introduziona alla contabilità nazionale

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APPUNTO N. 1 DI ECONOMIA POLITICA – CLASSE 4°B (prof. Bruno Gabetti)
PIL: valore complessivo dei beni e dei servizi finali prodotti in un anno in un paese. Sono espressi in moneta.
Indica tutto ciò che è stato prodotto all’interno del territorio nazionale, indipendentemente che ci ha prodotto sia un’impresa italiana o estera.
Esso è preso come l’indice principale della ricchezza di un Paese. Non è comunque detto che il PIL indichi il benessere di uno Stato in quanto non indica com’è
distribuito il reddito.
Il PIL è costantemente controllato dagli uffici statistici presenti in ogni nazione. In Italia, questo compito è svolto dall’ISTAT.
Gli economisti utilizzano come misura del PIL il valore che si ottiene moltiplicandola quantità prodotta di ogni bene per il rispettivo prezzo, e sommando i risultati
ottenuti.
Nel calcolo del PIL dovranno essere considerati soltanto i beni finali, cioè quelli che vengono acquistati dalle famiglie e dalle imprese per essere utilizzati.
Il PIL non comprende tutte le merci prodotte in un Paese, ma soltanto quelle che vengono scambiate sul mercato. Ne sono perciò esclusi i beni e servizi prodotti per
l’autoconsumo.
È compreso nel PIL il lavoro della collaboratrice familiare (se regolarmente retribuita), ma se lo stesso servizio è reso da un componente del nucleo familiare, il suo
valore non viene conteggiato nel PIL.
Le attività produttive svolte “in nero”, che costituiscono l’economia sommerso, sono invece stimate e incluse nel PIL.
Concorrono a formare il PIL anche i servizi pubblici, conteggiati al valore degli stipendi dei dipendenti pubblici.
VALORE AGGIUNTO:
= valore produzione
– costo materie prime incremento di valore che un’azienda ha dato ai fattori della produzione inizialmente acquistati.
La somma di questi valori corrisponde al valore del bene finale.
Il PIL può essere calcolato anche come somma dei valori aggiunti dei diversi settori produttivi.
Le varie imprese possono infatti essere raggruppate secondo il settore di riferimento.
Il PIL, nelle statistiche ufficiali, è affiancato da:
PNL: prodotto nazionale lordo. Indica tutto ciò che è stato prodotto dalle aziende italiane in Italia e all’estero.
PNN: prodotto nazionale netto. Si ottiene togliendo al PNL il valore dei beni consumati nel processo produttivo, vale a dire l’ammortamento.
Il valore aggiunto viene distribuito fra diversi “soggetti”, ovvero:
• Ai lavoratori, sotto forma di salario;
• Ai finanziatori, sotto forma di interessi;
• All’imprenditore, sotto forma di profitto;
• Allo Stato, sotto forma di imposte;
• Ai fattori produttivi, sotto forma di rendita (affitti).
Il valore aggiunto prodotto nel sistema non è altro che la somma dei redditi dei diversi soggetti economici tra i quali esso viene distribuito sotto forma di
salario, interesse, rendita, imposte e profitti.
Ma poiché il valore aggiunto coincide con il PIL, è facile constatare che il PIL può essere considerato come la somma dei redditi di tutti i soggetti che operano nel
sistema economico.
Possiamo così concludere che: PIL = VALORE AGGIUNTO = REDDITO.
Le attività produttive di un Paese sono classificate in tre settori:
• Settore primario: comprende le attività di produzione delle risorse naturali;
• Settore secondario: comprende tutte le attività di carattere industriale;
• Settore terziario: comprende la produzione dei servizi.
Il valore del PIL costituisce uno degli indicatori più importanti per misurare lo sviluppo economico di un Paese. Il confronto tra il valore che esso assume in due distinti
periodi di tempo può costituire una misura dello sviluppo intercorso.
Una crescita del PIL, però, può essere causata sia da una variazione di Q, sia da una variazione di p.
Per gli economisti è importante riuscire a stabilire se la variazione nel valore del PIL corrisponde ad una variazione dei prezzi o ad un aumento dei beni prodotti.
Si distinguono dunque due tipi di PIL:
• PIL NOMINALE: è dato dal prodotto fra la quantità dei beni e servizi prodotte in un certo anno per i prezzi relativi a quello stesso anno.
Non dà informazioni di quanto siano aumentate le quantità o i prezzi.
• PIL REALE: è dato dal prodotto fra le quantità di beni e servizi prodotte nell’anno corrente per i pezzi di un anno base.
L’anno base viene cambiato ogni 5 anni.
Esprime quindi il PIL nominale al netto dell’inflazione.
Confrontando il valore nominale e quello reale del PIL, è possibile stabilire in che misura la crescita del valore monetario del reddito dipenda da un aumento della
produzione o da un aumento dei prezzi.
TASSO DI CRESCITA DEL PAESE: è dato dal rapporto tra l’incremento del valore del PIL di due diversi periodi di tempo e il suo valore iniziale.
Le fasi dell’economia sono:
• Boom: il PIL cresce a ritmi elevatissimi;
• Espansione: il PIL cresce in maniera sostenuta;
• Stagnazione: il PIL è stazionario (abbastanza costante);
• Recessione: il PIL diminuisce.
Solitamente l’economia (e di conseguenza il PIL) ha un andamento ciclico: ad una fase di espansione, si passa alla stagnazione e poi si ha una fase di recessione.
Gli indici di distribuzione del reddito
Per capire il grado di benessere di una popolazione, gli economisti si servono del PIL pro-capite, che si ottiene dividendo il valore del PIL per il numero degli abitanti.
Per avere un indice più preciso del grado di benessere di una nazione, è necessario considerare anche il modo in cui il PIL è distribuito tra la popolazione.
• A tal fine, gli economisti fanno il rapporto fra il 10% della popolazione più ricca e il 10% della popolazione più povera; si ottiene in questo modo un indice della
polarizzazione dei redditi. All’aumentare di questo valore (rapporto), aumenterà anche la disuguaglianza nella distribuzione del reddito.
• Un altro strumento utile è costituito dalla curva di Lorenz, che mette in evidenza la quota di reddito posseduta da fasce via via crescenti di popolazione.
Se il reddito fosse distribuito in maniera uniforme, la curva coinciderebbe con la retta a 45° uscente dall’origine.
Poiché invece la distribuzione effettiva dei redditi implica sempre qualche disuguaglianza, la curva assume una forma concava. All’aumentare della difformità della
distribuzione, aumenterà anche la concavità.
L’area G dà una misura della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi. Nel caso di disuguaglianza massima (un solo abitante possiede tutto il reddito), l’area G
coincide con il triangolo equilatero al di sotto della bisettrice.
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