Presentazione del “Rapporto Piacenza 2002” del dott. Carlo Buttaroni

Diocesi Piacenza-Bobbio
Ufficio Stampa: Documenti
Teatro dei Filodrammatici
“Rapporto Piacenza 2002”
4 febbraio 2002
Invitati i sindaci, gli amministratori comunali, i rappresentanti delle forze sociali,
imprenditoriali, sindacali, culturali, sociali e i vari cittadini, si svolge la presentazione del
“Rapporto Piacenza 2002”, frutto di una accurata indagine statistica che “l’Editoriale
Libertà” ha commissionato all’Istituto di ricerca Unicab Italia in collaborazione con la
“CariParma&Piacenza, e che viene messa a disposizione di tutta la città.
Presentazione del “Rapporto Piacenza 2002” del dott. Carlo Buttaroni – Omissis –
Mons. Luciano Monari, Vescovo
Posso dire solo alcune cose, che vengono dall’ultima parte della ricerca, perché mi è stata data in
precedenza. Per il resto ho goduto stasera nel sentire alcune riflessioni sulla situazione piacentina
che, credo, per molti aspetti è positiva e ricca di speranza per noi.
1. A dire la verità nell’inchiesta mi “sento stretto” per una serie di motivi
1.1. Come cristiano non identifico l’etica con la religione
A dire la verità nell’inchiesta mi “sento stretto” per una serie di motivi, per una scelta
dell’inchiesta stessa che dice: “Si è ritenuto di misurare l’atteggiamento del cittadino verso la
tematica etica-religiosa, non attraverso lo studio del fenomeno religioso in quanto tale, ma bensì
concentrandosi sulle sue declinazioni morali”.
Questo è il primo problema: “mi ci sento stretto” perché come cristiano non considero di
identificare l’etica con la religione. La religione è innanzitutto un rapporto con Dio in Gesù
Cristo; secondariamente è un modo di vedere il mondo insieme con gli altri; è anche un’etica, ma
questo ne è semplicemente un aspetto e non tutto.
Però evidentemente questa è una scelta di metodologia, ed è corretta; cioè questo non significa che
l’inchiesta non vada bene, ma vuole dire: non mi risponde al problema fondamentale, che a me sta a
cuore, della religiosità dei piacentini.
1.2. Che cosa pensano i piacentini dei “rapporti extramatrimoniali”?
Secondo motivo per cui “mi sento stretto” è che per alcune domande mi sarebbe piaciuto
un’impostazione diversa; e mi spiego. Imparo che la maggior parte dei piacentini è a favore dei
“rapporti prematrimoniali”, questo credo non sia difficile da immaginare. Ma a me sarebbe piaciuto
sapere che cosa pensano i piacentini dei “rapporti extramatrimoniali”? Perché questo mi pone,
dal punto di vista morale, un problema grosso e effettivamente decisivo. Cioè, il come è considerato
il legame con il coniuge dal punto di vista etico, se viene considerato rilevante o se invece quella
libertà di coscienza che ciascuno può affermare per se stesso scioglie da legami o da impegni di
questo genere.
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1.3. Interessante è sapere se la diffusione del fenomeno del divorzio preoccupa o no?
Così ancora, per la questione del divorzio. È interessante sapere che circa il 90% dei piacentini è a
favore del divorzio. Ma che cosa vuole dire questo? A favore della legge del divorzio? O considera
il divorzio, in quanto tale dal punto di vista sociale e umano, realtà non rilevante?
M’interesserebbe sapere se la diffusione del fenomeno del divorzio preoccupa o no? Cioè se si
considera il legame, che nasce dal vincolo del matrimonio come qualche cosa di utile dal punto di
vista sociale per cui la sua dissoluzione è magari inevitabile che non si può impedirla, però viene
considerata come un male? O se invece l’ottica è di un diritto di libertà, quindi che diventa positivo
e buono per la società?
1.4. Qual è l’atteggiamento nei confronti della procreazione, e dei bimbi?
Lo stesso discorso vale per la questione dei contraccettivi. Anche qui credo sia pacifico che la
maggior parte degli italiani e degli occidentali è contro la proibizione dei contraccettivi. Ma qual è
l’atteggiamento nei confronti della procreazione? E nei confronti dei bimbi? Viene considerato
importante il mettere al mondo un figlio all’interno di un progetto matrimoniale o no? Questo a me
interesserebbe sapere. Perché il futuro della società per noi dipende molto da questo: i figli vengono
se i genitori li fanno, quindi il problema è di sapere quanto questo è considerato elemento portante o
decisivo dentro al progetto di famiglia o al progetto personale di rapporto di coppia.
 Mi sarebbero piaciute queste dimensioni; mentre messo così non riesco in realtà a leggere con
chiarezza.
2. Dall’Inchiesta emergono due cose
Dico due cose che mi sembrano essere rappresentate dall’Inchiesta, ma non sono sicuro fino in
fondo, proprio perché bisognerebbe andare a scavare più in profondità; e le due cose che mi
sembrano emergere sono queste.
2.1. Nei confronti della Chiesa c’è fondamentalmente una buona fiducia, ma nei confronti
dell’etica cristiana c’è fondamentalmente un disinteresse.
Nei confronti della Chiesa c’è fondamentalmente una buona fiducia, ma nei confronti
dell’etica cristiana c’è fondamentalmente un disinteresse. Perché alcuni punti, che sono stati
ricordati, sono evidentemente dell’etica cristiana, e nei confronti di questi punti non sembra ci sia
un’attenzione così grande da parte dei piacentini. Questo evidentemente come Vescovo mi
interpella: mi chiede di rifletterci sopra e di vedere da che cosa viene e se in realtà questo
corrisponde alla verità delle cose, o se invece è solo il fatto che l’inchiesta non è andata fino in
fondo, fino alla radice.
In realtà credo che il problema è da un po’ di tempo che lo stiamo “macinando”: sono degli anni che
noi ci stiamo dicendo che la nostra società occidentale è evidentemente in tendenza una “società
secolare”, e l’aspetto religioso tende ad essere emarginato o lasciato solo a un ambito individuale di
coscienza. Quindi credo che questa affermazione la si possa fare, e allora lì da lavorare ce ne sarà.
2.2. C’è un discorso più ampio dal punto di vista sociale, della comunità.
C’è un discorso più ampio dal punto di vista sociale, della comunità.
Qualche anno fa, Giuseppe Dossetti senior (“il vecchio”, il politico degli anni ’40/’50), in un suo
discorso di commemorazione di Lazzati, parlò di “notte della comunità”, e voleva dire questo: “La
società di oggi tende ad essere più che una società un aggregato di individui, ciascuno dei quali è
fondamentalmente autonomo e si muove secondo decisioni personali. Il rapporto con gli altri
diventa un rapporto funzionale, cioè che è utile per gestire o per fruire certi vantaggi dal punto di
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vista economico o del divertimento… ma diventa irrilevante nelle scelte di coscienza delle
persone”.
Non so se questo giudizio sia corretto, però il “timore” mi viene: il timore che la società che noi
costruiamo, o verso cui stiamo andando, sia una società che tende a isolare le persone, e a
considerarle in qualche modo ciascuna per conto suo senza una percezione grossa dei legami e dei
doveri, con una percezione esasperata dei diritti (del diritto della mia affermazione), ma con una
percezione molto più debole di quei vincoli sociali che ci uniscono gli uni agli altri.
Alcuni degli esempi sono già venuti fuori in precedenza.
2.2.1. Ho il desiderio che il senso dell’integrazione e dell’unità della persona sia molto forte,
perché non ci troviamo poi con delle persone disgregate.
Ma il discorso, per esempio, della famiglia, identificata con una qualunque convivenza, che cosa
vuole dire? Che la tua famiglia, dal punto di vista sociale, è considerata irrilevante, perché la
convivenza è esattamente la scelta di due persone che dicono: “noi la famiglia non la vogliamo
formare, quindi quei vincoli sociali che sono legati al matrimonio li respingiamo”.
Allora, se uno respinge i vincoli sociali del matrimonio si trova in realtà nella stessa condizione di
chi questi vincoli li assume, quindi significa che quei vincoli sono irrilevanti. Ma il problema
diventa questo: allora i vincoli sociali, familiari, diventano davvero irrilevanti?
Nella nostra tradizione c’è un legame che unisce l’eros con la polis e con il nomos. Quindi con la
città perché l’amore e la sessualità ha una rilevanza sociale, se non altro perché i figli vengono fuori
di lì, quindi unisce l’eros con la polis e anche con il nomos, quindi con una legge, con una norma,
che appartiene alla convivenza delle persone, alla convivenza della società.
 Questo era il cammino di integrazione che si è costruito nei secoli. Allora la domanda è: questa
integrazione scompare nella nostra società?
Per cui il sesso è una cosa, l’amore è un’altra, la legge è ancora un’altra, e la polis ancora un’altra
staccate tra di loro? Non c’è un’esperienza di integrazione di queste realtà? Me lo chiedo, non sono
sicuro; perché, torno a dire, i dati non mi danno una risposta fino a queste domande.
Ma le domande m’interessano molto; perché dal punto di vista cristiano, al di là delle leggi che
riguardano il comportamento sessuale, i problemi fondamentali sono:
1. Legare la sessualità con l’amore.
2. Legare l’amore con l’impegno nei confronti dell’altro.
3. Legare l’impegno con la comunità, con la società.
È questa integrazione che a me sta a cuore tantissimo, perché questo permette di vivere le
dimensioni in un modo integrato, e quindi ricco dal punto di vista personale; perché:
‒ la sessualità, che è evidentemente dimensione biologica, si unisce con
quella affettiva, con l’amore;
‒ si unisce con la libertà nell’impegno;
‒ si unisce con la società nella legge e nella norma.
Non ho un grande affetto per le norme, perché la mia prospettiva è un’altra: ho il desiderio che il
senso dell’integrazione e dell’unità della persona sia molto forte, perché non ci troviamo poi
con delle persone disgregate.
 Torno a dire: tutti questi aspetti sono in sospeso, mi vengono fuori dalla lettura, ma non sono
sicuro che corrispondano esattamente alla situazione.
* Documento rilevato dalla registrazione, adattato al linguaggio scritto, non rivisto dall’autore.
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