Piccola introduzione, scritta nel 2013:
questo fu il mio secondo scrittarello di Filosofia, dopo quello di
Cioran, che scrisse secoli fa per Darkitalia; riletto ora, con quello
che so ora, mi sembra un piccolo pulcino appena nato; all'epoca
ero ancora così gracilina, mi mancavano ancora tante basi, ma
ero piena di passione... e avevo una lista lunga così di libri da
richiedere in biblioteca :D
Così lo ripubblico in pdf, in questa giornata uggiosa, nella quale
sto rivedendo i miei scrittarelli e schemini... lasciandolo tale e
quale ad allora, anche se molto avrei da aggiungere, e molto avrei
da collegare, nei rimandi e nelle citazioni... ma lo lascio così, nel
suo essere un piccolo schemino scritto da un'autodidatta di
qualche anno fa.
Non è un saggio, non ha pretesa di esserlo, è uno scrittarello
introduttivo e ingenuo. Non credo che a Sartre dia fastidio! :D
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Pubblico un mio "studio critico" su Jean Paul Sartre, mio grande idolo
filosofico che spero di omaggiare con questo articolo.
Come per Cioran, la mia intenzione non è quella di stilare un "noioso"
elenco sterile di parole e fatti, preferisco far parlare il mio cuore e i miei
sentimenti!
Spero quindi che possiate percepire delle emozioni che vi spingano a
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riflettere sui perchè della vita, magari approfondendo proprio questo
capisaldo!
Per un commento esaustivo a Sartre, vedere "Storia della filosofia"
di Franco Restaino volume quarto, tomo secondo.
Ottimo commento su Sartre e analisi eccellente delle pricipali dottrine
filosofiche del '900
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Nato il 21 giugno 1905 si può affermare che influenzò quasi tutto il '900.
Nel '33 si reca a Berlino dove apprende i fondamenti della
Fenomenologia: le sue prime opere riflettono la genialità degli
insegnamenti di Husserl.
Catturato dai nazisti nel 1940, riesce a fuggire; questo evento incide
profondamente sul suo pensiero, tanto che sebbene ateo, non ha smai
smesso di predicare l'impegno alla vita, il suo impegno politico (da
notare come la sua compagna Simone de Beauvoir fece altrettanto in
campo femminista) l'impegno nel costruirsi il proprio senso, con le
proprie forze.
A torto, lo si accusa di tetraggine e depressione, eppure nel manifesto
ideologico "L'Esistenzialismo è un Umanismo"(1946) scrive:
"L'uomo sarà innanzitutto tutto quello che avrà progettato di
essere...L'uomo è responsabile di quello che è."
Frasi da depresso?
Al contrario, frasi che denotano una grande ammirazione per la
capacità costruttiva dell'intelletto umano.
Sartre fa quindi paura solo a chi non si assume mai le proprie
responsabilità, né vuole costruirsi da sé il proprio futuro.
Con l'io penso di Cartesio, l'uomo raggiunge la coscienza di sé, anche e
soprattutto della propria solitudine.
Siamo quindi liberi, sì, ma condannati a questa libertà, condannati a
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fare scelte più o meno angoscianti, per tutta la durata della vita.
L'eco di Heidegger è forte in Sartre:
"Una volta gettato nel mondo l'uomo è responsabile di tutto quanto fa."
e ancora:
"Non posso contare su niente...Non c'è realtà che nell'azione".
Sono le due chiavi per accedere al pensiero di Sartre, un pensiero
che non è apatico, non è atarassico e statico, ma dinamico e creativo.
A mio parere si può vedere un eco di Hegel:
Sensazione-percezione-intelletto, e dramma dell'Autocoscienza
che culmina nella "Nausea per la vita".
Con l'Esistenzialismo sartriano abbiamo la progressiva costruzione
della coscienza individuale, del nostro io, di fronte all'angoscia
delle scelte e della solitudine, (che Dio esista o no, non importa:
ma se esiste ci ha abbandonato) dell'"essere gettati"
(il Dasein heideggeriano).
Questa presa di coscienza, a torto ritenuta pessimista, è l'unica
possibile.
Come si può credere al "questo è il migliore dei mondi possibili" di
Leibniz, al bene nel mondo, se tutti noi sperimentiamo il dolore?
Certo, è consolante rifugiarsi in sofismi infantili, se serve a stare meglio,
al "la vita è meravigliosa e va tutelata", "il dono più grande è l'amore",
"Dio ci ama"... ma se apriamo gli occhi, e Sartre ci invita a farlo, e
subito, vediamo che nell'esistenza prevale il dolore o in termini più
impersonali, il Nulla.
Sospendiamo il giudizio escatologico o se, dopo la morte, ci aspetta o no
una ricompensa.
Nel qui e nell'ora esistenziale non ha senso aspettarsi ricompense
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ultraterrene, ne far affidamento al "domani farò": è reale solo ciò che c'è
ora.
Possiamo quasi paragonare Sartre a un angelo caduto che ci dona la
luce, il lume, della ragione e della consapevolezza, esorcizzate dalle
melense e stucchevoli credenze ottimiste.
La vita acquista il senso che noi gli diamo, ma anche se non gli diamo
un senso, scegliamo di non scegliere: non è possibile non scegliere.
Sartre ci invita, ci esorta a vivere al momento, a farci carico di noi stessi
del nostro "divenire", a non avere rimpianti.
"L'Esistenzialismo è un ottimismo, è una dottrina d'azione."
E la sua Nausea esistenziale è salutare, perchè ci aiuta a prendere
coscienza del dolore, distruggendo le illusioni e i sentimentalismi.
Accettando il dolore come inevitabile (ecco un eco di Schopenhauer!)
forse riusciremo anche a combatterlo, A GUARDARLO IN FACCIA,
anche se è impossibile sconfiggerlo, perchè il dolore nullifica l'essere
dell'uomo, nega il divenire e ci pone nella condizione di far sì che
quanto abbiamo sofferto non possa mai più essere cancellato.
è falso e menzognero sostenere il contrario!
"L'uomo si presenta come un essere che fa apparire il Nulla nel mondo."
"L'uomo è l'essere per cui il Nulla viene al mondo."
"è nell'angoscia che l'uomo prende coscienza della sua libertà .
L'angoscia è il modo d'essere della libertà come coscienza d'essere."
"L'angoscia sono io."
Come riuscire ad essere liberi dal proprio passato?
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Riporto anche la mia recensione sulla "Nausea"
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Capisaldo dell'Esistenzialismo francese, ottimo filosofo, pieno di
fiducia (per quanto ne dicano i detrattori..) sulle capacità creativa
dell'essere umano di costruirsi il proprio senso dell'esistenza, si
dimostra anche brillante romanziere. "La Nausea" - il titolo dice tutto è il disagio del protagonista (forse lo stesso Sartre?) Antoine Roquentin,
che attraverso i suoi monologhi trascritti su fogli di diario, ci conduce in
una bieca palude dove nausea, noia, vuoto ci travolgono.
Potrebbe quasi essere uno Zeno Cosini più giovanile, quindi più vicino a
noi.Perchè questo romanzo - del 1938 racconta non solo il disagio di un ragazzo del '38 ma anche il tedio che
colpisce tuttora noi "ragazzi del 2000".
"Mi è accaduto qualcosa,
non posso più dubitarne...è sorta in me come una malattia...si è
insinuata a poco a poco.... ecco che ora si espande..."
"Le note...corrono, s'inseguono, mi piacerebbe trattenerne una, tra le
dita...devo accettare la loro morte;devo perfino volerla."
"La Nausea è rimasta laggiù, nella luce gialla. Sono felice, questo freddo
è così puro, così pura è questa notte; che non sia io stesso un'onda di
aria gelata? Non avere né sangue, né linfa né carne...scorrere in questo
lungo canale verso quel pallore, laggiù...Non essere altro che un po' di
freddo."
"Vado a caso, vuoto e calmo sotto un cielo inutilizzato."
Ma Sartre non ci ha lasciati in balia del Nulla, che pure
corrode la vita umana...ecco che con la sua filosofia reale, ci ha
trasmesso la capacità di credere che se la vita non ha senso a priori e
siamo condannati ad essere liberi, spetta a noi soli crearci un senso.
Coscienti di questo, coscienti che il dolore ci accompagnerà sempre, il
Freddo non prevarrà. L'uomo è libero, è libertà, ma è condannato a
questa libertà, a questa enorme solitudine, a questo libero arbitrio.....
Rispetto a veri e propri profeti del Nulla (auto)distruttivo - un Caraco,
un Cioran - Sartre ha demolito tutto ma per poter ricostruire qualcosa.
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Riporto il mio concetto preferito di Sartre!
LO SGUARDO DELL' ALTRO
L'altro è, in Sartre, vissuto come antagonista ("l'inferno sono gli altri"
scrive Sartre), in quanto relativizzando il mio punto
di vista limita la mia libertà: il suo "sguardo" mi oggettiva, mi reifica,
murandomi nelle sue stesse idee, nei suoi pensieri, nei quali io vengo
solidificato, detenuto, dalle quali non posso evadere, sulle quali non ho
potere.
Tuttavia lo sguardo dell'altro, oltre che perturbante, è la garanzia della
mia esistenza, la testimonianza che non sono una nullità.
Scrive Sartre ne "Il rinvio": "Che angoscia scoprire quello sguardo come
un centro universale dal quale non posso evadere; ma che riposo,
anche! So infatti di essere. Trasformo quel penso dunque sono e dico mi
si vede dunque sono, colui che mi vede mi fa essere: sono come egli mi
vede."
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E un parere, non mio, a Sartre:
Fatico a vedere l'Esistenzialismo come "un ottimismo, una dottrina
d'azione". Ma lo conosco ancora poco,approfondirò..vedo già molta più
positività in queste frasi di Camus:
“La libertà non è che una possibilità di essere migliori, mentre la
schiavitù è certezza di essere peggiori.”
"Abbiamo imparato, che non possiamo accettare nessuna concezione
ottimistica dell'esistenza, nessuna specie di lieto fine al dramma della
storia. Tuttavia, se crediamo che essere ottimisti è una stoltezza,
sappiamo anche che dichiararsi pessimisti quanto alla possibilità di
agire in mezzo ai nostri simili per diminuire i mali che ci affliggono e
procurare qualche bene, è una viltà."
"La grandezza dell'uomo è nella decisione di essere più forte della sua
condizione."
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Ma il dubbio che mi resta è...infine, quanti ci riescono? come si fa, una
volta che si è invasi dalla Consapevolezza, con tutta la Nausea che può
comportare,come si fa allora a reagire e voler ancora cambiare le cose?
Per questo non vedo positività nell'esistenzialismo e pur amando questi
autori, mi inquieta sapere che tanti uomini già del passato hanno
vissuto tutta la loro vita così...con questo malessere.
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