHE ..............................................................................................................4
RICERCHE MICROBIOLOGICHE STANDARD DEL REGNO UNITO: SCOPO E
OBIETTIVO ........................................................................................................................5
SCOPO DEL DOCUMENTO ......................................................................................................8
INTRODUZIONE .........................................................................................................................8
1
EPATITE A .....................................................................................................................12
2
EPATITE B ......................................................................................................................14
3
EPATITE C ......................................................................................................................20
4
EPATITE D ......................................................................................................................23
5
EPATITE E ......................................................................................................................25
6
EPATITE G ’ ..................................................................................................................29
7
CITOMEGALOVIRUS (CMV) .........................................................................................29
8
EBSTEIN BARR VIRUS (EBV) ......................................................................................30
9
FEBBRE GIALLA ...........................................................................................................31
10
FEBBRE Q ......................................................................................................................33
BLIOGRAFIA ............................................................................................................................35
NICE ha accreditato la procedura usata dalla Public Health England per elaborare gli Standards for
Microbiology Investigations. L’accreditamento è valido per 5 anni dal Luglio 2011. Informazioni più
dettagliate sull’accreditamento possono essere consultate: www.nice.org.uk/accreditation.
Per ulteriori informazioni sul nostro accreditamento consultare: : www.nice.org.uk/accreditation
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Tabella delle Modifiche
Ciascun metodo SMI possiede una registrazione separata delle correzioni. Quelle attuali sono
specificate in questa pagina. Le precedenti modifiche sono disponibili presso la E-mail:
[email protected]
I documenti nuovi o revisionati devono essere controllati in ciascun laboratorio in accordo con il
sistema locale di gestione della qualità.
Modifica No/Data.
2/03.03.14
Emissione eliminata. no
1.1
Emissione inserita no.
1.2
Sezione(i) interessate/Pagina no. Modifica.
Il documento è stato inserito in un nuovo formato che
evidenzia il passaggio della Health Protection Agency alla
Public Health England.
Prima pagina ridisegnata.
Documento intero .
Rinominata la pagina di “Stato come Scopo” e Obiettivo
ed aggiornata in modo appropriato.
I loghi delle organizzazioni professionali sono stati
revisionati ed aggiornati.
Il contenuto scientifico rimane invariato.
Modifica No/Data.
1/11.11.11
Emissione eliminata. no
1
Emissione inserita no.
1.1
Sezione(i) interessate.
Modifica.
Intero documento
Bibliografia
in precedenza QSOP 54 ora G 5.
Documento presentato in nuovo formato.
Bibliografia In parte aggiornata.
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Ricerche Microbiologiche Standard del Regno Unito#:
Scopo e Obiettivo
Utilizzatori delle SMI
• Nel Regno Unito le SMI sono principalmente destinate come risorsa generale ai
professionisti che operano nel campo della medicina di laboratorio e delle malattie infettive.
• Le SMI forniscono ai clinici informazioni in merito allo standard dei servizi di laboratorio
riferibili alle ricerche per la diagnosi delle infezioni nei loro pazienti e le documentazioni
forniscono indicazioni che facilitano la prenotazione elettronica di tests appropriati da parte
dei reparti ospedalieri.
• Le SMI forniscono gli standard per le ricerche microbiologiche anche ai responsabili della
sanità pubblica che devono considerarle come parte delle procedure da adottare per la
salute (sia clinica che pubblica) per la propria popolazione.
Informazioni di Base per le SMI
Le SMI comprendono algoritmi e procedure raccomandate che riguardano tutte le componenti del
processo diagnostico dalla fase pre-analitica (sindrome clinica) alle diverse fasi analitiche (prove
di laboratorio) e post-analitiche (interpretazione e comunicazione dei risultati).
Gli algoritmi delle sindromi sono corredati da informazioni più dettagliate contenenti consigli sulle
indagini per specifiche malattie e infezioni. Note orientative riguardano il contesto clinico, la diagnosi
differenziale e indagini appropriate per particolari condizioni cliniche. Le note orientative descrivono
metodologie di laboratorio essenziali che sono alla base della qualità, ad esempio la validazione
della prova, la garanzia della qualità, la definizione dell'incertezza della determinazione.
La Standardizzazione del processo diagnostico conseguente all'adozione delle SMI consente di
garantire in tutto il Regno Unito strategie d’indagine equivalenti nei diversi laboratori ed è una
condizione essenziale per interventi nel campo della sanità pubblica, della sorveglianza, e per le
attività di ricerca e di sviluppo. Nel Regno Unito le SMI rappresentano strategie omogenee per le
prove diagnostiche e la programmazione degli interventi di sanità pubblica
Collaborazione Paritaria
La preparazione e stesura delle SMI è effettuata mediante collaborazione paritaria fra PHE, NHS,
Royal College of Pathologists e le organizzazioni professionali.
L'elenco delle organizzazioni partecipanti può essere trovato su sito
http://www.hpa.org.uk/SMI/Partnershipshttp. L'inclusione del logo di una organizzazione in una
SMI implica il sostegno degli obiettivi e del processo di preparazione del documento. I
rappresentanti delle organizzazioni professionali fanno parte del comitato direttivo e dei Gruppi di
Lavoro che sviluppano le SMI. Le opinioni dei rappresentanti possono non essere rigorosamente
conformi a quelle dei membri delle organizzazioni a cui appartengono né a quelle delle loro
organizzazioni. I rappresentanti prescelti rappresentano uno strumento bidirezionale per la
consultazione e dialogo. Le opinioni espresse sono ricercate con un processo di consultazione.
Le SMI sono sviluppate, revisionate ed aggiornate con un ampio processo di consultazione
#
Microbiologia è usato come termine generico per includere le due specialità di Microbiologia Medica riconosciute dal GMC (General
Medical Council), (che comprende Batteriologia, Micologia e Parassitologia) e la Virologia Medica.
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Assicurazione di Qualità
Il NICE (National Institute for Health and Care Excellence) ha accreditato la procedura utilizzata dai
Gruppi di Lavoro per produrre le SMI L’accreditamento è applicabile a tutte le linee guida prodotte
dall’Ottobre del 2009. La procedura per lo sviluppo delle SMI è certificata dalla ISO 9001:2008.
Le SMI rappresentano una procedura standard di buona qualità pratica alla quale si devono
attenere per la propria attività tutti i laboratori di microbiologia clinica e di sanità pubblica del Regno
Unito. Le SMI sono accreditate dal NICE e non rappresentano gli standard minimi di attività, e
neppure il più alto livello di complesse indagini di laboratorio disponibili nel Regno Unito.
Utilizzando le SMI, i laboratori dovranno tenere conto delle esigenze locali e intraprendere ricerche
addizionali qualora opportune. Le SMI aiutano i laboratori a soddisfare i requisiti
dell’accreditamento con la promozione di procedure d’elevata qualità che possono essere
verificate. Le SMI forniscono inoltre un punto di riferimento per lo sviluppo del metodo. Queste
stesse devono essere utilizzate in associazioni con altre SMI.
Le prestazioni della SMI dipendono dal personale ben addestrato e dalla qualità dei reagenti e
delle attrezzature utilizzate. I laboratori dovrebbero assicurare che tutti i reagenti di tipo
commerciale e quelli messi a punto in laboratorio siano stati validati e risultati idonei allo scopo. I
laboratori devono partecipare a programmi di valutazione di qualità esterni ed eseguire le relative
procedure del controllo di qualità interno.
Coinvolgimento del Paziente e della Comunità
Nello sviluppo delle SMI i rispettivi Gruppi di Lavoro sono impegnati per favorire il coinvolgimento
dei pazienti e dell’opinione pubblica. Grazie al coinvolgendo pubblico, di operatori sanitari,
ricercatori e organizzazioni di volontariato la SMI risultante sarà strutturalmente valida e atta a
soddisfare le esigenze dell'utente. L’opportunità di partecipazione per contribuire alla
consultazione è estesa al pubblico con l’accesso libero al nostro sito web
Informazione della Gestione e dei Dati Sensibili
La PHE è un’organizzazione che condivide le direttive Caldicott. Ciò significa prendere ogni
possibile precauzione per prevenire la diffusione non autorizzata di informazioni sui pazienti e di
garantire che le informazioni relative agli stessi siano mantenute in condizioni di sicurezza.
Lo sviluppo di metodi SMI è assoggetto agli obiettivi PHE di Uguaglianza
http://www.hpa.org.uk/webc/HPAwebFile/HPAweb_C/1317133470313. I Gruppi di Lavoro SMI
sono impegnati a raggiungere gli obiettivi di parità di consultazione efficace con gli appartenenti al
pubblico, i partner, le parti interessate ed i gruppi specialistici coinvolti.
Dichiarazione Legale
Mentre ogni cura è stata intrapresa per la preparazione delle SMI, PHE e ogni altra
organizzazione di sostegno, deve, per quanto possibile in base a qualunque legge vigente,
escludere la responsabilità per tutte le perdite, costi, reclami, danni o spese derivanti da o
connessi all'uso di una SMI o con qualsiasi informazione ivi contenuta. Se si apportano modifiche
a una SMI, si deve porre in evidenza dove e da chi sono state effettuate tali modifiche.
Le conoscenze di base e la tassonomia microbica per la SMI sono le più complete possibili, al
momento della pubblicazione. Eventuali omissioni e nuove informazioni saranno considerate nel
corso della prossima revisione. Queste procedure standard (SMI) possono essere sostituite solo
da revisioni dello standard, azione legislativa, o in seguito ad indicazioni da parte dell’ente
accreditato NICE.
I diritti d’autore delle SMI sono della “Crown” e questi dovrebbero essere riconosciuti quando
appropriato.
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Citazione Suggerita per questo Documento
Public Health England. (2014). Investigation of Hepatitis. UK Standards for Microbiology
Investigations. G 5 Emissione 1.2. http://www.hpa.org.uk/SMI/pdf.
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Scopo del Documento
Tipo di campione
N/D
Scopo
Questo metodo descrive l’esame di campioni per Epatite.
Questa SMI deve essere usata congiuntamente alle altre SMI.
Introduzione
Notizie di Base
Con il termine "epatite" s’intende l’infiammazione del fegato. L'epatite può essere causata da virus,
batteri, farmaci, tossine, o assunzione di un eccesso di alcol. L'epatite virale è stata la prima a essere
riconosciuta come entità clinica distinta durante la fine del 18° e primi anni del 19° secolo. A quel
tempo, cominciarono a essere descritti nella letteratura medica studi su focolai sparsi di questa
sindrome, descritti come epatite infettiva, epatite epidemica, o ittero catarrale. I virus associati con la
principale caratteristica clinica di epatite, l’ittero, sono noti come virus dell’epatite, dei quali cinque sono
stati descritti – virus dell’epatite A, B, C, E e D, anche se altri virus possono causare epatite come
parte di una più ampia malattia, per esempio, CMV ed EBV. Probabilmente esistono altri virus
dell'epatite, non ancora caratterizzati.
L'epatite virale è la più frequente fra le malattie infettive gravi, con una significativa morbilità e mortalità
conseguente alla malattia acuta (epatite A, B, C, D, E) e alla cirrosi e cancro del fegato associati
all'infezione cronica (epatite B, C, D), cui si associano effetti economici negativi.
L'epatite virale può essere trasmessa per via enterica e parenterale.
Epatite Trasmessa per via Enterica
Si manifesta quando una quantità sufficiente di virus causa infezione entrando per via orale. Ciò può
avvenire per contatto diretto con le feci di una persona infetta o in modo indiretto per contaminazione
fecale di cibo, approvvigionamento idrico, frutti di mare o utensili. Questa è la principale via di
trasmissione per l'epatite A e E.
Epatite trasmessa per via Parenterale
Si manifesta quando la malattia è trasmessa da una persona all'altra tramite sangue infetto e fluidi
corporei. Le persone a maggior probabilità di infettarsi sono:
•
Famigliari di persone infette (compresi i neonati)
•
Tossicodipendenti per via parenterale (attuali o in precedenza)
•
Riceventi trasfusioni di sangue o emoderivati, o trapiantati d’organo prima del 1990 quando le
banche del sangue hanno iniziato a eseguire accertamenti per l'epatite C
•
Persone con lesioni da aghi
•
Persone ospitate in istituzioni
•
Persone con più partner sessuali
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•
Persone con tatuaggi
•
Operatori sanitari – casi rari nel RU
Epatite B, C & D sono trasmesse per via parenterale, quindi sono incluse nelle infezioni virali di origine
ematica.
Fegato
.Il
fegato pesa circa 1,5 kg nell’adulto sano con sede nella parte destra dell'addome, subito sotto il
diaframma.
Le cellule epatiche svvolgono numerose attività chimiche di tipo diverso, tra le quali:
•
Produzione di bile, facilita la digestione emulsionando i lipidi
•
Immagazzinamento di sostanze vitali come glicogeno, ferro, rame, e di alcune vitamine, in
particolare le vitamine A, B12 e D.
•
Smaltimento dei rifiuti degli aminoacidi, producendo urea da ammoniaca.
•
Produzione di energia con produzione di glucosio dagli amminoacidi e scissione del
glicogeno, e metabolismo dei grassi.
•
Produzione di sostanze proteiche tra cui i fattori della coagulazione che regolano la
coagulazione del sangue e le proteine del plasma, in particolare l’albumina.
•
Filtrazione di sostanze tossiche che possono danneggiare l'organismo se si accumulano.
Tutte le precedenti funzioni svolte dal normale funzionamento delle cellule epatiche possono essere
influenzate dall’epatite, con conseguente comparsa di sintomi sistemici, e pure di quelli più specifici
dell’infezione e dei sintomi correlati al danno epatico (consultare di seguito).
Tuttavia, il fegato è uno degli organi più importanti e versatili del corpo umano. In realtà, è l'unico
organo in grado di rigenerare se stesso - fino all’80% - 85% del fegato può essere distrutto e il tessuto
rimanente può recuperare.
Sintomi di Epatite
.I
sintomi precoci dell’epatite infettiva sono simili a quelli di una comune influenza - affaticamento
generale, dolori articolari e muscolari e anoressia. Possono seguire nausea, vomito e diarrea o
stitichezza con una febbre di grado medio-basso (fino a 39°C). Con il progredire della malattia, il fegato
può aumentare e divenire dolente. Possono comparire brividi, perdita di peso, e si può verificare
disgusto per il cibo come, curiosamente, per le sigarette. Occasionalmente, le urine e le feci cambiano
colore. In tutti i tipi di epatite virale compare un insieme di caratteristiche cliniche che vanno da
condizione asintomatica o subclinica a classico ittero, insufficienza epatica acuta e decesso. Si può
verificare qualsiasi tipo di combinazione con stanchezza, febbre, perdita di appetito, nausea, vomito,
diarrea o disturbi addominali.
Una parte dei pazienti presenta urine scure e feci chiare, con successiva comparsa di ittero, con cui la
pelle e la sclera oculare assumono colore giallo. Può essere presente prurito della pelle. Con la
comparsa dell’ittero, gli altri sintomi tendono ad attenuarsi. L'ittero è dovuto ad accumulo di bilirubina
nel sangue. Questa si 'forma principalmente dal catabolismo dell’"eme" nei globuli rossi ed è un
prodotto di scarto. Nell’individuo sano circola nel sangue solo una piccola quantità di bilirubina.
L’aumento dei livelli di bilirubina serica è invece rilevato nei pazienti affetti da patologie che aumentano
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la distruzione dei globuli rossi e in altre condizioni, quali la malattia epatica, nella quale si configura
una ridotta rimozione dalla circolazione sanguigna di questo metabolita. La bilirubina è un pigmento
giallo e quando si accumula nel sangue a livelli eccessivamente elevati rende di colore giallo la pelle e
la sclera oculare. Ittero (o ictersus) è la definizione clinica di questa condizione.
In alcuni casi la causa dell’epatite acuta può essere suggerita dalle caratteristiche cliniche e
dall’anamnesi del paziente. Tuttavia, per definire la diagnosi, devono essere utilizzate specifiche prove
di laboratorio.
Prove Biochimiche
."Prove
di funzionalità epatica" (PFE): termine comunemente usato per descrivere un gruppo di esami
del sangue che valuta lo stato generale del fegato e delle vie biliari. Gli esami del sangue di routine
possono essere suddivisi in vere PFE, quali la determinazione dell’albumina, tempo di protrombina, e
quelle che sono semplicemente marcatori di malattie del fegato o delle vie biliari, come i diversi enzimi
epatici. La bilirubina serica è generalmente considerata una vera prova di funzionalità epatica, poiché
riflette la capacità del fegato di catturare, elaborare e secernere la bilirubina nella bile. Tuttavia, questa
determinazione è relativamente aspecifica, perché molte patologie epatiche o delle vie biliari possono
provocare elevati livelli di bilirubina serica. Oltre alle consuete prove epatiche ottenute con i pannelli
biochimici automatizzati di routine, per la definizione della causa specifica di una malattia epatica i
medici possono richiedere esami più specifici come quelli della sierologia virologica, o prove per
l'autoimmunità.
Enzimi epatici
Si conoscono due categorie generali di "enzimi epatici." Il primo gruppo comprende alanina
aminotransferasi (ALT) e aspartato aminotransferasi (AST), in precedenza denominata SGPT e SGOT.
La presenza di livelli elevati di questi enzimi è indice di danno della cellula epatica. Gli altri enzimi
epatici frequentemente utilizzati sono la fosfatasi alcalina e la gamma-glutamiltranspeptidasi (GGT).
Livelli elevati di questi ultimi enzimi indicano ostruzione delle vie biliari, sia nel parenchima sia nei
grandi canali biliari esterni del fegato.
Gli enzimi ALT e AST sono presenti nelle cellule del fegato (epatociti). Quando le cellule del fegato
sono danneggiate, questi enzimi sono rilasciati nel flusso sanguigno. In generale, il livello di ALT è
ritenuto un indicatore più specifico d’infiammazione del fegato, infatti, l’AST può essere elevata nelle
malattie di altri organi, quali il cuore. Nel danneggiamento epatico acuto, come ad esempio da epatite
virale acuta, ALT e AST sono spesso drammaticamente elevate, nell’epatite cronica o cirrosi,
l'elevazione di questi enzimi può essere minima, vale a dire 2-3 volte il valore normale, o moderata.
Innalzamento di grado lieve o moderato dell’ALT può essere causato da un’ampia gamma di malattie
del fegato. La determinazione del livello di ALT e AST è spesso utilizzata per monitorare l’andamento
dell’epatite cronica e la risposta a trattamenti quali l'interferone e altri antivirali.
La fosfatasi alcalina e la GGT sono elevate in un gran numero di condizioni che coinvolgono il
drenaggio della bile. Poiché la fosfatasi alcalina è presente anche in altre sedi, come ossa, placenta e
intestino, un livello elevato di questo enzima non è specifico per malattia epatica; la determinazione
della GGT è utilizzata come prova supplementare per avere la certezza che l'innalzamento della
fosfatasi alcalina è di provenienza epatica o dalle vie biliari; la GGT invece non è elevata nelle malattie
che coinvolgono ossa, placenta, o intestino. L’aumento di grado lieve o moderato della GGT in
presenza di un normale livello di fosfatasi alcalina è di difficile interpretazione ed è spesso causato da
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cambiamenti degli enzimi nella cellula epatica indotti da alcol o farmaci, ma non associati a
danneggiamento del fegato.
Albumina e Tempo di Protrombina
La concentrazione dell’albumina serica e tempo di protrombina sono due altri indicatori comunemente
utilizzati per valutare la funzionalità epatica. L'albumina è la principale proteina sintetizzata dal fegato e
le patologie ad andamento cronico dell’organo causano una diminuzione della quantità prodotta.
Pertanto, nelle fasi più avanzate delle malattie del fegato, il livello di albumina serica è ridotto. Il tempo
di protrombina o PT è una prova utilizzata per valutare la coagulazione del sangue. I fattori della
coagulazione del sangue sono proteine prodotte dal fegato, quando l’organo è notevolmente
danneggiato queste proteine non sono prodotte in modo normale. Il tempo di protrombina è un’utile
prova di funzionalità epatica per la buona correlazione tra le anomalie della coagulazione determinata
dal tempo di protrombina e il grado di disfunzione epatica. Il tempo di protrombina è generalmente
espresso in secondi ed è confrontato con il valore normale della PT di un paziente di controllo.
Altre Prove Biochimiche
Sono disponibili molte altre prove biochimiche specifiche che possono essere utilizzate per
diagnosticare la causa della malattia epatica. Inoltre, per diagnosticare l’origine di un’epatite virale, si
utilizzano anche specifici esami del sangue.
Valutazione Istologica
La biopsia epatica è’ generalmente utilizzata per prelevare campioni di cellule del fegato (epatociti) al
fine di valutare i danni cellulari. La valutazione delle biopsie è molto soggettiva e di tipo qualitativo. Nel
tentativo di migliorarne la valutazione, sono stati usati sistemi a punteggio per quantificare tutti gli
aspetti del processo necro-infiammatorio-fibrotico dell’epatite cronica come quello proposto da Ishak
Knodell e Metavir. Le prove sierologiche e molecolari hanno diminuito l’importanza della biopsia
epatica come strumento diagnostico, ma rimane utile per escludere altre malattie epatiche e per
valutare l'entità del danno. Sono stati recentemente introdotti altri metodi non invasivi per la
valutazione della fibrosi epatica, quali Fibroscan (misura di elasticità del fegato) e Hepascore sulla
base di parametri ematici.
Denuncia di epatite
Il sospetto di epatite infettiva acuta deve essere denunciato da un medico abilitato all’apposito
responsabile dell’autorità locale in cui è stato visitato il paziente, come indicato nel Department of
Health. L’Health Protection Legislation (England) Guidance 2010; questa denuncia non richiede la
1
conferma di laboratorio . I laboratori devono denunciare alla PHE i casi di epatite A, e quelli acuti e
cronici di epatite B e C.
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1
Epatite A
1.1
Virologia di Base e Tassonomia
Malattia trasmessa per via enterica nota come 'epatite infettiva' era già conosciuta molti anni prima che
il suo agente causale fosse identificato nel 1973 con il rilievo nelle feci dei pazienti di un virus di 27nm
icosaedrico utilizzando immunomicroscopia elettronica2. Studi di biofisica e biochimica hanno poi
definito che l'epatite A (HAV) è un membro della famiglia delle Picornaviridae. Nel 1992 HAV è stato
assegnato al genere separato Hepatovirus per una serie di differenze con gli enterovirus, compresa la
stabilità del virione a 60° C, la mancanza di reattività con l’anticorpo monoclonale specifico del gruppo
enterovirus, bassa percentuale di omologia nucleotidica con il genoma di questi ultimi e alcune
differenze nel ciclo di replicazione. Il genoma è a filamento singolo intrecciato di RNA a senso positivo
di particelle icosaedriche prive di envelope3. Il capside è composto da 60 copie di ciascuna delle
quattro proteine strutturali VP1-4. Una sola copia della proteina VPg è legata al genoma in modo
covalente all’estremità 5' dell’RNA.
Tutti gli isolati di HAV appartengono a un unico sierotipo costituito da sette genotipi, riconosciuti sulla
base di meno dell’85% dell’identificazione dei nucleotidi in regioni selezionate del genoma.
1.2
Diagnosi di Laboratorio
L’HAV è presente nelle feci prima della comparsa dei sintomi clinici e può essere dimostrato con
microscopia elettronica. L’isolamento in colture cellulari è difficile, ma quando è necessario per
scopi di ricerca, il virus può essere recuperato dalle feci su appropriate linee primarie cellulari
continue di primati, derivate da rene di scimmia o da fibroblasti umani o di epatocarcinoma. Il
riscontro dell'acido nucleico con la PCR può essere utile come strumento epidemiologico in studi
ambientali.
Con la comparsa dei sintomi clinici possono essere riscontrati gli anticorpi. La diagnosi d’infezione
acuta richiede la presenza di anticorpi anti-HAV IgM o di sieroconversione. Gli anticorpi IgM
scompaiono circa 3-6 mesi dopo l'insorgenza della malattia. Gli anticorpi IgG persistono per tutta la vita
e conferiscono immunità contro nuove infezioni. Gli anticorpi sono dimostrabili con L’EIA. Le IgM
dell’epatite A sono presenti anche dopo la vaccinazione, e non sono infrequenti risultati falsi positivi,
specialmente nei gruppi di età più avanzata.
1.3
Sintomi Clinici
Il periodo d’incubazione è solitamente di 4 settimane (2-6 settimane). La sede dell’infezione primaria è
nel tubo digerente, anche se la sequenza di eventi che si traduce in epatite non è del tutto compresa.
La breve fase prodromica, che varia da 2 a 7 giorni, precede di solito la comparsa di ittero. In questa
fase i sintomi più importanti sono febbre, cefalea, dolori muscolari e addominali, anoressia, nausea,
vomito e, talvolta artralgia. Durante questo periodo è spesso presente epatomegalia e leucopenia,
seguite da bilirubinuria e, 10 giorni più tardi, da feci chiare e ittero.
Il fegato è di solito ingrossato e le prove di funzionalità epatica sono anormale con elevati livelli serici di
lanina aminotransaminasi (ALT) e aspartato amino transaminasi (AST). L'ittero è talvolta
accompagnato daa prurito e da orticaria o eritemi papulari4.
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In tutto il mondo, la maggior parte delle infezioni si manifesta nei bambini piccoli a carattere subclinico.
La malattia è di solito lieve nei bambini più grandi e nei giovani adulti, con gravità crescente con l’età5. I
sintomi possono scomparire dopo 10-14 giorni, tranne che negli adulti, nei quali possono durare fino a
4-5 settimane. Le prove di funzionalità epatica ritornano rapidamente alla normalità quando
scompaiono i sintomi clinici, ma in alcuni casi possono persistere per alcuni mesi. Nei neonati infettati
nelle unità di terapia intensiva ospedaliere è stata osservata escrezione prolungata del virus nelle feci6.
Non si manifestano conseguenze a lungo termine e nessuno stato di portatore cronico. L'infezione può
manifestarsi con andamento recidivante, e meno frequentemente come malattia nella quale la
colestasi è la principale caratteristica4. L’epatite acuta A è una delle principali cause di epatite
fulminante ed è stata riportata nel 10% dei trapianti pediatrici di fegato4,7.
1.4
Trasmissione
La trasmissione può avvenire tramite vie diverse:
•
Il modo più frequente di trasmissione si realizza per via oro-fecale da persona a persona. La
trasmissione è generalmente limitata a stretto contatto, soprattutto nell’ambito famigliare.
•
In molti paesi un importante meccanismo di trasmissione è rappresentato dal consumo di
molluschi crudi o parzialmente cotti, quali le ostriche raccolte da acque contaminate da scarichi
reflui umani8. In altre epidemie da HAV sono stati implicati latte, fragole o insalate9. Sono stati
anche segnalati numerosi focolai di origine idrica.
•
Si sono verificate varie epidemie di grandi dimensioni nei tossicodipendenti e tra gli uomini con
rapporti omosessuali10,11
1.5
Epidemiologia
L'epatite A è presente in tutto il mondo3. Gli aspetti epidemiologici dell’epatite A variano nelle diverse
parti del mondo, anche se le differenze sono legate più a condizioni socio-economiche che a regioni
geografiche. Nei paesi in via di sviluppo, dove e servizi igienici sono scarsi, l'infezione subclinica
nell’infanzia è frequente e il 90% della popolazione adulta è immune. Nei paesi industrializzati, la
maggior parte delle persone sono suscettibili all’infezione e i viaggiatori non immunizzati provenienti
dai paesi industrializzati sono pertanto a rischio di contrarre l'infezione.
1.6
Prevenzione e Controllo
L'epatite A si trasmette per via oro-fecale, elevati standard d’igiene pubblica e personale sono ancora
la pietra miliare del controllo. Sono importanti l’approvvigionamento di acqua pulita e moderni metodi
efficienti di raccolta, trattamento e smaltimento delle acque reflue. Gli operatori del settore alimentare
devono essere tenuti a rispettare elevati standard d’igiene.
L’immunizzazione passiva contro l'epatite A è una pratica ben definita. La somministrazione di 0.020.06 mL/kg d’immunoglobuline normali prima dell’esposizione conferisce protezione nell’80-90% per
un periodo di 4-6 mesi ed è stata utilizzata per i viaggiatori che si recano in zone endemiche.
Sono ora disponibili a livello internazionale quattro vaccini inattivati contro l'HAV. Tutti e quattro sono
sicuri ed efficaci, con protezione di lunga durata. Tutti questi sono simili in termini di efficacia e per
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effetti collaterali. I vaccini sono somministrati per via parenterale, con una dose più richiamo a 6-18
mesi di distanza. La dose di vaccino varia da produttore a produttore, il programma di vaccinazione,
l'età per la quale è concessa la licenza al vaccino, e la disponibilità di formulazioni pediatriche e per
adulti. Nessun vaccino è dotato di licenza per bambini più piccoli di un anno di età. I vaccini per
l'epatite A sono tutti molto immunogeni. Quasi il 100% degli adulti sviluppa livelli protettivi di anticorpi
entro un mese dopo una singola dose di vaccino. Sebbene una dose di vaccino fornisca una
protezione, almeno a breve termine, i produttori consigliano ora due dosi per assicurare una protezione
a lungo termine. Le controindicazioni alla vaccinazione per antiepatite A comprendono allergia verso
qualsiasi componente del vaccino. Sono anche disponibili associazioni di vaccino per epatite A/epatite
B.
Le raccomandazioni per la vaccinazione antiepatite A in situazioni di epidemia dipendono
dall’epidemiologia nella comunità, e dalla possibilità d’una rapida attuazione di un ampio programma di
vaccinazione. L’uso del vaccino per epatite A per controllare grandi epidemie comunitarie ha raggiunto
la maggior efficacia in piccole comunità autocontrollate, quando la vaccinazione è stata somministrata
precocemente nel corso dell’epidemia, e quando si ottenuta una protezione nelle coorti di età diversa.
Le campagne di vaccinazione devono essere sostenute da una migliore educazione e condizione
sanitaria12,13. Le immunoglobuline umane normali devono essere somministrate, come pure il vaccino,
alle persone oltre i 50 anni di età e a pazienti con malattie epatiche croniche14.
Al momento non è disponibile alcuna terapia antivirale specifica per l'epatite A.
2
Epatite B
2.1. Virologa di Base e Tassonomia
Il virus dell'epatite B (HBV) è il rappresentante umano della famiglia delle Hepadnaviridae, gruppo
di piccoli virus DNA che infettano un certo numero di specie animali. In molti di questi animali, ad
esempio la marmotta orientale, lo scoiattolo di terra Beechey, e l'anatra Pechino, i virus sono
epatotropi15. Il virus dell'epatite B è un virus dotato di envelpe con genoma di DNA a doppio
filamento circolare di 3,2 kb, parzialmente a doppia elica circolare, la maggior parte del filamento è
incompleto prima della replica. Sono noti otto genotipi di HBV, designati A-H, descritti da analisi di
sequenza, basate su variazioni nucleotidiche di oltre l'8% in tutto il genome16,17.
Il genoma di HBV contiene quattro geni principali: S, C, P, X. L’ORF-S codifica le proteine di
superficie (envelope), che possono essere tradotte a partire da tre codoni d’inizio portando così
alla produzione di 3 proteine di differenti dimensioni: la proteina L (Large) che comprende tutte e
tre le regioni dell’ORF-S, (pre-S1 e pre-S2, S), la proteina M (Major) comprende le regioni pre-S2
e S, e la proteina S (Small) che comprende la regione S ORF. Queste proteine nel loro insieme
sono indicate come antigene di superficie HBsAG. In base all’eterogeneità di HBsAg sono stati
identificati quattro principali sottotipi di virus: adw, ayw, adr, ayr15,18. Anche il gene C può essere
tradotto a partire da due codoni d’inizio differenti: il prodotto proteico più lungo comprende le
regioni pre-C e C (che viene scisso per produrre la componente solubile del core HBeAg), mentre
il prodotto proteico più corto rappresenta la proteina del nucleocapside C (core) indicata come
HBcAg. L’ORF P codifica la polimerasi virale che comprende anche la funzione di trascrittasi
inversa. Il gene X ha più funzioni, ma il suo compito non è ben noto, anche se sembra possa
avere un ruolo nell’oncogenesi di HBV.
Il ciclo di replicazione comincia con la chiusura del gap nel filamento positivo del DNA che migra
verso il nucleo della cellula in una forma di DNA completamente bicatenario e superspiralizzato
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(ccc DNA, covalently closed circular DNA) ). Il filamento negativo del cccDNA è trascritto dalla
RNA polimerasi II cellulare nell’intermedio pregenomico a RNA (più lungo del genoma) e in
trascritti sub genomici più piccoli che servono da mRNA stampo per produrre le proteine
dell’envelope P e C, pre-S e S. Nei nuovi virioni la polimerasi P, grazie alla sua attività di
trascrittasi inversa, a partire dallo stampo a RNA produce un nuovo filamento di DNA genomico. Le
coppie di cccDNA si accumulano e rimangono nel nucleo19,20.
2.2
Diagnosi di Laboratorio
Le prove per infezione da epatite B si avvalgono in primo luogo sul rilievo di HBsAg. HBsAg sarà
presente nel sangue se è in corso l'infezione da epatite B. Per molti anni sono stati disponibili
immunodosaggi molto sensibili per questo scopo, incluso quello radioimmunologico (RIA) e
numerosi saggi immuno-enzimatici (EIA). Molti saggi sono ora eseguiti utilizzando l’EIA su
analizzatori automatici, ad esempio l’HBsAg con anticorpi anti-HBs adsorbiti su microparticelle
rilevato da una reazione di chemiluminescenza21. Le mutazioni nel gene 'S' possono ridurre la
sensibilità o determinare il mancato rilevamento di HBsAg, soprattutto se nel saggio immunologico
si utilizza un anti-HBs monoclonale per la cattura e anche come sonda22. Sebbene le specifiche
pubblicate dal National Blood Service del Regno Unito per la rilevazione del livello minimo di
sensibilità per HBsAg siano ora di 0,2 IU/mL23, è generalmente accettato che si possa rilevare la
quantità di 0,05 UI/mL di HBsAg o inferiore. I saggi devono possedere la marchiatura CE. Per le
importanti implicazioni legate al riscontro di una positiva reattività iniziale di HBsAg, questa deve
essere confermata da una prova di neutralizzazione o con la ripetizione dell’HBsAg con un
secondo saggio, e con il controllo su un secondo campione. HBsAg compare circa 2-4 settimane
prima dell’innalzamento dell’ALT. Tuttavia, HBV DNA può essere rilevato circa 3-4 settimane
prima24.
Il riscontro di HBsAg con un solo immunodosaggio eseguito in un determinato momento non
fornisce informazioni sulla durata dell’infezione. La sua presenza nei campioni per 6 o più
consente di definire l’infezione da epatite B come 'cronica'. La presenza di anticorpi IgM verso
l'antigene core "dell'epatite B (anti- HBc IgM) è utilizzata per definire se l'HBsAg è associato a
un’infezione acuta o cronica. Nell’epatite acuta B le IgM anti-HBc sono presenti a concentrazioni
elevate (> 50 unità Paul Ehrlich/mL) nei pazienti sintomatici e asintomatici ed è comunemente
ritenuto che siano rilevabili per circa 3-6 mesi. Quest’anticorpo è comunque un marcatore di attività
HBV e la sua presenza e scomparsa sono molto variabili. In uno studio con RIA IgM anti-HBc
questi anticorpi sono comparsi nella maggior parte dei casi entro una settimana dalla
manifestazione dei sintomi, ma in circa l'8% la loro presenza era ritardata di 2 settimane25. Il valore
mediano della permanenza delle IgM anti-HBc è risultata di 32 settimane, con un intervallo
compreso fra due settimane a più di due anni, il 14% presentava IgM per più di un anno25.
Pertanto i risultati delle IgM anti-HBc devono essere interpretati con cautela e associati ad
informazioni cliniche e biochimiche. Può essere infatti riscontrata un’epatite cronica B con
replicazione virale attiva; è pure importante quantificare le IgM anti-HBc per differenziare l'epatite B
acuta da quella cronica con elevate concentrazioni di IgM anti-HBc, che correla con un’infezione
acuta piuttosto che con infezione cronica con esacerbazione dei simptomi26 27. Le concentrazioni
di HBsAg tendono a essere maggiori nell’infezione acuta e, nella determinazione dell’infezione
precoce, potrebbe essere utile anche la prova dell’avidità delle anti-HBc27.
Nella fase successiva all’epatite B la contro immunoelettroforesi ha rilevato l’anticorpo verso il core
B (anti-HBc) e persistente in genere per tutta la vitaquesto è talvolta utilizzato come marcatore
d’infezione da HBV28,29. La maggior parte delle prove commerciali rileva anticorpi totali IgG e IgM,
la maggior parte di loro s; ono saggi competitivi. Si tratta di una prova utile per convalidare un
risultato positivo per HBsAg ed è ritrovato associato all'anticorpo anti-HBs nelle infezioni pregresse
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risolte. Il riscontro di anti-HBc isolato, in assenza di HBsAg o altri marcatori sierologici d’infezione
da epatite B è di difficile interpretazione.
Il rilievo di HBeAg circolante, derivato solubile del prodotto principale del core ORF, si verifica
quando il virus si replica attivamente nel fegato, ed è associato a elevati livelli di HBV DNA nel
sangue e ad elevata infettività potenziale. La sua associazione con la malattia epatica progressiva
varia con lo stadio della storia naturale, pertanto sia HBeAg che gli anticorpi anti-HBe sono
monitorati per seguire lo stadio dell'infezione e la risposta al trattamento. HBeAg e gli anticorpi
anti-HBe sono rilevati entrambi usando saggi immunoenzimatici, di solito con prova anti-HBe di
tipo competitivo24. HBeAg e anti-HBe possono coesistere30.
Il saggio anti-HBs usa HBsAg legato su fase solida per catturare l'anticorpo. I saggi automatizzati
usano di solito un antigene ricombinante per la cattura e per la sonda marcata24. Anti-HBs è
utilizzato per monitorare l'immunità dopo la vaccinazione, dove la dose iniziale di 10 mUI/mL è in
grado di conferire protezione verso HBV31. E' pure utilizzato come un marcatore di risoluzione
dell’infezione (HBsAg assente, anti-HBc positivo), ma HBsAg e anti-HBs possono coesistere, in
particolare quando i sottotipi specifici sono diversi, per cui la presenza di anticorpi anti-HBs non
può esclude un’infezione cronica da epatite B30,32.
Il DNA dell’epatite B e determinato con la PCR (allestita in laboratorio o con saggi
commercialmente disponibili) o con altri saggi di amplificazione come il DNA a catena ramificata. I
dosaggi non sono direttamente comparabili e variano in termini di prestazioni e intervallo dinamico.
La determinazione del DNA HBV è utile per diagnosi precoce nei soggetti a rischio prima della
comparsa di HBsAg, e per il monitoraggio della carica virale durante la terapia; il migliore risultato
di gestione raggiungibile è quello di ottenere un livello di HBV DNA non rilevabile dagli attuali
metodi con sensibilità di 10-15 IU/mL33,34. HBV DNA è anche un marcatore prognostico
significativo per la cirrosi. Nel Regno Unito, gli operatori sanitari (OS) HBsAg positivi e HBeAg
negativi devono essere saggiati per il rilievo della concentrazione di HBV DNA nel sangue prima di
eseguire procedure di possibile esposizione al sangue. Sono accettabili concentrazioni inferiori a
103 genomi equivalenti/mL, ma devono essere ricontrollate annualmente35. Se la concentrazione
virale è tra 103-105 geq/ mL, l’OS può lavorare mentre assume la terapia antivirale a condizione
che la concentrazione di HBV DNA sia inferiore a 103 geq/ml durante il trattamento e che il
monitoraggio del HBV DNA sia eseguito a intervalli di 3 mesi36.
Sono stati sviluppati saggi peer la ricerca delccc DNA ma la loro importanza clinica è incerta37.
2.3
Trasmissione
HBV è trasmesso dal sangue e suoi derivati e da altre secrezioni. Il sangue rappresenta un rischio
particolare perché possono essere presenti oltre 108 virioni/mL, visualizzabili direttamente con la
microscopia elettronica38. In passato la trasfusione di sangue è stata un'importante via di
trasmissione, con il 6% degli individui politrasfusi che ha acquisito l'infezione da epatite B prima
della riduzione del rischio conseguente all'introduzione dello screening per HBV nei primi anni
‘7039. Lo screening per HBsAg da solo non elimina del tutto la trasmissione del virus perché sono
note occasionali donazioni sangue con le quali il donatore ha contratto l'epatite B prima della
comparsa di HBsAg. In un modello sperimentale su animale, il sangue prelevato all'inizio
dell'infezione prima della comparsa di anti-HBc è molto più contagioso di quello prelevato dopo la
fase acuta40. L’infettività persiste durante tutto il corso dell’infezione attiva. Nel Regno Unito la
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trasmissione da un chirurgo con HBV cronica a una paziente è stata associata a bassi livelli
circolanti di HBV DNA del valore di 4 x 104 coppie/mL40.
I pazienti con epatite B cronica e HBsAg non rilevabile, cosiddetti 'occulti' per epatite B, sono
generalmente positivi per l'anticorpo anti-HBc e, a volte, anti-HBs, ma possiedono bassi livelli di
HBV DNA compatibile con la replicazione virale in corso40. Provvedimenti diretti a escludere
queste persone dai donatori di sangue richiedono l'utilizzo della prova anti-HBc e del saggio HBV
DNA39.
La trasmissione verticale da madre a figlio del virus dell'epatite B è una delle vie più importanti di
trasmissione di HBV in tutto il mondo. La maggior parte della trasmissione si verifica nel periodo
intrapartum, con esposizione del bambino al sangue materno e alle secrezioni genitali. In uno
studio tailandese la trasmissione dell’infezione ai neonati in utero si riscontra in meno del 3% dei
casi39. Sebbene in corso di minaccia di aborto o parto prematuro siano possibili microinfiltrazioni di
sangue attraverso la placenta potendo rappresentare fattori di rischio, questi risultati non sono stati
osservati in altre ricerche41,42. Il rischio principale di trasmissione verticale è dovuto a madri
HBeAg positive nelle quali il contagio al neonato si verifica in circa l'85% dei casi, rispetto al 31%
di madri HBeAg negative43.
Nella fase acuta di epatite B in gravidanza è presente un aumento del rischio di trasmissione al
neonato, in particolare con l'epatite B acquisita a gravidanza inoltrata44.
Il latte materno contiene HBV nel 70% circa delle madri con HBsAg circolante e può probabilmente
trasmettere l'infezione al neonato45. In generale il rischio di questa via di trasmissione è
relativamente poco importante, maggiore è quello durante la nascita, per il quale è prevista la
somministrazione della profilassi al bambino a rischio.
Nei paesi sviluppati, l'epatite B è principalmente associata al rapporto sessuale, eterosessuale e
omosessuale, e tra i drogati per via parenterale (IDU – injecting drug use). L’incidenza di epatite B
acuta negli IDU si è ridotta in alcune parti nel Regno Unito, dove sono stati attivati efficaci
programmi di vaccinazione, ma in generale nel Regno Unito non è questo il risultato ottenuto,
poiché l'iniziativa della vaccinazione tra gli IDU ha risultati ampiamente variabil46i. Nel 2003, il
consumo di droga è stato il fattore di rischio più frequente con aumento della sieroprevalenza per
anti-HBc dal 3,4% nel 1997 al 10% del 2006, suggerendo che si tratta di un rischio continuato47.
Nel Nord Ovest dell’Inghilterra, per esempio, la via di trasmissione più probabile non era nota nei
due terzi dei casi, dei fattori di rischio evidenziati, quello omosessuale è stato il più frequente
(17%), seguito dall’esposizione eterosessuale (9%)46. La maggior parte dei casi è a carico dei
maschi, prevalentemente nel gruppo d’età fra i 25 e 45 anni46,48.
2.4
Caratteristiche Cliniche
.Il
periodo d’incubazione per l'infezione da epatite B è compreso tra 2 e 6 mesi, con maggiore
carica virale associata a periodi di incubazione più brevi.
I sintomi dell'infezione variano con l'età nella quale l'individuo è infettato. Nel neonato e nei
bambini in tenera età l’infezione acuta è solitamente asintomatica, ma negli adulti l'infezione è
frequentemente asintomatica (circa 50%). Se si manifestano sintomi, il paziente può presentare
ittero, senso di nausea e apatia, e possono manifestarsi tensione o dolore al quadrante superiore
destro. L'ittero è raramente accentuato, ma il colore delle feci può attenuarsi e le urine divenire più
scure e talvolta, verso la fine della fase sintomatica della malattia, può comparire prurito.
L'epatite acuta B è preceduta da una fase prodromica simile alla malattia serica con febbre,
artralgia o artrite, ed esantema, in circa il 10% dei casi. Questi sintomi si verificano circa 2
settimane prima dell’insorgenza dell’ittero, e di solito regrediscono subito dopo la comparsa di
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quest’ultimo. Nel corso dell'infanzia, in associazione con epatite B, è stato osservato un altro
caratteristico esantema, l’acrodermatite papulosa (sindrome di Gianotti-Crosti); sul viso e alle
estremità si osservano lesioni maculopapulari eritematose non pruriginose che persistono 15-20
giorni19.
La glomerulonefrite membranosa è un’altra manifestazione inclusa tra quelle extraepatiche
dell'epatite B49. Anche se più frequente nei bambini ed è più probabile (30-60%) che si risolva
spontaneamente nell'infanzia, un terzo dei casi adulti progredisce fino all’insufficienza renale. La
risoluzione è generalmente associata alla scomparsa di HBeAg49.
L’epatite fulminante si manifesta in meno dello 0,5% dei casi acuti, ma è un grave pericolo per la
vita. Negli ultimi anni il numero delle epatiti B fulminanti è in calo e ormai causa meno del 10% dei
casi50. E 'importante notare che in alcuni casi d’infezione fulminante HBsAg può essere a bassa
concentrazione o non rilevabile, ma sono generalmente riscontrate IgM anti-HBc e HBeAg51. Ciò è
di solito dovuto a un aumento della risposta immunitaria, ma una percentuale può essere causata
dall’incapacità del saggio HBsAg di rilevare i virus mutanti 'S'52.
L'epatite cronica B è definita (arbitrariamente) come persistenza di HBsAg rilevabile oltre 6 mesi.
Questo dato correla in genere con la persistenza delle transaminasi epatiche elevate per oltre 6
mesi, concomitante con la replicazione virale in corso e al danneggiamento epatico. Il corso
dell’infezione cronica può essere suddiviso in più fasi, riflettenti le dinamiche di replicazione del
virus e la risposta immunitaria dell’ospite. Queste non sono necessariamente sequenziali. Le fasi
sono: 1. tolleranza immunitaria; 2. eliminazione immunitaria (immuno reattività o eliminazione
immunitaria), 3. bassa replicazione (inattiva), 4. epatite cronica B HBeAg-negativa
(riattivazione)33,53. Nella fase della tolleranza del sistema immunitario si riscontrano nel sangue
elevati livelli di HBV DNA e HBeAg ma i danni epatici sono assenti o di grado lieve. L'ALT rimane
normale e nella biopsia epatica si osserva infiammazione moderata o assente. Questa fase è
caratteristica dell’epatite B acquisita nel periodo perinatale, generalmente da trasmissione
verticale, e può durare 10-30 anni54.
Dopo qualche tempo la tolleranza immunitaria è persa e si verifica una risposta immunitaria contro
gli epatociti infettato dal virus dell’èpatite B. Questa eliminazione immunitaria (eliminazione
immunitaria o reattiva immunitaria), può durare settimane o anni, è caratterizzata dalla caduta delle
concentrazioni di HBV DNA, innalzamento o fluttuazione dell’ALT ed evidenza istologica di flogosi
necrotica con progressione della fibrosi54. Si riscontra una maggiore perdita di HBeAg con
sieroconversione per positività dell'anticorpo anti-HBe, questa sieroconversione è spesso
accompagnata da una riacutizzazione della sintomatologia dell’epatite.
Il basso grado della replicazione nel portatore inattivo può far seguito all’eliminazione e
sieroconversione di anti-HBe positivo. Gli enzimi epatici - ALT e AST - sono normali e HBV DNA è
a bassa concentrazione o non rilevabile. La prognosi è favorevole, con bassa percentuale di
evoluzione verso la cirrosi e il carcinoma epatocellulare. La perdita di HBsAg si verifica in circa l’13% dei portatori cronici per anno.
HBeAg negativo in corso di epatite cronica B si verifica in pazienti nei quali le mutazioni appaiono
nel pre-C o nel promotore basale del core, dando origine a virus che non possono esprimere
HBeAg. La mutazione più frequente è la A1896G nel pre-C555. Questo non può verificarsi nel
genotipo dei virus A, anche se sono state riscontrate le mutazioni del promotore basale del core (in
particolare la doppia mutazione G1764A più A1762T) come pure in altri genotipi56. Poiché queste
mutazioni sono selezionate dagli anticorpi anti-HBe, il tipico spettro sierologico è composto da
HBsAg positivo, anti-HBc positivo, HBeAg negativo, anti-HBe positivo. Durante questa fase si può
manifestare riattivazione, con valori fluttuanti degli enzimi epatici e di HBV DNA, e pertanto è
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fondamentale il regolare monitoraggio durante tutto questo periodo per differenziare i soggetti con
malattia in fase attiva con il rischio di progressione verso la cirrosi e quelli con malattia inattiva ma
anti-HBe positivi.
La prognosi è generalmente favorevole in quella che da alcuni è definita quinta fase, cioè la
condizione successiva alla perdita di HBsAg. Nel fegato può persistere tuttavia un basso livello di
replicazione di HBV, nonostante l’HBVDNA nel sangue non sia rilevabile. Questi soggetti sono
HBsAg negativi, positivi per anti-HBc e possono avere o no anticorpi anti-HBs. La riattivazione
dell’infezione si può manifestare se il paziente è immunodepresso, in particolare se sono
somministrati anticorpi monoclonali che agiscono sul sistema immunitario, come per esempio il
rituximab57,58.
La cirrosi è il risultato di un danno epatico progressivo, un fegato con l'architettura anomala e
perdita della funzione, caratterizzata dalla proliferazione di tessuto fibroso cicatriziale e con
rigenerazione nodulare degli epatociti. Le principali cause dell'epatite B comprendono, epatite C, e
l'alcol. Alcuni, dei pazienti con epatite cronica B, 15-40%, sviluppano un danneggiamento
epatico16.
Concentrazioni elevate della carica virale di HBV DNA sembrano essere un importante indice
predittivo per la progressione verso la cirrosi e il carcinoma epatocellulare59-61
Il carcinoma epatocellulare (HCC), può insorgere dopo molti anni di infezione cronica da epatite B.
In un ampio studio taiwanese l’HCC si è sviluppato in 1169 su 100.000 anni-persona per coloro
che sono stati HBeAg positivi e in 324 casi con HBV HBeAg negativi La patogenesi del carcinoma
epatocellulare non è del tutto chiara, ma i tempi lunghi richiesti per il suo sviluppo suggeriscono
che devono accadere alcuni eventi a bassa probabilità. La continua proliferazione degli epatociti
come risposta alla perdita di cellule infette può essere un fattore, ed è probabile che la proteina X
di HBV abbia proprietà oncogene19,62. Il rischio aumenta con gli aumenti della carica virale,
soprattutto per valori superiora a 20000 UI/mL60. Il rischio può variare tra i diversi genotipi
dell'epatite B. Nell'epatite cronica B anche i cofattori sono importanti per lo sviluppo di carcinoma
epatocellulare. Questi includono le aflatossine, l'alcool e la co-infezione con l'epatite C63.
2.5
Epidemiologia
La prevalenza di epatite B varia notevolmente in tutto il mondo, riflettendo in larga misura diverse
possibilità di trasmissione. Le percentuali di sieroprevalenza per gli anticorpi anti-HBc, marcatore
d’infezione in qualsiasi periodo della vita, variano da 1-2% nel Regno Unito, 0,5-1% nei Paesi
Bassi, al 96% in Cina e Corea del Sud, mentre in alcune regioni, quelle di positività per Ag
possono superare 5-10%, in modo particolare in Cina e Sud Est Asiatico, Africa e Oceania64. In
Estremo Oriente, la trasmissione si manifesta nel periodo neonatale o perinatale, mentre in Africa
le possibilità sono più complesse, coinvolgendo la trasmissione perinatale e quella orizzontale nel
primo periodo dell’infanzia a causa dello stretto contatto della pelle abrasa e durante i riti tribali65.
L’infezione nel periodo perinatale è molto efficiente (circa il 90% di trasmissione da madre HBeAg
positiva al neonato68 ed è probabile che determini un’infezione cronica nel bambino. La
trasmissione in utero è relativamente rara (meno del 5% madre/bambino)66,67.
La distribuzione dei genotipi varia geograficamente; il genotipo A predomina nel Nord Europa e
Nord America, B in Estremo Oriente, C in Africa Occidentale e Centrale, D soprattutto in Nord
Africa, litorale Mediterraneo, Medio Oriente e Asia, F in popolazioni indigene del Nord e Sud
America, G in Francia e negli Stati Uniti (raramente riscontrato e di solito associato al genotipo A),
H in America Centrale17.
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2.6 Prevenzione e Controllo
Nel Regno Unito l'epatite B è soggetta a denuncia14; i casi acuti e cronici devono essere denunciati
in modo che si possano definire i fattori di rischio e, dove appropriato, possono essere offerti
screening e profilassi. 14.
2.6.1 Vaccinazione
La diffusione dell'infezione da epatite B può essere controllata con la vaccinazione. In
considerazione dell'importanza dell’infezione da epatite B a livello mondiale, la maggior parte dei
paesi ha preferito la vaccinazione della popolazione contro questo virus69,69. Le nazioni con
prevalenza complessiva molto bassa, come il Regno Unito, hanno preferito le vaccinazioni mirate
dei gruppi ad alto rischio.
Sono disponibili diversi tipi di preparati commerciali di vaccino, generalmente contenente un
segmento ricombinante di proteina HBs derivata da un lievito che contiene i principali epitopi
immunodominanti 'a'. L’impossibilità di includere nei vaccini ora autorizzati il pre-S può essere una
causa della risposta non ottimale ma contribuiscono in modo negativo anche altre componenti
importanti comprendenti età73, iniezione nel grasso, fumo, abuso di alcol, insufficienza renale e
infezione da HIV70-72.
L’immunoglobulina per l’epatite B (HBIG – Hepatitis B Immunoglubulin) fornisce immunità passiva
per la profilassi nei casi di post esposizioni nota ad alto rischio. Per esempio, è utilizzata come
terapia aggiuntiva alla vaccinazione in adulti non immuni, o in individui a rischio che non hanno
sviluppato una risposta immunitaria soddisfacente dopo la somministrazione del vaccino.. Le HBIG
dovrebbero teoricamente essere somministrate per via intramuscolare, entro 48 ore
dall’esposizione ma questo periodo può essere esteso a una settimana, in modo particolare dopo
esposizione sessuale73.
Nel Regno Unito l’HBIG è proposto associato al vaccino per i bambini nati da madri HBeAg
positive, HBeAg negative e anti-HBe negative, o anti-HBe positive con HBV DNA > 106 UI/mL; in
questa situazione le HBIG devono essere somministrate entro 24 ore dal parto in una sede diversa
da quella utilizzata per la prima dose di vaccino73,7. Le HBIG sono utilizzate anche per la
prevenzione delle recidive di dell'epatite B dopo trapianto di fegato per l'infezione cronica da
epatite B, associate ad agenti antivirali come lamivudina o adefovir33.
2.6.2 Trattamento
Il trattamento è considerato opportuno per l'epatite B acuta e grave e per l'infezione cronica. Una
dettagliata descrizione delle possibilità di trattamento e di controllo della risposta sono oltre i limiti
degli obiettivi di questo documento. Per approfondire l’argomento sono disponibili numerose linee
guida di recente pubblicazione. Queste includono raccomandazioni su farmaci antivirali specifici da
parte dell'Istituto Nazionale per la Salute e l'Eccellenza Clinica (NICE, National Institute for Health
and Clinical Excellence), e direttive generali sulla gestione da parte di enti tra i quali l'Associazione
Europea per lo Studio del Fegato (European Association for the Study of the Liver )33,
l’Associazione Asia Pacifico per lo studio del Fegato (Asian-Pacific Association for the Study of the
Liver)67, e l'Associazione Americana per lo Studio delle Malattie del Fegato (American Association
for the Study of Liver Diseases)33,65,75.
3
Epatite C
3.1
Virologia di Base e Tassonomia
Il virus dell'epatite C (HCV) è di origine ematica e appartiene alla famiglia delle Flaviviridae, è
l'unico membro del genere hepacivirus76,77. E’ un virus a filamento singolo di RNA con polarità
positiva racchiuso nell’envelope con genoma di circa 9.600 basi 76. E’ stato scoperto nel 1989 e in
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Ricerca per Epatite
seguito il genoma è stato brevettato dalla Chiron Corporation; è il primo virus a essere stato
brevettato. Prima di questa scoperta, un certo numero di epatiti di origine ematica trasmissibili col
sangue era conosciuta come negativa per epatite A e B, e come epatite non-A, non- B (NANBH),
ed era stata considerata la causa dell'epatite post-trasfusione di sangue e per uso di emoderivati78.
Solo una piccola percentuale d’infezioni precoci da HCV induce il paziente a consultare una visita
medica79. Si stima che nel 50-85% dei casi il virus non sia eliminato, evolvendo in infezione
cronica, anche se si manifesta seroconversione78,79. Nel caso di HCV, la relazione tra anticorpi
neutralizzanti e controllo della viremia è più complessa a causa dell’enorme variabilità genetica del
virus (molto maggiore rispetto alla variabilità riscontrata per l’HIV), in particolare nella regione E2
della glicoproteina dell’envelope dove agiscono molti anticorpi specifici79. Questa variabilità
comporta per HCV l’essere considerato come un soggetto, 'quasispecie', essenzialmente l’HCV è
paragonato a un’orda di varianti circolanti strettamente connesse a quello che ha infettato
l’ospite76. L’intervallo tra il rilevamento di HCV RNA e gli anticorpi HCV può essere di mesi, con
una media di 60 giorni80. Sono noti sei genotipi HCV (1-6) con più sottotipi, anche se è stato
proposto un nuovo genotipo come genotipo 7 81,82.
Trasmissione del virus dell'epatite C avviene per contatto con sangue o emoderivati. Pertanto, i
fattori di rischio principali sono gli approvigionamenti di sangue contaminato, l’uso di droga per via
parenterale, l’uso di ago terapeutico non sicuro, o alcune procedure mediche83. Esiste una netta
distinzione nei modi di trasmissione fra i paesi sviluppati o quelli in via di sviluppo83. Nel mondo
sviluppato, la principale trasmissione si realizza con l'uso di droghe per via parenterale, perché il
sangue e gli emoderivati sono accuratamente controllati con accertamenti di screening per HCV.
Nei paesi in via di sviluppo, dove le forniture di siringhe sterili sono scarse o inesistenti, l’uso
terapeutico dell'ago non sicuro è molto maggiore rispetto al mondo sviluppato, inoltre una persona
può ricevere iniezioni multiple aggiungendo un rischio cumulativo per l’acquisizione di HCV83. Un
esempio di quanto riferito è stato riscontrato in paesi come l'Egitto, dove la prevalenza del virus
HCV è molto alta nella popolazione anziana, probabilmente a causa della condivisione delle
siringhe durante le procedure istituite a livello nazionale per il trattamento della schistosomiasi
negli anni 202084. L’incidenza di HCV correlata alla trasfusione di sangue in Egitto è diventata
quasi inesistente dopo l'introduzione della sistema di donazione volontaria, dello screening del
sangue con prove molto sensibili e specifiche per gli anticorpi anti-HCV, del saggio HCV RNA, e
l’accurato screening dei donatori per il rischio di fattori per HIV83. La sicurezza delle donazioni di
sangue nella maggior parte del mondo sviluppato è condizionata da metodi non sufficientemente
sensibili per valutare il rischio di trasmissione trasfusionale di HCV85. La maggior parte dei paesi in
via di sviluppo, tuttavia, non esegue lo screening dei donatori di sangue per HCV83. Altre fonti sono
le esposizioni di tipo professionale, perinatale e sessuale, ma queste si manifestano molto
raramente. La prevalenza d’infezione da HCV è maggiore nelle persone che hanno ricevuto
trasfusioni di sangue, trapianti di tessuto/organo o emoderivati, come gli emofilici, prima del 1992,
quando si sono rese disponibili prove sensibili per lo screening86.
3.2
Diagnosi di Laboratorio
La diagnosi di laboratorio si avvale della ricerca degli anticorpi per il virus utilizzando metodi
sierologici con successiva ricerca di HCV RNA con metodi molecolari per determinare la viremia
78,88. Gli anticorpi anti HCV sono rilevati con gli EIA. I saggi hanno progredito con lo sviluppo della
seconda generazione (proteine del core e non strutturali 3 e 4) e di terza generazione (inclusione
della proteina antigene non strutturale 5)83. Sono ora disponibili saggi che rileveranno l’antigene
core libero di HCV nel siero/plasma con sensibilità simile ad alcuni metodi molecolari87.
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Ricerca per Epatite
La presenza di HCV nel sangue è un buon marcatore di replicazione del virus80. Il rilievo è
possibile dopo 1 - 3 settimane d'infezione con l'uso di metodi molecolari per la ricerca di HCV
RNA. I metodi molecolari possono essere utilizzati anche per individuare genotipi e sottotipi; ciò è
di particolare importanza perché alcuni di loro sono più frequenti rispetto ad altri nelle diverse
regioni del mondo81. La conoscenza del genotipo è fondamentale per la scelta del trattamento81.
La PCR real-time fornisce un’eccellente intervallo quantitativo che permette la determinazione
della carica virale fino a 7-8 Log10 UI/mL con soglia di 10-15 UI/mL, consentendo pertanto di
valutare l’efficacia del trattamento80. La PCR qualitativa non è usata spesso, anche se la sua
sensibilità è di solito considerata superiore a quella della PCR real time quantitativa; il dosaggio
qualitativo può essere utile nei casi in cui si sospettano livelli estremamente bassi di viremia86.
La presenza di RNA e anticorpi anti-HCV non costituisce un indicatore per differenziare
un’infezione acuta o cronica80. Gli anticorpi richiedono inoltre molto tempo per la loro comparsa e
sono rilevabili solo nel 50-70% delle infezioni sintomatiche acute88.
3.3
Caratteristiche Cliniche
L’infezione da HCV è spesso asintomatica (85-90% dei casi) e quindi è raramente diagnosticata
nel corso della fase acuta 81,88. I sintomi possono comprendere ittero, nausea e malessere;
durante le prime 8 settimane d’infezione è stata comunque descritta l'epatite fulminante, anche se
rara 83. La magior parte dei casi acuti evolve verso la cronicizzazione e, in assenza di trattamento,
la maggior non elimina il virus81. L’HCV RNA rilevabile per più di 6 mesi è considerato indice
d’infezione cronica con sequele che includono la cirrosi e il carcinoma epatocellulare (HCC) come
evoluzione terminale, anche se il tempo richiesto può variare da meno di 20 a più di 30 anni81. La
co-infezione con HIV presenta una progressione accelerata della malattia perché HCV si comporta
come un’infezione opportunista83. La co-infezione con epatite B sviluppa una più grave
progressione della malattia epatica rispetto all’infezione singola85. L’abuso di alcol accelera anche
la progressione dell'epatite cronica da HCV verso la fase terminale della cirrosi e l’HCC83. Il
trapianto è spesso necessario per l’insufficienza epatica da infezione da HCV comportando altre
complicazioni e la progressione verso la cirrosi in oltre il 25% dei pazienti entro 5 anni dal
transplanto89.
3.4
Epidemiologia
HCV è una delle principali cause di malattia epatica cronica ed è un grave problema di salute
pubblica per l’elevata stima globale di prevalenza del 2-3%, in altri termini, si tratta di circa 120180.milioni di persone90,91. Circa 1,5 milioni muoiono di epatite virale cronica correlata a malattia
epatica cronica80. Questi dati includono cirrosi in fase terminale e HCC.
Nel Regno Unito, i dati rilevano che l'HCV rimane frequente nella popolazione dei
tossicodipendenti per via parenterale, con prevalenza di positività anticorpale fra il 10% e il 70% fra
coloro che si sono iniettati droghe rispettivamente per 2 – 15 anni92.
Si ritiene che 10 milioni di persone in tutto il mondo siano co-infettate con HIV, probabilmente per
pratiche sessuali traumatiche ad alto rischio e abuso di droga fra gli omosessuali93.
3.5
Prevenzione e Controllo
La definizione del genotipo può essere un punto critico nel programma di trattamento scelto, e così
pure la percentuale del successo terapeutico83. Il trattamento comprende l'uso di interferone
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Ricerca per Epatite
associato di solito a ribavirina88. Dei sei principali genotipi descritti il 2 e il 3 rispondono più
favorevolmente al trattamento con interferone e ribavirina rispetto al genotipo 1. La durata del
trattamento raccomandata nel Regno Unito è di 24 settimane per i genotipi 2 e 3, e 48 settimane
per il genotipo 1 e i restantii genotipi. L’interferone pegilato è spesso utilizzato per aumentare il
tempo di eliminazione del farmaco e ridurre quindi a una volta la settimana il numero di
somministrazioni dell'interferone78. La ribavirina è somministrata quotidianamente90. L'infezione è
considerata eradicata quando RNA HCV non è rilevato per più di 6 mesi dopo l'interruzione della
terapia (noto anche come risposta virologica sostenuta)86,91,94. Tutti i principali genotipi hanno più
sottotipi, ma fra loro, non sono evidenti differenze di risposta.
Sono in fase di sperimentazione altri farmaci antivirali specifici per l'epatite C. Sembrano molto
attivi il telaprevir, inibitore della proteasi e il boceprevir (che inibisce la proteasi NS3/4A). Poiché la
resistenza si sviluppa rapidamente con la monoterapia, il telaprevir deve essere associato alla
ribavirina e all’interferone95. I vaccini che inducono una protezione con produzione di anticorpi
neutralizzanti hanno due ostacoli da superare - eterogeneità (genotipi diversi) e mutabilità (rapida
generazione di glicoproteine E2 dell’envelope antigenicamente differenti) di HCV79 Sono in corso
numerosi progetti di sviluppo che mirano a prevenire l'infezione iniziale, la persistenza virale o
l’eliminazione totale del virus.
4
Epatite D96,97
4.1
Virologia di Base e Tassonomia
HDV è strettamente associato a HBV, perché è un virus difettoso che richiede un aiuto funzionale
fornito da HBV. E’ unico tra virus animali che ha somiglianze con i viroidi e virusoidi delle piante
nella sua struttura e per le modalità di replica. E’ classificato nel fluttuante genere dei Deltavirus.
Le particelle virati hanno forma sferica con un diametro medio di 36 nm e sono ricoperte da
envelope. La parte esterna del pericapside è costituita da HBsAg, mentre il nucleocapside interno
è costituito dal genoma virale complessato con l’antigene delta (HDAg), la proteina strutturale
codificata dall’unico gene strutturale di HDV. L'HBsAg è responsabile dell’aggancio alla cellula
ospite mentre HDAg della localizzazione nucleare. Il genoma è a singolo filamento circolare
costituito da RNA a senso negativo formato da 1679 nucleotidi. Il genoma è dotato di una
complessa struttura secondaria dovuta all’appaiamento intragenomico delle basi complementari. Il
genoma HDV può funzionare come un ribozima, con capacità di auto-scissione. Questa funzione è
fondamentale durante la replicazione virale che avviene attraverso il complesso meccanismo del
cerchio rotante. Il virus esiste in diversi genotipi, all’inizio ne sono stati descritti solo tre genotipi
maggiori, ma recentemente sono stati riconosciuti sette genotipi diversi. Nel paziente infetto il virus
è rappresentato da una miscela di differenti specie affini nota come quasi specie.
4.2
Diagnosi di Laboratorio
Per gli accertamenti di conferma il metodo di laboratorio più sensibile è rappresentato dalla ricerca
di HDV RNA con PCR con primer contenente le sequenze più conservate. Con l’EIA sono rilevabili
l’HDAg gli anticorpi serici per HDV (IgG o IgM). Nel corso dell'infezione cronica sono presenti titoli
elevati di IgG HDV; le IgM possono persistere; ma nella fase acuta dell’infezione ma, in questa,
l’EIA è meno sensibile della PCR. Gli studi sulla terapia antivirale hanno utilizzato la
determinazione della carica virale. L’infezione simultanea da HBV e HDV può essere differenziata
dalla super-infezione di un paziente cronicamente infetto da HBV dalla comparsa di IgM anti-core
HBV e IgM anti-HDV, o dalla presenza di HDV RNA rilevabile in assenza di anticorpi anti-HDV. Si
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Ricerca per Epatite
utilizza ancora la colorazione immunoistochimica per HDAg, e questa è la tecnica che ha
consentito la scoperta dal’epatite D negli anni ’70.
4.3
Sintomi Clinici
HDV può essere trasmesso con HBV a una persona sensibile, questa condizione è nota come coinfezione. La super-infezione avviene in un individuo già affetto da infezione cronica da HBV. La
co-infezione può determinare un’infezione acuta da HBV / HDV in forma clinica da lieve a grave.
La maggior parte dei casi sono clinicamente indistinguibili dall’infezione acuta da virus B. Tuttavia,
la co-infezione acuta da HDV / HBV ha un rischio molto maggiore di evolvere in insufficienza
epatica acuta rispetto all’infezione acuta da HBV.
A seguito di super-infezione, la co-infezione cronica causa una malattia rapidamente progressiva
nel 90% dei casi essendo la risoluzione spontanea rara. Pertanto la super-infezione ha una
prognosi meno favorevole della sola infezione cronica da HBV, con più elevate percentuali di
cirrosi, carcinoma epatocellulare e decessi. Può presentarsi come peggioramento di una malattia
da HBV già diagnosticata o comportare la manifestazione clinica e la diagnosi di un’infezione
precedente da HBV non rilevata. Quest'ultima condizione può essere inizialmente considerata un
caso di epatite acuta B fino a quando il risultato negativo delle IgM anti-HBc e quello positivo per
HDV porranno in evidenza la condizione reale. La maggior parte dei pazienti con infezione cronica
dai pazienti HDV presenta anticorpi anti HBeAg e basse concentrazioni di HBV DNA.
Diversamente dai pazienti con epatite cronica B ma HDV negativi, non esiste alcuna correlazione
tra i livelli serici di HBV DNA e quelli dell’ALT nei pazienti con epatite cronica D, suggerendo che il
danno epatico in questi pazienti è causato principalmente da HDV.
In uno studio clinico randomizzato, sono state somministrate dosi elevate d’interferone per
migliorare la sopravvivenza, ridurre la fibrosi e la replicazione virale98. La somministrazione di
analoghi nucleosidici senza interferone ha finora fornito risultati inefficaci. Il genotipo HDV I è stato
associato in modo indipendente alle prognosi più sfavorevole99.
4.4
Epidemiologia
E’ stato valutato che 15 - 23 milioni di persone dei circa 460 milioni con infezione cronica HBV
sono cronicamente infettate da HDV, cioè circa il 5%100. La prevalenza di HDV è geograficamente
molto variabile, e non sempre rispecchia la prevalenza di HBV. La letteratura suggerisce una
tendenza alla diminuzione, almeno nell’Europa meridionale. L'utilizzazione diffusa nel mondo della
vaccinazione anti-epatite B si ritiene che potrà ridurre anche la prevalenza di HDV. HDV può
essere trasmesso con il contatto di sangue nei tossicodipendenti; ma lo screening per HBV per gli
emoderivati ha ridotto l’importanza della via di trasmissione iatrogena. L’epidemiologia molecolare
ha confermato la trasmissione sessuale ed è sospettata l’importanza di una trasmissione
parenterale inapparente nell’ambito delle famiglie nelle zone endemiche. Foci d’infezione sono
stati individuati nell’Europa meridionale (inclusa l'Italia e Albania), in Medio Oriente, Arabia
Saudita, India del Nord, Russia, Africa occidentale, Giappone, Taiwan, alcune isole del Sud
Pacifico e Sud America.
4.5
Prevenzione e Controllo
Non esiste per ora un vaccino per solo HDV, ma la vaccinazione contro l'HBV protegge anche
dall’HDV.
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Ricerca per Epatite
5
Epatite E
L'epatite E è sempre più frequentemente diagnosticata nel Regno Unito, includendo un’elevata
percentuale di casi privi di fattori di rischio tradizionali quali i viaggi all'estero in zone ad alta
incidenza. Nella fase iniziale della valutazione del paziente è 'importante considerare l'epatite E
come una potenziale causa di epatite virale.
5.1
Virologia di Base e Tassonomia
In seguito allo sviluppo di saggi sensibili e specifici per le infezioni epatiche da virus A e B, è
emerso dai dati clinici, epidemiologici e di laboratorio che esiste un altro agente di epatite virale
trasmesso per via enterica101 Questo era stato descritto come virus epidemico dell’epatite non-A
non-B. La caratterizzazione di questo nuovo virus ha avuto inizio nel 1983 quando il Dr Balayan si
auto-infettò con un campione fecale associato a epatite non-A non-B proveniente da un focolaio
sviluppatosi nell’Unione Sovietica102 Il ricercatore sviluppò poi l'epatite e dall’analisi dei propri
campioni pose in evidenza il virus con la tecnica d’immuno-microscopia elettronica; in seguito
riprodusse l’epatite nel Macaca fasicularis. La clonazione e il sequenziamento del virus sono stati
segnalati rispettivamente nel 1990 e nel 1991 e in seguito questo agente infettivo è stato
denominato virus dell'epatite E103,104..
Il virus dell'epatite E è classificato come unico appartenente della famiglia Hepeviridae, genere
Hepevirus105. E’ un tipico virione privo di envelope, con diametro 32-34 nm contenente un genoma
a filamento unico di RNA a senso positivo di circa 7.2Kb. Il genoma ha tre ORF che codificano per
le proteine non strutturali (ORF1), per il capside (ORF2), e una piccola proteina a funzione poco
nota (ORF3).
Sono noti quattro genotipi principali (G1-4), G1 e 2 sono probabilmente esclusivi agenti patogeni
umani, G3 e 4 sono probabilmente zoonotici e i suini sono l’ospite principale. E’stato proposto un
quinto genotipo aviario106. G1-4 mostrano variazioni geografiche nella prevalenza.
5.2
Diagnosi di Laboratorio
L’insorgenza clinica della sintomatologia dell’epatite acuta E è difficile da differenziare da quella
delle altre epatiti virali. Mentre le caratteristiche epidemiologiche dell'infezione possono suggerire
infezione da HEV; la conferma della diagnosi clinica richiede esami di laboratorio.
I virus possono essere rilevati nelle feci con l’immuno-microscopia elettronica, e l’acido nucleico
virale può essere rilevato nelle feci e nel sangue con la RT-PCR. Alcune linee cellulari consentono
la replicazione del virus HEV, ma come tecnica diagnostica non si utilizza l'isolamento. I primati
non umani sono suscettibili a HEV e sono stati utilizzati solo nella ricerca; ma nessun modello
animale presenta lo spettro d’infezione da HEV osservato nell'uomo. Sono state sviluppate un
certo numero di possibilità diagnostiche per la rilevazione degli anticorpi, ma i sistemi disponibili in
commercio sono gli EIA in fase solida (IgG e IgM). Questi saggi si avvalgono di antigeni derivati
dai virus G1 e 2 e, sebbene sia probabilmente uno solo il sierotipo HEV per l’infezione nell’uomo,
questi saggi possono non essere ottimali per il virus G3 endemico nel Regno Unito.
Come in molti altri tipi di epatiti virali, il danno epatico maggiore sembra coincidere con lo sviluppo
della risposta immunitaria, portando a un quadro tipico nella relazione tra il momento di rilevazione
dei virus, lesioni epatiche, e rilievo degli anticorpi. I dati a disposizione sono potenzialmente
complicati dalle variabili dei saggi, in generale, e dalle differenze specifiche del genotipo.
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Ricerca per Epatite
HEV è rilevabile nelle feci circa 1 settimana prima, e fino a tre settimane dopo la comparsa dei
sintomi. Alcune pubblicazioni hanno segnalato tempi più prolungati di diffusione fecale del
virus109,110. La viremia è rilevabile con la RT-PCR e rispecchia probabilmente il periodo di
diffusione fecale, ma può persistere molto più a lungo107, 108.
Gli anticorpi IgM sono rilevabili poco prima del massimo danno epatico, coincidendo
potenzialmente con l'inizio dei sintomi, e rimangono in concentrazioni rilevabili per parecchi mesi.
Alcuni pazienti non sviluppano una risposta IgM rilevabile. E’ possibile una persistenza di IgM, ma
oltre il 50% dei pazienti diventerà negativo sei mesi dopo l'esordio.
Gli anticorpi IgG anti compaiono poco dopo le IgM (quando presenti), nella maggioranza dei casi
persistono per diversi anni.
I criteri diagnostici di laboratorio possono essere elaborati tenendo conto della variabilità naturale
delle risposte del sistema immunitario, in particolare durante il periodo di bassa endemia. Un caso
acuto (presentazione sintomatica) è meglio definito da HEV RNA positivo o dalla sieroconversione
IgG. Altre combinazioni di risultati IgG e IgM possono essere meglio interpretate in funzione dei
titoli anticorpali/livelli di reattività. Nei casi incerti può essere utile l’avidità delle IgG109.
Il quadro istopatologico d’infezione acuta che si manifesta nelle regioni iperendemiche è di necrosi
epatica focale, con epatociti ingranditi e infiltrati infiammatori linfocitari110. Può manifestarsi un
coinvolgimento colestatico, ma è raro. L'aspetto istopatologico dell’infezione acuta acquisita nel
Regno Unito può essere diverso.
5.3
Caratteristiche Cliniche
E’ possibile una diversa possibilità evolutiva conseguente all’infezione da HEV, che varia dalla
forma asintomatica111, comprendendo anche risultati di sieroprevalenza a quelli dell’insufficienza
epatica acuta. Sebbene non sia possibile prevedere il corso dell’infezione dal rilievo del genotipo o
dalle caratteristiche dell’ospite, un aspetto importante dell’epatite E è la gravità maggiore nella fase
di gravidanza inoltrata.
Nei soggetti immunocompetenti si ritiene che l’infezione da HEV sia auto-limitante, non evolvendo
nell’infezione cronica. Diversi studi descrivono come probabile l’epatite cronica E nei riceventi
trapiantati d’organo immunocompromessi112-114. L’entità e la rilevanza clinica di questa condizione
sono ancora completamente da definire.
I risultati degli studi su volontar, casi clinici, e focolai epidemici hanno definito le caratteristiche
tipiche dell’infezione sintomatica da HEV che compaiono nelle zone iperendemiche i115,116. Anche
se questi possono essere applicati all’epatite indigena E dei paesi sviluppati, potrebbe non
configurasi una concordanza totale.
Periodo di incubazione: 15 a 60 giorni
Lo spettro della malattia è ampio. Tipicamente si manifesta un’epatite virale autolimitante con la
risoluzione dopo 2-3 settimane. Sono state descritte sia epatiti asintomatiche sia forme fulminanti.
Raramente si sviluppa una malattia che si protrae per pochi mesi, o un quadro colestatico. Può
comparire negli ultimi 3-4 giorni una fase di pre-ittero prodromico (intervallo 1-10) caratterizzato da
dolenzia epatica, nausea, malessere, modica piressia, (<38°C). Questa fase itterica inizia
improvvisamente con ittero, feci chiare e urine scure, spesso associata a febbre e artralgia.
La mortalità globale per HEV è di 1-3%, ma aumenta in gravidanza al 5-25%. Nel corso della
manifestazione di un focolaio, le donne in gravidanza sembrano essere più frequentemente colpite
da epatite E, e questa è spesso più grave, soprattutto nelle fasi avanzate della gravidanza117,118.
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Ricerca per Epatite
a trasmissione verticale può essere relativamente frequente e associata a un esito fetale della
malattia non favorevole117,119. Non essendo disponibile un adeguato modello animale i motivi di
questa elevata mortalità non sono stati chiaramente definiti.
Le co-infezioni con epatite A e la superinfezione in un quadro di epatite cronica virale (HBV e HCV)
sono probabilmente frequenti nelle zone endemiche e possono non evolvere in nodo normale o
portare a scompenso epatico120. Tuttavia, non è chiaro se la gravità è sempre aumentata.
La gestione clinica dell’epatite E si avvale della valutazione della gravità del danno epatico e delle
relative conseguenze, che influenzano l’entità delle misure di supporto richieste. Non è disponibile
alcuna specifica terapia antivirale. Il trapianto del fegato è una possibilità per insufficienza epatica
acuta. L’epatite acuta E è una malattia soggetta a denuncia14.
5.4
Epidemiologia
HEV provoca epidemie e casi sporadici, e nel centro e nel sud-est asiatico è responsabile della
maggior parte dei casi acuti clinicamente evidenti di epatite. La trasmissione è di tipo oro-fecale,
spesso da acqua contaminata e, potenzialmente dagli alimenti. Le epidemie sono associate alla
cattiva qualità delle acque e si sono verificate in molte aree del mondo (Pakistan, India, Sud-Est
Asiatico, Nepal, Africa). La più grande epidemia descritta si è verificata in Cina, con oltre 119.000
casi di ittero121. Non sono sati descritti focolai di epatite E negli Stati Uniti, Canada, Europa, o nelle
aree sviluppate dell'Asia. Casi sporadici d’infezione compaiono in tutto il mondo, spesso dopo un
viaggio in un'area endemica, ma sono sempre più riconosciuti come manifestazioni locali. Alcuni
paesi, come Egitto122 sembrano presentare un elevato numero di casi sporadici, ma non hanno
segnalato un’epidemia. Si ritiene che l’HEV causi circa 2 milioni di casi di epatite all’anno in India,
dove è una frequente causa di ittero123. E’ stata descritta la trasmissione di origine ematica, che
coinvolge la fase viremica della malattia, tuttavia è ritenuta un evento raro124. Sono risultati
inconcludenti gli studi di sieroprevalenza che hanno ricercato il rischio di trasmissione di origine
ematica neeitossicodipendenti, pazienti emodializzati, pazienti infetti da HBV o HCV. Non esiste
alcuna prova convincente per la trasmissione sessuale.
In termini generali, il genotipo 1 è predominante in tutta l'Asia e il Nord Africa. Il Genotipo 2 è
rappresentato dal ceppo prototipo riscontrato in un focolaio epidemico in Messico, con varianti
ritrovate in alcune parti dell'Africa. Il genotipo 3 è stato riscontrato nell’uomo nel Nord e Sud
America, Giappone e molte nazioni europee. Il genotipo 4 è stato ritrovato nell’uomo in Cina,
Giappone e Taiwan. Rappresenta quello prevalente nell'epidemiologia (età d’infezione),
influenzato dalla probabile fonte d’infezione (umana o zoonotica 125. I genotipi 3 e 4 sono stati
ritrovati nei suini in tutto il mondo.
Nei paesi in via di sviluppo le epidemie di origine idrica sono determinate dai genotipi 1 e 2 con
una quota d’attacco del 1-15%, con una particolarità correlata all’età d’insorgenza dell'epatite
clinicamente evidente nei figli maggiori e nei giovani adulti (15-40 anni). Nei paesi sviluppati i casi
sporadici causati dai genotipi 3 e 4. colpiscono in particolare gli anziani. In queste aree la
percentuale di trasmissione da persona a persona è ridotta, raramente supera l’1-2%, ed è
probabile che G3 e G4 siano acquisiti da un serbatoio animale 126. Si nota infatti un crescente
riscontro di HEV come infezione zoonotica127. HEV è considerata una zoonosi dei suini, e gli antiHEV si possono trovare in molte altre specie, tra cui polli, gatti, cani, capre, pecore e roditori. Studi
sperimentali hanno dimostrato che la trasmissione di G1 e G2 può infettare alcuni primati non-
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umani, ma non altri animali, mentre i virus G3 di origine umana o suina possono infettare i
primati131 e altri animal128,129i.
Alcuni studi pongono in evidenza una prevalenza di anti-HEV significativamente maggior tra gli
allevatori di maiali rispetto ai controlli in soggetti di pari età della stessa area130. Il sequenziamento
nucleotidico degli isolati dall’uomo e dai suini a Taiwan, in Giappone e Stati Uniti ha mostrano un
elevato grado di similitudine108, 131.132. HEV sembra essere endemico in altri animali che possono
costituire un serbatoio (topi, mucche, pecore, capre, scimmie, cani), ma non si dispongono prove
evidenti che li coinvolgano come fonte zoonotica. In alcuni paesi segnalazioni recenti suggeriscono
l’alimento come vettore di trasmissione: crostacei, fegato di maiale7, selvaggina verro133-137. I
motivi di queste differenze di tipo geografico non sono chiare, potenzialmente possono riflettere
variabili di virulenza virale, predisposizione delle persone all’infezione o propensione a sviluppare
malattia.
Studi di sieroprevalenza HEV IgG hanno confermato i diversi modelli clinico-epidemiologici
accennati in precedenza, e suggeriscono che l'esposizione a HEV possa essere più diffusa di
quanto previsto dalle percentuali di malattia clinica. Sembra che sia presente in tutto il mondo una
prevalenza generalizzata di sieropositività per HEV IgG, anche se i modelli epidemici nazionali non
corrispondono a quelli attesi per un agente di origine idrica, con percentuali di circa il 10% nei
bambini in India, che raggiungono un massimo di circa il 40% negli adulti138. Nei donatori di
sangue europeo la percentuale generale delle IgG anti-HEV e spesso segnalata tra 1 e 9% anche
se sono state segnalati valori che raggiungono circa il 16%.139-141. Negli Stati Uniti sono state
riscontrate percentuali tra il 2% e il 26%129. L’interpretazione di questi dati di sieroprevalenza deve
tenere conto di alcune variabili: prestazione del saggio, utilizzo o no della prova di conferma,
validità delle basse concentrazioni anticorpali per indicare una precedente sicura infezione ed
impatto dei territori a elevata prevalenza all’interno dei diversi paesi.
I dati disponibili nel Regno Unito sono limitati, ma indicano un quadro di malattia HEV compatibile
con quello degli Stati Uniti e con la maggior parte d'Europa, con HEV endemico nella popolazione
dei suini. Le pubblicazioni sull’epatite da HEV sono disponibili nel Regno Unito da molti anni142.
Recentemente è stato riassunto il profilo epidemiologico delle HEV acquisite in Inghilterra e
Galles143. Questo lavoro ha dimostrato che il paziente tipico è un maschio indoeuropeo con più di
55 anni, ma non è stata identificata una comune fonte d’infezione. Sarà necessario un ulteriore
approfondimento per definire se i pazienti che hanno manifestato una malattia clinica, di seguito
identificata come epatite E, sono stati a maggior rischio d’infezione o, più probabilmente, con
maggiore probabilità di divenire sintomatici.
5.5
Prevenzione e Controllo
Nelle regioni in cui si sviluppano focolai, le strategie di prevenzione dovrebbero concentrarsi sul
miglioramento della qualità del rifornimento idrico e dello smaltimento delle acque reflue,
l'identificazione delle fonti d’infezione, e lo sviluppo del vaccino. In nazioni come il Regno Unito
dove non è nota alcuna fonte comune d’infezione, possono essere appropriati il miglioramento
nell’accertamento del caso e la vaccinazione mirata.
I viaggiatori che si recano nelle regioni iperendemiche dovrebbero essere informati di prendere
precauzioni contro infezioni enteriche, compresa quella da HEV. La bollitura l'acqua da bere può
inattivare il virus HEV.
Nelle aree endemiche le immunoglobuline seriche non proteggono dall'infezione, probabilmente a
causa del titolo relativamente basso delle IgG anti-HEV di tali confezioni.
I risultati delle sperimentazioni d’immunizzazione attiva sono promettenti. Uno studio randomizzato
e controllato, comprendente 1.794 persone residenti nel Nepal, ha valutato un vaccino
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ricombinante composto di una proteina priva di capside espressa in cellule d’insetto144. Il vaccino è
risultato sicuro ed efficace, con valutazione d’efficacia dell’88,5%. Sono richiesti altri studi per
definire il valore di questo vaccino in situazioni alternative.
6
Epatite G
Il virus dell'epatite G è un virus di origine ematica e appartiene alla famiglia delle Flaviviridae. Il
virus è stato scoperto nel 1995, lo stesso anno in cui in Gran Bretagna è stato scoperto il virus
C145. GBV-C e il virus dell’epatite G si sono dimostrati lo stesso virus e da allora entrambi sono
noti come GBV-C. Non sono note prove a sostegno che GBV-C causi epatite cronica,
probabilmente per la ridotta replicazione negli epatociti (sembra avvenga nei linfociti). Esistono
tuttavia chiare evidenze che suggeriscono come la persistenza di co-infezione di GBV-C con HIV
riduca la progressione della malattia da HIV abbassando così il rischio di mortalità da HIV145.
7
Citomegalovirus (CMV)
7.1
Virologia e Tassonomia146
ll Citomegalovirus (CMV) è stato ritenuto un virus esclusivamente umano delle ghiandole salivari
fino al 1956, quando è stato isolato dalle adenoidi di bambini sottoposti a tonsillectomia e
adenoidectomia. Il virus appartiene alla famiglia Herpesviridae ed è un β herpes virus. Come tutti i
virus erpetici ha la capacità di stabilire latenza nell'ospite dopo la guarigione. La particella virale del
CMV è di circa 102 nm di diametro e ha un envelope lipidico costellato di glicoproteine che
circondano una matrice di fosfoproteine, un nucleocapside icosaedrico e un genoma di DNA con
peso molecolare di 155 kDa146.
7.2
Diagnosi di laboratorio
La diagnosi di epatite da CMV è ottenuta dalla combinazione per esclusione di altre cause virali di
epatite, come HBV, HAV e EBV e dalla dimostrazione di anticorpi IgM anti CMV o
sieroconversione per CMV. La presenza di IgM può essere dovuta non solo a un’infezione primaria
ma anche a reinfezione o riattivazione del virus latente, così come la possibilità di risposte
eterotipiche e falsa reattività IgM. Una nuova infezione da CMV darà luogo a un aumento del titolo
anticorpale con la fissazione del complemento di quattro volte o a un titolo elevato; nei tre mesi
successivi all'infezione primaria da CMV è importante il riscontro di bassi valori di avidità delle
IgG147. Il ruolo diagnostico del saggio molecolare è ancora da definire, ma la presenza di CMV
DNA nel sangue è compatibile con l'infezione attiva da CMV e richiede il monitoraggio,
specialmente negli immunocompromessi.
7.3
Caratteristiche Cliniche
L’’infezione primaria sintomatica da CMV è rara, può essere associata a epatite negli adulti
immunocompetenti, di solito come parte di una sindrome mononucleosica negativa per anticorpi
eterofili. E’ di solito associata a epatosplenomegalia, ridotto innalzamento delle aminotransferasi
seriche e da linfociti atipici. Può essere raramente associata semplice epatite. L’epatite da CMV in
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questa situazione è auto-limitante e il trattamento è di supporto. Non sono richiesti agenti antivirali.
L’epatite da CMV è una caratteristica dell’infezione sintomatica congenita.
7.4
Epidemiologia
CMV è endemico e contagia gli uomini di tutte le età, il picco di acquisizione si realizza
nell’infanzia. La sieroprevalenza di CMV nella popolazione giovane adulta dipende dalle condizioni
socio-economiche ed è compresa fra il 40% e l’80% (in ordine decrescente).
Il virus è ben adattato e nei pazienti immunocompetenti l'infezione primaria è spesso asintomatica
(90-95%). Il virus causa una malattia più grave nell’ospite immunocompromesso, come nei pazienti
che hanno subito operazioni di trapianto e che sono infettati con HIV. E 'anche una causa
importante d’infezione congenita nella quale può manifestarsi in forma sintomatica o asintomatica.
7.5
Prevenzione e Controllo
L'infezione primaria e la riattivazione da CMV possono dar luogo a malattia da CMV nei pazienti
immunocompromessi. La malattia da CMV può manifestarsi con coinvolgimento epatico. In questa
condizione la terapia antivirale per CMV trova indicazione nella prevenzione e nel trattamento. Gli
antivirali che possono essere usati per trattare la malattia da CMV comprendono ganciclovir,
foscarnet e cidofovir.
8
Vitus di Epstein Barr /EBV)
8.1
Microbiologia di Base e Tassonomia148
Il virus di Epstein-Barr è stato scoperto nel 1964 in cellule coltivate di campioni tumorali
appartenenti a pazienti di Kampala, Uganda. L’EBV appartiene alla famiglia delle Herpesviridae e
ha le caratteristiche morfologiche di questa famiglia. E’ dotato di nucleocapside esagonale
circondato da un envelope complesso ed ha diametro di circa 180-200 nm
8.2. Diagnosi di Laboratorio
Questa sezione deve essere letta in concomitanza alla V26 – Ebstein Barr Virus serology.
Gli anticorpi eterofili sono utilizzati per diagnosticare la mononucleosi infettiva (MI) e la sierologia
specifica per EBV per diagnosticare epatite e MI con anticorpi eterofili negativi, come nei bambini:
8.2.1 Infezione primaria da EBV
Anticorpi anti capside virale (VCA):
•
Le IgG, IgM e IgA sono tipicamente rilevabili nel siero dei pazienti affetti da infezione da
EBV dal momento della comparsa dei sintomi
•
Le IgA e le IgM diminuiscono a livelli non rilevabili durante la convalescenza
•
La ricerca delle IgM con immunofluorescenza indiretta (IF) è una prova molto sensibile
per l’infezione da EBV
i complessi di IgG e IgM tipo fattore reumatoide, possono causare falsi risultati IgM positivi. Le IgG
EBV possono causare risultati falsamente negativi per IgM EBV per competizione. Prima del
saggio di IF per IgM, i campioni di siero devono essere pretrattati per rimuovere le IgG. Si può
osservare fluorescenza anti-cellulare non specifica, ma un esperto microscopista deve facilmente
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differenziarla da quella specifica. I saggi ELISA per EBV IgM sono meno sensibili, ma sono quelli
più diffusamente usati. Deboli reazioni crociate possono causare falsi positivi per IgM EBV VCA, in
particolare durante l’infezione primaria da CMV.
Gli anticorpi anti EBNA-1 IgG di solito non sono rilevabili fino al periodo di convalescenza. Il loro
rilievo esclude una MI recente o in corso. Sono commercialmente disponibili e diffusamente
utilizzati gli ELISA EBNA-1 IgG
I saggi EBV DNA (PCR quantitativa) sono utilizzati nel monitoraggio dei pazienti
immunocompromessi e a rischio di malattia linfoproliferativa associata a EBV, nella quale possono
essere rilevate concentrazioni molto elevate. Risultati con valori inferiori sono osservati nella MI
non complicata. E’ stata suggerita l’importanza della determinazione quantitativa dell’EBV DNA
nella diagnosi e nel monitoraggio dell’infezione da EBV e delle sue complicanze. Le concentrazioni
sono maggiori nella MI rispetto ai portatori sani e ancora più elevate nella MI con complicanze.
8.3
Caratteristiche Cliniche
Nei paesi sviluppati, la MI, o febbre ghiandolare, è una delle cause più frequenti di malattia
prolungata negli adolescenti e nei giovani adulti. I sintomi della MI sono caratterizzati da febbre,
faringite, linfoadenopatia, splenomegalia, e disfunzione epatocellulare. L'ittero si manifesta nel 5%
dei pazienti, nonostante gli enzimi epatocellulari siano innalzati nell’80 - 90% dei casi149. La
maggior parte di questi si risolve spontaneamente in 2 o 3 settimane. In alcuni la condizione di
malessere può prolungarsi per settimane o mesi.
In una persona immunocompetente l’EBV primaria raramente può essere complicata da MI
fulminante associata a emofagocitosi150 causata dall'attivazione del sistema monofagocitico in
numerosi organi. L'insufficienza epatica è causa di morte in circa la metà dei pazienti con
mononucleosi infettiva letale, le morti restanti sono causate da infezioni opportunistiche.
L’infezione cronica attiva da EBV (ICEBV) è una condizione rara, diversa dall’astenia cronica, ed è
caratterizzata da sintomi quali MI grave, cronica o ricorrente con sintomi simili a MI dopo una ben
documentata infezione primaria da EBV. E’ presente un marcato aumento della concentrazione di
EBV nel sangue periferico, spesso con infezione delle cellule T e / o di natural killer, e con
evidente coinvolgimento della maggior parte degli organi importanti, come ad esempio l'epatite.
L’ICEBV che condiziona alta morbilità e mortalità per insufficienza epatica, linfomi, sepsi, o
sindrome emofagocitica149. Alcuni casi di epatite autoimmune o granulomatosa sono stati associati
a infezione da EBV151,152. Negli immunocompromessi, quali pazienti infetti da HIV e in quelli con
disordini post-trapianto e linfoproliferativi X-correlati, è stato osservato un danno epatico
clinicamente significativo da EBV.
8.4
Epidemiologia
La trasmissione avviene prevalentemente in modo sub-clinico durante l'infanzia, spesso si diffonde
con contatto salivare. Nei paesi sviluppati, l'infezione primaria insorge spesso durante
l'adolescenza, come mononucleosi infettiva (MI). Nel mondo oltre il 90% degli adulti è stato
infettato da EBV e diventa portatore del virus con infezione persistente per tutta la vita, l’infezione
è latente nei B linfociti.
9
Febbre Gialla
9.1
Virologia di Base e Tassonomia
Isolato nell’Africa Occidentale nel 1927, il virus della febbre gialla, è un prototipo della famiglia
delle Flaviviridae, ed è dotato di envelope con genoma singolo di RNA a senso positivo formato da
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circa 11.000 nucleotidi153. La famiglia delle Flaviviridae è suddivisa nei generi Flavivirus, Pestivirus
e Hepacivirus, e il genere Flavivirus è poi classificato per caratteristiche antigeniche in 8
raggruppamenti (la febbre gialla, non e stata comunque assegnata a un complesso antigenico)154.
Le particelle di Flavivirus hanno un diametro di 40-50 nm e nucleocapside sferico circondato da un
envelope a doppio strato lipidico. L’analisi di sequenza del gene Pre- Membrana/Membrana, di una
porzione del gene E (envelope) e della regione non codificante 3'- del virus della febbre gialla, ha
portato all’identificazione di almeno 7 genotipi con un’omologia > al 90%. Questi includono due
genotipi Sud Americani, due dell'Africa occidentale (I e II), un solo genotipo del Centro / Sud Africa
(Angola), e due genotipi dell'Africa Orientale (Orientale e Centro/Orientale.)155,156.
9.2
Diagnosi di Laboratorio
Nel Regno Unito, gli accertamenti sono effettuati presso la Special Pathogens Reference Unit
(SPRU) al CEPR, Porton Down. Sono richieste in tutti i casi informazioni sulla data d’insorgenza
della malattia, paese e data di soggiorno, data del rientro nel Regno Unito, e se è stata
somministrata la vaccinazione contro la febbre gialla.
Nei 7-10 giorni successivi all’esordio dei sintomi, deve essere saggiato un campione prelevato in
EDTA per la ricerca di RNA della febbre gialla. Si eseguono anche accertamenti sul siero per la
ricerca degli anticorpi IgM e IgG specifici (ELISA, immunofluorescenza). La risposta IgM è molto
specifica, ma può essere di breve durata. Quella delle IgG può presentare reattività crociata con i
complessi/ceppi dei flavivirus (JE, WN, Dengue, TBE, YF), quindi i saggi sierologici (ad esempio le
prove di neutralizzazione) devono essere poi utilizzate per determinare il ceppo in questione. Per i
campioni di tessuto sono disponibili anche la cultura del virus o la PCR.
9,3
Caratteristiche Cliniche e Trasmissione
La febbre gialla si diffonde con il morso di una zanzara infetta. Gli esseri umani e le scimmie sono
il serbatoio principale del virus, con vettore principale nella zanzara Aedes Aegypti o specie
Haemagogus.
Le vie principali di trasmissione sono 3157:
1) stre (giungla o forestale): il ciclo di trasmissione causa casi sporadici in Sud America e
Africa. Il ciclo si realizza tra le scimmie e le zanzare, con gli esseri umani infettati
quando vivono o lavorano nelle zone ove ciclo si sviluppa
2)
intermedio forestale: si realizza nella savana umida africana, dove le zanzare
semidomestiche infettano gli animali e gli uomini dei villaggi rurali causando piccoli
focolai epidemici
3) missione urbana: può avvenire fra persone per via domestica (vale a dire in prossimità
dell’abitazione) da Aedes aegypti e può diffondere in epidemie di grandi dimensioni
se la popolazione non è vaccinata
La zanzara Aedes è attiva durante il giorno e, una volta infettata dal virus, rimane infettiva per tutta
la vita (2-3 mesi). Il virus può sopravvivere durante la stagione secca nelle uova della zanzara.
Il periodo d’incubazione è di 3-6 giorni e può essere suddiviso di tre distinte fasi di malattia.
Iniziale, i sintomi sono rappresentati da febbre, prostrazione, dolore alle estremità (comprese le
ginocchia), cefalea, fotofobia, dolore lombosacrale, anoressia, epigastralgia e vomito. I risultati a
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nomali di laboratorio comprendono leucopenia contemporanea all’aumento delle transaminasi
seriche nel 2°-3° giorno. In molti pazienti si manifesta la guarigione in modo graduale dopo 3-4
giorni. Tuttavia, in circa il 15-25% dei pazienti si manifesta una seconda fase con crollo della
febbre per 2-24 ore, cui fa seguito nella terza fase una malattia più grave. La coagulopatia di
origine epatica produce sintomi emorragici, tra cui ematemesi, epistassi, sanguinamento,
emorragia petecchiale e porpora. Compaiono marcata trombocitopenia, ittero ingravescente e
proteinuria. I pazienti possono sviluppare shock, acidosi metabolica, necrosi tubulare acuta,
disfunzione miocardica, aritmie cardiache, confusione, convulsioni e coma. L’indice di mortalità è
del 20-50%153160 e spesso si sovrappongono infezione batterica secondaria e insufficienza
renale158. La sopravvivenza conferisce immunità permanente.
9.4
Epidemiologia
La malattia è endemica in 10 paesi del Sud America e in oltre 30 dell'Africa sub-sahariana. L'OMS
stima in circa 200.000 i casi di febbre gialla all’anno con 30.000 decessi (anche se la malattia è
sotto-stimata). La febbre gialla può ricomparire in focolai dopo lunghi periodi di apparente
quiescenza157.
9.5
Prevenzione e Controllo
Non è disponibile alcun antivirale specifico, pertanto è essenziale una buona gestione di sostegno.
La prevenzione tende a evitare le punture di zanzara, il loro controllo come popolazione e
l’immunizzazione.
E’ disponibile da più di 50 anni un vaccino vivo attenuato consigliato per il personale di laboratorio
che manipola materiali infettivi e per chiunque visiti paesi a rischio di trasmissione di febbre gialla.
Dopo il recente riconoscimento di rari eventi avversi gravi, correlati al vaccino per la febbre gialla, è
essenziale un'attenta valutazione del rischio prima della sua somministrazione159. Ora la febbre
gialla è l'unica malattia per la quale può essere richiesto per l'ingresso un CIVP (certificato
internazionale di vaccinazione o profilassi). Nel Regno Unito è disponibile un solo vaccino
autorizzato per la febbre gialla contenente un ceppo attenuato del virus 17D che protegge contro
tutti i suoi genotipi (Stamaril, prodotto da Sanofi Pasteur MSD). Una sola dose di vaccino
correttamente somministrata conferisce immunità persistente nel 95-100% dei riceventi per almeno
10 anni160-162. La vaccinazione deve essere eseguita almeno dieci giorni prima di recarsi in una
zona endemica per consentire lo sviluppo di un'immunità protettiva e perché il CIVP acquisisca
validità. L’International Heath Regulation (2005) richiede la vaccinazione di richiamo a intervalli di
10 anni per mantenere la validità del CIVP.
10 Febbre Q
10.1 Microbiologia di Base e Tassonomia
La Coxiella burnetii, agente eziologico della febbre Q, infezione di tipo zoonotico, è un coccobacillo
pleomorfo Gram-negativo. E’ un gamma proto battere parassita obbligato intracellulare.
10.2 Diagnosi di Laboratorio
La diagnosi di febbre Q si avvale prevalentemente dei metodi sierologici. Possono essere utilizzate
la deviazione del complemento (DC) e l’immunofluorescenza indiretta (IFI). Nella manifestazione
acuta della malattia gli anticorpi per l'antigene di fase II sono maggiori di quelli di fase I, mentre,
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nella forma ad andamento cronico, predominano gli anticorpi della fase I163. La PCR per C.burnetii
possiede una sensibilità tale da consentire la diagnosi di febbre Q acuta con approccio diretto164.
10.3 Caratteristiche Cliniche
La febbre Q è principalmente una malattia febbrile autolimitante e può presentare con un'ampia
varietà di sintomi. La febbre dura in genere da 1 a 2 settimane e molti pazienti sviluppano
polmonite. La maggior parte dei pazienti presenta inoltre alterazione delle prove di funzionalità
epatica e in alcuni si sviluppa epatite163. L’epatite della febbre Q si manifesta di solito con un
moderato aumento degli enzimi epatici che raggiungono valori due tre volte superiori a quelli della
soglia di normalità163. L'epatite può verificarsi in assenza di coinvolgimento polmonare167.
10.4 Trasmissione
La trasmissione della febbre Q avviene principalmente con aerosol per inalazione di materiale
contaminato. La sorgente più infettiva è rappresentata dalle secrezioni degli animali in corso di
parto, solitamente pecore infette, bovini o caprini, ma altre sono rappresentate da sangue animale,
latte, urina e feci. Il microrganismo è molto resistente e può sopravvivere nell'ambiente per molte
settimane163.
10.5 Epidemiologia
La febbre Q è riscontrata in tutto il mondo, ma è relativamente rara nella Regno Unito3. L'infezione
è associata alla vita rurale ed è più frequente nelle regioni agricole. La febbre Q causa epidemie e
dovrebbe essere presa in considerazione in talune circostanze166.
10.6 Prevenzione e Controllo
Le misure di prevenzione e di controllo sono rivolte a chi lavora con animali probabilmente infetti,
con particolare attenzione ell’appropriato smaltimento dei prodotti connessi alla nascita degli
animali. La febbre Q di solito si risolve in circa due settimane senza trattamento, anche se la
somministrazione di tetracicline, doxiciclina, o fluorochinolone è normalmente efficace nel ridurre la
durata della malattia167, 168. Nel Regno Unito non è ora disponibile un vaccino contro la febbre Q.
Traduzione a cura di Roberto Rescaldani, già primario del Laboratorio di Microbiologia e Virologia A.O. San
Gerardo dei Tintori - Monza.
Verifica della traduzione: Prof. Clementina Cocuzza e Dr. Rosario Musumeci, docenti di Microbiologia e
Microbiologia Clinica presso la Scuola di Medicina dell'Università di Milano Bicocca
I testi originali e le traduzioni sono disponibili sul Web APSI - www.apsi.it - Webmaster Sergio Malandrin,
Dirigente di primo livello del Laboratorio di Microbiologia e Virologia A.O. San Gerardo dei Tintori di Monza
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