1 Cinematica Il linguaggio matematico che descrive il moto dei corpi La matematica è la “lingua” con la quale la fisica si esprime. Per poter usare le teorie della fisica dovremo quindi prima di tutto capire come rappresentare un fenomeno con il formalismo matematico e, visto che la meccanica si occupa di formulare le leggi fondamentali che governano il moto dei corpi, dovremo imparare ad utilizzare la matematica per descrivere la posizione dei corpi e il cambiamento della loro posizione nel tempo. Questo è il compito della cinematica: in questo primo capitolo ci occuperemo essenzialmente della descrizione del moto degli oggetti più semplici, i cosiddetti punti materiali, quegli oggetti ideali che possiedono una massa ma che, almeno sulla scala alla quale ne studiamo il movimento, hanno un’estensione trascurabile. Non ci preoccuperemo quindi di loro rotazioni, deformazioni o qualsiasi altro moto “interno” perché sono (per ipotesi) così piccoli che questi cambiamenti non saremmo in grado di apprezzarli. Ne studieremo perciòsolo la posizione e cominceremo a capire come la matematica ci fornisca gli strumenti adatti a questo scopo. Una volta messe queste basi sarà abbastanza naturale, in capitoli successivi, applicare queste regole ai corpi estesi che immagineremo come insiemi di molti o, molto spesso, di moltissimi punti materiali. L’importanza della cinematica è spesso sottovalutata dagli studenti perché in essa non troveremo vere e proprie leggi fisiche, in fondo non diremo nulla che ci spieghi le ragioni del moto dei corpi ma senza di essa non potremmo affrontare con il necessario rigore tutti gli argomenti che verranno in seguito e vi consiglio quindi di non fare anche voi l’errore di sottovalutare l’importanza della cinematica. Vi è poi un altro motivo per prendere sul serio questo capitolo ed è quello che esprimeva quattrocento anni fa Galileo quando metteva le basi della scienza moderna. Con la cinematica per la prima volta scopriremo come i fenomeni naturali possono trovare una descrizione rigorosa proprio con gli strumenti matematici che introdurremo in questo capitolo. Essi ci consentiranno di prevedere in modo rigoroso le conseguenze delle teorie e quindi di sottoporle in maniera stringente a quello che è il loro naturale banco di prova: la verifica sperimentale. Da questo punto di vista la possibilità di descrivere i fenomeni naturali con il formalismo matematico è l’ipotesi più di base che possiamo immaginare per la costruzione della scienza fisica degli ultimi secoli e la rivoluzione che dobbiamo a Galileo e Newton consiste proprio nell’affermazione che il libro della natura è scritto con la lingua della matematica. Qualcuno ha detto che in questo senso la matematica è “la lingua di Dio”. | Cap.1 - Cinematica 1.1 La rappresentazione della posizione del punto nello spazio Il modo più comune per rappresentare la posizione di un punto nello spazio tridimensionale (3D) è per mezzo delle sue coordinate cartesiane, cioè di una terna di numeri reali (x,y,z). Le coordinate cartesiane non sono altro che i valori delle tre coordinate in corrispondenza della proiezione ortogonale del punto sugli assi del sistema di riferimento. Ad ogni punto materiale può quindi essere associata una terna di numeri reali e potremo dire sempre che P º PHx, y, zL (1.1) Le coordinate cartesiane del punto P x 3 y 3 z 10 z H0,0,zL PHx,y,zL 5 8 -10 -5 -10 Da sopra Punto di vista 0 -5 H0,y,0L 5 Hx,0,0L 10x Normale 5 y 10 -5 Di fronte -10 Da destra Figura 1.1: le coordinate cartesiane di un punto nello spazio Le coordinate cartesiane del punto P sono mostrate più in dettaglio in figura 1.2. Al punto P corrispondono le sue proiezioni ortogonali sui piani (x,y), (x,z) e (y,z), cioè , rispettivamente i punti (x,y,0), (x,0,z) e (0,y,z), mentre le proiezioni di questi punti sui tre assi coordinati sono rappresentati dalle terne (x,0,0), (0,y,0) e (0,0,z). Le coordinate cartesiane del punto P x 7 y 3 z 5 10 z 5 H0,y,zL H0,0,zL -10 Hx,0,zL PHx,y,zL -5 -10 Normale -5 H0,y,0L 5 5 Hx,0,0L 10x Hx,y,0L Da sopra Punto di vista 0 -5 Di fronte -10 Da destra Figura 1.2: le coordinate cartesiane di un punto nello spazio pag. 2 y 10 A.Carnera - Appunti di meccanica 1.1.1 La notazione vettoriale La terna di coordinate (x,y,z) può essere interpretata come le componenti del vettore posizione r = r x + r y + rz = x u x + y u y + z uz . (1.2) dove i vettori rx , rx , e rx sono le componenti cartesiane del vettore posizione r e ux ,uy e uz sono i versori degli assi cartesiani, cioè i vettori di modulo unitario paralleli ai tre assi e ad essi concordi in verso. Il vettore r, che congiunge l’origine al punto P, è quindi la somma di tre vettori tra loro ortogonali, aventi le direzioni dei tre assi cartesiani e modulo pari alle coordinate cartesiane del punto P. N.B. nella notazione che seguiremo d'ora in avanti i vettori saranno indicati in grassetto, mentre le quantità scalai (i numeri) saranno indicati come testo normale. Le componenti cartesiane del vettore r x 6 10 y 8 z 6 z 5 rz Normale -10 -5 rx Da sopra Punto di vista -10 -5 r 5 x Di fronte 0 rz ry 5 ry rx y 10 10 -5 Da destra -10 Figura 1.3: il vettore posizione e le sue componenti cartesiane La posizione di un punto è quindi univocamente determinata dalle tre coordinate cartesiane, per questo motivo il punto materiale è l’esempio più semplice di un sistema con 3 gradi di libertà . 1.1.2 L’ evoluzione temporale del moto La posizione del punto, nel caso più generale, varierà con il tempo e quindi le sue coordinate cartesiane saranno funzione della variabile (del parametro) t. Un altro modo di esprimere il medesimo concetto è affermare che il vettore posizione r è funzione del tempo ed esplicitamente lo indicheremo come r(t). r(t) è una funzione vettoriale del parametro t. In tutta generalità si potrà dire che il moto del punto materiale è completamente noto quando è nota la funzione vettoriale del tempo r HtL = rx HtL + ry HtL + rz HtL = x HtL ux + y HtL uy + z HtL uz . (1.3) Un modo del tutto equivalente e molto utile per rappresentare il vettore posizione è r HtL = rHtL ur HtL (1.4) Nella 1.4 il vettore posizione r(t) è espresso come il prodotto del suo modulo r(t) per il suo versore ur HtL.Va sottolineata una differenza fondamentale fra i versori che compaiono nelle 1.3 e 1.4: nell’espressione 1.3 solo le tre coordinate cartesiane x(t), y(t) e z(t) dipendono dal tempo, mentre i versori ux ,uy e uz sono costanti. La 1.3 infatti è la rappresentazione della posizione del punto rispetto al sistema di riferimento fisso individuato dall’origine O e dai tre versori degli assi coordinati. Per definizione questo è un sistema di riferimento la cui l’origine e le direzioni degli assi coordinati sono costanti, cioè non dipendono dal tempo. Il versore ur HtL che compare nella 1.4, invece, dipende esplicitamente dal tempo perchè rappresenta la direzione di r(t) il quale, in generale, varierà sia in modulo che in direzione. La 1.4 è un’espressione che non fornisce esplicitamente la posizione del punto rispetto ad uno specifico sistema di riferimento: solo se si conoscono le componenti del versore ur (t) rispetto al sistema di riferimento di origine O e di assi con direzione ux ,uy e uz , allora le 1.3 e 1.4 diventano equivalenti. Le 1.3 e 1.4 sono rappresentazioni diverse dello stesso vettore e quindi, visto che il modulo di r(t) dalla 1.4 è semplicemente r(t) (il modulo del versore ur HtL è per definizione unitario), deve essere r(t)= x2 HtL + y2 HtL + z2 HtL (1.5) y Se chiamiamo urx HtL, ur HtL e urz HtL le componenti cartesiane del versore ur HtL, se, cioè , lo esprimiamo come ur HtL = urx HtL ux + ury HtL uy + urz HtL uz pag. 3 (1.6) | Cap.1 - Cinematica allora la 1.4 diventa r HtL = rHtL ur HtL = rHtL Iurx HtL ux +ury HtL uy +urz HtL uz M (1.7) A questo punto si possono direttamente ricavare le componenti cartesiane del versore ur (t) imponendo l’uguaglianza di ciascuna delle componenti cartesiane del secondo membro della 1.3 con quelle corrispondenti della 1.7 xHtL = rHtL urx HtL y yHtL = r HtL ur HtL zHtL = r HtL urz HtL (1.8) e quindi urx HtL = y ur HtL = urz HtL = xHtL rHtL yHtL rHtL zHtL rHtL xHtL = x2 HtL+y2 HtL+z2 HtL yHtL = 2 x HtL+y2 HtL+z2 HtL zHtL = 2 x HtL+y2 HtL+z2 HtL = ΑHtL = cosHΘx HtLL = ΒHtL = cosIΘy HtLM (1.9) = ΓHtL = cosHΘz HtLL Nelle 1.9 vengono definite le quantità Α, Β e Γ che sono i coseni direttori del vettore r(t) mentre Θx HtL, Θy HtL e Θz HtL sono gli angoli fra il versore ur HtL (e quindi anche r(t)) e gli assi del sistema di riferimento fisso. I coseni direttori sono le coordinate cartesiane del versore ur HtL. Risulta immediatamente che vale la relazione Α2 HtL + Β2 HtL + Γ2 HtL = 1 che è la conseguenza del fatto che Α(t), Β(t) e Γ(t) sono le coordinate cartesiane di un vettore di modulo 1. 1.1.2.1 Approfondimento: i gradi di libertà del sistema pag. 4 (1.10) A.Carnera - Appunti di meccanica 1.1.3 Rappresentazione in coordinate sferiche Le coordinate cartesiane non sono le sole che si possano costruire per identificare univocamnete la posizione di un punto nello spazio tridimensionale. In molti casi il problema fisico presenta simmetrie che rendono più naturale l’uso di coordinate che siano più esplicitamente rappresentative della direzione del vettore posizione. Il caso più comune è quello di un sistema a simmetria sferica (vedremo più avanti il caso molto importante dei sistemi di forze centrali). Se riprendiamo la rappresentazione vettoriale data dalla equazione 1.4, vediamo che essa per identificare la posizione del punto usa la sua distanza dall’origine (r(t)) e la direzione dello spostamento, rappresentata dal versore ur HtL. Nelle 1.9 la direzione viene espressa dai tre coseni direttori Α, Β e Γ che abbiamo visto sono sovrabbondanti perché legate dalla 1.10. Un modo più pratico di rappresentare la direzione di ur HtL viene fornito dai due angoli Θ(t) e j(t) mostrati in figura 1.6, detti rispettivamente declinazione e azimuth. La declinazione Θ(t) è l’angolo che il vettore posizione forma con l’asse z, mentre l’azimuth j(t) è quello che la proiezione di r(t) sul piano (x,y) forma con l’asse x. Le coordinate sferiche del punto P r z 10 8 Π Θ Θ 4 5 Π Φ -10 j 4 -5 -5 Normale 5 y 5 j 10x Da sopra Punto di vista r 0 -10 10 -5 Di fronte -10 Da destra Figura 1.6: il vettore r(t) e le sue componenti sferiche Le regole per il passaggio da coordinate sferiche a coordinate cartesiane risultano essere xHtL = rHtL sin@ΘHtLD cos@jHtLD yHtL = r HtL sin@ΘHtLD sin@j HtLD zHtL = rHtL cos@ΘHtLD (1.15) Trasformazione da coordinate sferiche a coordinate cartesiane r z 10 8 ΘH° L 45 jH° L 45 Θ -10 10 x 0 0 r -10 j 0 x = 4. -10 y = 4. z = 5.66 Figura 1.7: trasformazione da coordinate sferiche a coordinate cartesiane pag. 5 10 y | Cap.1 - Cinematica Le trasformazioni inverse danno le rHtL = x2 HtL + y2 HtL + z2 HtL z ΘHtL = ArcCosB F (1.16) x2 +y2 +z2 x jHtL = ArcTanB y F Trasformazione da coordinate cartesiane a coordinate sferiche z x 8 y 8 z 8 Θ 10 r -10 0 -10 10 x 0 0 j 10 y r = 13.8564 -10 Θ = 54.7356° j = 45.° Figura 1.8: trasformazione da coordinate cartesiane a coordinate sferiche 1.1.3.1 Applicazione: descrizione del moto su una superficie sferica Come anticipato nella sezione 1.1.2.1, le coordinate sferiche sono le più adatte a descrivere il moto di un punto vincolato a stare su di una superficie sferica. In coordinate sferiche una superficie sferica centrata sull’ortigine è rappresentata dall’equazione r=R, dove R è il raggio della superficie. Al variare di Θ e j il vettore posizione esplora tutti i punti della superficie. Rappresentazione in coordinate sferiche del moto su una superficie sferica z Θ R 14 ΘH° L 45 10 r -10 jH° L 45 0 -10 10 x j 0 0 10 y -10 Figura 1.9: fissato il raggio R della sfera, gli angoli Θ e j identificano univocamente il punto sulla superficie sferica pag. 6 A.Carnera - Appunti di meccanica 1.2 Le derivate del vettore posizione: velocità e accelerazione Se il punto P(x,y,z) è in moto, il suo vettore posizione varia nel tempo. Ci porremo ora il problema della descrizione matematica rigorosa della velocità e dell’accelerazione del punto materiale. 1.2.1 Definizione della derivata rispetto al tempo di un vettore Se un vettore V dipende dal tempo, se cioè si esprime come V(t), allora la sua derivata rispetto al tempo è definita dalla dVHtL dt = Lim V Ht + DtL - VHtL Dt®0 DV = Lim Dt®0 Dt (1.17) Dt Va sottolineato che una quantità vettoriale è caratterizzata da un modulo, da una direzione e da un verso. Questo implica che per essere costante, e quindi per avere derivata temporale nulla, un vettore deve essere costanete in modulo, direzione e verso: un vettore di modulo costante ma la cui direzione varia nel tempo avrà quindi derivata temporale diversa da zero. La derivata temporale di un vettore di modulo costante 1.2.2 Il vettore velocità Il vettore velocità del punto P(x,y,z), la cui posizione è individuata da r(t) è definita dalla drHtL v HtL = (1.23) dt Nel sistema internazionale l’unità di misura della velocità è m/s. Dalla 1.17 segue che la velocità può anche essere scritta vHtL = drHtL DrHtL = Lim dt (1.24) Dt®0 Dt L’equazione 1.3 fornisce l’espressione dell’evoluzione temporale del vettore posizione r(t) nel tempo, espressa in termini delle sue componenti nel sistema di riferimento cartesiano “fisso”. Se si applica la definizione 1.23 alla 1.3 si ottiene vHtL = d dt IxHtL ux + yHtL uy + zHtL uz M = dxHtL dt ux + dyHtL dt uy + dzHtL dt uz = vx HtL ux + vy HtL uy + vz HtL uz (1.25) Nella 1.25 si è sfruttato il fatto che i versori degli assi del sistema di riferimento sono dei vettori costanti e quindi le loro derivate temporali sono nulle. La dipendenza della posizione dal tempo e quindi anche la dipendenza della velocità dal tempo è tutta contenuta nelle funzioni scalari x(t), y(t) e z(t) e nelle loro derivate temporali. In altri termini il vettore velocità ha, nel sistema di riferimento cartesiano fisso, componenti vx HtL = vy HtL = vz HtL = dxHtL dt dyHtL dt dzHtL dt (1.26) 1.2.2.1 Il vettore velocità e il concetto di traiettoria Nel suo moto il punto materiale percorre una successione di punti geometrici infinitamente prossimi l’uno all’altro, percorre cioè una curva nello spazio. Questa curva, scandita (parametrizzata) dal tempo t vierne chiamata traiettoria del punto materiale. Vediamo in concreto gli effetti che ha la definizione di derivata di un vettore, data dalla 1.23, sulle proprietà del vettore velocità . Studieremo in particolare le triettorie piane sia per la loro semplicità , sia perchè esse rappresentano una categoria importantissima di moti, i moti piani appunto, che sono quelli che hanno luogo per effetto delle più generali forze presenti in natura, le forze centrali, come vedremo più avanti. 1.2.2.2 La direzione della velocità La prima proprietà è descritta dalla figura 1.9: la tendere di Dt a zero il vettore Dr/Dt tende ad avere la direzione alla tangente alla traiettoria nel punto P(t). La figura 1.10 ci mostra quindi che la velocità ha sempre la direzione della tangente alla traiettoria e il verso che punta ai punti contraddistinti da valori crescenti del tempo. Il versore della velocità è quindi sempre il versore uT , tangente alla traiettoria in quello specifico punto. pag. 7 | Cap.1 - Cinematica t -3 4.449 Dt 4 PHt+DtL 2 uT HPL Dr Dt PHtL -4 2 -2 4 -2 -4 Fig. 1.10 Il limite per Dt®0 del rapporto Dr Dt è tangente alla traiettoria La dimostrazione rigorosa di quanto mostrato in figura 1.10 è una conseguenza immediata di quello che sappiamo dalla geometria analitica: se l’equazione che descrive la traiettoria è y=f(x), allora la derivata df(x)/dx rappresenta la tangente dell’angolo che la retta tangente alla curva nel punto di (x,y) forma con l’asse delle ascisse. D’altra parte, la tangente dell’angolo che il vettore velocità forma con l’asse delle ascisse è dato dal rapporto fra le sue componenti cartesiane vy dy dt = dx dt vx dy = df HxL (1.27) = dx dx quindi la velocità è un vettore che ha la direzione della tangente alla triettoria, c.v.d. 1.2.2.3 Il modulo della velocità Il modulo della velocità , è , per definizione, la quantità scalare vHtL = (1.28) vHtL×vHtL e, utilizzando la 1.25 si ha vHtL = dxHtL 2 dyHtL + dt 2 dzHtL 2 + dt = dt v2x HtL + v2y HtL + v2z HtL (1.29) La traiettoria è un oggetto geometrico unidimensionale, cioè ogni suo punto è individuabile univocamente per mezzo di un’unica coordinata, per esempio la lunghezza s dell’arco di curva a partire da un punto O della traiettoria arbitrariamente scelto. pag. 8 A.Carnera - Appunti di meccanica s 5 4 2 s 0 -2 O -4 -4 0 -2 2 4 Fig. 1.11 La coordinata curvilinea s misura la lunghezza della traiettoria a partire dal punto O Per traiettorie piane, come quella mostrata in figura 1.11, la lunghezza dell’arco infinitesimo è ds = dx2 + dy2 (1.30) che può essere riscritta ds = dxHtL dt 2 dyHtL dt + dt 2 dt = dt v2x HtL + v2y HtL (1.31) e quindi ds = dt v2x HtL + v2y HtL = vHtL (1.32) La 1.32 mostra esplicitamente che il modulo della velocità non è altro che la derivata rispetto al tempo dello spazio percorso lungo la traiettoria. Quindi, riassumendo, il vettore velocità è tangente alla traiettoria ed ha per modulo ds/dt, dove s è lo spazio percorso lungo la traiettoria. v HtL = vHtL uT HtL = ds dt uT HtL (1.33) 1.2.3 Il vettore accelerazione In maniera del tutto analoga a quanto si è fatto nel definire la velocità , si definisce il vettore accelerazione che è la derivata temporale del vettore velocità (oppure la derivata temporale seconda del vettore posizione) a HtL = d2 rHtL dvHtL = dt dt2 Nel sistema internazionale l’unità di misura dell’accelerazione è m s2 . pag. 9 (1.34) | Cap.1 - Cinematica Dalle 1.25 e 1.26 seguono direttamente le aHtL = d dt Ivx HtL ux + vy HtL uy + vz HtL uz M = d2 xHtL dt2 d2 yHtL ux + ax HtL = ay HtL = az HtL = dt2 dvx HtL dt = dvy HtL = dt dvz HtL = dt uy + d2 zHtL dt2 uz = ax HtL ux + ay HtL uy + az HtL uz (1.35) d2 xHtL dt2 d2 yHtL (1.36) dt2 d2 zHtL dt2 Le proprietà del vettore accelerazione risultano particolarmente evidenti se si utilizza la notazione vettoriale 1.33, dalla quale deriva a HtL = d dt HvHtL uT HtLL = dvHtL uT HtL +vHtL dt duT HtL (1.37) dt L’accelerazione quindi può essere scomposta in due componenti: la prima, tangente alla traiettoria, è l’accelerazione tangenziale aT HtL = dvHtL dt uT HtL (1.38) e la seconda è l’accelerazione normale aN HtL = vHtL duT HtL (1.39) dt du HtL è ortogonale alla traiettoria perchè T è la derivata temporale di un vettore di modulo costante (unitario) e quindi è ortogonale al versore uT HtL, dt cioè appunto normale alla tangente alla traiettoria. 1.3 Il moto rettilineo Per cominciare a vedere le conseguenze e le applicazioni delle definizioni di velocità e accelerazione cominciamo dallo studio del moto rettilineo. Il moto rettilineo è il caso più semplice di un modo in uno spazio unidimensionale e quindi la posizione del punto verrà descritta da un’unica coordinata. Risulta immediato fal coincidere l’asse delle x del nostro sistema di riferimento cartesiano con la retta del moto: in questo modo dovrà sempre essere yHtL = 0 e zHtL = 0 (1.40) La posizione del punto sarà quindi univocamente determinata dalla r HtL = xHtL ux , (1.41) la velocità dalla v HtL = dxHtL dt ux = vx HtL ux (1.42) e l’accelerazione potrà essere scritta come aHtL = dvHtL dt ux = d2 xHtL dt2 (1.43) ux = ax HtL ux essendo nulle le derivate rispetto al tempo delle 1.40. La notazione vettoriale sarà in questo caso superflua e, senza perdere di rigore, potemo esprimere la posizione, la velocità e l’accelerazione per mezzo delle quantità scalari x(t), vHtL = dxHtL dt e aHtL = dvHtL dt . Va sottolineato che, poichè il versore tangente alla traiettoria coinciderà sempre con il versore uT , che è un vettore costante, dalla 1.37 risulterà che l’accelerazione non potrà avere che la componente tangenziale, essendo sempre nulla la componente normale espressa dalla 1.39. pag. 10 A.Carnera - Appunti di meccanica 1.3.1 L’ integrazione del moto Se facciamo l’ipotesi che si conosca esplicitamente l’andamento dell’accelerazione in funzione del tempo, cosa che purtroppo, come vedremo, non sarà molto frequente, la soluzione del problema dell’integrazione del moto, cioè quello di ricavare esplicitamente la funzione x(t), detta legge oraria del moto, a partire dalla conoscenza dell’accelerazione, formalmente consiste nella soluzione dell’equazione differenziale del secondo ordine nell’incognita x(t) d2 xHtL dt2 (1.44) = aHtL La soluzione della 1.44 passa per due successive fasi di integrazione. Con la prima si ottiene l’espressione della velocità t dvHtL vHtL vHtL - v0 = à âv = à v0 0 dt t â t = à aHtL â t (1.45) 0 mentre con la seconda si ottiene la legge oraria del moto t dxHtL xHtL xHtL - x0 = à âx=à x0 0 dt t â t = à vHtL â t. (1.46) 0 1.3.1.1 Le condizioni iniziali del moto. Nelle 1.45 e 1.46 sono state introdotte delle quantità che necessitano una spiegazione. Prima di tutto l’integrazione ha come estremo inferiore il tempo t=0, poi compaiono x0 e v0 . Si tratta di quantità tra loro legate: la scelta di porre l’istante iniziale del moto (l’estremo inferiore di integrazione) a t=0 ha il significato di decidere l’origine dell’asse dei tempi. E’una scelta analoga a quella di porre in un punto particolare l’origine del nostro sistema di riferimento e non pregiudica in nulla la generalità della soluzione del problema. Se osserviamo la 1.45 è chiaro che poniamo a zero anche l’estremo superiore di integrazione l’espressione ci fornirà la velocità a t=0, ma coincidendo gli estremi di integrazione l’integrale sarà nullo e quindi avremo v Ht = 0L = v0 . Il significato di v0 è quindi quello di velocità all’istante in cui t=0, quella che viene chiamata la velocità iniziale. Analogamente per t=0 la 1.46 esprime la posizione a t=0, x Ht = 0L = x0 . La x0 ha quindi il significato di posizione iniziale. C’è un altro modo per spiegare la necessità di introdurre le due costanti v0 e x0 : noi stiamo risolvendo l’equazione 1.44 che è una equazione differenziale del secondo ordine. La soluzione completa di una equazione differenziale del secondo ordine dipende da due costanti di integrazione, nel nostro caso noi le abbiamo definite come la velocità e la posizione del punto all’istante iniziale. Si tratta anche in questo caso di una convenzione, il moto sarebbe perfettamente definito anche se avessimo scelto un altro istante per assegnare posizione e velocità ma quella che abbiamo fatto è la scelta più naturale ed anche quella che fornisce la forma più semplice della legge oraria del moto. Per la prima volta abbiamo avuto a che fare con delle quantità che ritroveremo sempre quando dovremo risolvere esplicitamente il problema di determinare la legge oraria del moto: le condizioni iniziali del moto. Esse sono richieste dalla natura matematica del problema che è descritto dall’equazione del moto 1.44, che è una equazione differenziale del secondo ordine. D’ora in avanti la natura del sistema fisico che studieremo (le masse dei corpi, le forze agenti, le forme e le dimensioni degli oggetti) ci permetteranno di scrivere un’equazione del tipo della 1.44 per ogni grado di libertà del sistema, cioè per ognuna delle coordinate di cui abbiamo bisogno per determinarne univocamente lo stato. Quindi sapremo per ogni tipo di sistema fisico quali sono le equazioni del moto, ma da sole esse non bastano dper scrivere la legge oraria del moto, cioè le funzioni del tempo che, una volta scelto il sistema di riferimento e l’istante iniziale, ci permetteranno di calcolare il valore di tutte le coordinate che determinano la posizione del nostro sistemain ogni istante. La legge oraria del moto potrà descrivere “concretamente”il movimento solo dopo che avremo assegnato un preciso valore a due costanti di integrazione (nel nostro caso la posizione e la velocità iniziali ma in altri casi potrebbero avere significati un po’diversi) per ogni grado di libertà del sistema. pag. 11 | Cap.1 - Cinematica 1.3.1.2 Moto rettilineo uniformemente accelerato Se l’accelerazione è costante nel tempo le 1.45 e 1.46 possono essere risolte esplicitamente t vHtL = v0 + à a â t = v0 + a t (1.47) 0 t xHtL = x0 + à Hv0 + a tL â t = x0 + v0 t + 0 1 2 a t2 (1.48) Moto rettilineo uniforme Moto t -20 a -10 0 10 20 5 10 5 10 x 0 v v0 2.5 x0 0 Velocità 20 10 -10 t0 -5 t -10 0 -20 x Posizione 20 10 -10 -5 t -10 -20 Fig. 1.12 Animazione del moto e andamenti della velocità e della posizione in funzione del tempo per un moto rettilino uniformemente accelerato La figura 1.12 mostra gli aspetti essenziali di un moto rettilineo con accelerazione costante. Se l’accelerazione è nulla il moto viene detto rettilineo uniforme, la velocità è costante e la 1.48 si riduce a xHtL = x0 + v0 t (1.49) la coordinata x è una semplice funzione lineare del tempo. Se, invece, l’accelerazione a è diversa da zero il moto vine detto uniformemente accelerato e la velocità varia linearmente col tempo (cresce se a>0, cala se a<0) e la posizione ha un andamento quadratico (parabolico) con il tempo xHtL = x0 + v0 t + 1 2 a t2 (1.50) Alcune osservazioni: 1) se modificate v0 o x0 nell'animazione, gli andamenti della velocità e della posizione non cambiano forma ma solo si spostano (traslano e/o ruotano) nei grafici relativi. Questo fa vedere chiaramente che il cambiamento delle condizioni iniziali del moto non ne influenza la natura. Come vedremo più avanti questo è direttamente connesso alla scelta del sistema di riferimento nel quale rappresentiamo il moto. 2) Nei grafici il moto viene mostrato anche per valori di t < t0 . t0 rappresenta il valore di tempo che segna il nostro cronometro quando lo facciamo partire, che non è necessariamente zero. I grafici della velocità e della posizione per valori di t < t0 sono punteggiati ed il punto è grigio chiaro anziché nero. Questa parte del moto non è però “virtuale”. Noi non abbiamo fatto alcuna ipotesi su quando il moto effettivamente inizia, abbiamo solo scelto arbitratiamente il momento in cui far partire il nostro cronometro ed il valore del parametro tempo da assegnare a quell’istante. Il problema inverso: discussione e interpretazione fisica Finora ci siamo posti il problema di determinare la posizione in funzione del tempo ma, evidentemente, è del tutto legittimo porsi il problema inverso: in che istante il punto si troverà alla coordinata x* ? Evidentemente la soluzione si ottiene risolvendo l’equazione x* = x0 + v0 t + l’incognita t. Si tratta di una equazione di secondo grado che ha la soluzione generale * t1,2 = -v0 ± v0 2 + 2 aHx* - x0 L a si possono verificare 3 casi a seconda che il discriminante D=v0 2 + 2 aHx* - x0 L sia positivo, nullo o negativo. pag. 12 1 2 a t2 nel- (1.51) A.Carnera - Appunti di meccanica 1. Discriminante positivo: esistono due distinti istanti, t1 e t2 , nei quali il punto passa per la coordinata x* . Niente esclude che uno o entrambi siano minori di zero: vuole semplicemente dire che il punto aveva quella posizione prima che noi facessimo partirte il cronometro! 2. Discriminante nullo: v l’annullarsi del determinante implica che l’istante a cui il punto raggiunge la coordinata x* è t* = - 0 . La velocità in questo momento vale a vHt* L = v0 + a t* = 0. Il significato è chiaro: questa posizione coincide con il punto in cui la velocità da positiva diventa negativa (o viceversa). E’ il punto di inversione del moto. 3. Discriminante negativo: non è fisicamente possibile che il punto raggiunga la coordinata x* . L’accelerazione ha direzione opposta alla velocità iniziale e la direzione del moto si inverte prima che il punto possa raggiungere x* . Moto rettilineo uniformemente accelerato x 20 t 10 a -2 t1 -10 v0 4 x0 15 x* -10 t2 5 -5 10 t -10 -20 Fig. 1.13 Rappresentazione grafica del problema della determinazione degli istanti nei quali la coordinata vale x * La figura 1.13 mostra graficamente il significato delle soluzioni dell’equazione di secondo grado date dalla 1.51. Facendo variare il valore di x* la condizione 1 si verifica quando la linea rossa tratteggiata interseca in due punti la parabola che rappresenta l’andamento di x in funzione di t, la condizione 2 si ha quando la retta è tangente alla parabola al suo massimo o minimo mentre la 3 rappresenta la situazione nella quale non vi è alcuna intersezione. Ovviamente le tre condizioni dipendono dai parametri del moto: accelerazione e posizione e velocità iniziali. Il significato fisico del discriminante della 1.51 D=v0 2 + 2 aHx* - x0 L sarà molto più chiaro quando introdurremo il concetto di energia e studieremo le condizioni per la sua conservazione ma già ora possiamo capire qualcosa di più sulle proprietà matematiche del moto in condizioni di accelerazione costante. Se integriamo l’accelerazione non sul tempo, come abbiamo fatto nella 1.47 per ricavare la velocità , ma sulla coordinata x otteniamo x* a â x = a Hx* - x0 L à (1.52) x0 d’altra parte, indicando con v* la velocità del punto alla coordinata x* , si può scrivere x* x* dv aâx=à à x0 dt x0 âx=à v* dx v0 dt v* âv = à v0 v âv = 1 2 v*2 - 1 2 v0 2 (1.53) uguagliando le 1.52 e 1.53 si ha a Hx* - x0 L = 1 2 v*2 - 1 2 v0 2 v*2 = v0 2 + 2 a Hx* - x0 L (1.54) qundi il discriminante D non è altro che il quadrato della velocità del punto quando si trova a x* , che deve essere necessariamente una quantità ³0 per avere significato fisico. Vedremo più avanti che questo equivale a dire che la posizione x* può essere raggiunta se e solo se il punto materiale ha energia sufficiente. 1.4 Moti piani 1.4.1 Formulazione generale del problema Per determinare la posizione del punto materiale in funzione del tempo utilizzeremo un sistema di riferimento cartesiano bidimensionale(assi x e y) rispetto al quale il vettore posizione potrà essere espresso dalla uguaglianza r HtL = xHtL ux + yHtL uy (1.55) L’equazione del moto sarà un’equazione differenziale del secondo ordine vettoriale d2 r HtL dt2 = a Hr, tL la cui soluzione, cioè la funzione r(t), è la legge oraria del moto. pag. 13 (1.56) | Cap.1 - Cinematica All’equazione vettoriale 1.56 corrispondono due equazioni scalari (il sistema è appunto a due gradi di libertà ) che, in coordinate cartesiane sono d2 x HtL dt2 = ax Hx, y, tL (1.57) 2 d y HtL 2 dt = ay Ix, y, tM la soluzione completa delle 1.57 richiederà la specificazione di due costanti di integrazione (p.es. posizione e velocità iniziali) per ciascuna coordinata. Quindi la legge oraria del moto sarà , nella sua forma più generale x = xIx0 , y0 , vx0 , vy0 , tM (1.58) y = yIx0 , y0 , vx0 , vy0 , tM nella quale le condizioni iniziali sono definite dalle r0 = r Ht = 0L = x0 ux + y0 uy (1.59) v0 = v Ht = 0L = vx0 ux + vy0 uy 1.4.2 Moto di un grave In regioni di spazio sufficientemente ristrette gli effetti della attrazione gravitazionale terrestre possono essere ben approssimati da una accelerazione, uguale per tutti i corpi, rivolta verso il basso e la cui direzione viene convenzionalmente indicata come “verticale”. L’accelerazione di gravità sulla terra ha un valore medio g=9.80665 m s2 e varia, dipendendo principalmente dalla latitudine e dalla quota rispetto al livello del mare, da un minimo di circa 9.78 m s2 all’equatore a 9.832 m s2 ai poli. Nel seguito noi utilizzeremo sempre un valore approssimato, ponendo g=9.81 m s2 . Il sistema di riferimento più naturale per descrivere un moto sotto l’azione della accelerazione gravitazionale ha un asse, convenzionalmente l’asse y, rivolto verticalmente verso l’alto e l’asse x di conseguenza orizzontale. In questo sistema di riferimento il vettore accelerazione è a = 0 ux - g uy (1.60) ax = 0 ay = -g (1.61) cioè l’accelerazione ha componenti Poiché l’accelerazione ha componenti costanti l’integrazione del moto si presenta particolarmente semplice e la legge oraria del moro è semplicemente la combinazione di un moto rettilineo uniforme lungo l’asse x e di uno uniformemente accelerato lungo l’asse y. Dalle 1.61 infatti si ottiene vx = v0 x vy = v0 y - g t (1.62) e da una ulteriore integrazione sul tempo si ottiene la legge oraria del moto x = x0 + v0 x t 1 y = y0 + v0 y t - g t2 2 (1.63) La traiettoria dei gravi Per ottenere l’espressione esplicita della traiettoria che un grave percorre nel moto di caduta libera bisogna eliminare il parametro t dalle equazioni 1.63. Se v0 x ¹ 0, si ottiene t= y = y0 + v0 y v0 x Hx - x0 L - 1 2 g x - x0 v0 x x - x0 v0 x 2 = y0 - x0 v0 y v0 x A = y0 - x0 e posti B= v0 y v0 x C=- +g -g v0 y v0 x x0 x0 2 2 v0 x 2 -g x0 2 v0 y + v0 x +g x0 v0 x 2 x- g 2 v0 x 2 x2 (1.64) 2 v0 x 2 v0 x 2 g 2 v0 x 2 y = A + B x + C x2 La 1.64 mostra chiaramente che la traiettoria di caduta libera di un grave è una parabola con la concavità rivolta verso il basso (in coefficiente C è negativo). Se, invece, v0 x = 0 la prima delle 1.63 mostra che x = x0 = cost. ed il moto è rettilineo uniformemente accelerato lungo l’asse y, quindi è il puro moto verticale di caduta libera di un grave. Il moto del proiettile La traiettoria che percorre un proiettile sparato da un cannone è un esempio tipico di applicazione di quanto detto nella sezione precedente. Il modo più naturale di scegliere il sistema di riferimento è di porre l’origine dove si trova il cannone. In questo modo se stabiliamo che t=0 è l’istante dello sparo, le condizioni iniziali del moto sono: pag. 14 La traiettoria che percorre un proiettile sparato da un cannone è un esempio tipico di applicazione di quanto detto nella sezione precedente. Il modo più naturale di scegliere il sistema di riferimento è di porre l’origine dove si trova il cannone. In questo modo se stabiliamo che t=0 è l’istante dello A.Carnera - Appunti di meccanica sparo, le condizioni iniziali del moto sono: ¶ xHt = 0L = x0 = 0 yHt = 0L = y0 = 0 (1.65) vx Ht = 0L = v0 x vy Ht = 0L = v0 y La legge oraria del moto allora sarà xHtL = v0 x t 1 2 yHtL = v0 y t - (1.66) g t2 Proviamo ora a calcolare quale sarà la massima quota, che chiameremo h, che il proiettile raggiungerà lungo la traiettoria. Un modo puramente matematico per definire rigorosamente il problema potrebbe partire dall’equazione della traiettoria data nella 1.64. Si otterrebbe A=0 B= v0 y C=y= e quindi v0 x g (1.67) 2 v0 x 2 v0 y v0 x x- g 2 v0 x 2 x2 per trovare h si calcolerà la derivata di y rispetto a x e la si annullerà . Troveremo così il valore di x* pr il quale y è massima. A questo punto h non sarà altro che il valore di y per x = x* v0 y dy = dx v0 y g - v0 x v0 x 2 g - v0 x 2 v0 x x* = 0 x* = h = yHx = x* L = x v0 x v0 y (1.68) g 1 v0 y 2 2 g Un altro modo, più “fisico”, di impostare il problema è il seguente: la condizione di massima altezza si ha quando si annulla la componente y della velocità . Questo è l’istante in cui la velocità cessa di essere rivolta verso l’alto e il proiettile incomicia a perdere quota. Matematicamente la condizione quindi è vy = v0 y - g t* = 0 t* = v0 y (1.69) g che mi determina l’istante di massima quota. Poi dalla seconda delle 1.66 si ottiene * h = yHt = t L = v0 y v0 y 1 - g 2 g v0 y 1 v0 y 2 2 (1.70) = g 2 g Siamo così arrivati in due passaggi al risultato 1.68. Si trova quindi che l’altezza massima dipende solo dalla componente y della velocità iniziale. Potete verificare direttamente il senso di questi risultati facendo variare i parametri della figura 1.14. tHsL v0 x HmsL 40 v0 y HmsL 40 yHmL 150 100 hmax = 81.5 m 50 xmax = 326.2 m v = 56.6 ms 100 200 300 400 500 xHmL -50 Fig. 1.14 Il moto del proiettile: la gittata e la massima altezza raggiunta dipendono dalle condizioni iniziali Posto in questi termini il problema è però un po’irrealistico: possiamo arbitrariamente aumentare le componenti v0 x e v0 y della velocità e qundi far arrivare il nostro proiettile a qualsiasi altezza ed a qualsiasi distanza. pag. 15 Proviamo allora a impostarlo in modo leggermente diverso: supponiamo che il cannone possa imprimere al proiettile una velocità iniziale massima di modulo v0 (fra poco potremo dire che è nota la massima energia che il cannone può trasferire al proiettile) . Fissato quindi il modulo v0 della velocità iniziale potremo variare l'angolo di sparo, cioè l'angolo Θ che la velocità forma rispetto all'orizzontale nell'istante iniziale. Le condizioni iniziali del moto si scriveranno quindi | Cap.1 - Cinematica Posto in questi termini il problema è però un po’irrealistico: possiamo arbitrariamente aumentare le componenti v0 x e v0 y della velocità e qundi far arrivare il nostro proiettile a qualsiasi altezza ed a qualsiasi distanza. Proviamo allora a impostarlo in modo leggermente diverso: supponiamo che il cannone possa imprimere al proiettile una velocità iniziale massima di modulo v0 (fra poco potremo dire che è nota la massima energia che il cannone può trasferire al proiettile) . Fissato quindi il modulo v0 della velocità iniziale potremo variare l'angolo di sparo, cioè l'angolo Θ che la velocità forma rispetto all'orizzontale nell'istante iniziale. Le condizioni iniziali del moto si scriveranno quindi ¶ xHt = 0L = x0 = 0 yHt = 0L = y0 = 0 (1.71) vx Ht = 0L = v0 x = v0 cosHΘL vy Ht = 0L = v0 y = v0 sinHΘL Possiamo a questo punto porci la domanda di quale sarà l’angolo al quale sarà massima la “gittata”cioè la distanza alla quale il proiettile ritornerà al suolo. L’altra possibile domanda, e cioè a quale angolo di sparo si raggiungerà la massima altezza ha una risposta ovvia: visto che la quota massima dipende solo dalla componete y della velocità , che è massima quando Θ vale Π/2, la massima altezza si raggiungerà sparando direttamente verso l’alto verticalmente. La prima domanda invece richiede un minimo di calcoli. La condizione che definisce rigorosamente il problema è yHtmax L = 0 (1.72) cioè la condizione che il proiettile tocchi il suolo. Usando la seconda delle 1.66 si ha v0 y tmax - 1 2 g tmax 2 = v0 y - 1 2 g tmax tmax = 0 (1.73) una delle due soluzioni Htmax =0) è banale in quanto descrive l’istante iniziale, la seconda tmax = 2 v0 y (1.74) g è quella che ci interessa. La coordinata x in questo istante avrà il valore xmax = v0 x tmax = 2 v0 x v0 y g =2 v0 2 g cosHΘL sinHΘL = 2 v0 2 1 g 2 sinH2 ΘL = v0 2 g sinH2 ΘL (1.75) Π la distanza massima raggiungibile si avrà quando sin(2 Θ)=1, cioè quando Θ = . Se provate a variare l’angolo di sparo nella figura qui sotto, vedete 4 che, tenendo fisso il valore di v0 , la distanza massima si ottiene prpprio per Θ=45°. tHsL v0 HmsL 60 45 Θ H° L yHmL 150 100 hmax = 91.7 m 50 xmax = 367. m v = 60. ms 100 200 300 400 500 xHmL -50 Fig. 1.15 Il moto del proiettile: le condizioni iniziali possono essere espresse per mezzo del modulo della velocità iniziale e dell’ angolo di sparo Se si osserva l’evoluzione del moto del proiettile nelle figure 1.14 e 1.15 si può notare che il modulo della velocità al momento dell’impatto al suolo è identico al modulo della velocità al momento dello sparo. In realtà si puòanche vedere, sia pure un po’meno facilmente, che il modulo della velocità , a parità di condizioni iniziali, dipende solo dall’altezza del proiettile dal suolo. Se riprendiamo le componenti della velocità date dalle 1.62, possiamo ricavare il modulo quadro della velocità 2 v2 = vx 2 + vy 2 = v0 x 2 + Iv0 y - g tM (1.76) se si inverte la seconda delle 1.66, scrivendo t in funzione di y si ottiene voy t= v0 y 2 - 2 g y g che si può sostituire nella 1.76 ottenendo con semplici passaggi pag. 16 (1.77) A.Carnera - Appunti di meccanica v2 = v0 x 2 + v0 y 2 - 2 g y = v0 2 - 2 g y (1.78) 2 2 v + 2 g y = v0 = cost. il modulo quadro della velocità , e quindi anche il modulo della velocità , dipende solo dalla coordinata y ed in particolare per y=0 dovrà essere v = v0 . Ancora una volta questo risultato, che adesso potrebbe sembrare una pura stranezza matematica, diventerà quasi banale quando ci saremo impadroniti del concetto di energia e delle sue leggi di conservazione. pag. 17 | Cap.1 - Cinematica 1.4.3 Il moto circolare 1.4.3.1 Le coordinate polari Il moto che si svolge su di una traiettoria circolare, caratterizzata dall’equazione Hx - x0 L2 + Hy - y0 L2 = R2 , dove il punto di coordinate Hx0 , y0 L è il centro della circonferenza e R ne è il raggio, è un esempio interessante per studiare le proprietà dei vettori velocità e accelerazione. Un modo semplice per parametrizzare un moto su una circonferenza di raggio R centrata sull’origine (potremo sempre scegliere un sistema di riferimento con origine sul centro della circonferenza) è utilizzare le coordinate polari (r, Θ) che sono definite dalle ¶ x = R cos Θ y = R sin Θ (1.79) x2 + y2 R= y Θ = arctanI x M r 7 50 Θ H° L Θ= 90. 10 Θ= 120. Θ= 60. r= 10 Θ= 150. 6 r= 8 Θ= 30. y= 5.4 r= 6 r= 4 r 2 Θ r= 2 Θ= 180. -10 Θ= 0. -6 2 -2 x= 4.56 10 -2 Θ= 210. Θ= 330. -6 Θ= 240. Θ= 300. -10 Θ= 270. 1.16 rappresentazione del punto nel piano per mezzo di coordinate polari Il moto circolare è caratterizzato, in coordinate polari, da r=R=cost. e Θ variabile nel tempo. L’espressione vettoriale della posizione del punto sarà quindi r HtL = R ur HΘL (1.80) ur HΘL = cos Θ ux + sin Θ uy (1.81) con 1.4.3.2 La velocità nel moto circolare La velocità nel moto circolare sarà data dalla v HtL = dr HtL dt =R dur HΘ L dt = -R sin Θ dΘ dt ux + R cos Θ dΘ dt uy = R dΘ dt uΘ (1.82) dove si è utilizzata la definizione del versore uΘ , dipendente dal tempo perché dipende dal tempo la coordionata Θ, uΘ = dur dΘ = -sin Θ ux + cos Θ uy (1.83) Si ricava immediatamente che i versori ur e uΘ sono tra loro ortogonali, poiché il prodotto scalare ur .uΘ = 0. Ce lo potevamo aspettare: ur è infatti un vettore di modulo costante e abbiamo già dimostrato che questo implica che la sua derivata temporale gli è necessariamente ortogonale. Il versore uΘ è quindi perpendicolare al raggio, cioè è tangente alla traiettoria circolare. La derivata di Θ rispetto al tempo viene chiamata velocità angolare e si ndica di solito con la tettera Ω pag. 18 A.Carnera - Appunti di meccanica dΘ (1.84) Ω= dt il modulo della velocità dalla 1.82 risulta vHtL = Ω R (1.85) quindi il vettore velocità è dΘ v HtL = R uΘ = Ω R uΘ dt (1.86) Questo risultato è coerente con quanto abbiamo visto precedentemente, quando si era visto che il modulo della velocità è sempre v = lunghezza dell’arco infinitesimo di traiettoria circolare è infatti ds=R dΘ quindi v = ds = dt R dΘ dt ds dt . La = R Ω. 1.4.3.3 L’ accelerazione nel moto circolare L’accelerazione si ottiene derivando la 1.86 a HtL = dv HtL d R = dt dt dΘ d2 Θ uΘ = R dt dt2 uΘ + dΘ duΘ dt (1.87) dt Il primo termine dipende chiaramente dalla variazione nel tempo della velocità angolare mentre il secondo appare perchè la direzione tangente alla traiettoria, espressa da uΘ , non è costante nel tempo, dipende qundi dal fatto che la traiettoria è curva. La derivata del versore uΘ rispetto al tempo può essere ottenuta a partire dalla 1.83 duΘ duΘ dΘ = dt dΘ dt = I-cos Θ ux - sin Θ uy M dΘ dΘ = -ur dt dt = uN dΘ dt (1.88) nella quale si è usata la definizione del versore normale alla traiettoria uN =-ur . L’accelerazione nel moto circolare è dΘ a HtL = -R dt 2 ur + R d2 Θ 2 dt uΘ = R Ω2 uN + R Α uΘ (1.89) avendo definito l ' accelerazione angolare Α d2 Θ Α= (1.90) dt2 L’accelerazione nel moto circolare ha quindi due componenti: la prima diretta nel verso opposto del versore ur è detta accelerazione centripeta o accelerazione normale e vale aN = R Ω2 uN (1.91) e il modulo dell’accelerazione centripeta è HR ΩL2 aN = v2 (1.92) = R R L’accelerazione centripeta è sempre presente, anche nei moti circolari uniformi nei quali la velocità angolare Ω=cost. Come si è già accennato l’accelerazione centripeta esiste perché la traiettoria è curva. La componente tangenziale dell’accelerazione invece è diversa da zero solo se la velocità angolare non è costante, quindi se il moto circolare è accelerato. Il secondo termine della 1.89 è l’accelerazione tangenziale aT = R d2 Θ dt2 (1.93) uΘ = R Α uΘ L’accelerazione tangenziale esprime la variazione del modulo della velocità infatti dalla 1.85 dv d = dt d HR ΩL = dt dt R dΘ dt =R pag. 19 d2 Θ dt2 =RΑ (1.94) | Cap.1 - Cinematica 1.4.3.4 Il moto circolare uniformemente accelerato Se l’accelerazione angolare Α è costante il moto circolare viene detto uniformemente accelerato, in analogia con il moto rettilineo. In un moto circolare uniformemente accelerato le equazioni del moto diventano del tutto analoghe a quelle ottenute nel moto rettilineo uniformemente accelerato Ω = Ω0 + Α t Α = cost. Θ = Θ0 + Ω0 t + 1 2 (1.95) Α t2 queste sono le leggi che descrivono il moto del punto in figura 1.17. Se Ω è positivo il moto si sviluppa verso valori di Θ crescenti, cioè in verso antiorario. Se Α¹0, Ω varia nel tempo e varia molto rapidamente anche la componente centripeta (normale) dell’accelerazione che dipende dal quadrato di Ω, come si vede dalla 1.91. j = 90. ° tHsL Ω = 0.75 s-1 Ω0 Hs-1 L ΑHs-2 L 0.75 0 Moto circolare uniforme v j a 1.17 Moti circolari uniformi o uniformemente accelerati La figura 1.17 mostra come può variare la direzione del vettore accelerazione: se Α=0, l’accelerazione è puramente centripeta e forma con la velocità un angolo j=90°. Se Ω è nulla ma l’accelerazione angolare Α¹0 la sola componente dell’accelerazione è quella tangenziale e quindi il vettore accelerazione è parallelo a v, quindi j=0. In tutti i casi intermendi l’accelerazione presenta entrambe le componenti. pag. 20 A.Carnera - Appunti di meccanica 1.4.3.5 Commenti e note sull’ accelerazione Quanto detto nel paragrafo precedente sull’accelerazone nel moto circolare mette in luce che i concetti “intuitivi” di velocità e, soprattutto, di accelerazione descrivono correttamente solo il moto rettilineo. Solo in questo caso non solo il modulo della velocità rappresenta istante per istante lo spazio percorso nell’unità di tempo ma anche il modulo dell’accelerazione misura effettivamente il tasso di variazione istantanea della velocità . Se la traiettoria è curva il modulo della velocità è ancora ds/dt ma il modulo dell’accelerazione non è più d2 s dt 2 ! Più rigorosamente, se riprendiamo l'espressione vettoriale dell'accelerazione, la componente tangenziale ha la direzione del versore uΘ , tangente alla du traiettoria che identifica la direzione del moto, mentre la componente centripeta ha la direzione del versore uN = Θ e rende conto della variazione dΘ del vettore tangente alla traiettoria, quantificandone la curvatura: se uΘ è costante, cioè se la traiettoria è rettilinea, l'accelerazione centripeta si annulla. Possiamo vedere la cosa ancora da un altro punto di vista: il modulo dell’accelerazione centripeta dalla 1.92 è aN = velocità è costante, Lim aN = Lim R®¥ v2 R®¥ R v2 R , quindi se il modulo della (1.96) =0 L’accelerazione centripeta si annulla su di una traiettoria circolare di raggio infinito. Ma un cerchio di raggio infinito è una retta e di nuovo arriviamo alla conclusione che per traiettorie rettilinee l’accelerazione centripeta è nulla. Abbiamo visto che la presenza dell’accelerazione centripeta è legata alla curvatura della traiettoria. Per una traiettoria circolare vale la relazione ds = R dΘ (1.97) che possiamo prendere come definizione del raggio della circonferenza R= ds (1.98) dΘ Il significato della 1.98 è spiegato nella figura 1.18 nella quale la lunghezza dell’arco di circonferenza è fissato a 200 (in unità di lunghezza qualsiasi, potrebbero essere metri o pollici o kilometri...). Il cursore fa variare il raggio della circonferenza in un ampio intervallo di valori. L’angolo al centro DΘ è geometricamente identico all’angolo fra le tangenti alle due estremità dell’arco. Al variare di R l’angolo DΘ varia in proporzione inversa e, per R®¥, DΘ®0 e le rette tangenti passati per gli estremi dell’arco diventano parallele. La traiettoria è a questo punto una retta. r DΘ DΘ DΘ= 28.13 ° 200 Ds R= DΘ -100 -50 = 407.4 = 0.4910 0 50 100 1.18 Il raggio della circonferenza come rapporto fra Ds e DΘ La relazione 1.98 è alla base del concetto di curvatura locale di una curva piana qualsiasi che svilupperemo nel prossimo paragrafo. pag. 21 | Cap.1 - Cinematica 1.4.4 Il moto lungo traiettorie piane qualsiasi 1.4.4.1 L’ accelerazione nel moto piano E’abbastanza naturale immaginare che il moto lungo una traiettoria piana di forma qualsiasi condividerà aspetti delle traiettorie rettilinee e delle traiettorie circolari. Gli uni domineranno sugli altri altri a seconda della curvatura della traiettoria. La figura 1.10 già mostrava che la velocità , così come definita dalla relazione 1.33 vale qualsiasi sia la forma della traiettoria. Ricordando le definizioni 1.83 e 1.88 uΘ = dur uN = dΘ duΘ (1.99) dΘ possiamo quindi sempre scrivere ds v HtL = dt uΘ HtL (1.100) d'altra parte l'accelerazione è per definizione a HtL = dv d ds dt dt dt d2 s ds duΘ uΘ + = = dt dt dt2 uΘ + ds dΘ duΘ dt dt dΘ = aT + aN (1.101) con aN = ds dΘ duΘ ds dΘ dΘ duΘ = dt dt dΘ dΘ dt dt dΘ =R dΘ dt 2 uN (1.102) dove si è estesa a curve qualsiasi la definizione di R data dalla 1.98. Si è così definito il raggio di curvatura locale della traiettoria, cioè il raggio della circonferenza il cui arco infinitesimo coincide con il tratto infinitesimo ds della traiettoria nel punto dato. Se si considera che dalla 1.98 discende che ds=R dΘ, allora la 1.102 può essere riscritta nella forma equivalente aN = R 1 dRΘ R2 dt 2 uN = 1 ds R dt 2 uN = v2 R uN (1.103) Quindi le due componenti dell’accelerazione sono aT = d2 s dt2 uΘ accelerazione tangenziale (1.104) e aN = R dΘ dt 2 2 uN = v R uN accelerazione centripeta Il significato delle componenti tangenzile (aT ) e normale o centripeta (aN ) rimangono gli stessi che abbiamo già visto nel moto circolare e sono esemplificati nella figura 1.19 pag. 22 A.Carnera - Appunti di meccanica t moto uniforme moto accelerato -5 6 -3 -1 1 3 5 Posizione Velocità e accelerazione Traiettoria orizzontale 6 Traiettoria inclinata 4 4 Traiettoria parabolica 2 2 Traiettoria varia 0 v -6 -4 v -2 2 4 6 -2 -2 -4 -4 -6 -5 -3 -1 1 3 5 1.19 le componenti tangenziali e normali dell’ accelerazione in un moto piano qualsiasi La parte sinistra della figura mostra il moto allo scorrere di t, la parte destra focalizza l’attenzione su velocità e accelerazione. Esaminiamo i vari moti previsti, sapendo che la forma della traiettoria può comunque essere modificata trascinando i quattro cerchi grigi del pannello di sinistra. I due bottoni rettangolari permettono di scegliere tra moti con modulo della velocità costante (moto uniforme) oppure con modulo dell’accelerazione tangenziale costante (moto accelerato). Gli altri quattro pulsanti permettono di scegliere quattro forme diverse pre-programmate di traiettoria. Se si sceglie il moto uniforme e si esamina l’andamento della velocità e dell’accelerazione nel pannello di destra, si può vedere che nei due casi di moto rettilineo, orizzontale o inclinato, il vettore velocità rimane rigorosamente costante con direzione parallela (tangente) alla retta di moto. Se invece, sempre con selezionato il moto uniforme, si scelgono le altre due traiettorie, che sono curve, il vettore velocità rimarrà costante solo in modulo e il suo estremo si muoverà lungo una circonferenza. Nel pannello di destra compare la freccia rossa che indica l’accelerazione. L’accelerazione sarà sempre ortogonale alla velocità , cioè sempre puramente centripeta e sarà massima nei tratti di triettoria di maggior curvatura (cioè con raggio di curvatura più piccolo), coerentemente con quanto prevede la 1.104 per la quale se la velocità è costante in modulo l’accelerazione normale è massima quando R è minimo. Se invece si sceglie il moto accelerato compare anche la componente tangenziale dell’accelerazione che è parallela alla velocità . Quindi nei due moti rettilinei vedremo che il modulo della velocità cresce linearmente col tempo ma la velocità e l’accelerazione non cambieranno direzione mentre nei moti lungo triettorie curve l’accelerazione sarà la somma vettoriale del contributo tangenziale (costante) e di quello normale (che varia lungo la traiettoria come abbiamo già visto). Il risultato quindi è in genere un’accelerazione che non è né parallela né ortogonale alla velocità , se non nei punti in cul la curvatura della traiettoria cambia di segno e quindi il raggio di curvatura localmente diventa infinito comportando l’annullamento della componente centripeta dell’accelerazione. pag. 23 | Cap.1 - Cinematica 1.4.4.2 Riassunto dei concetti geometrici usati nella descrizione della velocità e dell’ accelerazione Un’analisi riassuntiva di come siamo arrivati alla descrizione delle caratteristiche geometriche, cioè di forma, delle traiettorie piane qualsiasi è proposta dalla figura 1.20. s 11 4 Ds Passo 1 Passo 2 Passo 3 4 P=PHsL Ds P2 =PHs+ L 2 2 Dr Ds P1 =PHs- L Ds 2 0 -2 -4 -4 0 -2 2 4 1.20 studio passo passo della geometria locale della traiettoria Passo 1: definizione del versore tangente alla traiettoria nel punto P. I due punti P1 e P2 delimitano un arco di traiettoria di lunghezza Ds centrato sul puno P. La linea tratteggiata indica il vettore Dr = P1 P2 . Variandoi la lunghezza Ds dell'arco di traiettoria si può vedere come il vettore Dr/Ds tenda al versore tangente alla traiettoria in P, dimostrando la definizione uT HPL = dr ds r IP + = Lim Ds®0 Ds M-r 2 IP - Ds M 2 Dr Ds®0 Ds (1.105) = Lim Ds Nel passo 1 della figura la dimostrazione si ottiene portando a zero il parametro Ds. Passo 2: definizione del versore normale alla traiettoria nel punto P. Consideriamo adesso i due versori tangenti nei punti P1 e P2 , uT HP1 L e uT HP2 L, e la loro differenza DuT . Definiamo il versore uN = duT ds uT IP + = Lim Ds M - uT 2 Ds®0 Ds IP - Ds M 2 = Lim Ds®0 (1.106) DuT Ds esso risulta normale alla tangente la traiettoria nel punto P e rivolto verso la concavità della traiettoria. Se la traiettoria nel punto P fosse esattamente circolare il vettore uN avrebbe la direzione del raggio. Anche in questo caso nel passo 2 della figura la dimostrazione si ottiene portando a zero il parametro Ds. Passo : costruzione della circonferenza che coincide con l’arco infinitesimo di traiettoria ds. Prendiamo, lungo la direzione individuata da uN , un punto C che disti da P una lughezza R definita dalla R= ds dΘ = dΘ ds Θ IP + -1 = Lim Ds®0 Ds Ds -1 M - ΘIP - 2 M 2 Ds DΘ Ds®0 -1 (1.107) = Lim Ds se tracciamo la circonferenza di raggio R centrata in C, il suo arco infinitesimo che passa per P coincide con l’arco infinitesimo di traiettoria in P. R viene chiamaro il raggio di curvatura ed il cerchio cerchio osculatore pag. in P. 24 Nel passo 3 portate a zero il parametro Ds: otterrete il cerchio osculatore nel punto P. Se poi variate la coordinata s vdrete come il cerchio osculatore riproduce la curvatura locale della triettoria. A.Carnera - Appunti di meccanica se tracciamo la circonferenza di raggio R centrata in C, il suo arco infinitesimo che passa per P coincide con l’arco infinitesimo di traiettoria in P. R viene chiamaro il raggio di curvatura ed il cerchio cerchio osculatore in P. Nel passo 3 portate a zero il parametro Ds: otterrete il cerchio osculatore nel punto P. Se poi variate la coordinata s vdrete come il cerchio osculatore riproduce la curvatura locale della triettoria. 1.5 Accelerazione dipendente dalla posizione o dalla velocità In generale l’accelerazione non è costante e neppure dipende esplicitamente dal tempo. Le equazioni 1.47 e 1.48, che ci hanno permesso di ricavare la legge oraria del moto nel caso semplice di accelerazione costante non ci sono più di aiuto. Già la prima delle due non è esplicitamente risolvibile t perché non conoscaiamo la funzione a(t) e quindi non sappiamo risolvere l’integrale Ù0 a â t e quindi non conosciamo l’andamento della velocità con il tempo. Il problema del moto deve quindi essere visto come quello della soluzione dell’equazione differenziale del secondo ordine aHrL = d2 r HtL (1.108) dt2 nell’incognita r(t). Si può facilmente immaginare che di solito il problema è complesso e assai spesso non ne esistono soluzioni analitiche esatte. Esistono però casi molto importanti nei quali si riesce abbastanza facilmente a risolvere l’equazione del moto 1.108. 1.5.1 Il moto armonico semplice Consideriamo un moto rettilineo nel quale l’accelerazione dipenda linearmente dalla coordinata x aHxL = -Ω2 x (1.109) Ω è una costante positiva detta pulsazione. L’equazione del moto è perciò d2 xHtL 2 d2 xHtL = -Ω 2 xHtL 2 dt +Ω 2 xHtL = 0 (1.110) dt L’equazione 1.110 ha un’enorme importanza nella descrizione dei fenomeni fisici caratterizzati da un comportamento oscillatorio ed è nota come equazione del moto armonico semplice. Discuteremo ampiamente in un prossimo capitolo il significato dell’equazione 1.110 e i dettagli della sua soluzione, per il momento vi propongo una forma della legge del moto x(t) e verifichiamo che soddisfa alla 1.110. La soluzione da provare è xHtL = A sinHΩ t + jL (1.111) La verifica che la 1.111 soddisfa alla 1.110 è diretta: prima otteniamo la velocità per derivazione rispetto al tempo vHtL = d xHtL dt = A Ω cosHΩ t + jL (1.112) = -A Ω 2 sinHΩ t + jL (1.113) e poi otteniamo con una seconda derivazione l’accelerazione aHtL = d vHtL dt Basta confrontare il secondo membro della 1.113 con la 1.111 per vedere che la 1.113 diventa proprio la 1.110 d2 xHtL dt2 = -Ω 2 xHtL (1.114) il che dimostra, appunto, che la 1.111 è una soluzione della 1.110. Nella 1.111 compaiono le due costanti A e j: la cosa non dovrebbe stupirvi perché abbiamo già ricordato che ogni volta che risolviamo un’equazione differenziale del secondo ordine devono apparire due costanti di integrazione. Nel caso del moto uniformemente accelerato avevamo visto che le due costanti avevano il significato di posizione iniziale x0 = xHt = 0L e v0 = vHt = 0L. Proviamo a seguire la stessa linea di pensiero per capire il significato di A e j. Scriviamo la posizione e la velocità iniziali usando le 1.111 e 1. 112 ¶ x0 = x Ht = 0L = A sin j v0 = v Ht = 0L = A Ω cos j x0 2 + x0 = A sin j v0 Ω = A cos j x0 v0 Ω v0 2 Ω2 (1.115) = A2 Isin2 j + cos2 jM = A2 = tg j (1.116) cioè A= x0 2 + j = arctg v0 2 Ω2 x0 v0 Ω pag. 25 (1.117) | Cap.1 - Cinematica quindi anche in questo caso le due costanti di integrazione si ricavano direttamente se sono note la posizione e la velocità iniziale. La costante A è detta ampiezza dellle oscillazioni perché sarà sempre -Abx(t)bA, perchè -1bsin(Ω t+j)b1, è nota come fase iniziale visto che x(t=0)=A sin j. Le 1.117 diventano particolarmente chiare se il moto inizia con velocità nulla, se cioè è v0 = 0. Allora la seconda delle 1.115 comporta che j= v0 = 0 A = 0 oppure j= Π 2 3Π 2 (1.118) la soluzione A=0 va esclusa perchè si tratta della soluzione banale in cui il punto è fermo all’otigine: x(t)=0. La prima delle 1.115 allora ci fornisce le soluzioni A = x0 per j= A = -x0 per j = Π 2 3Π 2 (1.119) Analogamente se facciamo l’ipotesi che il punto a t=0 si trovi all’origine con v0 ¹ 0 v0 Ω j=0 e A= j=Π e A = - Ω0 (1.120) v La figura 1.21 mostra il tipico andamento oscillatorio della posizione in funzione del tempo. Potete variare i parametri e vedere come il moto ne risente. Nel pannello superiore che mostra l’animazione se attivate lo scorrere del tempo sono anche rappresentati i vettori velocità e accelerazione: si vede chiaramente che la velocità è massima quando il punto si trova nel centro delle oscillazioni e si annulla alle estremità , dove il moto si inverte. Opposto è l’andamento dell’accelerazione che invece è massima quando il punto si trova alle coordinate x=±A e si annulla a x=0. Moto armonico semplice v -10 -5 0 -10 -5 0 5 10 15 5 10 15 a t HsL x x x 2Π Ω Hs-1 L 15 5 10 x0 HmL -5 5 v0 HmsL +A 0 1 A= 5.00 m j= -0.50 Π rad. -5 x= 4.96 m 2 3 4 5 -A -10 v= -0.79 ms -15 a= -7.83 ms2 1.21 il moto armonico semplice date la posizione e la velocità iniziali L’andamento della posizione, della velocità e della accelerazione è mostrato nei grafici della figura 1.22. Nella figura è anche indicato il tempo T, detto periodo delle oscillazioni. T è definito come l’intervallo di tempo dopo il quale il moto ritorna identico (in posizione, velocità e accelerazione). E’facile convincersi che il periodo T è legato alla pulsazione Ω dalla relazione T= 2Π (1.121) Ω infatti l’argomento della funzione seno nella 1.111, dopo che è trascorso un intervallo T dal tempo t diventa ΩHt + TL + j = Ω t + 2Π +j=Ωt+j+2Π (1.122) Ω qundi la funzione seno acquista un valore identico a quello che aveva al tempo t e così anche le sue derivate. Il moto quindi si ripete all’infinito con periodicità T. Nella figura si nota anche che la velocità ha valore nullo quando x è massima e viceversa x è nulla quando la velocità è massima. La velocità è sfasata rispetto alla posizione di Π/2. L’accelerazione invece si trova sempre in opposizione di fase rispetto alla posizione: è minima quando la x assume il valore massimo e viceversa: l’accererazione è sfasata di Π rispetto alla posizione. pag. 26 A.Carnera - Appunti di meccanica Moto armonico semplice Posizione x 15 t HsL 10 4Π Ω Hs-1 L 5 5 A HmL 5 j HradL 0 T +A 1 -5 2 3 4 5 3 4 5 4 5 -A -10 x0 = 0.00 m v0 = 12.60 ms T= 2.50 s -15 x= 2.41 m Velocità v v= 11.00 ms 30 a= -15.20 ms2 20 +Ω A T 10 1 2 -10 -Ω A -20 -30 Accelerazione a 50 +Ω2 A T 1 -50 2 3 -Ω2 A 1.22 posizione, velocità e accelerazione nel moto armonico semplice 1.5.2 Accelerazione dipendente dalla velocità : l’ attrito viscoso 1.5.2.1 moto in presenza del solo attrito viscoso L’accelerazione può dipendere nonsolo dal tempo o dalla posizione ma anche dalla velocità . Una delle forme più comuni di attrito dà luogo appunto ad una accelerazione che ha la caratteristica di essere proporzionale alla velocità e ad essa opposta, si parla in questo caso di attrito viscoso. Nel caso semplice di un moto rettilineo l’equazione del moto assume allora la forma a= dv dt dv = -k v dt +k v = 0 (1.123) nella quale il coefficiente k è una costante positiva. Nella forma 1.123 l’equazione del moto può essere risolta per integrazione diretta. La 1.123 infatti può essere riscritta come 1 v dv = -k dt e integrando membro a membro pag. 27 (1.124) | Cap.1 - Cinematica 1 à v â v = -à k â t + ln C1 lnHvHtLL - ln C1 = -k t ln vHtL C1 = -k t (1.125) Per sole ragioni di praticità nella 1.125 la costante di integrazione è stata espressa come ln C1 . Facendo l’esponenziale di entrambi i membri si ottiene vHtL C1 = e-k t vHtL = C1 e-k t = v0 e-k t (1.126) Nella 1.126 si è potuto dare alla costante di integrazione il significato di velocità iniziale perché v Ht = 0L = C1 , quindi possiamo senz’altro porre C1 = v0 . La 1.126 ci fornisce quindi l'andamento della velocità nel tempo. Una caratteristica interessante della 1.126 è il suo andamento per tempi lunghi. Se facciamo il limite per t che tende all'infinito otteniamo Lim vHtL = Lim v0 e-k t = 0 t®¥ (1.127) t®¥ se aspettiamo un tempo sufficientemente lungo l’effetto della presenza dell’attrito viscoso è quello di arrestare il moto. Dalla definizione di velocità discende immediatamente dx dt = v0 e-k t (1.128) la cui integrazione permette di ricavare la legge oraria del moto -k t' à â x = à v0 e â t ' + C2 xHtL = C2 - v0 k Ie-k t - 1M = x0 + v0 k - v0 k e-k t (1.129) Nella 1.129 si è definita x0 = C2 perché si ha che x Ht = 0L = C2 . 1.5.2.2 attrito viscoso più attrito costante Un caso lievemente più complicato si presenta quando oltre all’accelerazione dovuta alla presenza di un attrito viscoso vi è anche una componente costante all’accelerazione. Un esmpio tipico è il problema di descrivere la caduta di un grave tenendo conto anche dell’attrito dell’aria. Se orientiamo un asse verticale rivolto verso l’alto e chiamiamo come al solito g l’accelerazione di gravità (vista la convenzione per l’asse, g sarà <0), l’equazione del moto che descrive il nostro sistema è a= dv dt dv = -k v +g dt +k v = g (1.130) La seconda delle 1.130 ha la forma di un’equazione differenziale non omogenea, in quanto il secondo membro non è nullo. La sua omogenea associata è la 1.123 che abbiamo già risolto. Dalla teoria delle equazioni differenziali sappiamo che la soluzione generale della 1.130 sarà la somma della soluzione dell’omogenea associata più una soluzione particolare della 1.130. Trovare una soluzione particolare è in questo caso semplice. Immaginiamo un moto a velocità costante, allora la prima delle 1.130 ha la forma -k v + g = 0 (1.131) e quindi immediatamente si ha v= g (1.132) k che è la soluzione partiocolare che cercavamo. Quindi l’espressione della velocità che soddisfa alla nostra equazione non omogenea 1.130 è data dalla somma della 1.126 e della 1.133 vHtL = C1 e-k t + g (1.133) k g In questo caso non è possibile attribuire alla costante di integrazione C1 il significato di velocità iniziale infatti v(t=0)=C1 + quindi stavolta vale la k C1 = v0 - g k (1.134) e la 1.133 diventa g g vHtL = Kv0 - O e-k t + k k pag. 28 (1.135) A.Carnera - Appunti di meccanica 9.81 -g Velocità in presenza di un attrito viscoso k 0.3 v0 0 v 100 50 0 5 10 15 20 t g -50 v= k -100 1.23 il risultato della prima integrazione: la velocità in funzione del tempo Anche in questo caso è interessante studiare il comportamento della 1.133 per tempi lunghi g g Lim vHtL = Lim KC1 e-k t + O = t®¥ t®¥ k k (1.136) la velocità adesso non si annulla (a meno che g non sia uguale a 0) ma tende al valore costante g/k. Per tempi sufficientemente lunghi il moto diventa in pratica un moto rettilineo uniforme. I passaggi successivi per ricavare la legge oraria del moto sono a questo punto del tutto analoghi a quanto visto nel punto precedente g g = Kv0 - O e-k t + dt k k dx g -k t g à â x = à BKv0 - O e + F â t + C2 k k (1.137) 1 g g xHtL = - Kv0 - O e-k t + t + C2 k k k (1.138) Per capire il significato fisico della costante C2 , anche questa volta vediamo il valore di x a t=0: x0 = xHt = 0L = - v0 k g + k 2 + C2 C2 = x0 + v0 k g - k2 (1.139) e la 1.138 può essere riscritta xHtL = x0 + v0 k g - k2 g + k t- 1 g Kv0 - O e-k t k k pag. 29 (1.140) | Cap.1 - Cinematica Legge oraria del moto in presenza di un attrito viscoso 9.81 -g t k 0.3 v0 0 x 5 10 g 15 20 t v= -100 k -200 -300 -400 -500 -600 1.24 la seconda integrazione fornisce la legge oraria del moto. Per tempi lunghi l’ andamento è quello tipico di un moto rettilineo uniforme. La figura 1.23 mostra l’andamento della coordinata verticale x in funzione di t in un moto con accelerazione data dalla somma dell’accelerazione di gravità g e di un’accelerazione dovuta ad un attrito viscoso con coefficiente k. Si assume che la posizione iniziale sia x0 = 0 e si può far variare la velocità iniziale che può essere positiva (diretta verso l’alto) o negativa (diretta verso il basso). Anche il modulo di g ed il coefficiente di attrito viscoso possono essere fatti variare. La linea tratteggiata in rosso mostra l’andamento asintotico con velocità limite g/k. Il punto nero alla sinistra della figura mostra il moto del punto al variare del tempo. Vengono registrate le posizioni ad intervalli di tempo costanti per evidenziare la prima fase del moto in cui a parità di intervalli di tempo lo spazio percorso varia (moto accelerato) e la seconda nella quale lo spazio percorso diventa praticamente lo stesso a parità di tempo trascorso tra una registrazione della posizione e la successiva. 1.6 Complementi 1.6.1 Il vettore velocità angolare Trattando il moto circolare abbiamo introdotto il concetto di velocità angolare definendola come la derivata dell’angolo polare Θ rispetto al tempo. le quantità in gioco sono tutte scalari e di consegunza anche la velocità angolare così definita risulta scalare. Vi sono molti casi in cui il sistema fisico è costituito da molti punti che percorrono traiettorie circolari attorno ad un comune asse di rotazione. Tipico è il caso di un corpo rigido che è imperniato su un asse: tutti i punti che lo compongono percorrono delle circonferenze con centro posto sull’asse e con diverse distanze dall’asse ma la natura “rigida”del sistema li vincola ad avere tutti la stessa velocità angolare. E’perciò assai utile definire un vettore che contenga l’informazione non solo dell’intensità della velocità angolare ma anche della direzione dell’asse di rotazione. pag. 30 A.Carnera - Appunti di meccanica Default t HsL View point Top Π Ω Hs-1 L 50 Front Moto di rotazione attorno all'asse z z 1.25 sistema di 10 punti materiali che ruotano rigidamente attorno all’ asse z. dΘ Si definisce allora un vettore velocità angolare Ω che ha modulo Ω = , direzione quella dell’asse di rotazione (convenzionalmente z) e verso dt positivo secondo la convenzione per cui dalla punta del vettore il moto venga visto svolgersi in senso antiorario. La proprietà principale del vettore Ω così definito è che, se l’origine del sistema di riferimento è posta sull’asse di rotazione z, la velocità risulta v = Ωr pag. 31 (1.141) | Cap.1 - Cinematica t HsL Normale Π Ω Hs-1 L 50 Da sopra Punto di vista R HmL 3 z HmL 3 Da sotto Di fronte zO HmL -1 Il vettore velocità angolare v R Ω Θ r O 1.26 il vettore velocità angolare di un punto che ruota attorno all’ asse z. Come si puòvedere dalla figura, se si pone la condizione che l’origine stia sull’asse z, il raggio della traiettoria R è dato da R= r sin Θ. Dalla definizione di prodotto vettore e dalla 1.141 discende la relazione tra i moduli v = Ω r sin Θ = Ω R (1.142) che coincide con la 1.85. Quindi la definizione che abbiamo dato del vettore velocità angolare è del tutto coerente con quello che abbiamo già visto a proposito del moto circolare. La figura 1.26 mostra anche che il vettore velocità è ortogonale al piano definito dal vettore Ω e dal vettore r. Quindi v è anche sempre ortogonale a r. Il moto che compie il vettore r attorno all’asse z è chiamato moto di precessione. A questo punto anche l'accelerazione del punto può essere ricavata con lo stesso formalismo a= dv dΩ = dt dr r + Ω dt dΩ = dt dΩ r + Ωv = dt r + ΩΩr dt (1.143) se confrontiamo questo risultato con la 1.89 che ci dava a = R Α uΘ + R Ω2 uN = aT + aN e ricordando che il risultato di un prodotto vettore è un vettore ortogonale ai due fattori otteniamo aT = dΩ dt r aN = ΩΩr pag. 32 (1.144) A.Carnera - Appunti di meccanica Quindi utilizzando la definizione di vettore velocità angolare abbiamo potuto ricavare molto rapidamente le espressioni della velocità e dell’accelerazione nel moto circolare. 1.6.2 Velocità e accelerazione in coordinate sferiche Nella sezione 1.1.3 abbiamo introdotto il sistema di coordinate sferiche per la rappresentazione del vettore posizione r(t)= r(t) ur HtL. Dalle 1.15 si ricava che rispetto agli assi del sistema di riferimento cartesiano fisso la forma del vettore r, se si utilizzano le coordinate sferiche, diventa rHtL = rHtL Isin@ΘHtLD cos@jHtLD ux + sin@ΘHtLD sin@jHtLD uy + cos@ΘHtLD uz M (1.145) che implicitamente fornisce la rappresentazione del versore ur in coordinate sferiche ur = sin@ΘHtLD cos@jHtLD ux + sin@ΘHtLD sin@jHtLD uy + cos@ΘHtLD uz (1.146) La velocità sarà quindi v= dr dr = dt dt ur + r dur dt (1.147) E’quindi necessario calcolare la derivata rispetto al tempo del versore ur . dur = ¶ur dr + ¶ur dΘ ¶r dt dt + ¶Θ dt ¶ur dj ¶j dt (1.148) Si è utilizzata la definizione di derivata parziale rispetto al tempo di un vettore VHx1 , x2 , x3 ) rispetto alle generiche coordinate x1 , x2 , x3 , che è ¶V = Lim ¶ x1 V Hx1 + Dx1 , x2 , x3 L - VHx1 , x2 , x3 L Dx1 ®0 (1.149) Dx1 e le analoghe per le altre due coordinate Dalla 1.146 si ricavano ¶ur =0 (1.150) = cos Θ cos j ux + cos Θ sin j uy - sin Θ uz (1.151) ¶r ¶ur ¶Θ ¶ur = -sin Θ sin j ux + sin Θ cos j uy ¶j (1.152) Il vettore della 1.151 è un vettore unitario perché ¶ur ¶ur . = cos2 Θ cos2 j + cos2 Θ sin2 j + sin2 Θ = cos2 Θ Icos2 j + sin2 jM + sin2 Θ = cos2 Θ + sin2 Θ = 1 ¶Θ ¶Θ (1.153) quindi possiamo definire il versore uΘ = ¶ur = cos Θ cos j ux + cos Θ sin j uy - sin Θ uz (1.154) ¶Θ la 1.152 può invece essere riscritta ¶ur = sin Θ I-sin j ux + cos j uy M = sin Θ uj ¶j (1.155) dove si è posto uj = -sin j ux + cos j uy (1.156) Alle tre coordinate sferiche r, Θ e j sono quindi associati tre versori, ur , uΘ , uj , che rappresentano la direzione in cui varia il vettore r a seguito del cambiamento della rispettiva coordinata. Variando i valori delle tre coordinate sferiche nella figura 1.27 si può vedere il significato dei tre versori che abbiamo qui definito. pag. 33 | Cap.1 - Cinematica Punto di vista Normale r Da sopra Θ Di fronte Φ 8 Π 4 4Π 3 10 Θ z j ur uj 10 uΘ y r -10 0 x 10 -10 -10 1.27 la rappresentazione del vettore posizione in coordinate sferiche e i versori associati alle variazioni di r, Θ, e j pag. 34