Martedì
1 aprile 2008
39
CULTURA
visti e ascoltati per voi
TEATRO/SOCIALE
TEATRO/VILLA OLMO
Maratona tragica
Progetto riuscito
Klimt e Wilde
nella «Salomè»
(sa.ce) Quattro ore ininterrotte di teatro, dalle 9 fin quasi alla 1 di
notte. Roba da irriducibili della platea, si potrebbe pensare e invece si parla di ore trascorse in un lampo, in una serata ricca di significati, per il pubblico e per il composito cast, tutto comasco. È
pienamente positivo il giudizio su «Rashomon. La tragedia è morta, viva la tragedia», la “maratona” scenica proposta, sabato, negli spazi non convenzionali del Sociale di Como. Ancora una volta Mario Bianchi, che del progetto era l’ispiratore, è riuscito a radunare attori e spettatori in un “esperimento” dal sapore utopico, che, in barba a tanti proclami di “morte” del teatro, ha dimostrato quanto quest’arte sia ancora viva e propositiva. Il
primo risultato, un piccolo “miracolo” delle scene, è stato il
far lavorare insieme attori di diverse realtà teatrali cittadine. Come in un “concerto” polifonico, diretto con sensibilità dal regista Jacopo Boschini, dodici attori hanno collaborato, cimentandosi, a gruppi di tre (a cui vanno aggiunti i valenti musicisti Raoul Moretti, Luca Schiavo e
Clara Zucchetti), in quattro tra le più potenti tragedie
classiche. Il programma prevedeva «Antigone», proposta nella zona sottostante il palcoscenico, in una perfetta ambientazione “sepolcrale”, con Ariana Pollini
(Antigone), Elisa Carnelli, alias Ismene, Stefano Dragone, l’intransigente Creonte. Di seguito poi, nel retropalco, «Elettra» in cui erano protagonisti Davide Maranchelli nel ruolo di Agamennone, Sarah Paoletti, Clitemnestra e Laura Negretti alias Elettra. Stefano Andreoli per Edipo, Claudio Milani, nei panni di Tiresia e Stefano Bresciani come Laio, erano nel cast di «Edipo re»,
rappresentato in sala danza. Per finire, in Sala Bianca,
Valentina Ferrari era Medea, con Ester Montalto per
Glauce e Marco Continanza nei panni di Giasone. Agli interpreti va un applauso per la passione e la bravura nel
calarsi in ruoli non facili. Efficace il lavoro drammaturgico operato da Bianchi, che ha riscritto i testi, con dodici
monologhi dalla parola preziosa ma non per pochi. La regia
di Boschini ha poi il merito di aver creato un linguaggio comune ma non omologante per tutti gli interpreti, capaci di raccontare vicende terribili con toni dolenti ma mai sopra le righe e
senza cedimenti al paludato. Il folto pubblico è stato coinvolto attivamente anche dal rito della “preferenza” finale per questo o
quel personaggio, grazie al voto per mezzo di una pietra rossa,
che contrastava con il candore di vesti e arredi, curati da Alice
Asinari. Commovente il finale con il pubblico in scena e gli spettatori in platea, per uno scambievole applauso. Lo spettacolo verrà
“esportato” a Gallarate il 13 giugno, per portare in trasferta la qualità di un progetto comasco corale e convincente.
(sa.ce) Un pittore è alle prese con la smaniosa ricerca dell’opera d’arte perfetta, quella in cui sia possibile coniugare l’idea con
il gesto e la pennellata. Stremato dall’incessante lavoro, si addormenta e sogna, evocando dal subconscio un personaggio
antico e controverso, che da bambina viziata si trasforma in
femme fatale e poi in donna sconfitta. Il sogno finisce e l’opera d’arte nasce, anche se non sarà la fine della ricerca ma solo
uno degli infiniti passaggi. Si può sintetizzare così la trama di
«Visioni di Salomè», l’allestimento teatrale collaterale alla mostra «L’abbraccio di Vienna» andato in scena, per la prima,
venerdì, nel teatro tenda allestito a Villa Olmo. Anche quest’anno, la compagnia Teatro in Mostra ha scelto di affiancare l’esposizione con un testo che evochi le suggestioni colte in mostra, per rilanciare poi il collegamento con
analogie letterarie, artistiche, musicali. Il centro dell’ispirazione era, in particolare, l’opera di Klimt, artista
presente nella pièce, attraverso l’interpretazione di
Alessandro Baito. Negretti, che del progetto di spettacolo è curatrice oltre che interprete, ha puntato
l’attenzione sulla fin de siècle, rappresentando la
«Salomè» di Oscar Wilde, con innesti inediti del sogno di Klimt, scritti da Paolo Giorgio, regista milanese alla prima esperienza comasca. Il risultato è un
lavoro originale, che porta a riflettere sull’ispirazione nell’arte ma vede protagonista soprattutto la bella e inquietante Salomè, che Wilde trasforma in una
seduttrice vittima della sua stessa passionalità. Sulla scena, entrambi gli interpeti si calavano in ruoli diversi: per Baito il già citato Klimt, colto nel furore
creativo e un Erode puerile e allucinato, sedotto e
pentito. Per Negretti la modella di Klimt, coinvolta nel
percorso creativo ma anche Salomè, prima lolita ammiccante (rappresentata in toni molto caricati cui gioverebbe un processo di semplificazione), poi donna fatale,
in linea con le inquietanti “femmine” della pittura di Klimt
e infine, come detto, innamorata che ha causato la morte
dell’amato, frustrata dal suo stesso gioco. Per l’attrice comasca anche un altro personaggio, quello di Erodiade, madre
di Salomè, convincente nel livore allucinato. Dunque, come
nello spirito di queste rappresentazioni, una prova dinamica e
ricca di movimento, con invenzioni sceniche, come quella di
muoversi su dei barattoli, e una mimica spesso “danzata”, imponevano grande ritmo agli interpreti. I costumi e gli arredi scenici, pur essenziali, riproducevano la ricchezza e l’oro delle
opere klimtiane, offrendo un gancio visivo alla memoria. Soddisfatto il pubblico che ha salutato la prova con applausi convinti.
«RASHOMON»
Como, teatro Sociale
29 marzo
«VISIONI DI SALOMÈ»
Como, Villa Olmo
28 marzo
BALLETTO/MILANO
MUSICAL/MILANO
Più ballerini
ma meno
freschezza
Ragazzine
in delirio
per Troy
CLASSICA/TEATRO SOCIALE DI COMO
Intelletto, cuore e mani
Leotta conquista il teatro
(g.arn) Coreografia fortunata, gradevole e facilmente
comprensibile, «Mediterranea» di Mauro Bigonzetti è
approdata sul palcoscenico
degli Arcimboldi per la stagione di balletto del Teatro
alla Scala. Ripensata e dilatata dall’autore (dai dodici
danzatori
dell’originale,
creato quindici anni fa per il
Balletto di Toscana, si è
passati ai trenta elementi
del corpo di ballo scaligero)
ha forse perso qualcosa, in
termini di freschezza e impatto emotivo, nel suo percorso. La stessa base musicale, scelta da Bigonzetti insieme a Paride Bonetta, sulla quale agisce il folto e un
poco arruffato gruppo dei
ballerini, dovrebbe, forse,
proporre una divagazione
sulle tradizioni musicali nate nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Che
c’entra allora la mozartiana
sonata «Alla turca» o quell’insistere sul quaresimale
Kyrie della «Missa brevis»
di Pierluigi da Palestrina?
Anche i costumi (da bagno?) firmati da Roberto Tirelli destano qualche perplessità, scipiti e generici
come sono. Con entusiasmo, i ballerini scaligeri si
sono gettati nell’impresa. Il
vitalismo di molti passaggi
coreografici ne ha tratto sicuro giovamento, principalmente quando i riflettori
erano puntati sulle “stelle”
della serata: il sempre elegante Massimo Murru e il
mercuriale Antonino Sutera, senza dimenticare le belle prove di Francesca Podini e Antonella Albano. Efficaci il disegno luci di Carlo
Cerri e lo stilizzato fondale
dello stesso Tirelli. A fine
serata successo affettuoso
per tutti.
(m.t.f.) Nata quasi per scommessa circa
tre anni fa, la piccola Orchestra 1813,
ha mostrato di reggere molto bene anche i concerti come solista, che l’hanno
portata in provincia e oltre. Una scelta
coraggiosa quella di avere un piccolo
complesso strumentale stabile, che é risultata vincente ed é uscita vittoriosa da
tutte le prove cui l’ha sottoposta la programmazione del Teatro Sociale. L’abbiamo ascoltata in molti generi musicali, dall’opera antica fino all’opera sttecentesca e ottocentesca, sempre con la
stessa precisione strumentale e la stessa
volontà nell’affrontare le molte prove.
Tutti i direttori e i solisti che hanno collaborato con la «1813» hanno avuto solo parole d’elogio per la disponibilità e
la capacità collaborativa. Quest’anno la
«1813» é stata la protagonista assoluta
della Stagione sinfonica, avendo come
partners grandi solisti. Tutto Mozart il
programma di ieri sera, come sempre affrontato con precisione e compattezza
strumentale, a cominciare dall’Adagio e
Fuga in do minore KV 546 seguito dal
Divertimento per archi in Fa maggiore
KV 138, dalla Serenata notturna n. 6 in
Re maggiore KV 239, dal Divertimento
per archi in Si bemolle maggiore, per
concludere con la famosa Eine kleine
nacht Musik, Serenata per archi in Sol
maggiore KV 525. Molti applausi hanno
festeggiato i bravi giovani.
«MEDITERRANEA»
Mauro Bigonzetti
Teatro degli Arcimboldi
25 marzo
MUSICHE DI MOZART
Orchestra 1813
Como, teatro Sociale
30 marzo
CLASSICA/SOCIALE
Orchestra 1813
Tutto Mozart
da manuale
di Maria Terraneo Fonticoli
Tutti pressappoco sanno quanto la vita di Beethoven sia stata infelice, e
quanto tale infelicità abbia inciso sulla temperie del carattere e sulla sua
musica. Nelle tre Sonate iniziali che ci ha proposto Chistian Leotta, giovedì,
primo degli otto concerti dell’integrale delle sonate (legata idealmente alla mostra di pittura «L’abbraccio di Vienna» in corso a Villa Olmo) figuravano tre opere giovanili.
La n.10 semba riflettere, nel primo tempo, la dolcezza di un pacato dialogo
tra innamorati, il secondo é sereno e lieve, il terzo è uno «Scherzo» di nome
e di fatto. La n.3 é raggiante di felicità, provocata dalla brillantezza di una
tecnica veloce, entusiasmante, cui fa da contraltare un Adagio intimamente meditativo.
La n.6 non si allontana molto, nello spirito, da certo Haydn, quello del buonumore e dell’arguzia pungente, con un ultimo tempo di carattere popolaresco piuttosto rude. La serata si è conclusa con una delle più belle e famose Sonate: l’op. 57 «Appassionata» che pare fosse la preferita dall’autore.
Gli anni sono passati, la salute è malferma, il carattere inasprito dalla sordità e dalle delusioni amorose: questa Sonata è quella che meglio rispecchia
il ritratto psicologico del musicista, così come è tramandato dalla Storia.
«Un torrente di fuoco in un letto di granito», la definisce Romain Rolland
che, seguendo le indicazioni di Beethoven stesso, aveva letto «La tempesta»
di Shakespeare approfondendone il clima.. Lo scrittore francese afferma ancora: «Quale é la "Stimmung" della "Tempesta"? Lo scatenamento delle forze elementari, passione, follia di uomini ed elementi... Ma non è proprio la
definizione dell’arte beethoveniana in questo primo periodo di maturità?»
Christian Leotta anche in concerto, come abbiamo notato nei primi due cd
usciti, è sembrato far sua la definizione di Mozart. «Il pianista deve possedere intelletto, cuore e mani che corrano veloci...». Ma Leotta non é il pianista-atleta che oggi incanta folle di sprovveduti: Leotta é il pianista-musicista che "pensa", canta la frase ma tiene conto del "tocco" più adatto e
contemporaneamente le sue dita possono scorrere veloci, sicure, con chiara granitura.
La sua maturità sorpassa ben oltre i suoi pochi 28 anni anche perché, al di
là della scuola e dell’esperienza, ciò che risulta é uno stile personale che
scaturisce dalla sua anima, mediato dal raziocinio. Qualcuno può non essere d’accordo a proposito dello stacco di certi tempi. Basta un solo esempio: l’Adagio della Sonata n.3 di una lentezza stratosferica. Però noi l’abbiamo goduta suono dopo suono, senza mai perdere il senso del respiro della frase che a volte appare enigmatica, con quei suoi tipici indugi non scritti, ma sentiti, certamente intima confessione di una ricca sensibilità. La foga che anima i due movimenti estremi di questa Sonata é leggibile soggettivamente: l’ascoltatore viene trasportato dal lento accumulo di violenza che
raggiunge l’acme e poi si stempera dolorosamente alla fine «svanendo nell’ombra e nell’immobilità». Alla fine, dieci minuti, circa, di applausi entusiasti. Il prossimo appuntamento è fissato per mercoledì 2 aprile, in Teatro Sociale.
INTEGRALE DELLE «SONATE» DI BEETHOVEN
Christian Leotta
Como, teatro Sociale
27 marzo
(al.ci.) Non ci poteva essere modo migliore per ricordare la memoria dell’organista Aldo Ghedin, scomparso dieci
anni fa. Alessandro Bianchi, che ha appreso i primi rudimenti organistici proprio con lui, ha eseguito un ottimo concerto nella Basilica di San Fedele a Como, proponendo un repertorio quanto
mai vario, notevolmente impegnativo sia
per quanto concerne l’aspetto tecnico
che espressivo.
Di Clementoni ha interpretato «Cristo
Risusciti», una pagina estremamente difficoltosa, che formalmente si avvicina al
terzo corale di Franck. Si è lasciato trasportare con enfasi nel mondo dei colori, dei ritmi e degli effetti. Più classicheggiante la «Passacaglia et Thema fugatum
BWV 582» di Bach, dove è emerso l’equilibrio interpretativo di Bianchi che
ha poi proposto due pagine di M.E. Bossi dal carattere contrapposto: più intimistico «Colloquio con le rondini», più legato alla forma e alla struttura «Tema e
Variazioni op. 115». L’arte bossiana è
emersa in tutta la sua reale entità grazie
a un’interpretazione oculata e precisa. In
conclusione un pezzo che richiede rara
maestria da parte dell’esecutore: il
«Grande Pièce Symphonique, op. 17» di
Franck, una pietra miliare della letteratura organistica. L’esecuzione è parsa
perfettamente realizzata, espressiva e intensa, tecnicamente ineccepibile.
(y.sp) Ragazzini, ma soprattutto ragazzine in delirio all’Allianz teatro di Milano per
il debutto di «High School
Musical», lo spettacolo prodotto dalla Compagnia della
Rancia di Saverio Marconi,
con storia, canzoni e scene
del famosissimo film tv Disney, seguito da ben 250 milioni di spettatori.
Dopo il cinema, anche il teatro prova a seguire il filone
giovanilistico-adolescenziale e, come per la tournée di
«Tre metri sopra il cielo», è
subito successo. Sarà per il
gruppo di giovanissimi interpreti, capaci di trasmettere
freschezza ed energia, sarà
per la trama che, nella sua
semplicità, racconta la vita
reale dei ragazzi di oggi, tra
cottarelle, rivalità, passione
per lo sport, l’arte e la scienza. La storia, una sorta di
«Grease» del 2000, si svolge
in una high school americana ai giorni nostri, dove Troy
Bolton (interpretato da Jacopo Sarno) e Gabriella Montez
(Denise Faro), capitano della
squadra di basket l’uno, genio della matematica l’altra,
provano a inseguire il sogno
di diventare protagonisti del
musical della scuola.
Tra mille difficoltà alla fine ci
riusciranno, grazie all’aiuto
degli amici, perché, come recita una canzone dello spettacolo «se noi restiamo insieme ciò che vuoi si realizzerà». Il musical è davvero
corale e tutti i ragazzi se la
cavano egregiamente nei
numeri di canto e ballo. Nello
spettacolo, completamente
in italiano, si ritrovano tutte le
canzoni originali del film Disney, tradotte da Franco Travaglio, adattate, prodotte e
arrangiate da Bryan Louiselle con l’esclusione di due
nuovissimi brani.
ALESSANDRO BIANCHI IN CONCERTO
In memoria di Aldo Ghedin
Como, basilica di San Fedele
28 marzo
«HIGH SCHOOL MUSICAL»
Compagnia della Rancia
Allianz Teatro - Assago (Mi)
Fino al 13 aprile
ORGANO/SAN FEDELE
Da Bianchi
ottimo omaggio
ad Aldo Ghedin