Dott. Alessandro Amaolo
Società di persone : la società semplice nel codice civile
Osservo, innanzitutto, che la società semplice è, come tipo, una cd. invenzione del
legislatore del codice civile del 1942. Infatti, la predetta società non ha precedenti nella
nostra tradizione legislativa e non trova neppure alcun riscontro nelle corrispondenti figure
di altri ordinamenti giuridici.
Lo scrivente, in via preliminare, ritiene che la società semplice realizza la struttura più
elementare di società (cd. prototipo). Inoltre, la società semplice si contraddistingue per
l’esercizio esclusivo di attività economiche lucrative non commerciali. Più in dettaglio si
deve rilevare che la società semplice presenta una basso grado di autonomia patrimoniale.
Pertanto, la predetta società fa parte della categoria delle società di persone, fra cui vi
rientrano anche la società in nome collettivo e la società in accomandita semplice.
La società semplice è soggetta all’iscrizione presso la sezione speciale del registro delle
imprese1, con finalità di pubblicità legale oltre alla funzione di certificazione anagrafica e di
pubblicità notizia, ma non è soggetta al fallimento (es. svolgimento di attività agricole o
professionali di modeste dimensioni). Si osserva, altresì, che la società semplice è
contraddistinta da un’autonomia patrimoniale imperfetta: i creditori possono far valere
i propri crediti indifferentemente nei confronti della società o dei singoli soci (art. 2267
codice civile). I soci, però, nel momento in cui viene loro richiesto il pagamento, possono
chiedere ai creditori la preventiva escussione del patrimonio sociale indicando i beni sui
quali i creditori possano facilmente soddisfarsi. Inoltre, con il beneficio di escussione, i
creditori sociali non possono pretendere il pagamento dal socio se non dopo aver aggredito
infruttuosamente il patrimonio sociale (articolo 2268 codice civile).
Fatte queste brevi riflessioni giuridiche, si deve rilevare che la sfera di applicazione delle
società semplici può riguardare, ad esempio, l’esercizio delle seguenti attività:
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le attività agricole;
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le attività artigianali;
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Il Registro delle Imprese riceve le domande di iscrizione, di modifica e cancellazione delle imprese della provincia.
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le professioni protette, con esclusione, però, della professione di avvocato per la
quale è prevista una disciplina particolare;
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le professioni non protette;
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la gestione di patrimoni immobiliari.
Piuttosto scarsa è nella pratica la formazione di società semplici anche perché le parti,
quando ricorrono alla società semplice, non redigono quasi mai un contratto per iscritto,
bensì si limitano a manifestare la loro volontà attraverso l’esercizio di fatto dell’attività
economica. Il contratto di una società semplice, tranne nel caso in cui venga conferito un
bene il cui trasferimento richiede una forma speciale 2, è a forma libera e può pertanto essere
validamente concluso anche per facta concludentia, tanto che l’onere di provare la
sussistenza del rapporto sociale, ove non formalizzato, incombe su chi allega tale rapporto.
Non è affatto difficile costituire una società semplice ed, infatti, il contratto non è soggetto
a formalità particolari (articolo 2251 codice civile), salvo quelle richieste dalla natura dei
beni conferiti e salvo le limitazioni probatorie degli articoli 2721 e 2729 codice civile.
Inoltre, la società semplice è soggetta all’iscrizione in una sezione speciale del registro delle
imprese (articolo 8 della legge n. 580/1993, istitutiva del registro delle imprese).
La qualità di socio di una società semplice si acquista per il semplice fatto di avere
concorso, con la propria volontà, alla costituzione della società. Inoltre, il socio è titolare di
obblighi e diritti che sono modificabili soltanto attraverso il consenso dello stesso. Più in
dettaglio, il singolo socio è obbligato ad eseguire il conferimento promesso e risponde
illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali.
L’atto costitutivo della società semplice
Innanzitutto, affinché vi sia costituzione di una società di persone è necessario il concorso di
un elemento oggettivo (il conferimento di beni o servizi, con la formazione di un fondo
comune e la partecipazione degli autori dei conferimenti ai guadagni e alle perdite) e di un
elemento soggettivo (c.d. affectio societatis), dato dall’intenzione dei contraenti di
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Il contratto verbale costitutivo di una società di fatto, senza determinazione di tempo, con il conferimento del
godimento di beni immobili essenziali al raggiungimento dello scopo sociale, è affetto da nullità, ai sensi dell’art. 2251
codice civile, in relazione all’art. 1350, n. 9, codice civile il quale contempla la forma scritta ad substantiam per detti
conferimenti immobiliari ove siano ultranovennali od a tempo indeterminato. Per escludere detta nullità non è
invocabile il principio della conservazione del negozio giuridico, di cui all’art. 1367 codice civile, al fine di
circoscrivere il patto societario nei limiti del novennio per cui non è necessaria la forma scritta, in quanto ciò esulerebbe
dalla mera interpretazione della volontà delle parti, traducendosi in un’arbitraria sostituzione del loro effettivo intento.
(Cassazione civile, sezione I, 19 gennaio 1995, n. 565)
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vincolarsi e di collaborare per conseguire risultati patrimoniali comuni nell’esercizio
collettivo di un’attività lucrativa imprenditoriale. Lo scrivente, quindi, ritiene come non
sufficiente la presenza di uno solo dei predetti elementi per costituire una società di persone.
In sintesi, si deve affermare che l’atto costitutivo della società semplice ha la stessa natura
giuridica di ogni contratto sociale. Si tratta di un contratto consensuale plurilaterale, con
comunione di scopo ed a forma libera (articolo 2251 codice civile). Più in particolare, l’atto
costitutivo di una società semplice è un contratto aperto, di durata, fiduciario e di natura
onerosa, nonché commutativo. L’oggetto della società semplice è l’esercizio di un’attività
non commerciale
(confronta l’articolo 2249 codice civile), che viene prevalentemente
individuata nell’attività agricola.
Infine, si deve rilevare che nella società semplice non esistono degli organi societari e, di
conseguenza, non vi è né un’assemblea dei soci e né un consiglio di amministrazione.
Quindi, le deliberazioni dei soci sono rappresentate la somma delle loro singole volontà.
Nella società semplice tutti i soci sono tendenzialmente amministratori della società.
Tuttavia, gli stessi soci possono stabilire che l’amministrazione della società spetti solo ad
alcuni di loro o addirittura ad un solo socio (cd. amministratore unico).
I soci amministratori possono essere nominati nell’atto costitutivo oppure possono essere
nominati con un atto separato, cioè con una manifestazione di volontà dei soci intervenuta
in un momento successivo rispetto alla costituzione.
I conferimenti
Nella società semplice possono aversi:
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conferimenti in danaro (ipotesi normale);
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conferimenti in natura (immobili, macchine, materie prime o lavorate);
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conferimenti di servizi: il socio d’opera è colui che si impegna col contratto di società
ad eseguire una prestazione di lavoro (manuale o intellettuale), ossia a conferire servizi. Più
in dettaglio, si deve rilevare che il socio d’opera non è un dipendente della società e non ha
diritto al trattamento del lavoratore subordinato (contributi assicurativi, previdenziali), ma il
suo compenso è dato dalla partecipazione agli (eventuali) utili della società. Inoltre, è in
capo al socio d’opera il rischio dell’impossibilità sopravvenuta di svolgimento della
prestazione, anche per causa a lui non imputabile (art. 2286, 2° comma, codice civile).
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In una società semplice può accadere che tutti i soci si obblighino a conferire la propria
opera oppure che una parte dei soci conferiscano la propria attività lavorativa, mentre,
invece, gli altri soci effettuino un diverso tipo di conferimento (in danaro).
L’esclusione del socio
Inoltre, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2286 codice civile “L’esclusione
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del socio
può avere luogo per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal
contratto sociale, nonché per l’interdizione, l’inabilitazione del socio o per la sua condanna
ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici.
Inoltre, al secondo comma del sopraccitato articolo si stabilisce che “Il socio che ha
conferito nella società la propria opera o il godimento di una cosa può altresì essere escluso
per la sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita o per il perimento della cosa
dovuto a causa non imputabile agli amministratori”.
L’ultimo comma dell’articolo in oggetto afferma che “Parimenti può essere escluso il socio
che si è obbligato con il conferimento a trasferire la proprietà di una cosa, se questa è perita
prima che la proprietà sia acquistata alla società”.
Tuttavia, il socio escluso, pur dopo la sua uscita dalla società, può impugnare una delibera
assembleare adottata al tempo, in cui egli era ancora socio, quando sia titolare di un diritto
attuale che risulti leso dalla delibera stessa.
Infine, si deve rilevare che viene escluso di diritto il socio che sia dichiarato fallito, ex art.
2288, comma 1, codice civile. Infatti, l’esclusione di diritto del socio che sia dichiarato
fallito, prevista dall’art. 2288 codice civile, tende a preservare la società in bonis dagli
effetti dell’insolvenza personale del socio e non opera, pertanto, nel caso in cui il fallimento
del socio sia conseguenza di quello della società in forza della responsabilità illimitata del
primo per le obbligazioni della seconda.
Il recesso del socio
Il recesso consiste nello scioglimento parziale del rapporto sociale per volontà del socio. In
base all’art. 2285 codice civile, se la società è a tempo indeterminato o è contratta per tutta
La gravità delle inadempienze del socio che, ai sensi dell’art. 2286, comma 1, codice civile, può giustificare
l’esclusione dello stesso dalla società, ricorre non soltanto quando le dette inadempienze siano tali da impedire del tutto
il raggiungimento dello scopo sociale ma anche quando, secondo l’incensurabile apprezzamento del giudice di merito,
abbiano inciso negativamente sulla situazione della società, rendendone meno agevole il perseguimento dei fini.
Cassazione civile, sentenza 1 giugno 1991 n. 6200
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la vita del socio ciascuno può recedere liberamente. Tuttavia, se, invece, la società è a tempo
determinato allora il recesso viene ammesso soltanto in ragione di una giusta causa. In
sintesi, il recesso del socio è un atto recettizio che si perfeziona col decorrere del momento
in cui viene portato a conoscenza di tutti i soci, senza che sia necessaria una loro
approvazione.
Nella società di persone a tempo indeterminato, la dichiarazione di recesso del socio è un
negozio giuridico unilaterale recettizio che produce i suoi effetti nel momento in cui viene
portato a conoscenza della società, a differenza del caso in cui la società abbia una scadenza
prefissata, ove l’uscita di uno dei soci dalla compagine sociale determina una modifica del
contratto sociale che necessita del consenso di tutti i soci. Nella prima ipotesi non è esclusa,
peraltro, la facoltà di revoca del recesso da parte del socio, in quanto la prevalenza del
rapporto volontaristico – collaborativo fra i soci comporta che una diversa comune volontà
possa essere espressa, almeno fino a che non si sia proceduto alla liquidazione della quota
del socio uscente mediante la revoca della precedente volontà di scioglimento del singolo
rapporto sociale, sempre che sussista la concorde volontà di tutti i soci in tal senso.
(Cassazione civile, sezione I, 24 settembre 2009, n. 20544)
Il diritto agli utili
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 2262 codice civile, salvo patto contrario, ogni socio ha il
diritto di percepire la sua parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto che è un
documento che deve essere redatto al termine di ogni anno e dal quale risultano tutte le
operazioni compiute dalla società, nonché le entrate e le uscite corrispondenti a queste
operazioni. Inoltre, il rendiconto deve essere approvato dai soci e con l’approvazione
diventa definitivo. Nella società semplice, il diritto agli utili si verifica, salvo patto
contrario, in conseguenza dell’approvazione del rendiconto.
Tuttavia, in riferimento ai rapporti fra il diritto societario con il diritto penale fallimentare,
la Suprema Corte di Cassazione penale, sezione V, sentenza 2 ottobre 2009, n. 38529 ha
stabilito quanto segue: “Non costituisce distrazione ai sensi dell’art. 216, comma primo,
n. 1 Legge fallimentare la ripartizione di utili avvenuta prima dell’approvazione del
rendiconto, in quanto la prescrizione dell’art. 2262 codice civile, non solo ammette
patto contrario tra i soci, ma mira a garantire la parità di trattamento dei soci e non
l’integrità del patrimonio sociale posto a garanzia dei creditori”.
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In questo specifico contesto si inserisce anche l’articolo 2265 codice civile il cui testo
normativo è proprio il seguente : “E’ nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi
da ogni partecipazione agli utili o alle perdite”. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha
stabilito che il cosiddetto patto leonino, vietato ai sensi dell’art. 2265 codice civile,
presuppone la previsione della esclusione totale e costante del socio dalla partecipazione al
rischio d’impresa o dagli utili, ovvero da entrambi. Esulano, pertanto, da tale divieto le
clausole che contemplino la partecipazione agli utili o alle perdite in una misura diversa
dalla entità della partecipazione sociale del singolo socio, che si esprimano in misura
difforme da quella inerente ai poteri amministrativi, sia che condizionino in alternativa la
partecipazione o la non partecipazione agli utili o alle perdite al verificarsi di determinati
eventi giuridicamente rilevanti. (Cassazione civile, sezione II, 21 gennaio 2000, n. 642)
Scioglimento della società
La società semplice si può sciogliere 4 per le seguenti cause:
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per il decorso del termine, se la società è a tempo determinato e, scaduto lo stesso, i
soci non abbiano deliberato la proroga;
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per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità
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di
conseguirlo;
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per la volontà di tutti i soci;
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se viene a mancare la pluralità dei soci (rimane, cioè, un solo socio) e tale pluralità
non è ricostituita nel termine di 6 mesi dal giorno dell’avvenuta mancanza. Inoltre, il
termine semestrale può essere ridotto per volontà dei soci, ma in alcun modo prolungato;
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per le altre cause previste dal contratto sociale, fra le quali anche quella relativa alla
morte di un socio. Su quest’ultimo punto, ovvero nel caso di morte di un socio, lo scrivente
ritiene utile per la completezza espositiva dell’argomento in commento riportare un recente
principio di diritto elaborato dalla Suprema Corte che è proprio il seguente : “Anche nella
società di persone composta da due soli soci, ove la morte di uno di essi determini il venir
Lo scioglimento del rapporto esistente tra la società ed il socio determina il sorgere, in capo a quest’ultimo,
esclusivamente di un diritto di credito. A tal proposito, l’articolo 2289 codice civile stabilisce che: “Nei casi in cui il
rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di
denaro che rappresenti il valore della quota”.
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L’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale può costituire causa legittima di scioglimento della società (ex art. 2272
n. 2, codice civile) quando riveste caratteri di assolutezza e definitività tali da rendere inutile ed improduttiva la
permanenza del vincolo sociale.
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meno della pluralità di soci, lo scioglimento del rapporto particolare del socio defunto si
verifica alla data del suo decesso, mentre i suoi eredi acquistano contestualmente il diritto
alla liquidazione della quota secondo i criteri fissati dall’articolo 2289 codice civile, vale a
dire un diritto di credito ad una somma di denaro equivalente al valore della quota del socio
defunto in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è verificato lo
scioglimento”. (Cassazione civile, sezione II, 11 maggio 2009, n. 10802)
Inoltre, il verificarsi di una causa di scioglimento della società limita il potere degli
amministratori agli “affari urgenti” fino a che siano presi i provvedimenti necessari
per la liquidazione (articolo 2274 codice civile).
Con lo scioglimento non si verifica l’estinzione della società; questa continua a
sopravvivere per quanto attiene ai rapporti in corso, siano essi di credito o di debito. Nel
caso in cui non si proceda ad una formale liquidazione, la società, benché disciolta, continua
ad essere rappresentata da coloro che erano a ciò designati, anteriormente allo scioglimento.
In conseguenza le procure alle lite conferite dagli anteriori rappresentanti o amministratori
conservano la loro efficacia.
Peraltro, si deve nuovamente rilevare che una volta verificatasi una causa di scioglimento la
società non cessa senz’altro di esistere, ma si apre una fase particolare: la liquidazione, che
ha la finalità di definire i rapporti derivati dall’attività sociale e di ripartire fra i soci
l’eventuale attivo residuo.
Tuttavia, durante il procedimento liquidatorio la società continua ad esistere ed ha per fine il
compimento delle operazioni di liquidazione; inoltre, non possono essere assunte, perciò,
nuove obbligazioni ma devono essere compiuti soltanto gli atti necessari alla liquidazione
stessa.
I liquidatori
In sintesi, si deve rilevare che i liquidatori sono titolari di un ufficio assimilabile a quello del
mandatario e sono complessi i poteri ed i compiti loro demandati. Infatti, i liquidatori
prendono in consegna i beni ed i documenti sociali dagli amministratori e possono compiere
gli atti necessari per la liquidazione e, qualora i soci non hanno disposto diversamente,
possono vendere anche in blocco i beni sociali e fare delle transazioni o dei compromessi
(art. 2278 codice civile).
Inoltre, i liquidatori non sono legittimati a compiere nuove operazioni sociali e se le
compiono devono rispondere personalmente e solidamente per gli affari intrapresi (articolo
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2279 codice civile). I liquidatori non possono ripartire tra i soci i beni sociali se non sono
stati previamente soddisfatti i creditori sociali o accantonati i fondi per provvedervi (articolo
2280, comma 1°, codice civile). Infine, si deve sottolineare che la responsabilità dei
liquidatori viene regolata dalle norme stabilite per gli amministratori (art. 2276 codice
civile). Peraltro, i liquidatori possono essere revocati per volontà unanime dei soci e, in ogni
caso, dal Tribunale per giusta causa su domanda di uno o più soci (art. 2275, 2° comma,
codice civile).
L’estinzione della società
Il procedimento di liquidazione della società semplice ha termine con l’estinzione dei debiti
sociali e con la definizione dei rapporti tra i soci. Tuttavia, si deve rilevare che la società
non si estingue se alla liquidazione formale non corrisponde la liquidazione effettiva di tutti
i rapporti giuridici che ad essa facevano capo.
In sintesi, si deve affermare che il concetto di estinzione si identifica con il venir meno dal
mondo del diritto dell’esistenza giuridica della società. Pertanto, fissare e stabilire questo
momento significa individuare quando si dissolvono gli elementi legali della struttura
societaria.
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