CORRIERE DELLO SPETTACOLO
IL BALLO DEGLI ELEFANTI: “ELEPHANT MAN” DI GIANCARLO
MARINELLI. DI MARIO DI CALO
Intorno a Joseph Carey Merrick, conosciuto da tutti nel mondo come l'Uomo elefante (The Elephant Man), si è
scritto molto e molto si è detto, il primo ad occuparsene fu proprio il suo salvatore ed amico sir Frederick Treves,
che da medico scrisse The Elephant Man and Other Reminiscences, riguardo alle sue ricerche sulla anomalia
e particolarità di questo uomo così mostruoso e così sensibilmente maltrattato, ma anche nel libro cult di Leslie
Aaron Fiedler Freaks, nel capitolo “Uomini selvaggi e bambini selvatici”, c’è una disamina circa questa
particolare mostruosità; poi venne Bernard Pomerance nel 1977 col suo omonimo testo teatrale, che vanta una
messa in scena italiana per la regia di Giorgio Pressburger del 1981 per il Festival dei Due Mondi di Spoleto con
Paolo Bonacelli nel ruolo di Treves, infine il film di David Linch del 1980, che ha dato maggiore notorietà e risalto
alla vicenda umana di questo straordinario uomo.
Ora per la Compagnia Molière e il patrocinio della Regione Veneta va in scena la riduzione originale di Giancarlo
Marinelli, che ne cura anche la regia, che opera un taglio netto con la scientificità del caso e ne dà un taglio più
umano e contemporaneo: “Portare sulla scena una storia di amicizia tra un brillante ed ambizioso chirurgo ed un
mostro apparente, capace di regalare un mondo di poesia e di bellezza, significa sovvertire il putrido sistema di
vuote apparenze, di fasulle perfezioni, di oscene ostentazioni artificiali a cui siamo ormai assuefatti, la storia di
Joseph Merrick è in fondo la storia della nostra ipocrisia, del nostro proverbiale rifiuto ad accettare l’altro da noi”,
e ci riesce benissimo, la dimensione del racconto è assolutamente centrata e messa a fuoco, ci si commuove e
ci si vergogna di fronte alle nostre preoccupazioni quotidiane di apparire, c’è chi invece vuole nascondersi per
poi metterci a nudo di fronte alle pochezze della società contemporanea fatte solo di esibizione e di apparenza.
Ed è altrettanto ben riuscita e coraggiosa la scelta di far interpretare il ruolo di Joseph Merrick a Daniele Liotti,
bello, e non solo del cinema italiano, che, con coraggio, umiltà ed umanità si cala nel ruolo difficile e pericoloso
del freak tanto noto, con pochi accorgimenti sia fisici, leggermente claudicante, che vocali, imbrunisce ed
arrochisce la voce. La maschera che indossa è di Sergio Stivaletti. Egli riesce perfettamente a calarsi sia nei
panni dello sfortunato e sensibile fenomeno del “The Penny Show Man” che a fine declamatore - come in
“L’attimo Fuggente di Peter Weir” - di “Oh Capitano mio Capitano”, nota lirica di Walt Whitman, e questo è un
momento particolarmente riuscito dello spettacolo che come un varietà ci riporta a quanto vanesia possa essere
la nostra sofferente e incerta contemporaneità.
Sono accanto al protagonista vero della serata, Daniele Liotti, presso il Teatro Ghione di Roma, una
straordinaria Ivana Monti, autoritaria quanto commossa capo infermiera, che dà peso e spessore ad ogni suo
intervento; vigile e materna custode di Treves, per un vecchio amore ormai solo ricordo, una accorata e
passionale Debora Caprioglio che in un ballo, denominato ballo dell’elefante da Joseph Merrick, crea il primo
punto di contatto/snodo nella drammaturgia scenica fra la cosiddetta normalità e la tanto spaventosa
mostruosità!
Infine Rosario Coppolino, che con affabilità e generosità fa un percorso interpretativo esemplare, ci porta per
mano nella sua caparbietà e ostinazione di medico e di uomo nel voler dapprima conoscere e poi ritrovare,
innanzitutto un’amicizia ed un affetto, e poi poter confermare e dimostrare ai benefattori/detrattori della clinica in
cui opera che le sue teorie sono al passo con i tempi e soprattutto non sono errate.
Bravi anche Andrea Cavatorta (direttore della clinica), Francesco Cordella (l’aguzzino padrone del circo), Serena
Marinelli (presunta sorella e complice scellerata) e il duttile e crudele, nonché puttaniere, ben reso da Simone
Vaio.
Mario Di Calo
!
Mercoledì 25 luglio 2012
le umiliazioni praticamente
dalla nascita. Ma lo sfortunato Merrick deve anche sfuggire dal laccio di chi lo rivorrebbe riportare alla sua vecchia vita, fatta di bastonate,
frustate e pasti in ciotola, facendo leva sull'illusione di
poter ritrovare quella famiglia chegli èstata semprene-
CASTROLIBERO
che scopre questo giovane
deforme costretto ad esibirsi
in un freak show della Londra di fine Ottocento in quei
vicoli bui dove non ha ancora
smesso di far parlare di sé
Jack lo Squartatore. C'è solidarietà umana, c'è la voglia
di restituire la dignità ad un
essere umano costretto a mil-
gata. Ma c'è soprattutto la
beffa di un destino che sembra volerlo a tutti i costi fenomeno da baraccone, prima
negli squallidi teatri di strada, poi davanti ai chirurghi
che arrivano per lui da tutto il
mondo o nelle cene d'alta società. La soluzione è lasciarsi
cadere in un sonno profondo
DOPO il successo di “Elephant man”
la rassegna teatrale di Castrolibero
“Chi è di scena” chiude i battenti questa sera alle 21,30. In cartellone un
one man show, quello di Gianfranco
Jannuzzo, uno dei mattatori del teatro
italiano, protagonista di uno spettacolo dal titolo “Recital”. L’attore siciliano proporrà al pubblico del “Tieri”
alcuni dei pezzi migliori del suo repertorio, fatto di monologhi spesso incentrati sulle differenze tra il nord e il sud
dell’Italia e sulle contraddizioni che,
come italiani, ci portiamo dietro. Non
dovrebbe mancare neppure un riferimento ai dialetti, da sempre materia
nella quale Jannuzzo attinge a piene
mani per dare vita ai suoi show e dai
quali riesce a togliere perle di umorismo che fanno riflettere oltre che sorridere.
«Ho sempre cercato di raccontare
gli italiani attraverso l’uso dei nostri
dialetti, convinto, come sono - scrive lo
stesso Jannuzzo nelle note di regia che essi abbiano, per la loro naturale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
immediatezza, spontaneità, ricchezza
di sfumature, una forza di comunicazione straordinaria e che rivelino,
quasi sempre, il carattere, l'intima indole di chi li adopera: veneti, calabresi,
liguri o campani che siano. Siamo tutti orgogliosi di essere lombardi o lucani, c’è sempre in tutti noi tanto sano
campanile, ma alla fine siamo semplicemente orgogliosi di essere italiani».
Intervista all’attore siciliano a pagina
49.
Stasera la conclusione di “Chi è di scena” con Jannuzzo
sarebbe stata una delle scene
più emozionanti della serata,
è andata via la luce e addio pathos. Ma alla fine le emozioni
non sono mancate. E' senza
dubbio toccante la storia raccontata ieri da Lynch e oggi
da Marinelli, già in cartellone in diversi teatri italiani. E'
la storia del chirurgo Treves
La compagnia saluta a fine spettacolo. A destra Daniele Liotti con la maschera da “Elephant man”
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e risvegliarsi in un altrove
dove nessuno è giudicato dall'aspetto esteriore ma solo
per quello che si è realmente,
e dove ogni frustrazione
umana perde di forza e di significato e non può più spingere o impedire i comportamenti degli uomini.
Daniele Liotti dimostra
che non tutti i belli da televisione debbano per forza essere attori scarsi. Anzi. Recita
per tutto il tempo con un’ingombrante maschera addosso ma del suo personaggio offre una serie di particolari assolutamente indovinati: la
cadenza stentata della voce,
per esempio, con a tratti inflessioni tipiche da bambino.
Poi la camminata zoppicante
o la postura incerta. Elementi non facilissimi da rendere
per un attore alto quasi due
metri e con un fisico da atleta.
Ivana Monti, nei panni dell'infermiera assistente del
chirurgo, giganteggia da
par suo e dimostra una volta
di più di essere una delle attrici più complete del nostro
teatro. Nota di merito anche
per Coppolino (un più che
credibile dottor Treves) e la
Caprioglio, moglie incinta a
secco di attenzioni da parte
del distratto marito. Non capita di rado che due sex symbol (lei e Liotti) si trovano insieme in uno stesso spettacolo in ruoli in cui tutto c’è da
mostrare meno che l'avvenenza fisica. Solo che quella
scena di ammiccamenti, alla
fine del primo atto, conclusasi con un ballo che fa molto
“La Bella e la Bestia”, tutto
sommato ce la saremmo evitata. Un elemento un po’ ridondante in uno spettacolo
al quale c’è solo da augurare
che ildebutto cosentinoporti
fortuna.
Una serata suggestiva tra i reperti archeologici Iniziativa “Nemo propheta in patria” al Comune
DANIELE Liotti si toglie la
maschera, si alza dal letto, sale su uno sgabello e allunga le
braccia verso il cielo. Lo accompagna la musica di un
violino e lo illumina un fascio
diluce.Il contrastocolpersonaggio di Joseph Merrick a
quel punto è talmente forte,
talmente netto, che lo fa sembrare ancora più bello di
quello che è. Sorriso. La musica si ferma. Buio. Applausi.
Una sequenzacommovente e
intensa giunta dopo due ore e
mezza di uno spettacolo bello
e che a Cosenza ha debuttato
in prima nazionale.
E' “Elephant man”, la trasposizione teatrale dell'omonimo film di David Lynch, diretto da Giancarlo Marinelli
con Daniele Liotti nei panni
dell'uomo elefante attorno al
quale gira un cast composto
di attori come Ivana Monti,
Rosario Coppolino e Debora
Caprioglio. Lo spettacolo
non è sembrato nascere sotto
una buona stella ma alla fine i
suoi protagonisti sono stati
più forti anche della sfortuna
e gli applausi sono stati tanti
e meritati. “Elephant man”
Faceva parte del cartellone
dell'edizione 2012di “Chiè di
scena”, di Castrolibero dove,
all'anfiteatro “Tieri” la compagnia ha fatto appena in
tempo a fare solo le prove generali domenica sera. L'acquazzone di lunedì poi ha
“imposto” un veloce trasloco
al teatro Morelli, con i tecnici
che si sono superati nello
smontare e rimontare il tutto
a tempo praticamente di record. Non solo. A un certo
punto dello spettacolo, pochi
istanti prima dell'incontro
tra l'uomo elefante e la sua
(finta) sorella, per quella che
di ALESSANDRO
CHIAPPETTA
Prima nazionale al Morelli per “Elephant man” con la Monti e la Caprioglio
Liotti, un freak che commuove
La pioggia costringe al “trasloco” da Castrolibero per la bella trasposizione del film di Lynch
28 Cosenza
ELEPHANT MAN
12 FEBBRAIO 2013 2:24 PM 0 COMMENTS
Raffinata trasposizione teatrale di un confronto tra mostruosità reale e
apparente.
La Compagnia Molière, con il patrocinio della Regione Veneto mette in
scena: ELEPHANT MANdi Giancarlo Marinelli, tratto dall’omonimo racconto
di Frederick
Treves; con Ivana
Monti,
Daniele
Liotti, Rosario
Coppolino e la partecipazione di Debora Caprioglio e con: Andrea Cavatorta,
Francesco Cordella, Serena Marinelli, Simone Vaio. Le scene sono a cura
di Andrea Bianchi/Forlani, i costumi di Marta Crisolini Malatesta, light
designer: Daniele Davino.
Lo spettacolo è in scena dal 7 al 17 febbraio 2013 al Teatro Ghione di Roma e sarà in
tournée fino a maggio.
Il racconto letterario è quello, quasi in presa diretta, di un giovane chirurgo,
Frederick Treves, che salvò il povero affetto da una deformazione tale da essere
chiamato l’Uomo Elefante, di nome Joseph Merrick, dalle torture dei freak
show della Londra di fine Ottocento.
Dopo il celebre film di David Lynch, questa versione è squisitamente teatrale a
partire dalle scene in grado di passare agevolmente e con precisione dal circo e le
sue gabbie, all'ospedale dove viene pietosamente ricoverato Joseph Merrik, ai
sotterranei fumosi dove avvengono gli intrighi. Le interpretazioni sono eccellenti,
laddove la vera scuola del teatro ha finalmente un senso e rispolverato
valore: Ivana Monti una capo infermiera di polso con un amorevole
segreto, Daniele Liotti generosamente nasconde la sua bellezza, anche grazie alla
maschera dell’uomo elefante realizzata da Sergio Stivaletti, donando
un'interpretazione dolce, impaurita, umana oltremodo, considerando la deformità
dell'aspetto dell'uomo elefante, perfettamente calato nell'umana fragilità di un
personaggio opposto a lui. Debora Caprioglio è una deliziosa moglie del medico
pronta a far esplodere le sue frustrazioni di moglie e futura madre. Tutta la vicenda
principale svolge le pieghe di vicende personali, più o meno nascoste, dei
personaggi; dove la cura del povero paziente diventa un coperchio per i drammi e
gli strascichi di ognuno. I riferimenti all' elefante possono anche ricordare un altro
famoso freak del cinema, altrettanto emarginato per la sua diversità: Dumbo, l'
elefante volante di Disney, come Joseph costretto a esibirsi in spettacoli circensi con
l'aggravante che lui non è un elefante, bensì un umano che rivendica la sua dignità,
citando una battuta del personaggio: "Io non sono un animale ! Sono un essere
umano ! Sono... un... uomo"
Arricchiscono un allestimento teatrale di pregio, l'omaggio al carattere onirico del
cinema di David Lynch, in alcune scene.
Mettere in scena la vera storia di Jopeph Merrick, per la produzione dello
spettacolo ha questi significati:
"In un momento storico come quello attuale in cui l’estetica del corpo, della
“bellezza a tutti i costi”, sono divenuti un motivo perpetuo ed ossessivo, non senza
conseguenze finanche drammatiche, (si pensi ai danni provocati dalla chirurgia
estetica, o a patologie impulsive e compulsive letali come la bulimia e la anoressia),
portare sulla scena una storia d’amicizia tra un brillante ed ambizioso chirurgo e
“un mostro apparente”, capace però di regalare agli altri un universo di poesia e di
bellezza, significa sovvertire il putrido sistema di vuote apparenze, di fasulle
perfezioni, di oscene ostentazioni artificiali a cui siamo ormai assuefatti: la storia di
Joseph Merrick è in fondo la storia della nostra ipocrisia, del nostro proverbiale
rifiuto ad accettare “l’altro da noi”; della nostra ostinata impotenza ad “andare
oltre” il corpo, per rinchiuderci stomachevolmente in una tanto rassicurante quanto
inutile culto della bellezza omologata.
Ché la vita di Jospeh Merrick è la vita di ognuno di noi; la tensione di ciascuno ad
essere amato non tanto per ciò che è ma per ciò che avrebbe voluto essere.
Ché la morte di Jospeh Merrick è la morte di ognuno di noi; è il sogno di poter
lasciare la terra nel ricordo di chi ci ha amati perché, al di là della “mostruosità” dei
nostri luoghi oscuri, esiste sempre una luce eterna, che ha lo stesso tempo di
riproduzione di una stella.
Appartiene ad ogni uomo che, provando a dormire in modo diverso, ha cercato, in
una notte di secoli che si ripetono, di essere migliore."
Andrea Di Cosmo!
gothicNetwork.org
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Teatro Ghione. Elephant Man o del mostro guaritore
Articolo di: Alessandro Menchi
Rivive, sotto le luci cupe e smorzate del teatro Ghione, la storia vera di
Joseph Merrick, “l'Uomo Elefante”, che nella Londra tardo Vittoriana, fu
salvato dagli orrori della strada dal dr. Treves, salvandolo a sua volta dai suoi
fantasmi interiori. Con lo spettacolo Elephant Man, in scena dal 7 al 17
febbraio 2013, Giancarlo Marinelli ha trasfuso il racconto autobiografico di
Frederick Treves, con un occhio al capolavoro cinematografico di David Lynch
del 1980, in un dramma denso, vibrante, intriso di intelligente ironia, che trae
vigore da una messa in scena cupa e compatta e da un cast di rara intensità.
La storia è soprattutto quella di una grande amicizia, fra due esseri umani
dispersi nel proprio senso di abbandono e ritrovatisi nella reciproca dignità.
Quella di Merrick (il sorprendente Daniele Liotti) maltrattata dal crudele
“padrone” Bytes (l'ottimo Francesco Cordella) e quella di Treves (l'energico
Rosario Coppolino), che sopperisce l'incapacità di realizzarsi come padre
dedicando la sue cure a casi sempre più disperati. Ma le contraddizioni di una
società borghese e perbenista si frappongono fra di loro, inizialmente attraverso i
veti del burbero presidente Carr Gomm (l'eccellente Andrea Cavatorta), e
successivamente a causa delle macchinazioni del figlio del principale finanziatore
dell'ospedale (il vulcanico Simone Vaio), Bytes e la diabolica sorella di Joseph (la
versatile Serena Marinelli). Persino quando Treves, con l'aiuto della moglie Anne
(la coriacea Debora Caprioglio) e della severa quanto altruista capo infermiera
Shead (la straordinaria Ivana Monti), riesce a ridare a Merrick una vita
accettabile, fatta di cure e attenzioni, egli diviene soltanto una proiezione
socialmente accettata della normalità, specchio delle altrui necessità inconsce
di riscatto e auto-accettazione.
Nel profondo del suo spirito incompreso, in cui cova amorevolmente il ricordo
della splendida madre e l'amore per la poesia da lei ereditato, Joseph non ha
mai dimenticato cosa vuol dire sentirsi un escluso, un “mostro”. E quando Bytes
lo rapisce per usarlo nuovamente come fenomeno da baraccone fra le fiere del
continente, le vite dei protagonisti sembrano infrangersi sotto il peso della
separazione. Treves capisce solo allora quanto il suo destino sia legato a quello di
Merrick, entrambi esuli di infanzie difficili, figli di padri odiati e amati troppo,
soli in mezzo alle nebbie del proprio passato.
Il ritorno di Joseph cura le ferite degli altri morendo fra le proprie di tutta una
vita, finalmente resa libera dall'amore sincero degli amici e eternata in spirito
dalla morte, da uomo, da essere umano che spira tentando di dormire come
tutti gli altri e che infine, etereo e bellissimo, si innalza verso il cielo.
La resa espressiva della materia del racconto, magistralmente strutturata da
Marinelli, è plasmata dai volti di attori che, per due ore e mezzo, sono i
personaggi che interpretano. Ogni scambio di battuta, ogni gesto, persino ogni
silenzio è carico di una tensione drammatica che si fa anelito di dignità fra
le ombre di un'epoca buia, quella di oltre un secolo fa, così diversa eppure mai
così somigliante alla nostra.
Pubblicato in: GN14 Anno V 12 febbraio 2013!
RECENSIONE PERSINSALA A CURA DI ALESSIO NERONI
il bello e la bestia
Vota l'evento: 8,00
Al teatro Ghione di Roma è in scena fino al 17 febbraio Elephant man, con un cast di
primissimo livello in cui spiccano Daniele Liotti, Ivana Monti, Rosario Coppolino e Debora
Caprioglio. Un’intensa storia d’amicizia tra un giovane chirurgo e un apparente essere
mostruoso.
Elephant Man, tratto dal capolavoro cinematografico firmato da David Linch nel 1980, rivive
al teatro Ghione di Roma grazie alla trasposizione teatrale di Giancarlo Marinelli, regista e
autore dello spettacolo che ha scritto il copione partendo dai racconti del Dottor Treves, il
neurologo che curò davvero il povero Joseph Merrick. Elephant Man si basa infatti su un
fatto vero e nel raccolto teatro Ghione c’è molta concentrazione conoscendo in tanti la storia
dell’uomo elefante. Inconsueto il silenzio tra il pubblico che riscalda il teatro con applausi lì
dove la commozione si fa più forte. Gli attori sono tutti straordinari, impeccabili nella parte.
Come appare in scena Ivana Monti, uno spontaneo e incoraggiante battito di mani
accompagna la grande attrice, che con grembiule bianco e cuffietta si muove a suo agio
nell’ampio abito nero di scena. Corrono spesso i brividi lungo la schiena essendo la storia di
grande impatto emotivo. La scenografia curata ed essenziale riporta indietro nel tempo nella
Londra di fine Ottocento, si respira quasi l’odore della strada e l’olezzo che per finzione
emana il protagonista, l’Uomo Elefante appunto, ovvero Joseph Merrick, che presenta
numerose deformazioni in gran parte del corpo, soprattutto nel capo per via della sua
Sindrome di Proteo, da cui deriva quel soprannome. Per coprire le sue malformazioni, Merrick
indossa in testa un sacco bucato cucito, si muove con difficoltà per via della gobba che incide
su tutta la postura del corpo che egregiamente l’interpretazione di Daniele Liotti riporta in
vita. La bellezza dell’attore stavolta non si può leggere sul suo volto, essendo coperto da una
maschera – realizzata da Stefano Stivaletti – per tutta la durata dello spettacolo e che solo
poco prima dei saluti trionferà quasi angelica; la bellezza però è tutta interiore e ben la
restituisce al personaggio che all’inizio non riesce ad alzare neanche la testa, ma che poi
raccontando apre la sua anima che pura e umana riscalderà i cuori di tutti coloro che lo
affiancheranno, soprattutto quello della severa e algida capo infermiera Madre Shead a cui
l’eccellente Ivana Monti ridona dignità. Anche Debora Caprioglio, che ricopre il ruolo della
moglie del Dottor Treves (Rosario Coppolino), sorprende per la sua bravura: nonostante la
febbre a 38 infatti offre il meglio di sé sul palcoscenico, su cui sfoggia alcuni tra i più sontuosi
abiti d’epoca. I costumi del resto sono un elemento fondamentale dello spettacolo, che curati
nel dettaglio caratterizzano ogni singolo personaggio. Sono in otto in tutto gli attori che
recitano in questa complessa rappresentazione: ad affiancare i quattro protagonisti
s’alternano sul palco Francesco Cordella (Maurice in La Bella e la Bestia) che qui apre la
scena con quella carica di cinismo propria del signor Bytes, che voleva trasformare lo
sfortunato Joseph in un fenomeno da baraccone, Serena Marinelli, Andrea Cavatorta e
Simone Vaio; i loro ruoli controversi sono la sintesi di quella parte di società di ieri e di oggi
che vive di espedienti e che sulle disgrazie altrui ci ride sopra, del resto è più facile giudicare
un individuo che riuscire a leggere nel suo cuore intriso di poesia. Fermarsi di fronte alle
apparenze è uno dei grandi limiti dell’uomo e da questo spettacolo s’impara tanto, soprattutto
in questo contesto storico dove l’estetica del corpo è imprescindibile e un’ostinata impotenza
non riesce a guardare oltre la bellezza omologata. Lunghi gli applausi e i saluti del pubblico e
degli artisti che la commozione non riescono proprio a mascherarla.
SaltinAria.it TEATRO Recensioni
ELEPHANT MAN - TEATRO GHIONE
(ROMA)
Domenica, 10 Febbraio 2013 Ilaria Guidantoni
!
Dal 7 al 17 febbraio. Un bel lavoro davvero! Profondo, curato nel dettaglio, dosato,
armonico. Il regista riesce a estrarre la capacità degli attori regalando una vera ed affiatata
compagnia, con un Daniele Liotti che interpreta il protagonista del racconto senza cedere
alla tentazione della caricatura e un’Ivana Monti che si staglia sopra gli altri con la sua
grande scuola. La recitazione, anche nei momenti di maggior intensità, non travalica mai
l’armonia e riesce a commuovere, valorizzando un bel testo dal punto di vista letterario.
Completo il lavoro con le scene senza troppi fronzoli ma curate e di grande atmosfera; di
gusto i costumi, di grande effetto luci, suoni e musica, in certi momenti struggenti.
!
Teatro, quando “umanità significa diversità” | La Città Metropolitana
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TEATRO, QUANDO “UMANITÀ SIGNIFICA
DIVERSITÀ”
Scritto da Giulia Paciotti, email Pubblicato il 18/02/2013 alle ore 14:00
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Le cose preziose non sono quelle che ci servono, ma quelle che ci chiedono di
essere protette. Giancarlo Marinelli è l’autore di “Elephant man” al teatro
Ghione. Un uomo pieno di poesia e di bontà, deturpato dalla sindrome di Proteo che lo presenta agli altri come un
mostro più che come una persona.
Roma, venerdì 15 febbraio 2013 – Dalla regia di Giancarlo Marinelli nasce la versione teatrale di “Elephant Man”,
una storia biografica tratta dal romanzo di Frederick Treves, resa celebre dal fortunato capolavoro cinematografico
firmato da David Linch nel 1980. In scena fino al 17 febbraio al teatro Ghione, si prepara alla tournée che si
concluderà a Messina. Una storia che parla di umanità, dignità e dolore che possono nascondersi dietro una
maschera che non sembra umana. Joseph Merrick, interpretato da Daniele Liotti è l’uomo-elefante. L’attore è noto
al pubblico televisivo per aver lavorato ne Il capo dei capi, il Bell’Antonio,Il Fuggiasco, Il generale dei briganti.
Dopo anni di televisione e cinema porta sul palco un personaggio drammatico e pieno di tensioni emotive. Così lo
descrive Liotti: “Un personaggio che, nonostante sia costretto a vivere con la faccia rivolta verso un angolo, ha
una poesia interiore capace di schiudere gli animi di coloro che gli stanno intorno, arrivando a dimostrare come
siano loro i veri uomini elefanti. Ad affiancare il protagonista, il dottor Treves, interpretato da Rosario Coppolino,
la moglie tra i più sontuosi abiti d’epoca è Debora Caprioglio, e la severa e algida capo-infermiera è da Ivana
Monti.
Merrick è un uomo realmente vissuto nella seconda metà dell’800 e divenuto famoso nella società britannica a
causa delle deformità del suo corpo. L’epoca di Jack Lo Squartatore e delle torture dei freak show londinesi:
spettacoli in cui si esibivano rarità biologiche come fenomeni da baraccone. “Io non sono un animale! Sono un
essere umano! Sono… un… Uomo!” l’urlo sommesso e disperato di Merrick mentre il Signor Byte lo frusta col
bastone e lo costringe a mangiare da una ciotola, in ginocchio. La stanza che questo particolare paziente occupa al
Royal London Hospital sembra invece arretrare di fronte agli spettatori, collocandosi più in fondo rispetto al centro
del palco. Una stanza vuota, solo l’essenziale. Ad avanzare, a mantenere la posizione centrale e sempre con un
passo più avanti, sono le persone “normali”, che escludono il “diverso da sé”, “l’altro” dalla propria vista, lo
tengono in un angolo buio del mondo, nella penombra di luci cupe e oniriche, insieme a ciò che non si conosce e
che fa paura. Un angolo dove la speranza non arriva. Ma anche l’uomo-elefante ha un posto nel mondo e il dottor
Treves, l’unico che prende a cuore questo caso, intende dimostrarlo.
Dottore, lei potrà guarirmi? Un forte tuono si abbatte sulla platea, a colmare il vuoto di una risposta che non c’è.
Un uomo che chiede se sarà come gli altri, se gli altri lo tratteranno mai come tale. “Ognuno ha una maschera,
delle mostruosità, dubbi e incertezze che si tende a nascondere. Quest’opera si può definire proprio uno spettacolo
sulla ‘rivelazione’. Gli altri personaggi si accorgono dell’umanità di Joseph e riscoprono se stessi, capendo che
l’unico a non portare la maschera nonostante sia anche l’unico fisicamente ad averla è proprio l’uomo-elefante”.
Liotti resta dietro la maschera, realizzata da Sergio Stivaletti, per tutta la durata dello spettacolo. La storia di
Merrick è la storia di tutti. Il desiderio di essere amato al di là dell’estetica, l’ossessione della società per le vuote
apparenze, il culto della bellezza omologata, le ostentazioni artificiali a cui ormai si è assuefatti. Diversità e
umanità non sono due termini distinti, ma si fondono tra loro. Un uomo che chiede di essere libero, di sentirsi
addosso il vento, la luce del sole. “Questa volta la speranza ha cercato anche me”, afferma dopo aver ritrovato i
http://www.cittametropolitana.info/2013/02/18/teatro-elephant-man/
06/05/2013
Teatro, quando “umanità significa diversità” | La Città Metropolitana
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suoi più cari amici. E per una notte mette da parte i quattro cuscini che gli permettevano di respirare: decide di
dormire da uomo, con un solo cuscino, disteso, cercando di imitare un comportamento normale, la stessa
posizione usata dalle persone a lui più care. Un silenzio colmo di commozione riscalda il teatro, insieme alle parole
di Joe Cocker: you are so beautiful to me, you are so beautiful to me. Can’t you see.
http://www.cittametropolitana.info/2013/02/18/teatro-elephant-man/
06/05/2013
Elephant Man: il volto oltre lo schermo dell’apparenza - NSC - NonSoloCinema
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ultimo aggiornamento: lunedì 6 Maggio 2013 ore 10:05
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Pubblicato mercoledì 3 aprile 2013 - NSC anno IX n. 13
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“La storia di Joseph Merrick è in fondo la storia della nostra ipocrisia, di un proverbiale
rifiuto ad accettare l’altro da noi, per rinchiuderci in un rassicurante e inutile culto della
bellezza omologata”. Le parole di Giancarlo Marinelli raccontano “Elephant Man”, una
pièce originale sul nascondiglio dell’umanità, la dignità e il dolore, scritta e diretta
ispirandosi all’omonimo racconto di Frederick Treves, da cui David Lynch trasse il suo
capolavoro cinematografico.
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CALENDARIO
nell’ossessione attuale di un’ estetica del corpo costruita sul culto della bellezza, deleteria per i danni causati dalla chirurgia
estetica e da malattie come bulimia e anoressia. Merrick è un “fenomeno da baraccone”, un’attrazione del luna park o del Vanity
Fair, che smaschera l’ipocrisia della società dell’immagine. Lo spettacolo affronta il dilemma antico tra l’essere e l’apparire, dal
pensiero greco della bellezza agli archetipi della fiaba, il mito dell’eterna giovinezza e della ricerca della fasulla perfezione,
l’oscena ostentazione artificiale che conduce all’annullamento dell’identità.
Daniele Liotti, attore del piccolo e grande schermo, riporta in vita le malformazioni della maschera mostruosa, realizzata da
Stefano Stivaletti. Il profilo di Deborah Caprioglio, nel ruolo della moglie del Dottor Treves (interpretato da Rosario Coppolino),
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traduce con grazia l’ emozione di un amore, che si dimostra pubblicamente nella possibilità di curare l’altro, effondendo
leggerezza, eleganza e un peculiare umorismo di matrice britannica alla scenografia realista di fine Ottocento. Sul palcoscenico
anche la sensibilità drammatica di un’attrice come Ivana Monti.
L’autore Marinelli aderisce a una drammaturgia del dolore, a una scrittura performativa che esplora la mostruosità dei nostri luoghi
oscuri, i valori esistenziali del tema identitario, e traduce la problematica dell’accettazione sociale in un urlo contro l’ossessione
fisica. Uno spettacolo mimetico che esprime la tensione dell’uomo a essere amato per ciò che avrebbe voluto essere, un tentativo
poetico di sovvertire il putrido sistema di vuote apparenze.
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06/05/2013
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In programma il . MercoledÕ3 aprile al teatro Farinelli di Este
Forum
News Teatro
The Elephant Man: la compagnia Moliere convince
Pubblicato il 4 aprile 2013
Attualitø
Limenamente primavera
Commenta! Tagged: Andrea Bianchi, Daniele Liotti, Giancarlo Marinelli, Marta
Crisolini Malatesta, Uomo Elefante
MercoledÕ3 aprile al teatro Farinelli di Este in scena la storia di John Merrick, lÍUomo Elefante e del suo amico, il
dottor Frederick Treves: un universo di poesia e bellezza viene svelato dalla ÈmostruosaÍ regia di Marinelli,
PROSPETTIVADANZATEATRO2013
Oltreil visibile
affiancato dallo scenografo Andrea Bianchi e dalla costumista Marta Crisolini Malatesta.
LÍabilissima regia di Giancarlo Marinelli ci
Festival di danza dal 6 al 14 aprile
conduce per mano nella cont rast ant e e
Variazioni Impreviste
disumana
Londra
vit t oriana
di
fine
Ot t ocento, nel mondo dei fenomeni da
baraccone, i cosiddett i freaks. Uno di essi,
John Merrick, volgarment e et ichet tat o come
È
lÍUomo Elefant eÍ, verr¿ scopert o casualment e
in una fiera da un rispet t abile medico del
Teatro / Visti per voi
GiovedÕ18 al Teatro Farinelli di Este
London Hospit al, Frederick Treves, narratore
Tutto Shakespearein 90 minuti Á
in prima persona del raccont o al quale si
Ironia allo stato puro
ispira la st oria, drammat izzat o al cinema dal
superbo David Lynch.
Qui non t roviamo le at mosfere oniriche del film di Lynch, ma la dimensione psicologica e umana appare in
16 aprile al Teatro Verdi
presa diret t a, con il confront o/ scont ro tra la ment alit¿ chiusa di un mondo borghese ipocrit a che rifiuta la
Una reverievisionaria con i
diversit ¿ o lÍaccet t a solo spet t acolarizzandola e lÍumanit ¿ che sa circondarsi di poesia e bellezza int eriore,
BodyVox
incurant e dellÍest et ica. Al È
most roÍ, dal volt o deformat o a causa della Sindrome di Prot eo, ci si avvicina con
paura, imbarazzo, t enerezza, compassione, malsana curiosit ¿, addirut tura con malvagit¿: il perfido Byt es,
che si rit iene propriet ario dellÍUomo Elefant e, lo rapir¿ dalla casa in cui era in cura, riport andolo a un
dest ino infelice, di derisione. La maschera, realizzata da Sergio St ivalet ti, nasconde le belle fat t ezze di
Daniele Liott i, colui che » st at o definit o lÍuomo pi⁄ bello dÍItalia: un most ro che cela una bellezza int eriore,
un significato profondo che Marinelli ha volut o approfondire al giorno dÍoggi, con lÍest etismo imperant e, il
bot ox, il cult o dellÍapparenza.
La chiave del dramma » lÍempat ia, quella che si sviluppa in Madre Shead, infermiera capo, nel giovane
chirurgo Treves e nella dolce Ann, consort e del dot tore: Ivana Mont i, Rosario Coppolino e Debora
Caprioglio, un t rio di at t ori che sanno t rasmett ere emozioni, dist inguendosi dal conformismo, spiccando
per sensibilit ¿. Ecco che in scena a recit are cÍerano i veri volti delle persone: Ïio non sono un animale, sono
un uomoÌ , un urlo disperato, che viene dalle viscere, una lezione morale fat t a carne. Lo spett acolo della
Compagnia Moliere, pat rocinato dalla Regione Venet o, cont inua la sua t ourn…e in Venet o nei prossimi
giorni, con una tappa a Treviso e a Cit t adella: la scena finale allude alla liberazione dellÍio da un mondo
soffocant e, con la luce a ricoprire il volt o dellÍUomo Elefant e, finalment e bello. Un commovent e e
meraviglioso inno alla vita e alla dignit ¿ e ricchezza nella t ot alit ¿ della diversit ¿ umana, consigliat o.
Camilla Bottin
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MercoledÕ10 aprileal Teatro Verdi
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Gruppo ~ Tanti Amici
Articolo "Elephant Man"
di Giuseppe Pollicina per "Primo Piano"
28 Febbraio 2013
http://www.tantiamici.com/stampa.htm
06/05/2013