GIORNALISMO D’INCHIESTA Questi sintetici appunti costituiscono la traccia degli interventi effettuati al Liceo Parini dalla scrittrice Giovanna Cracco nelle giornate di seminario del 24 ottobre e del 7 novembre 2012 nell’ambito del progetto “Il giornalismo di inchiesta”. I contenuti degli interventi forniscono utili indicazioni sia per affrontare più consapevolmente la tipologia di scrittura dell’articolo di giornale, sia per impostare correttamente il testo da inviare al concorso Premio Gadda Giovani (la cui scadenza è fissata per il 31 gennaio 2013). Nel corso degli incontri, la scrittrice aveva corredato le spiegazioni con alcuni esempi e con l’analisi critica di una inchiesta di tipo conoscitivo relativa a un fenomeno sociale (nella fattispecie, la diffusione dell’alcolismo tra i giovani) per evidenziarne la rispondenza, o meno, ai criteri principali qui di seguito enunciati. Presupposti dell’inchiesta – L’inchiesta mira a informare su qualcosa che è invisibile, per volontà di un soggetto o di un potere specifico o semplicemente perché il cittadino non ne è a conoscenza; scaturisce spesso dalla necessità di fare chiarezza su un aspetto della realtà (politica, economica, sociale, culturale ecc.) che non si comprende e che si vuole capire. Presupposti fondamentali di chi si occupa di giornalismo di inchiesta sono quindi la curiosità intellettuale, un bagaglio culturale per poter interpretare gli avvenimenti e la vigilanza su quanto accade. Due sono le fasi principali dell’inchiesta: la raccolta dei dati e la loro interpretazione. Scopo dell’inchiesta è appunto la ricostruzione del quadro della situazione sulla base dei dati acquisiti. In particolare, quando si parla di “interpretazione” si pone la questione della obbiettività del giornalista. A questo proposito, bisogna dire che l’etica su cui si fonda il giornalismo fa capo all’onestà intellettuale del giornalista piuttosto che alla sua (presunta) obbiettività, che di fatto non può esistere, perché ogni analisi risente inevitabilmente della soggettività (culturale, politica ecc.) di chi la effettua, ed è soprattutto dannosa, in quanto senza interpretazione il giornalismo si trasforma in strumento di propaganda del potere (economico, politico ecc.). Cardini dell’onestà intellettuale del giornalista – Ci sono alcuni principi imprescindibili che devono essere alla base di ogni inchiesta (e in generale di ogni articolo giornalistico): 1. L’enunciazione della verità: non solo non si devono pubblicare notizie false, ma il giornalista deve verificare sempre l’attendibilità e l’autenticità delle fonti che utilizza 2. L’attenzione alla completezza e alla rilevanza: un’inchiesta non può omettere dati di rilevante importanza e non può includere informazioni irrilevanti a spese di dati significativi 3. La necessità della schiettezza: il giornalista non deve nascondere la propria valutazione tra le righe ma deve sostenere direttamente la sua tesi con argomentazioni 4. L’impegno alla responsabilità : nei codici etici anglosassoni è indicata con la parola “stewardship”, che include i concetti di ‘gestione’ e ‘direzione’ e allude a quello di ‘amministrazione fiduciaria’: il giornalista ha infatti una responsabilità sociale nei confronti del cittadino, il suo ruolo è quello di ’cane da guardia’ (“watchdog”) dei diritti della collettività 5. L’esercizio della libertà: sia il giornalista che la testata devono essere liberi da qualsiasi potere, istituzionale, politico, economico ecc. Una libertà che raramente si trova in Italia, dove i grandi organi di informazione sono di proprietà di gruppi industriali e/o finanziari con evidenti interessi da tutelare e propagandare, interessi che vanno a scontrarsi con il diritto del cittadino a essere informato. Fonti e tipologie dell’inchiesta - Per quanto riguarda l’acquisizione dei dati, le fonti – obbiettivo è avere il maggior numero possibile di fonti, non collegate tra loro - possono essere costituite da documenti o da persone e possono essere “aperte” (cioè pubbliche, accessibili a chiunque) o “chiuse” (cioè riservate o segrete, come documenti privati o le cosiddette “gole profonde”). Possono poi essere fonti “primarie”: atti (parlamentari, giudiziari, societari ecc.), documenti, contratti, dati statistici, dichiarazioni di persone che rivestono un ruolo istituzionale o comunque pubblico; oppure “secondarie”: testimoni oculari, articoli di giornale. Tutte le fonti devono essere verificate e incrociate, occorre essere sempre scettici di fronte a notizie riportate da una fonte sola e una fonte anonima non è di per sé sufficiente per un’inchiesta. In quanto alla tipologia, le inchieste possono essere investigative o conoscitive: le prime mirano a indagare un fatto specifico, vicende controverse la cui natura e responsabilità sono un mistero per l’opinione pubblica; le seconde illustrano un fenomeno (sociale, economico, politico, culturale ecc.) diffuso, che proprio per la sua diffusione è diventato di interesse collettivo. Le inchieste investigative non sono assimilabili alla cronaca giudiziaria: quest’ultima si appoggia alle “veline” (cioè i dati forniti) della Procura, mentre un’inchiesta giornalistica ricerca fonti, analizza e interpreta un avvenimento in modo del tutto autonomo anche dal potere giudiziario, riservandosi il diritto-dovere di valutazioni diverse e contrapposte da quelle della magistratura. Struttura dell’inchiesta – Per impostare un articolo/un testo di inchiesta si percorrono le seguenti fasi: 1. Raccolta dati, verifica e incrocio delle fonti 2. Individuazione del “focus”: si definisce qual è l’interpretazione dei dati raccolti, il ragionamento di fondo su cui poggerà tutta l’inchiesta 3. Compilazione di uno schema, per fare chiarezza a se stessi e trasmettere chiaramente e coerentemente al lettore 4. Selezione dei dati significativi tra i molti raccolti e confrontati 5. Stesura dell’incipit: le prime 10/20 righe devono avere forza di impatto e essere efficaci nell’”agganciare” il lettore; l’incipit deve contenere “in nuce” il focus dell’inchiesta. Varie possono essere le “opening sentences”: a) enunciazione di un fatto; b) citazione della dichiarazione di una persona; c) interrogativo diretto al lettore; d) descrizione di una scena (“new journalism”). 6. Stesura della struttura: stabilito il focus dell’inchiesta, la struttura ne consegue. Il lettore viene “preso per mano” e condotto in un percorso logico e il più possibile ordinato (secondo criteri cronologici, o di causa/effetto, o di azione/reazione, a seconda del tipo di inchiesta e dell’argomento affrontato). Ogni affermazione deve essere supportata dalle “pezze d’appoggio”, ovvero le informazioni tratte dalle fonti attendibili. Una suddivisione in capitoli, anche in questo caso a seconda dell’argomento, può rendere più chiara l’inchiesta. E’ importante che ogni passaggio, corredato dai dati opportuni, venga interpretato. Può essere utile chiudere l’inchiesta con conclusioni complessive che racchiudono focus e interpretazione. 7. Scelta del titolo: deve contenere il focus dell’inchiesta e essere allo stesso tempo efficace. Può essere enunciativo oppure paradigmatico, cioè fondato su un patto di riferimento comune col lettore. Nel caso di titolo paradigmatico, diventa praticamente indispensabile inserire un sottotitolo (o catenaccio) che esplicita l’argomento dell’inchiesta. Scrittura e scelte di stile - In un’inchiesta giornalistica, la scelta dello stile da utilizzare è molto importante; che si scelga la cosiddetta “scrittura classica” o il “new journalism”, gli eccessi e i toni forti sono da escludere: è la solidità dei dati e dell’interpretazione che deve catturare il lettore, informandolo, non la ‘violenza’ di un linguaggio urlato o denigratorio. Nella “scrittura classica”, da una parte c’è il lettore dall’altra il giornalista: il lettore non vede l’evento in sé ma il giornalista dentro l’evento e il suo racconto. Il patto tra giornalista è lettore è chiaro: io ti racconto quello che so e/o che vedo, e questa è la mia versione. Nel caso il giornalista entri direttamente come voce narrante, si può usare la prima persona singolare o plurale: nel passato la prima persona singolare era usata solo dai grandi giornalisti, mentre la prima persona plurale significava un’identificazione del giornalista con la testata su cui scriveva. Ora il “noi” è adoperato per coinvolgere il lettore, mentre l’”io” crea di fatto una distanza tra giornalista e lettore. E’ molto efficace la tecnica delle “features”, cioè del racconto di una storia, anche individuale, di un soggetto, per sviluppare l’argomento oggetto dell’inchiesta; in questo modo la personificazione della storia in un soggetto dà spazio anche a emozioni, percezioni, impressioni, atmosfera, reazioni psicologiche e significati simbolici, puntando non solo a informare ma anche a emozionare. I lettori, così coinvolti, si ricorderanno meglio del fatto. Ovviamente, essendo indispensabile in un’inchiesta l’interpretazione dei dati, arriva sempre il momento in cui il giornalista deve entrare direttamente e chiaramente nell’inchiesta, con la sua voce e la “scrittura classica”. Occorre inoltre stare attenti agli eccessi di sentimentalismo che portano fuori fuoco il vero obbiettivo dell’inchiesta: informare e fare chiarezza. La tecnica del “new journalism” è stata introdotta negli anni Sessanta da scrittori/giornalisti del calibro di Tom Wolfe, Truman Capote, Norman Mailer, Gay Talese. In pratica, si tratta di raccontare una scena prendendo a prestito la tecnica narrativa: il giornalista scompare, la sua mediazione tra avvenimento e lettore è eliminata e quest’ultimo è trascinato dentro la scena. È una tecnica di scrittura che si nutre di immagini dirette visive e di cariche simboliche, di descrizioni (ambiente, suoni, odori, percezioni…), dialoghi diretti tra i protagonisti della scena e, spesso, un efficace tempo verbale al presente. Anche qui, non va dimenticato l’obbiettivo principale, che ha nella documentazione e nell’interpretazione chiara ed esplicita la sua forza, al di là della suggestività della scena o dei personaggi, e anche in questo caso il giornalista dovrà a un certo punto entrare con la sua voce e con la forza della sua interpretazione.