Organizzazione e regolazione del lavoro nelle aziende Internet

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Organizzazione e regolazione del lavoro nelle aziende Internet
di Ivana Pais
Docente di Sociologia delle professioni multimediali, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano.
A partire dal 1995, il diffondersi dell’Internet commerciale è stato accompagnato da pubblicazioni
sull’avvento della cosiddetta new economy che sostenevano l’inizio di una nuova era di prosperità
caratterizzata da crescita economica, comunicazione “da tutti a tutti” e allargamento della
democrazia. All’interno di questo filone, possono essere collocati anche alcuni studi sul lavoro nelle
aziende Internet. Si tratta prevalentemente di opere divulgative scritte da studiosi di management
che hanno considerato le caratteristiche innovative del lavoro nelle dot.com della Silicon Valley
come esperienze di anticipazione delle trasformazioni del lavoro che presto avrebbero caratterizzato
tutti i settori economici.
Le posizioni espresse in queste analisi hanno seguito i cicli finanziari legati all’andamento dei titoli
tecnologici in Borsa: durante la fase dell’euforia (2000) veniva enfatizzato l’emergere di un nuovo
modo di lavorare caratterizzato da un approccio ludico, da un forte coinvolgimento cognitivo, da
processi di autonomia e responsabilizzazione individuale rispetto al raggiungimento degli obiettivi
(un esempio di questo tipo di letteratura è ben rappresentato da Moss Kanter 2001); con la crisi
(2001-2002) sono aumentati gli autori critici verso i nuovi lavori nel campo delle tecnologie,
considerati precari, instabili, espressione di nuove disuguaglianze e di nuove forme di schiavitù
legate al rapporto uomo-macchina (questo filone di studi è stato anticipato da Lessard e Baldwin
2001).
Negli ultimi mesi, con l’ingresso in quella che Gartner Group ha definito la “fase del chiarimento”
(2003-2005), considerata come necessaria premessa a una “fase della stabilità” (dal 2006), è emersa
con maggiore evidenza la necessità di integrare le inchieste giornalistiche, gli studi manageriali e le
proiezioni dei futurologi con ricerche sociologiche finalizzate a indagare l’effettiva organizzazione
e regolazione del lavoro delle aziende Internet.
Questo contributo presenta i principali risultati di una ricerca esplorativa che si è proposta questo
obiettivo, attraverso un’analisi del lavoro nelle aziende Internet in provincia di Milano1.
Dal punto di vista metodologico, la ricerca è stata articolata nelle seguenti fasi:
• analisi della letteratura per l’individuazione di un vocabolario condiviso. Dalla comparazione tra
le categorie utilizzate per lo studio dei fenomeni economici e sociali connessi all’introduzione
delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione emerge l’utilizzo prevalente di
alcune espressioni, a cui le fonti prese in esame attribuiscono significati discordi tra loro:
information society, new economy, net o networking economy, ICT economy, Internet economy,
knowledge economy. Tra queste, quella ritenuta più interessante ai fini della ricerca è Internet
economy, che può essere definita come l’insieme delle aziende che hanno Internet come proprio
core business (le cosiddette dot.com)2;
• definizione del campo di indagine. La ricerca ha indagato la Internet economy in provincia di
Milano. La scelta di questa delimitazione del campo è stata determinata da molteplici fattori: le
aziende Internet sono empiricamente isolabili dalle altre aziende che si occupano di ICT
(Information communication technology) e rappresentano un sottoinsieme rilevante ai fini
dell’analisi delle relazioni e dei rapporti di lavoro; Milano viene definita la “capitale italiana della
new economy” (Percoco 2002), poiché rappresenta il territorio a maggiore concentrazione di
aziende dell’informatica e delle telecomunicazioni e il maggiore polo di attrazione di iniziative,
risorse e politiche di innovazione tecnologica del nostro Paese;
• individuazione delle aziende Internet attive in provincia di Milano. Dal punto di vista
metodologico, l’individuazione delle aziende è stata effettuata a partire dal Registro delle Imprese
della Camera di Commercio. La consultazione del database non prevede la possibilità di isolare
le aziende Internet, per questo si è reso necessario lo spoglio delle visure di 48.000 imprese3 tra
cui sono state selezionate 946 aziende Internet, individuate a partire dalla voce “descrizione
attività”;
• analisi, attraverso un’indagine condotta attraverso un breve questionario, del lavoro nelle aziende
individuate. Rispetto all’universo delle aziende individuate, quelle cui è stato possibile inviare il
questionario sono state circa il 40% del totale (401 aziende). Le motivazioni della cancellazione
dal database sono state di diverso tipo: chiusura delle aziende in seguito alla crisi finanziaria,
fusioni e acquisizioni e chiusura di ditte individuali a favore di posizioni di collaborazione
coordinata e continuativa. Il questionario, a cui ha risposto il 30% delle aziende (122 aziende), ha
indagato le seguenti aree: caratteristiche generali delle aziende, caratteristiche del mercato e del
servizio, organizzazione interna, struttura occupazionale, condizioni di impiego;
• studi di caso del lavoro nelle aziende Internet, due per ognuno dei seguenti ambiti di attività: web
agency, e-commerce, banca virtuale, e-learning, editoria on line.
I risultati dell’indagine condotta attraverso questionario alle aziende, approfonditi attraverso gli
studi di caso, hanno permesso di analizzare le caratteristiche del lavoro in Internet, con particolare
attenzione ai processi di innovazione e alle loro trasformazioni in relazione ai cicli economici e
finanziari (tab. 1)4.
Caratteristiche del mercato, del servizio e struttura occupazionale
Il principale fenomeno di innovazione delle aziende Internet, connaturato al loro prodotto, consiste
nel fatto che si tratta di un settore costituito prevalentemente da start-up: un terzo delle imprese è
sorto nel 2000, l’anno del boom di Internet. Dopo un periodo di stagnazione, nei primi mesi del
2003 il tasso di nascita di nuove imprese è tornato a crescere, a indicare la fine della crisi del
settore.
L’analisi della performance delle aziende intervistate dimostra che le società che sono sopravvissute
alla selezione determinata dalla crisi del 2001, in questo periodo, stanno raggiungendo una certa
stabilità economica: il 48% dichiara che nel 2002 l’attività è stata in aumento, il 26% che è stata
stabile e solo il 26%, composto prevalentemente da aziende di grandi dimensioni, denuncia una
diminuzione dell’attività.
Si rileva la crescente specializzazione e frammentazione delle aziende per tipologia di servizio erogato: il
35% delle aziende si occupa di progettazione e sviluppo di siti Internet; il 24% di assistenza e fornitura di
servizi informatici; il 13% di editoria e grafica multimediale; il 12% di marketing e comunicazione on
line, il 10% di consulenza e formazione sulle nuove tecnologie e il 6% di commercio elettronico. Il
consolidarsi del mercato e dell’attività, inoltre, hanno favorito la standardizzazione dei prodotti e dei
servizi, che consente una riduzione dei costi sia per l’azienda che per l’utente finale.
Il settore Internet risulta composto prevalentemente da aziende di piccole dimensioni: in media,
hanno 8 addetti per azienda e il 95% delle aziende ha meno di 30 addetti.
Dalla distribuzione degli addetti per tipologia di contratto di lavoro si osserva che i contratti a
tempo indeterminato non raggiungono la metà del totale (44%); nelle aziende con meno di 5 addetti,
poi, rappresentano solo il 10% del totale. Sono molto utilizzati i contratti di lavoro autonomo o
parasubordinato (31%), mentre i contratti a termine (lavoro interinale, formazione lavoro ecc.)
rappresentano solo il 5% del totale. Si rileva, infine, la presenza rilevante di soci (16%), determinata
dalle piccole dimensioni aziendali, e di stagisti (4%), facilitata dalla giovane età degli addetti.
L’età degli addetti, infatti, rappresenta uno degli aspetti peculiari del settore Internet: il 73% degli
addetti ha meno di 35 anni. Per quanto riguarda la distribuzione per genere, invece, le donne sono
presenti in numero limitato (36%) e, soprattutto nelle aziende di piccole dimensioni, sembrano
permanere le tradizionali discriminazioni di genere: la segregazione orizzontale (le donne si
occupano dei contenuti, mentre gli uomini di tecnologia) e quella verticale (presenza ridotta delle
donne nelle posizioni manageriali).
La distribuzione degli addetti Internet per titolo di studio mostra una presenza di diplomati (48%) e
laureati (42%) superiore anche al settore ICT. La differenza tra questi settori riguarda la tipologia di
laurea: mentre nell’ICT vengono assunti laureati in discipline tecnico-scientifiche, in Internet sono
diffuse anche le lauree umanistiche.
Con la crisi del settore si può rilevare un forte ridimensionamento del turn over nelle aziende di piccole
dimensioni (solo il 21% delle aziende presenta nuovi ingressi e il 15% delle uscite), mentre mantengono
la propria flessibilità numerica quelle di grandi dimensioni (nel 60% delle aziende ci sono stati ingressi e
nel 59% uscite). Il saldo complessivo tra ingressi e uscite è positivo: +1,6%.
Le aziende intervistate, soprattutto quelle di grandi dimensioni, sembrano fiduciose rispetto alle
prospettive future di crescita della propria azienda: il 42% delle aziende dichiara che sicuramente
nel prossimo anno assumerà nuovo personale e il 25% è ancora incerto. Le figure professionali
maggiormente richieste sono: programmatori (27%), commerciali (24%), grafici (15%),
sviluppatori (15%), project manager (9%) e redattori (9%).
Organizzazione del lavoro e condizioni di impiego
Le forme flessibili di lavoro, tra cui il telelavoro, sono poco utilizzate rispetto a quanto ci si
potrebbe aspettare da un settore innovativo e dinamico come quello delle nuove tecnologie. In parte,
ciò è dovuto alla necessità di disporre di tecnologie molto costose; d’altra parte, soprattutto nelle
aziende di grandi dimensioni, il lavoro a distanza viene rifiutato perché la condivisione degli stessi
spazi favorisce la costruzione di un’identità collettiva.
Una distinzione tra le aziende di piccole dimensioni e le altre aziende del settore caratterizza anche
le politiche relative all’orario di lavoro: flessibili nelle prime (il 43% delle aziende applica una
gestione individuale dell’orario e il 20% utilizza forme flessibili di orario concordate) e tradizionali
nelle altre (il 60% adotta l’orario d’ufficio).
Nelle aziende con orario tradizionale, nell’ultimo anno solo il 23% ha richiesto straordinari ai propri
dipendenti. Questa riduzione degli straordinari rappresenta un elemento di forte rottura rispetto agli anni
del boom di Internet, quando la mancanza di personale qualificato, la novità dei processi applicati e la
rapidità del mezzo Internet determinavano orari prolungati di lavoro.
Negli anni del boom di Internet, le aziende del settore ritenevano che l’offerta tradizionale di formazione
continua non fosse adeguata alle proprie esigenze e, quindi, che gli addetti Internet potessero aggiornarsi
solo per “prove ed errori” during the job. Con il ritorno a modalità organizzative più tradizionali, le
aziende che continuano a sostenere questa posizione sono solo il 6% del campione, a cui si aggiunge il
10% delle aziende che dichiara di non avere tempo per la formazione.
Nelle altre aziende, invece, è stata rivalutata la funzione della formazione, soprattutto per
l’acquisizione di competenze di base e trasversali, mentre si preferisce la via della consulenza per la
trasmissione delle competenze tecniche.
Le modalità adottate per la gestione della formazione continua sono varie: il 25% delle aziende
organizza direttamente dei corsi; il 19% si rivolge a centri di formazione specializzati; il 10%
finanzia i corsi selezionati dai propri dipendenti; il 15% sostiene la partecipazione dei propri
dipendenti a corsi di aggiornamento, ma non li finanzia.
Il contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) non viene applicato nel 36% delle aziende.
L’assenza di un contratto collettivo nazionale specifico per i lavoratori di Internet o, per lo meno,
dell’ICT ha costretto le imprese di questo settore a fare uso di contratti collettivi nati per regolare il
lavoro in altri settori produttivi: il 73% applica il contratto del commercio, il 14% quello
metalmeccanico, il 10% quello dell’editoria, il 3% banca e assicurazioni. La scelta del contratto
pare essere frutto, più che delle caratteristiche produttive dell’azienda, del percorso industriale da
cui l’azienda proviene: la “storia” dell’impresa (precedenti acquisizioni o frazionamenti) porta con
sé l’eredità di un determinato contratto collettivo. La frammentazione del settore sul piano delle
relazioni industriali e l’insoddisfazione verso contratti di lavoro non funzionali alle esigenze del
settore determinano una prassi di mancanza di rispetto delle norme contrattuali, favorita da una
scarsa consapevolezza da parte dei lavoratori dei propri diritti e doveri. Per risolvere questi
problemi, negli ultimi mesi, da più parti (sia imprenditoriali che sindacali) viene richiesta
l’introduzione di un contratto collettivo ad hoc per il settore della net economy.
Osservazioni conclusive
L’analisi dei risultati della ricerca permette di rispondere all’interrogativo che ha guidato la ricerca:
le aziende Internet presentano dei processi di innovazione nell’organizzazione e nella regolazione
del lavoro?
Le caratteristiche del lavoro nelle aziende Internet possono essere raggruppate in tre aree, in
relazione al loro posizionamento rispetto all’asse tradizione/innovazione e al variare dei cicli
economici e finanziari:
1. l’innovazione legata al boom economico. Si tratta delle caratteristiche innovative del lavoro che
hanno connotato le start-up Internet, determinate sia dall’abbondanza di risorse finanziarie sia da
una cultura del lavoro specifica degli operatori delle nuove tecnologie (Himanen 2001), ma che
oggi si sono esaurite insieme allo scoppio della bolla speculativa: le no sleeping company,
l’attribuzione di posizioni manageriali a giovani senza esperienza, l’utilizzo esclusivo di
formazione on the job ecc.;
2. l’innovazione legata al settore. Si tratta delle sperimentazioni nell’organizzazione e nella
regolazione del lavoro che si sono dimostrate funzionali alla gestione delle specificità delle
aziende Internet (in particolare, la giovane età degli addetti del settore) e che permangono anche
nella “fase del chiarimento”: l’utilizzo di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, la
selezione di giovani con elevate credenziali educative, l’organizzazione del lavoro per progetti, il
coinvolgimento e la responsabilizzazione individuale ecc.;
3. il ritorno alla tradizione. In seguito alla crisi del settore, sono state adottate anche nelle aziende
Internet modalità di regolazione del lavoro tradizionali, rifiutate durante la fase del boom
finanziario: la rappresentanza collettiva dei lavoratori e la richiesta di un contratto collettivo
nazionale di lavoro.
Da questo quadro analitico derivano nuovi spunti di riflessione e nuove ipotesi di ricerca:
• le specificità del lavoro nelle aziende Internet richiedono la definizione di un nuovo settore
economico e dell’occupazione e quindi un nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro?
• Le relazioni tra andamento dei cicli finanziari e dinamiche di innovazione del lavoro che hanno
caratterizzato la new economy si riproporranno in forme analoghe con la next economy6?
Riferimenti bibliografici
Assinform, Ict.square, Linea.Edp, Ict Professioni e carriere 2003, www.assinform.it.
Castells M., La galaxie Internet, Fayard, Paris 2002.
Castells M., The rise of the network society, Blackwell Publishers Inc., Malden-Oxford 2000.
Consorzio Aaster, I lavori nella net economy, 2003, documento a stampa.
Federcomin, Il lavoro nelle nuove tecnologie, Roma 2002, www.federcomin.it.
Himanen P., L’etica hacker e lo spirito dell’età dell’informazione, Feltrinelli, Milano 2001.
Irso, Le istituzioni della net economy, 2003, documento a stampa.
Lessard B., Baldwin S., Net slaves. I forzati della rete, Fazi, Roma 2001.
Moss Kanter R., E.volve!, Etas, Milano 2001.
Pais I., Acrobati nella rete. I lavoratori di Internet tra euforia e disillusione, FrancoAngeli, Milano
2003.
Percoco M., “Le città della new economy”, in Impresa & Stato, 60, 2002.
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