G. MARCEL: L’UOMO PROBLEMATICO (29 gennaio 2009) L’uomo e il tempo: esistenzialismi, estasi della temporalità ( Biblioteca Tiraboschi , ottobre 2008 – febbraio 2009) L’originalità ( unicità ) di Gabriel Marcel ? L’intuizione – creazione di una procedura filosofica ( e linguistica ) a dir poco rivoluzionaria, il teatro filosofico, e con esso la formulazione di una disciplina filosofica non più ancorata al vecchio stile espositivo del trattato, figlio della logica. La filosofia stessa diventa perciò teatrale, e teatrale nel senso più sperimentale del termine. Il filosofo è un artista etico , cioè il creatore di uno stile , non ha morali per nessuno, non ha ruoli da difendere. Il filosofo è produttore di modi di esistenza o stili di vita. La filosofia è una sorta di cammino della soggettivazione ( non del soggettivismo ) , che diventa etica ed estetica nel contempo. La morale , invece , partecipa del sapere e del potere, ed è per questo che deve poter essere distinguibile dell’etica estetica. La morale si presenta come un insieme di regole costrittive, l’etica consiste in un insieme di regole facoltative che valuta quello che diciamo e facciamo secondo il modo di esistenza che ciò implica. Gabriel Marcel è un filosofo posturale , uno studioso delle posture etiche, degli stili esistenziali. E’ in questa prospettiva che intendo presentarlo , scardinandolo dalla definizione riduttiva e semplicistica di esistenzialista cristiano , da lui stesso rifiutata in più occasioni (con questo non si intende certo negare l’importanza della conversione all’interno del suo itinerario di vita e filosofico). “ L’uomo problematico”, 1964 , è in questo senso il testo che più lo rappresenta . “ Un Homme de Dieu”, 1932 , e “Le monde cassé”, 1936 , costituiscono in questo senso una sorta di tirocinio iniziatico – preparatorio. Uomini e donne, vite, posture, posizioni per o contro l’esistenza. Primato delle esistenze sulle essenze, degli stili di vita sulla morale. Conflitti, ferite profonde, drammi senza soluzione. Nessuna risposta, molte possibilità. Nell’opera filosofico – teatrale “ L’uomo problematico ” Gabriel Marcel allestisce una vera e propria mostra dedicata alle posture , agli stili , alle etiche possibili ; nello stesso tempo dipinge in diretta nuove parole della filosofia, re – interpretate e ri – amplificate alla luce del nuovo modo di intendere la disciplina filosofica ( la filosofia è un romanzo ). Sono otto gli stili proposti ( io le chiamerò posture ; ogni postura sarà rappresentata da un’immagine reale il più possibile vicina al pensiero dell’autore ) , e questi coincidono con altrettanti filosofi ( nell’ordine sant’Agostino , Pascal , Kierkegaard , Nietzsche , Heidegger , Sartre , Goethe , Gide ). Sono tre le parole della filosofia ri – visitate : angoscia , inquietudine , nichilismo. Sant’Agostino : la postura del viandante. In sant’Agostino il termine inquietudine (Auerbach la chiama perturbatio) trova la sua prima vera formulazione filosofica . Inquietudine è , come afferma Gabriel Marcel parlando di sant’Agostino, “ l’andare di oggetto in oggetto disperdendo il soggetto…”. Ma questo andare di oggetto in oggetto inutilmente potrebbe essere confuso con l’angoscia , che Gabriel Marcel , ancora commentando sant’Agostino , definisce “ semplice curiosità speculativa ”. L’inquietudine , invece , la vera perturbatio appunto , “ merita il nome di inquietudine metafisica ” ( Gabriel Marcel ) . L’inquietudine , dunque , come categoria metafisica , non come semplice sensazione di disagio psicologicamente interpretabile. Pascal: la postura dell’atleta. In Pascal , secondo Gabriel Marcel , avviene ciò che è avvenuto in sant’Agostino. Esiste però, in questo caso , una profonda differenza procedurale , relativa in tutto e per tutto all’uso grezzo della parola : è l’angoscia , intesa come semplice “curiosità speculativa ”, a diventare la categoria metafisica per eccellenza. Pascal , secondo Gabriel Marcel, non si concentrerebbe cioè sull’aspetto fondativo della questione ma su quello squisitamente fenomenologico. L’angoscia , intesa come esperienza viva e non teoretica, assorbe quasi per incanto l’inquietudine, che si attesta ancora troppo ai limiti del filosofico : è solo a partire dall’angoscia metafisicamente ( ma anche fisicamente ) intuita che ci si può proiettare in un altrove possibile. Il salto , l’andare di là . Pascal come saltatore, Pascal come atleta. Kierkegaard: la postura dell’equilibrista. In Kierkegaard , secondo Gabriel Marcel , cadono tutte le barriere atte a differenziare l’inquietudine agostiniana dall’angoscia pascaliana. L’inquietudine – angoscia è un’unica categoria, teoretica ed esistenziale al contempo . La riflessione inquieta – angosciata non nasce con l’autocoscienza ; l’atto di nascita della riflessione è dato dalla percezione di un io anteriore al me , ossia anteriore alla dualità di soggetto pensante e oggetto pensato. Riflettere significa dunque cogliere i limiti dell’intelletto nel singolo uomo, come nella sua storia . Questa coscienza del limite è appunto il nulla , è il nichilismo. Nell’ambito di tale realtà ha luogo un passaggio dell’intelletto alla ragione – riflessione , che è ciò che Kierkegaard definisce salto. Questo è legato intrinsecamente alla realtà del paradosso. Si può a tale riguardo ricordare Turgenev (1818 – 1883): nel suo romanzo Padri e figli (1861) si legge che il giovane medico Bazarov è nichilista : Turgenev fa presente che il nichilista è un uomo che non si inchina davanti ad alcuna autorità, che non accetta nessuna principio alla cieca. Quindi Bazarov, nichilista, è uno che critica la verità concettuale appunto perché non può essere la culla della verità. Il salto ha luogo proprio nell’orizzonte del nulla, in equilibrio instabile fra tutto e niente . Il nichilista è colui che sa che al di là del burrone , dopo il salto, ci potrebbe essere qualsiasi cosa , o Dio o il niente. Si deve accettare il rischio. Nietzsche: la postura del gobbo. Nietzsche , per Gabriel Marcel , è un filosofo decisivo e transizionale : rappresenta la prosecuzione naturale del pensiero di Kierkegaard , anche se rispetto al pensatore danese amplifica il concetto di nichilismo attraverso l’espressione “Dio è morto”. L’affermazione di Nietzsche , dice Gabriel Marcel , “ … è infinitamente più tragica perché vien detto che siamo noi, noi stessi, ad aver ucciso Dio, ed è questa l’unica cosa che può spiegare il sacro terrore con cui Nietzsche si esprime”. Possiamo dire perciò che in Nietzsche l’affermazione della morte di Dio riveste un carattere preliminare , nel senso che questo tragico avvenimento prepara la venuta del superuomo, cioè di colui che ha il coraggio di guardare a terra ( postura del gobbo). Il superuomo non ha paura del buio , può superare il nichilismo attraverso l’impulso creativo. Essenziale è creare , che al di là del burrone via sia il nulla o Dio diviene una questione secondaria. Heidegger: la postura del pastore. In Heidegger, secondo Gabriel Marcel, inquietudine e angoscia, fondendosi, prendono un solo nome , morte . Heidegger pare considerare la morte come l’orizzonte assoluto della vita. E’ questo l’orizzonte che dobbiamo considerare senza fiacchezze. Ma morte vuol dire anche colpevolezza fondamentale : tale colpevolezza consiste nel fatto che l’essere finito possiede, se così si può dire, un carico di nulla. Questa colpevolezza , che ci anticipa – precede , deve essere assunta eroicamente, coraggiosamente, altrimenti si scade nella morale e nella religione addolcita. L’eroismo vero è quello del pastore dell’essere, cioè del poeta. Esso si pone in attesa silenziosa della verità, silenziosa attesa ma vigile. L’essere per la morte è proprio questo affidarsi al bivio tutto – nulla , non si sa cosa ci sia di là. Potrebbe esserci Dio, potrebbe esserci il nulla. Sartre: la postura di Narciso. Sartre, agli occhi di Gabriel Marcel, rappresenta ( in modo indiscutibilmente negativo) l’implosione della speranza. L’uomo è condannato, in ogni istante, a inventare l’uomo. L’analisi condotta nell’opera L’Essere e il Nulla dimostra che esistono un’angoscia di fronte all’avvenire e un’ angoscia di fronte al passato : Sartre fa l’esempio del giocatore d’azzardo, che ha liberamente deciso di non giocare più ma che avvicinatosi al tappeto verde vede improvvisamente andare in fumo tutte le sue risoluzioni ( la totale inefficienza della soluzione passata afferma il giocatore nell’angoscia presente). E’ la postura dell’esausto, di colui che , come afferma Gilles Deleuze , non può più possibilizzare. L’unica possibilità residua potrebbe essere la fuga,ma io non posso mai ignorare di fuggire e la fuga dall’angoscia altro non è che un modo per prenderne ulteriormente coscienza. Goethe: la postura del poeta. I termini inquietudine e angoscia , per Gabriel Marcel , si condensano in Goethe in una sola espressione quasi intraducibile :aspirazione o nostalgia,o anche aspirazione nostalgica. E’ l’idea , romantica , della prevalenza , nonostante tutto , del soggetto sull’oggetto. E’ la postura del mistico, che accetta anche di consumar – si . L’inquietudine è la molla che rende possibile la costituzione dell’opera d’arte da un lato, della personalità come opera d’arte dall’altro. E’ la vittoria della poesia contro la disperazione. Gide: la postura dell’annegato. L’inquietudine assume in Gide il carattere di un’autentica angoscia, senza via d’uscita. Afferma Gide in un’annotazione del 1916 , riportata da Gabriel Marcel : “ Sono un annegato che perde il coraggio e si difende solo debolmente”. Questa autentica angoscia trova la sua espressione iconica in Satana , che “ prende continuamente possesso degli uomini”. “ Credevo di poter essere il padrone del male con la misura, ma con questa stessa misura il Maligno si impossessava di me”. E’ l’esperienza del male a sbarrare la strada, il bene non è visibile. Gide, secondo Gabriel Marcel , dopo un primo periodo di ipotetica speranza alla Dostojevskij , viene a congiungersi nell’ultimo periodo ( Edipo , Teseo) a Sartre ( Le Mosche). Montorfano, 24/01/2009 prof. Giacomo Paris