F. Di Santo: L`arte militare al tempo dei Montecuccoli

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Franco Di Santo1
L’ARTE MILITARE AL TEMPO DEI MONTECUCCOLI
“Onorare e premiare la virtù, non dispregiare
la povertà, stimare i modi e gli ordini della disciplina militare, costringere i cittadini ad amare l’uno l’altro, a vivere senza sette, a stimare meno il privato che il pubblico”
N. Machiavelli, Dell’arte della guerra
Raimondo Montecuccoli fu uno dei protagonisti della cosiddetta Rivoluzione militare, quel movimento di profonda riforma degli eserciti europei
che abbracciò i secoli XVI e XVII, sulla scia delle guerre d’Italia (14941559), delle Fiandre (1568-1648), dei Trent’anni (1618-1648) e delle campagne militari contro i Turchi. Il suo nome e la sua fama sono onorati ancora
oggi in tutta Europa, la cui storia egli ha contribuito a scrivere con le sue
gesta.
Ma non fu certo l’unico membro della nobile famiglia ad esserlo. Lo zio
Alfonso (Alfonsino) Montecuccoli di Riva e di Montespecchio e i suoi figli,
Girolamo ed Ernesto, vissero parimenti da protagonisti questi tumultuosi ma
interessanti tempi. Li accomuna uno spirito europeo e un contestuale legame
alla terra d’origine che possono ispirare oggi le nuove generazioni, confrontate alla grande sfida della creazione di una comune Patria europea.
L’oggetto di questo breve scritto è inquadrare tali carriere nell’ambito
dell’arte militare del tempo, arte militare che i Nostri hanno ampiamente
conosciuto e applicato, giungendo con Raimondo ad una sua rielaborazione
in ciò che oggi definiamo Strategia.
L’arte militare del XVI secolo si caratterizzava dal grande sviluppo tecnologico rappresentato dalle armi da fuoco (moschetti e artiglierie di vario
calibro), che aveva radicalmente cambiato il modo di combattere ma anche
l’essenza stessa delle formazioni militari. L’utilizzo del termine arte anziché
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Nato a Roma il 10 ottobre 1967, è un ufficiale dell’esercito italiano, attualmente impiegato presso la Führungsakademie der Bundeswehr di Amburgo. Da anni si interessa al pensiero strategico di Raimondo Montecuccoli.
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scienza non è causale giacché la prima esalta le caratteristiche personali del
militare (carisma, coraggio, esperienza) mentre la seconda attiene più ad una
disciplina, o metodo, da tutti applicabile e basata sulla conoscenza piuttosto
che le qualità personali del singolo. La scienza militare si sostituirà all’arte
anche in ragione della complessità dei conflitti moderni, che renderà necessaria una serie di conoscenze e funzioni un tempo inesistenti o (finanche)
inutili alla soluzione dei conflitti. La logistica, la tattica, l’organica e la strategia, già conosciute e applicate ai tempi della rivoluzione militare del XVII
secolo (l’organicità data loro dagli studi montecuccoliani rimarrà insuperata
fino agli studi di Clausewitz, per il quale arte e scienza militari erano concetti inseparabili), sono branche della scienza militare intuite ma non approfondite dall’arte militare.
Ad ogni modo, non va mai dimenticato che quando si parla di scienza
militare non si può mai far riferimento ad una scienza esatta ma sempre ad
una scienza umana e quindi fallibile (il grande stratega tedesco Helmut von
Moltke il vecchio parlava della strategia addirittura come “questione di espedienti”!).
L’arte militare dell’antichità, soprattutto Romana, era ben conosciuta, in
epoca medioevale e rinascimentale, per mezzo dell’opera dello scrittore Vegezio De Re Militari, scritta intorno alla prima metà del quinto secolo d.C.
A questa importante fonte attingerà Niccolo Machiavelli nello scrivere, tra il
1519 e il 1520, il Trattato dell’Arte della guerra pubblicato a Firenze nel
1521. Machiavelli (che nel libro dà voce al Condottiero Fabrizio Colonna) si
domanda le ragioni della decadenza militare italiana del tempo e nella tradizione militare romana trova possibili rimedi.
In particolare, elabora quell’idea di Virtù alla base della quale i cittadini
devono fondare il proprio amore per la Patria e la sua difesa. La virtù machiavellica non è molto dissimile dal Geist che secoli dopo Clausewitz (profondo conoscitore dell’opera del segretario fiorentino) indicava come elemento determinante della vittoria in guerra. La virtù è requisito proprio
dell’uomo e pone quest’ultimo di fronte al suo agire: anche l’arte della guerra del tempo si forma nello spirito del Rinascimento, rappresentando una
netta cesura con la concezione del guerriero del passato.
Nel medio evo, segnato dal ruolo della Chiesa quale più alta espressione
del potere divino (e in perenne lotta con l’Imperatore per quello temporale),
il Cavaliere difendeva, con lo scudo e la spada, il popolo del feudatario che
lo aveva investito o combatteva gli infedeli e i pagani nel nome di Dio. Con
San Tommaso (e in precedenza, con Sant’Agostino che definiva la guerra
“una felicità per i malvagi e una necessità per i buoni”) la Chiesa, che in
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nome del Cristo perseguiva la Pace in terra, si era posta il problema della
guerra, elaborando il concetto di “guerra giusta” nella convinzione che solo
la giustizia potesse essere premessa della pace. Nacquero in questo periodo
gli ordini cavallereschi (o equestri) di origine religiosa (tra i più famosi furono quello teutonico e quello templare), che combatterono nelle diverse
Crociate in terra santa e successivamente nell’Europa orientale (dai territori
dell’Ordine teutonico nascerà nel XV secolo il Ducato di Prussia).
La società feudale, basata sul possesso terriero e l’agricoltura, veniva tutelata dal padrone delle terre, direttamente o mediante cavalieri a lui fedeli.
Il mestiere delle armi era consentito al Cavaliere dalla ricchezza personale (per lo più fondiaria) di cui disponeva e non dal pagamento altrui. Nobiltà
e cavalierato andavano di pari passo e spesso si fondevano tra loro. L’arte
della guerra medievale fondata sulla cavalleria permise però anche lo sviluppo di un artigianato metallurgico specializzato nella fabbricazione delle
pesanti armature: la metallurgia lombarda si specializzò nel settore e le armature prodotte in Italia divennero famose in tutta Europa.
Naturalmente non esistevano soltanto i cavalieri, necessari come forza
d’urto indispensabile per la vittoria in battaglia. Anche i fanti, arcieri e balestrieri svolgevano un ruolo importante nella tattica di guerra. Ma nulla era
considerato così decisivo come la manovra sfondante o avvolgente della
cavalleria per cui sul campo di battaglia il numero di cavalieri era generalmente sempre superiore a tutte le altre specialità. La cavalleria era poi preferita alla fanteria anche per una ragione politica: una fanteria numericamente
forte poteva costituire un pericolo concreto di rivolte interne.
Questa predominanza della cavalleria ebbe termine solo con l’introduzione della picca, lunga asta di legno appuntita che usata in massa rendeva
inefficace la carica di cavalleria. Il picchiere (Raimondo Montecuccoli iniziò la sua carriera militare proprio in questa specialità) necessitava, oltre del
coraggio necessario ad affrontare una carica di cavalleria, di un buon addestramento per poter risultare efficace in battaglia. Con la picca si rende necessario l’addestramento collettivo (o in “ordine chiuso”, come si dice in
gergo militare) che a sua volta di avvale di ordini musicali: è la nascita della
musica militare e delle sfilate in parata dei soldati.
Con la scoperta della polvere da sparo tutto cambia. E’ una rivoluzione
destinata a mutare anche la politica e la società cui solo la scoperta della
stampa può compararsi. Il Cavaliere nulla può contro bocche da fuoco che
colpiscono a distanza senza neanche vedere gli occhi del nemico. Giovanni
de’ Medici “dalle bande nere” muore per un colpo ricevuto da un piccolo
calibro di artiglieria sparato dai lanzichenecchi al servizio dell’Imperatore
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Carlo V nel novembre 1526. L’epoca dei tornei dei nobili cavalieri è conclusa. L’elemento economico comincia ad assumere un ruolo predominante
perché solo una solida ricchezza garantiva la possibilità di disporre di uomini e mezzi per la guerra. Legato dunque a questo si sviluppò un sistema finanziario e industriale che fu poi la base del più generale sviluppo economico europeo. Rende bene l’idea del tempo il libro Carlo M. Cipolla Vele e
cannoni in cui il celebre storico dell’economia spiega l’affermazione nel
mondo dell’Europa nel XVI secolo attraverso la superiorità tecnologica degli europei sia nel campo degli armamenti che in quello navale. Machiavelli
non coglie subito la portata rivoluzionaria rappresentata dalle armi da fuoco,
ritiene, non del tutto a torto, che lo spirito del combattente sia preminente
rispetto ai suoi mezzi. Ma la battaglia di Marignano del 13 e 14 settembre
1515 mostrò come l’artiglieria francese, al comando del condottiero milanese Gian Giacomo Trivulzio, potesse aver ragione dei fanti svizzeri ritenuti
allora invincibili. In particolare, l’uso dell’archibugio prima e del moschetto
poi, aveva sensibilmente ridotto la necessità della picca contro la cavalleria,
che a sua volta si era trasformata da cavalleria pesante (lancia e corazza) in
cavalleria leggera (sciabola e archibugio - i cosiddetti Dragoni) capace di
azioni rapidi e avvolgenti.
Nel XV secolo si afferma la figura del Condottiere che si avvale di una o
più Compagnie di Ventura, da lui organizzate e pagate, poste al servizio dei
diversi Signori d’Europa. E’ la condotta, ovvero il contratto che lega la
Compagnia di ventura al suo Signore, a dare il nome a questo nuovo tipo di
capo militare. Il Condottiero è uno specialista della guerra, delle sue tattiche
e dei suoi mezzi sempre più raffinati, che trae il proprio sostentamento dal
porsi al servizio altrui. Il condottiero era niente altro che un imprenditore
della guerra.
Gli italiani eccellono tra le file di questa nuova figura: Condottieri italiani
e fanterie svizzere formano l’eccellenza militare del tempo. I Visconti, Orsini, Bentivoglio, Borgia, Vitelli sono famiglie italiane rese famose e potenti
dai Condottieri che vi hanno appartenuto. Francesco Sforza, uno dei più
famosi condottieri italiani (molto stimato da Niccolò Machiavelli), divenne
addirittura nel 1450 Duca di Milano e i suoi discendenti (tra cui il famoso
Ludovico il Moro) tennero le sorti del Ducato, tra alterne vicende, per quasi
cento anni (l’ultimo Duca sforzesco fu Francesco II che morì nel 1535 senza
eredi). Gli Sforza non furono gli unici ad annoverare dei condottieri nelle
loro famiglia. Anche la famiglia d’Este ne ebbe dei famosi, fra tutti spicca
Ercole I, Duca di Ferrara dal 1471 al 1505 che proprio in battaglia ricevette
una ferita che lo rese claudicante per tutta la vita. Il primo Condottiere della
famiglia Montecuccoli può essere definito Baldassarre, detto Bersanino
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(1460-1538), il quale era il capo di un centinaio di uomini del Duca Alfonso
I di Ferrara nella Lega di Cambrai e in seguito raggiunse una certa fama
nell’arte militare. Bersanino era il figlio del celebre Conte Cesare (14181506) che fece grande il Frignano del tempo.
L’affermazione in Europa dell’arte militare italiana si riflette anche nella
terminologia militare dell’epoca: fanteria, artiglieria, soldato, compagnia
sono tutti termini militari adottati dalle principali lingue europee. In Italia, al
tempo dei Condottieri, ebbe anche grande impulso la cartografia, ritenuta
sempre più necessaria per l’orientamento e il movimento delle truppe.
Con le armi da fuoco si rese necessario trasformare il castello del cavaliere medievale in fortezza, nuova e inespugnabile residenza del signore rinascimentale. Nacque l’architettura militare in cui, ancora una volta, gli italiani primeggiarono.
La fortezza a stella di Palmanova, costruita dal veneziano Giulio Savorgnan come “città nuova e ideale”, resta ancora oggi un capolavoro insuperato nel suo genere. Il Trattato di architettura civile e militare di Francesco di
Giorgio Martini divenne un’opera fondamentale, conosciuta in tutta Europa
al pari dell’altra grande opera letteraria del Rinascimento, Il Principe di
Niccolò Machiavelli, testo di scienza politica che affronta il tema dei Principati e di come conquistarli e mantenerli.
Tutti questi cambiamenti nell’organizzazione e nella tecnologia militare
non potevano non riflettersi nello spirito militare del tempo. Il codice cavalleresco, le tradizioni e i costumi feudali persero il loro significato per il singolo soldato di ventura. La violenza e il bottino caratterizzavano i comportamenti dei soldati mossi solo dal bisogno economico e tenuti a bada dalla
cruda disciplina del Condottiero. Il mestiere delle armi creava così una situazione paradossale: gli uomini migliori (i Condottieri) avevano a che fare
con quelli peggiori (i soldati di ventura detti anche mercenari). La guerra
nel primo periodo della storia moderna si trasforma e diventa una professione, uno strumento politico, una sfida tecnologica.
Anche le ragioni delle guerre in Europa, durante l’epoca rinascimentale,
cambiano rispetto al periodo medievale. Alle lotte tra Papato e Sacro Romano Impero e tra i diversi potentati locali tra loro, si sostituisce la guerra di
religione, nata con la riforma luterana e che opporrà, fino ai trattati di pace
di Vestfalia nel 1648, i cattolici ai protestanti. L’elemento politico di contrapposizione tra i sovrani del tempo, legato alla conquista di nuovi territori,
non verrà mai meno ma piuttosto sarà avvolto dal mantello della Fede.
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Certo le guerre di religioni non saranno le uniche. Le guerre d’Italia, iniziate con la discesa nella penisola del Re francese Carlo VIII nel 1494, si
trascineranno fino al 1559 e vedranno i francesi, i tedeschi e gli spagnoli
disputarsi “il giardino d’Europa”, con la vittoria finale degli spagnoli e il
loro conseguente dominio in Italia fino al XVIII secolo. E’ proprio all’arrivo
in Italia delle truppe straniere che il grande storico militare Piero Pieri, nel
suo insuperato Il Rinascimento e la crisi militare italiana pubblicato dalla
casa editrice Einaudi nel 1952, fa risalire la crisi degli strumenti militari
italiani, legati al fallimento di una politica nazionale unitaria (potrebbe essere una valida riflessione nell’attuale fase dell’Unione Europea?).
Anche nelle Fiandre si combatteva una guerra lunga e dolorosa tra gli
spagnoli e gli olandesi che iniziata nel 1568 avrà termine solo nel 1648 con
il riconoscimento della repubblica delle sette Provincie Unite (gli attuali
Paesi Bassi) con il Trattato di Vestfalia.
Verso il tardo periodo cinquecentesco, la figura del Condottiero e delle
Compagnie di ventura sfumeranno verso formazioni più regolari e poste al
servizio delle grandi potenze di allora (Impero asburgico, Francia, Spagna in
primis). I mercenari assumeranno maggiormente la configurazione di soldati
(ossia al soldo di qualcuno, in genere il proprio Comandante), i Condottieri
quello di ufficiali al servizio del Sovrano.
Nel XVI secolo la figura dell’ufficiale si accompagna spesso a quella del
diplomatico. Uomini generalmente colti per via dell’estrazione nobile, forti
di una grande esperienza internazionale a causa dei conflitti europei e
dell’origine dei soldati, gli ufficiali assumono spesso ambascerie dalle Signorie di origine nei confronti dei Sovrani presso i quali sono in servizio, e
viceversa. In questo modo, contribuiscono allo sviluppo di una rete di relazioni e alleanze su cui si fonda il sistema politico di quei tempi. Il militare e’
anche uomo di corte, retaggio di quella tradizione cavalleresca dei tempi
medievali. La sua presenza, tanto più se connessa ad un vittorioso uomo
d’arme, accresce il prestigio della corte del Sovrano e dei suoi familiari.
E’ in questo contesto e nella tradizione storica militare italiana che Alfonso Montecuccoli abbraccia il mestiere delle armi.
Parteciperà ai principali conflitti del suo tempo: le guerre di religione in
Francia, la guerra di Fiandra, le campagne contro i barbareschi e i turchi nel
mediterraneo.
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La guerra navale in Mediterraneo, che venne combattuta lungo tutto il
XV e XVI secolo dalle potenze cristiane (Spagna e Venezia anzitutto) contro il dominio turco dei mari e la minaccia dei pirati contro i commerci marittimi e le città della costa, ebbe il suo punto più alto nella battaglia navale
di Lepanto (al largo della costa occidentale greca) il 5 ottobre 1571 in cui la
flotta della Lega Santa (Spagna, Venezia, Roma, Genova, Cavalieri di Malta, Granducato di Toscana, Ducati di Savoia e Urbino) al comando di Don
Giovanni d’Austria, sconfisse la flotta ottomana di Ali Pascià, che morì nello scontro. Nonostante la schiacciante vittoria però, il pericolo ottomano fu
solo temporaneamente ridimensionato, poiché le divisioni tra Spagna e Venezia non permisero di sfruttare appieno il successo.
Alfonso Montecuccoli partecipò alla guerra navale in Mediterraneo al
comando delle truppe previste per lo sbarco a Cipro nella primavera del
1607. La guerra navale del tempo, infatti, non era solo scontro di artiglierie
tra navi (come nei secoli successivi) ma per lo più combattimento tra fanterie imbarcate che provvedevano all’arrembaggio e alla conquista della nave
avversaria o allo sbarco e depredazione del territorio nemico.
Alfonso Montecuccoli fu il primo a dare lustro militare internazionale al
nome dei Montecuccoli e a consolidare il prestigio della casata frignanese in
Italia (anzitutto nei confronti del potente Granducato di Toscana).
Alfonso si ispirava alle figure dei condottieri italiani che aveva conosciuto direttamente e indirettamente e, pur non raggiungendo la fama di costoro,
seppe valorizzare la propria origine italiana al servizio dei principali Signori
del tempo. Non vi è alcun dubbio che i figli Ernesto e Girolamo seguiranno
le orme del padre, la cui esperienza militare e diplomatica faciliterà l’affermazione dei figli che poi proteggeranno il giovane Raimondo (che a sua
volta porrà sotto la sua protezione il giovane Enea Silvio Caprara, futuro
feldmaresciallo imperiale).
Come uso del tempo, i Montecuccoli impareranno l’arte militare sul
campo di battaglia. Solo Raimondo si rende conto che l’esperienza da sola
non basta, che la guerra è un fenomeno umano primitivo che sta assumendo
una dimensione sempre più sociale e politica. Occorre studiarla per meglio
prepararsi ad affrontarla, e per questo darà vita ad un corpo dottrinario che
gli sopravvivrà nei secoli, contribuendo alla formazione di grandi uomini
della storia come Federico II e Napoleone.
In tal senso, i Montecuccoli (ai quali vorrei aggiungere anche quelli che
seguiranno i Nostri, primo fra tutti l’Ammiraglio Rudolf Montecuccoli degli
Erri, artefice della modernizzazione della marina imperiale austro-ungarica
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all’inizio del XX secolo), daranno un contributo fondamentale a quella Cultura della Guerra (da tenere ben distinta dalla Cultura di Guerra) composta
da uomini, arti, tecnologie, eventi e luoghi in cui il costante conflitto tra
pace terrena e giustizia umana hanno segnato il destino della storia degli
uomini.
I Montecuccoli di Montese - Percorso storico
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