le strategie aziendali di fronte all`economia del 2007

LE STRATEGIE AZIENDALI
DI FRONTE
ALL’ECONOMIA DEL 2007
2006
Le aziende di fronte all’economia del 2007
Le aziende di fronte all’economia del 2007
Lo scenario economico mondiale mostra incoraggianti segnali di crescita,
confermando le economie asiatica ed americana come principali motori dello
sviluppo. L’Europa continua la moderata crescita sulla spinta della domanda interna e
delle esportazioni, con ritorni positivi anche sull’economia italiana. Le strategie
aziendali devono muovere dall’innovazione che rappresenta il fattore di successo in
differenti situazioni di mercato: consente di sopravvivere in contesti iper-competitivi, di
essere leader in mercati orientati al cliente e di prosperare nella fascia low cost.
L’economia mondiale è in buona forma
Lo scenario economico mondiale degli ultimi anni mostra una situazione al tempo
stesso incoraggiante e pericolosa: da un lato è stato confermato il trend positivo della
crescita economica, ma dall’altro abbiamo assistito ad un forte sbilanciamento negli
scambi commerciali che ha visto come protagonisti indiscussi Cina e Stati Uniti.
Questo situazione genera uno stabile squilibrio della congiuntura internazionale che
rischia di essere compromesso dalla minaccia degli elevati prezzi petroliferi, dalle
dinamiche del cambio e dalle azioni dei principali attori del mercato internazionale.
Anche nel 2007 l’economia mondiale continuerà a crescere a ritmi sostenuti, pari al
3,6% del Pil, pur se in moderato rallentamento rispetto allo sviluppo molto intenso
sperimentato nel triennio precedente, in cui la crescita del Pil si era attestata intorno al
5%. Tuttavia alcune variabili economiche inducono gli analisti ad essere prudenti e a
considerare con attenzione i seguenti fenomeni: l’avanzata dei paesi emergenti nel
commercio internazionale che si prevede più contenuta, gli effetti del rincaro del
prezzo del petrolio, il dollaro sempre più forte rispetto all’euro, la decelerazione dei
consumi americani ed il contenimento degli investimenti cinesi. In direzione opposta,
dovrebbe invece operare la maggiore vivacità della domanda interna sia europea sia
giapponese.
Le dinamiche di sviluppo sono, come in passato, caratterizzate da velocità di marcia
differenti: le economie asiatiche confermano un tasso di crescita robusto che si attesta
intorno all’8%, gli Stati Uniti crescono del 3,5-4%, mentre l’area dell’euro continua a
viaggiare su ritmi modesti, di un paio di punti percentuali al di sotto di quelli registrati
dall’economia americana. L’economia europea, di fatto, non è ancora riuscita a
beneficiare a pieno degli stimoli provenienti dalla domanda estera, sia per gli effetti di
freno esercitati dal cambio, sia per il mancato decollo di una sostenuta domanda
interna (Tabella 1).
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Variabili internazionali
Dollaro /euro
Commercio mondiale
2005
1,24
7,0
2006
1,21
7,5
2007
1,23
7,0
Prodotto interno lordo
Mondo
Stati Uniti
Giappone
Area Euro
Cina
2005
4,2
3,6
2,3
1,4
9,3
2006
3,6
3,2
1,8
1,8
8,4
2007
3,3
3,0
1,6
1,6
8,0
Fonte OCSE ed Eurostat (dic. 2005)
Tabella 1: L’economia mondiale cresce a tre velocità di marcia
L’economia asiatica, in particolare quella cinese, è cresciuta in misura superiore al 9%
anche nel corso dell’ultimo biennio, trainata dal fenomeno delle esportazioni nette,
soprattutto verso il mercato americano, e degli investimenti fissi. I trend di crescita più
contenuta, stimati per il 2007, sono la diretta conseguenza di una recente politica del
governo cinese volta a riportare l’economia su un sentiero di crescita più equilibrata
che si dovrebbe tradurre in un aumento dei consumi, nella riduzione degli investimenti
fissi e nel rallentamento del commercio internazionale.
Fanno comunque riflettere alcune previsioni sugli scenari dell’economia asiatica del
prossimo decennio in base alle quali: nel 2020 la Cina diverrà la prima potenza
economica al mondo raggiungendo i 19.000 miliardi di dollari; entro il 2030 la Cina
avrà più abitanti scolarizzati in età lavorativa di quanti ne avranno USA e Europa
insieme; in termini di potere di acquisto, i nuovi consumatori cinesi già oggi
dispongono di una capacità di spesa uguale a quella dei tedeschi (si pensi che la Cina
rappresenta il più grande mercato per Mercedes dopo la Germania), quelli indiani
uguale alla capacità di spesa degli spagnoli.
Oltre ai paesi asiatici, la seconda locomotiva che ha mosso il commercio
internazionale negli ultimi anni è rappresentata dagli Stati Uniti. L’economia americana
continua la sua crescita a tassi interessanti, seppur in misura più contenuta rispetto
agli anni precedenti, per effetto dei seguenti fenomeni:
-
rallentamento della crescita della domanda interna. I consumi delle famiglie,
pur continuando a fornire un contributo significativo alla crescita, favoriti da
una graduale ripresa dell’occupazione, diminuiranno sensibilmente rispetto
agli anni passati a causa dei forti incrementi dei prezzi dei prodotti energetici,
dei rialzi dei tassi di interesse e della prevista frenata delle quotazioni
immobiliari;
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-
minore assorbimento di prodotti americani dal resto del mondo e dall’Europa
in particolare.
Nonostante questi segnali di rallentamento, l’economia americana continua a crescere
ad un tasso del 3%. Esistono tuttavia alcuni fenomeni al verificarsi dei quali il
meccanismo potrebbe incepparsi: un’eventuale caduta del dollaro, un’imprevista
impennata dei tassi a lungo termine, un rialzo dei prezzi all’importazione o
un’improvvisa fine ingloriosa dell’attuale boom edilizio. Resta inoltre il fatto che,
nonostante la crescita registrata dall’economia americana negli ultimi anni, il deficit
USA non abbia ancora dato segnali di miglioramento.
L’economia europea continua a crescere ma a ritmi contenuti
L’economia europea si conferma in crescita seppur a ritmi abbastanza contenuti.
L’area dell’euro può contare su una rinnovata fiducia delle imprese e delle famiglie
nell’attività industriale che, dopo una battuta di arresto verificatasi ad ottobre 2005,
con la significativa eccezione della Germania, ha registrato costanti trend positivi; le
previsioni di crescita possono essere confermate anche per il 2007 che continua a
godere di condizioni di domanda positive, in particolare per export ed investimenti.
Un secondo aspetto che caratterizza lo scenario dell’economia europea è
rappresentato da una crescita del Pil nella misura dell’1,6% per l’effetto combinato del
rafforzamento di consumi e investimenti e della crescita delle esportazioni. Nel 2007 le
previsioni di crescita sono più caute rispetto alla chiusura del 2006, in considerazione
di una lieve flessione delle esportazioni, correlato al rallentamento dell’economia
mondiale, ed al previsto rafforzamento del cambio del dollaro (Tabella 2).
Area dell'Euro
Prodotto interno lordo
Prezzi al consumo
Occupazione
Tasso di disoccupazione
Tasso di occupazione
Debito pubblico
2005
1,4
2,1
0,9
8,6
63,3
71,9
2006
1,8
2,2
1,3
8,3
64,0
72,0
2007
1,6
1,9
1,2
8,1
64,5
71,6
Fonte OCSE ed Eurostat (dic. 2005)
Tabella 2: L’economia europea cresce sulla spinta di una domanda interna positiva,
accompagnata da un incremento delle esportazioni
Un ultimo aspetto riguarda le dinamiche occupazionali. Sebbene la ripresa stenti
ancora a decollare, si registrano segnali positivi correlati alle minori perdite
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occupazionali registrate nell’industria, alla ripresa dell’occupazione nel settore delle
costruzioni e al confermato trend positivo del settore dei servizi.
Tale clima di fiducia trova ulteriore fondamento nell’andamento del tasso di
disoccupazione che si stima chiudere a fine 2007 con quasi un punto in meno rispetto
al 2004: il numero di persone in cerca di lavoro ha finalmente registrato un’inversione
di tendenza in Francia e in Germania, mentre in Spagna e in Italia è stato confermato il
trend discendente.
Per l’Italia un clima di moderato ottimismo
Il recupero registrato dalla produzione industriale degli ultimi mesi suggerisce che la
fase recessiva, soprattutto nel made in Italy dei settori moda, arredo e auto, sia giunta
al termine: una certa prudenza nelle valutazioni è tuttavia d’obbligo dal momento che
l’economia italiana viaggia ancora su ritmi abbastanza moderati che si attestano
intorno allo 0,2%; tali percentuali sono ancora piuttosto basse se confrontate con lo
0,6% della Germania e lo 0,7% della Francia.
Secondo l’ISTAT si confermano diffusi segnali di stabilità dell’attività manifatturiera a
livello settoriale: nel solo settore della produzione di macchine e apparecchi meccanici
si osserva il passaggio da una fase di stabilità ad una di espansione; mentre i settori
per i quali si prevedono ulteriori contrazioni sono quelli dell’abbigliamento e della
produzione di prodotti in metallo.
La ripresa dell'economia italiana dovrebbe essere trainata da tutte le componenti della
domanda interna: la crescita dei consumi delle famiglie si attesterebbe intorno all'1,5%
medio annuo; gli investimenti, in particolar modo quelli in macchinari ed attrezzature,
dovrebbero aumentare del 2,4%, favoriti dal persistere di margini di profitto positivi e
favorevoli condizioni di finanziamento.
Benefiche ripercussioni sull’economia italiana dovrebbero altresì derivare dalla ripresa
dell’economia europea; le esportazioni dovrebbero mostrare un recupero graduale,
mantenendo un tasso di crescita intorno al 3,5%, ritmo comunque inferiore rispetto
all'andamento degli scambi mondiali.
Dal documento di programmazione economica e finanziaria per il quadriennio 20062009 risulta che il saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti in rapporto al
Pil, seppur in miglioramento, permarrebbe negativo per tutto il periodo, attestandosi
allo 0,8%. Il mercato del lavoro manterrebbe un andamento moderatamente positivo:
l'occupazione segnerebbe un incremento medio pari allo 0,5% ed il tasso di
disoccupazione dovrebbe gradualmente ridursi attestandosi al 7,9% alla fine del
periodo. La
crisi dell’occupazione aveva interessato principalmente il settore
manifatturiero, quello dell’energia, acqua e gas, risparmiando invece il settore delle
costruzioni per il boom immobiliare.
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Il contenimento delle componenti interne dell'inflazione, unitamente alla diminuzione
attesa dei prezzi dei prodotti petroliferi, con il conseguente contenimento dei prezzi di
trasporti, abitazione a combustibili, e alla stabilizzazione del cambio dell'euro,
favorirebbero l'assestamento dell'inflazione intorno al 2%, leggermente al di sopra del
valore atteso per l'Area Euro.
Come conseguenza delle suddette ipotesi congiunturali che interessano l’economia
italiana ed in linea con le previsioni dei principali istituti nazionali e internazionali, si
ipotizza una crescita media del Pil dell'1,5% nel quadriennio 2006-2009.
Le strategie aziendali muovono tutte dall’innovazione
Oggi le aziende italiane si trovano a dover competere in uno scenario decisamente
complesso in cui la crescita è sicuramente possibile ma la strada da percorrere è
abbastanza impervia. Si pensi solo che negli ultimi 10 anni, forse proprio per il timore
di affrontare la nuova realtà competitiva, abbiamo assistito ad una caduta del peso
dell’Italia sul commercio mondiale dal 4,4% al 2,9%.
Si è passati da mercati con domanda stabile ed omogenea, soddisfatti mediante
processi produttivi standardizzati e prodotti di massa, a mercati con una domanda
frammentata ed eterogenea, fronteggiata con prodotti personalizzati e processi
flessibili.
In questo scenario, l’innovazione può rappresentare il motore per la crescita, se non
addirittura, in alcuni casi, per la sopravvivenza delle imprese italiane.
Abbiamo individuato tre differenti forme di innovazione, volte a soddisfare esigenze
diverse del mercato:
-
l’innovazione come strumento per competere nei mercati iper-competitivi;
-
l’innovazione orientata al mercato e finalizzata a creare valore per il cliente;
-
ed infine, l’innovazione per prosperare anche nella fascia low cost.
Innovare per iper-competere
L’ipercompetizione è caratterizzata da azioni competitive intense e veloci, in cui i
concorrenti devono muoversi rapidamente per costruire i propri vantaggi ed intaccare
quelli degli avversari. Il comportamento ipercompetitivo si traduce nel lancio continuo
di nuovi prodotti, nello sviluppo di nuove proposte commerciali e nell’ampliamento
continuo dell’offerta dell’impresa. In un ambiente ipercompetitivo, le aziende non
possono contare su un vantaggio acquisito, ma devono continuamente svilupparsi in
nuove direzioni.
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Ne deriva che le imprese più che cercare di mantenere il più a lungo possibile i loro
vantaggi consolidati, devono continuamente innovare ed innovarsi. Spesso dovranno
sacrificare prodotti che sembrano avere ancora buone opportunità solo perché su di
essi cresce il rischio di essere raggiunti.
Il mercato dell'elettronica e dei computer è quello dove il fenomeno
dell'ipercompetizione è maggiormente evidente. Microsoft è passata da una situazione
di supremazia nel settore dei sistemi operativi ad una posizione di forza in quello dei
programmi applicativi. Anche se nel 1992 deteneva il 90% del mercato dei sistemi
operativi per PC, ha investito 100 milioni di dollari nello sviluppo del sistema operativo
della generazione successiva, Windows. Dopo questo successo, è passata allo
sviluppo di Windows NT, utilizzando un sistema operativo destinato a sostituire il suo
stesso MS-DOS. E così, invece di continuare a difendere il vantaggio acquisito con
DOS, Microsoft ha perseguito la strada dell’ipercompetizione, relegando DOS ad un
ruolo di secondo piano ed innovando nuovamente la sua offerta, consapevole del
fatto che, in caso contrario, lo avrebbe fatto un suo concorrente. Microsoft ha saputo
dunque capitalizzare i propri vantaggi temporanei, grazie ai quali è diventata leader
del settore, ed è riuscita a vincere la minaccia di imitazione da parte dei concorrenti,
innovando continuamente la propria offerta.
Il caso Microsoft rappresenta una stella particolarmente brillante del firmamento ma
l’esempio è servito per tratteggiare il comportamento virtuoso che un’impresa
dovrebbe tenere per garantirsi un vantaggio duraturo e sostenibile nei mercati
ipercompetitivi.
Per competere in questo ambiente, alle aziende sono richieste: intraprendenza,
rapidità decisionale e una buona dose di intuito necessaria per interpretare gli
andamenti del mercato e per prevedere le azioni dei concorrenti. Innovare anticipando
gli altri è la strada per il successo: infatti se tutti sono allineati su un fattore – sia esso il
prezzo, la qualità, l’ampiezza della gamma, il servizio pre e post-vendita – e riescono a
soddisfarlo, questo diventa un pre-requisito per esserci e non un fattore critico di
successo. Per essere tale, deve connotarsi come un fattore di differenziazione rispetto
ai concorrenti: la sfida non è facile, ma è qui che si fa la differenza.
Swatch è un esempio di impresa che è stata capace di realizzare simili strategie nel
business degli orologi, dove ha trasformato il suo prodotto da strumento per la misura
del tempo ad accessorio di abbigliamento, prima, ed oggetto da collezione, poi.
Tra coloro che hanno perseguito questa strategia, per scelta o per necessità, non si
annoverano solo casi di successo; i rischi correlati a questo comportamento
competitivo sono molteplici:
-
accorciamento del ciclo di vita del prodotto. Accorciandosi la fase della
maturità, si mettono a rischio i flussi di cassa positivi che in questa fase si
dovrebbero generare;
-
autocannibalismo;
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-
offerta troppo complessa o non orientata al cliente/consumatore.
Innovare per creare valore per il cliente
La seconda strada che le imprese italiane possono intraprendere, per conseguire un
vantaggio competitivo che si traduca in crescita della quota di mercato e della
redditività, consiste nell’innovare partendo da una consapevole interpretazione dei
bisogni del mercato. A differenza della strategia delineata in precedenza, centrata sui
concorrenti, in questo scenario è il cliente/consumatore ad assumere un ruolo centrale
nelle decisioni di investimento dell’azienda. Gli sforzi di innovazione e sviluppo
dell’impresa dovranno pertanto essere guidati dal soddisfacimento dei bisogni di quei
clienti che creano valore per l’azienda.
Il percorso strategico di un’azienda, che voglia intraprendere questo cammino, prende
avvio dalla ridefinizione dell’obiettivo aziendale, attraversa una fase di miglioramento
della posizione competitiva, possibile attraverso il processo di innovazione, e si
perfeziona con l’espansione dell’arena competitiva.
La ridefinizione dell’obiettivo dell’azienda si basa sulla evidenza che, per avere
successo, le imprese devono focalizzarsi sui mercati o sui segmenti sui quali
possiedono competenze eccellenti e distintive rispetto ai concorrenti. Le aziende che
si concentrano sull’ottenimento di una quota maggiore di una fetta più sottile della
catena del valore sono quelle che generalmente ottengono vantaggi competitivi
maggiori in termini sia di crescita della quota di mercato, sia di redditività.
La comprensione del mercato, volta alle definizione dei segmenti sui quali focalizzarsi,
sottende una nuova segmentazione del mercato servito sul quale indirizzare i processi
di marketing e di innovazione.
Il miglioramento della posizione competitiva dell’impresa richiede l’individuazione
delle sue competenze distintive al fine di tradurre il vantaggio competitivo potenziale in
un’offerta di beni al mercato; tale offerta, se vuole assicurare il miglioramento
competitivo dell’azienda, deve puntare sull’innovazione.
Si può dimostrare, infatti, l’esistenza di una forte relazione tra la crescita della quota di
mercato e la vendita di nuovi prodotti. In genere, le aziende che partono da una forte
posizione di mercato, riescono a trarre benefici maggiori in termini di crescita della
redditività se indirizzano investimenti importanti in ricerca e sviluppo; al contrario, i
business che detengono piccole quote di mercato ma livelli di innovazione piuttosto
elevati, mettono a rischio, soprattutto nel breve periodo, la loro redditività. Questi
stessi business, tuttavia, crescono in misura assai maggiore rispetto ai loro
concorrenti di pari dimensioni caratterizzati da una minore spinta all’innovazione
(Figura 1).
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Figura 1: L’innovazione sostiene la crescita delle imprese dominanti sul mercato e consente
alle altre di costruirla
Per garantire crescita e redditività, l’innovazione deve avvenire rapidamente,
contenendo i tempi tra l’inizio dello sviluppo di nuovi prodotti ed il loro lancio sul
mercato. Di fatto, le imprese che impiegano un anno nello sviluppare un nuovo
prodotto registrano un tasso di successo che è il doppio rispetto a quelle che
necessitano di 5 anni.
Inoltre, il possesso di brevetti, di processo o di prodotto, consente di trasformare gli
investimenti in vantaggi competitivi.
E ancora, i processi di innovazione devono essere generati dalla comprensione dei
bisogni non soddisfatti o dei desideri inespressi dei clienti, che diverranno fattori
determinanti nell’acquisto da parte dei consumatori.
Infine, la spinta all’innovazione deve essere maggiore rispetto a quella dei concorrenti:
l’innovazione relativa, misurata in termini di percentuale del fatturato derivante da
nuovi prodotti rispetto a quanto realizzato dai concorrenti, ha un impatto positivo sulla
crescita delle vendite e della quota di mercato (Figura 2).
20%
18%
Crescita ricavi
Crescita quota
15%
Crescita
ricavi
e quota
(%)
10%
5%
8%
5%
3%
2%
1%
0%
Minore
Simile
Innovazione relativa
(rispetto ai Concorrenti)
Maggiore
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Misurato in un periodo di 3 anni
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Figura 2: Non è l’innovazione per sé che conta ma quella relativa ai concorrenti
L’espansione oltre i confini nazionali dell’arena competitiva perfeziona la strategia.
Tale ampliamento non muove da una segmentazione di tipo geografico ma scaturisce
dalla comprensione degli elementi comuni ai clienti sui diversi mercati e consente di
trasferire il vantaggio competitivo consolidato sul mercato locale, oltre i confini
nazionali.
Innovare per prosperare anche nella fascia low cost
Nell’approccio strategico appena descritto assumono rilevanza cruciale i bisogni del
cliente/consumatore.
Le mutate condizioni socio-economiche del mondo occidentale hanno scatenato un
effetto psicologico sui consumatori che, sentendosi più poveri, manifestano una
minore propensione al consumo ed una maggiore oculatezza negli acquisti. Questo si
è tradotto in uno spostamento del focus dell’acquirente verso il prezzo, trasformando
radicalmente il modo in cui un gruppo di consumatori – di quasi ogni età, reddito e
segmento di mercato – acquistano i generi alimentari, l’abbigliamento, i viaggi aerei, le
vacanze, i servizi finanziari ed i computer.
Non a caso negli ultimi anni si sono moltiplicate le offerte low cost che hanno
interessato dai trasporti aerei ai villaggi turistici, dagli alberghi ai cinema o, più
semplicemente, che hanno visto il proliferare nell’ultimo decennio di factory outlet e
discount.
A fronte di un’esigenza di valore, alle aziende viene chiesto di contenere i costi in tutte
le fasi del ciclo progettuale, produttivo e commerciale. La risposta delle imprese a
questa esigenza presenta due alternative:
-
ricercare fonti di approvvigionamento più competitive;
-
ovvero ricorrere ad un’offerta che privilegi l’essenzialità del prodotto o del
servizio.
La prima strada che le aziende, sottoposte alla pressione dei prezzi, possono
intraprendere è quella di ricorrere a siti produttivi in cui il costo della manodopera
ovvero l’approvvigionamento delle materie prime risulti più vantaggioso rispetto alla
produzione locale. Si pensi solo che il costo della manodopera italiana è 20-25 volte
superiore a quello della manodopera cinese e almeno 10 volte rispetto a quello dei
paesi dell’est europeo. Ed i fatti dimostrano ampiamente che la qualità può essere
paragonabile.
In tal caso sarebbe improprio parlare di innovazione di prodotto, trattandosi per lo più
di innovazione dei processi produttivi.
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Generalmente tale direzione viene imboccata da quelle aziende che perseguono
obiettivi di volume, ritenuti difficilmente raggiungibili ai costi di produzione italiani.
Difficilmente queste imprese faranno grossi investimenti in sviluppo di nuovi prodotti o
in comunicazione, trattandosi di prodotti basic, generalmente senza marchio e per lo
più realizzati per completare la gamma dei prodotti offerti.
La seconda via percorribile dalle aziende è quella di presentarsi con un’offerta di
prodotti o servizi low cost, indirizzati non solo ai consumatori sensibili al prezzo e allo
sconto, ma anche a coloro che, seppur disposti ad acquistare un prodotto di
posizionamento più alto, condizionano l’acquisto alla percezione di un chiaro
vantaggio di qualità che ne giustifichi la differenza di prezzo: qualora non riconoscano
un effettivo differenziale, ricorreranno anch’essi alle offerte di fascia bassa.
Il ricorso al low cost muove da una maggiore consapevolezza del consumatore il
quale, da una lato inizia ad attendersi prezzi più bassi, per lo stesso bene, se
acquistato nei canali più convenienti (es: discount e factory outlet); dall’altro, avverte
sempre meno la necessità di accettare le offerte premium per una categoria di prodotti
ormai diventati ordinari.
Col crescere delle quote di mercato degli operatori a basso costo, il successo sarà
disponibile a quelle imprese che sapranno accentuare la differenziazione,
sperimentando e rinnovandosi con nuovi prodotti o servizi.
Le leve per avere successo nell’innovazione
Nello scenario delineato, l’innovazione si presenta come una strategia
obbligata per garantire la crescita delle imprese ed, in taluni casi, la loro stessa
sopravvivenza. Il comportamento virtuoso che un’azienda dovrebbe tenere per
competere in questi mercati contempla:
-
esercitare uno sforzo di innovazione maggiore rispetto ai concorrenti;
-
essere i primi sul mercato con un vantaggio competitivo difendibile;
-
presentare un’offerta di qualità e non di quantità;
-
privilegiare l’innovazione radicale a quella incrementale;
-
valorizzare i suggerimenti dei clienti;
-
creare valore differenziato per il cliente;
-
comunicare chiaramente le proposte di valore.
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Il circolo virtuoso dell’innovazione
Una strategia aziendale di successo nasce dal connubio tra innovazione, valore per il
cliente e comunicazione. Questi tre elementi devono coesistere, pena il fallimento
dell’iniziativa: l’innovazione slegata dai bisogni del cliente o comunicata in modo
inefficace è inutile; non si crea valore per il cliente se manca l’innovazione o se questa
viene comunicata male; non esiste comunicazione abbastanza valida per comunicare
un’innovazione a scarso valore per il cliente (Figura 3).
Capitale di marca
Comunicazione
Proposta
di valore
al cliente
Innovazione
Valore
Creazione
di valore
per il cliente
Figura 3: Le aziende possono trarre vantaggio dal circolo virtuoso dell’innovazione
L’interazione tra innovazione, valore percepito e comunicazione generano un circolo
virtuoso: esso nasce dalla comprensione dei bisogni dei clienti, si concretizza in
un’offerta che crea valore per il consumatore e si perfeziona in una comunicazione
efficace e condivisa del valore creato.
Il circolo nasce dunque dalla presa di coscienza da parte dell’impresa dei bisogni non
ancora soddisfatti, dei desideri inespressi e dei comportamenti dei clienti; questi
elementi vengono trasformati in un nuovo prodotto, sfruttando le possibilità offerte
dalla tecnologia. Per avere successo, l’innovazione deve accrescere il valore per il
cliente: l’interazione tra innovazione e valore crea valore per il cliente.
Il pieno potenziale dell’innovazione non viene tuttavia realizzato se il valore aggiunto
non viene compreso dal consumatore: solo attraverso una comunicazione efficace, il
cliente potrà apprezzare la coerenza tra i bisogni ed il bene disponibile. Resta inteso
che un’innovazione che fallisca alla prova della proposta di valore fallirà a prescindere
dalla qualità della comunicazione. L’interazione tra valore e comunicazione produce la
proposta di valore al cliente.
Se il processo si conclude con successo, l’aumentato valore per il cliente consolida la
fiducia e la fedeltà del consumatore; dal punto di vista dell’azienda, questo si
manifesta in una crescita significativa sia della quota di mercato, sia dei ricavi. Con
l’integrazione tra comunicazione e innovazione si produce lo sviluppo del capitale di
marca.
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Al termine di questo processo, la forza di una marca conosciuta e preferita dal
mercato si traduce in una combinazione di maggiori ricavi e quota di mercato, minori
costi di comunicazione e maggiori ritorni sul capitale investito: questo fornisce ulteriori
risorse per alimentare una nuova spirale dell’innovazione.
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