V
PRESENTAZIONE
L’essere umano, aperto alla trascendenza. Ecco il tema che
in diverse variazioni appare nelle pagine di questo libro. Si constata, come punto di partenza, la “patologia del nostro tempo”,
cioè, la sensazione di mancanza di un significato ultimo che
possa dare alla nostra vita un senso che vada aldilà dell’immediato. Ma allo stesso tempo si mostra che, malgrado tutte le apparenze, il bisogno di dare un significato alla vita si trova
profondamente ancorato nell’essere umano e non può essere
messo fra parentesi se vogliamo dar ragione, senza riduzionismi,
di tutto ciò che noi siamo. Nessun senso parziale né l’insieme di
tutti essi può essere sufficiente per spiegare ciò che l’uomo sperimenta nella sua vita quotidiana. L’esperienza atematica di Dio
rende ragione di questo fatto.
L’esperienza religiosa, molto varia nelle sue forme concrete,
parte dall’esperienza dell’apertura dell’uomo e della sua capacità di andare oltre i particolari concreti. In questo modo l’esperienza trascendentale si può considerare esperienza di Dio,
anche se non si tratta necessariamente di un’esperienza riflessa.
Dio si fa sempre presente come mistero, ma in ogni singola esperienza possiamo vedere la mediazione che consente l’esperienza
di Dio. Sorge così il problema del rapporto e della distinzione
fra l’esperienza di Dio e l’esperienza religiosa. In quest’ultima
diviene cosciente l’esperienza di Dio; in ogni esperienza religiosa deve essere sempre presente quell’esperienza di Dio che
impedisce all’uomo di rinchiudersi in se stesso. L’esperienza
VI
L’esperienza e la grazia
religiosa è sempre dialogica, è l’esperienza di chi si sente interpellato e risponde alla chiamata divina. Nell’esperienza religiosa l’uomo deve aprirsi tutto intero, perché solo così può porsi
come vero interlocutore del dialogo che ha e può avere soltanto
in Dio il suo inizio.
In continuità, ma allo stesso tempo con una chiara differenziazione con quanto detto in precedenza, si pone la questione
dell’esperienza della grazia. Si entra adesso in un terreno teologico, che però aiuta a comprendere e a illuminare tutto il percorso anteriore. A partire dalla rivelazione cristiana sappiamo
che ogni uomo che viene a questo mondo si trova chiamato da
Dio alla comunione personale con Lui. Perciò è più che legittima la domanda: deve rimanere questo fatto, certo in un modo
non necessariamente riflesso, completamente al di fuori della
coscienza dell’essere umano, anche di colui che nell’uso della
sua libertà si chiude alla chiamata divina? Così il riferimento al
problema teologico della grazia e del “soprannaturale” viene a
completare il percorso filosofico intrapreso. Non invano i rapporti fra natura e “soprannaturale” sono caratterizzati dall’intreccio fra immanenza e trascendenza.
Le riflessioni che si sviluppano in questo libro si muovono a
partire da parametri filosofici e teologici ben conosciuti e accreditati nel campo cattolico. In concreto il pensiero di Karl Rahner,
si trova alla base di molte delle affermazioni di queste pagine.
Ma altri nomi illustri, Lotz, de Finance, Alfaro, Coreth, si aggiungono al grande teologo per arricchire e stimolare la riflessione
dell’Autrice. Non è mai inutile tornare sui punti centrali della tradizione filosofica e teologica per capire sempre meglio chi siamo
e quale sia il nostro destino. Queste pagine saranno di aiuto a chi
non si chiude agli interrogativi fondamentali dell’uomo.
Luis F. Ladaria s.j.
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INTRODUZIONE
Che cos’è l’esperienza religiosa? La complessità di questo interrogativo risulta subito evidente non appena si prendano in
considerazione i due concetti che vi sono implicati.
Da una parte, infatti, c’è il riferimento all’esperienza che, al
di là della sua comprensione nell’uso comune del linguaggio
quotidiano, è un concetto di difficile definizione, a causa della
molteplicità delle sue dimensioni e in relazione alle diverse interpretazioni che di esso sono formulate a partire da differenti
posizioni filosofiche.
Assumendo, poi, l’esperienza in quanto religiosa, diviene necessario confrontarsi con il concetto di religione, da indagare in
rapporto al vissuto personale dell’esistenza, che è il “luogo” nel
quale il soggetto si apre al concreto sperimentare.
In realtà, solo se la religione, nella varietà delle sue figure
storiche, è in qualche modo riconducibile all’esperienza, la
proposta di cui essa è portatrice e che è sempre una proposta
di senso della vita, può risultare significativa per l’interiorità
del credente che aderisce ad essa con un atto globale e totalizzante.
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L’obiettivo di questo studio non è certamente quello di approfondire in modo esaustivo i due ordini di problemi prima accennati, ma, nonostante ciò, di riuscire a fornire alcune indicazioni
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L’esperienza e la grazia
che consentano, dopo aver evidenziato la possibilità di una genuina esperienza religiosa, di individuare le caratteristiche peculiari che sono ad essa proprie e che la distinguono da ogni altro
ambito dell’esperire.
Il primo passo da compiere in tale direzione è indubbiamente
costituito dall’analisi dell’esperienza, che deve essere considerata in una prospettiva capace di superare le visioni riduttive e parziali, facendo emergere il suo carattere intrinsecamente
dinamico di realtà aperta oltre i limiti del finito empiricamente
constatabile.
Il punto di partenza e di costante riferimento per un simile
percorso è necessariamente offerto dalla ricerca sulla struttura
costitutiva del soggetto, poiché solamente quest’ultima può rendere ragione, essendone la condizione di possibilità, della capacità di sperimentare secondo modalità che sono propriamente ed
esclusivamente umane.
Mediante questo procedimento, con una stessa ed identica indagine si perviene ad acquisizioni che sono, nello stesso tempo,
attinenti all’antropologia, poiché gettano luce sulla realtà umana,
ed alla filosofia della religione, dal momento che si giunge a vedere come l’esperienza sia il momento germinale ed originario
del fenomeno religioso.
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Proprio l’esigenza di aderire alla concretezza ed alla complessità dell’esperienza religiosa, così come essa è vissuta dal
credente, impone, tuttavia, di non arrestarsi a tale livello di approfondimento, che è indubbiamente necessario, ma che si rivela
insufficiente per la comprensione di ciò che è la nota più peculiare di tale esperienza.
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Introduzione
Muovendo, infatti, dall’originaria costituzione dell’essere
umano, egli appare come colui che, essendo aperto al continuo
trascendimento delle singole esperienze, compresa quella di sé,
può ultimamente aprirsi a quella dell’Assoluto, ovvero di Dio
che si manifesta come il termine sempre irraggiungibile del proprio tendere.
L’esperienza religiosa, però, così come è concretamente vissuta dal credente, non è l’esperienza della lontananza di Dio, ma
quella della Sua radicale prossimità alla più profonda interiorità
soggettiva e tale vissuto è precisamente quello che l’antropologia teologica riesce ad illuminare mediante il ricorso al suo concetto centrale della grazia.
Questo concetto, di conseguenza, nonostante il suo statuto
teologico, si rivela fecondo per soddisfare l’esigenza genuinamente filosofica di comprendere il soggetto nella concretezza
del suo sperimentare, in quell’ambito che lo vede in un rapporto
intimo ed esistenzialmente significativo con Dio, capace di donare senso all’intera esistenza.
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Il passo ulteriore, che prende le mosse dall’analisi del rapporto tra la natura umana e la grazia, è, inevitabilmente, quello di
precisare i termini della relazione tra la filosofia e la teologia,
delle quali si evidenzia la distinzione che non può, in alcun modo, configurarsi come contrapposizione, in considerazione del
comune radicamento nell’unico soggetto che riflette, facendo
così filosofia, e che è aperto all’azione della grazia.
Conclusivamente, indicando lo spazio per ulteriori approfondimenti oltre i termini di questa ricerca, si perviene ad individuare, sulla base dell’intera indagine, la possibilità e la piena
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L’esperienza e la grazia
legittimità di una filosofia intenzionalmente ed esplicitamente
cristiana, capace, cioè, di aprirsi alla profondità dell’«intellectus
fidei», senza per questo rinunciare ad essere indagine integralmente umana e rigorosamente aderente ai dati dell’esperienza.
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Nell’introdurre il presente studio, non può essere trascurata
un’esplicitazione delle ragioni che sono sottese alla scelta degli
autori assunti come punto di riferimento essenziale, ovvero, per i
primi tre capitoli, Lotz, Rahner e Coreth ed il solo Rahner per i
capitoli quarto e quinto.
Tutti e tre gli autori ora citati, infatti, per quello che si riferisce alla prospettiva filosofica dei capitoli primo, secondo e terzo, condividono una comune matrice tomista, filtrata attraverso
la lettura di Tommaso effettuata da Maréchal, nel confronto con
il pensiero moderno e contemporaneo, di Kant e di Heidegger in
particolare.
Questa prospettiva rivela tutta la sua fecondità nell’analisi
dell’esperienza in generale e di quella religiosa nella sua peculiarità sia per la sua visione antropologica metafisicamente fondata sull’indagine dell’umana struttura costitutiva, sia perchè
proprio l’esperienza, nella sua concretezza esistenziale, fornisce
il supporto di ogni affermazione filosofica, consentendo di evitare tanto le astratte teorizzazioni, quanto le letture riduttive e parziali.
La scelta di Rahner, nel capitolo quarto, per disporre il discorso filosofico a ricevere l’apporto della teologia e, nel quinto,
per delineare i rapporti di quest’ultima con la filosofia, si fonda
essenzialmente su due ragioni.
In primo luogo, è possibile reperire in Rahner una compiuta
trattazione della dottrina della grazia, che, nella sua specificità
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Introduzione
teologica, è attenta alla concretezza dell’esistenza che, indagata
con il metodo trascendentale, si rivela come una realtà complessa,
costitutivamente aperta ad accogliere il dono della grazia.
In seconda istanza, poi, prima ancora delle sue lucide affermazioni sul rapporto tra filosofia e teologia, Rahner offre con
tutta la sua opera l’esempio di come questo rapporto sia non solo
possibile, ma necessario e fecondo per entrambe le discipline,
ponendo le premesse per la legittimazione dello statuto della
filosofia cristiana.
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Concludendo queste annotazioni introduttive, si vuole sottolineare che, mentre si spera che tutto l’itinerario svolto possa concorrere ad una comprensione sempre più attenta e profonda
dell’esperienza religiosa, nella sua genuina ed originaria natura,
si formula anche l’auspicio di aver mostrato, con un piccolo e
concreto contributo, che la filosofia non deve rinnegare se stessa
per essere profondamente cristiana.
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Un ringraziamento particolare alla Dott.ssa Anna TALINI per il
prezioso lavoro di revisione e correzione del testo.