Na+

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Laila Craighero: 4 crediti = 32 ore
[email protected]
Sezione di Fisiologia umana
Studio: sezione di Fisiologia umana, via Fossato di Mortara 19
(2° piano del chiostro)
Fisiologia
Germann – Stanfield
Edizione: III / 2009
Pubblicato da Edises
53 Euro
Sulla pagina web di questo testo, inoltre, potete
trovare le animazioni di molti concetti che trattiamo
a lezione:
www.edises.it/file/minicd/germ002
www.edises.it/file/minicd/germ002
TUTTE LE FIGURE PRESENTATE A
LEZIONE POSSONO ESSERE
DOMANDA D’ESAME
CAPITOLO 7
Cellule nervose e segnali elettrici
IL SISTEMA NERVOSO
E’ la sede della ricezione, elaborazione, e trasmissione delle informazioni relative
a tutto il corpo.
•fornisce sensazioni sull'ambiente interno ed esterno
•integra le informazioni sensoriali
•coordina le attività volontarie e involontarie
•regola e controlla le strutture e gli apparati periferici
Il tessuto nervoso comprende due distinte popolazioni cellulari: le cellule nervose
o neuroni e le cellule di sostegno o neuroglia.
La neuroglia isola i neuroni e fornisce una rete di sostegno.
I neuroni sono responsabili del trasferimento e dell'elaborazione delle
informazioni nel sistema nervoso.
Il sistema nervoso viene diviso anatomicamente in:
Sistema nervoso centrale (SNC):
•encefalo, racchiuso nella scatola cranica
•midollo spinale, contenuto invece nel canale vertebrale. Controlla
autonomamente i riflessi.
Il SNC è responsabile dell'integrazione, analisi e coordinazione dei
dati sensoriali e dei comandi motori ed è la sede delle funzioni
cognitive (intelligenza, memoria, apprendimento, linguaggio, ecc). A
differenza del sistema nervoso periferico, il SNC non è solo in
grado di raccogliere e trasmettere informazioni, ma anche di
integrarle .
Sistema nervoso periferico (SNP) è costituito da tutto il tessuto
nervoso al di fuori del SNC.
Svolge essenzialmente la funzione di trasmissione del segnale
attraverso fasci di conduzione. I segnali in entrata (afferenti) da
un'unità periferica (organo) o in uscita (efferenti) verso un'unità
periferica, decorrono in fibre separate (assoni) che generalmente
sono raggruppate in un fascio di conduzione unitario (nervo). Un
nervo contiene esclusivamente assoni, cellule di Schwann e tessuto
connettivo. I corpi delle cellule nervose sono raggruppati nei gangli
del sistema nervoso periferico e nei nuclei del midollo spinale e del
tronco encefalico.
Ganglio: raggruppamento di
corpi cellulari, localizzato
all’esterno del SNC
NEURONI: cellule specializzate nella generazione e trasmissione di informazione
sotto forma di impulsi elettrici. Tale informazione è alla base delle sensazioni, del
comportamento, dei processi fisiologici e delle capacità cognitive.
I neuroni
Un neurone tipico possiede un corpo cellulare, o soma, molte diramazioni, dendriti
sensoriali, e un lungo assone che termina in una o più terminazioni sinaptiche.
Ogni neurone deve adempiere cinque funzioni fondamentali:
•ricevere informazioni (input) dall'ambiente esterno o interno, oppure da altri
neuroni;
•integrare le informazioni ricevute e produrre un'adeguata risposta in forma
di segnale (output);
•condurre il segnale al suo terminale di uscita;
•trasmettere il segnale ad altre cellule nervose, ghiandole o muscoli;
•coordinare le proprie attività metaboliche, mantenendo l'integrità della
cellula.
I dendriti
Sono ramificazioni che si estendono dal corpo della cellula nervosa, specializzati nel
rispondere ai segnali provenienti da altri neuroni o dall'ambiente esterno. La loro
forma ramificata offre un'ampia superficie alla ricezione dei segnali.
I dendriti dei neuroni sensoriali sono dotati di speciali adattamenti della membrana
che consentono loro di rispondere a stimoli ambientali specifici come la pressione, gli
odori, la luce o il calore.
Nei neuroni del cervello e del midollo spinale, i dendriti rispondono ai
neurotrasmettitori chimici liberati da altri neuroni. Essi sono dotati di recettori
proteici di membrana che si legano a neurotrasmettitori specifici e inviano, come
risultato di quel legame, segnali elettrici.
Il soma (corpo cellulare)
Assicura le funzioni vitali del neurone e integra i segnali elettrici provenienti dai
dendriti.
Viaggiando lungo i dendriti, i segnali confluiscono al corpo cellulare del neurone che,
comportandosi come un centro di integrazione, li "interpreta" e "decide" se produrre
un potenziale d'azione, il segnale elettrico di uscita (output) del neurone.
Provvisto dell'assortimento di organuli simile a quello di qualsiasi altra cellula, il
corpo cellulare sintetizza anche proteine, lipidi e carboidrati, e coordina inoltre le
attività metaboliche della cellula.
L'assone
Trasporta a destinazione i segnali elettrici generati dal corpo cellulare. In un
neurone tipico, l'assone, che è una fibra lunga e sottile, si protende dal corpo
cellulare, facendo del neurone la cellula più lunga del corpo umano. Singoli assoni, per
esempio, si estendono dal midollo spinale alle dita dei piedi, coprendo una distanza
superiore a un metro.
I terminali sinaptici
I terminali sinaptici comunicano con altri neuroni, muscoli e ghiandole.
La maggior parte dei terminali sinaptici contiene una sostanza chimica specifica,
detta neurotrasmettitore, che viene liberata in risposta a un potenziale d'azione
che percorre l'assone.
Il segnale in uscita (output) della prima cellula (presinaptica) diventa il segnale in
entrata (input) per la seconda cellula (postsinaptica).
Nei neuroni del cervello e del midollo spinale, i dendriti
rispondono ai neurotrasmettitori chimici liberati da altri
neuroni.
I dendriti dei neuroni sensoriali sono dotati di speciali
adattamenti della membrana che consentono loro di
rispondere a stimoli ambientali specifici come la pressione, gli
odori, la luce o il calore.
I neuroni comunicano generando segnali elettrici sotto forma di modificazioni del potenziale
di membrana
Potenziale di membrana=differenza di potenziale elettrico ai due lati della membrana
cellulare
= le cariche elettriche sono distribuite in modo disomogeneo tra
l’esterno e l’interno del neurone
Nei sistemi biologici le cariche elettriche non sono date dagli elettroni ma dagli ioni
ioni=atomi carichi elettricamente. Si possono combinare a fare dei composti
es.: NaCl, cloruro di sodio, sale. Se il composto viene messo in acqua, si scinde dividendosi in
ioni positivi e negativi. Il n° di cariche positive è uguale a quello delle cariche negative.
NaCl
NaCl
Na+
Cl-
NaCl
Na+
H2O
Cl-
Cl-
Na+
Na+
Cl-
Na+
Cl- Na+
Na+ Cl-
Cl-
Cl-
Le molecole non sono mai ferme
(agitazione termica). Lo sarebbero
solamente ad una temperatura vicina
allo zero assoluto: -273°C,
condizione che non si verifica mai!
Non si staccano perché sono
intrappolate dalla struttura
cristallina.
Cl-
Mettendo il cristallo in acqua, dove
l’acqua bagna la struttura reticolare,
esso si modifica, le molecole di NaCl
di staccano separandosi
successivamente in Sodio e Cloro.
Na+
Na+
Gli ioni continuano a muoversi allontanandosi,
finché non sbattono contro il bordo. All’inizio la
concentrazione è maggiore vicino al cristallo
(gradiente di concentrazione). La distribuzione
è in termini di probabilità.
Membrana semipermeabile: passa l’acqua (solvente) e non il sale (soluto). Stesso livello nei
due recipienti.
Più molecole d’acqua
NaCl
Na+
ClNa+
Il solvente si muove
dal compartimento
in cui la soluzione è
meno concentrata a
quello dove la
concentrazione è
maggiore.
Le specie chimiche
tendono a migrare
dalla soluzione dove
sono più concentrate
a quella dove la loro
concentrazione è
minore.
H2O
Cl-
Cl-
Na+
Na+
Cl-
Na+
Cl- Na+
Na+ Cl-
Cl-
ClCl-
Meno molecole d’acqua
perché un po’ di spazio
è occupato dal sale
Na+
Na+
E’ più probabile che l’acqua
passi da più a meno, che il contrario:
GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE
NaCl
ClNa+
Cl-
H2O
Na+
Cl-
Na+
Na+
Cl-
Na+
Cl- Na+
Na+ Cl-
FORZA CHIMICA
Cl-
Cl-
ClNa+
Na+
Non si raggiungerà mai
l’equilibrio, perché il soluto
c’è sempre.
Il livello di liquido si ferma
quando il suo peso esercita
una forza pari a quella che
spinge l’acqua a spostarsi
Carichiamo l’acqua negativamente e con una pila mettiamo il polo positivo a sinistra e quello
negativo a destra.
Cariche dello stesso segno si respingono,
mentre cariche di segno opposto si
attraggono
-
+
NaCl
Na+
ClNa+
Cl-
H2O-
Cl-
Na+
Na+
Cl-
Na+
Cl- Na+
Na+ Cl-
FORZA CHIMICA
Cl-
Cl-
ClNa+
Na+
FORZA ELETTRICA
-
+
NaCl
H2O-
ClNa+
Cl-
Na+
Cl-
Na+
Na+
Cl-
Na+
Cl- Na+
Na+ Cl-
FORZA CHIMICA
Cl-
Cl-
ClNa+
Na+
Se la forza chimica e la forza elettrica
sono pari
non c’è più passaggio di ioni
I neuroni comunicano generando segnali elettrici sotto forma di modificazioni
del potenziale di membrana
Potenziale di membrana:
differenza di potenziale elettrico ai due lati della membrana cellulare
Le cariche elettriche sono distribuite in modo disomogeneo tra l’esterno e
l’interno del neurone
Nei sistemi biologici le cariche elettriche non sono date dagli elettroni ma dagli
ioni (atomi carichi elettricamente).
Nei neuroni gli ioni in gioco sono:
Sodio (Na+)
Potassio (K+)
Dentro il neurone ci sono le proteine (Proteine -) che vengono sintetizzate
all’interno e che non possono uscire
Il K+ può passare attraverso la membrana (membrana permeabile al K+).
Il Na+ non può passare attraverso la membrana (membrana impermeabile al Na+)
CANALI IONICI
La loro apertura o chiusura cambia la permeabilità della membrana cellulare
per specifici ioni. Quando cambia la permeabilità, gli ioni si muovono
attraverso la membrana e quindi CAMBIA LA DISTRIBUZIONE DELLE
CARICHE ELETTRICHE TRA I DUE LATI DELLA MEMBRANA e quindi si
modifica il potenziale di membrana.
Canali ionici passivi
Sono sempre aperti
Canali ligando-dipendenti
Si aprono o si chiudono in risposta al legame di un messaggero chimico ad uno
specifico recettore presente sulla membrana plasmatica. Nei neuroni questi
canali si trovano sulla membrana della cellula postsinaptica, il messaggero è
detto neurotrasmettitore e viene liberato dalla cellula presinaptica.
Canali voltaggio-dipendenti
Si aprono o chiudono in risposta a modificazioni del potenziale di membrana.
Quelli per il Na+ e il K+ si trovano prevalentemente nel monticolo assonale e
sono necessari per l’insorgenza e la propagazione del potenziale d’azione.
Quelli per il Calcio si trovano nel terminale assonico e si aprono quando il
potenziale d’azione arriva ad esso, permettendo l’entrata del Calcio nel
terminale assonico attivando il rilascio del neurotrasmettitore.
POTENZIALI DI EQUILIBRIO DEL SODIO E DEL POTASSIO
Cosa spinge uno ione a spostarsi?
• la sua concentrazione: tende ad andare dove ce n’è di meno: FORZA CHIMICA
• la sua carica: tende ad andare verso la carica opposta: FORZA ELETTRICA
Si supponga ad esempio che
inizialmente uno ione sia molto
più concentrato da un lato della
membrana e che non vi sia
alcuna differenza di potenziale
tra i due lati
+ +
+ +
+
+
+ +
Inizialmente lo ione si muoverà in direzione del lato
dove è meno concentrato. Tuttavia man mano che lo
ione passa, andranno accumulandosi da quel lato
sempre più cariche positive (che saranno invece
sottratte dall’altra parte)
La differenza di potenziale andrà aumentando e
inizierà a ri-sospingere lo ione dentro la cellula
All’equilibrio le due forze si equivarranno senza che
si possa mai raggiungere né ugual concentrazione
dai due lati, né neutralità elettrica
Gradiente di
concentrazione
Gradiente
elettrico
+ +
+ +
+ +
+ - +
+ +
+ + - +
+ - + +
+ - + +
+ + - +
IPOTIZZIAMO UNA CELLULA PERMEABILE SOLO AL POTASSIO
IN CUI, ALL’INIZIO, IL POTASSIO E’ SOLO FUORI
Proteinenon passano
K+
Le proteine-canale gli permettono di passare attraverso la membrana
Proteinenon passano
K+
•
•
•
Il K+ è tutto fuori (vuole andare dentro perché dentro non ce n’è)
Forza chimica
Ha carica positiva (vuole andare dentro perché dentro la carica è negativa)
Forza elettrica
La membrana gli permette di passare
ENTRA
Proteinenon passano
K+
K+
Forza elettrica
passa
Forza chimica
Il K+ ENTRA
Fino a quando entra? Fino a quando la sua differenza di concentrazione non è così
forte da generare una forza chimica opposta a quella elettrica
Proteinenon passano
Ha carica positiva
(vuole andare dentro perché dentro la carica
è negativa)
K+
Forza elettrica
Forza chimica
Dentro ce n’è già molto e quindi vuole uscire
Quando la forza elettrica e quella chimica sono uguali, il movimento ‘netto’ di K+ = 0
Questo nel neurone avviene quando la differenza di potenziale è di -94 mV (potenziale di
equilibrio per il potassio)
L’interno della cellula rimane negativo perché la negatività delle proteine è
maggiore della positività del potassio
Proteine-
K+
non passano
IPOTIZZIAMO UNA CELLULA PERMEABILE SOLO AL SODIO
IN CUI, ALL’INIZIO, IL SODIO E’ SOLO FUORI
Proteine-
-
non passano
Na+
Il Na+ è tutto fuori (vuole andare dentro perché dentro non ce n’è)
Forza chimica
Ha carica positiva (vuole andare dentro perché dentro la carica è negativa)
Forza elettrica
La membrana gli permette di passare
ENTRA
Na+
-
Na+
passa
Forza elettrica
Forza chimica
Il Na+ ENTRA
Fino a quando entra? Fino a quando le cariche positive che porta dentro non
generano una forza elettrica che spinge gli ioni sodio fuori, opponendosi alla forza
chimica
Na+
Na+
+
Forza elettrica
Forza chimica
Quando la forza elettrica e quella chimica sono uguali, il movimento ‘netto’ di Na+ = 0
Questo nel neurone avviene quando la differenza di potenziale è di +60 mV (potenziale di
equilibrio per il sodio)
NEI NEURONI A RIPOSO LA MEMBRANA E’ PERMEABILE AL POTASSIO
E QUASI TOTALMENTE IMPERMEABILE AL SODIO
Il potenziale di membrana a riposo nei neuroni è -70 mV
(e non -94mV,pot. d’equilibrio del K+, perché un po’ di Na+ entra)
Na+
non passa
-
Forza elettrica
Forza chimica
K+
Il Na+ è tutto fuori (vuole andare dentro perché dentro non ce n’è)
Ha carica positiva (vuole andare dentro perché dentro la carica è negativa)
La membrana NON gli permette di passare
RESTA FUORI MA VORREBBE ENTRARE!!
Na+
non passa
-
Forza elettrica
Forza chimica
K+
La situazione del neurone al potenziale di riposo
NON E’ UNA SITUAZIONE DI EQUILIBRIO!
FORZA ELETTROCHIMICA:
È la forza totale che agisce sugli ioni trasportati.
Determina la direzione con la quale gli ioni si muoverebbero se venisse loro
permesso di attraversare spontaneamente la membrana.
Quando gli ioni vengono trasportati passivamente, si muovono sempre nella
direzione della forza elettrochimica, cioè
SI MUOVONO SECONDO IL LORO GRADIENTE ELETTROCHIMICO.
Quando sono trasportati attivamente (es. pompa sodio-potassio che utilizza
energia) si muovono in direzione opposta a quella della forza elettrochimica
SI MUOVONO CONTRO IL LORO GRADIENTE ELETTROCHIMICO
A riposo, la separazione di cariche dovuta al fatto che l’interno è negativo perché
ci sono le proteine e l’esterno è positivo perché c’è il Na+, porta ad un
potenziale di membrana a riposo di circa -70mV
Na+
K+
-
non passa
La pompa sodio-potassio impedisce che, a lungo andare, la permeabilità al
potassio (alta) e al sodio (bassa) annulli i gradienti di concentrazione di
potassio e sodio, «scaricando» il neurone.
La pompa sodio-potassio è una pompa attiva perché utilizza energia (ATP)
per trasportare ioni CONTRO il loro gradiente elettrochimico.
Così facendo, mantiene il potenziale di membrana a riposo stabile a -70 mV.
THE MEMBRANE POTENTIAL
permeabilità e pompa sodio-potassio
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/nervous1/04/index.php
•
Se a un dendrita dei neuroni sensoriali arriva uno stimolo ambientale (pressione, odori, luce,
calore)
•
oppure un dendrita dei neuroni del cervello o del midollo spinale riceve un neurotrasmettitore da
un altro neurone (sinapsi)
•
•
•
•
cambia la permeabilità per uno ione = si aprono dei “buchi” che fanno passare quello ione
passano ioni attraverso la membrana
e quindi la separazione di cariche cambia
e quindi il potenziale di membrana cambia
+
K+
-
Entrano
un po’
di
cariche
positive
Na+
Lo stimolo può essere più o meno forte
ossia
può far passare più o meno cariche
e quindi può modificare più o meno il potenziale di membrana
POTENZIALE GRADUATO : la sua ampiezza dipende dall’intensità dello stimolo
+
K+
-
Ne entrano
un po’
di
più
Na+
I neuroni comunicano tra di loro grazie a modificazioni del potenziale di membrana dovute
all’apertura o chiusura di canali:
-
elettrici (voltaggio-dipendenti)
chimici (ligando-dipendenti)
meccanici (meccano-sensitivi)
Quando questi canali si aprono o si chiudono, si modifica la permeabilità di membrana per un
certo ione, determinando una modifica del potenziale di membrana, che può essere di
due tipi:
1)
POTENZIALI GRADUATI
Piccoli segnali elettrici che agiscono a breve distanza perché diminuiscono di intensità man
mano che ci si allontana dal sito di stimolazione
2)
POTENZIALI D’AZIONE
Ampi segnali elettrici che si propagano per lunghe distanze senza diminuire in ampiezza
POTENZIALI GRADUATI
I potenziali graduati rappresentano piccole modificazioni del potenziale di membrana che si
verificano quando i canali ionici si aprono o si chiudono in risposta ad uno stimolo che
agisce sulla cellula.
CHE STIMOLO? COS’E’?
Lo stimolo che genera un potenziale graduato può essere un neurotrasmettitore che si lega ai
recettori localizzati sulla membrana del neurone (nelle sinapsi tra neurone e neurone)
oppure può essere uno stimolo sensoriale (stimolo pressorio o luminoso) che agisce su un
recettore sensitivo o sulla terminazione periferica di un neurone.
-
l’ampiezza della variazione del potenziale di membrana varia in funzione dello stimolo: è
un fenomeno graduato.
Uno stimolo debole produce un piccolo cambiamento del potenziale di membrana, mentre
uno stimolo più intenso provoca una variazione di potenziale di maggiore ampiezza
ESEMPIO DI GENERAZIONE DI POTENZIALE GRADUATO
IN SEGUITO A STIMOLAZIONE SENSORIALE:
Per esempio, basta deformare meccanicamente la membrana
(fenomeno comune nei sensori della cute) e si aprono dei buchi
che permettono il passaggio del Na+ (e quindi determinano una
depolarizzazione della cellula perché il Na+ entra).
Come un palloncino sgonfio che ha dei piccoli buchi: se lo
stiriamo i buchi si allargano.
Questo è un fenomeno graduato, posso avere depolarizzazioni
minori o maggiori a seconda di quanta distorsione esercito sulla
membrana.
POTENZIALI GRADUATI
-
Alcuni potenziali graduati generano depolarizzazione (eccitatori), altri causano
iperpolarizzazione (inibitori)
POTENZIALI GRADUATI
-
I potenziali graduati generano un potenziale d’azione se depolarizzano la membrana fino
al valore di soglia
Nei neuroni, il valore soglia è
approssimativamente -55mV
POTENZIALI GRADUATI
-
Il potenziale graduato si attenua con la distanza: la variazione del potenziale di
membrana genera un flusso di corrente che si propaga ad aree adiacenti della membrana
(conduzione elettrotonica=movimento passivo di cariche), ma parte della corrente
attraversa la membrana determinando una diminuzione della variazione del potenziale di
membrana.
Quando l’acqua scorre attraverso un manicotto collegato a un rubinetto, se il manicotto è
intatto la quantità di acqua che entra è uguale a quella che esce; se invece vi è una piccola
perdita (come nella membrana che perde ioni attraverso i canali passivi, sempre aperti) la
fuoriuscita di acqua risulterà minore.
All’allontanarsi del potenziale graduato dal sito di stimolazione, la corrente scorre (grazie alla
conduzione elettrotonica) in un’ampia area di membrana e una sua parte attraversa la
membrana e si disperde. Quindi, l’ampiezza della variazione del potenziale di membrana
diminuisce all’aumentare della distanza dal punto di stimolazione.
La corrente che esce dalla membrana viene persa.
Per questo motivo la modificazione del potenziale
di membrana diminuisce allontanandosi dal sito di
stimolazione.
Legge di Ohm: I = E/R
e propagazione del potenziale graduato
I = quantità di cariche elettriche che passa (corrente)
E = differenza di potenziale
R = resistenza
La quantità di cariche elettriche che passa
aumenta all’aumentare della differenza di potenziale
e diminuisce all’aumentare della resistenza
La RESISTENZA dipende:
• dal DIAMETRO dell’assone. Più è piccolo, più fa fatica a passare.
• Dalla RESISTENZA DI MEMBRANA: la membrana non è completamente isolata (ci
sono dei buchi) e quindi un po’ di ioni escono e si disperdono.
Il potenziale graduato può propagarsi dal punto di stimolazione per brevi distanze in
quanto si attenua con la distanza dal punto in cui si genera.
La distanza a cui si propaga il potenziale graduato dipende dalla
Costante di spazio:
•aumenta all’aumentare della resistenza di membrana (se ci sono pochi
buchi)
•diminuisce all’aumentare della resistenza dell’assone (se è piccolo)
La conduzione passiva del potenziale graduato è una conduzione elettrotonica che
segue le stesse regole di qualsiasi conduttore.
Costante di spazio:
•aumenta all’aumentare della resistenza di membrana (se ci sono
pochi buchi)
•diminuisce all’aumentare della resistenza dell’assone (se è piccolo)
a) Res. Membrana: +
b) Res. Membrana: -
Res. Assone: Res. Assone: +
Maggiore distanza percorsa nel caso a)
Un singolo potenziale graduato non è quasi mai
di ampiezza sufficiente a generare un potenziale d’azione.
Se i singoli potenziali graduati si sovrappongono
si possono sommare:
SOMMAZIONE TEMPORALE:
nello stesso punto vengono applicati in rapida successione
più stimoli. Il tempo tra uno stimolo e l’altro deve essere
così breve da sovrapporre le depolarizzazioni dei diversi
stimoli.
SOMMAZIONE SPAZIALE:
si sommano gli effetti dei potenziali graduati che nascono
in diverse regioni della membrana.
Quando il potenziale graduato raggiunge il livello di soglia (-55mV)
si aprono i CANALI VOLTAGGIO-DIPENDENTI PER IL Na+
Na+
K+
-
LIVELLO SOGLIA
Quando il potenziale graduato raggiunge il livello di soglia (-55mV)
si aprono i CANALI VOLTAGGIO-DIPENDENTI PER IL Na+
e il Na+ ENTRA A VALANGA
perché è positivo (e l’interno è negativo)
e il Na+ è tutto fuori
Na+
K+
-
Na+
LIVELLO SOGLIA
Quando la depolarizzazione determinata da molti potenziali
graduati raggiunge il monticolo assonale
il potenziale d’azione viene generato
Il potenziale d’azione viene generato nel monticolo assonale
perché in esso è presente
un gran numero di canali voltaggio dipendenti per il Na+
Il processo di depolarizzazione è rigenerativo
CANALI VOLTAGGIO-DIPENDENTI PER IL SODIO
In un tempo brevissimo il Na+ porta all’interno della cellula molte cariche positive, invertendo
in questo modo il potenziale di membrana che passa da -70mV a +30mV
Na+
ENTRA
K+
+
A questo punto:
• si chiudono i canali voltaggio-dipendenti per il Na+ (il Na+ non entra più, non
entrano più cariche positive)
• e si aprono i canali voltaggio-dipendenti per il K+. Il K+ esce portando fuori
cariche positive (il K+ è tutto dentro e l’interno è positivo!)
Il potenziale di membrana ritorna negativo.
+
Na+
NON ENTRA
PIU’
K+
ESCE
Grazie alla pompa sodio-potassio (che utilizza energia) viene portato fuori il Na+ (3 ioni Na+) e
dentro il K+ (2 ioni K+) e così viene ripristinata la situazione di partenza
Na+
K+
-
non passa
Pompa Na/K permette di ripristinare le condizioni di partenza.
Pompa Na/K utilizza energia.
In biologia, spesso, l’energia viene utilizzata per ripristinare le condizioni di partenza.
Possiamo salire le scale
(passare da un punto a minor energia potenziale ad un punto a maggior energia
potenziale -per rompere un uovo posso lasciarlo cadere)
lentamente o velocemente.
Potenza = tempo durante il quale una forza viene applicata (Watt = forza/tempo)
minore è il tempo, maggiore è la potenza che devo usare per esercitare la stessa forza
(forza = potenza X tempo) Per esercitare una forza sufficiente a sollevare un chilo di
peso in 10 msec avrei bisogno di una grande potenza.
Per salire le scale in un tempo velocissimo posso sedermi su una catapulta che carico grazie ad
una manovella per un quarto d’ora (immagazzino energia potenziale) e poi faccio scattare il
meccanismo che mi catapulta in cima alle scale.
Il neurone deve generare il potenziale d’azione in un tempo brevissimo: quindi carica il
meccanismo e poi fa scattare il grilletto.
THE ACTION POTENTIAL
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/nervous1/05/index.php
APERTURA CANALI VOLTAGGIO-DIPENDENTI
PER IL Na+
CHE ENTRA A VALANGA
CHIUSURA CANALI VOLTAGGIO-DIPENDENTI PER IL Na+
APERTURA CANALI K+ CHE ESCE
CELLULA POLARIZZATA  SEPARAZIONE DI CARICHE
Dentro negative/fuori positive
RITARDO NELLA CHIUSURA DEI CANALI K+
il K+ esce troppo
MODIFICAZIONE DEL POTENZIALE DI MEMBRANA
Dovuta ad un cambio di permeabilità
Il POTENZIALE D’AZIONE
• è un fenomeno ATTIVO
perché ha bisogno di energia per ripristinare le condizioni di partenza
• è un fenomeno tutto-o-nulla
c’è o non c’è. L’ampiezza del potenziale è determinata dal potenziale di equilibrio per il
sodio.
Non è un potenziale graduato
• è autorigenerativo
quando in un punto della membrana nasce un pot d’az esso si propaga per tutta la
membrana eccitando i punti vicini della membrana.
Il potenziale d’azione si propaga per conduzione elettrotonica ai punti adiacenti della
membrana (come il potenziale graduato) DEPOLARIZZANDO SEMPRE I PUNTI
ADIACENTI DELLA MEMBRANA FINO AL VALORE SOGLIA, SCATENANDO IN
ESSI UN NUOVO POTENZIALE D’AZIONE
E’ alla base della possibilità di condurre il pot d’az lungo i neuroni (un assone di
motoneurone spinale che innerva la mano è lungo 1 metro!)
Il potenziale d’azione si propaga sia in una direzione che nell’altra.
La depolarizzazione è bidirezionale e quindi, se non ci fosse un sistema di protezione,
lo stesso punto continuerebbe ad essere sottoposto a potenziali d’azione che tornano
sempre indietro.
PERIODO REFRATTARIO
ASSOLUTO
Durante l’inizio della fase di
ripolarizzazione molti canali per il
Na+ sono aperti e la gran parte
delle porte di inattivazione
dei canali per il Na+ è in posizione
di chiusura. QUINDI: non è
possibile modificare la
permeabilità della membrana per il
Na+. Quindi NON è possibile
evocare un nuovo potenziale
d’azione.
PERIODO REFRATTARIO
RELATIVO
Solo uno stimolo molto intenso
riesce a generare un secondo pot
d’az perché molte porte di
inattivazione sono ancora chiuse,
inoltre molti canali voltaggiodipendenti per il K+ sono aperti e
quindi abbiamo molte cariche
positive che escono.
Pochi sono i canali Na+ che
possono aprirsi.
I pot d’az non possono sommarsi tra loro a causa
del periodo di refrattarietà assoluto (impedisce
la loro sovrapposizione).
La grandezza dei potenziali graduati fornisce
l’informazione sull’intensità dello stimolo.
Come fanno i pot d’az a informare sull’intensità
dello stimolo?
CODICE DI FREQUENZA
Più lo stimolo è intenso, maggiore è il numero di potenziali d’azione nell’unità di
tempo
perché: più lo stimolo è intenso, prima è possibile evocare un pot d’az durante il
periodo refrattario relativo
L’intensità dello stimolo si ottiene mediante una
codifica in frequenza di scarica dei pot d’az.
Poiché un potenziale graduato dura di più di un
pot d’az, esso può generare una scarica di pot
d’az.
A seconda dell’ampiezza di un potenziale
graduato, i pot d’az possono essere più o meno
distanziati nel tempo.
Stimolo soglia che dura più del periodo di refr
ass: nuovo pot d’az
Stimolo soprasoglia: può generare un secondo
pot d’az anche durante il periodo di refr rel
Una volta che il pot d’az è generato in un assone, esso si
propaga senza decremento lungo l’assone partendo dal
monticolo assonale (o cono d’emergenza)
e giungendo alle terminazioni dell’assone.
Il pot d’az viaggia generando gradienti elettrochimici nei
liquidi intra ed extra cellulari.
Tali liquidi permettono alle cariche positive (+) di muoversi
dall’area della membrana depolarizzata a quella adiacente (-),
che viene a sua volta depolarizzata.
LA CORRENTE CHE DIFFONDE NELLE ADIACENZE E’
SEMPRE DI SUFFICIENTE INTENSITA’ DA
DEPOLARIZZARE LA MEMBRANA FINO AL VALORE
SOGLIA, GENERANDO UN ALTRO POT D’AZ
Il primo potenziale d’azione prodotto nel monticolo assonale
genera una corrente che causa l’insorgenza di un secondo
potenziale d’az nelle zone adiacenti della membrana. A sua
volta questo produce un flusso di corrente che causa
l’insorgenza di un terzo pot d’az, e così via fino a giungere al
terminale assonico.
Legge di Ohm: I = E/R
e propagazione del potenziale graduato
I = quantità di cariche elettriche che passa (corrente)
E = differenza di potenziale
R = resistenza
La quantità di cariche elettriche che passa
aumenta all’aumentare della differenza di potenziale
e diminuisce all’aumentare della resistenza
La RESISTENZA dipende:
• dal DIAMETRO dell’assone. Più è piccolo, più fa fatica a passare.
• Dalla RESISTENZA DI MEMBRANA: la membrana non è completamente isolata (ci
sono dei buchi) e quindi un po’ di ioni escono e si disperdono.
Le cellule di Schwann creano una barriera che
chiude i buchi attraverso i quali si verifica la
dispersione degli ioni (aumenta la resistenza
di membrana).
È necessario che questa barriera venga
interrotta ogni tanto per permettere il
verificarsi di un nuovo
pot d’az.
Infatti, il potenziale lungo l’assone ricoperto
di mielina viene condotto passivamente e tale
conduzione
risente della resistenza dell’assone
(resistenza intracellulare).
Questo fa capire perché all’interno delle
famiglie ricoperte da mielina, la velocità di
conduzione dipende dal diametro.
A livello delle regioni nodali, la membrana presenta un’elevata concentrazione di
canali voltaggio-dipendenti per il NA+ e il K+.
La corrente depolarizzante che nasce all’interno dell’assone nella regione di un
nodo di Ranvier, è sufficiente a depolarizzare la membrana a livello del nodo di
Ranvier adiacente fino al valore di soglia, generando così un potenziale d’azione.
I potenziali d’azione nascono in successione ad ogni nodo di Ranvier,
propagandosi fino a giungere al terminale dell’assone.
Il salto del pot d’az da un nodo all’altro è il motivo per cui la conduzione negli
assoni mielinici viene chiamata conduzione saltatoria.
CAPITOLO 8
Trasmissione sinaptica ed integrazione neuronale
I neuroni comunicano tra di loro attraverso strutture specializzate: le sinapsi.
• Sinapsi elettriche: non utilizzano neurotrasmettitori. Il segnale elettrico si
propaga direttamente da una cellula all’altra. Permettono una rapida
comunicazione tra neuroni adiacenti sincronizzandone l’attività elettrica.
• Sinapsi chimiche:
•un neurone secerne un neurotrasmettitore nello spazio extracellulare in
risposta ad un potenziale d’azione che arriva alla sua terminazione sinaptica
•il neurotrasmettitore si lega ad un recettore presente nella membrana
cellulare di una seconda cellula
•tale legame favorisce o inibisce l’insorgenza di un potenziale d’azione nella
seconda cellula
Nel SNC le sinapsi avvengono tra due
neuroni.
Non necessariamente la
depolarizzazione indotta dal
neurotrasmettitore raggiunge la soglia
per la generazione del pot d’az.
SINAPSI
Il Ca++ determina la fusione delle vescicole sinaptiche con la superficie interna della membrana
presinaptica, determinando l’esocitosi e cioè il rilascio del neurotrasmettitore nella fessura
sinaptica
LA QUANTITA’ DI NEUROTRASMETTITORE RILASCIATO DIPENDE
DALLA CONCENTRAZIONE DI CALCIO NEL CITOPLASMA CHE, A SUA
VOLTA, DIPENDE DALLA FREQUENZA DEI POTENZIALI D’AZIONE NEL
NEURONE PRESINAPTICO
In mancanza dell’arrivo di un ulteriore pot d’az, il rilascio del
neurotrasmettitore si arresta in pochi millisecondi, poiché i canali voltaggiodipendenti per il Ca++ restano aperti pochissimo tempo e il Ca++ viene subito
attivamente pompato all’esterno
Se arriva un secondo potenziale PRIMA DELL’ALLONTANAMENTO DEL
NEUROTRASMETTITORE DALLA FESSURA SINAPTICA, questo
determinerà un ulteriore rilascio di neurotrasmettitore (ntr) e, di
conseguenza, un aumento di ntr nello spazio sinaptico.
La concentrazione di neurotrasmettitore nella fessura sinaptica aumenta
proporzionalmente alla frequenza dei pot d’az. (SOMMAZIONE TEMPORALE)
Sinapsi eccitatoria
Sinapsi inibitoria
Il neurotrasmettitore interagisce con specifici recettori di membrana, generando una risposta
nel neurone postsinaptico.
Una volta liberato il ntr può agire solo per pochi millisecondi perché il suo legame con il
recettore dura poco e una serie di processi lo allontana rapidamente dallo spazio sinaptico
Potenziale postsinaptico (PPS):
variazione del potenziale di membrana della cellula postsinaptica indotta dall’aumento di
permeabilità ad uno o più ioni in conseguenza al legame tra neurotrasmettitore e recettore.
Il PPS si forma rapidamente ed altrettanto rapidamente scompare (pochi millisecondi) poiché
il canale-recettore si chiude appena il neurotrasmettitore si stacca da esso.
PPS eccitatorio (PPSE):
il potenziale di membrana raggiunge
livelli più vicini al valore soglia (la
cellula postsinaptica viene
depolarizzata).
I PPSE sono potenziali graduati la cui
ampiezza depolarizzante cresce in
funzione del numero di molecole di
neurotrasmettitore che si legano al
recettore.
Il recettore-canale che si apre
permette al Na+ a al K+ di passare.
Il Na+ tende ad entrare MOLTO, il K+
ad uscire POCO. Quindi, il flusso verso
l’interno di Na+ prevale su quello verso
l’esterno di K+.
La depolarizzazione è di ampiezza
maggiore nel punto di origine e
decresce con la distanza.
PPS inibitorio (PPSI):
il potenziale di membrana raggiunge
livelli più lontani dal valore soglia (la
cellula postsinaptica viene
iperpolarizzata).
Il legame del neurotrasmettitore con il
recettore apre un canale per il
potassio, che fuoriesce dalla cellula
iperpolarizzandola (rendendo l’interno
più negativo) o per il cloro (Cl- che
entra dentro la cellula).
Diminuisce la probabilità che si generi
un pot d’az
I PPSI sono potenziali graduati la cui
ampiezza cresce in funzione del
numero di molecole di
neurotrasmettitore che si legano al
recettore.
L’iperpolarizzazione è di ampiezza
maggiore nel punto di origine e
decresce con la distanza.
A livello del monticolo assonale viene effettuata la sommazione algebrica dei PPSE e
dei PPSI: integrazione neuronale.
Quando la sommazione dei PPSE prevale sui PPSI ed è in grado di portare il potenziale
di membrana a livello del monticolo assonale al valore soglia, nasce un pot d’az.
SOMMAZIONE TEMPORALE
Si può verificare in quanto i PPS durano di più dei pot d’az
Un secondo pot d’az determina liberazione di neurotrasmettitore quando le molecole
di ntr liberate dal primo pot d’az sono ancora presenti nella fessura sinaptica: si
aprono più canali.
Se il secondo pot d’az arriva dopo un po’ di tempo, il ntr liberato dal primo pot d’az è
già stato rimosso e quindi i loro effetti sui canali non si possono sommare.
SOMMAZIONE SPAZIALE
Si verifica in quanto i PPS, originati in differenti sinapsi, diffondono verso il monticolo
assonale sommandosi tra loro.
Se i neuroni A e B sono attivati nello stesso momento, i risultanti PPSE si sommano
producendo una depolarizzazione sufficiente ad innescare un pot d’az
Se i neuroni A e B generano un pot d’az in tempi diversi, ciascuno di essi induce un
PPSE, ma nessun PPSE è sufficientemente ampio da generare un pot d’az nella cellula
postsinaptica.
In realtà i dendriti ed il corpo cellulare di un neurone postsinaptico possono ricevere
input da centinaia o centinaia di migliaia di differenti neuroni: CONVERGENZA
Alcune sinapsi sono eccitatorie, altre inibitorie e quindi il numero di possibili
combinazioni di input sinaptici è astronomico.
SYNAPTIC POTENTIALS AND CELLULAR INTEGRATION
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/nervous2/04/index.php
Sinapsi asso-assoniche:
il ntr rilasciato dal neurone presinaptico si lega al recettore del neurone
postsinaptico inducendo una modificazione del quantitativo di Ca++ che entra nel
terminale assonico in risposta ad un pot d’az.
Questo provoca una modificazione della quantità di ntr che viene liberato:
facilitazione presinaptica: il neurone postsinaptico libera più ntr
inibizione presinaptica: il neurone postsinaptico libera meno ntr
Nel sistema nervoso somatico il ntr è l’Ach.
Nel sistema nervoso centrale i ntr vengono classificati
in eccitatori ed inibitori e sono prevalentemente
costituiti da aminoacidi:
• ntr eccitatori
aspartato
glutammato
• ntr inibitori
glicina
GABA acido gamma-aminobutirrico
Il GABA è un ntr inibitorio, pur avendo caratteristiche
chimiche simili al glutammato da cui deriva. Questo
dipende dal fatto che questi due ntr si legano a
recettori completamente diversi tra loro.
L’azione di qualsiasi ntr dipende sempre dal tipo di
recettore con il quale interagisce e non dalla sua
struttura chimica.
Benzodiazepine: (sonniferi) hanno dei recettori specifici.
L’interazione delle BDZ con i propri siti di legame facilita l’interazione del GABA con il proprio
recettore determinando un aumento della FREQUENZA di apertura del canale allo ione Cl- con
aumento della permeabilità della membrana per questo ione.
Questo determina inibizione neuronale per iperpolarizzazione con Azione ansiolitica o
ipnoinducente Azione miorilassante Azione anticonvulsivante e sedativa.
Barbiturici: I barbiturici aumentano le capacità del GABA di inibire la neurotrasmissione
(meccanismo condiviso con le BZP) attraverso il prolungamento del tempo di apertura del
canale cloro nel complesso recettore-GABA con effetto iperpolarizzante che causa
l'inibizione. A differenza delle benzodiazepine i barbiturici possono aprire il canale cloro
anche in assenza di GABA; questo avviene a concentrazioni più alte di quelle che occorrono per
potenziare l'azione del GABA.
Sono estremamente pericolosi in quanto bloccano l’eccitabilità della membrana: si può morire.
ANATOMY REVIEW: CHEMICAL SYNAPSE AND ELECTRICAL SYNAPSE
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/nervous2/02/index.php
CAPITOLO 11
Da pag. 314
Il sistema nervoso somatico
CAPITOLO 12
Fisiologia del muscolo
I MUSCOLI
Con poche eccezioni i muscoli scheletrici sono collegati ad almeno due ossa.
E sono ancorati alle ossa per mezzo dei tendini, corde di tessuto connettivale elastico che
trasmettono la forza dal muscolo all’osso.
Il muscolo è composto da molti fascicoli:
Ciascun fascicolo è costituito da cellule muscolari, tessuto connettivo, vasi sanguigni e nervi.
Cellule muscolari (fibre muscolari):
hanno molti nuclei perché derivano embriologicamente dalla fusione di diverse cellule che si
trovano subito sotto la membrana citoplasmatica della fibra muscolare (sarcolemma).
Il citoplasma contiene mitocondri (dove viene prodotta l'energia necessaria allo svolgimento
delle funzioni vitali della cellula) e centinaia di elementi a forma di bacchetta, le miofibrille.
Ogni miofibrilla è costituita da un fascio di filamenti sovrapposti spessi e sottili, formati
rispettivamente dalle proteine miosina e actina.
Ciascuna miofibrilla è avvolta da una rete membranosa, il reticolo sarcoplasmatico, che ha il
ruolo di magazzino del Ca++.
Il reticolo sarcoplasmatico è strettamente connesso ai tubuli trasversali (tubuli a T) che sono
delle introflessioni del sarcolemma all’interno del citoplasma.
SISTEMA NERVOSO SOMATICO
un singolo motoneurone collega il sistema nervoso centrale al muscolo scheletrico
FIGURA 11.13
UNITA’ MOTORIA
L’unità motoria è costituita da un
motoneurone e da tutte le cellule
muscolari da esso innervate.
Un singolo motoneurone innerva molte
fibre muscolari.
Una singola fibra muscolare è
innervata da un singolo motoneurone.
Quando un motoneurone è attivato,
induce la contrazione di tutte le fibre
muscolari che innerva.
FIGURA 11.14
Ciascuna diramazione dell’assone di un motoneurone forma sinapsi con una fibra
muscolare scheletrica a livello di una regione altamente specializzata della
membrana (chiamata PLACCA MOTRICE: numerose invaginazioni che
presentano un grande numero di recettori per il neurotrasmettitore), formando
la
GIUNZIONE NEUROMUSCOLARE
(= sinapsi tra motoneurone e muscolo)
I terminali assonici del motoneurone (BOTTONI SINAPTICI) immagazzinano e
rilasciano ACETILCOLINA (Ach), che è l’unico neurotrasmettitore periferico
del sistema nervoso somatico.
Il meccanismo della trasmissione neuromuscolare è uguale a quello che si
verifica nelle sinapsi eccitatorie tra cellule nervose.
Quando un motoneurone è attivato dalla convergenza su di esso di molti segnali
eccitatori, si genera un potenziale d’azione che si propaga fino a tutti i bottoni
sinaptici che formano le giunzioni neuromuscolari con le fibre dell’unità motoria.
Quando il pot d’az arriva al bottone presinaptico
•apertura canali Ca++ voltaggio-dipendenti presenti nel bottone sinaptico
•Il Ca++ entra
•L’aumento di concentrazione intracellulare di Ca++ permette l’esocitosi (le membrana delle
vescicole si fonde con la superficie interna della membrana cellulare) delle vescicole di Ach (il
magnesio impedisce la fusione: poco magnesio=crampi)
•L’acetilcolina diffonde nella fessura sinaptica ed interagisce con i recettori-canale colinergici
nicotinici della placca motrice, determinandone l’apertura.
•Questo permette al Na+ di entrare nella fibra muscolare producendo una depolarizzazione che
prende il nome di POTENZIALE DI PLACCA, simile al PPSE, ma il potenziale di placca (a
differenza del PPSE che è un potenziale graduato depolarizzante) è sempre di ampiezza
sufficiente a depolarizzare la membrana della fibra muscolare fino al valore soglia,
generando sempre, quindi, nella fibra muscolare, un potenziale d’azione
•Il potenziale d’azione generato nella fibra muscolare determinerà la contrazione della stessa
fibra
•L’INNERVAZIONE DEI MUSCOLI SCHELETRICI DA PARTE DEI MOTONEURONI E’ SOLO
ECCITATORIA (e provoca la contrazione). QUINDI IL RILASCIAMENTO DEL MUSCOLO SI
VERIFICA SOLO QUANDO CESSA LA SCARICA DEI MOTONEURONI E CESSANO TUTTE
LE CONSEGUENZE DETERMINATE DALL’ARRIVO DEL POTENZIALE D’AZIONE (aumento
della concentrazione di Ca++ nel bottone sinaptico e presenza di acetilcolina nella fessura
sinaptica)
•è necessario rimuovere l’Ach: essa viene rimossa lentamente per diffusione ma
•acetilcolinesterasi: enzima presente sulla membrana del muscolo che permette l’esterificazione
dell’Ach, dividendola in acido acetico (diffusione) e colina (aminoacido) che è molto preziosa e
quindi viene recuperata dal bottone presinaptico per andare a formare nuova Ach
•Bottone presinaptico: se molte vescicole si fondono con la membrana del neurone queste
aggiungono continuamente nuovi pezzetti alla membrana. Meccanismo di endocitosi che recupera
la vescicola vuota. Questa verrà poi riempita nuovamente di Ach.
Fessura sinaptica
L’assone è rivestito da una
guaina mielinica che viene
persa quando il
motoneurone si avvicina al
muscolo.
Il motoneurone si sfiocca,
separandosi in diverse
terminazioni, ognuna delle
quali arriva in prossimità
del muscolo.
Bottone presinaptico:
presenti molte vescicole
che contengono
acetilcolina.
Membrana postsinaptica:
presenta numerose
invaginazioni che hanno lo
scopo di aumentare la
superficie sinaptica
davanti al bottone
sinaptico.
L’Ach liberata dal bottone presinaptico interagisce con i recettori-canale nicotinici della placca
neuromuscolare, determinandone l’apertura.
Questo permette al sodio di entrare nella cellula muscolare producendo una depolarizzazione
che prende il nome di potenziale di placca.
Tale potenziale è sempre di ampiezza sufficientemente grande da depolarizzare la membrana
muscolare fino al valore soglia.
Si genera così un pot d’az che attiva la contrazione muscolare.
Sicurezza della trasmissione sinaptica tra nervo e muscolo: i motoneuroni sono l’ultima cellula
nervosa prima che il segnale si trasformi in movimento. Potenzialmente il movimento può essere
pericoloso e quindi l’informazione deve essere precisa. Il SN deve assumere che ogni volta che il
motoneurone si depolarizza, questo si traduce in movimento.
Ecco perché il potenziale di placca è sufficientemente ampio da determinare sempre un pot d’az.
THE NEUROMUSCULAR JUNCTION
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/muscular/02/index.php
La liberazione di Ach si ha anche spontaneamente (non solo in conseguenza all’arrivo del pot d’az)
quando la vescicola casualmente va a sbattere contro la membrana e si verifica esocitosi.
POTENZIALI DI PLACCA IN MINIATURA: modificazioni del pot di membrana delle cellule
muscolari non sufficienti a determinare un pot d’az. (dovuti ad una fusione casuale di una o più
vescicole di acetilcolina con la membrana del motoneurone)
Queste modificazioni sono sempre multipli di 0,4 mV. Da tali dati appare evidente che una
vescicola sinaptica coinvolta nella trasmissione sinaptica neuromuscolare deve contenere un
quantitativo di Ach (“quanto”) in grado di produrre una depolarizzazione di 0,4 mV in una cellula
muscolare scheletrica.
L’arrivo di un pot d’az nel terminale sinaptico a determina la liberazione di circa 100-300 quanti
di Ach.
I motoneuroni agiscono sul muscolo esclusivamente con sinapsi eccitatorie.
Il rilasciamento del muscolo si verifica quando cessa la scarica dei motoneuroni.
Alterata trasmissione neuromuscolare: non si ha contrazione muscolare
• patologia: miastenia gravis
malattia autoimmune: il sistema immunitario produce anticorpi contro i recettori nicotinici
dell’acetilcolina nelle giunzioni neuromuscolari, determinando la distruzione dei recettori
dell’Ach e, di conseguenza, l’incapacità delle cellule muscolari di contrarsi.
• Veleni:
• veleno del ragno vedova nera:
contiene latrossina: induce rilascio di Ach con conseguenti spasmi muscolari e rigidità, che
possono causare paralisi dei muscoli respiratori e morte.
• Veleno del serpente a sonagli:
contiene crotossina: induce il blocco del rilascio di Ach, determinando una paralisi flaccida
dei muscoli scheletrici.
• Curaro:
veniva usato dagli indiani del Sud America per rendere velenose le frecce. Contiene
tubocurarina che si lega ai recettori nicotinici, impedendo così il legame dell’Ach.
SARCOMERO: modulo che si ripete più volte dentro cui sono comprese le miofibrille
Sono uniti tra loro i filamenti spessi
Sono ancorati i filamenti sottili
1 filamento spesso è
circondato da 6
filamenti sottili
BANDA A: filamenti spessi
sovrapposti a quelli sottili
ZONA H: solo filamenti
spessi
BANDA I: solo filamenti
sottili
Filamento sottile:
E’ costituito da molecole di actina
concatenati a formare un polimero
filamentoso costituito da due catene di
actina avvolte ad elica.
Ogni molecola possiede un sito per legare
la miosina.
Proteine regolatrici:
•tropomiosina
molecola filamentosa che si colloca
sopra numerose molecole di actina in
modo da bloccare i siti di legame con
la miosina.
•Troponina
complesso di tre proteine
• una si attacca al filamento di
actina
• una si fissa alla tropomiosina
• una contiene un sito che si può
legare in maniera reversibile agli
ioni calcio
Filamento spesso:
E’ costituito da centinaia di molecole di
miosina, accoppiate a due a due e avvolte l’una
all’altra, che terminano con una estroflessione
(ponti trasversali).
Le molecole di miosina si fissano le une alle
altre in corrispondenza della parte terminale
della coda, facendo in modo che le due teste si
dispongano con direzione opposta rispetto al
centro.
Zona nuda: porzione centrale senza ponti
trasversali.
Ogni testa possiede due siti critici:
• sito di fissazione all’actina
si lega alle molecole di actina
• sito ATPasico
ha attività enzimatica. Catalizza l’idrolisi
dell’ATP ad ADP e fosforo
Titina: è una proteina elastica organizzata in
filamenti che si estendono per tutta la
lunghezza di un filamento spesso e che
mantiene i filamenti spessi nella corretta
posizione rispetto a quelli sottili.
Se una forza esterna viene esercitata sul
muscolo, i filamenti di titina si oppongono allo
stiramento come una molla.
Linea M
La banda A non si accorcia:
i filamenti spessi non cambiano lunghezza.
Le bande I (filamenti sottili) e la zona H si accorciano:
i filamenti sottili scivolano lungo i filamenti spessi, muovendosi verso l’interno
della zona H e riducendone l’ampiezza.
Il muscolo si contrae perché i filamenti spessi e sottili delle miofibrille scorrono l’uno
sull’altro: meccanismo dello scorrimento dei filamenti.
• ad ogni pot d’az del motoneurone segue sempre un pot d’az nella cellula muscolare
• il pot d’az si propaga per tutto il sarcolemma arrivando ai tubuli a T
• questo provoca il rilascio di calcio dal reticolo sarcoplasmatico
• il Ca++ dà il via al ciclo dei ponti trasversali
• contrazione del muscolo
Quando la cellula muscolare è a riposo, la
concentrazione di Ca++ nel citoplasma è molto bassa
perché sulla membrana del RS vi sono pompe che
trasportano attivamente (contro il gradiente di
concentrazione) il Ca++ dal citoplasma al suo interno
(Rs=magazzino per il Ca++)
Sulla membrana del RS ci sono:
• canali voltaggio-dipendenti per il Ca++ che si aprono
quando nel tubulo a T arriva un pot d’az
• proteine («recettori per la rianodina») che legano
funzionalmente i tubuli a T e il RS, permettendo
l’uscita di Ca++ all’arrivo del pot d’az nel tubulo a T
• canali per il Ca++ che si aprono in seguito al legame
con altri ioni Ca++: liberazione a valanga di Ca++.
• Quando la concentrazione di Ca++
è sufficiente, il Ca++ si lega ad una
delle tre proteine che formano la
troponina, la quale cambia forma.
• Il cambiamento di forma della
troponina induce la tropomiosina a
spostarsi, permettendo l’esposizione
dei siti di fissazione per la miosina
presenti sulle molecole di actina.
• La miosina può fissarsi all’actina
MECCANISMI MOLECOLARI DELLA CONTRAZIONE MUSCOLARE
Ciclo dei ponti trasversali
Oscillazione avanti-indietro dei ponti trasversali e ciclica fissazione-distacco dei ponti
trasversali ai filamenti sottili: il ponte trasversale spinge i filamenti sottili verso il
centro del sarcomero.
1. Quando l’ATP si
fissa alla miosina, ne
cambia la
conformazione della
testa, provocandone il
distacco dall’actina
ADP + fosforo
2. ADP e fosforo
rimangono legati al
sito ATPasico
5. Actina e miosina
sono strettamente
legate ed incapaci di
staccarsi se non viene
fornita energia
3. La testa della
miosina si lega ad una
molecola di actina
4. La testa della
miosina gira verso il
centro del sarcomero,
tirando il filamento
sottile,
THE SLIDING FILAMENT THEORY
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/muscular/03/index.php
Un ponte trasversale genera forza solo quando è attivo (colpo di forza).
Una cellula muscolare genera forza continuamente durante la contrazione poiché molti
ponti trasversali sono attivi contemporaneamente anche se non simultaneamente: alcuni
sono all’inizio del ciclo, altri a metà, altri alla fine (es. movimenti delle gambe mentre si
cammina).
Siccome i ponti trasversali ai capi terminali dei filamenti spessi sono orientati in
direzione opposta, il colpo di forza attira verso il centro i filamenti sottili da entrambi
i lati della banda A, provocando l’accorciamento del sarcomero.
Alla fine della contrazione i filamenti sottili ritornano nella loro posizione originaria in
maniera passiva.
Ogni testa di miosina può completare 5 cicli in 1 secondo.
In ogni filamento spesso possono avvenire migliaia di colpi di forza in 1 secondo poiché
vi sono centinaia di teste.
quando il pot d’az avvia la liberazione di Ca++ dal RS, questo rilascio non continua all’infinito
perché
appena la concentrazione di Ca++ supera un certo limite
• il Ca++ si fissa a recettori (con bassissima affinità per il Ca++ e che quindi non vengono
attivati finché non vi è tantissimo Ca++) che chiudono i canali voltaggio-dipendenti per il Ca++.
• Il Ca++ non esce più e viene portato dentro dalla pompa attiva
• il legame tra calcio e troponina è reversibile e la diminuzione di concentrazione di Ca++ porta il
Ca++ a dissociarsi dalla troponina
• la troponina e la tropomiosina ritornano in posizione di riposo
• si riduce il numero di siti esposti sull’actina
• si riduce il numero di ponti trasversali attivi
• quando la concentrazione di Ca++ ritorna ai valori di riposo
• tutti i ponti trasversali sono inattivi
• il muscolo è rilassato
Accoppiamento
eccitazione-contrazione
quando una cellula
muscolare riceve uno
stimolo da un
motoneurone, la cellula si
depolarizza generando un
potenziale d’azione che a
sua volta scatena la
contrazione
I muscoli devono essere in grado di rispondere immediatamente e a lungo al segnale nervoso:
ATP deve essere disponibile in pochissimo tempo
(la fosforilazione a livello di substrato e la fosforilazione ossidativa, normali processi che nelle
cellule muscolari e non muscolari forniscono energia, richiedono un tempo più lungo)
creatinfosfato = riserva di fosfato. E’ presente in quantità sufficiente a far fronte ad un
fabbisogno quattro o cinque volte superiore alla norma.
La reazione del creatinfosfato con l’ADP è catalizzata dall’enzima creatinchinasi ed è
reversibile:
Creatinfosfato + ADP (creatinchinasi) creatina + ATP
Cellula muscolare a riposo: reazione in equilibrio
Cellula muscolare attiva: ATP cala, ADP aumenta, la reazione va verso destra (legge dell’azione
di massa). Quindi l’ADP viene trasformato in ATP che viene utilizzato nel ciclo dei ponti
trasversali consumando creatinfosfato.
Cellula muscolare si rilascia: aumento di ATP perché non viene consumato, diminuzione di ADP,
la reazione va verso sinistra, le scorte di creatinfosfato si ripristinano.
La scorta di creatinfosfato è limitata, quindi questa reazione può produrre ATP solo per un
tempo breve ma sufficiente affinché si attivino le altre reazioni metaboliche che forniscono
ATP.
Il metabolismo della cellula muscolare cambia in relazione all’intensità dell’esercizio:
• Esercizio costante ma intensità moderata:
l’ATP è fornito dalla fosforilazione ossidativa che utilizza come carburante per i primi secondi
il glucosio fornito dalle scorte di glicogeno, poi nuovo glucosio e acidi grassi forniti dal circolo
sanguigno e dopo circa trenta minuti quasi esclusivamente gli acidi grassi.
• Esercizio intenso:
l’ATP è fornito principalmente dalla glicolisi anaerobica, in conseguenza alla quale si forma acido
lattico, che si accumula nel tessuto muscolare e provoca la sensazione di bruciore e dolore che
si avverte nei muscoli dopo un esercizio intenso.
Cosa rende un muscolo più forte di un altro?
Com’è possibile che vengano usati gli stessi gruppi muscolari, come ad esempio quelli del braccio
e della mano,
per
sollevare una seggiola (molta forza)
oppure
un fermaglio per la carta (poca forza)?
per
lanciare una palla (contrazione breve ma intensissima)
oppure
trasportare una valigia (contrazione prolungata)?
Per capirlo è necessario partire dalla considerazione che
quando una cellula muscolare si contrae in risposta ad un singolo potenziale d’azione il risultato
è sempre lo stesso:
in una frazione di secondo
la forza aumenta al massimo
e poi rapidamente scende a zero
= SCOSSA SINGOLA
Se la fibra muscolare viene stimolata di nuovo dà esattamente la stessa risposta
La scossa singola isolata si può vedere solo in condizioni artificiali create in laboratorio:
Muscolo isolato ancorato ad un apparato che consente di misurare la forza contrattile,
stimolato elettricamente.
UNITA’ MOTORIA: motoneurone e tutte le fibre muscolari che innerva. Quando il
motoneurone «spara» tutte le fibre muscolari ad esso connesse si contraggono.
SCOSSA SINGOLA: risposta meccanica di una sola fibra muscolare, di un’unità motoria di un
intero muscolo, ad un singolo pot d’az
periodo latente: ritardo dovuto agli eventi che caratterizzano l’accoppiamento eccitazionecontrazione. Tempo tra la comparsa del pot d’az nella cellula muscolare e l’inizio della
contrazione.
fase di contrazione: può durare dai 10 ai 100 msec o più a seconda dei muscoli e cessa al
raggiungimento del picco massimo di tensione.
E’ caratterizzata dall’aumento di concentrazione di calcio nel citosol perché viene liberato dal
RS.
fase di rilasciamento: tra il picco della forza e la fine della contrazione.
Caratterizzata dalla diminuzione della concentrazione di calcio in quanto esso viene ripreso dal
RS. Il numero di ponti trasversali attivi va diminuendo.
La stimolazione ripetitiva di un muscolo provoca diverse scosse in fila, ognuna delle quali ha la
stessa forma e grandezza.
Tensione:
È sinonimo di forza
Viene comunemente espressa in unità di massa, per esempio in grammi;
La tensione muscolare di un grammo è equivalente alla forza generata dal muscolo per
sostenere un peso di 1 grammo sospeso ad un filo
La stimolazione ripetitiva di un muscolo provoca diverse scosse in fila, ognuna
delle quali ha la stessa forma e grandezza.
E’ un evento tutto-o-nulla
in quanto
un potenziale d’azione libererà sempre la stessa quantità di calcio dal reticolo
sarcoplasmatico, che provocherà sempre lo stesso aumento di concentrazione,
che attiverà lo stesso numero di ponti trasversali, producendo sempre la stessa
forza.
le scosse singole variano molto da un muscolo all’altro
Alcune fibre muscolari sono più «forti»:
diametro maggiore = maggiore forza
Le fibre muscolari differiscono nella velocità con cui raggiungono il picco di forza:
Fibre rapide
Fibre lente
Quella che abbiamo visto finora viene detta «Contrazione isometrica»
Contrazione isometrica e isotonica:
Differiscono per la possibilità o meno che ha il muscolo di potersi accorciare durante la
contrazione (il sarcomero si accorcia SEMPRE!).
ISOTONICO = uguale tensione (isos=uguale; tonos=tensione)
ISOMETRICO= uguale misura (isos=uguale; metrum=misura)
CONTRAZIONE ISOMETRICA:
si genera una tensione senza accorciamento del muscolo perché il carico è superiore alla forza
generata dal muscolo.
CONTRAZIONE ISOTONICA:
si genera una tensione (Tensione = forza espressa in grammi. Tensione di 1 g = forza generata
dal peso di 1 g appeso ad un filo) almeno pari alle forze che vi si oppongono (carico: ad esempio il
peso di una valigia).
Il muscolo si accorcia.
La forza aumenta ma il muscolo non si accorcia e quindi la
lunghezza rimane uguale: CONTRAZIONE ISOMETRICA
Il muscolo si accorcia e il carico si muove.
La tensione rimane uguale: CONTRAZIONE ISOTONICA
Al contrario della contrazione isometrica, la contrazione isotonica non è un evento tutto-o nulla,
in quanto l’intensità e la forma della contrazione isotonica dipendono dal carico su cui agisce il
muscolo.
Anche il periodo tra lo stimolo e l’inizio del plateau varia, poiché il muscolo richiede più tempo
per sviluppare una forza maggiore (perché è necessario reclutare un numero maggiore di ponti
trasversali e quindi bisogna liberare un numero maggiore di siti di legame).
Se il carico è superiore alla quantità di forza che il muscolo può sviluppare, la contrazione è
isometrica.
Quando il muscolo si contrae in modo isometrico, i suoi sarcomeri si accorciano, anche se il
muscolo nel suo complesso non si accorcia.
I sarcomeri (detti componente contrattile, CC) si collegano alla componente elastica (CE).
Quando un muscolo si contrae isometricamente, la CC si accorcia e la CE si stira della medesima
lunghezza. In questo modo l’effetto complessivo sulla lunghezza è nullo.
La forza generata da un muscolo dipende da:
1.
La forza sviluppata dalle singole fibre muscolari
- Dipende dal numero di ponti trasversali che si legano all’actina.
Più ponti trasversali si legano maggiore è la forza (come al tiro alla fune!).
I fattori che influenzano il numero di ponti trasversali attivi sono:
- frequenza di stimolazione
- diametro della fibra
- variazioni della lunghezza della fibra
2.
Il numero di fibre muscolari che si contraggono
Frequenza di stimolazione
Le contrazioni muscolari isometriche sono di fatto eventi riproducibili, tutto o nulla,
solo se il muscolo viene stimolato ad una frequenza abbastanza bassa da assicurare
che le scosse singole siano ben separate nel tempo.
A frequenza più elevate, il tasso con cui il calcio viene liberato dal RS supera quello
con cui il calcio viene attivamente recuperato dal RS aumentandone la concentrazione
nel citosol.
A concentrazioni maggiori di calcio, un numero maggiore di legami calcio-troponina è
presente, di conseguenza aumenta anche il numero di siti leganti la miosina disponibili,
determinando un numero maggiore di legami actina-miosina
Fenomeno della scala:
Scosse singole ravvicinate
nel tempo ma indipendenti
tra loro.
Si ritiene che sia dovuta ad
un aumento del calcio
citosolico tra una
contrazione e l’altra.
I fenomeni della sommazione e del tetano, che avvengono a frequenze di stimolazione ancora
maggiori, sono dovuti alla sovrapposizione delle scosse singole.
A paragone con un potenziale d’azione una scossa singola è un fenomeno più lento.
Per questo in una fibra muscolare si possono sviluppare numerosi potenziali d’azione nel tempo
impiegato per dare origine ad una contrazione completa.
Quando un muscolo viene stimolato ripetitivamente, in modo che il pot d’az arrivi prima che la scossa
precedente sia giunta a completamento, le scosse si sovrappongono, sviluppando una forza maggiore.
Questo fenomeno è chiamato SOMMAZIONE.
Quando le scosse singole sono così frequenti
che la rimozione del calcio dal citosol non può
avvenire in modo altrettanto rapido di quanto
esso venga liberato.
Questo impedisce il rilasciamento (che si ha
SOLO quando il calcio viene rimosso)
A frequenze di stimolazione superiori, la sommazione raggiunge un valore massimo chiamato tetano
(è lo stesso nome dato ad una malattia in cui nel corso di un’infezione batterica la tossina prodotta
induce i motoneuroni a stimolare il muscolo in modo improprio).
Tetano non fuso o incompleto:
Piccole oscillazioni della forza: i picchi si hanno quando la quantità di calcio è così alta che la
troponina risulta saturata e quindi tutti i siti di legame sono esposti.
Tetano completo:
La concentrazione di calcio è così alta che la troponina è saturata in modo permanente.
Aumentando ancora di più la frequenza di stimolazione la forza non aumenta in quanto non ci sono
altri siti di legame da liberare.
Diametro delle fibre:
forza contrattile: la capacità di generare forza da parte di un muscolo. Viene valutata misurando la forza
tetanica massimale o il picco di tensione durante una contrazione isometrica.
La capacità di produrre forza da parte di una fibra dipende
• dal numero di ponti trasversali in ciascun sarcomero
• più ponti trasversali sono presenti, più possono essere attivi: più forza (tiro alla fune)
• dal numero di sarcomeri (e quindi di filamenti spessi e sottili)
• più sarcomeri in parallelo: più forza
Siccome il numero di filamenti spessi e sottili per unità di sezione trasversale non varia
significativamente da un muscolo ad un altro, il diametro della fibra è una variabile fondamentale nel
determinare la forza contrattile.
maggiore è il DIAMETRO maggiore è la forza generata (muscoli ipertrofici sollevatore di pesi)
Variazioni della lunghezza della fibra:
A seconda della lunghezza a riposo del muscolo, questo può generare maggiore o minore forza perché alle
variazioni di lunghezza del muscolo corrispondono variazioni di lunghezza dei singoli sarcomeri
I ponti trasversali sono tutti
attivi, ma i filamenti sottili
iniziano ad accavallarsi gli uni
con gli altri e questo
interferisce con lo sviluppo della
forza.
Le linee Z toccano i
filamenti spessi e la
maggior parte della
forza generata dai ponti
trasversali viene
esercitata sul sarcomero
stesso invece di essere
trasmessa alle estremità
della fibra muscolare
Normale intervallo di lunghezza quando i muscoli si trovano nel
corpo: il movimento è limitato dalle ossa cui sono attaccati.
Generalmente operano nell’intervallo di lunghezze entro le quali
sono in grado di generare la massima forza.
La tensione generata
diminuisce linearmente
all’aumentare della sua
lunghezza.
Il grado di sovrapposizione
dei filamenti spessi e
sottili diminuisce
all’allungarsi dei sarcomeri.
I ponti trasversali di
miosina che non hanno un
corrispettivo sito di
attacco non possono
fissarsi all’actina (NON
SONO ATTIVI) e quindi
non possono generare
forza.
La forza generata da un muscolo dipende da:
1.
La forza sviluppata dalle singole fibre muscolari
- Dipende dal numero di ponti trasversali che si legano all’actina.
Più ponti trasversali si legano maggiore è la forza (come al tiro alla fune!).
I fattori che influenzano il numero di ponti trasversali attivi sono:
- frequenza di stimolazione
- diametro della fibra
- variazioni della lunghezza della fibra
2.
Il numero di fibre muscolari che si contraggono
La massima forza che una fibra muscolare può sviluppare corrisponde alla massima tensione
tetanica (massima frequenza di stimolazione capace di aumentare la tensione) che è circa 5 volte
superiore alla forza sviluppata da una scossa singola.
Dato che la forza deve variare moltissimo per utilizzare gli stessi muscoli per compiti diversi
(sollevare una graffetta oppure una valigia) è chiaro che la variazione di frequenza dei pot d’az
può coprire solo una piccola parte dell’ampio ambito di variazioni di forza.
Modulazione della forza generata dal muscolo in toto:
Quando un muscolo si contrae solo di rado tutte le sue fibre generano forza (=ricevono
potenziali d’azione). Alcune unità motorie sono attive, altre si accorciano passivamente.
Quando sono richieste forze maggiori, il sistema nervoso aumenta il numero di fibre attive.
Reclutamento: aumento del numero di unità motorie attive.
Le unità motorie differiscono per il numero di fibre muscolari che le compongono.
Principio della dimensione:
se il muscolo deve generare forze piccole vengono
reclutate unità motorie con meno fibre muscolari
(più piccole)
se il muscolo deve generare forze maggiori vengono
reclutate fibre muscolari più grandi.
Il controllo fine è più facile quando la forza
richiesta è piccola: è possibile avere piccole
variazioni di forza reclutando piccole unità motorie
addizionali (aumenta di poco il numero totale di
fibre attive).
Non si può avere controllo fine quando sono
richiesti grandi sforzi perché è possibile reclutare
solo unità motorie grandi, che determinano ampi
incrementi di forza.
Unità motorie grandi sono comandate da
motoneuroni grandi che raggiungono più
difficilmente la soglia per il pot d’az
Unità motorie piccole sono comandate da
motoneuroni piccoli che raggiungono più facilmente
la soglia per il pot d’az
Quando un input sinaptico aumenta gradualmente i
motoneuroni piccoli scaricano prima e quelli grandi
dopo.
La forza generata dal muscolo in toto dipende da una combinazione di fattori che agiscono
sia sulle singole fibre che dal numero di fibre attive.
Nel determinare il movimento muscolare, però intervengono anche altri fattori quali la
velocità di contrazione.
Per determinare la velocità di accorciamento di un muscolo,
occorre stimolarlo a contrarsi in modo isotonico ed esprimere
in un grafico la variazione di lunghezza in funzione del tempo.
Muscolo stimolato con scossa semplice in
maniera isotonica.
All’aumentare del carico:
• aumenta il periodo di latenza
• diminuisce la durata dell’accorciamento
• diminuisce la velocità dell’accorciamento
All’aumentare del carico la velocità
diminuisce progressivamente fino ad
annullarsi quando il carico è uguale alla
tensione massima. La velocità massima si ha
quando nessun carico è applicato.
Alcuni tipi di fibre muscolari si possono accorciare più rapidamente di altri (impiegano
meno tempo di altre a raggiungere il picco di tensione).
Fibre a contrazione rapida: si contraggono rapidamente
• composti da miosina rapida: idrolizza ATP velocemente e quindi può completare in 1
sec un numero maggiore di cicli dei ponti trasversali
Fibre a contrazione lenta: si contraggono lentamente
• composti da miosina lenta: idrolizza ATP più lentamente. Numero minore di cicli di
ponti trasversali.
Tutte le fibre muscolari possono produrre ATP mediante fosforilazione ossidativa (mitocondri) e mediante
fosforilazione a livello del substrato (via glicolitica), ma alcune preferiscono un tipo e altre l’altro:
•fibre ossidative
ricche di mitocondri (sede della fosforilazione ossidativa), bassa concentrazione di enzimi glicolitici
produzione di ATP mediante fosforilazione ossidativa
Non producono acido lattico se vengono rifornite adeguatamente di ossigeno
Sono resistenti alla fatica
piccolo calibro
ben vascolarizzate
hanno la possibilità di utilizzare l’ossigeno per produrre energia e quindi devono poter accedere
facilmente all’ossigeno ematico (molti capillari). Il piccolo diametro permette di ridurre la distanza
che deve percorrere l’ossigeno per raggiungere i mitocondri.
Contengono mioglobina: proteina di colore rossastro che fissa reversibilmente l’ossigeno. Funziona da
riserva intracellulare di ossigeno. Lo libera quando la concentrazione intracellulare di ossigeno diminuisce.
E’ una scorta limitata che può essere utilizzata solo per breve tempo.
Il colore rosso della mioglobina rende rosse queste fibre che vengono dette fibre rosse.
• fibre glicolitiche
elevata concentrazione di enzimi glicolitici, pochi mitocondri
rapida produzione di ATP attraverso la fosforilazione a livello del substrato (via glicolitica)
ma meno efficace (ne producono meno in proporzione)
Non necessitano di ossigeno
Viene generato acido lattico (responsabile della fatica muscolare)
Si affaticano più rapidamente
grande calibro
circondate da pochi capillari.
Non contengono mioglobina: fibre bianche
Le fibre muscolari scheletriche possono essere classificate come:
• fibre rapide e fibre lente
sulla base della loro velocità di contrazione
• fibre glicolitiche e fibre ossidative
sulla base delle loro capacità metaboliche
Possiamo trovare delle combinazioni di queste caratteristiche:
• fibre ossidative lente, fibre ossidative rapide, fibre glicolitiche rapide
Generalmente i muscoli contengono tutti e tre i tipi di fibre, ma in diverse proporzioni.
Le diverse unità motorie, però, contengono solo fibre dello stesso tipo.
Fibre ossidative lente:
contengono miosina lenta
alta capacità ossidativa
diametro piccolo: generano piccole forze
Sono le prime ad essere reclutate
Fibre ossidative rapide:
contengono miosina con attività ATPasica intermedia tra quella lenta e quella veloce
alta capacità ossidativa
diametro intermedio: forze intermedie
Sono le seconde ad essere reclutate
Fibre glicolitiche rapide:
contengono miosina rapida
alta capacità glicolitica
diametro grande: forze grandi
Sono le ultime ad essere reclutate. Vengono reclutate solo nel caso di necessità di
forze molto intense come il sollevamento pesi o lo sprint finale in una gara di
mezzofondo o di maratona.
Fatica:
progressiva diminuzione della capacità di
conservare una forza di contrazione costante
nel tempo.
Compare più rapidamente quando un muscolo
viene stimolato ad alta frequenza e la forza
che viene generata è maggiore.
Le cause precise della fatica non sono note ma
a seconda del tipo di esercizio si sviluppa
maggiore o minore fatica:
esercizio intenso
reclutate le fibre glicolitiche
produzione di acido lattico
La fatica insorge prima
esercizio poco intenso
reclutate fibre ossidative
no produzione di acido lattico
La fatica insorge più tardi (diminuzione
riserve energetiche?)
Fatica neuromuscolare:
la generazione di forze molto intense è
determinata da una stimolazione da parte dei
motoneuroni ad alta frequenza: si abbassa il
livello di Ach nelle terminazioni sinaptiche e
quindi vi è minor efficacia della trasmissione
neuromuscolare.
A seconda dello sport che un atleta vuole praticare è necessario utilizzare tipi diversi di esercizio.
Esercizi diversi permettono di adattare l’organismo ad esigenze diverse.
Grazie all’esercizio regolare protratto per un tempo prolungato è possibile modificare l’architettura
cellulare del muscolo.
Maratoneta, grande resistenza:
esercizio aerobico (es. corsa regolare a ritmo lento) di lunga durata e bassa intensità
aumenta la capacità ossidativa delle fibre muscolari:
alcune fibre glicolitiche vengono convertite in fibre ossidative (le fibre lente
rimangono lente e quelle rapide rimangono rapide, perché non viene modificato il tipo di
miosina presente):
aumento forma e dimensione dei mitocondri e aumento del numero di capillari che
circondano le fibre.
Il diametro delle fibre diminuisce (l’ossigeno raggiunge più rapidamente i mitocondri) e
quindi diminuisce la capacità della cellula di generare forza.
Pugile, muscoli grossi e forti:
esercizio intenso
aumenta la capacità glicolitica delle fibre muscolari:
alcune fibre ossidative vengono convertite in fibre glicolitiche:
diminuzione delle dimensioni e del numero di mitocondri, aumento concentrazione enzimi
glicolitici, aumento del diametro medio della fibra determinato dalla sintesi di nuove
miofibrille che permettono al muscolo di generare più forza.
Il muscolo risulta più voluminoso e compatto.
RESPIRAZIONE
CAPITOLO 16
L’apparato respiratorio: la ventilazione polmonare
Respirazione esterna: scambio dell’ossigeno e dell’anidride carbonica tra
l’atmosfera e i tessuti del corpo
La funzione della respirazione esterna è di
- Portare l’ossigeno ai tessuti
- Rimuovere l’anidride carbonica
•
Può essere divisa in quattro eventi principali
– VENTILAZIONE POLMONARE
• Immissione di aria dall’atmosfera negli alveoli polmonari
(inspirazione)
• Emissione di aria dagli alveoli polmonari all’atmosfera
(espirazione)
– DIFFUSIONE DELL’O2 E DELLA CO2 FRA ALVEOLI E
SANGUE
– TRASPORTO DELL’O2 E DELLA CO2 DA E VERSO LE CELLULE
grazie al sangue
– DIFFUSIONE DELL’O2 E DELLA CO2 FRA SANGUE E
TESSUTI
Respirazione interna (respirazione cellulare): utilizzo dell’ossigeno
all’interno dei mitocondri per generare ATP grazie alla fosforilazione
ossidativa e produzione di anidride carbonica come prodotto di scarto.
Gli organi principali del sistema
respiratorio sono i polmoni, che si
trovano nella cavità toracica.
Ciascun polmone è diviso in lobi (destro,
tre lobi; sinistro, due lobi).
L’aria entra ed esce dai polmoni
attraverso le vie respiratorie
superiori e attraverso una rete di
condotti
chiamata
tratto
respiratorio.
vie
respiratorie superiori: passaggi
per l’aria che si trovano nella testa
e nel collo.
L’aria entra nella cavità nasale e/o
nella cavità orale che conducono alla
faringe, e da essa l’aria entra nella
prima
struttura
del
tratto
respiratorio, la laringe.
tratto respiratorio: tutte le vie di
passaggio dalla laringe ai polmoni
(incluse quelle presenti all’interno
degli stessi polmoni)
Zona di conduzione
trachea, un condotto di circa 2,5 cm di diametro e 10
cm di lunghezza che decorre parallelamente e
anteriormente all’esofago.
la trachea si divide nei bronchi di destra e di sinistra
che portano l’aria in ciascun polmone.
i bronchi si dividono in piccoli condotti chiamati
bronchi secondari
Ciascun bronco secondario si divide in bronchi terziari
più piccoli che, a loro volta, si ramificano in
bronchi ancora più piccoli. L’intera ramificazione
risulta essere formata da circa 8 milioni di tubuli,
i più piccoli dei quali hanno un diametro inferiore a
0,5 mm.
Quando i tubuli presentano un diametro inferiore al
millimetro, vengono chiamati bronchioli (“piccoli
bronchi”).
I bronchioli si ramificano ulteriormente a formare i
bronchioli terminali
Zona respiratoria
bronchioli respiratori, terminano nei dotti alveolari,
che portano agli alveoli, la sede nella quale si
verifica lo scambio dei gas. Molti alveoli sono
raggruppati in strutture chiamate sacchi
alveolari, che assomigliano a grappoli di uva; alcuni
alveoli, invece, si aprono sui bronchioli respiratori.
Oltre alla sottigliezza della membrana respiratoria, anche l’abbondanza del numero degli alveoli e
dei capillari facilita la diffusione dei gas.
I 300 milioni di alveoli nei polmoni formano una superficie totale di circa 100 metri quadri (circa
un campo da tennis).
Gli alveoli sono ricoperti da una fitta rete di capillari (detta «lenzuolo di sangue»).
I polmoni si trovano nella cavità toracica.
La parete toracica è composta da strutture che proteggono i polmoni:
la gabbia toracica (formata da 12 paia di coste o costole), lo sterno, le vertebre toraciche,
i muscoli e tessuti connettivi associati.
I muscoli della parete toracica responsabili della respirazione sono i muscoli intercostali
interni ed esterni che si inseriscono sulle costole, e il diaframma a forma di cupola che
delimita inferiormente la parete toracica e separa le cavità toracica e addominale.
La superficie interna della parete toracica e la superficie esterna dei polmoni sono coperte
da una membrana chiamata pleura; ciascun polmone è inoltre ricoperto da un proprio
distinto sacco pleurico. La porzione di sacco pleurico attaccato al tessuto polmonare
viene chiamato pleura viscerale; la porzione attaccata alla parete toracica viene
chiamata pleura parietale. Tra le due pleure si trova un compartimento molto sottile
chiamato spazio intrapleurico che è riempito da una piccola quantità (circa 15 millilitri)
di liquido intrapleurico.
Zona di conduzione (laringe, trachea, bronchi e bronchioli)
•
permette il passaggio dell’aria dalla faringe ai polmoni.
•
Non si verificano scambi di gas.
•
Contiene approssimativamente 150 ml di aria.
•
Viene detta «spazio morto anatomico».
•
L’aria viene umidificata e la temperatura si avvicina a
quella corporea..
•
La zona di conduzione è ricoperta da un epitelio che
contiene le cellule a calice e le cellule ciliate.
Zona respiratoria (bronchioli respiratori, dotti alveolari,
alveoli e sacchi alveolari)
•
è la sede degli scambi di gas nei polmoni; gli alveoli
costituiscono la sede principale di scambio.
•
Esaltazione della superficie e spessore minimo, così da
facilitare la diffusione dei gas.
La differenza anatomica principale tra la zona di conduzione
e quella respiratoria consiste nello spessore delle pareti che
costituiscono gli spazi aerei: solo gli spazi aerei delimitati da
pareti sufficientemente sottili possono partecipare agli
scambi di gas.
La parete di un alveolo contiene cellule di tipo I e di tipo II.
Le cellule di tipo I e le cellule endoteliali dei capillari formano la membrana respiratoria
attraverso cui ha luogo lo scambio gassoso.
Le cellule di tipo II secernono la sostanza tensioattiva polmonare. Negli alveoli si trovano anche
i macrofagi alveolari.
La parete interna degli alveoli è ricoperta da un sottile
strato di acqua.
Durante l’inspirazione gli alveoli si espandono, di
conseguenza anche lo strato di acqua si deve
espandere.
La tensione superficiale di un liquido è una misura del
lavoro necessario ad aumentare di una certa quantità
la sua superficie. Maggiore è la tensione superficiale,
maggiore è il lavoro necessario per stendere il liquido.
La presenza di una sostanza simile a un detergente chiamata sostanza tensioattiva
polmonare o fattore surfattante diminuisce la tensione superficiale degli alveoli in
quanto interferisce con i legami idrogeno tra le molecole d’acqua.
La sostanza tensioattiva polmonare:
- Diminuisce il lavoro necessario a espandere gli alveoli
- Diminuisce la tendenza dell’alveolo a collassare a causa della presenza del liquido che
ricopre la sua parete interna.
ANATOMY REVIEW
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/respiratory/01/index.php
muscoli inspiratori primari: diaframma e muscoli intercostali esterni
muscoli espiratori primari: muscoli intercostali interni e quelli addominali
(sebbene l’espirazione sia principalmente un processo passivo che non
richiede alcuna contrazione muscolare)
Respirazione tranquilla:
-inspirazione:
il diaframma si contrae determinando una trazione verso il basso della superficie
inferiore dei polmoni
le costole si innalzano
-espirazione:
–
il diaframma si rilascia ed i polmoni si retraggono in virtù del RITORNO
ELASTICO dei polmoni, delle pareti toraciche e delle strutture addominali
Respirazione forzata:
-espirazione (le forze elastiche non sono sufficienti):
–
contrazione dei muscoli addominali che preme i visceri addominali verso l’alto,
contro la superficie inferiore del diaframma
Legge di Boyle
Data una quantità finita di gas (quale l’aria) all’interno di un contenitore, la pressione è
inversamente proporzionale al volume del contenitore.
Le molecole di gas sono in uno stato di costante agitazione termica. Esse continuano a
sbattere contro le pareti del contenitore e a rimbalzare.
Ciascuna collisione esercita una certa forza sulle pareti.
La pressione è la forza totale esercitata dal numero totale di collisioni diviso la superficie
delle pareti (forza per unità di superficie)
•
•
Se il volume del contenitore aumenta, la pressione esercitata dal gas (numero di
collisioni con le pareti) diminuisce,
mentre se il volume diminuisce, la pressione aumenta.
•
Sono quattro le pressioni principali associate alla ventilazione.
Polmone a riposo: tra due respiri, alla fine di un’espirazione tranquilla
– la pressione atmosferica (Patm)
• pressione dell’aria esterna. A livello del mare la pressione atmosferica è
normalmente 760 mm Hg. Tutte le altre pressioni polmonari sono espresse
relativamente alla pressione atmosferica.
– la pressione alveolare (Palv)
• pressione dell’aria all’interno degli alveoli. A riposo è pari alla pressione
atmosferica, quindi è 0 mm Hg.
– la pressione intrapleurica (Pip)
• pressione all’interno del sacco pleurico. A riposo è -4 mm Hg
– La pressione transpolmonare
• corrisponde alla differenza tra la pressione alveolare e quella intrapleurica
(Palv – Pip)
E’ la forza applicata ai polmoni per espanderli
PULMONARY VENTILATION
Legge di Boyle
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/respiratory/02/index.php
•
La ventilazione (movimento di aria dentro e fuori dai polmoni) ha luogo grazie alla presenza di
gradienti di pressione tra gli alveoli e l’aria esterna (atmosferica) e l’aria si muove a causa del
gradiente di pressione dalle zone di alta pressione a quelle di bassa pressione.
– l’inspirazione si verifica quando la pressione atmosferica è maggiore di quella alveolare
 aria all’interno degli alveoli
– l’espirazione si ha quando la pressione negli alveoli è maggiore di quella nell’atmosfera
 fuoriuscita di aria dagli alveoli
•
il flusso d’aria dentro e fuori dai polmoni viene definito come flusso di volume, la cui
velocità viene determinata da un gradiente di pressione (Patm – Palv) e da una resistenza,
in base alla formula:
Flusso = (Patm – Palv) / R
•
Quindi, la forza che guida il movimento dell’aria dipende dalla differenza tra la
pressione atmosferica e quella alveolare. Siccome la pressione atmosferica è costante,
sono le modificazioni della pressione alveolare a determinare la direzione del movimento
d’aria.
•
Capacità funzionale residua (CFR)
–
volume di aria che si trova nei polmoni quando essi sono a riposo e tutti i muscoli
respiratori sono rilassati.
La pressione alveolare viene determinata da due fattori:
• la quantità (in termini molecolari) di aria negli alveoli
• e il volume stesso degli alveoli.
–
–
–
A riposo, gli alveoli contengono un volume di aria che, ad una pressione pari a quella
atmosferica, è uguale alla capacità funzionale residua.
All’inizio dell’inspirazione, i polmoni si espandono in seguito alla contrazione dei
muscoli inspiratori. Tale contrazione determina un aumento del volume degli alveoli
e, quindi, una diminuzione della pressione alveolare, in accordo con la legge di Boyle.
La riduzione della pressione alveolare determina un gradiente di pressione che
attira aria nei polmoni.
Durante l’espirazione avviene il contrario: il torace e i polmoni tendono a ritornare
nella condizione di riposo, facendo diminuire il volume degli alveoli e facendo
aumentare la pressione alveolare. Questo determina un gradiente di pressione che
fa fuoriuscire l’aria dai polmoni.
Un’espirazione forzata può essere determinata dalla contrazione dei muscoli
espiratori in un processo chiamato espirazione attiva. La contrazione dei muscoli
espiratori produce una maggiore e più rapida diminuzione di volume della cavità
toracica, che determina un maggiore aumento della pressione alveolare e quindi del
gradiente di pressione che spinge l’aria fuori dagli alveoli.
ESPIRAZIONE
Il rilassamento dei muscoli inspiratori fa sì che la parete toracica e i polmoni, che sono
strutture elastiche, ritornino alla loro posizione di riposo.
Il rilassamento dei muscoli inspiratori si verifica nel momento in cui i motoneuroni dei
muscoli inspiratori smettono di essere attivi.
Mentre la parete toracica e i polmoni ritornano alla posizione iniziale, il volume dei polmoni
diminuisce, determinando un valore di pressione alveolare maggiore di quella
atmosferica.
•
•
La pressione intrapleurica varia con le fasi della ventilazione
Ricordiamo che lo spazio intrapleurico contiene liquido intrapleurico e non
aria.
–
–
La pressione intrapleurica è sempre inferiore a quella alveolare e risulta essere
sempre negativa durante la respirazione normale in quanto forze opposte
esercitate dalla parete toracica (che tende ad espandersi come succede ad una
molla che è stata compressa), e dai polmoni (che tendono a contrarsi come un
palloncino che è stato gonfiato) tendono a separare la pleura parietale da quella
viscerale
MA la tensione superficiale del liquido intrapleurico impedisce la separazione (es.:
vetrini da microscopio bagnati) determinando una pressione intrapleurica negativa
(liquido=incomprimibile, inespandibile)
pneumotorace (aria nello spazio intrapleurico)
•
•
Per
poter
mantenere
una
pressione
intrapleurica negativa è necessario che il
sacco intrapleurico sia a tenuta d’aria. Se il
sacco pleurico viene rotto (coltellata o colpo
d’arma da fuoco al torace), la pressione
intrapleurica non è più negativa in quanto essa
si pone in equilibrio con quella atmosferica. In
assenza di pressione intrapleurica negativa, i
polmoni collassano e la parete toracica si
espande. Fortunatamente ciascun polmone è
isolato dall’altro nella propria cavità pleurica e
quindi se un polmone collassa, l’altro può
continuare la sua funzione.
Il pneumotorace spontaneo viene causato
quando uno stato patologico danneggia la
parete della pleura adiacente a un bronco o a
un alveolo permettendo all’aria che si trova nei
polmoni di entrare nello spazio intrapleurico.
Le patologie che comunemente possono
causare un pneumotorace spontaneo sono la
polmonite e l’enfisema.
•
Pressione transpolmonare
–
–
corrisponde alla differenza tra la pressione alveolare e quella intrapleurica
(Palv – Pip)
L’espandersi della parete toracica attrae verso l’esterno il liquido intrapleurico,
causando una diminuzione della pressione intrapleurica. Questa diminuzione della
pressione intrapleurica induce un aumento della pressione transpolmonare
determinando una maggiore azione distensiva sui polmoni e quindi gli alveoli si
espandono assieme alla parete toracica.
Flusso d’aria = (Patm – Palv) / R Fattori che influenzano l’instaurarsi dei gradienti di
pressione e la resistenza delle vie respiratorie:
•
Compliance (distensibilità) polmonare
–
Misura della facilità con la quale i polmoni possono essere stirati. Viene definita come il
cambiamento di volume polmonare (V) determinato da una certa modificazione nella pressione
transpolmonare (Palv – Pip):
Compliance polmonare = V/(Palv – Pip)
V = Compliance polmonare x (Palv – Pip)
Una maggior compliance polmonare è vantaggiosa in quanto è necessario un minor
cambiamento della pressione transpolmonare per spostare un dato volume d’aria e, di
conseguenza, viene richiesto un minor lavoro o una minore contrazione muscolare.
La compliance polmonare dipende
– dall’elasticità dei polmoni
I polmoni sono elastici grazie alla presenza di fibre elastiche nel tessuto connettivo: le forze
esercitate da queste fibre si oppongono all’espansione polmonare in quanto, nel momento in cui il
polmone viene stirato, esse tendono a ritornare nella loro posizione iniziale.
–
e dalla tensione superficiale del fluido che ricopre gli alveoli
La tensione superficiale di un liquido è una misura del lavoro necessario ad aumentare di una
certa quantità la sua superficie. Maggiore è la tensione superficiale, maggiore lavoro è
necessario per stendere ulteriormente il liquido. La tensione superficiale nei polmoni è
determinata dall’interfaccia aria-liquido, formata dal sottile strato di liquido che ricopre la
superficie interna degli alveoli. All’espandersi del tessuto polmonare, si estende anche lo strato
di liquido che riveste gli alveoli. Quindi, nel momento in cui i polmoni si espandono, viene richiesto
del lavoro non solo per stirare il tessuto elastico ma anche per aumentare la superficie dello
strato liquido che riveste gli alveoli. Di conseguenza, la tensione superficiale è un fattore che si
oppone all’espansione, diminuendo la compliance polmonare.
Aumento della compliance polmonare:
•
sostanza tensioattiva polmonare: sostanza simile ad un detergente che diminuisce la
tensione superficiale negli alveoli. Viene secreta dalle cellule alveolari di tipo II poste
nelle pareti degli alveoli. Essa interferisce con il legame idrogeno tra le molecole
d’acqua. Di conseguenza, la sostanza tensioattiva aumenta la compliance polmonare e
diminuisce il lavoro respiratorio.
Riduzione della compliance polmonare:
•
se il tessuto polmonare si ispessisce, come avviene in presenza di tessuto cicatriziale
nella tubercolosi
•
o se la produzione di sostanza tensioattiva diminuisce, come avviene nella sindrome da
insufficienza respiratoria del neonato (nella quale i bambini prematuri non producono
sufficiente sostanza tensioattiva). Quando diminuisce la compliance polmonare, i
muscoli respiratori devono compiere un lavoro maggiore per espandere i polmoni.
Il tensioattivo polmonare
(surfattante)
e
la legge di Laplace
La pressione d’aria (P)
necessaria a prevenire il
collasso di un alveolo è
direttamente proporzionale
alla tensione superficiale (T)
e inversamente proporzionale
al raggio (r)
P = 2T/r
Maggior concentrazione di tensioattivo
negli alveoli piccoli
=minor tensione superficiale
=minor pressione necessaria
PULMONARY VENTILATION
Fino a resistenza
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/respiratory/02/index.php
La velocità con la quale l’aria entra ed esce dai polmoni è determinata da:
• Il gradiente di pressione tra l’aria atmosferica e gli alveoli
• La resistenza delle vie respiratorie
Flusso d’aria = (Patm – Palv) / R
Resistenza delle vie respiratorie: quando la resistenza aumenta è necessario un gradiente
di pressione maggiore per determinare un dato flusso d’aria.
•
È influenzata in gran parte dalle dimensioni del loro raggio: al diminuire del raggio
aumenta la resistenza.
Nei polmoni sani la resistenza al flusso è bassa
in quanto il raggio dei condotti presenti nella
zona di conduzione è relativamente grande.
Nonostante il raggio diminuisca procedendo
verso gli alveoli, l’area della sezione totale dei
tubuli più piccoli aumenta perché la
ramificazione è maggiore.
Data la bassa resistenza, in condizioni di
normalità la pressione alveolare non deve
essere molto diversa da quella atmosferica per
ottenere una normale velocità di flusso d’aria
< 2 mm Hg
Quando la resistenza aumenta è necessario un
gradiente
di
pressione
maggiore
per
determinare un dato flusso d’aria
•
attività contrattile dei muscoli lisci: responsabili delle variazioni a lungo
termine
muscolo liscio che si trova nelle pareti dei bronchioli:
–
Quando si contrae, il raggio dei bronchioli si riduce (questo fenomeno è chiamato
broncocostrizione), aumentando la resistenza.
La contrazione e il rilassamento del muscolo liscio bronchiolare è soggetto sia ad un
controllo estrinseco (segnali neuronali e ormonali) che ad un controllo intrinseco
(mediatori chimici locali).
–
influenzato dal sistema nervoso autonomo: la stimolazione simpatica determina il rilassamento
del muscolo liscio e aumenta il raggio dei bronchioli (fenomeno chiamato broncodilatazione),
mentre la stimolazione parasimpatica determina la contrazione del muscolo liscio e la
broncocostrizione.
–
Anche l’adrenalina rilasciata dalla ghiandola surrenale durante la stimolazione simpatica
determina broncodilatazione.
–
L’istamina, una sostanza chimica rilasciata localmente durante le reazioni allergiche, causa la
contrazione del muscolo liscio determinando broncocostrizione. L’istamina stimola anche la
secrezione di muco, che si accumula nelle vie respiratorie e aumenta la resistenza al flusso.
–
–
alti livelli di anidride carbonica: i bronchioli si dilatano
bassi livelli di anidride carbonica:i bronchioli si restringono
PULMONARY VENTILATION
Dopo resistenza
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Asma
•aumento acuto della resistenza delle vie respiratorie determinata dalla contrazione
spastica del muscolo liscio che si trova nei bronchioli
•accoppiata ad un aumento della secrezione di muco e ad un’infiammazione delle pareti dei
bronchioli.
•I sintomi comprendono la tosse, la dispnea (respirazione difficoltosa) e la respirazione
ansimante.
•L’asma dipende spesso da un’ipersensibilità ad alcuni allergeni (sostanze che stimolano le
risposte allergiche), quali i funghi, le particelle di polvere, il pelo degli animali, ma può anche
essere causata dallo stress, dall’attività fisica, da alcuni cibi o dal respirare in condizioni di
bassa temperatura ambiente.
•Siccome la resistenza delle vie respiratorie diviene maggiore, sono necessari gradienti di
pressione maggiori per determinare un uguale flusso d’aria, aumentando notevolmente il
lavoro respiratorio.
•La terapia dell’asma varia a seconda degli individui ma può includere broncodilatatori che
inducono un rilassamento dei muscoli lisci delle vie respiratorie e corticosteroidi, che
riducono l’infiammazione.
malattie ostruttive polmonari croniche
• aumento cronico della resistenza delle vie respiratorie
spirometro apparecchio che permette di misurare i volumi di aria inspirata ed espirata
•
è formato da una campana rovesciata e riempita di aria posta in un contenitore pieno di
acqua e collegata tramite un tubo flessibile al paziente. Il paziente respira l’aria
contenuta nella campana. Quando il paziente inspira, il volume d’aria nella campana
diminuisce e la campana scende più profondamente nell’acqua. Quando il paziente espira,
il volume d’aria nella campana aumenta e la campana sale verso l’alto. La campana è
connessa ad una penna che si muove verso l’alto e verso il basso seguendo il movimento
della campana tramite un sistema a puleggia. La penna è posizionata in modo tale da
scrivere sulla carta che ricopre un cilindro rotante che si muove ad una velocità nota e
costante. I movimenti della penna lasciano un tratto sulla carta che indica il volume di
aria che entra ed esce dai polmoni.
volume corrente (VC)
•
Il volume di aria che entra ed esce dai polmoni durante un singolo atto respiratorio non
forzato. A riposo è di 500 ml.
volume di riserva inspiratoria (VRI)
•
Il volume di aria che può ancora essere inspirato al termine di una normale inspirazione
ed è in media circa 3000 ml.
volume di riserva espiratoria (VRE)
•
Il volume di aria che può essere ancora espirato al termine di una normale espirazione
ed è in media circa 1000 ml.
volume residuo (VR)
•
Il volume di aria che rimane nei polmoni dopo una massima espirazione e corrisponde a
circa 1200 ml.
Anche in seguito ad una massima espirazione, rimane dell’aria nei polmoni e nelle vie
respiratorie in quanto l’adesione dei foglietti pleurici in seguito all’esistenza di una
pressione intrapleurica negativa impedisce il completo collasso dei polmoni.
capacità polmonare totale (CPT=VC+VRI+VRE+VR)
•
E’ il massimo volume a cui i polmoni possono essere espansi con un’inspirazione forzata
massima (circa 5700 ml)
capacità inspiratoria (CI=VC+VRE)
•
è il volume massimo di aria che può essere inspirata alla fine di un’espirazione tranquilla
e corrisponde a circa 3500 ml.
capacità vitale (CV=VC+VRI+VRE)
•
è il volume massimo di aria che può essere espirata successivamente ad un’inspirazione
massimale e corrisponde a circa 4500 ml.
capacità funzionale residua (CFR=VRE+VR)
•
è il volume di aria che rimane nei polmoni al termine di un’espirazione tranquilla e
corrisponde approssimativamente a 2200 ml.
•
La capacità funzionale residua è il volume d’aria presente nei polmoni quando la persona
si trova tra due atti respiratori e i muscoli respiratori sono rilassati. In queste
condizioni la tendenza elastica dei polmoni a ritornare nella posizione di partenza è
bilanciata da quella della parete toracica.
malattie polmonari ostruttive
•
•
determinano un aumento nella resistenza delle vie respiratorie
il volume residuo spesso aumenta in quanto un aumento nella resistenza non solo rende
difficoltosa l’inspirazione ma anche l’espirazione. I polmoni sono troppo pieni di aria e
sia la capacità funzionale residua che la capacità polmonare totale spesso risultano
aumentate
malattie polmonari restrittive
•
•
qualcosa interferisce con l’espansione dei polmoni
un danno strutturale ai polmoni, alla pleura o alla parete toracica che diminuisce la
capacità polmonare totale e la capacità vitale.
test della capacità vitale forzata (CVF)
•
il paziente esegue una massima inspirazione e quindi espira forzatamente il più
rapidamente ed efficacemente possibile. Volume d'aria espirata forzatamente dopo
un'inspirazione massimale. Una CVF ridotta è indice di un disordine polmonare
restrittivo.
test del volume espiratorio forzato (FEV)
•
la quantità di aria espirata durante il primo secondo di un'espirazione forzata dopo
un’inspirazione massimale. E’ la misura della percentuale di CVF che può essere espirata
in un certo periodo di tempo, di norma un secondo (FEV1). Un FEV1 normale corrisponde
all’80% della CVF, il che significa che individuo normale deve essere in grado di espirare
l’80% della capacità vitale forzata in un secondo. Una FEV1 inferiore a 80% indica un
aumento di resistenza, che è una caratteristica delle affezioni ostruttive polmonari.
ventilazione al minuto
•
quantità totale di aria che entra ed esce dal sistema respiratorio in un minuto:
= volume corrente X frequenza respiratoria (numero di atti respiratori al minuto, 12)
= VC x frequenza respiratoria
= (500 ml/atto respiratorio) x (12 atti respiratori/minuto)
= 6000 ml/minuto
Più importante della ventilazione al minuto è però la
quantità di “aria fresca” che raggiunge gli alveoli.
Solo una porzione dell’aria che viene respirata
partecipa realmente allo scambio gassoso in
quanto una significativa porzione di aria
semplicemente riempie le vie aeree della zona di
conduzione.
Ad esempio, considerando una normale inspirazione
di 500 ml di aria, solamente 350 ml raggiungono
in realtà gli alveoli; i restanti 150 ml (30% di un
volume corrente pari a 500 ml, in questo
esempio) riempiono la trachea, i bronchi e i
bronchioli.
Il volume combinato di queste vie non deputate allo
scambio gassoso viene chiamato spazio morto
anatomico.
Al termine dell’espirazione, la zona di conduzione è piena di aria “vecchia” (aria composta da
una quantità maggiore di anidride carbonica e minore di ossigeno rispetto all’aria
atmosferica), essendo l’aria che occupava gli alveoli durante l’inspirazione e dove aveva
scambiato con il sangue ossigeno e anidride carbonica.
Nella inspirazione successiva, questi 150 ml di aria vecchia proseguono verso gli alveoli
assieme a 350 ml di aria fresca (assumendo un volume corrente di 500 ml). Quindi, da
un punto di vista funzionale, solo 350 ml di aria fresca entrano negli alveoli ad ogni atto
respiratorio.
La ventilazione alveolare è una misura del volume di aria fresca che raggiunge gli alveoli
ogni minuto. E’ simile alla ventilazione al minuto ad eccezione del fatto che il volume
corrente è corretto rispetto al volume dello spazio morto (SM):
Ventilazione alveolare = (VC x frequenza respiratoria) – (SM x frequenza respiratoria)
= (500 ml/atto respiratorio x 12 atti respiratori/minuto) – (150 ml/atto respiratorio x 12
atti respiratori/minuto)
= 4200 ml/minuto
Nelle situazioni in cui la domanda di ossigeno da parte dei tessuti aumenta, ad esempio
durante l’attività fisica, la ventilazione alveolare deve aumentare per far fronte a tale
domanda.
Ciò può essere ottenuto
•
aumentando il volume corrente, oppure
•
aumentando la frequenza respiratoria, oppure
•
aumentando entrambi.
La maniera più efficiente consiste nell’aumentare il volume corrente piuttosto che
nell’aumentare la frequenza respiratoria, perché
mentre all’aumentare del ritmo respiratorio viene sottratto lo spazio morto ad ogni atto
respiratorio
all’aumentare del volume corrente l’aumento di volume va tutto ad aggiungersi all’aria nuova
che raggiunge gli alveoli.
Ventilazione alveolare = (VC x frequenza respiratoria) – (SM x frequenza respiratoria)
Ventilazione alveolare = (500 x 12) – (150 x 12)=6000-1800=4200
Aumento del 60% del volume corrente:
Ventilazione alveolare = (800 x 12) – (150 x 12)=9600-1800=7800
Aumento del 60% della frequenza respiratoria:
Ventilazione alveolare = (500 x 20) – (150 x 20)=10000-3000=7000
CAPITOLO 17
Il sistema respiratorio:
Lo scambio dei gas e la regolazione del respiro
quoziente respiratorio: rapporto tra la quantità di anidride
carbonica prodotta dall’organismo e la quantità di ossigeno
consumata.
A riposo, le cellule consumano 250 ml di ossigeno al minuto
e producono 200 ml di anidride carbonica: 200 ml/250
ml=0.8
Il sangue deossigenato ritorna attraverso le vene sistemiche
all’atrio destro del cuore e da qui entra nel ventricolo
destro che lo pompa ai polmoni attraverso le arterie
polmonari, trasportando 750 ml di ossigeno e 2700 ml di
anidride carbonica ai polmoni.
Il sangue ossigenato lascia i polmoni e ritorna all’atrio sinistro
attraverso le vene polmonari. Entra quindi nel ventricolo
sinistro, da cui viene pompato verso le cellule
dell’organismo
attraverso
le
arterie
sistemiche,
trasportando nelle vene polmonari approssimativamente
1000 ml di ossigeno al minuto (750 ml/min. già nel sangue
deossigenato + 250 ml/min. aggiunto dagli alveoli) e 2500
ml di anidride carbonica al minuto (2700 ml/min. presente
nel sangue deossigenato – 200 ml/min. lasciato negli
alveoli).
Nei capillari sistemici, 250 ml di ossigeno diffondono ogni
minuto dal sangue alle cellule e 200 ml di anidride
carbonica diffondono dalle cellule al sangue. Il sangue, ora
deossigenato, ritorna all’atrio destro ed il ciclo inizia
nuovamente.
Il movimento di ossigeno e di anidride carbonica tra l’aria alveolare e il sangue si ottiene per diffusione e
dipende dal gradiente di concentrazione.
- L’ossigeno si trova ad una concentrazione maggiore negli alveoli e, quindi, diffonde nel sangue
- l’anidride carbonica si trova ad una maggiore concentrazione nel sangue e, di conseguenza, diffonde
negli alveoli.
L’ossigeno e l’anidride carbonica possono attraversare le membrane cellulari per semplice diffusione.
La velocità del trasporto nella diffusione semplice è proporzionale
•
al gradiente di concentrazione
•
alla superficie della membrana attraverso cui la sostanza si muove e
•
alla permeabilità della membrana per quella particolare sostanza.
La membrana respiratoria è composta da tre
strati:
•
le cellule epiteliali di tipo I nella parete
alveolare
•
le cellule endoteliali nella parete dei capillari
•
e, tra di loro, le rispettive membrane basilari.
La membrana respiratoria fornisce una superficie
molto estesa di membrana estremamente
sottile che favorisce una grande velocità di
diffusione per l’ossigeno e l’anidride carbonica
tra l’aria alveolare e il sangue.
la pressione di un gas dipende dalla sua temperatura e dal numero di molecole di gas
contenute in un dato volume.
Un gas (l’aria, per esempio) è spesso formato da una miscela composta da più di un tipo
di molecole. La pressione totale di tale gas è data dalla somma delle pressioni dei
singoli gas che compongono la miscela:
Ptotal = P1 + P2 + P3 + … + Pn
Dove n indica il numero dei gas.
pressione parziale:
quota di pressione della miscela dovuta alla presenza di quel singolo gas
Per esempio, se l’elio e l’azoto vengono mescolati in uguali proporzioni e la pressione della
miscela è 500 mmHg, allora, metà pressione (250 mmHg) viene esercitata dall’elio e l’altra
metà dall’azoto.
In questo esempio, 500 mmHg è la pressione totale della miscela e 250 mmHg è la pressione
parziale di elio o di azoto.
GAS EXCHANGE
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/respiratory/03/index.php
•
•
•
Le molecole di gas possono esistere in forma gassosa oppure trovarsi disciolte nei
liquidi (IMPORTANTE! Altrimenti l’ossigeno e l’anidride carbonica non potrebbero
essere trasportati dal sangue...)
Anche quando le molecole di gas sono disciolte in un liquido esse esercitano una certa
pressione parziale.
Quando una miscela di gas viene in contatto con un liquido, le molecole di gas si
dissolveranno nel liquido finché il sistema non raggiunge un equilibrio:
–
–
•
•
situazione in cui il numero di molecole di gas che si dissolvono nel liquido equivale a quelle che,
nello stesso intervallo di tempo, passano dal liquido allo stato gassoso.
Quando il sistema è in equilibrio, le molecole di gas disciolte e quelle allo stato gassoso hanno la
stessa pressione parziale.
La concentrazione di molecole di gas nel liquido è proporzionale alla pressione parziale
del gas
e dipende anche dalla solubilità del gas in quel particolare liquido
–
Ad una certa pressione parziale le concentrazioni relative di diversi gas disciolti differiscono da
un gas all’altro in quanto alcuni gas sono più solubili di altri. In altri termini, alcuni gas si
mescolano con il liquido più facilmente di altri
l’anidride carbonica è circa 30 volte più solubile nel sangue dell’ossigeno
•La relazione tra la concentrazione, la pressione parziale e la solubilità di un gas è descritta
dalla legge di Henry:
c = kP
c: concentrazione molare (moli di gas / litri di liquido) del gas disciolto
P: pressione parziale del gas in atmosfere (1 atmosfera = 760 mmHg)
k: costante della legge di Henry, che varia al variare del tipo di gas e della temperatura
•Sommozzatore che risale troppo rapidamente alla superficie.
Sott’acqua la pressione aumenta di 760 mmHg (un’atmosfera), ogni 10 metri di profondità. I
gas, specialmente l’azoto, si sciolgono più velocemente nel sangue alle alte pressioni presenti
nell’acqua profonda. Se un sommozzatore risale in superficie troppo velocemente, quando la
pressione diminuisce, nel sangue si formano bolle di azoto. Queste bolle di solito si fermano
nelle articolazioni e nel sistema nervoso determinando nel primo caso problemi minori quali
dolenzia durante la mobilizzazione articolare, nel secondo problemi gravi quali paralisi. Le
bolle di gas possono anche occludere i vasi sanguigni provocando una condizione clinica nota
come embolia gassosa. Risalendo in superficie poco alla volta i sommozzatori possono
proteggersi da tali rischi permettendo all’azoto di lasciare lentamente i tessuti in cui è
disciolto.
Nelle miscele di gas, ciascun gas diffonde in base al suo
gradiente di pressione parziale
•
aria atmosferica
–
–
PO2 è 160 mmHg
PCO2 è 0.23 mmHg.
Nelle miscele di gas, ciascun gas diffonde in base al suo
gradiente di pressione parziale
•
aria atmosferica
–
–
•
negli alveoli
–
–
•
PO2 è 160 mmHg
PCO2 è 0.23 mmHg.
PO2 è 100 mmHg
PCO2 è 40 mmHg.
• Scambi di gas
• Miscela aria vecchia e nuova
Il sangue che entra nei capillari polmonari è sangue
deossigenato
–
–
–
–
–
PO2 di 40 mmHg
PCO2 di 46 mmHg.
Come questo sangue passa negli alveoli, l’ossigeno e
l’anidride carbonica diffondono in base ai loro
gradienti di pressione parziale:
l’ossigeno diffonde dagli alveoli al sangue
mentre l’anidride carbonica diffonde dal sangue agli
alveoli
In conclusione, la diffusione raggiunge un equilibrio
tra l’aria alveolare e il sangue capillare tale per cui il
sangue che lascia i capillari polmonari e che entra
nelle vene polmonari ha una PO2 di 100 mmHg e una
PCO2 di 40 mmHg (le stesse pressioni parziali che si
riscontrano negli alveoli).
• La diffusione è un processo molto rapido, che si
completa nel tempo in cui il sangue ha percorso circa un
terzo della lunghezza dei capillari, affinché i gas
possano ancora entrare in equilibrio tra il sangue
capillare e l’aria alveolare anche nel caso in cui il sangue
scorra ad una velocità fino a tre volte quella normale,
come succede, ad esempio, durante l’attività fisica.
• La velocità di diffusione è rapida grazie alla sottigliezza
della membrana respiratoria.
• Quando la membrana respiratoria risulta ispessita, lo
scambio dei gas è impedito.
Edema polmonare: l’eccesso di fluido che occupa gli spazi
interstiziali dei polmoni e gli alveoli aumenta la
distanza tra gli alveoli e i capillari, aumentando in
questo modo lo spessore della barriera di diffusione
tra l’aria e il sangue.
determinando un sangue arterioso sistemico con una PO2
più bassa e una PCO2 più alta del normale.
L’organismo cercherà di compensare la diminuzione
della PO2 e l’aumento di PCO2 nel sangue arterioso,
aumentando la ventilazione.
•
•
Il sangue ossigenato nei capillari polmonari ritorna all’atrio sinistro
attraverso le vene polmonari.
quindi, fluisce nel ventricolo sinistro che lo pompa ai capillari sistemici
dove ha luogo lo scambio tra le cellule del tessuto e il sangue.
PO2 di 100 mmHg
PCO2 di 40 mmHg.
•
Nel fluido interstiziale che circonda i capillari
•
l’ossigeno si muove dal sangue ai tessuti e l’anidride carbonica dai tessuti
al sangue.
Le pressioni parziali di ossigeno e anidride carbonica nel sangue venoso
che lascia i capillari sistemici varia in base all’attività metabolica del
tessuto e al flusso di sangue al tessuto.
•
PO2 è più bassa a causa del consumo di ossigeno da parte delle cellule
PCO2 è più alta a causa della produzione di anidride carbonica da parte di esse
–
–
•
Durante un’intensa attività fisica, ad esempio, l’attività metabolica del muscolo
scheletrico è alta rispetto al suo flusso di sangue, e, quindi, nel fluido
interstiziale attorno al tessuto muscolare la PO2 sarà più bassa e la PCO2 sarà
più alta di quella presente in tessuti meno attivi.
In presenza di gradienti di pressione più alti tra il sangue dei capillari e il fluido
interstiziale, gli scambi di gas avvengono più rapidamente e un maggior numero di
molecole di gas vengono scambiate.
Tutto il sangue venoso ritorna all’atrio destro mescolandosi prima di
essere pompato dal ventricolo destro all’arteria polmonare (sangue
venoso misto).
–
–
–
a riposo, PO2 è 40 mmHg
PCO2 è 46 mmHg.
Durante un’intensa attività fisica, però, il valore di PO2 diminuisce e quello di
PCO2 aumenta.
ACCOPPIAMENTO VENTILAZIONE-PERFUSIONE
ha lo scopo di facilitare un efficiente scambio dei gas mantenendo il flusso d’aria alveolare proporzionale
al flusso di sangue nei capillari polmonari.
EFFETTI DELLA PO2 SULLE ARTERIOLE (alta PO2 = vasodilatazione; bassa PO2 = vasocostrizione)
• grande flusso di aria agli alveoli
• alta PO2: arriva molto ossigeno agli alveoli e il sangue è poco per prenderlo tutto
• le arteriole si dilatano
• arriva più sangue agli alveoli
• permette al sangue di raccogliere l’abbondante ossigeno nell’aria che arriva agli alveoli
• poco flusso di aria negli alveoli
• bassa PO2: arriva poco ossigeno agli alveoli e il sangue ne prende in proporzione di più che nella norma
• le arteriole si costringono
• arriva meno sangue agli alveoli
• questo permette di deviare il sangue verso gli alveoli dove arriva aria molto ricca di ossigeno e la
quantità di sangue è proporzionalmente adeguata a raccogliere l’ossigeno che arriva.
EFFETTI DELLA PCO2 SUI BRONCHIOLI (alta PCO2 = dilataz. bronch.; bassa PCO2 = costriz. bronch.)
• grande flusso di aria agli alveoli
• la PCO2 diminuisce perché in proporzione ne viene liberata poca dal sangue dei capillari alveolari
• i bronchioli si costringono: passa meno aria
• la PCO2 ritorna ai livelli normali
• poco flusso d’aria agli alveoli
• la PCO2 aumenta perché in proporzione ne viene liberata molta dal sangue dei capillari alveolari
• i bronchioli si dilatano: passa più aria
• la dilatazione dei bronchioli permette di portar via tutta la CO2 liberata dal sangue alveolare
Se un piccolo tumore o altro riduce il flusso di aria agli alveoli:
• più bassa PO2 nell’aria alveolare perché arriva poca aria e il sangue porta via molto
ossigeno
• più alta PCO2 nell’aria alveolare perché la poca aria che arriva non riesce a portare
via tutta la CO2 liberata dal sangue
quindi
• vasocostrizione: il sangue viene conservato per altri siti più ricchi di ossigeno e
meno ossigeno viene portato via dal sangue
• i bronchioli si dilatano così il flusso di aria riesce a portar via tutta la CO2 liberata
dal sangue
risultato
• la PO2 si alza perché poco sangue porta via ossigeno (vasocostrizione) e perché in
proporzione arriva più aria (dilatazione bronchioli) e quindi c’è più ossigeno
disponibile allo scambio
• la PCO2 si abbassa perché il gran flusso di aria (dilatazione bronchioli) riesce a
portare via molta CO2 e perché meno sangue (vasocostrizione) libera CO2.
La PO2 e la PCO2 alveolare sono normalmente determinate da tre fattori:
(1) la PO2 e la PCO2 dell’aria inspirata
•
non cambiano in modo apprezzabile ed è possibile considerarle costanti
(2) la ventilazione alveolare al minuto (il volume di aria fresca che raggiunge gli alveoli
ciascun minuto)
(3) la velocità con la quale i tessuti respiratori consumano ossigeno e producono anidride
carbonica.
il fattore cruciale è la ventilazione alveolare relativa alla velocità di consumo di ossigeno e
di produzione di anidride carbonica.
•
ventilazione alveolare (o il flusso d’aria) costante ma il consumo di ossigeno aumenta
–
•
•
la PO2 dell’aria alveolare diminuisce.
consumo di ossigeno costante ma la ventilazione alveolare diminuisce
–
la PO2 dell’aria alveolare diminuisce
–
la PO2 alveolare non cambia.
se entrambi, il consumo di ossigeno e la ventilazione polmonare, aumentano in modo
proporzionale
•
Quando la ventilazione alveolare aumenta relativamente al consumo di ossigeno e alla
produzione di anidride carbonica (ossia, quando la ventilazione alveolare supera le
richieste dei tessuti), la PO2 alveolare aumenta e la PCO2 diminuisce.
• Quando la ventilazione alveolare diminuisce relativamente al consumo di ossigeno e alla
produzione di anidride carbonica (ossia, quando la ventilazione alveolare non risponde
alle richieste dei tessuti), la PO2 alveolare diminuisce e la PCO2 aumenta.
Iperpnea: se il consumo di ossigeno e la produzione di anidride carbonica aumentano, allora
anche la ventilazione polmonare aumenta. La PO2 e la PCO2 arteriose non si modificano.
Ipoventilazione: la ventilazione polmonare non è sufficiente a rispondere alle richieste dei
tessuti.
PCO2 arteriosa aumenta oltre il valore normale di 40 mmHg
PO2 arteriosa diminuisce sotto il valore normale di 100 mmHg
Iperventilazione: la ventilazione alveolare supera le richieste dei tessuti
PCO2 arteriosa diminuisce sotto il valore di 40 mmHg
PO2 arteriosa aumenta oltre il valore di 100 mmHg
IL TRASPORTO DELL’OSSIGENO NEL SANGUE
Ciascun litro di sangue arterioso contiene circa 200 ml di ossigeno.
Circa 3 ml di questo ossigeno (1.5%) è disciolto nel plasma o nel cytosol degli eritrociti, e
solo questo ossigeno disciolto contribuisce alla Pressione parziale di ossigeno PO2
nel sangue.
I rimanenti 197 ml di ossigeno (98.5%) è trasportato legato alla emoglobina, una proteina
che si trova negli eritrociti.
Emoglobina consiste di quattro subunità, ciascuna delle quali contiene una globina (catena
polipeptidica globulare) ed un gruppo eme, che contiene ferro. Ciascun gruppo eme è
capace di legarsi ad una molecola di ossigeno, quindi, ciascuna molecola di emoglobina
può trasportare quattro molecole di ossigeno.
La quantità di ossigeno trasportato dall’emoglobina è funzione della PO2, quindi dell’ossigeno
disciolto nel plasma.
Emoglobina satura: quando tutti i siti di legame per l’ossigeno sono occupati
Ossiemoglobina: complesso costituito da emoglobina e dall’ossigeno ad essa legato
Desossiemoglobina: molecola di emoglobina priva di ossigeno.
Nei polmoni, le molecole di ossigeno che si spostano dall’aria alveolare al sangue capillare, si
legano all’emoglobina
quando il sangue raggiunge i tessuti respiratori, le molecole di ossigeno si dissociano
dall’emoglobina e diffondono alle cellule
Il legame o il rilascio di ossigeno dipende dalla PO2 del fluido che circonda l’emoglobina:
Alta PO2 facilita il legame dell’ossigeno con l’emoglobina
Bassa PO2 facilita il rilascio dell’ossigeno da parte dell’emoglobina
L’anemia è una diminuzione della capacità di trasportare ossigeno del sangue. Vi sono molte
cause di anemia, inclusa una insufficienza o una mancanza di emoglobina. Con una minore
capacità funzionale dell’emoglobina nel sangue, la capacità di trasportare ossigeno
diminuisce, e i tessuti non possono essere riforniti dell’ossigeno che necessitano, anche
quando la PO2 del sangue è normale. Quindi, le persone che soffrono di anemia si
stancano più facilmente.
curva di dissociazione emoglobina-ossigeno:
grafico della percentuale di saturazione di emoglobina in funzione
della PO2
il legame tra ossigeno ed emoglobina non è rappresentato da una
funzione lineare ma da una funzione a forma di S (sigmoide),
in quanto la capacità dell’emoglobina di legarsi all’ossigeno
dipende da quante molecole di ossigeno sono già legate ad
essa. In particolare, il legame di una molecola di ossigeno
all’emoglobina aumenta l’affinità della molecola di emoglobina
per l’ossigeno e quindi aumenta la probabilità che un altro
ossigeno si leghi all’emoglobina.
A pressioni parziali molto basse (inferiori ai 15 mmHg, che di
norma non si riscontrano nel sangue) molte molecole di
emoglobina non hanno alcun ossigeno legato ad esse. In
queste condizioni, l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno è
relativamente bassa, e un dato aumento nella PO2 porta ad un
piccolo aumento nella percentuale di saturazione.
All’aumentare della PO2, (tra 15 mmHg e 60 mmHg) più molecole
di emoglobina hanno legata almeno una molecola di ossigeno,
determinando un aumento nell’affinità dell’emoglobina per
altre molecole di ossigeno. Questa relazione è illustrata nella
porzione ripida della curva di dissociazione emoglobinaossigeno
A valori più alti di 60 mmHg, la pendenza della curva diminuisce in
quanto, all’aumentare della saturazione, è disponibile un minor
numero di siti di legame.
Ad un valore di PO2 superiore agli 80 mmHg, la curva diventa
pressoché piatta.
I cambiamenti nell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno si riflettono in uno spostamento
verso destra o verso sinistra della curva di dissociazione emoglobina-ossigeno
Diminuzioni di affinità spostano la curva verso destra
indicando che è necessaria una PO2 più alta per ottenere qualsiasi livello di saturazione. L’ossigeno
viene scaricato più facilmente dall’emoglobina, rendendolo più facilmente disponibile ai tessuti.
Aumenti di affinità spostano la curva verso sinistra
indicando che è sufficiente una PO2 più bassa per ottenere qualsiasi livello di saturazione. L’ossigeno
viene caricato più facilmente dall’emoglobina.
Fattori che influenzano l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno
1.
Temperatura. All’aumentare del metabolismo dei tessuti, la temperatura aumenta, diminuendo,
quindi, l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno. Più ossigeno viene scaricato nei tessuti molto attivi. La
diminuzione della temperatura del sangue durante il passaggio nei polmoni, aumenta l’affinità
dell’emoglobina per l’ossigeno, promovendone il legame.
2.
pH. (effetto Bohr) Gli ioni idrogeno si legano all’emoglobina, e l’ossigeno viene scaricato. Un aumento
nella concentrazione di ioni idrogeno (una diminuzione di pH) diminuisce l’affinità. La concentrazione
di ioni idrogeno tende ad aumentare nel tessuto attivo, facilitando la liberazione di ossigeno.
3.
PCO2. Quando l’anidride carbonica si lega all’emoglobina, la conformazione dell’emoglobina si modifica,
diminuendo la sua affinità per l’ossigeno Un aumento della PCO2 nel sangue, come avviene quando
l’attività metabolica aumenta, sposta la reazione verso destra
4.
2,3-DPG. (2,3-difosfoglicerato), è un composto chimico prodotto negli eritrociti come composto
intermedio della glicolisi, la via anaerobica grazie alla quale gli eritrociti ottengono l’energia, la cui
presenza diminuisce l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno.
monossido di carbonio: è tossico in quanto si lega più velocemente dell’ossigeno all’emoglobina,
impedendo quindi il legame dell’ossigeno e diminuendo, di conseguenza, la capacità di trasportare
ossigeno del sangue.
IL TRASPORTO DELL’ANIDRIDE CARBONICA NEL SANGUE
Dell’anidride carbonica presente nel sangue
•
il 5-6% è disciolto (PCO2)
•
il 5-8% è legata all’emoglobina come carbaminoemoglobina
•
l’86-90% è disciolta nel sangue sotto forma di ioni bicarbonato (HCO3-) (magazzino di CO2).
Il bicarbonato viene formato a partire dall’anidride carbonica negli eritrociti dei capillari
sistemici.
Le cellule respiratorie producono anidride carbonica ad una velocità di circa 200 ml/min a
riposo che deve essere rimossa dai sistemi circolatorio e respiratorio
essa diffonde, in base al suo gradiente di pressione parziale, prima nel fluido interstiziale e poi
nel plasma
la PCO2 aumenta, determinando un gradiente di pressione tra il plasma e gli eritrociti tale per
cui la pressione nel plasma è maggiore
l’anidride carbonica diffonde dal plasma agli eritrociti
quando il livello di ioni bicarbonato negli eritrociti aumenta, essi vengono trasportati nel plasma
e scambiati con degli ioni cloro grazie ad una proteina da trasporto che si trova nella
membrana degli eritrociti del plasma (scambio dei cloruri)
Nei polmoni, l’anidride carbonica diffonde dal
sangue che scorre nei capillari polmonari agli
alveoli, per essere espirata, diminuendo,
quindi, i livelli di anidride carbonica nel
sangue
La perdita di anidride carbonica fa in modo che
gli ioni bicarbonato e idrogeno negli
eritrociti si combinino e formino l’acido
carbonico, che viene convertito in anidride
carbonica e acqua.
L’anidride carbonica, quindi, diffonde negli alveoli
per essere espirata.
GAS TRANSPORT
www.edises.it/file/minicd/germ002/systems/systems/respiratory/04/index.php
Respirazione tranquilla: ciclo respiratorio consiste
nella contrazione dei muscoli respiratori
durante l’inspirazione, seguita dal rilassamento
degli stessi muscoli durante l’espirazione.
Respirazione più intensa: l’espirazione diventa un
processo attivo che richiede la contrazione dei
muscoli espiratori.
Quindi, durante la respirazione attiva:
inspirazione: contrazione dei muscoli inspiratori e
rilassamento dei muscoli espiratori
espirazione: rilassamento dei muscoli inspiratori e
contrazione dei muscoli espiratori
I muscoli respiratori sono muscoli scheletrici che
vengono stimolati alla contrazione dall’input
nervoso proveniente dai neuroni motori
somatici.
Il nervo frenico innerva il diaframma
I nervi intercostali interni ed esterni innervano i
muscoli intercostali.
esterno
interno
La respirazione è sia sotto controllo volontario che involontario. Quando parliamo, cantiamo,
tratteniamo il respiro o sospiriamo per lo sgomento o l’esasperazione, alteriamo il respiro
in modo volontario. Per la maggior parte del tempo, però, respiriamo in modo automatico
senza alcuno sforzo consapevole.
Il controllo centrale della respirazione non è stato ancora compreso anche se sembra che i
centri respiratori si trovino nel ponte e nel bulbo del tronco dell’encefalo.
Nel ponte e nel bulbo del tronco dell’encefalo si trovano
due classi generali di neuroni, i neuroni inspiratori e
i neuroni espiratori che generano potenziali
d’azione durante l’inspirazione e l’espirazione,
rispettivamente.
gruppo respiratorio ventrale (nel bulbo): contiene due
regioni di neuroni espiratori primari ed una regione
di neuroni inspiratori primari
gruppo respiratorio dorsale (nel bulbo): contiene
principalmente neuroni inspiratori, anche se sono
presenti alcuni neuroni espiratori
gruppo respiratorio pontino (nel ponte): contiene
neuroni inspiratori, espiratori e neuroni misti, che
hanno un’attività legata sia all’inspirazione che
all’espirazione
generatore di pattern centrale (sede e meccanismo d’azione sconosciuti!): rete di neuroni
che genera un pattern ripetuto e regolare di attività nervosa chiamato ritmo
respiratorio.
La respirazione dipende anche dall’attività di altre regioni cerebrali, inclusa la corteccia
cerebrale, il cervelletto, il sistema limbico, l’ipotalamo e le aree di regolazione
cardiovascolare del bulbo. Questo spiega, per esempio, perché i pattern respiratori
cambiano quando una persona è in preda alla rabbia o alla paura.
Molti tipi di input sensoriale possono alterare la respirazione, probabilmente in seguito ad
una comunicazione indiretta con il generatore di pattern centrale:
chemocettori centrali e periferici (cellule recettoriali sensibili agli stimoli chimici)
localizzati nel cervello e nelle arterie sistemiche.
recettori da stiramento polmonari che si trovano nel muscolo liscio delle vie respiratorie
polmonari
i recettori nel rivestimento del tratto respiratorio:
–
i
sono stimolati dalle particelle che vengono inalate quali il fumo o la polvere e da alcune sostanze
chimiche. La stimolazione di questi recettori determina la broncocostrizione, l’iperpnea, la tosse
e lo starnuto, i quali, in certe condizioni, aiutano a liberare i polmoni da queste sostanze. La
tosse ha inizio dai recettori nella trachea, mentre lo starnuto da quelli che si trovano nel naso e
nella faringe.
propiocettori nei
dell’organismo):
–
muscoli
e
nelle
articolazioni
(che
riconoscono
i
movimenti
promuovono l’aumento in ventilazione che interviene durante l’attività fisica.
i barocettori arteriosi (che riconoscono i cambiamenti nella pressione del sangue)
i nocicettori e i termocettori che si trovano in tutto il corpo.
I chemocettori controllano le pressioni parziali di ossigeno e di
anidride carbonica nel sangue arterioso ed inviano tale
informazione ai centri respiratori in modo tale che essi
possano aggiustare la ventilazione in risposta ai cambiamenti di
queste variabili.
chemocettori periferici si trovano nei glomi carotidei vicino al seno
carotideo
•
cellule sensoriali specializzate, in contatto diretto con il
sangue arterioso e comunicano (grazie alla secrezione di un
messaggero chimico) con i neuroni afferenti che proiettano ai
centri respiratori bulbari. Rispondono alle modificazioni della
Po2 arteriosa o del pH (che cambia al modificarsi della PCO2).
chemocettori centrali si trovano nel midollo allungato
•
neuroni bulbari che rispondono direttamente ai cambiamenti
della concentrazione degli ioni idrogeno nel fluido
cerebrospinale che circonda questa struttura.
l’attivazione dei chemocettori determina un incremento di
ventilazione
una diminuzione nell’attivazione dei chemocettori determina una
diminuzione di ventilazione.
DRG = Dorsal Respiratory Group
VRG = Ventral Respiratory Group
IL SISTEMA CARDIOVASCOLARE
CAPITOLO 13
Il sistema cardiovascolare: funzione cardiaca
Il sistema cardiovascolare è costituito da tre elementi:
1. il sangue - un fluido che porta sostanze alle cellule e ne allontana altre
plasma: parte liquida del sangue (acqua, proteine, elettroliti e altro)
e cellule
eritrociti (globuli rossi): contengono emoglobina, proteina che trasporta O e CO2
leucociti (globuli bianchi): difendono il corpo dai microrganismi
piastrine: frammenti di cellule che intervengono nella coagulazione
2. i vasi sanguigni - condotti attraverso cui il sangue circola
arterie: dal cuore ai tessuti
vene: dai tessuti al cuore
– differiscono per il diametro: arterie, arteriole, capillari, venule, vene
– e per lo spessore e la composizione della parete (arterie: pareti spesse ed elastiche (per contrastare
la pressione del sangue); arteriole: anelli di muscolatura liscia (per regolare il flusso ematico); capillari:
parete molto sottile (per permettere lo scambio dei gas)
3. il cuore - pompa muscolare che distribuisce il sangue nei vasi
la sua principale funzione è fornire adeguate quantità di sangue a tutti gli organi e tessuti del
corpo
Gli atri ricevono il sangue dai vasi venosi e lo trasferiscono ai ventricoli che lo spingono verso i vasi
arteriosi (aorta, tronco polmonare).
Ventricolo destro: sangue ai polmoni. Ventricolo sinistro: sangue a tutti gli organi del corpo.
Valvole atrioventricolari (valvole AV) separano gli atri dai ventricoli (sangue dall’atrio al ventricolo):
destra: tricuspide
sinistra: bicuspide (valvola mitralica)
Valvole semilunari separano i ventricoli dalle arterie:
polmonare: tra il ventricolo dx e il tronco polmonare
aortica: tra il ventricolo sx e l’aorta.
Pressione dell’atrio maggiore
di quella del ventricolo:
valvole aperte
Pressione del ventricolo
maggiore di quella dell’atrio:
valvole chiuse
Pressione del ventricolo
maggiore di quella arteriosa:
valvole aperte
Pressione del ventricolo
minore di quella arteriosa:
valvole chiuse
Sistema circolatorio:
• circolo polmonare: cuore destro-polmone
• circolo sistemico: cuore sinistro-corpo
ventricolo sx-sangue ossigenato
valvola aortica
aorta
tessuti-sangue deossigenato
vene cave
atrio destro
valvola tricuspide
ventricolo destro
valvola polmonare
arterie polmonari
polmoni-sangue ossigenato
vene polmonari
atrio sinistro
valvola mitralica
ventricolo sinistro
ATTIVITA’ ELETTRICA DEL CUORE:
il muscolo cardiaco deve contrarsi in
maniera sincrona:
prima entrambi gli atri e poi entrambi i
ventricoli.
Il muscolo cardiaco ha una struttura a
sarcomeri come il muscolo scheletrico
ed è dotato di giunzioni comunicanti:
regioni in cui due cellule adiacenti sono
connesse da proteine di membrana
(connessoni) che formano dei canali
che permettono il passaggio di ioni e di
piccole molecole tra le cellule. Questo
permette l’accoppiamento elettrico di
cellule adiacenti: quando le proprietà
elettriche di una cellula cambiano, il
flusso ionico attraverso le giunzioni
comunicanti induce una modificazione
dello stato elettrico nelle cellule
adiacenti.
Grazie a questo meccanismo le cellule del
cuore possono funzionare in maniera
coordinata contraendosi all’unisono in
quanto il pot d’az una volta generato si
propaga a tutta la rete cellulare.
ATTIVITA’ MIOGENA DEL CUORE:
Le contrazioni del muscolo cardiaco sono indotte da segnali che originano
all’interno del muscolo stesso e non richiedono stimoli da parte del S.N.C .
(come succede per il muscolo scheletrico, attività neurogena=il segnale
iniziale origina nel neurone).
CELLULE AUTORITMICHE:
Piccola percentuale di cellule muscolari modificate che generano una forza
contrattile piccola o nulla
MA CHE SONO SPECIALIZZATE A INIZIARE E/O CONDURRE I
POTENZIALI D’AZIONE
che provocano le contrazioni del muscolo cardiaco:
1. Cellule pacemaker (segnaritmo) che avviano i potenziali d’azione
2. Fibrocellule del sistema di conduzione che consentono ai potenziali
d’azione di propagarsi lungo il cuore in maniera estremamente coordinata.
I potenziali d’azione viaggiano ad una velocità superiore ai 4 m/sec
(diametro maggiore)
CELLULE CONTRATTILI:
Cellule che generano la forza contrattile. I potenziali viaggiano ad una
velocità di 0,3-0,5 m/sec
Cellule cardiache con attività pacemaker (generano depolarizzazioni spontanee):
ATTIVITA’ MIOGENICA
•
nodo senoatriale
•
nodo atrioventricolare
Le contrazioni del muscolo cardiaco sono, in condizioni normali, attivate solo dalle cellule del
nodo SA ( il nodo AV dà inizio alla contrazione solo nel caso in cui il SA non funzioni bene).
I potenziali d’azione generati dal nodo SA arrivano all’AV determinando il periodo refrattario
assoluto. La frequenza del SA è maggiore di quella dell’AV (lo «batte» sempre!).
Le cellule pacemaker, sono associate ad altre fibre muscolari, le fibre di conduzione,
specializzate nel condurre velocemente i pot d’az lungo il miocardio: sono di diametro
maggiore e quindi conducono i pot d’az più rapidamente.
SISTEMA DI CONDUZIONE DEL CUORE: cellule pacemaker + fibre di conduzione
esso provoca un’onda di eccitazione, che si muove prima attraverso gli atri (depolarizzazione e
contrazione) e poi attraverso i ventricoli (depolarizzazione e contrazione).
1. Inizia il pot d’az nel nodo SA e attraverso la via internodale (fibre di conduzione) si
diffonde agli atri.
2. Pot d’az raggiunge il nodo AV che rallenta la propagazione del segnale (è fondamentale per
consentire all’onda di eccitazione di diffondere completamente attraverso gli atri prima di
raggiungere i ventricoli)
3. Prosegue lungo il fascio atrio-ventricolare (fascio di His) (sola connessione elettrica tra atri
e ventricoli)
4. Il fascio si divide in branca destra, che porta l’impulso al ventricolo dx, e branca sinistra,
che porta l’impulso al ventricolo sx
5. Le branche si ramificano in fibre del Purkinje che permettono la diffusione del segnale nei
ventricoli
Quindi la
contrazione
ventricolare
inizia all’apice e
diffonde verso
l’alto, dove il
sangue lascia i
ventricoli
Il rallentamento
è essenziale in
quanto consente
all’onda di
eccitazione di
diffondere
completamente
attraverso gli
atri prima di
raggiungere i
ventricoli
ATTIVITA’ ELETTRICA DELLE CELLULE PACEMAKER
Perché una cellula pacemaker genera spontaneamente pot
d’az?
Perché non riesce a mantenere ad un livello stabile il proprio
pot di membrana.
• Dopo un pot d’az
• la cellula inizia subito una lenta depolarizzazione
• che raggiunge la soglia
• e innesca un altro pot d’az
• quindi il pot di membrana ritorna a -60/-70mV
• e ricomincia a depolarizzarsi
la lenta depolarizzazione e il pot d’az sono generati dalle
variazioni di permeabilità al K+ (dentro), al Na+ (fuori) e al Ca++
(fuori).
ATTIVITA’ ELETTRICA DELLE CELLULE PACEMAKER
Il sistema nervoso autonomo può modificare la forza e il ritmo delle contrazioni
del cuore in quanto agisce direttamente sulla permeabilità agli ioni delle cellule
pacemaker:
• neuroni simpatici: aumento P al Na+ e al Ca++
• neuroni parasimpatici: aumento P al K+ e diminuzione P al Na+ e al Ca++
I pot d’az cardiaci delle cellule contrattili sono diversi da quelli “a
punta” dei muscoli scheletrici e dei neuroni (durata 1-2 msec)
perché
•
sono ampi
•
durano centinaia di msec: ossia quasi tutto il tempo in cui le cellule
cardiache si contraggono e si rilasciano
Questo impedisce che nel muscolo cardiaco si sommino le contrazioni,
anche quando la frequenza dei potenziali è elevata e il cuore batte
rapidamente.
Se questo succedesse, il cuore perderebbe la capacità di rilasciarsi
completamente tra una contrazione e l’altra per potersi riempire
di sangue.
ATTIVITA’ ELETTRICA DELLE
CELLULE CARDIACHE CONTRATTILI
A seconda della sede della cellula contrattile i pot d’az
possono essere diversi nella forma e nella velocità di
propagazione in quanto le cellule differiscono per dimensioni e
tipo e numero di canali ionici.
0. Depolarizzazione: apertura canali Na+ voltaggio-dipendenti
(Na+ entra): depolarizzazione
1. Inattivazione canali Na+. La fase di ripolarizzazione dura di
più perché chiusura canali K+ (K+ non esce) e apertura canali
Ca++ (Ca++ entra: oltre a contribuire al platau, contribuisce
alla liberazione di Ca++ da parte del RS- liberazione di Ca
calcio-indotta)
2. Plateau
3. Pk aumenta: il flusso di K+ in uscita porta il pot di
membrana verso valori più negativi. Diminuzione di PCa (il Ca++
non entra più)
4. Potenziale di riposo
Accoppiamento eccitazione-contrazione
E’ praticamente uguale a quello del muscolo scheletrico:
• pot d’az si propaga lungo i tubuli a T
• apertura canali Ca++ voltaggio-dipendenti sul RS
• Ca++ si fissa alla troponina
• la tropomiosina si sposta dai siti di fissazione per la miosina
• ciclo dei ponti trasversali
il Ca++ che entra nella cellula durante la fase di plateau
• si fissa alla troponina
• agisce sui canali voltaggio-dipendenti sul RS determinando una maggiore liberazione di Ca++
(liberazione del Ca++ calcio-indotta)
• perché il muscolo cardiaco si rilasci è necessaria la rimozione del Ca++ che avviene tramite diversi
meccanismi che attivamente riportano il Ca++ dentro il RS
L’elettrocardiogramma registra il flusso di corrente elettrica che attraversa il cuore durante un
ciclo cardiaco, per mezzo di elettrodi collocati sulla cute.
Triangolo di Einthoven: 3 elettrodi che vengono collegati 2 a 2. In ogni coppia, un elettrodo viene
designato come positivo e uno come negativo. Le coppie sono riferite come derivazioni (I, II, III) e
ciascuna misura la differenza di potenziale elettrico di superficie tra l’elettrodo positivo e quello
negativo.
Eccitamento cardiaco correlato
all’elettrocardiogramma
Il nodo SA genera
un impulso:
incomincia
l’eccitamento atriale
Nodo SA
Impulso ritardato al
nodo AV  onda P
finisce
Nodo AV
L’eccitamento
ventricolare è
completo 
complesso
QRS
L’impulso passa
all’apice del cuore:
incomincia
l’eccitamento
ventricolare
Fibre del
Purkinje R
Rami del
fascio di His
P
Q
L’onda T, che fa seguito all’onda S, corrisponde alla ripolarizzazione ventricolare
Q S
IL CICLO CARDIACO (cuore sinistro)
viene diviso in
sistole: contrazione ventricolare (fasi 2 e 3)
diastole: rilasciamento ventricolare (fasi 4 e 1)
1. Sia gli atri che i ventricoli sono rilasciati.
Valvole AV aperte, il sangue passa ai ventricoli.
Valvole semilunari chiuse: la pressione del ventricolo è
più bassa di quella delle arterie.
Gli atri si contraggono spremendo il sangue residuo nei
ventricoli.
Gli atri si rilasciano.
2. Sistole ventricolare: la pressione dei ventricoli
supera quella atriale, le valvole AV si chiudono. Le
valvole semilunari sono chiuse perché la pressione
ventricolare è ancora più bassa di quella arteriosa. Il
sangue non può andare da nessuna parte: contrazione
isovolumetrica
3. P ventricolare > P arteriosa: valvole semilunari si
aprono. Volume ventricolare diminuisce perché il
sangue passa nelle arterie: eiezione ventricolare. La
pressione ventricolare diminuisce.
4. Chiusura valvole semilunari. Rilassamento ventricoli:
rilasciamento isovolumetrico perché un po’ di sangue è
presente nei ventricoli.
1. Quando la pressione ventricolare diventa più bassa
di quella atriale le valvole AV si aprono e il ciclo si
ripete: riempimento ventricolare
Aperte
Aumento di pressione
nei ventricoli perché la
sistole atriale spreme il
sangue residuo nei
ventricoli e questo
determina un aumento di
pressione
Lento innalzarsi della
pressione dovuto al
riempimento passivo
Pressione vicina allo
zero perché il ventricolo
è rilasciato
La valvola aortica si
apre, aumenta il
flusso, aumenta la
pressione
Valvola aortica
chiusa. Il sangue
fluisce
continuamente
verso i vasi
arteriosi più a valle.
Lenta diminuzione
di volume, lenta
diminuzione di
pressione
Diminuisce il flusso
di sangue,
diminuisce la
pressione
Minimo di pressione
aortica
Massimo di
pressione aortica
Chiusura della
valvola aortica per il
crollo della
pressione
ventricolare
(diastole).
La pressione aortica
rimane più elevata
di quella
ventricolare perché
le sue pareti
elastiche
immagazzinano la
pressione durante
la sistole.
Durante la diastole
il flusso sanguigno
nei vasi a valle è
assicurato grazie a
questa pressione
immagazzinata
dall’aorta.
Contrazione
atriale
Volume
aumenta
perché le
valvole AV
sono aperte
Volume
costante
perché
tutte le
valvole sono
chiuse
Rapida
diminuzione
del volume
in seguito
all’apertura
della valvola
semilunare
Massimo volume ventricolare
raggiunto durante il ciclo
cardiaco
EDV - ESV: volume di sangue
pompato dal cuore ad ogni
battito cardiaco
Minimo volume ventricolare
raggiunto durante il ciclo
cardiaco
Alla fine della sistole ventricolare, nel ventricolo rimane un po’ di sangue (circa la metà, 65 ml).
La quantità di sangue che rimane nel ventricolo dipende dalla forza di contrazione del cuore
(modulata dal sistema nervoso autonomo e dagli ormoni).
> forza = > volume di eiezione ventricolare perché diminuisce il volume telesistolico
< forza = < volume di eiezione ventricolare. Rimane più sangue nel ventricolo.
Frazione di eiezione: la porzione di volume telediastolico che viene espulsa dal ventricolo.
Ad ogni battito cardiaco si possono sentire due toni,
uno delicato e di bassa frequenza, detto “primo tono cardiaco”
ed uno più rumoroso ed acuto, detto “secondo tono cardiaco”.
Questi toni coincidono con l’inizio della sistole, quando le valvole AV si chiudono
e con l’inizio della diastole, quando le valvole semilunari si chiudono
e sono provocati dal sangue che si precipita turbolento tra i loro lembi che si avvicinano.
il sangue - è composto da due costituenti
• plasma: parte liquida del sangue (acqua, proteine, elettroliti e altro)
• e parte corpuscolata
eritrociti (globuli rossi): contengono emoglobina, proteina che trasporta O e CO2
leucociti (globuli bianchi): difendono il corpo dai microrganismi
piastrine: frammenti di cellule che intervengono nella coagulazione
PLASMA
Piccoli soluti: sono simili a quelli del liquido interstiziale perché le pareti dei capillari sono
altamente permeabili ad essi.
Proteine: molto più concentrate nel liquido interstiziale perché non passano.
Albumine: sintetizzate nel fegato. Sono le più concentrate e quindi contribuiscono molto alla
pressione osmotica del plasma.
Globuline: di vario tipo. Trasportano varie sostanze. Intervengono nella formazione dei
coaguli.ruolo nella difesa da sostanze estranee e microrganismi.
Fibrinogeno: sintetizzato nel fegato. Coagulazione del sangue.
PARTE CORPUSCOLATA
le cellule del sangue vengono prodotte dal midollo osseo.
Eritrociti: i globuli rossi sono le cellule più abbondanti. Trasportano ossigeno e anidride
carbonica grazie alla presenza dell’emoglobina che contiene ferro.
La produzione di eritrociti (eritropoiesi) è regolata dall’ormone eritropoietina, secreto
dalle cellule renali e liberato in circolo, che raggiunge il midollo osseo.
Gli eritrociti “vivono” 120 giorni nel sangue e quindi vengono rimossi e distrutti ad
opera del fegato e della milza e il prodotto della loro degradazione è la bilirubina
(colore giallo delle urine).
Per la produzione degli eritrociti è importante il ferro (emoglobina) e l’acido folico e la
vitamina B12 (necessarie per la sintesi del DNA e la divisione cellulare). Qualsiasi
carenza può portare ad anemia (ridotta capacità di trasportare ossigeno del sangue).
Anemia da carenza di ferro: poco ferro.
Anemia perniciosa: poca vitamina B12 o poco acido folico.
L’anemia può anche essere causata da emorragia o da eccessiva velocità di
degradazione degli eritrociti.
Occupano circa il 45% del volume totale di sangue: ematocrito (contributo
percentuale).
Leucociti: i globuli bianchi sono circa 1000 volte meno numerosi di quelli rossi.
Contribuiscono a difendere l’organismo dai microrganismi e da altri agenti estranei. Si
trovano anche in altri tessuti perché possono passare attraverso i pori dei capillari e
raggiungere le zone infette.
Piastrine: frammenti di cellule che originano quando porzioni di grosse cellule del midollo
osseo (megacariociti) vengono degradate. Sono importanti nell’attivare la sequenza
degli eventi che porta alla coagulazione del sangue.
La resistenza in un tubo è una misura del grado con cui il tubo
ritarda o resiste al flusso del liquido che lo percorre e dipende
dalle dimensioni fisiche del tubo (raggio), dalle proprietà del
fluido (viscosità) e dal tipo di flusso (turbolento o laminare).
Raggio:
al diminuire del raggio aumenta la resistenza. Viene
controllato dalla muscolatura liscia delle piccole arterie e
arteriole (vasodilatazione e vasocostrizione).
Viscosità ematica:
il principale determinante è l’ematocrito. Se aumenta (per
aumento numero eritrociti (policitemia) o diminuzione volume
plasmatico (disidratazione)), aumenta la viscosità.
Tipo di flusso:
il sangue si muove principalmente con un flusso di tipo
laminare. Scorre tranquillo lungo i vasi e quello che scorre al
centro scorre più velocemente perché le pareti esercitano
una resistenza su quello che scorre vicino ad esse. Se viene
spinto a muoversi velocemente, il flusso diviene turbolento e
il sangue scorre con direzioni e velocità diverse nei diversi
punti del vaso. Queste variazioni aumentano la resistenza
e creano vibrazioni che possono essere avvertite sotto
forma di rumore.
Frequenza cardiaca: n°/min
numero di contrazioni ventricolari al minuto
Volume di eiezione ventricolare: l
volume di sangue pompato da ciascun ventricolo ad ogni battito.
Gittata cardiaca: l/min
velocità con la quale un ventricolo pompa sangue
= frequenza cardiaca x volume di eiezione ventricolare
Tutto ciò che influenza la frequenza cardiaca o il volume di eiezione ventricolare,
influenza la gittata cardiaca.
In un soggetto adulto a riposo:
72 battiti/min x 70 ml (0,07 l) = 5 l/min
Il volume totale di sangue nel corpo è circa 5 litri: in un solo minuto il ventricolo è in
grado di pompare l’intero volume di sangue.
Influenze sulla frequenza cardiaca:
SN simpatico
afferenze al nodo SA:
aumento stimolazione simpatica = aumento frequenza pot d’az = aumento frequenza cardiaca
aumento gittata cardiaca
al nodo AV e ad altre porzioni del sistema di conduzione
aumento della velocità di conduzione dei pot d’az: il ventricolo si contrae prima e più rapidamente
(=sistole più breve).
SN parasimpatico
afferenze al nodo SA:
aumento stimolazione parasimpatica = diminuzione frequenza pot d’az = diminuzione frequenza
cardiaca
diminuzione gittata cardiaca
al nodo AV e ad altre porzioni del sistema di conduzione
diminuzione della velocità di conduzione dei pot d’az: il ventricolo si contrae dopo e più lentamente
(=sistole più lunga).
Il sistema simpatico e quello parasimpatico sono sempre attivi simultaneamente ma se l’attività
simpatica aumenta, diminuisce quella parasimpatica e viceversa. Questo tipo di regolazione permette
che le modificazioni di attività di ciascun sistema si rinforzino a vicenda, visto che hanno effetti
opposti (> simpatico e < parasimpatico = aumento frequenza cardiaca).
Adrenalina
viene secreta dalla midollare del surrene.
aumento frequenza pot d’az = aumento frequenza cardiaca
aumento gittata cardiaca
aumento della velocità di conduzione dei pot d’az attraverso le fibre muscolari cardiache.
Influenze sul volume di eiezione ventricolare:
Il volume di eiezione ventricolare è influenzato da:
a) la forza di contrazione ventricolare
1. La contrattilità ventricolare (misura della capacità del ventricolo di generare pressione)
SN simpatico: innerva tutto il miocardio. Aumentando la quantità di calcio che entra nella
cellula ad ogni pot d’az, aumenta la forza di contrazione degli atri (passa più sangue nei
ventricoli) e dei ventricoli (aumenta la gittata cardiaca).
Adrenalina: aumento della forza di contrazione e quindi del volume di eiezione ventricolare e
quindi della gittata cardiaca.
2. la forza di contrazione ventricolare dipende anche da quanto il miocardio ventricolare
viene stirato quando il ventricolo si riempie di sangue: controllo intrinseco
effetto Starling: se aumenta il volume telediastolico (volume di sangue contenuto nel
ventricolo alla fine della diastole), la forza di contrazione ventricolare
aumenta, aumenta il volume di eiezione ventricolare e quindi la gittata
cardiaca
legge del cuore di Starling: quando il ritorno venoso (volume di sangue che entra nel cuore
proveniente dai vasi venosi) varia, il cuore regola
automaticamente il flusso in uscita per adattarlo a quello in
entrata.
L’aumento del volume telediastolico provoca l’allungamento delle fibre muscolari del
miocardio ventricolare e, al contrario di quello che succede nel muscolo scheletrico, questo
determina un aumento della forza di contrazione perché
a. la lunghezza ottimale del sarcomero per il muscolo cardiaco è superiore alla lunghezza di
riposo
b. lo stiramento delle fibre muscolari aumenta l’affinità della troponina per il calcio e quindi
aumenta il numero di ponti trasversali attivi ad ogni contrazione.
3. Volume telediastolico (volume di sangue contenuto nel ventricolo alla fine della diastole)
in accordo con la legge di Starling il volume di eiezione ventricolare aumenta o diminuisce
all’aumentare o diminuire del volume telediastolico.
Il volume telediastolico è determinato dalla
precarico: pressione del sangue sospinto all’interno del ventricolo alla fine della diastole (aria
insufflata in un palloncino determina la pressione all’interno del palloncino)
Influenze sul volume di eiezione ventricolare:
Il volume di eiezione ventricolare è influenzato da:
b) la forza che si oppone al passaggio del sangue nei tronchi arteriosi
1. L’aumento della pressione arteriosa (postcarico) tende a far diminuire il volume di eiezione
ventricolare.
Vene
stesso diametro delle arterie, ma la loro parete ha uno spessore che è circa la metà.
Hanno elevata complianza: pareti sottili e facilmente estensibili: magazzino di volume.
Possono perdere un sostanziale volume di sangue prima che la diminuzione di pressione
abbia una conseguenza sulla gittata cardiaca.
MISURAZIONE DELLA PRESSIONE SANGUIGNA
si basa sul fenomeno della turbolenza e del rumore che la accompagna.
Sfigmomanometro: bracciale gonfiabile e misuratore di pressione all’interno del bracciale + stetoscopio
Il bracciale viene
gonfiato finché la
pressione al suo interno
non supera sicuramente
la pressione arteriosa
sistolica e quindi
l’arteria brachiale viene
schiacciata e il flusso
sanguigno al suo interno
viene interrotto.
Si riduce lentamente la
pressione all’interno del
bracciale. Quando si
sente un rumore,
significa che la
pressione nel bracciale
è leggermente inferiore
alla pressione arteriosa
sistolica e quindi il
sangue riesce a passare
con flusso turbolento.
Mano a mano che la
pressione nel bracciale
scende, il flusso si fa
sempre meno
turbolento (raggio >)
finché i suoni
scompaiono: pressione
diastolica.
STRUTTURA E FUNZIONE DEI VASI SANGUIGNI
Arterie
allontanano il sangue dal cuore e lo conducono ai tessuti.
Diametro e spessore pareti grandi.
Pareti hanno grosse quantità di tessuto fibroso ed elastico.
Agiscono come serbatoio di pressione perché hanno poca complianza: non si espandono molto,
aumenta la pressione perché non aumenta il volume.
Arteriole
portano il sangue dalle arterie ai capillari.
La loro funzione è di regolare il flusso attraverso il letto capillare posto a valle grazie alla
contrazione o il rilasciamento della muscolatura liscia delle pareti che vengono regolati dal sistema
nervoso autonomo, da agenti chimici e da ormoni.
Capillari
sono i vasi sanguigni più piccoli e più numerosi.
La sottile parete dei capillari facilita la loro funzione principale: scambio di sostanze tra sangue e
cellule tissutali che nella maggior parte dei tessuti avviene mediante diffusione semplice.
Venule
sono leggermente più piccole delle arteriole.
Contengono poca o nessuna muscolatura liscia. Partecipano allo scambio di sostanze e portano sangue
dai capillari alle vene.
Vene
stesso diametro delle arterie, ma la loro parete ha uno spessore che è circa la metà.
La pressione è significativamente più bassa che nelle arterie.
Possiedono valvole unidirezionali che consentono il fluire di sangue verso il cuore e non il reflusso
verso gli organi e tessuti.
Hanno elevata complianza: pareti sottili e facilmente estensibili: magazzino di volume. Possono
perdere un sostanziale volume di sangue prima che la diminuzione di pressione abbia una conseguenza
sulla gittata cardiaca.
Il circolo polmonare e quello sistemico
sono posti in serie, ossia il sangue deve
passare in sequenza attraverso i due
circuiti per ritornare al punto di partenza.
Ma se analizziamo il flusso ematico in
ciascuno dei due circoli, il flusso in essi è
in parallelo:
il sangue non scorre in sequenza da un
organo all’altro, ma scorre attraverso
l’aorta nelle arterie che da essa si
diramano ognuna verso un organo e lo
stesso all’interno di ciascun organo.
Vantaggi:
• ogni organo riceve sangue ricco di
ossigeno e non depauperato da un altro
organo.
• È possibile regolare il flusso di sangue ai
diversi organi, indipendentemente uno
dall’altro (grazie alle arteriole e alla
muscolatura liscia delle loro pareti).
CAPITOLO 14
Il sistema cardiovascolare:
Vasi sanguigni, flusso e pressione del sangue
All’inizio del circolo sistemico la pressione arteriosa media (MAP la pressione media che vige
nell’aorta durante tutto il ciclo cardiaco) è di circa 85 mmHg.
Alla fine del circolo, nelle grosse vene della cavità toracica che riportano il sangue al cuore, la
pressione, definita pressione venosa centrale (CVP) è di circa 2-8 mmHg.
Il gradiente pressorio che consente al sangue di fluire nel circolo sistemico è dato dalla
differenza tra la pressione arteriosa media e la pressione venosa centrale.
Poiché la pressione venosa centrale è molto bassa, possiamo assumere che
Il gradiente di pressione (∆P) che permette il flusso del sangue attraverso il circolo sistemico sia
virtualmente identico alla pressione arteriosa media.
LEGGI FISICHE CHE REGOLANO IL FLUSSO E LA PRESSIONE DEL SANGUE
flusso di sangue = gradiente di pressione / resistenza
Grazie alla sua azione di pompa il cuore innalza la pressione arteriosa media, creando una
differenza di pressione tra le arterie e le vene che consente al cuore di scorrere.
La pressione diminuisce gradualmente mano a mano che il sangue scorre dalle arterie alle vene
(caduta di pressione).
CIRCOLO SISTEMICO
Inizio: pressione arteriosa media (pressione media
nell’aorta durante il ciclo cardiaco) = 90 mmHg
Fine: pressione venosa centrale (nelle vene toraciche che
vanno al cuore) = 0 mmHg
Quindi, il gradiente di pressione che permette il flusso di
sangue attraverso il circolo sistemico è virtualmente
identico alla pressione arteriosa media.
CIRCOLO POLMONARE
Inizio: pressione media nell’arteria polmonare = 15 mmHg
Fine: pressione venosa polmonare = 0 mmHg.
Il gradiente di pressione è inferiore a quello del circolo
sistemico.
Siccome il flusso ematico attraverso il circolo sistemico è
uguale a quello attraverso il circolo polmonare (5 litri/min)
e il gradiente di pressione è maggiore nel circolo sistemico,
ciò significa che il circolo polmonare offre minor
resistenza!
La resistenza del sistema vascolare dipende dalla resistenza di tutti i singoli vasi che lo compongono.
Nel circolo sistemico, le resistenze combinate di tutti gli organi e dei vasi vengono dette resistenza
periferica totale (TPR) ma il contributo principale viene dato dalle arteriole e dalle piccole arterie.
Di norma resta costante perché la vasocostrizione di un distretto annulla la vasodilatazione di un altro.
Nel circolo sistemico possiamo sostituire alla formula:
flusso = gradiente di pressione / resistenza
flusso:
volume di sangue al minuto = gittata cardiaca
gradiente di pressione:
pressione arteriosa media - pressione venosa centrale = 90 mmHg - 0 mmHg = pressione arteriosa media
resistenza:
resistenza periferica totale
gittata cardiaca = pressione arteriosa media / resistenza periferica totale
CO = MAP / TPR
In assenza di variazioni della
resistenza dei singoli organi, ogni
variazione della pressione
arteriosa media influenza allo
stesso modo il flusso ematico di
ciascun organo, facendo sì che la
quota percentuale della gittata
cardiaca diretta a ciascun organo
non cambi.
pressione arteriosa media (MAP)
Pressione venosa centrale (CVP)
Il flusso resta uguale
Si modificano
Il flusso diminuisce
diminuisce
Dovuto ad aumento HR o SV
Abbiamo visto che la relazione
flusso = gradiente di pressione / resistenza
nel circolo sistemico può essere indicata con
gittata cardiaca (CO) = pressione arteriosa media (MAP) / resistenza
periferica totale (TPR)
CO = MAP / TPR
MAP = CO x TPR
CO = HR (frequenza cardiaca) x SV (volume di eiezione ventricolare)
MAP = HR x SV x TPR
Quindi la pressione arteriosa media dipende da:
• frequenza cardiaca HR
• volume di eiezione ventricolare SV
• resistenza periferica totale TPR
che vengono regolati mediante meccanismi riflessi che coinvolgono il
sistema nervoso autonomo.
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