LE LEGGENDE METROPOLITANE VIA INTERNET: UNO STUDIO

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UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Facoltà di Scienze Politiche
Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione
LE LEGGENDE METROPOLITANE VIA INTERNET:
UNO STUDIO VIROLOGICO
Elaborato finale di Laurea di Primo Livello:
Mucci Daniele
N° matricola: 2904993
Relatore: Chiar.mo Prof. Fausto COLOMBO
Anno Accademico 2002-2003
«Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le
scarpe.. »
Mark Twain
2
INDICE
Pag.
INTRODUZIONE
4
CHIARIMENTI TERMINOLOGICI
5
STRUTTURA DEL LAVORO
6
1. LA VISIONE CLASSICA DELLE LEGGENDE METROPOLITANE
7
1.1
DEFINIZIONI
7
1.2
IL CASO MC DONALD’S
7
1.3
IL CICLO DI VITA: NASCITA
8
1.4
IL CICLO DI VITA: DIFFUSIONE
8
1.5
IL CICLO DI VITA: SMENTITA
9
1.6
IL CICLO DI VITA: RITORNO
10
2. LE LEGGENDE NELLA RETE
11
2.1
LA “VERA-LEGGENDA” DI CRAIG SHERGOLD
12
2.2
UNA TIPOLOGIA
13
2.3
E-LEGENDS
15
2.4
LA NUOVA IMAGERIE DI RETE
19
2.5
VIRUS METROPOLITANI
22
3. VIROLOGIA DELLE LEGGENDE DI RETE
25
3.1
EPIDEMIOLOGIA DELLE CREDENZE E NUOVI REPLICATORI
25
3.2
MEMETICA DEI FALSI ALLARMI DI RETE
29
CONCLUSIONI
34
BIBLIOGRAFIA
36
3
INTRODUZIONE
Il presente lavoro è il frutto del forte interesse recentemente nato in chi scrive verso la
nascita e la diffusione delle voci, delle cosiddette leggende metropolitane, ed in particolare alla
nuova linfa che tale fenomeno ha trovato con la nascita di Internet.
E’ innegabile che la Grande Rete abbia ormai modificato nel profondo la nostra mentalità
ed il nostro modo di essere, che si stia ponendo sempre più come il canale informativo
alternativo per eccellenza, grazie alla mole di informazioni messe a disposizione ed alla facilità
con cui possono essere raggiunte. Se ci soffermiamo anche solo un momento a riflettere sul
fenomeno Internet una delle cose che balza subito all’attenzione è come e quanto esso sia ormai
diventato parte fondamentale, oltre che fondante, della nostra cultura. Inoltre la Rete è sempre
più considerabile come una estensione della mente umana (con i suoi pregi e difetti ovviamente),
è sempre più il teatro nel quale si esibisce un sentire comune espresso in forma digitale, un unico
grande corpo sociale con gli occhi fissi sul video, un non-luogo che Gibson (Gibson, 1993) ha
definito Cyberspazio1 .
In questo spazio virtuale hanno da subito attecchito con facilità e successo le leggende
metropolitane che già circolavano tramite altri media quali radio, tv, stampa ma, soprattutto,
tramite il rapporto faccia a faccia per mezzo del “medium-voce”, ossia quello che Kapferer
(Kapferer, 1987) ha efficacemente definito come il medium più antico del mondo. In breve
tempo però questo fenomeno, che aveva iniziato la sua vita in Rete come una mera estensione di
qualcosa di preesistente, ha trovato una propria dimensione, con propri meccanismi di
funzionamento e con sviluppi che solo in Internet potevano aversi (si pensi a titolo di esempio
alle immagini e ai video cosiddetti fake ossia fasulli, contraffatti).
Si cercherà dunque, in questo lavoro, di capire quali siano le differenze e le similitudini
tra le leggende che si diffondono tramite i media ‘classici’ e quelle diffuse via Internet e si
proverà ad estrapolarne i meccanismi di diffusione e le motivazioni che consentono a questa
forma di informazione parallela di continuare a proliferare incontrastata. Per studiare la
circolazione delle leggende metropolitane in Rete mi avvarrò di una metafora che ritengo
particolarmente efficace, ossia quella del virus, dato che, come si vedrà più avanti, il
meccanismo di diffusione in Rete dell’oggetto in studio è molto simile proprio a quello dei virus
di tipo informatico. Questa similitudine condurrà a proporre una lettura alternativa delle
1
«Cyberspazio: un nuovo universo, un universo parallelo creato e alimentato dalle reti globali di comunicazione via
computer. Un mondo in cui prende forma uno scambio globale di conoscenze, segreti, misurazioni , indicatori,
divertimenti e agenti non umani: luci suoni, presenze mai viste sulla faccia della terra che sbocciano in una vasta
notte elettronica...(...)....una geografia mentale comune ..con un milione di voci e due milioni di occhi in un
silenzioso, invisibile concerto di domande,accordi, condivisione di sogni e semplice osservazione.»
4
leggende metropolitane via Internet e dei loro modelli di diffusione ossia quella che verrà qui
definita come virologica. Per fare ciò ci si appoggerà in particolare all’impianto teorico di due
studiosi al momento considerati all’avanguardia nel campo degli studi sulle credenze e sulla loro
diffusione ossia Sperber e Dawkins.
Il primo ha introdotto concetti quali la virologia delle credenze, ossia la diffusione di
idee, credenze e cultura con pattern di trasmissione simili a quelli delle malattie e una efficace
applicazione di concetti sino ad ora esclusivi delle scienze biologiche anche ai fenomeni di tipo
culturale; il secondo ha invece sviluppato un impianto teorico parzialmente diverso ossia la
memetica. La nozione di meme, simile sia concettualmente che per assonanza a quella di gene,
consente di mettere in evidenza la presenza di ‘replicatori’, unità minime di trasmissione
culturale o di imitazione che determinano il successo, ossia la massima diffusione, o il rapido
oblio di un concetto, di una idea e, come cercherò di dimostrare, di una leggenda metropolitana.
Pur consapevole dei rischi che una similitudine tra scienze biologiche e scienze sociali
può portare credo che un uso accorto e critico di tale impianto conoscitivo e della relativa
terminologia può portare ad aprire nuove interessanti prospettive tanto teoriche quanto
applicative all’oggetto di studio in essere.
CHIARIMENTI TERMINOLOGICI
Gli studi sulla diffusione delle voci, dei rumori e delle leggende metropolitane consta
ormai di una vasta bibliografia, prevalentemente prodotta negli Stati Uniti ed in Francia. Credo si
possa far risalire i primi studi sull’argomento al pionieristico lavoro di Allport e Postman
(Allport-Postman, 1947) iniziato nel ’42 e riguardante la ridda di voci sviluppatesi intorno
all’attacco di Pearl Harbour nonché alle riflessioni di Bloch (Bloch, 1921) intorno alle voci di
guerra riguardanti il primo conflitto mondiale. Da allora molta strada è stata fatta e l’argomento è
da pochi anni arrivato anche in Italia e non solo in ambito accademico, prevalentemente grazie
alla traduzione delle opere di Brunvand (Brunvand, 1999, 2000) ma anche grazie ai lavori di
autori nostrani quali Bermani (Bermani, 1991), Bonato (Bonato, 1998) e Toselli (Toselli,1994).
Dei molti dibattiti apertisi a seguito di una così vasta bibliografia vorrei brevemente
tratteggiare solo quello riguardante alcune scelte terminologiche giusto per poter avere in seguito
una maggiore chiarezza sull’oggetto di trattazione e per far luce su una terminologia tanto vasta
quanto spesso ridondante. Il termine leggenda metropolitana verrà qui usato in maniera critica,
ossia verrà giustificata la scelta del termine ‘leggenda’ anziché ‘fiaba’ e quella fra i termini
‘metropolitana’ anziché ‘urbana’ o ‘contemporanea’.
5
Per quanto concerne la prima scelta possiamo con Brunvand (Brunvand, 2000) preferire
il termine ‘leggenda’ dato che questa a differenza della fiaba può essere creduta come vera
(come si vedrà la verosimiglianza è una delle caratteristiche fondamentali delle leggende
metropolitane) e ha come protagonisti esseri umani e non dèi e nemmeno esseri antropomorfi.
La scelta del termine ‘metropolitana’ è quella che considero più discutibile per certi versi
dato che, così come il termine ‘urbana’, sembra voler richiamare solo realtà cittadine, realtà
riguardanti le nostre grandi città, mentre come è stato ampiamente dimostrato le leggende non
sono rinchiudibili in alcun ambito territoriale o geografico. Potrebbe forse allora essere più
corretto parlare di leggende contemporanee ma, perlomeno nell’accezione qui in uso, il termine
‘metropolitana’ verrà usato criticamente e dunque caricato dello stesso significato di attualità e
modernità sgravandolo d’altra parte dell’errata accezione vista sopra. Oltretutto in questo lavoro
si intenderà il metropolitano come un qualcosa di ulteriore rispetto a quello comunemente inteso:
lo si vedrà come una unione tra realtà tangibile, il reale che ci circonda, e realtà virtuale,
costruita in Internet.
STRUTTURA DEL LAVORO
Questo studio si svilupperà in tre blocchi principali che consentiranno di descrivere
efficacemente l’oggetto in esame.
La prima parte si occuperà della visione ‘classica’ (sempre che di classico si possa parlare
per tematiche che hanno alle spalle una storia accademica così recente) delle leggende
metropolitane ed in particolare ci si avvarrà del lavoro di Kapferer (Kapferer,1987) per disegnare
un quadro del ciclo di vita di una voce anche con l’ausilio di qualche esempio tra i più noti.
Nella seconda parte si tratterà di come le leggende metropolitane si siano adattate al
nuovo medium e si verificheranno, sulla base della visione classica suddetta, peculiarità e
somiglianze, si evidenzierà la nascita di una nuova imagerie di Rete e si analizzerà ampiamente
un caso che è assurto a simbolo delle leggende metropolitane della Rete, la storia di Craig
Shergold. Sempre in questa sezione nascerà il paragone che verrà sviluppato più ampiamente
nella parte successiva, ossia la già citata somiglianza fra i pattern di diffusione dei virus
informatici e quelli delle leggende metropolitane.
Nella terza e ultima parte si porteranno a maturazione le ipotesi nate nelle precedenti
sezioni e si verificherà l’applicabilità dell’impianto teorico offerto dalla memetica e dalla
virologia delle credenze alle leggende metropolitane, tutto ciò avendo come sfondo una
applicazione ad alcuni casi reali: i falsi allarmi sui virus circolanti in Rete.
6
1.
LA VISIONE “CLASSICA” DELLE LEGGENDE
METROPOLITANE
1.1
DEFINIZIONI
Per una prima definizione di leggenda metropolitana ritengo utile citare quello che, come
ho già avuto modo di dire, è forse lo studioso che ha avuto il merito di diffondere l’interesse
verso tale oggetto di studio anche in Italia ossia J.H. Brunvand (Brunvand, 1999). L’ esperto
americano definisce tali leggende «too good to be true», storie troppo belle per essere vere, storie
narrate con la convinzione che siano reali, attribuite a un conoscente o ad un amico (non a caso è
stata coniata l’abbreviazione FOAF: Friend Of A Friend per definire i protagonisti di queste
storie) ma che contengono troppe coincidenze o bizzarrie per essere letteralmente vere. E’ dello
stesso avviso anche Toselli (Toselli, 1994) che esplica meglio il concetto spiegando come tali
storie siano troppo simboliche per essere vere, sono delle storie esemplari.
Volendo però dare una definizione maggiormente tecnica possiamo dire che le leggende
metropolitane sono storie raccontate come vere, da una fonte non immediatamente identificabile,
che raggiungono una vasta audience tramite il passaparola (autentico o veicolato che sia). Già da
questo primo tratteggio di massima si possono evidenziare alcune delle più importanti
caratteristiche del fenomeno trattato: l’importanza della forma narrativa, il problema della fonte e
l’impossibilità di identificarla, il passaparola face to face oppure veicolato dai media. Per il
momento ritengo sufficiente soffermarmi così poco su tali caratteristiche definitorie del
fenomeno dato che queste ed altre particolarità emergeranno in seguito per contrasto con quelle
delle leggende metropolitane di Rete.
1.2
IL CASO MC DONALD’S
Ritengo sia utile, per facilitare una migliore comprensione dei punti successivi,
descrivere un esempio di leggenda metropolitana ‘classica’, che per la sua enorme diffusione
planetaria può assurgere al ruolo di leggenda tipo.
La leggenda che qui verrà presa in esame è quella nata intorno agli anni ’80 negli Stati
Uniti riguardante la catena di fast food Mc Donald’s, alla quale ha creato non pochi problemi
tanto di immagine quanto economici. Al contrario di quanto si possa pensare infatti queste ‘entità
immateriali’, le voci, danno luogo a degli effetti tangibili e, a volte, anche drammatici.
Secondo questa voce la nota catena alimentare userebbe per i suoi hamburger carne di
lombrico e non di puro manzo come viene invece dichiarato per poter risparmiare sui costi delle
7
materie prime. Altre versioni vedono implicate carni di animali trattati in laboratorio, clonati e
quant’altro. Questa credenza, che da ormai un ventennio fa ciclicamente il giro del mondo, ha
trovato soprattutto in Europa nuovo slancio a causa del recente fenomeno della cosiddetta
“mucca pazza” e, come si vedrà, le strategie per debellarla sono molto simili, allora come oggi.
1.3
IL CICLO DI VITA: NASCITA
Il problema della nascita della voce è forse uno di quelli che più affascina gli studiosi di
tale argomento. Ciò perché forse è inevitabile pensare ad una sorta di ‘untore’ che diffonde tali
voci, riesce più facile attribuire le responsabilità ad un singolo, un deviante, che alla società
intera che, a mio parere, può essere considerata l’unica vera fonte, seppure non consapevole della
sua funzione. Certo si sono verificati casi in cui persone scientemente hanno messo in moto
fenomeni del genere ma sul totale non sono che una esigua minoranza. La leggenda
metropolitana dunque come frutto di un sentire comune, una serie di emozioni, sentimenti,
stereotipi che attraversa il corpo sociale senza che esso ne sia cosciente. Dunque non esiste un
emittente? A voler ben guardare c’è ed è racchiudibile nella seguente formula elaborata da
Shibutani e citata in Kapferer (Kapferer, 1987) :
LEGGENDA = IMPORTANZA x
AMBIGUITA’
Diventa così piuttosto intuitivo spiegare come una leggenda abbia molte probabilità di
nascere soprattutto nei confronti di qualcosa di importante e, tornando al nostro esempio, Mc
Donald’s è sicuramente qualcosa di importante dato che è la maggiore catena di fast food al
mondo. Anche il carattere di ambiguità viene soddisfatto dato che ci troviamo in un ambito
piuttosto privo di certezze come quello del junk food (ossia cibo spazzatura, termine in uso negli
Stati Uniti per descrivere questa forma di alimentazione), un alone di mistero sembra circondare
la composizione dei noti hamburger. Ciò spiega anche quella serie di malintesi, incomprensioni
ed equivoci che molto spesso danno il via a queste voci, tanto più un fenomeno è ambiguo tanto
più è soggetto ad equivoci.
1.4
IL CICLO DI VITA: DIFFUSIONE
Due esempi chiariranno quanto possa essere veloce la diffusione di una voce.
Il primo è un esempio tratto da uno studio di Milgram citato in Kapferer (Kapferer, 1987) che
dimostra la grande efficacia dei canali informali nella diffusione delle informazioni. Lo studioso
inviò un messaggio ad un campione di persone alle quali veniva chiesto di recapitarlo a un
destinatario X nella località Y a loro sconosciuto. Si chiedeva di raggiungere X sfruttando la
propria rete sociale, dunque selezionare un amico o conoscente che potesse in qualche modo
8
conoscere il destinatario o suoi amici e affini anche per vie traverse. I risultati furono clamorosi:
il messaggio raggiunse il destinatario in soli 5,5 passaggi, le reti informali, i rapporti
interpersonali, si erano comportati proprio come un efficace medium.
Il secondo è di Gergen e Gergen anch’esso citato in Kapferer (Kapferer, 1987) i quali
dimostrano come, il giorno dell’assassinio del presidente Kennedy, a soli 40 minuti
dall’accaduto già il 90% della popolazione ne fosse a conoscenza, ciò è successo evidentemente
per vie informali dato che le tv e i media non avevano ancora avuto modo di diffondere
adeguatamente la notizia.
Si può dunque notare come il passaparola dia il meglio di se soprattutto in condizioni di
estrema tensione o comunque di preoccupazione generale. Non è un caso dunque che i recenti
tragici fatti dell’11 Settembre abbiano condotto a un incredibile proliferare di voci che ha portato
tra l’altro a chiudere per alcune ore la metropolitana milanese (nonché in altre città europee) per
l’insistente voce riguardante un imminente attentato che ha avuto un forte eco anche sulla stampa
nazionale2. Più in generale comunque, pur vivendo in un’epoca di nuovi media e informazioni
che viaggiano a velocità vertiginose, il ruolo del passaparola è quantomai centrale.
1.5
IL CICLO DI VITA: SMENTITA
Una volta attivatosi questo meccanismo è possibile fermarlo? Forse è scritto nel destino
di una voce che essa prima o poi deve esaurirsi. Il fatto è che spesso in questi casi un giorno in
più in cui la voce è in circolazione può significare grosse perdite di denaro, fenomeni collettivi
anche pericolosi e così via.
Dunque come agire per smentire una voce? D’istinto verrebbe da pensare che una
smentita diretta potrebbe essere l’arma migliore. Non è sempre così semplice invece, molto
spesso una smentita del genere può avere un effetto inverso, la strategia per dimostrare la falsità
di una voce va accortamente preparata per evitare di attivare un ciclo perverso che potrebbe
addirittura portare ad ingigantirne gli effetti.
Diversi studi sono stati fatti a riguardo ed uno in particolare proprio sul caso Mc Donald’s
di cui sopra ad opera di Tybout citato in Kapferer (Kapferer, 1987) al fine di individuare la
strategia di smentita più appropriata. I soggetti dell’esperimento venivano divisi in quattro gruppi
ed esposti alla proiezione di un film che ad un certo punto veniva interrotto da uno spot
2
Corriere della Sera, Martedì 16 ottobre 2001
«Il metrò è pericoloso: l’incredibile catena di false voci a Milano. Centinaia di telefonate alla polizia, allarme nelle
scuole. Poi le smentite ufficiali del prefetto e del questore.»
«La serie di falsi allarmi sembrava seguire, pur con numerose variazioni, lo stesso schema di partenza: un misterioso
musulmano, per sdebitarsi di un favore, avrebbe avvisato un italiano di un imminente attentato..»
9
pubblicitario della Mc Donald’s, a quel punto un complice dei ricercatori raccontava la leggenda
della carne di lombrico negli hamburger.
Dopo di che i quattro gruppi venivano sottoposti ad un diverso trattamento:
il primo gruppo veniva esposto solamente alla voce, il coordinatore dell’esperimento
ricordava che in sala era vietato parlare ed interrompeva la discussione;
il secondo veniva esposto alla voce e ad una seguente confutazione basata sulle stesse
argomentazioni usate da Mc Donald’s (ossia che il costo della carne di lombrico sarebbe
maggiore di quello della carne di manzo e che dunque non sussisterebbero motivazioni plausibili
di alcuna convenienza economica);
il terzo veniva esposto alla voce e a una dissociazione ossia il coordinatore ricordava di
aver assaggiato un’ottima salsa di lombrichi in un ristorante alla moda;
l’ultimo veniva esposto alla voce e a una seguente riassociazione basata su un
questionario di valutazione dei pasti di Mc Donald’s.
I risultati furono sorprendenti: la smentita a ‘impatto frontale’ utilizzata dalla compagnia
aveva dato gli stessi risultati della sola esposizione alla voce mentre le altre due categorie di
smentite avevano consentito di dissociare nelle menti dei soggetti esaminati l’immagine del
lombrico da quella del Mc Donald’s.
1.6
IL CICLO DI VITA: RITORNO
Come ho già avuto modo di dire, la leggenda relativa alla catena Mc Donald’s è in circolo
da ormai venti anni ed è tornata prepotentemente alla ribalta per analogia a causa dell’interesse
destato dal problema della mucca pazza. E’ il fenomeno che Kapferer (Kapferer, 1987) ha
definito come «l’eterno ritorno» delle leggende metropolitane. La paura che ciò che mangiamo
possa farci male o che non sia di qualità è rimasta latente, è bastato che l’attenzione dei media sia
tornata di nuovo sul problema dell’alimentazione per farla risorgere nella forma di leggenda
metropolitana. Ciò a mio parere avviene a causa di stereotipi, conoscenze e paure inconsce
collettivamente riconosciute e da sempre presenti nel nostro humus culturale e che in periodi di
particolare tensione o emozione tornano a farsi sentire sotto forma di queste strutture narrative,
una sorta di capro espiatorio che consente di mettere ordine a fenomeni apparentemente
inspiegabili che riescono a trovare una collocazione nei nostri schemi mentali solo in questo
modo. Per uno studio degli schemi mentali e di una loro applicazione alle leggende
metropolitane si veda Smorti (Smorti, 1994).
10
2.
LE LEGGENDE NELLA RETE
Dopo questo breve excursus sul modo in cui sono state classicamente interpretate e
studiate le leggende metropolitane passerò ora ad esaminare l’impatto che ha avuto sull’oggetto
di studio la nascita e diffusione di Internet.
Per capire quanto il fenomeno abbia avuto presa anche sul nuovo medium basterebbe
notare la quantità esorbitante di siti dedicati alle leggende metropolitane, siti che peraltro trattano
l’argomento con gli approcci più disparati. Si va da quello che le sfrutta a guisa di articoli di
colore o barzelletta al sito che ne fa una raccolta sistematica sino a crearne un data-base sino a
quelli che si pongono una sorta di missione sociale, ossia quella di smascherare i falsi tramite
approfondite indagini. In questo lavoro però l’attenzione non verrà focalizzata tanto su questi
siti, pur riconoscendone la grande importanza in qualità di ripetitori e agenti veridittivi.
Ci si soffermerà qui sulla versione on line di quel passaparola che nel rapporto faccia a
faccia alimenta queste forme di narrazione. Gli strumenti di tale passaparola sono dunque chat,
newsgroup, forum e, soprattutto, le e-mail. E’ soprattutto qui che trova sfogo quel sentire
comune a cui si è accennato, qui che si forma un brodo di coltura virtuale nella forma ma
estremamente reale nella sostanza, qui, infine, che si sviluppano dinamiche di diffusione nuove
ed esclusive del mezzo Internet. Si riscontra dunque un processo di continuo sviluppo
tecnologico e il relativo adattamento del messaggio trasmesso. Tale adattamento a seconda del
medium che le veicola si può spiegare con la frase di McLuhan (McLuhan, 1999) «il medium è il
messaggio». Il messaggio di un medium o di una tecnologia, sostiene McLuhan, è il mutamento
di proporzioni, di ritmi e di schemi che introduce nei rapporti umani. L’uomo e i suoi prodotti
culturali si adattano al medium, alle forme ad esso più congeniali e da esso imposte. Noi siamo
come modellati, plasmati dal medium. Il medium che più adoperiamo ci condiziona in qualche
modo e contribuisce a plasmare la nostra mente e il nostro agire. Quindi anche Internet
condiziona i messaggi che veicola e condiziona il nostro modo di farne uso, un condizionamento
che di volta in volta è stato differente per il mezzo stampa, la radio, la tv e così via. Un
condizionamento con cui si è confrontato anche il fenomeno delle leggende metropolitane.
11
2.1
LA “VERA-LEGGENDA” DI CRAIG SHERGOLD
Sempre più spesso capita di ritrovarsi nella casella di posta elettronica svariate e-mail
indesiderate, il cosiddetto Spam, ossia posta non richiesta. Alcune di queste hanno carattere
pubblicitario, altre, ed è il caso qui in esame, sono leggende metropolitane che ‘chiedono’ al
lettore di essere rispedite a quante più persone possibili al fine di far raggiungere alla notizia in
oggetto la più vasta audience possibile, con un meccanismo molto simile a quello delle
cosiddette Catene di S.Antonio.
Ci si occuperà qui di un caso emblematico di questa tipologia di leggende metropolitane
diffuse nella Rete, il caso di Craig Shergold, che farà da asse portante per la successiva analisi
della diffusione di
questa forma di Net-Lore (ossia il folklore diffuso via Internet) in
contrapposizione al passaparola faccia a faccia.
Ecco una delle tante versioni dell’appello che girano per la Rete3 (traduzione mia):
«Craig Shergold ha sette anni ed è un malato terminale di cancro.
Il suo desiderio è di essere incluso nel Libro del Guinness dei Primati
per il maggior numero di biglietti da visita mai collezionati da una
persona.
Craig vi sarebbe grato se voleste inviargli uno dei vostri biglietti da
visita all’indirizzo indicato..
Ovviamente, la velocità è essenziale… »
Premetto subito che il ragazzo di cui si sta parlando fortunatamente si è ripreso ed ora
conduce una vita normale. L’appello di cui sopra è iniziato a circolare nel 1989 in Inghilterra
quando Craig4 scoprì di essere gravemente malato, il suo ultimo desiderio fu quello di entrare nel
Guinness dei primati come la persona ricevente il maggior numero di biglietti augurali al mondo.
Nel frattempo il ragazzo guarì e riuscì a realizzare il suo sogno entrando nell’edizione del ’91 del
Guinness Book con la sbalorditiva quota di 16.250.692 cartoline. La particolarità di questa storia
sta nel fatto che l’appello continua ancora oggi a girare, tonnellate di lettere e cartoline intasano
l’ufficio postale di Wallington, piccolo centro a sud di Londra teatro della vicenda.
Ciononostante, in molte chat e newsgroup ci si chiede se Craig esista veramente o meno5.
3
4
Tratto dalla pagina web http://www.legends.org.za/arthur/craig01b.htm
Da questa storia sono stati tratti anche un film: “The miracle of the cards” di M. Griffith USA-CDN 2001;
ed un libro: Craig Shergold A Mother’s Story (1993)
12
In questo caso si può sostenere che la realtà si è trasformata in leggenda metropolitana, ha
assunto una vita propria ed ha inoltre ispirato una serie di falsi e di cloni che stanno avendo un
eguale vertiginosa diffusione. Tale concetto lo si ritrova anche in Toselli (Toselli, 1994) quando
tratta questo stesso caso: «Ecco quindi che si ritorna, da un fatto reale ma ormai privo di
significato, nel folklore e nella leggenda contemporanea». E’ per ciò che ho scelto di definire
questa storia come una ‘vera-leggenda’, è una narrazione nella quale il limite tra realtà e
leggenda praticamente non esiste più.
Ritengo questo caso di straordinaria forza esplicativa per l’analisi seguente in quanto
l’appello di Craig, partito dal giornale The Sun, si è sviluppato in un primo tempo per le vie
consuete: posta, fax, giornali e tv, salvo poi dopo qualche tempo sbarcare su Internet ed adattarsi
alle logiche del nuovo medium. Da quel momento in poi si ebbe una nuova forte spinta alla
diffusione dell’appello consentendo al ragazzo di raggiungere la strabiliante cifra di 100 milioni
di cartoline e, come detto, di trasformarlo da realtà in leggenda.
Si procederà ora, tenendo presente questo caso, a vedere come le modalità di adattamento
abbiano operato nel passaggio dalla trasmissione classica a quella via Internet, in modo da
estrapolarne similitudini e peculiarità.
2.2
UNA TIPOLOGIA
Nella mia ricerca di leggende metropolitane, di voci, di dicerie diffuse via web ho
individuato perlomeno tre fondamentali tipi di messaggio che si diffondono prevalentemente via
e-mail, nei gruppi di discussione e nelle chat line. Ognuna di esse ha proprie peculiarità,
ciononostante mi sento di dire che tutte e tre sono riconducibili ad uno stesso set di
caratteristiche, tra le quali l’esplicita richiesta presente nel testo di essere rinviato al fine di
assicurarsi così la sopravvivenza e proliferazione in Rete.
¾ CHAIN LETTER
Possono considerarsi come un parassita nella comunicazione, un messaggio indesiderato
che irrompe nella nostra routine con un’aura di magia risvegliando in noi arcane paure e
credenze. Sono l’equivalente elettronico delle cosiddette Catene di S.Antonio, dette anche chain
letter o catene elettroniche. Rappresentano l’ultimo gradino di una evoluzione che ha portato
queste forme narrative dalla trasmissione orale a quella su carta (il noto Xerox-Lore ossia la
diffusione del folklore tramite testi fotocopiati più e più volte per raggiungere la massima
5
Corriere della Sera del 1 febbraio, 1999
«Ma la beffa resta, quella di Craig Shergold è una delle storie citate più spesso nelle migliaia di pagine Web
dedicate alle leggende metropolitane, considerata verosimile come quella che sostiene la tesi di John Kennedy
assassinato da un commando di marziani. Per una parte del popolo di Internet, nonostante l’evidenza dei fatti, Craig
continua a non esistere»
13
audience possibile) ed infine al passaparola via e-mail. Richiedono al lettore di essere
‘forwardate’, ossia rispedite nel gergo di Internet, ad un numero prefissato di contatti al fine di
guadagnare denaro, aiutare qualcuno, avvisare sui pericoli più svariati. Fanno leva
prevalentemente su sentimenti come la paura oppure sulle credenze religiose.
Possiamo all’interno di questa categoria distinguere tra: catene di solidarietà (quella di
Craig ne è un esempio), catene che esprimono una morale o uno stile di vita, catene di guadagni
(nota quella secondo la quale Microsoft per ogni e-mail inviata sarebbe disposta a dare del
denaro all’utente nonché la sua più recente versione veicolata via sms secondo la quale Nokia
donerebbe cellulari e ricariche raggiunta una soglia di sms inviati), catene di buona o cattiva
sorte ed infine petizioni.
¾ LEGGENDE METROPOLITANE DI RETE
Spesso le leggende metropolitane che troviamo in Rete sono la versione digitale di
leggende preesistenti tuttavia, con la progressiva espansione del fenomeno, si stanno creando
anche forme narrative originali. Per identificarle viene anche usato il termine Hoax, letteralmente
traducibile con bufala o scherzo, termine che tuttavia non ritengo esplicativo dato che lascia
trasparire una intenzionalità che invece il più delle volte non è alla base di queste leggende.
Sono delle vere e proprie storie che circolano di solito in formato testo ma anche, come
vedremo, sempre più tramite immagini e video. Ad una analisi di un esperto o perlomeno di una
persona attenta sono palesemente false, ma hanno come target la persona media che non ha
conoscenze specifiche dei temi in essa trattati. Trovano terreno fertile in cui vivere nella nostra
cultura, nel nostro sentire comune, nell’inconscio collettivo.
¾ FALSI VIRUS
Possono essere considerati come una sottocategoria delle hoax ma dato che trattano
solamente di argomenti informatici, in particolare dei virus credo di poterla considerare una
classe a sé. Sono una categoria che è nata e cresciuta esclusivamente sul web e consiste in tutta
quella serie di allarmi riguardanti potenziali virus sempre più distruttivi, file che spierebbero il
computer dell’utente, consigli su file che andrebbero assolutamente cancellati in quanto
potrebbero formattare l’hard disk6 e così via. Fanno leva sul fatto che ancora per molti Internet è
un attrezzo pieno di mistero, persino magico, Internet stesso può considerarsi una leggenda, così
tutto ciò che riguarda questo mondo finisce per essere mitizzato.
6
Un noto esempio è quello del file JDBGMGR.EXE , del tutto innocuo e caratterizzato da una icona rappresentante
un orso, è stato oggetto negli ultimi mesi di un forte allarmismo in quanto considerato, erroneamente, un virus in
grado di cancellare la memoria del pc. Nel messaggio si invitava a cancellare al più presto questo file dal pc pratica
che, questa si, potrebbe creare seri danni alla macchina.
14
2.3
E-LEGENDS
In questo paragrafo cercherò di dare una risposta ad una delle domande che più mi ha
spinto ad intraprendere questo lavoro: quali sono le differenze e quali le somiglianze fra le
leggende metropolitane classicamente intese e quelle diffuse via Internet? Quanto differisce il
passaparola orale da quello in forma elettronica? Possiamo intendere le e-legends come un
fenomeno a sé stante e con leggi proprie oppure come una ramificazione di qualcosa di
preesistente?
Per dare una risposta quanto più coerente a questi interrogativi è utile e necessario
distinguere lo studio dei processi di diffusione e trasmissione delle leggende metropolitane da
quello riguardante la forma e il contenuto di queste ultime.
L’ipotesi di partenza è che le leggende elettroniche siano nate come una estensione di un
fenomeno preesistente. Una ramificazione che può essere intesa come una sorta di adattamento
del messaggio al supporto. Dunque il lavoro è iniziato con la consapevolezza che non si fosse
davanti ad un fenomeno completamente nuovo. L’obbiettivo è quello di scoprire se ed in che
grado esso si è staccato dal modello originale per venire incontro alle logiche del nuovo medium.
Lo studio delle modalità di diffusione delle e-legends consente di fare emergere molte
peculiarità rispetto alla diffusione tramite i media consueti.
Nel citato caso di Craig Shergold ho già avuto modo di evidenziare come un appello che
già aveva raggiunto un’audience molto vasta ebbe una sbalorditiva spinta ulteriore grazie
all’arrivo sulla Rete. Qual è dunque il motivo di questa maggiore spinta alla diffusione
dell’appello una volta passato in forma digitale?
¾
Innanzitutto considero fra le cause la grande facilità di utilizzo di un qualsiasi client di
posta elettronica. Con qualche semplice click di mouse possiamo inviare uno stesso messaggio in
pochi secondi anche a tutti i contatti presenti in rubrica. Niente più copiatura manuale,
fotocopiatura o invio di fax, pratiche che, oltre a rappresentare una perdita di tempo, facilitavano
la presenza e la diffusione di errori rispetto all’originale. Va da sé che una conseguenza della
facilità di uso è la rapidità nell’utilizzo. Secondo Stefik (Stefik, 1997) l’e-mail ha una forte e
facile fan-out ossia diffusione, non sono più necessarie diverse copie ma basta includere più
indirizzi in una stessa copia. A ciò si aggiunge la notevole presenza di flame ossia di e-mail
inviate impulsivamente quasi senza riflettere, come uno sfogo, «pare che alcuni premano il
pulsante senza pensarci e senza lasciare trascorrere quel periodo di decantazione che seguirebbe
normalmente se portassero con se una lettera per imbucarla». Dunque a volte il rinvio di una email è quasi un automatismo una pratica irriflessiva a differenza dell’invio di una lettera
normale. D’altra parte a chi non è capitato almeno una volta di scrivere una lettera ma prima di
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arrivare alla buca delle lettere ripensarci e farla finire nel dimenticatoio? È proprio il periodo di
decantazione di cui parla Stefik che in Internet viene a mancare.
¾
Altra caratteristica che distingue la diffusione delle e-legends è l’anonimato assicurato
dall’utilizzazione di Internet. Nella comunicazione faccia a faccia mettiamo in gioco una parte di
noi nel rapporto con l’altro, ci giochiamo la faccia, c’è una parte emotiva assolutamente non
trascurabile. Inoltre nell’interazione personale è nota la presenza di feedback, che può essere
l’espressione del viso, il tono della voce e ovviamente il confronto di idee e il dibattito. Questo
maggiore anonimato dunque facilita la diffusione delle leggende via Internet piuttosto che in
forma orale.
¾
Va notato che l’enorme diffusione dell’ appello di Craig non ha avuto alcun confine
geografico. Sono arrivate cartoline da ogni continente a conferma di come l’appello originale
abbia fatto in breve tempo il giro del mondo grazie alla rapidità del passaparola veicolato dall’email. Naturalmente sono i paesi più informatizzati a farla da padrone e quindi più spesso nelle
leggende di Rete si riflette il sentire comune del corpo sociale europeo o anglosassone
¾
Le e-legends hanno anche un carattere di maggiore performatività richiesta a chi ne viene
raggiunto. Con performatività si intende la richiesta, insita nel messaggio e rivolta al ricevente,
di compiere una particolare performance di volta in volta specificata. Può trattarsi come visto di
cancellare un file dal proprio computer, raccogliere gli oggetti più disparati (tappi di bottiglia,
scontrini, lattine) per una fantomatica raccolta il cui incasso dovrebbe andare in beneficenza,
inviare proteste e petizioni al (presunto) indirizzo e-mail del presidente degli USA, opere di
boicottaggio telematico, compilare dei test e così via. Si tratta oltretutto di una performatività
aggiuntiva rispetto a quella normalmente presente nelle leggende metropolitane, dove prima la
richiesta del rinvio era implicita nel messaggio (e stimolata ad esempio dall’interesse suscitato
dalla narrazione) ora è esplicita, si chiede la replicazione, spesso viene specificato persino il
numero di copie. A tale richiesta esplicita si aggiunge dunque anche una sorta di compito che il
ricevente deve eseguire per aderire alla richiesta del messaggio.
¾
Un aspetto che ritengo particolarmente interessante è l’assenza nelle e-legends di quella
sorta di costante della mutazione che invece è presente nelle leggende classicamente intese.
Tornando al caso di Craig si può notare come l’appello finchè è rimasto in versione cartacea è
stato soggetto ad ogni sorta di mutazione, dovute per lo più ad errori di copiatura. Il nome è stato
spesso cambiato in Greg, il cognome a seconda dei casi è diventato Shepperd, Sherwood,
Shefford e così via. Quasi come nel noto gioco del ‘telefono senza fili’, dove ci si sussurra di
orecchio in orecchio una frase scelta dal giocatore iniziale, si scopre alla fine che inevitabilmente
il messaggio di partenza è stato completamente stravolto senza che si sappia da chi. Nella
16
versione on line, dato che non è più necessario alcun intervento sul testo se non un semplice
click per l’invio, la mutabilità è praticamente sparita. A conferma di ciò paradossalmente, nei
primi appelli di Craig arrivati in Rete il ragazzo aveva 7 anni, ora, a distanza di 10 anni ne ha
ancora 7!! In Rete le leggende sono quasi immutabili. Mutazioni che continuano a riscontrarsi
sono invece gli errori lessicali o grammaticali dovuti ad una errata traduzione dalla lingua
originale. Va notato che spesso questi errori vengono addotti a prova che ci si trova di fronte ad
una leggenda metropolitana, d’altra parte nessuna fonte ufficiale diffonderebbe un appello con
errori del genere. Tuttavia in Internet si nota che tra un passaggio e l’altro di una e-mail ci
possono essere aggiunte di frasi o interi paragrafi al testo originale, aggiunte volontarie applicate
dal ricevente per rendere più convincente un messaggio, per raccogliere maggiore prestigio nella
propria rete amicale. Se il ricevente viene particolarmente colpito dal messaggio è possibile che
ci metterà del suo per far si che quell’informazione che ormai sente sua abbia il maggiore
successo possibile. Per certi versi il successo del messaggio diventa il successo dell’emittente.
¾
D’accordo con Kapferer (Kapferer, 1987) mi sento di dire che una delle molle che spinge
le leggende metropolitane a fare presa è la fiducia. Nell’interazione faccia a faccia la legittimità
della narrazione deriva dalla fiducia in chi fa il racconto e magari anche nei protagonisti, come
detto amici di amici o lontani parenti. Nel passaparola on line ciò non è fattibile o comunque
risulta meno credibile, dunque, per ottenere legittimità, si fa ampio ricorso al gergo tecnico, al
riferimento a sorgenti ‘ufficiali’, alla citazione di persone importanti, indirizzi reali ecc… Nel
caso di Craig si fa riferimento ovviamente al suo indirizzo, a quello di una fondazione che si
occupa di realizzare i desideri di bambini malati e a quello di un ospedale londinese. Lo stesso
schema si ripete in tutte le e-legends, fonti credibili, indirizzi e nomi danno credibilità alla
costruzione narrativa.
¾
Una delle caratteristiche che forse già intuitivamente balza all’occhio è quella della
frequente presenza nelle e-legends di immagini, file video e sonori. La presenza di tali allegati
contribuisce alla costituzione della forma ipertestuale e multimediale, forme originali e presenti
solo in questo medium. A tale importante peculiarità sarà dedicato il prossimo paragrafo.
Per tutti i suddetti motivi la diffusione di una leggenda elettronica è di gran lunga
superiore che se veicolata dai media consueti. In una rubrica di un utente medio di Internet sono
registrati dai 10 ai 20 contatti, pur assumendo che solo una percentuale di essi decida di
‘forwardare’, ossia rinviare nel gergo di Rete, il messaggio ci si può fare una idea della capacità
esplosiva del fenomeno.
17
Fino ad ora sono state riscontrate solo delle differenze, per trovare delle somiglianze fra
le due forme di leggenda metropolitana dobbiamo rivolgere l’attenzione alla forma e al
contenuto delle leggende elettroniche.
Nell’analizzare i temi ricorrenti in questa forma di leggenda ho notato che l’intreccio con
le tematiche delle leggende classiche è veramente molto forte. C’è un continuo richiamo, uno
scambio di nuclei narrativi. Leggende nate in Rete spesso prestano forme e tematiche alle
leggende mediate in altro modo e, forse anche più frequentemente, tale scambio avviene anche al
contrario.
Si potrebbe obiettare che tale scambio non avviene nel caso delle voci allarmistiche su
presunti virus informatici, la 3° classe della mia tipologia di e-legends. A mio parere invece
questo scambio avviene anche in questo caso. Forse non al livello più superficiale, dato che è
naturale che la tematica dei virus informatici non travalichi più di tanto il limite delle chiacchiere
di Rete per arrivare a quelle a diffusione orale. Credo fortemente però che, a un livello più
profondo, ci siano anche qui somiglianze fondamentali. Come già accennato Internet e il mondo
dell’informatica sono circondati ancora oggi da un’aura di mistero, quasi un alone di magia e
spesso non ne capiamo il funzionamento. Le cose che non comprendiamo il più delle volte ci
fanno paura, solo riportandole all’interno di schemi mentali a noi noti possiamo limitare questa
tensione. E’ nell’adattamento a tali schemi che vengono riempiti i “buchi neri” della conoscenza,
è lì che si formano le leggende metropolitane. Ciò avviene oggi con i pc e con Internet, ma
avvenne anche negli anni ’90 quando l’introduzione del forno a microonde fu accompagnata da
un incredibile numero di leggende tra cui la più nota è sicuramente quella dell’anziana signora
che sceglie di asciugare il suo cagnolino dopo il bagno nel forno a microonde, con gli esiti
immaginabili. Anche Montali (Montali, 2003) in un suo recente libro spiega che «telefonini,
computer, forni a microonde, airbag: la tecnologia invade la vita quotidiana, ma rimane un
oggetto misterioso, a volte incomprensibile, spesso minaccioso». Ogni nuova tecnologia,
dunque, finché non viene padroneggiata e compresa è fortemente soggetta al formarsi di
leggende metropolitane, non fa eccezione Internet che ha insito un qualcosa di sfuggente, di
leggendario, quasi di magico. Quindi il nucleo fondante, le tematiche principali risultano simili
anche al confronto tra le leggende riguardanti i virus informatici e quelle classiche.
In risposta dunque alla domanda fondante di questo paragrafo mi sento di dire che, in
accordo con l’ipotesi iniziale, non ci troviamo di fronte ad un fenomeno del tutto nuovo ma di
fronte ad un adattamento di un qualcosa di già esistente ad una nuova tecnologia.
Sono state trovate grosse somiglianze riscontrabili nelle strutture, nelle tematiche e nei
nuclei narrativi (superficiali e profondi) presenti in entrambe le forme di leggenda metropolitana.
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D’altro lato le differenze riscontrate sono molte e tutte fondamentali: la semplicità e la rapidità di
utilizzo, l’anonimato, la riproducibilità, la non mutabilità, la diversa legittimità, la straordinaria
potenzialità di crescita e la maggiore performatività. Tutto ciò aiuta a definire le leggende
elettroniche come un fenomeno fortemente radicato nella società e nel suo sentire (dal quale trae
le tematiche ricorrenti), ciononostante capace di adattarsi al meglio all’avanzare della tecnologia
mutando le proprie modalità di trasmissione.
2.4
LA NUOVA IMAGERIE DI RETE
Come già accennato in precedenza l’incontro fra le leggende metropolitane e Internet ha
dato vita ad una ramificazione estremamente interessante e di recente diffusione: l’iconografia
‘leggendaria’, o ‘rumorale’. Intendo qui con iconografia o imagerie rumorale tutte quelle
immagini false, contraffatte (fake) o che comunque vengono inserite in un contesto talmente
diverso da quello originario da stravolgerne il senso. Tali immagini circolano in Rete e fanno da
corredo fotografico ad un rumore, ad una leggenda preesistente o costituiscono una leggenda
esse stesse.
Ha fatto il giro del mondo l’immagine del presunto turista fotografato sul tetto delle Twin
Towers pochi istanti prima dell’impatto dell’11 Settembre (Fig.1). L’immagine si scoprì poi, per
la confessione dell’autore, essere un falso creato da uno specialista in questi fotomontaggi che
ormai è diventato noto in Rete come The Tourist Guy.
Fig.1 L’immagine di Tourist Guy sulle Twin Towers
Oltre ad aver invaso Internet, il medium in cui è stata creata ad arte, in pochi giorni è
finita sulle pagine dei giornali, è stata citata dai maggiori telegiornali, per diverso tempo è stata
oggetto di discussione, è assurta a simbolo del tragico evento, assumendo così una forte ulteriore
legittimazione. Per chi ha un minimo di conoscenze di fotografia digitale risulterà lampante la
19
grossolanità del fotomontaggio, evidentemente per l’utente medio di Internet no, data la
diffusione che ha avuto. Questo esempio così come altre immagini che circolano via e-mail
sempre riguardanti il tragico episodio delle Twin Towers (si pensi ai presunti volti di Satana che
si dovrebbero scorgere nel fumo dell’incendio delle torri)7 possono essere spiegate con i concetti
sviluppati da Bloch nel suo lavoro riguardante le voci sviluppatesi nella Prima Guerra Mondiale.
«La guerra è un esperimento immenso di psicologia sociale» spiega lo studioso francese, lì si
creano rappresentazioni collettive che sono terreno fecondo per le leggende. L’osservazione
inesatta che secondo Bloch è alla base del formarsi di una voce si trasforma in leggenda se e solo
se trova un clima pronto ad accoglierla, quel clima è in particolar modo propizio in tempo di
guerra. Si spiega così il fiorire di leggende riguardanti l’11 Settembre, nel sentire collettivo
quell’episodio ha rappresentato la guerra molto più di quanto abbiano mai fatto le immagini in tv
di guerre sì sentite ma comunque piuttosto lontane dalla nostra realtà. Questa volta la guerra è
entrata nelle nostre case dalla porta principale ed è dunque stato terreno quanto mai fertile per il
formarsi di queste rappresentazioni.
Tourist Guy non è certo l’unico esempio di questo formato leggendario, altro esempio
molto famoso e che ha chiamato in causa anche la nota rivista National Geographic è mostrata in
Figura 2.
Fig. 2 L’immagine apparsa sul National Geographic del falso attacco di uno squalo
Questa spettacolare immagine che dovrebbe rappresentare l’attacco di uno squalo ad un
equipaggio della marina inglese durante un’esercitazione è in realtà un fake, un falso, fatto però
talmente bene da trarre in inganno persino il National Geographic che nel frattempo lo aveva
eletto ad immagine dell’anno 2001/2002.
7
Queste ed altre immagini leggendarie sull’11 settembre, oltre a circolare liberamente via e-mail, sono disponibili
sul sito http://urbanlegends.about.com/library/bltabloid-arch10.htm
20
Di queste immagini, così come nelle leggende metropolitane testuali, non si conosce
l’autore, non c’è firma, se non a volte un semplice richiamo a un sito che però non è altro che, il
più delle volte, un database di raccolta, ciò rende praticamente irrintracciabili tali immagini.
Il primario mezzo di diffusione è ancora una volta l’e-mail, scambiata fra amici o
colleghi, con una piccola frase di accompagnamento e spiegazione o spesso anche senza. Dunque
un solo soggetto può in pochi secondi diffondere l’immagine a tutti i contatti della sua rubrica.
Se vogliamo è interpretabile come una forma di spam, ossia posta non richiesta, soltanto che se
nello spam pubblicitario il messaggio implicito è ‘acquistate!’ nell’imagerie di Rete il messaggio
esplicito è ‘guardate!’, ‘fate attenzione!’. Lo statuto di tale messaggio visivo è quello di
informazione alternativa, un avviso che per fonti ufficiali non ci raggiungerebbe mai, statuto che
funge da forte agente veridittivo, una informazione bisbigliata se trova il contesto culturale
giusto può diffondersi meglio e più velocemente di quella che troviamo diffusa in via ufficiale.
E’ evidente quale sia la forza di questa forma di leggenda e delle relative possibilità di
diffusione: la facilità di raccolta e stoccaggio, la facilità di rinvio, la vasta audience
raggiungibile.
Seppure con meno forza dirompente, dovuta a mio parere alla maggiore pesantezza dei
file in questione nonché alla maggiori capacità tecniche necessarie per modificarli, lo stesso
fenomeno sta iniziando ad espandersi anche al formato video.
E’ lo statuto dell’oggetto in studio ad essere determinante, finchè l’immagine delle Twin
Towers ebbe lo statuto di verità fu considerato un frammento di realtà, bastò la confessione
dell’autore e qualche ragionamento meno superficiale per ribaltarne lo statuto e la concezione. Si
crede talmente tanto che quanto si vede sia vero che finisce poi per diventare reale. Così come
spiegato dal teorema di Thomas8: «Se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse sono
reali nelle loro conseguenze».
8
Teorema che prende il nome dal famoso sociologo americano William I. Thomas, che lo espresse durante un
congresso parlando del comportamento di alcune categorie devianti.
21
2.5
VIRUS METROPOLITANI
Si sono analizzate nel paragrafo precedente le peculiarità e le similitudini tra le leggende
metropolitane diffuse via Internet e quelle circolanti per mezzo dei media consueti.
Già intuitivamente si noterà quanto le caratteristiche riscontrate come la mutabilità e
l’adattabilità, la riproduzione continua ed esponenziale, lo sviluppo e la morte (ossia la smentita)
di una e-legend richiamino le caratteristiche del ciclo di vita di un vero e proprio organismo
vivente: il virus.
Si farà qui un esplicito paragone tra le leggende metropolitane e i virus informatici.
Accostamento che trovo particolarmente efficace, oltre che per i motivi accennati, anche per il
fatto che entrambi i fenomeni hanno luogo in Rete, sono immersi nello stesso medium e nello
stesso brodo di cultura, caratteristiche che consentono dunque un confronto alla pari. Come i
virus telematici anche le leggende elettroniche hanno un loro ciclo di vita, cercano di riprodursi
quanto più possibile per assicurarsi continuità, hanno un nucleo cristallizzato e immutabile ma
diversi ceppi virulenti che si modificano come visto a seconda del contesto sociale e culturale in
modo da aver una maggiore presa. Entrambi gli oggetti del paragone si spostano di utente in
utente infettandolo e cercando di riprodursi quanto più possibile.
Se la leggenda riesce a far presa in un numero sufficiente di utenti si raggiungerà quel
punto che Gladwell (Gladwell, 2000) definisce il “punto critico” ossia «il momento in cui si
raggiunge la massa critica, la soglia, il punto di ebollizione». Da quel momento in poi si può
parlare di una vera e propria epidemia di quella leggenda.
Si inizia a parlare di virus informatici nel 1983 quando nell’università del South Carolina
ne viene data la prima dimostrazione pratica del funzionamento. Esso può essere definito come
un programma parassita scritto e progettato per creare copie aggiuntive di se stesso, diffondersi
da un sistema informatico ad un altro e alterare il normale funzionamento del computer senza la
conoscenza o il permesso dell’utente.
D’altra parte è solo con il vero boom dell’utilizzo di massa di Internet che hanno
raggiunto gli attuali apici di diffusione e perfezionamento tecnico. L’omonimia fra virus
informatici e i loro corrispondenti biologici è sfruttata dunque già da parecchi anni e con ottimi
risultati. Si cercherà qui di estendere questo patrimonio conoscitivo anche ad un prodotto
culturale quale sono le leggende metropolitane.
Per questa unione concettuale ho deciso di coniare la definizione di Virus Metropolitani.
Leggende elettroniche che si diffondono di pc in pc nella Rete come i virus informatici
soltanto che anziché infettare macchine “infettano” le nostre menti convincendoci a credere e a
replicarli. Lo spazio virtuale della Rete, il cyberspazio è ormai diventato una sorta di estensione
22
dello spazio sociale propriamente inteso, dell’ambiente che quotidianamente popoliamo, una
estensione delle nostre menti al di là del nostro spazio fisico. Una di quelle estensioni delle
capacità umane che anche McLuhan (McLuhan, 1999) individua nelle tecnologie, estensioni che
possono essere tanto fisiche quanto psicologiche o percettive. Tecnologie che vengono a contatto
con noi costantemente sino a diventare parte integranti del nostro corpo, della nostra mente, della
cultura e del modo di vivere. Dunque il ‘metropolitano’, nell’accezione chiarita nella parte
terminologica, non è più solo fisico ma anche virtuale, una unione fra lo spazio tangibile della
nostra quotidianità e quello impalpabile di Internet. In queste nuove metropoli costituite da
edifici e byte si diffondono dei prodotti culturali che, come visto, sono una interessante unione di
adattamento ai mutamenti tecnologici e di fedeltà al sentire comune, tali prodotti culturali sono i
virus metropolitani.
Nel suo studio sui virus informatici Fronte (Fronte, 1999) ha individuato 2 caratteristiche
definitorie del fenomeno:
La riproduzione consiste nel fatto che deve generare copie di se stesso mentre l’infezione
concerne la capacità di introdurre proprie copie in altri programmi. E’ immediato notare come
anche le leggende elettroniche generino copie di se stesse, o meglio, richiedano di essere copiate
come visto a causa della nuova performatività, nonché introducono proprie copie nel nostro
sistema di credenze adattandovisi quanto più grazie alla citata mutabilità. Dunque le due
proprietà principali di un virus informatico si ritrovano specularmente anche nelle leggende
metropolitane via Internet.
La seconda caratteristica individuata è l’infezione. Si è detto della crescita esponenziale
nella diffusione di un virus metropolitano e di come essa avvenga dopo il raggiungimento di un
punto critico. Tale traguardo viene raggiunto per mezzo di una selezione molto simile a quella
darwiniana: il virus che riesce ad avere una presa maggiore, quello che si adatta di più, quello
che raggiunge una maggiore audience sopravvive, gli altri finiscono nell’oblio. In questa lotta
Gladwell (Gladwell, 2000) individua tre fattori critici: la legge dei pochi, il fattore presa e il
potere del contesto.
¾
Secondo la legge dei pochi in un sistema ci sono persone più influenti e più importanti di
altre, se esse vengono infettate lo scatenarsi di una epidemia sarà più probabile in quanto
fungeranno da vettori più credibili e dunque più efficaci.
¾
Il fattore presa è quel qualcosa in più che ha un virus metropolitano rispetto ad un altro e
che ci spinge a replicarne uno piuttosto che un altro. Citando lo studioso americano : «tendiamo
a passare parecchio tempo pensando a come rendere più contagiosi i nostri messaggi e a come
raggiungere quante più persone possibili con le nostre idee».
23
¾
Il potere del contesto è quella proprietà già in parte accennata secondo la quale un virus
con i suoi diversi ceppi ha la capacità di adattarsi nel miglior modo possibile al contesto culturale
e sociale nel quale si trova.
Dunque quanto più una leggenda elettronica riesce a venire incontro a queste tre leggi
tanto più sono alte le possibilità di sviluppo di una epidemia, una epidemia culturale, quella che
per Sperber (Sperber, 1999) è la diffusione virologica delle credenze.
Questo impianto teorico può senza dubbio essere di aiuto nello spiegare una delle più
recenti epidemie sviluppatesi in Rete. Il virus metropolitano di cui sto parlando è la recente voce
secondo la quale uno dei maggiori motori di ricerca del mondo Google (www.google.com)
sarebbe stato vittima di un attacco hacker che lo avrebbe infettato con un virus in grado di
carpire le password degli utenti, le loro abitudini di navigazione nonché intercettare la posta
elettronica9. Non conta che Google, il cui numero di accessi giornaliero supera i diversi milioni
di unità, abbia attuato una pronta smentita così come hanno fatto le presunte fonti citate, né che
la voce sia sorta su pochi piccoli siti da poche migliaia di accessi mensili e diffusasi praticamente
solo via e-mail. Evidentemente il virus ha infettato utenti più influenti di altri, il messaggio
trasmesso aveva una alto fattore presa che si è poggiato sulla paura dei virus informatici e su una
certa paranoia che caratterizza parte dei navigatori di Internet e il contesto di riferimento ne ha
facilitato lo sviluppo.
Tutto ciò ha portato a superare il punto critico e da quel momento il virus metropolitano
riguardante Google ha avuto la strada spianata per la sua diffusione, l’epidemia era iniziata.
Una leggenda metropolitana una volta in Rete ha tutte le potenzialità per vivere di vita
propria, una vita che può potenzialmente essere infinita.
9
Un esempio dell’allarme unitamente a un indagine che ne smaschera la falsità è disponibile alla pagina
http://attivissimo.homelinux.net/antibufala/google_virus/google_virus.htm
24
3. VIROLOGIA DELLE LEGGENDE DI RETE
3.1
EPIDEMIOLOGIA DELLE CREDENZE E NUOVI REPLICATORI
La lettura virologica delle leggende metropolitane nata concettualmente nel capitolo
precedente verrà portata ora ad un livello di approccio più vasto e successivamente applicato ad
un esempio concreto per verificarne la funzionalità.
Sperber (Sperber, 1999) porta l’analogia tra scienze biologiche e cultura ad un grado di
sviluppo superiore ed inedito, considerando la diffusione delle rappresentazioni culturali come
delle epidemie. Quindi canzoni, mode, credenze, modi di dire e quant’altro si diffondono alla
stessa maniera delle malattie. Questo impianto teorico muove da una domanda da porsi più a
monte nell’analisi: che cosa muove la cultura e la spinge a cambiare progressivamente come una
creatura viva?
Prima di dare una risposta a questo interrogativo ritengo utile tratteggiare brevemente il
ruolo culturale delle leggende metropolitane e capire se possono considerarsi degli oggetti
culturali in modo che, in caso di risposta positiva, vi si possa applicare con maggiore coerenza e
sicurezza le teorie di Sperber e di altri studiosi dei modelli naturalisti di diffusione della cultura.
Negli studi del linguista russo Propp (Propp, 1966) sulle fiabe di magia queste forme
narrative vengono intese come una parte integrante della cultura e della realtà sociale. Sono allo
stesso tempo influenzate dal clima culturale e fonte di tematiche narrative anche a livelli più
reconditi. Un discorsi identico credo che sia estendibile anche alle leggende metropolitane,
anch’esse come visto sono espressione e fonte della nostra cultura. Si pensi all’influenza avuta
dal contesto culturale sul formarsi ad esempio delle leggende a sfondo razziale oppure su quelle
riguardanti le novità tecnologiche. L’influenza è però biunivoca come dimostra la vasta presenza
delle leggende metropolitane o di tematiche da esse tratte in romanzi, film, videogiochi e
canzoni, insomma nella nostra cultura. Bermani (Bermani, 1991) va oltre, le identifica con la
realtà: «le leggende influenzano la realtà, la plasmano spesso a loro immagine e somiglianza,
addirittura la compenetrano. Anzi siccome nel mondo magico fantasia e realtà sono tra loro
indistinte per molti sono parte effettiva della realtà». Un vero e proprio oggetto culturale che,
come nella concezione della Griswold (Griswold, 1997), è specchio della realtà sociale in un
continuo gioco di citazioni, richiami, influenze ecc..
Se dunque le leggende metropolitane sono oggetti culturali alla pari di altri più
riconosciuti e pubblicamente legittimati allora possiamo modificare la domanda iniziale in: che
cosa muove un prodotto culturale come le leggende metropolitane, cosa le spinge a cambiare
progressivamente come una creatura viva?
25
La risposta di Sperber (Sperber, 1999) è, come accennato, epidemiologica. Un primo
importante assunto è quello secondo cui «in una tradizione orale tutte le rappresentazioni
culturali sono facili da ricordare; quelle difficili da ricordare vengono dimenticate o trasformate
in rappresentazioni più facili da ricordare prima di raggiungere il livello della distribuzione
culturale». Io estenderei il discorso dalla sola tradizione orale anche a quella veicolata tramite i
nuovi media, una staffetta tra le due modalità non ancora completata ma comunque ad uno stadio
molto avanzato. Ecco dunque spiegato una volta di più il processo della mutabilità particolare
delle leggende veicolate via e-mail. Quelle che risulta difficile ricordare, capire e interpretare,
che insomma non hanno il fattore presa vengono cancellate, le altre o colpiscono così come sono
oppure spingono ad aggiungere qualche paragrafo o frase al testo in modo da renderle più
appetibili. In ogni caso se c’è la presa il risultato della replicazione viene ottenuto.
Secondo Sperber la memoria e la comunicazione trasformano l’informazione, dunque non
esiste più un’unica modalità di trasmissione culturale ma potenzialmente una diversa per ogni
persona che viene infettata da un virus metropolitano. Le ‘malattie’ studiate da Sperber, ossia i
prodotti culturali, sono suddivise in due interessanti categorie: quelle epidemiche e quelle
endemiche. Le prime corrispondono alle mode, hanno un andamento più esplosivo, diffuso
geograficamente ma più breve dal punto di vista temporale; alla seconda categoria corrispondono
le tradizioni che hanno invece una diffusione lenta ma costante, circoscritta geograficamente ma
più duratura nel tempo. Tra i virus metropolitani già esaminati si può far rientrare in questa
categoria le leggende sulle nuove tecnologie, su oggetti in voga, sulle abitudini del momento, su
fatti particolarmente importanti (la foto del turista dell’11 settembre). Ritengo che invece
leggende come quella di Craig o altri appelli e catene di S.Antonio hanno un andamento
epidemico, facendo riferimento a emozioni profonde e radicate, a sentimenti diffusi come le
credenze religiose, la solidarietà o la paura.
Fa un passo ulteriore in questa direzione lo zoologo inglese Dawkins (Dawkins, 1976), le
cui teorie trovo particolarmente interessanti. Secondo lo studioso inglese così come i geni sono
alla base dello sviluppo e della diffusione della vita anche alla base della cultura e della sua ‘vita’
ci sono delle unità elementari che funzionano secondo le stesse regole: i memi. La definizione di
meme la fornisce Dawkins stesso : «esempi di memi sono le melodie, idee, mode, frasi, maniere
di modellare vasi o costruire archi. Proprio come i geni si propagano nel pool genico saltando di
corpo in corpo tramite spermatozoi e cellule uovo, così i memi si propagano nel pool memico
saltando di cervello in cervello tramite un processo che in senso lato si può chiamare
imitazione….se l’idea fa presa si può dire che si propaga diffondendosi di cervello in cervello.»
26
Altri memi sono il ‘cioè’ (inteso come intercalare colloquiale all’interno di una frase), mode,
abbigliamenti, diete, cerimonie, arte, architettura, jingle pubblicitari e così via.
Dunque un nuovo replicatore dopo quello genetico si rende protagonista delle vicende
evolutive dell’uomo, in particolare di quelle culturali. Dawkins ricalca le teorie evoluzioniste
darwiniane applicandole alla cultura, le idee forti sopravvivono e prosperano a spese di quelle
più deboli. I principi della selezione naturale sono noti per la loro applicazione nella spiegazione
dell’evoluzione delle forme di vita. Tuttavia si può notare che se una popolazione è composta da
individui soggetti a morte e riproduzione e se in questa popolazione sono presenti varietà di
individui più abili nella riproduzione di altri allora la selezione naturale può essere un concetto
applicabile.
Ai citati esempi di memi mi sento di aggiungere le leggende metropolitane di Rete
innanzitutto in quanto prodotto culturale soggetto a fenomeni di tipo evolutivo e a diffusione
epidemiologica e poi perché prosperano in Internet che secondo gli studiosi è una vera e propria
‘terra promessa’ della memetica. Più siamo collegati, più abbiamo modo di scambiarci idee,
pensieri e cultura più la diffusione dei memi sarà veloce. Anche per questo la memetica è
attualmente più nota e discussa in Rete che in ambito accademico.
I geni non sono dunque gli unici replicatori all’opera nel mondo: esistono anche modi di
dire, di fare, di porsi che si diffondono per imitazione e ripetizione. Un meme è qualunque cosa
ricordiamo, apprendiamo e trasmettiamo agli altri, eventualmente con variazioni dall’originale, i
quali a loro volta fanno altrettanto. Per assurdo anche questo lavoro se farà presa, se qualcuno ne
discuterà, se sarà compreso, riletto o reinterpretato può essere considerato un meme o un
insieme di memi che si stanno diffondendo tramite queste pagine.
L’applicazione del darwinismo alla cultura desta sicuramente scalpore ma secondo me, se
affrontata in maniera critica e senza preconcetti di sorta, può aprire interessanti panorami
esplicativi utili anche alla causa della spiegazione delle leggende metropolitane di Rete. La
selezione culturale qui in esame omonima della selezione naturale avviene in un contesto in cui i
memi competono per risorse limitate a scapito l’uno dell’altro. Nell’arena costituita dalle nostri
menti e dalle loro estensioni digitali si svolge una lotta per la sopravvivenza tra memi. Le risorse
oggetto di questa lotta sono lo spazio e il tempo dei nostri cervelli, la nostra memoria, la nostra
attenzione. Una uguale competizione avviene anche per conquistare spazio su giornali, tv, radio,
libri, insomma per colonizzare la cultura. Per Ianneo (Ianneo, 1999) la mente è come il software
di un calcolatore all’interno del quale i memi possono diffondersi epidemicamente come i virus
informatici. Il cambiamento che ciò apporta allo studio delle leggende metropolitane è radicale.
Non ci si chiederà più cosa spinge una persona a diffondere un certo virus metropolitano anziché
27
un altro ma come la tal leggenda ha acquisito gli elementi che fanno presa sulla gente, che la
convincono a replicarlo e quali sono queste caratteristiche. La svolta concettuale è davvero
importante: il soggetto dal quale partire per capire la leggenda metropolitana non è più l’uomo
ma la leggenda in se. Una forma narrativa che va vista come un corpus, come un testo così come
inteso nell’analisi semiotica ossia come : «una configurazione complessiva di senso retta da
strutture semantiche soggiacenti» (Marrone, 2001) con le sue conformazioni di superficie e
latenti che fanno la differenza tra il successo e l’oblio.
I memi, così come i geni, ci sopravvivono, sono la parte immortale di ognuno di noi,
hanno il privilegio di utilizzare gli organismi come involucri protettivi, ciò consente loro di
passare di corpo in corpo e di generazione in generazione. Tale immortalità d’altronde non
implica immutabilità nel tempo, c’è un cambiamento progressivo anche se mai una rottura col
passato. Come fa notare Dawkins se un uomo inglese dei nostri giorni e uno di venti generazioni
fa discutessero non si capirebbero l’uno con l’altro pur potendo ogni generazione
tranquillamente capirsi con quella immediatamente successiva o precedente. Ciò a causa
dell’evoluzione del linguaggio e della cultura che pur impercettibilmente cambia e solo su un
lungo lasso di tempo se ne può apprezzare l’importanza.
28
3.2
MEMETICA DEI FALSI ALLARMI DI RETE
In conclusione di questo lavoro si cercherà di applicare gli analizzati strumenti della
virologia delle credenze e della memetica alla forma forse più emblematica di virus
metropolitani in circolo nella Rete: i messaggi allarmistici riguardanti falsi virus, più noti come
virus warning o anche virus alert.
A differenza degli approcci più usati per lo studio delle leggende metropolitane ossia
quello del folklore, psicologico o sociologico un approccio memetico consiste prima di tutto in
una diversa concezione dell’oggetto di studio. La leggenda metropolitana non è più studiata
passivamente, ossia il perché viene trasmessa e quali sono le cause alla base della sua nascita ma
attivamente ossia cosa fa la leggenda per farsi aiutare nella replicazione e come si adatta per fare
presa. Ci si chiede quali strategie adattive l’organismo-leggenda metta in atto per vincere la gara
per la sopravvivenza contro le altre.
I virus warning verranno studiati come un corpus unico, indipendentemente dai virus in
essi citati dato che è il nucleo centrale quello di interesse, è lì che risiede il meme. Non conta che
l’allarme riguardi un virus piuttosto che un altro, conta la trasmissione del meme della paura del
virus in se, un meme che fa di tutto per diffondersi indipendentemente dalla forma-virus in cui si
manifesta. Dunque sia che si tratti del virus sulfnbk.exe , o di GoodTimes o di quello citato che
assume l’icona dell’orsacchiotto li si considererà come un unico allarme, il nucleo e dunque il
meme sono sempre uguali. Il gioco di richiami e citazioni fra un allarme e l’altro è continuo, così
come quelli di maggiore successo trasmettono alcuni tratti a quelli successivi, quelli che non
hanno avuto presa non lasceranno alcun segno di se nelle generazioni future di virus warning.
Si cercherà di capire con questi strumenti perché questo meme raggiunge audience così
vaste in Rete e come si modifica, a quali sentimenti faccia riferimento e come faccia presa.
Un importante aspetto da analizzare sono le mutazioni che il meme ha effettuato col
tempo per venire incontro ai riceventi e farvi maggior presa. Si è visto come nel caso della
diffusione via e-mail la mutazione sia di tipo diverso da quella solita. Meno dovuta ad errori
involontari più ad aggiunte volontarie per aggiustare il messaggio, renderlo di più facile
diffusione, comprensione e credibilità. Una prima serie di mutazioni sono quelle che fanno
assumere al messaggio un tono di sempre maggiore urgenza, la diffusione deve essere sempre
più veloce per l’importanza della notizia veicolata. Si noterà il frequente uso del maiuscolo che
denota urgenza, importanza. Nel linguaggio di Internet e delle e-mail il maiuscolo è l’equivalente
del gridare il messaggio, come a volerne sottolineare la gravità10.
10
Gli esempi che seguono sono brani tratti da virus warning presenti sul sito www.sophos.com (traduzioni mie) .
29
¾ «ATTENZIONE!!!!!! Se ricevete una e-mail intitolata "JOIN THE CREW" NON apritela!
Cancellerebbe tutto dal vostro hard disk! »
¾ «CANCELLERA’ TUTTI I FILES DAL VOSTRO PC!»
¾ «Ripulisce tutti i files e le cartelle dell’hard disk. »
Si noterà come il tono usato sia davvero catastrofico, la paura delle conseguenze del virus
cresce e con essa l’urgenza nella diffusione. Uno dei maggiori timori di un utente di pc ossia la
cancellazione dell’ hard disk si materializza in questi appelli, è inevitabile a questo punto che la
loro diffusione sia di massa.
Altro aspetto soggetto a variazioni è la frase sempre presente nella quale si richiede la
replicazione del messaggio. Solitamente non si fa riferimento ad un numero predeterminato di
copie, cosa che farebbe sorgere dubbi sulla veridicità del messaggio dato che un riferimento del
genere può far nascere il sospetto che sia una catena di S.Antonio. Ci si limita dunque a
sottolineare l’utilità e la necessità di una massima diffusione dell’appello..
¾ «Manda questa a tutti i tuoi amici, potresti aiutarli molto.»
¾ «MANDA QUESTO MESSAGGIO A TUTTI I CONTATTI DELLA TUA RUBRICA
PRIMA CHE IL VIRUS POSSA CAUSARE QUALSIASI DANNO.»
¾ «PER FAVORE MANDA QUESTO MESSAGGIO A CHIUNQUE CONOSCI. »
¾ «Per favore distribuite questo messaggio al maggior numero di persone possibile. »
¾ «Passa questo messaggio a chiunque nella tua rubrica in modo che il virus possa essere
fermato. »
Anche la fonte del messaggio e l’autorità che da essa deriva sono aspetti importanti e
soggetti a forti adattamenti. Più la fonte presunta del messaggio è altisonante e famosa più sarò
incline a prestarvi attenzione, avrà una maggiore legittimità e dunque credibilità. Spesso
vengono citate le maggiori società informatiche quali Microsoft, Apple, i costruttori di antivirus
Norton o McAfee oppure loro personale tecnico.
¾ «L’obbiettivo di questa e-mail è di avvisare tutti gli utenti di Hotmail della presenza di
un nuovo virus che si diffonde tramite MSN Messenger. »
¾ «Il virus non viene scoperto da McAfee o Norton»
30
¾ «E’ STATO CLASSIFICATO IERI DA MICROSOFT E MCAFEE COME IL VIRUS PIU’
DISTRUTTIVO DI TUTTI I TEMPI.»
¾ «Questo virus è stato scoperto ieri pomeriggio da McAfee e nessun virus è stato ancora
sviluppato. »
¾ «Questo avviso è stato ricevuto da un impiegato di Microsoft stessa, Anthony Joseph,
capo ingegnere dei sistemi di rete.»
¾ «Ieri in solo poche ore questo virus ha causato il panico a New York, stando alle notizie
della CNN. »
Sempre relativo alla legittimità è legata la presenza di terminologia tecnica
dell’informatica, la citazione di virus famosi e realmente esistenti. Facendo riferimento al gergo
tecnico e sfruttando la mancanza di conoscenze così specifiche negli utenti si riesce ad
impressionare, fare presa e ottenere visibilità.
¾ «Esso si autoinvia automaticamente a tutti i contatti della vostra rubrica. »
¾ «Quando i tasti ctrl+alt+del oppure il tasto reset vengono premuti, il virus distrugge il
Settore Zero, distruggendo così permanentemente l’hard disk. »
¾ «Questo virus distrugge il Settore Zero dall’hard disk, dove le informazioni vitali per il
suo funzionamento vengono immagazzinate. »
Il più delle volte se chiedessimo ad una persona che ha appena forwardato un virus
warning il perché del suo gesto otterremmo una sorta di giustificazione a posteriori che però non
contempla la veridicità o meno dell’informazione, nel dubbio se sia vero o no si rinvia il
messaggio. Lo statuto di verità dell’informazione perde importanza. La memetica ci viene in
soccorso spiegando la diffusione in termini di memi forti e memi deboli. Ognuno di noi è più
soggetto ad un certo tipo di memi piuttosto che ad altri così come alcune persone sono più
soggette a raffreddori anziché a mal di gola invernali. Siamo naturalmente predisposti a credere a
certe storie in cui è annidato un meme piuttosto che un altro. Questi criteri replicativi funzionano
a prescindere dallo statuto di verità del messaggio, prima di forwardare una e-mail del genere
quasi nessuno si prende la briga di verificarne attentamente l’attendibilità (d’altra parte se fosse
altrimenti il problema nemmeno si porrebbe) ma verifichiamo, seppure non consciamente se
vengono incontro o no ai memi a cui siamo più vulnerabili.
La selezione naturale di cui stiamo parlando può anche essere definita come una sorta di
‘selezione emozionale’ nel senso che la selezione avviene in base alle capacità di far emergere
emozioni comunemente diffuse, il sentire comune. Più una emozione è sentita più è facile che un
31
meme che la contiene faccia presa. Dunque, dato che i memi sono selezionati in base alla
capacità di evocare emozioni, non è per nulla scontato che siano quelli che corrispondono alla
realtà a prosperare.
Da alcune ricerche svoltisi presso la Duke University e la Stanford University (Heath,
Bell, Sternberg 2001) è risultato che su un campione di 100 leggende metropolitane l’emozione
che più frequentemente (25%) viene evocata è il disgusto, seguita a ruota dalla paura. E’ proprio
la paura una delle armi vincenti dei virus warning. La paura di vedere il proprio pc infettato, di
perdere dati e documenti importanti ma soprattutto quella di vedere la propria privacy violata.
Altre caratteristiche che, con diverse gradazioni, rendono un meme vincente sono
verosimiglianza, interesse, importanza, prestigio personale, coerenza. La verosimiglianza
consiste nel fatto che solo se considero le informazioni di cui vengo a conoscenza come
verosimili o provenienti da fonti rispettabili sarò disposto a diffonderle, inoltre il messaggio deve
essere interessante o bizzarro per poter sopravvivere così come deve avere una certa importanza
personale o generale. Se diffondendo tale informazione posso ottenere prestigio nella mia rete
sociale, apparire come una persona interessante e informata allora sarò invogliato a replicarla.
Infine se il messaggio è coerente con delle mie idee o convinzioni pregresse allora avrà molte
possibilità di replicazione.
Un esempio pratico chiarirà questi concetti. Perché dovrei replicare un virus warning?
Innanzitutto potrei veder citato nell’appello la famosa azienda Norton che produce il mio
antivirus, nomi di virus noti e diffusi dai quali magari il mio pc è già rimasto infettato. Stesso
discorso per il forte interesse che l’argomento suscita in me da appassionato di computer e per il
prestigio che potrei ottenere presso la mia rete di amici avvisandoli di un pericolo nuovo e
imminente, apparendo così una persona informata, un esperto. Infine potrebbe essere citata
nell’appello la nota storia secondo la quale sarebbero proprio i produttori di antivirus a creare
molti virus per poter incrementare le vendite dei propri prodotti. Io potrei avere delle convinzioni
pregresse riguardo questo tipo di truffa e dunque trovarmi più che disposto a crederci.
Queste caratteristiche più la selezione emozionale sono le armi vincenti di un meme, ma
si può capire a tavolino qual’è un meme forte e quale no? Si può creare di sana pianta un meme
vincente? Una risposta la da il citato studio della Duke University nel quale si dimostra che a
parità di credibilità della storia c’è una sorta di classifica delle emozioni che se evocate hanno
una maggiore presa rispetto ad altre. Come anticipato disgusto e paura sono tra queste ma
troviamo in ottima posizione anche rabbia, sorpresa e tristezza. Altro interessante risultato di
questi studi è che variando la ‘quantità’ di una tal emozione presente nel racconto si ottiene una
maggiore o minore inclinazione a credere e replicare il messaggio. Sono risultati estremamente
32
interessanti, credo tuttavia che non si possa parlare dello studio delle leggende metropolitane
come di una scienza esatta, anzi. Si possono esprimere i principi generali del successo di un
meme ma ancora non siamo in grado di pilotare un meme al successo.
Fuori dai laboratori è piuttosto il meme a controllare le nostre menti e le nostre azioni e
non il contrario. Il meme è un parassita che vive nelle nostre teste e nella nostra cultura ma è
silenzioso, discreto e non ingombrante. Compie con successo la sua missione replicativa senza
che nessuno se ne accorga. Sono essere viventi non biologici che vivono in simbiosi con noi,
dentro di noi, intorno a noi, tramite noi. Una competizione senza esclusione di colpi per il
possesso delle nostre menti e per la creazione della nostra cultura che tuttavia ci vede ciechi e
incoscienti del suo svilupparsi.
CONCLUSIONI
Le leggende metropolitane sono un fenomeno che accompagna l’uomo sin dalla
comparsa del linguaggio, sin da quando ha iniziato a comunicare, praticamente sin dalla sua
33
comparsa sulla terra. Da sempre la narrazione affascina l’uomo e lo rassicura, gli consente,
attraverso gli schemi della narrazione, di dare una forma ed un senso agli episodi che gli
avvengono intorno, di far conoscere ai posteri fatti importanti, di riportare ad un livello
comprensibile fatti altrimenti
enigmatici. Secoli fa si trattava di leggende aventi come
protagonisti principi che combattevano contro draghi per conquistare una bella dama. Oggi
riguardano forni a microonde, hamburger composti da carne di lombrico, cd che riflettono il
flash dell’autovelox. L’evoluzione è continua, le forme si adattano continuamente ai supporti che
le veicolano, si conformano alle nuove logiche. È successo col passaggio dalla narrazione orale a
quella digitale, succederà ancora nel passaggio a nuove e magari impensate forme, i cellulari di
ultima generazione e la tv digitale ne sono esempi.
Si è cercato con questo lavoro di spiegare come la nascita di un nuovo medium quale
Internet abbia influenzato la diffusione delle leggende metropolitane, se e come ne abbia
modificato le forme ed i contenuti. Il risultato è stato che le leggende metropolitane in Rete
rappresentano un ulteriore passaggio di una evoluzione che è comunque lineare, mai uno strappo
col passato. Pur assumendo anche forme originali come quella multimediale o ipertestuale la
radicazione nella tradizione è sempre forte e fondamentale. I temi sono passati da un medium
all’altro, sono cambiati però i contesti culturali: oggi come secoli fa si teme l’ignoto solo che
allora era rappresentato dal drago, oggi è rappresentato dall’infezione di un virus informatico.
Internet oltretutto sembra davvero il mezzo più adatto per veicolare quella che una volta era la
tradizione orale. Semplicità e velocità di utilizzo, anonimato e minore investimento emozionale
sono solo alcune delle caratteristiche che rendono la Rete così adatta al diffondersi di leggende
metropolitane. L’e-mail è ormai prossima a surclassare la posta comune, le piazze in cui ci si
incontra assumono sempre più la forma virtuale dei Net Meeting, lo spazio che popoliamo non è
più solo quello fisico e tangibile in cui sentiamo nel senso comunemente inteso. Sempre più ci
confrontiamo con uno spazio virtuale, estensione di quello reale, l’unione fra il luogo e il nonluogo costituisce l’ambito metropolitano nel quale proliferano le nuove leggende.
In questo ambito ho voluto cercare una spiegazione del fenomeno alternativa a quelle
classiche della sociologia, della psicologia o del folklore, una spiegazione che ho definito
virologica. Le leggende elettroniche si diffondono via e-mail con dei pattern che sono in tutto e
per tutto simili a quelli dei virus informatici, la loro diffusione è epidemica. Come i virus hanno
un nucleo fisso ed infettivo nonché diversi ceppi che si adattano meglio ad un organismo
piuttosto che ad un altro. Sono entità minime di replicazione culturale, sono memi come visto,
che consentono alla cultura di vivere e modificarsi così come i geni fanno con gli organismi
biologici. A questa forma culturale a diffusione epidemica ho voluto dare il nome di virus
34
metropolitani proprio per sottolinearne la diffusione virulenta nel tessuto culturale odierno
composto sia di realtà fisica che virtuale.
Questi strumenti sono stati applicati ad uno dei virus metropolitani più diffusi ossia i falsi
allarmi che girano in Rete riguardanti presunti virus informatici. Si è visto come queste forme
narrative agiscano attivamente in una sorta di lotta per la sopravvivenza dove il messaggio più
convincente prospera e gli altri vengono dimenticati. Appelli che lottano per ottenere la nostra
attenzione e dunque per poter essere replicati senza la nostra consapevolezza.
La svolta di una lettura virologica e memetica delle leggende metropolitane è importante:
non dovremo più solo chiederci che cosa ci spinge a replicare un virus metropolitano, non si
dovrà più guardare solo al ricevente ma anche al messaggio stesso, letto come un corpus unico,
come un testo. Cosa fa una leggenda per fare presa su di noi? Come si modifica dal modello
originale per venire incontro alle nostre aspettative? Queste sono le nuove domande fondanti del
problema. La risposta è ancora una volta insita nel sentire comune, nella nostra cultura, nelle
nostre menti, è qui che le leggende traggono gli spunti del loro successo, le tematiche forti e più
sentite, è qui che nascono le nuove epidemie culturali di Internet.
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