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Dosaggio dell’ormine epcidina in soggetti talassemici: dati preliminari.
Maria Angela La Rosa, Francesca Iacona, Elisa Ferro, Rosy Civa, Carmelo D. Salpietro,.
Abstract. Hepcidin, a peptide hormone mainly produced by the liver, constitute the master
regulator of iron homeostatis in mammals.
By modulating hepcidin production, an organism controls intestinal iron absorption, iron uptake and
mobilization from stores to meet body iron need. In recent years there has important advancement
in our knowledge of hepcidin regulation that also has implication for understanding
physiopathology of some human disorders. Measurement of hepcidin in biological fluids can
improve our understanding of iron disease and clinical management of these disorders. The purpose
of this study was to determine the serum hepcidin in patients with thalassemia, and a group of
healthy subjects in order to know the trends and correlations with other parameters. This assay was
performed using the experimental kit hepcidin - ELISA.
Riassunto. L’epcidina è un ormone peptidico prodotto principalmente dal fegato, rappresenta il
principale regolatore dell'omeostasi del ferro nei mammiferi.
Modulando la produzione di epcidina, l’organismo controlla l'assorbimento intestinale, l’accumulo
e la mobilizzazione dai depositi di ferro per soddisfare le sue necessità. Negli ultimi anni la nostra
conoscenza sulla regolazione dell’epcidina ha avuto un importante incremento, principalmente
nella comprensione della fisiopatologia di alcuni malattie dell’uomo. Il dosaggio dell’epcidina nei
liquidi biologici è in grado di migliorare le nostre conoscenze e la gestione clinica delle malattie del
ferro. Lo scopo di questo studio è stato quello di determinare i livelli sierici di epcidina in soggetti
talassemici, e in un gruppo di soggetti sani, al fine di conoscerne l’andamento e le correlazioni con
altri parametri. Tale dosaggio è stato eseguito mediante il kit sperimentale Hepcidin – ELISA.
Introduzione. Il ferro è un elemento essenziale per la vita di ogni organismo in quanto agisce da
cofattore per molti enzimi ed è un costituente di molte proteine tra cui le emoproteine (mioglobina,
citocromi, catalasi, perossidasi, PGH2 sintetasi o COX, NO sintetasi) e le proteine ferro-zolfo
(ferredoxina, NADH deidrogenasi, coenzima Q - citocromo c reduttasi, succinato - coenzyme Q
reduttasi, nitrogenasi, aconitasi). Il metabolismo del ferro è strettamente conservativo: il ferro
recuperato dalla distruzione delle emazie viene riutilizzato; a differenza di altri metalli nutrizionali,
il ferro viene facilmente accumulato e manca di meccanismi attivi di escrezione. La quantità totale
di ferro nel corpo è approssimativamente di 3-4g.
In condizioni normali di equilibrio, l'organismo acquisisce e perde ogni giorno 1-2mg di ferro,
mantenendo inalterata la quantità totale. Il ferro alimentare viene assorbito nel duodeno dagli
enterociti, circola nel plasma, legato alla transferrina e diventa disponibile per la captazione da parte
di qualsiasi cellula che esibisca recettori della transferrina.
Il parenchima epatico è particolarmente ricco di recettori per la transferrina e oltre ad
immagazzinare grandi quantità di ferro sottoforma di ferritina, è anche responsabile della sintesi di
una quota pari al 15% dell’eme prodotto.
I globuli rossi in circolo costituiscono generalmente il principale pool di deposito del ferro, un
quarto del totale (0,5-1,0g) è invece depositato nei macrofagi e negli epatociti come ferritina che
può essere facilmente resa disponibile per l’eritropoiesi. Quando gli eritrociti invecchiano, vengono
incorporati e distrutti dai macrofagi reticoloendoteliali e il ferro viene reso disponibile per la
ridistribuzione ad altri tessuti mediante la transferrina.
Il corpo umano non è dotato di un meccanismo che permetta l’eliminazione del ferro in eccesso,
per cui i pazienti affetti da patologie che richiedono trasfusioni di sangue periodiche (talassemia,
anemia falciforme, sindrome Diamond Blackfan, anemia aplastica, sindromi mielodisplasiche)
sviluppano spesso un sovraccarico marziale.
All’inizio del nuovo millennio, la scoperta dell’ormone peptidico epcidina ha dato una significativa
svolta alle conoscenze sul metabolismo del ferro e sulle patologie correlate.
Il gene per l’epcidina umana (HAMP; OMIM 606464), è stato localizzato sul cromosoma 19q13.1
ed è espresso principalmente nel fegato ma anche nel cuore, nel rene, nel tessuto adiposo, nel
pancreas, nei macrofagi, ma la rilevanza biologica dell’epcidina extraepatica non è stata ancora
definita. Il primo prodotto di sintesi del gene HAMP è un precursore proteico di 84 aa, detto preproepcidina, che nel citoplasma subisce un clivaggio enzimatico, risultando in un peptide di 64 aa,
la pro-epcidina. La pro-epcidina viene esportata nel lume del reticolo endoplasmatico liscio, dove la
furino convertasi 7, opera il clivaggio della pro-regione N-terminale di 39aa, dando luogo alla
proteina attiva di 25 aa, che in questa forma viene rilasciata in circolo ed escreta nelle urine.
L’epcidina si comporta come un ormone in grado di agire a distanza in modo rapido e specifico.
Nemeth nel 2004 ha dimostrato che l’azione regolatrice dell’epcidina si esplica legando l’unico
esportatore di ferro finora conosciuto, cioè la ferroportina, presente in molte cellule e soprattutto sui
macrofagi, sugli enterociti ma anche sugli epatociti. Il legame dell’epcidina alla ferroportina
determina la sua internalizzazione e degradazione. La perdita di ferroportina dalla superficie
cellulare, blocca l’esportazione di ferro, determinando un suo accumulo nell’ambiente
intracellulare.
Cambiamenti nei depositi di ferro, attività eritropoietica, infiammazione, anemia e ipossia
rappresentano gli stimoli sistemici che agiscono da regolatori positivi o negativi dell’espressione del
gene HAMP, ma i meccanismi molecolari alla base di tale regolazione non sono ancora del tutto
chiari. La regolazione della sintesi dell’epcidina viene effettuata con un meccanismo a feedback,
sensibile alla quantità di ferro nell’organismo, che consente un adeguato rilascio di ferro nel plasma,
quando la sua domanda è alta e al contrario, ne limita il rilascio quando la quantità nel plasma è
sufficiente.
Poiché il 65-70% del ferro contenuto in un organismo si trova negli eritrociti sottoforma di
emoglobina, la richiesta di ferro è strettamente dipendente dall’eritropoiesi. Infatti, quando
l’eritropoiesi è stimolata, l’espressione dell’epcidina è soppressa. L’anemia e l’ipossia sopprimono
la sintesi di epcidina indirettamente, stimolando l’eritropoiesi.
L’espressione dell’epcidina durante gli stati infiammatori e in risposta alla somministrazione di LPS
negli animali, si spiega considerando che il ferro è un ottimo fattore di crescita per i microrganismi,
che muoiono quando ne vengono privati.
La disregolazione della sintesi di epcidina appare essere il fattore chiave nella patogenesi di un
ampio spettro di malattie in cui si ha un’alterazione del metabolismo del ferro.
La correlazione tra la quantità di ferro nell’organismo e l’espressione dell’epcidina è stata scoperta,
per la prima volta, da Pigeon e coll., in studi sulla risposta epatica (in topi) al sovraccarico di ferro.
La sintesi di mRNA per l’epcidina aumentava in risposta al ferro inoculato per via parenterale o
assunto mediante il cibo.
Sia il gene HAMP che il suo mRNA mancano di siti canonici per il legame con le proteine
regolatrici del ferro (IRPs).
L’emocromatosi ereditaria (HH), rappresenta il modello classico per lo studio della disregolazione
dell’omeostasi del ferro. La malattia è caratterizzata da elevati livelli di ferritina sierica, elevata
percentuale di saturazione della transferrina, sovraccarico marziale a livello delle cellule
parenchimali di vari tessuti, in particolare fegato, cuore e pancreas.
Il sovraccarico è causato da un eccessivo assorbimento intestinale e da un rapido rilascio del ferro
recuperato da parte dei macrofagi del sistema reticoloendoteliale.
Ad oggi, sono note cinque forme geneticamente distinte di emocromatosi (quattro autosomiche
recessive e una dominante). La forma più comune detta di tipo 1, è dovuta a mutazioni nel gene
HFE. La altre quattro forme rare, dette anche non-HFE, sono: emocromatosi giovanile tipo 2a,
dovuta a mutazioni nel gene HJV codificante l’emojuvelina (HJV); emocromatosi giovanile tipo 2b,
dovuta a mutazioni nel gene HAMP codificante l’epcidina (HEPC); una forma di emocromatosi
dell’adulto detta tipo 3, determinata da mutazioni nel gene TfR2 codificante il recettore 2 della
transferrina (TfR2); infine la forma dominante detta tipo 4, dovuta a mutazioni nel gene SLC40A1
che codifica per la ferroportina 1 (FPN1).
Nelle quattro forme autosomiche recessive, i livelli di epcidina plasmatica ed urinaria sono
inappropriatamente bassi per i livelli di ferro e correlano con la severità clinica del fenotipo. Ciò
implica che, HFE, TfR2 ed HJV abbiano un ruolo importante nella regolazione dell’epcidina.
Figura 1
Tutti i geni coinvolti nell’emocromatosi fanno parte della via principale, mediante la quale il ferro
modula l’espressione dell’epcidina, cioè la via BMPs/SMAD (Figura 1).
La β-talassemia è la condizione patologica più studiata per quanto riguarda la modulazione
dell’epcidina, in relazione all’eritropoiesi inefficace associata a sovraccarico marziale secondario
alla terapia emotrasfusionale.
Le talassemie sono un gruppo eterogeneo di anemie a carattere ereditario autosomico recessivo
causate da diverse mutazioni a carico dei geni che codificano per le catene globiniche
dell’emoglobina. Le alterazioni geniche in grado di determinare una sindrome β-talassemica
possono verificarsi a qualsiasi livello del processo di sintesi delle catene β-globiniche. Possono
compromettere la fase di trascrizione del gene, di maturazione del pre-mRNA, di traduzione dell’
mRNA o causare una grave instabilità della catena globinica sintetizzata. Il risultato finale è uno
squilibrio nei rapporti di sintesi delle catene globiniche, con presenza, all’interno dell’eritroblasto,
di grandi quantità di catene libere, e nel globulo rosso maturo,di una minore quantità di emoglobina
Sono state identificate più di 200 mutazioni a carico del gene β globinico.
Lo scopo di questo studio è stato quello di determinare i livelli sierici di epcidina in soggetti
talassemici, e in un gruppo di soggetti sani, al fine di conoscerne l’andamento e le correlazioni con
altri parametri.
Pazienti. Sono stati studiati 40 pazienti con  talassemia major e 10 con  talassemia intermedia,
di età compresa tra 4 e 60 anni, di entrambi i sessi, splenectomizzati e non, afferenti al DH di
Talassemia dell’ U.O.C. di Genetica e Immunologia Pediatrica, dell’Università degli Studi di
Messina.
Come gruppo di controllo sono stati reclutati 10 soggetti sani con valori di ferritina,transferrina,
sideremia e Hb nella norma.
I soggetti con talassemia major sono sottoposti periodicamente a terapia emotrasfusionale con
emazie concentrate e filtrate a letto del paziente; quelli con talassemia intermia intermedia
trasfusione-dipendenti hanno intervalli trasfusionali più lunghi.
Tra i pazienti, tre sono omozigoti per la mutazione H63D del gene HFE , e quattro sono risultati
eterozigoti per la mutazione più frequente del gene HAMP, al 5’ UTR.
L’elaborazione dei dati non ha considerato i tre pazienti talassemici major, omozigoti per la
mutazione H63D, affinchè i livelli di epcidina non fossero condizionati dalla presenza della
mutazione, prima ancora che dall’ipossia e dal sovraccarico marziale.
Tutti i pazienti sono sottoposti a terapia ferrochelante con DFO, L1, ICL670 e terapia combinata
con DFO+L1.
I campioni ematici sono stati prelevati, previo consenso informato, 24 ore dopo l’ultima
somministrazione di ferrochelante e prima di effettuare la terapia emotrasfusionale, per la
determinazione dei seguenti parametri:
1. esame emocromocitometrico
2. ferritina sierica (SF)
3. sideremia
4. IL-6
5. transferrina (Tf)
6. determinazione sierica del pro-ormone epcidina
7. determinazione sierica dell’ormone epcidina
Metodi. I livelli di pro-epcidina e di epcidina sierica sono stati determinati mediante kit ELISA
Pro-hepcidin e ELISA Hepcidin della DRG Instruments GmbH, Germany.
La tecnica ELISA (enzyme–linked immunosorbent assay) utilizzata consiste in un dosaggio
immunoenzimatico su fase solida, basato sul principio del legame competitivo. La determinazione
del peptide epcidina è stata effettuata su campioni di siero non diluiti.
Una quantità non nota di epcidina endogena presente nel campione ed una quantità prefissata di
epcidina coniugata con biotina, competono per i siti di legame degli anticorpi di coniglio antiepcidina immobilizzati nei pozzetti della piastra di lavoro.
Dopo una fase di incubazione, l’epcidina coniugata (epcidina esogena) che non si è legata
all’anticorpo, viene eliminata mediante lavaggi, la restante parte reagisce con il complesso
streptavidina-perossidasi e viene infine rilevata aggiungendo il substrato dell’enzima (TMB). Lo
svolgimento della metodica comprende la determinazione di una curva con sei punti di standard a
concentrazioni crescenti e la possibilità di inserire nel test un controllo low di 29nmol/ml e uno high
di 103nmol/ml In condizioni standard, l'attività enzimatica misurata (reazione colorimetrica) è
inversamente proporzionale alla frazione di antigene marcato presente nella miscela, che viene
rilevata mediante la rilevazione dell’assorbanza a 450nm.
La differenza tra il valore di assorbanza del campione e quello dello standard, in cui si è omesso
l'antigene libero, rappresenta la misura della concentrazione di antigene (epcidina) nel campione
analizzato.
Il test è non invasivo, facile da eseguire, caratterizzato da alta riproducibilità, stabilità e sensibilità
(sensibilità analitica 2,6 nmol/ml) con un range di valori che va da 2 a 400 nmol/mL.
Analisi statistica. I dati ottenuti sono stati successivamente elaborati mediante il software
STATISTICA (StatSoft versione 8.) utilizzando test non parametrici: il test di correlazione per
Ranghi di Spearman, il test U di Mann-Whitney e l’ANOVA di Kruskal-Wallis
Il valore p < 0,05 è stato considerato statisticamente significativo.
Risultati. La maggior parte dei risultati pubblicati sull’epcidina si basano su rilevazioni dei livelli
di epcidina urinaria, isolata mediante cromatografia a scambio cationico e successivamente
quantizzata in chemioluminescenza, usando anticorpi di coniglio anti-epcidina umana. Sebbene
questo metodo fornisca dei risultati accettabili, è abbastanza laborioso, e quindi adatto solo allo
studio di gruppi ristretti di pazienti. Alcuni gruppi di ricerca hanno preferito utilizzare nuove
tecnologie e in particolare, i metodi basati sulla spettrometria di massa che consentono la diretta
determinazione della molecola di interesse, senza la necessità di utilizzare specifici anticorpi, ma
mediante l’ausilio di uno standard interno. Le tecniche immunochimiche basate sulla produzione di
anticorpi specifici anti-epcidina hanno come limiti alcuni fattori, che includono: 1) la piccola
dimensione (25 aa) e la struttura compatta del peptide con pochi epitoti antigenici; 2) l’alto grado di
conservazione tra le specie con conseguente difficoltà nella stimolazione di una appropriata risposta
immunologia nell’animale ospite. 3) la limitata disponibilità dell’antigene. Infatti, la produzione
dell’epcidina sintetica, nella sua conformazione nativa a forcina, determinata dai quattro ponti
disolfuro tra gli otto residui di cisteina, richiede una procedura abbastanza complessa, cosi come il
suo isolamento dalle urine.
Sulla base di molti dati, ottenuti da studi su modelli animali, sembrerebbe che l’effetto dell’attività
eritropoietica sulla sintesi di epcidina prevalga sul sovraccarico marziale, nelle condizioni in cui
coesistono i due stimoli.
Nicolas et al. hanno dimostrato che, in topi con sovraccarico marziale, l’anemia, indotta
sperimentalmente, riduceva l’espressione dell’epcidina. Inoltre, topi con ipotransferrinemia che
presentano, oltre ad una grave anemia, il sovraccarico marziale, producono bassi livelli di epcidina.
Le sindromi talassemiche rappresentano la maggiore causa di sovraccarico marziale secondario,
nelle regioni del Mediterraneo. Nella talassemia major, il sovraccarico di ferro è causato soprattutto
dalle trasfusioni di sangue necessarie per il trattamento della malattia, ma anche dall’aumentato
assorbimento intestinale di ferro. L’apoptosi eritroblastica, che avviene nel midollo osseo prima che
gli eritrociti raggiungano il torrente circolatorio, nelle sindromi talassemiche è l’effetto reale
dell’eritropoiesi inefficace, ma come questa agisca sulla regolazione dell’epcidina non è ancora
chiaro.
I dati ottenuti dai campioni ematici dei soggetti talassemici e dei controlli sono sintetizzati nella
tabella seguente:
Tabella
Soggetti
Hb g/dl
Transferrina
mg/dl
Sideremia μg/dl
Ferritina ng/ml
Pro-epcidina
Epcidina nmol/ml
Il-6 pg/ml
Epcidina/ferritina
TM
35
10,35
(9-11,1)
190
(135-241)
222
(72-280)
556
(55,6-2571)
122,8
(85,6-193)
59
(14,6-217)
16,5
(2,5-19)
0,1
0,09-0,21
TI
10
9,5
(8-10,6)
186
(132-262)
193,5
(156-367)
569
(79-1361)
C
10
14,5
(11-17)
100
(65-120)
55.5
(18-126)
-
-
56,65
(41,6-75,6)
15,2
(3-20)
0,009
0,02-0,96
53,35
(21,8-78,3)
10
(2-18)
1,2
(0,67-2,11)
-
* Mediana (range)
TM, talassemia major; TI talassemia intermedia; C controlli.
In pieno accordo con i risultati di altri studi, i livelli di epcidina mostrano un ampia variazione di
non chiara eziologia nel gruppo dei talassemici major (range 14,6-196 nmol/ml). L’ampia
variazione può riflettere gli effetti di altre variabili genetiche e comportamentali. Il potenziale
effetto di infezioni concomitanti minori o di altri stimoli infiammatori, sembra essere irrilevante dal
momento che i livelli di IL-6 rientrano nel range di normalità (2,5-19 pg/ml). Il farmaco utilizzato
per la terapia ferrochelante, cosi come la splenectomia, sembrano non influire sui livelli di epcidina:
(p= 0,1) e (p= 0,09) rispettivamente.
Sebbene vi siano differenze significative tra i livelli di ferritina (TM vs C p= 0,002; TI vs C
p=0,002), e di sideremia (TM vs C p= 0,0003; TI vs C p=0,0004 ) nei talassemici rispetto ai
controlli, non è stata trovata nessuna differenza significativa nei livelli di epcidina fra i tre gruppi
(TM vs C p = 0,35; TI vs C p= 0,87).
Figura 2 Nessuna differenza significativa nei livelli di epcidina fra i tre gruppi
*m = talassemici major; i = talassemici intermedi; c = controlli
In accordo con precedenti studi, i nostri risultati dimostrano una inadeguata sintesi di epcidina
rispetto al sovraccarico di ferro Il rapporto epcidina/ferritina sembra suggerire una misura
dell’adeguatezza dei livelli di epcidina rispetto alla quantità di ferro, nell’organismo. Questo
rapporto è un valore vicino a uno nei soggetti normali di controllo, mentre è marcatamente inferiore
a uno nei talassemici (C= 1,2; TM= 0,1; TI= 0,09). Ciò sembrerebbe avvalorare l’ipotesi che
l’attività eritropoietica eserciti un effetto prevalente sulla produzione di epcidina rispetto alla
quantità di ferro.
In accordo con la letteratura, i dati sui livelli di pro-epcidina non correlano con quelli dell’epcidina.
Alcuni studi avevano già dimostrato che non vi è correlazione tra i livelli di proepcidina e di
epcidina urinaria, e tra i livelli di espressione di epcidina e la pro-epcidina. I nostri dati
avvalorerebbero l’ipotesi che la proepcidina non rappresenti un marker funzionale dei livelli di
epcidina. La mancanza di questa correlazione implica inoltre l’esistenza di meccanismi di
regolazione posttraduzionali dei livelli di epcidina che devono ancora essere studiati.
Per quanto concerne i tre pazienti omozigoti per la mutazione H63D a carico del gene HFE, sono
stati trovati valori di epcidina di circa 58 nmol/ml, a fronte di valori di ferritina superiori a 5000
ng/ml.
Conclusioni. L’importanza del peptide epcidina, nello studio di tutte quelle patologie che
implicano un’alterazione del metabolismo del ferro, rende necessaria la determinazione dei suoi
livelli serici, ai fini diagnostici e predittivi. Oggi siamo in grado di identificare le alterazioni
molecolari del gene Hamp, responsabili di condizioni patologiche, non tutte ancora ben definite,che
coinvolgono il metabolismo del ferro. Sicuramente la ricerca finalizzata, alla caratterizzazione dei
meccanismi coinvolti nel complesso metabolismo del ferro, potrà essere utile a spiegare quelle
condizioni di sovraccarico marziale, non ancora chiarite, soprattutto nella popolazione talassemica,
in cui intervengono molteplici fattori, e le terapie ferrochelanti non sempre sono efficaci. La
determinazione dei livelli di epcidina sierica potrebbe essere utile per valutare lo stato del ferro in
questi pazienti e monitorizzare la terapia ferrochelante.Al momento, non esiste in commercio, un
metodo semplice e riproducibile da impiegare a questo scopo. Il kit Hepcidin – ELISA utilizzato in
questo studio, ancora in fase sperimentale, ci ha fornito risultati in accordo con quelli presenti in
letteratura, ma necessitano di essere confermati con altri test di validazione. Possiamo considerare
questo test un metodo con una buona sensibilità e affidabilità, che richiede la manualità e la
precisione delle tecniche ELISA, e che al momento sembrerebbe essere un valido ausilio per la
ricerca sulle cause del sovraccarico marziale, non ancora ben definite. I dati di questo studio vanno
ulteriormente ampliati per ottenere una valida casistica, che ci permetta di acquisire maggiori
informazioni sui meccanismi che regolano il metabolismo del ferro nei soggetti talassemici.
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