DA NIETZSCHE A SARTRE: L’UOMO, IL SUPERUOMO, LA MORTE DI DIO E LA SUA INUTILITA’ di F. E. classe III sez. F 4/2/2010 La filosofia che meglio di tutte si è interrogata sull’esistenza e sull’uomo è senza dubbio la filosofia esistenzialista diffusasi intorno al XX secolo che ha come punto di partenza l’analisi di sé stessi e della propria vita, utilizzando la filosofia quasi come fosse una sorta di “diario”. Tra i protagonisti di questa corrente di pensiero abbiamo l’iniziatore Martin Heiddeger, Karl Jaspers e Jean-Paul Sartre, quest’ultimo condizionato soprattutto dalla constatazione degli orrori della prima guerra mondiale; per quanto invece concerne i precursori, fra tutti ricordiamo indubbiamente Friedrich Nietzsche e Soren Kierkegaard. Fondamentalmente le riflessioni di Nietzsche e di Sartre partono dalla consapevolezza dell’inutilità della figura di Dio per l’uomo piuttosto che la sua non esistenza. Nel primo caso infatti Nietzsche parla della cosiddetta “morte di Dio” poiché ritiene Dio la più grande di tutte le bugie, essendo utilizzato come espediente e come scusa per giustificare la condizione di perenne infelicità dell’uomo che di conseguenza trova in Dio, la consolazione per gli eletti che possono sperare nell’intervento della grazia divina o eventualmente il perdono per i peccatori. Di conseguenza per Nietzsche la morte di Dio si concretizza appunto nel crollo di tutte le convinzioni e le certezze che hanno accompagnato l’uomo nel corso dei secoli e la constatazione del fatto che la convinzione dell’esistenza di Dio celasse agli uomini la realtà. Per quanto invece riguarda Sartre, che si definisce un’esistenzialista ateo, egli ritiene non tanto che Dio non esista quanto piuttosto che se anche esistesse non servirebbe a nulla perché non potrebbe in alcun modo migliorare la condizione dell’uomo. In questo modo entrambi partendo dalla consapevolezza della non esistenza o dell’inutilità di dio, strutturano il loro pensiero sull’uomo e sui suoi caratteri. Secondo Nietzsche in particolare laddove si accetti la morte di dio nasce l’oltreuomo o il superuomo, intendendo con questi termini l’uomo che cerca di superare sé stesso, che si distingue da tutti gli altri uomini per aver accettato la morte di Dio e di ogni altro suo ipotetico surrogato, un uomo che soprattutto sia in gradi di accettare la dura realtà e pensare al futuro senza però rimpiangere la condizione passata, un uomo superiore e più consapevole che possiede la vita e che è artefice della storia e del proprio destino, l’uomo anche che sia in grado di accettare “l’eterno ritorno”, cioè la ciclicità della vita. Di conseguenza l’uomo per Nietzsche risulta quasi imprigionato nella propria vita poiché è obbligato ad accettare tragicamente il suo destino e la propria esistenza in quanto vivendo senza Dio ha il dovere di crearsi la propria vita senza condizionamenti e liberamente; ed inoltre con Nietzsche possiamo parlare di nichilismo, ma non nel senso di volontà del nulla, quanto piuttosto come stato di vuoto e sgomento dinanzi alla consapevolezza della morte di dio e alla menzogna che ha suscitato la credenza nella sue esistenza. Per quanto invece riguarda Sartre il suo esistenzialismo parte fondamentalmente dalla convinzione che l’esistenza preceda l’essenza e che quindi l’uomo singolo sia l’espressione particolare di un concetto universale quale è la natura umana, escludendo a priori in questo modo l’esistenza di un Dio regolatore e creatore. In particolare l’uomo sartiano è essenzialmente ciò che si fa’, ciò che egli ha progettato per sé ed è perciò libertà e indipendenza e si identifica con il cogito cartesiano (dal “cogito ergo sum”-“penso, dunque esisto”) e soprattutto l’uomo per Sartre è a monito per tutti gli altri uomini e quindi da questa consapevolezza si può risalire all’imperativo categorico kantiano secondo il quale era necessario comportarsi in modo tale da rispettare la propria dignità e quella altrui. Sartre inoltre attribuisce all’uomo esistenzialista tre caratteristiche fondamentali: l’angoscia, l’abbandono e la disperazione che secondo lui fanno parte dell’uomo in quanto presuppongono la non esistenza di Dio. In particolare l’angoscia perviene essenzialmente dall’obbligo dell’uomo di dover scegliere e dalla consapevolezza che questa scelta condizionerà non solo la sua vita ma anche quella di tutta l’umanità e di conseguenza se esistere è scegliere, allora è anche soffrire e provare angoscia; a questa convinzione di Sartre è facile ricondurre la tesi di Kierkegaard secondo il quale l’esistenza è possibilità e il fatto di dover scegliere provoca appunto angoscia, solo che a differenza di Sartre, Kierkegaard crede che la fede e di conseguenza Dio siano le uniche vie di fuga da questa vita che è sofferenza e angoscia e che il Cristianesimo costituisca la vera salvezza. L’abbandono è invece quello stato caratteristico dell’uomo solo, che non può contare su nessun altro se non su se’ stesso e di conseguenza, in accodo con il suo ateismo, Sartre ritiene che, dal momento che Dio non esiste allora tutto è lecito, però allo stesso tempo l’uomo pur essendo libero è schiavo della sua libertà poichè non essendosi creato da solo è responsabile di tutto quello che fa’ e dunque non ha alcuna scusante e deve pertanto contare su sé stesso e comportarsi in modo etico e responsabile data la consapevolezza che il suo modo di vivere è da esempio a tutti gli altri. Ed infine la disperazione che secondo Sartre nasce nell’uomo esistenzialista quasi dall’unione delle due caratteristiche precedenti: il peso della grande responsabilità che deve portare sulle spalle e la solitudine, seguite dalla convinzione che laddove agirà bene e darà l’esempio sarà soltanto merito suo, ma se al contrario sbaglierà e agirà in modo che anche gli altri sbaglino, allora sarà solo colpa su ed in particolare quest’ultima situazione sarà poi la causa della sua disperazione. Sartre inoltre si ritrova a doversi difendere dalle accuse avvallate dai marxisti secondo cui l’esistenzialismo chiudeva l’individuo in sè stesso e si difende affermando che l’uomo si relaziona con gli altri nel momento in cui fornisce il suo esempio; e dall’accusa di predicare un esistenzialismo che sia promotore dell’anarchia, avvallando come difesa il fatto che l’uomo non possa sempre scegliere ciò che vuole, poiché esiste un cosa che non può scegliere,cioè non scegliere e che soprattutto l’uomo non è sempre e comunque libero di giudicare l’altro poichè in primis l’uomo esistenzialista deve giudicare sé stesso e le sue azioni. Di conseguenza l’uomo sartiano risulta si disperato perché costretto a farsi da solo, ma non disperato nell’accezione cristiana, cioè mancante della fede in Dio; non a caso Sartre affermerà non che Dio non esista ma che piuttosto se anche esistesse nulla cambierebbe. Pertanto Nietzsche e Sartre, come del resto tanti altri grandi pensatori del loro tempo saranno i promotori quasi di una sorta di rivoluzione filosofica e culturale poiché andranno a sfatare la figura di Dio, ora non più necessario all’uomo che ora diventa a sua volta il centro di tutto come lo era stato nell’Umanesimo.