La schizofrenia Dr. Tommaso Maniscalco Dipartimento di Salute Mentale AUlss 21 Legnago SCHIZOFRENIA La Schizofrenia viene considerata la più grave tra le malattie mentali a causa di: 1. Precocità di esordio 2. Gravità dei sintomi 3. Frequente cronicizzazione con deterioramento in numerose aree funzionali (lavorativa, relazionale, affettiva) EPIDEMIOLOGIA Gli studi epidemiologici dimostrano una sostanziale uniformità dei dati di incidenza e prevalenza della schizofrenia nel mondo. Incidenza annuale: 0.1-0.9 per mille Prevalenza: 0.9-15 per mille Questa uniformità indica l’indipendenza della patologia da fattori di rischio di tipo razziale o socio-culturale. ETA’ e GENERE La schizofrenia ha uguale prevalenza negli uomini e nelle donne: M=F Ma uomini e donne differiscono per età d’esordio e decorso. Il picco dell’età d’esordio è 15-25 anni per gli uomini e di 25-35 anni per le donne. L’esordio della schizofrenia prima dei 10 anni e dopo i 50 è estremamente raro. Il 90% dei pazienti ha tra i 15 e i 55 anni. EZIOLOGIA Il modello di spiegazione che integra i fattori biologici, psicosociali e ambientali è quello ritenuto più attendibile Una persona può avere una speciale vulnerabilità (diatesi) che quando viene attivata da una qualche influenza stressante permette la comparsa dei sintomi della schizofrenia. La diatesi o l’evento stressante possono essere biologici, ambientali o entrambi. FATTORI BIOLOGICI Un crescente numero di ricerche hanno ipotizzato il ruolo fisiopatologico di alcune aree cerebrali. I dati maggiormente replicati indicano una riduzione del volume e una modificazione di alcune di queste aree cerebrali, in particolare il sistema limbico e il lobo temporale (corteccia paraippocampale), e, in misura minore, la corteccia frontale e i gangli della base. La lesione più comunemente osservata riguarda una riduzione della densità neuronale di alcuni strati della corteccia. BIOCHIMICA Per lungo tempo si è pensato che alla base della sintomatologia della schizofrenia ci fosse un’iperattività dopaminergica, con aumento dei D2. Attualmente insufficiente a spiegare la complessità della malattia sono stati chiamati in causa altri neurotrasmettitori. Le ipotesi biochimiche attuali suggeriscono che alla base dei sintomi positivi vi sia un’iperattività dopaminergica del sistema mesolimbico, mentre alla base dei sintomi negativi vi sia una riduzione dell’attività dopaminergica a livello mesocorticale frontale, in stretta relazione col sistema serotoninergico che modula la risposta dopaminergica FATTORI GENETICI Numerosi studi genetici suggeriscono fortemente una componente nell’ereditarietà della schizofrenia. Nei familiari di pazienti schizofrenici il rischio di manifestare la malattia è molto più alto rispetto alla popolazione generale: un rischio 10 volte superiore nei soggetti che hanno un parente di primo grado ammalato. L’evidenza dell’ereditarietà della patologia trova conferma negli studi condotti su gemelli mono- e dizigoti: gemelli monozigoti hanno una concordanza del 60-70%. FATTORI GENETICI La mancanza di una completa concordanza fra i gemelli monozigoti indica che anche i fattori ambientali debbono essere considerati nella genesi della malattia. Attualmente non è stato individuato un chiaro modello di trasmissione genetica; non è stato individuato un gene responsabile. Si ipotizza invece un’eterogeneità genetica della trasmissione della schizofrenia. Sono stati condotti studi sui cromosomi 5, 11, 22 e sui cromosomi sessuali. CAUSE AMBIENTALI Si è evidenziato una maggiore presenza di complicanze pre- e perinatali nei soggetti malati rispetto a soggetti di controllo: l’ipotesi è che siano responsabili di modificazioni a carico del SNC che possono avere parte nella genesi della malattia. Altra ipotesi chiama in causa infezioni virali, in quanto esiste una maggiore incidenza di nascite di soggetti schizofrenici nei mesi invernali. CAUSE AMBIENTALI Molta attenzione è stata posta all’ambiente familiare e sono state formulate varie teorie. Teoria del doppio legame: ambienti familiari dove esiste una modalità comunicativa molto disturbata in cui nulla viene detto in modo chiaro, ma affermato e poi negato oppure affermato a parole e negato nei fatti. Alta emotività espressa: il clima emotivo sembra avere grande importanza soprattutto sulle recidive sintomatologiche. Ambienti caratterizzati da ipercoinvolgimento emotivo, critica e ostilità predispongono a ricadute. Esordio Si possono distinguere tre fasi della malattia: 1. Fase prodromica: periodo di tempo che precede l’esordio, in cui si osservano segni del cambiamento in atto; 2. Fase attiva: fase in cui compaiono i sintomi psicotici; 3. Fase residua: fase in cui prevalgono l’appiattimento affettivo e il ritiro sociale. FASE PRODROMICA Ha durata variabile (settimane o mesi), andamento progressivo e sfocia nella fase attiva. La prognosi della malattia è legata fortemente alla precocità della diagnosi e l’inizio tempestivo della terapia: la prognosi è peggiore se la fase prodromica è lunga. Le modificazioni più importanti riguardano la sfera relazionale e sociale: la persona riduce i contatti interpersonali, abbandona le attività ricreative, peggiora il rendimento scolastico o lavorativo, appare distaccato o chiuso. La persona può avvertire un marcato stato di insicurezza o diversità e le persone intorno a lui possono pensare “non è più lui”. FASE PRODROMICA Possono comparire idee strane o bizzarre, convinzioni di tipo magico, particolari e improvvisi interessi per chiaroveggenza e telepatia. L’eloquio può essere vago, impoverito, eccessivamente prolisso, oppure eccessivamente concreto. Compare una forte componente ansiosa, che si accompagna al processo di destrutturazione psicotica. Si associano difficoltà di concentrazione, insonnia, irritabilità, distraibilità. L’espressione è perplessa e sorpresa. FASE PRODROMICA Può instaurarsi un vago senso di irrealtà, di stranezza, di difficoltà di riconoscimento della realtà esterna (depersonalizzazione allopsichica) o della realtà interna, con dubbi sulla propria identità e perdita del controllo dei propri pensieri (depersonalizzazione autopsichica) o percezione di un cambiamento di parti del proprio corpo (depersonalizzazione somatica). Si tratta di una condizione molto angosciosa, con un profondo vissuto di estraneità e frammentazione. FASE ATTIVA Criteri diagnostici secondo il DSM-IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentalidell’American Psychiatric Association) Criterio A: Sintomi caratteristici. Due o più dei seguenti sintomi, per un periodo di tempo significativo durante un periodo di un mese: 1. deliri; 2. allucinazioni; 3. eloquio disorganizzato (deragliamenti o incoerenza); 4. comportamento disorganizzato o catatonico; 5. sintomi negativi: appiattimento dell’affettività, alogia, abulia. FASE ATTIVA Criterio B: Disfunzione sociale o lavorativa (una o più delle delle principali aree di funzionamento- lavoro, relazioni interpersonali, cura di sé- si trovano notevolmente al di sotto del livello raggiunto precedentemente). Criterio C: Durata ( segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi, incluso un mese di sintomi che soddisfino il criterio A, e può includere periodi prodromico e residuo) Criterio D: Esclusione dei disturbi schizoaffettivo e dell’umore. FASE ATTIVA Criterio D: Esclusione dei disturbi schizoaffettivo e dell’umore. Criterio E: esclusione di sostanze e di una condizione medica generale. Criterio F: relazione con un disturbo pervasivo dello sviluppo (nel caso preesista disturbo autistico o altro disturbo dello sviluppo). FASE ATTIVA Classificazione di decorso longitudinale: • Episodico con sintomi residui intercritici • Episodico con nessun sintomo residuo intercritico • Continuo • Episodio singolo in remissione parziale • Episodio singolo in remissione completa • Non specificato • Meno di un anno dall’esordio dei sintomi iniziali della fase attiva SINTOMI FONDAMENTALI I sintomi fondamentali includono disturbi della percezione, alterazioni del pensiero, del linguaggio e della comunicazione, disturbi dell’affettività, alterazioni del comportamento, incapacità a provare piacere, riduzione della volontà, dell’iniziativa e dell’attenzione. Disturbi della percezione I disturbi della percezione (allucinazioni) sono frequenti e possono interessare tutti i sistemi sensoriali (acustico, visivo, gustativo, olfattivo, cenestesico). Allucinazione=percezione senza oggetto, percepite con le stesse caratteristiche di concretezza, obiettività e spazialità sensoriale. SINTOMI FONDAMENTALI Le allucinazioni più frequenti sono quelle uditive: voci sussurrate, mormorate o voci dialoganti tra loro, che commentano o criticano le azioni del paziente o minacciose, oscene, accusatorie o insultanti. Le allucinazioni visive sono più rare, come anche quelle olfattive e gustative (odori e sapori inconsueti e sgradevoli). Le allucinazioni cenestesiche sono sensazioni in tutto il corpo: punture di spillo, bruciature, stiramenti e torsioni ai fasci muscolari. SINTOMI FONDAMENTALI Disturbi del contenuto del pensiero Percezioni deliranti (attribuzione di un significato abnorme ad una percezione reale): in genere messaggi e avvertimenti autoriferiti che il soggetto crede di vedere negli accadimenti che lo circondano. Intuizione delirante: ha le caratteristiche della ”illuminazione”, la persona avverte improvvisamente la certezza assoluta di un’idea delirante. In genere si instaura uno stato d’animo che ha le caratteristiche di un’atmosfera cupa, sinistra, suggestiva di avvenimenti spiacevoli, estremamente angosciosa (“fine del mondo”). SINTOMI FONDAMENTALI Delirio= idea falsa, ingiustificata, incrollabile, mantenuta con straordinaria convinzione e certezza dalla persona. Di vario contenuto. Delirio di persecuzione: la persona crede di essere inseguita, ingannata, perseguitata e spiata da amici, familiari o dal governo o dai servizi segreti. Delirio di riferimento: la persona crede che determinati gesti, commenti, articoli di giornale siano diretti espressamente a lei. Delirio erotico: la persona crede di essere molto corteggiata, amata, ma anche molto invidiata e oggetto di calunnie e vendette SINTOMI CARATTERISTICI Deliri bizzarri: credere che i pensieri vengano inseriti nella mente (inserzione del pensiero), o che il corpo o le azioni siano manipolate da forze esterne (d. di controllo); la persona può pensare che le sue sensazioni o azioni siano controllate dall’esterno o che gli vengano inviati messaggi mediante onde radio (d. di influenzamento), sensazione che forza esterna che sottrae il pensiero dalla mente (furto del pensiero). Delirio di grandezza: la persona pensa di essere in possesso di grandi capacità scientifiche e per questo perseguitato e in pericolo di morte. SINTOMI CARATTERISTICI Delirio di colpa: la persona pensa di aver commesso gravi e imperdonabili colpe verso familiari, società, Dio. Deliri somatici: la persona è convinta di avere gravi malattie soprattutto infettive. SINTOMI CARATTERISTICI Disturbi formali del pensiero Si tratta della perdita dei nessi associativi, con alterazione della sequenza logica di costruzione di un periodo e quindi perdita della capacità comunicativa, fino all’ incomprensibilità. La persona passa da un argomento all’altro (deragliamento); fornisce risposte oblique, non correlate alle domande (tangenzialità); tende ad associare le parole secondo la somiglianza semantica o fonetica; il discorso può essere così disorganizzato da essere incomprensibile (insalata di parole). SINTOMI CARATTERISTICI Alterazione del comportamento Risultano variamente compromesse la funzionalità in ambito lavorativo, scolastico, fino alla cura e igiene personali. Nella catatonia si arriva ad un marcato disinteresse per l’ambiente esterno, con riduzione di risposte alle stimolazioni. Al contrario si possono osservare stati di iperattività motoria fino alla violenza clastica con atteggiamenti auto ed etero aggressivi. Disturbi dell’umore Molto compromesso è la modulazione dell’umore: si possono alternare stati di euforia con fatuità e sguaiatezza; fasi di disforia con tristezza, malumore e irritabilità, stati di eccitamento maniacale. SINTOMI CARATTERISTICI Sintomi negativi L’appiattimento affettivo si caratterizza per riduzione o assenza delle normali capacità di modulazione affettiva. Sono ridotte la mimica, la gestualità, la reattività. Si può accompagnare a discordanza affettiva (manifestazioni emotive discordanti col contenuto ideico). L’alogia (povertà dell’eloquio) si manifesta con risposte brevi, concrete e poco articolate. L’avolizione si caratterizza come mancanza di energia, iniziativa e interesse SINTOMI CARATTERISTICI Sintomi cognitivi: -difficoltà di attenzione, -deficit della memoria di lavoro, -alterazione delle funzioni esecutive (ossia la capacità di raccogliere ed interpretare informazioni ed il prendere decisioni in base a queste). Tali deficit sono estremamente disabilitanti e impediscono il condurre una vita “normale” incidendo fortemente sul “ritirarsi” dai contatti sociali, nella perdita del lavoro, ecc. Sottotipi della schizofrenia Tipo paranoide: si caratterizza per la presenza di deliri sistematizzati e/o allucinazioni uditive, in assenza di gravi alterazioni del comportamento, del funzionamento cognitivo e dell’affettività. Più frequentemente i deliri sono di persecuzione o di grandezza. L’esordio è più tardivo e la clinica più stabile. Tipo disorganizzato: si caratterizza per una grave disorganizzazione del pensiero e del comportamento, affettività appiattita o inadeguata. Esordio precoce, decorso cronico, prognosi peggiore. Sottotipi della schizofrenia Tipo catatonico: si caratterizza per una marcata alterazione psicomotoria che può comportare immobilità motoria, eccitamento motorio, negativismo, mutacismo, posture obbligate, ecolalia, ecoprassia. Tipo indifferenziato: presenza di sintomi caratteristici (deliri, allucinazioni) senza una sistematizzazione in paranoide, catatonico, disorganizzato. Tipo residuo: si caratterizza per il prevalere di sintomi negativi, in assenza di sintomi psicotici rilevanti. RISCHIO ASSOCIATO DI ABUSO DI SOSTANZE Il 30-50% dei pazienti schizofrenici soddisfa i criteri diagnostici per l’abuso o la dipendenza da alcool. Altre sostanze comunemente usate sono cannabis (15- 25%) e cocaina (5-10%). Molti studi attribuiscono una prognosi più negativa alla contemporanea presenza di uso di sostanza in pazienti schizofrenici. SUICIDIO Il suicidio è una causa comune di morte tra i pazienti schizofrenici: - il 50% tenta il suicidio almeno una volta nel corso della vita; - il 10-15% muore per suicidio in un follow-up di 20 anni. Maschi e femmine presentano uguale rischio. I principali fattori di rischio sono la presenza di sintomi depressivi, giovane età e un buon funzionamento premorboso. PROGNOSI Studi sull’andamento indicano che dal 30 al 50% dei pazienti schizofrenici mostra un andamento che può essere definito buono; valutando numero di ricoveri e grado di decadimento delle funzionalità intellettive e abilità sociali. Si può affermare che circa 1/4 dei pazienti recupera un buon funzionamento sociale e relazionale con pochi sintomi residui; in circa la metà dei casi permangono sintomi residui di una certa entità; in un quarto dei casi l’andamento è cronico e deteriorante.