Chirurgia plastica o chirurgia estetica

Modena, 29 settembre 2008
Al Dr. Florio Ghinelli
Presidente della Commissione regionale AIDS dell’Emilia Romagna
p.c. Al Dr. Francesco Mazzotta
Presidente della società Italiana di malattie Tropicali
Oggetto: Accessibilità ai trattamenti di chirurgia plastica ricostruttiva per i pazienti con lipodistrofia
HIV correlata.
Caro Dr. Ghinelli,
in qualità di membro delegato dal Prof Esposito della commissione Regionale AIDS nonché di
segretario della SIMIT regionale, desidero esprimerti il mio rammarico sul fatto che la commissione
regionale non sia stata consultata circa l’impatto clinico della revisione delle linee guida SDO
regionali prevista per l’anno 2009 che con effetto 1/10/08, rende i trattamenti di chirurgia plastica
ricostruttiva della lipodistrofia HIV correlata insufficienti per coprire le spese degli interventi.
Indipendentemente da quelle che saranno le decisioni delle singole Aziende a riguardo ritengo che
questa scelta:
1. Contraddica le linee guida nazionali che citano la lipodistrofia come fenomeno iatrogeno ai
trattamenti medici e sottolineano che “La chirurgia plastico-ricostruttiva della lipodistrofia HIV
correlata trascende il solo beneficio estetico: determina un effetto positivo sulla qualità della vita,
sulla depressione, riduce lo stigma della visibilità della malattia da HIV “svelata” dalla riconoscibilità
dei fenomeni lipodistrofici, e rappresenta un intervento di sostegno all’aderenza delle terapie
antiretrovirali alla quale vengono imputati i vari fenomeni di lipodistrofia.”
2. Contraddica le linee guida Europee EACS che hanno rappresentato la base per garantire la
gratuità di questi interventi in UK, Spagna, Francia, Germania, Olanda.
3. Penalizzi l’esperienza della Clinica Metabolica di Modena che rappresenta un punto di
riferimento per molti pazienti provenienti da tutte le regioni italiane essendo il più importante centro
di riferimento europeo per casistica (con oltre 2000 pazienti in follow up) in grado i offrire un
trattatmeto multidisciplinare della lipodistrofia e delle manifestazioni metaboliche e cardiovascolari
ad essa associata.
Sono consapevole che questa revisione non impedisce “tu cur” la rimborsabilità di questi interventi
ma analogamente a quanto già avvenuto l’anno passato per la revisione dei DRG chirurgici per il
lipofilling, il deprezzamento degli interventi comporta immediatamente una perdita di priorità non
solo nelle aziende sanitarie private ma anche in quelle pubbliche. Basti osservare che a fronte di
un impegno di eseguire interventi di liposuzione e di lipofilling preso da parte dell’Azienda
Policlinico di Modena nell’ultimo anno non è stato eseguito neanche un intervento per oggettive
difficoltà di risorse sia umane che logistiche.
Temo che questa decisione del Servizio Presidi Ospedalieri comporterà immediatamente uno
spostamento dei trattamenti verso un regime privatistico, privando una buona parte degli utenti
all’accessibità reale della chirurgia plastica per impossibilità economica e soprattutto ostacolando
un percorso d centralità della cura nei centri infettivologici di riferimento.
Ti chiedo pertanto di portare al tavolo della discussione della commissione Regionale come:
1. garantire l’accesso alla chirurgia plastica ai soggetti con infezione da HIV alla stessa stregua
dell’accesso ai farmaci antiretrovirali
2. coinvolgere il privato convenzionato nell’attività di chirurgia plastica laddove le strutture
pubbliche non riescano a fare fronte alle richieste dei centri di malattie infettive per la lunghezza
delle liste di attesa.
Personalmente ho già inviato alla Commisione Nazionale AIDS, quanto già dato in copia alla
Dr.ssa Petropulacos, prima delle sue dimissioni una proposta di regolamentazione all’accesso di
chirurgia plastica è già stato consegnato alla commissione nazionale AIDS.
Auspico che la nostra Regione possa farsi promotrice di indicazioni nazionali che omogeneizzino i
percorsi e la rimborsabilità degli interventi nelle varie regioni italiane.
Ringraziandoti per l’attenzione che vorrai porre alla presente lettera ti porgo i più cordiali saluti.
Giovanni Guaraldi
Allegato.
Che cos’è la lipodistrofia? E’ una sindrome, cioè una serie di manifestazioni cliniche caratterizzate
da una alterata distribuzione del tessuto adiposo associata ad alterazioni del metabolismo dei
grassi e degli zuccheri. Il grasso del corpo “impazzisce” spostandosi progressivamente dalla
regioni periferiche del volto, dei glutei, degli arti, verso la regione addominale o in accumuli
sottocutanei della regione pubica, lombare o dorsocervicale ( la così detta gobba di bufalo). Il volto
in particolare diventa scavato nelle guance, nelle tempie o nella regione del mento. Il solco nasolabiale si approfondisce e una seconda profonda ruga contorna la perdita di grasso della bolla
adiposa delle guance. L’aspetto del paziente diventa vecchieggiante, malato, e soprattutto
riconoscibile. La lipoatrofia facciale è assolutamente caratteristica di questa malattia tale da potere
svelare la diagnosi di HIV. La diagnosi è immediata, ispettiva. Non solo metaforicamente, ma
anche concretamente questo è il nuovo volto dell’infezione da HIV: chi è malato lo si legge in
faccia. Ebbene si, la malattia è cambiata; con l’avvento delle terapie antiretrovirali di combinazione,
si è ridotta la mortalità per AIDS ma proprio per questo l’esposizione ai farmaci antiretrovirali è
divenuto pluridecennale determinando una tossicità cumulativa complessa sia sul versante
antropometrico che metabolico. Una persona sieropositiva che acceda alle terapie antiretropvirali è
improbabile che sviluppi l’AIDS ma ha oltre il 75% di probabilità di sviluppare la lipodistrofia e con
essa un incremento della mortalità per eventi cardiovascolari associati alle implicazioni
metaboliche di questa condizione morbosa. Dunque la lipodistrofia, e la lipoatrofia facciale in
particolare sono oggi il quadro clinico più frequentemente associato alla malattia da HIV e in gran
parte sono espressione di un danno iatrogeno dei trattamenti.
Si potrebbe dire che cos’è la lipodistrofia rispetto a una morte certa per AIDS? Non è meglio
questo di quello. E’ semplicemente un’altra cosa, una nuova malattia. Chi vive la lipodistrofia ci
dice che il suo impatto è paragonabile a una seconda diagnosi di AIDS. Una condizione che fai
fatica a nascondere e che ti porta progressivamente a cambiare le tue abitudini di vita evitando le
relazioni sociali e impedendoti di riconoscerti allo specchio. E’ un po’ come morire, quando sei
ancora vivo.
In linguaggio psichiatrico questa condizione prende il nome di “disturbo dell’immagine corporea”
(lo stesso quadro che viene descritto per l’anoressia nervosa, su cui forse i lettori hanno maggior
familiarità). Cambiano i sentimenti e le emozioni nei confronti del proprio corpo producendo
un’intensa sofferenza psicologica interiore che porta a un calo della qualità di vita, all’isolamento
sociale, a una sindrome depressiva maggiore. Non infrequentemente i pazienti decidono allora di
interrompere i trattamenti con il rischio che questo comporta sia in termini di progressione della
malattia che di incremento nella trasmissione dell’infezione stessa a eventuali partner non infetti.
La comunità scientifica ha preso consapevolezza di questo problema da ormai 10 anni, la ricerca
dell’industria farmaceutica si pone come obiettivo principale lo sviluppo di nuovi farmaci, composti
la minor tossicità metabolica e sono innumerevoli i convegni internazionali dedicati alle tossicità
legate ai farmaci antiretrovirali. Le linee guida internazionali già citano la terapia chirurgica nelle
opzioni di trattamento della malattia da HIV e l’European AIDS Society ha recentemente pubblicato
delle linee guida specifiche per i disordini metabolici HIV correlati auspicando l’accesso alla
chirurgia plastica per il trattamento della lipoatrofia facciale.
Siamo però consapevoli che il limite tra chirurgia plastica ed estetica può talora essere sfumato:
qual è dunque la soglia? La soglia va posta nell’accurata selezione dei candidati. L’indicazione non
va basata su un giudizio estetico ma su un’attenta valutazione antropometrica del fenomeno
ridistribuivo del grasso corporeo e dello spessore ecografico del derma e del sottocute delle
guance ma soprattutto in una valutazione psicometria che permetta di porre una diagnosi di
disturbo dell’immagine corporea valutando le conseguenze della lipodistrofia sulla qualità di vita,
depressione e aderenza ai trattamenti. Tutto questo si contestualizza in un percorso
multidisciplinare, abitualmente organizzato in ambulatori specialistici o cliniche metaboliche, in cui
la lipodistrofia si affronta nel contesto della valutazione viroimmunologica del paziente e diventa
parte integrante del processo decisionale sulla scelta dei farmaci antiretrovirali. In questi
ambulatori l’infettivologo si circonda di varie figure specialistiche, il cardiologo, il nefrologo,
l’endocrinologo, lo psicologo e il chirurgo plastico per affrontare un a patologia sempre nuova e
senz’altro sempre più complessa.
Il trattamento chirurgico plastico prevede la lipoaspirazione degli accumuli sottocutanei localizzati
(gobba di bufalo, lipomi pubici) o interventi più complessi quali l’addominoplastica o la
mastoplastica riduttiva al seno piuttosto che non il trattamento della lipoatrofia facciale con
lipofilling cioè l’autrapianto del tessuto adiposo prelevato dall’addome (sempre da preferirsi quando
possibile), o nei soggetti che non abbiano tessuto adiposo da utilizzare come sede donatrice,
l’infiltrazione alla guance di materiali riempitivi assorbibili o non assorbibili. Il problema quindi non è
tecnico chirurgico ma basto sull’accessibilità dei trattamenti e sulla rimborsabilità degli stessi.
Pensiamo che sia inutile nascondere che in Italia esiste un problema di accessibilità alle cure
chirurgiche per le persone con infezione da HIV. Le strutture pubbliche che hanno istituzionalizzato
il trattamento di chirurgia plastica per il trattamento della lipodistrofia facciale sono solamente il
Policlinico di Modena, l’Ospedale Spallanzani di Roma, l’Ospedale Sacco di Milano, l’Ospedale S,
Maria Novella di Firenze e all’interno di una sperimentazione di ricerca l’Ospedale di Padova e
Venezia. In questi centri sono operativi quasi esclusivamente percorsi di accesso agli interventi di
infiltrazione di filler riassorbibili o non riassorbibili per il solo trattamento della lipoatrofia facciale
appare difficile impiantare percorsi di chirurgia plastica più complessi come il lipofilling
considerando i tempi medi di attesa per gli interventi di chirurgia plastica maggiore. Appare quindi
necessario ampliare l’offerta dei trattamenti e l’accessabilità degli stessi attraverso la
collaborazione con i centri di cura privati convenzionati che permettano di offrire a regime di
rimborsabilità i trattamenti chirurgici plastici della malattia da HIV. Una proposta regolamentazione
all’accesso alla chirurgia plastica fatta nel contesto della commissione Nazionale AIDS non ha
portato a indicazioni per le Regioni che spesso rispondono a queste richieste dei centri di malattie
infettive in maniera difforme proponendo percorsi talora di day surgery, talora ambulatoriali o
proponendo presunte sperimentazioni nei confronti di terapie chirurgiche già consolidate. Eppure
l’efficacia di questi percorsi di chirurgia è ampiamente documentata in letterature con risultati
significativi quali il miglioramento nell’aderenza ai trattamenti con conseguente diminuzione del
rischio di emergenza di farmaco resistenze, il contenimento della depressione e in miglioramento
della qualità di vita.
Auspichiamo che questa inchiesta porti a una riflessione sulle mutate esigenze di cura nelle
persone con infezione da HIV ribadendo con forza che Sindrome Lipodistrofica HIV-correlata non è
una “anomalia estetica” ma una alterazione patologica causata da HIV e in gran parte iatrogena
alla somministrazione dei farmaci antiretrovirali. E’ urgente che il sistema sanitario nazionale lavori
per una accresciuta accessibilità sul piano nazionale alla chirurgia plastica evitando una nuova
discriminazione delle persone con infezione da HIV con conseguente aggravamento dello stigma.
Giovanni Guaraldi