Roberto Nava – FILOSOFIA - Digilander

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Roberto Nava – FILOSOFIA – CARTESIO: 2) Il metodo.
3) CARTESIO: IL METODO
Il Metodo
Sin dall’inizio del Discorso sul Metodo Cartesio sottolinea
l’importanza capitale del metodo nell’acquisizione della
scienza. Infatti, argomenta, quanto all’intelligenza gli uomini
sono tutti uguali.1
Cartesio insiste nuovamente sull’importanza del metodo
all’inizio della seconda parte della sua opera, osservando che le
opere composte di molti pezzi ed eseguite da molti maestri,
sono spesso più imperfette di quelle cui ha lavorato uno
soltanto. Così si vede che gli edifici costruiti da un solo
architetto sogliono essere più belli di quelli che molti hanno
cercato di riadattare, servendosi di pietre, di colonne, di statue
già impiegate per altri edifici. Altrettanto si può dire delle
scienze e della politica: la ragione per cui c’è tanta
imperfezione nelle scienze e nelle costituzioni è che esse sono
il prodotto di molte mani diverse e di molti differenti metodi.
A parere di Cartesio, la mancanza di progresso e la
grande confusione che regna nella filosofia sono dovute
principalmente all’impiego di metodi cattivi o perché troppo complicati ( es. quello geometrico) vo perché
sterili (es. quello sillogistico di Aristotele).
A proposito del metodo di Aristotele, Cartesio aveva scritto già nelle Regulae che esso può servire
tutt’al più ad allenare le menti dei bambini alla discussione e a stimolarli all’emuilazione, ma che non è di
nessun giovamento per quanto concerne la scoperta della verità.
Occorre quindi escogitare un nuovo metodo, meno complicato di quello della geometria ma più
fecondo di quello sillogistico.
Ma dove trovarlo?
Si sa che, in definitiva, i metodi possibili sono due: quello induttivo e quello deduttivo. Il primo parte
dall’esperienza, il secondo dai princìpi universali. Dei due, per Cartesio, soltanto il secondo può condurci
all’avanzamento del sapere e alla scoperta della verità. Il motivo è il seguente: «L’esperienza delle cose è
fallace, mentre la deduzione, ossia la semplice illazione di una cosa da un’altra, può certamente venire
omessa, se non è scorta, ma non può mai essere fatta male da un intelletto che sia alquanto capace di
ragionare. E mi sembra che poco giovino al riguardo quelle pastoie dei dialettici, con le quali esse reputino
di governare la ragione umana, sebbene io non voglia negare che esse siano adattissime ad altri usi. In
verità, ogni inganno che può capitare, agli uomini dico, non alle bestie, non proviene mai da cattiva
illazione, ma da ciò soltanto, che vengono supposte certe esperienze poco comprese, oppure vengono
pronunziati giudizi alla leggera e senza fondamento». 2
Giustificata, in questo modo, la scelta del metodo deduttivo, Cartesio procede a fissarne le regole
fondamentali, che per lui sono quattro:
1. Prima regola: «Non comprendere nei miei giudizi nulla di più di quello che si presenta così
chiaramente e distintamente alla mia intelligenza da escludere ogni possibilità di dubbio».
1
“La potenza del ben giudicare e di distinguere il vero dal falso, che è propriamente ciò che si chiama
buon senso o ragione, è naturalmente uguale in tutti tutti gli uomini. Così la diversità delle nostre opinioni non
proviene da ciò che gli uni sono più ragionevoli degli altri, ma soltanto da ciò che noi conduciamo i nostri
pensieri per diverse vie e non consideriamo le medesime cose: quel che più conta è di applicarle bene”.
CARTESIO, Discorso sul metodo, I.
2
CARTESIO, Regulae ad directionem ingenii, Regola II.
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Roberto Nava – FILOSOFIA – CARTESIO: 2) Il metodo.
2. Seconda regola: «Dividere ogni problema preso a studiare in tante parti minori, quante sia
possibile e necessario per meglio risolverlo .
3. Terza regola: «Condurre con ordine i miei pensieri cominciando dagli oggetti più semplici e
più facili a conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi, sono alla conoscenza dei più
complessi; e supponendo un ordine anche tra quelli di cui gli uni non procedono
naturalmente gli altri».
4. Quarta regola: «far comunque enumerazioni così complete e revisioni così generali da essere
sicuro di non aver omesso nulla».
Queste quattro regole, alle quali Cartesio non da nessun nome preciso, sono di solito chiamate
dagli studiosi: intuizione, analisi, sintesi, enumerazione.
La regola di intuizione è quella in cui Cartesio formula il suo celebre criterio di verità: il criterio della
chiarezza e distinzione.
L’intuizione, che per Cartesio è una delle due sole formule di conoscenza esenti da errore 3, si
realizza infatti soltanto quando l’idea possiede queste due doti: chiarezza e distinzione. Ma cosa intende
esattamente Cartesio per chiarezza e distinzione? Egli lo spiega nei Principi della filosofia4 così: «Chiamo
chiara quella percezione (perceptio) che è presente e aperta alla mente che fa attenzione; come diciamo
chiaramente di vedere quelle cose che, presente all’occhio intuente, lo muovono abbastanza fortemente e
apertamente. Chiamo distinta quella percezione che, essendo chiara, è da tutte le altre così disgiunta e
precisa, da non contenere in sé nulla all’infuori di ciò che è chiaro».
Che dire della chiarezza e distinzione come criterio supremo di verità?
Sono connotati tali da garantire una giusta discriminazione tra le nostre conoscenze, cosicché se
una ne è in possesso è senz’altro vera, mentre se ne è priva è certamente dubbia o addirittura falsa?
Due grandi filosofi cronologicamente vicini a Cartesio, Pascal e Vico, hanno preso posizione
contro di lui soprattutto su questo punto, osservando che conoscenze che possono sembrare chiare e
distinte (es. che il sole gira attorno alla terra) sono false, mentre altre che sono decisamente oscure e
confuse, sono profondamente vere (es. tutte le conoscenze di ordine morale, metafisico e religioso). Vico
ha inoltre osservato che la chiarezza e la distinzione, più che proprietà dell’oggetto, sono doti del
soggetto e, pertanto, non costituiscono nessuna garanzia di vera conoscenza. Pascal e molti altri autori
dopo di lui hanno invece rilevato che la chiarezza e la distinzione sono proprietà della matematica e della
geometria e hanno rimproverato a Cartesio di averle ingiustamente pretese anche dagli altri campi del
sapere. In verità, sia nella scelta del criterio della chiarezza e distinzione che in quella del metodo
deduttivo, Cartesio è rimasto vittima delle due discipline che gli procuravano le maggiori soddisfazioni, la
matematica e la geometria, e si è illuso di poter raggiungere risultati altrettanto significativi in filosofia
applicandovi lo stesso criterio e lo stesso metodo.
La seconda regola, quella dell’analisi, rende possibile l’intuizione di idee semplici. Essa si applica
effettuando una critica laboriosa di tutte le opinioni incerte, accettate dalla tradizione e dall’ambiente, e
mostrando come si sia arrivati ai primi principi e alle definizioni.
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Nella Regola III Cartesio conosce due tipi di conoscenza esenti da inganno: l’intuito (o intuizione) e la
deduzione, e afferma che le caratteristiche del’intuizione sono la chiarezza e la distinzione. Si tratta, infatti, di «
un concetto della mente pura ed attenta tanto ovvio e distinto, che intorno a ciò pensiamo non rimanga
assolutamente nessun dubbio». E’ interessante vedere che tra gli esempi di intuizione Cartesio include anche il
cogito: «Ognuno può intuire con l’animo che egli esiste, che egli pensa».
In queste tesi relative alla conoscenza perfetta, sta la base di tutto l’edificio gnoseologico cartesiano. Da
esse derivano, come logica conseguenza, la squalifica della conoscenza sensitiva, l’innatismo e il razionalismo.
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I,45.
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Roberto Nava – FILOSOFIA – CARTESIO: 2) Il metodo.
L’originalità di Cartesio consiste in questo: nella grande importanza che egli dà all’analisi, allo scopo
di preparare alla sintesi e alla deduzione un solido terreno. Il dubbio metodico, che è uno dei punti più
originali del pensiero cartesiano, è, infatti, un moneto essenziale dell’analisi.
Le ultime due regole riguardano i momenti più importanti della deduzione: la sintesi rende possibile
l’enumerazione completa di idee complesse.
A volere ora confrontare il metodo di Cartesio con quelli di Bacone e Galileo, è facile rilevare che
si tratta di metodi antitetici: quelli di Bacone e Galileo sono metodi essenzialmente induttivi e si
addicono soprattutto alle scienze sperimentali; invece il metodo di Cartesio è assolutamente deduttivo e
si addice perfettamente alla matematica e alla geometria, che, d’altronde, sono anche le discipline da cui
egli lo ricava.
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