dispensa 2009 - Dipartimento di Studi Internazionali

annuncio pubblicitario
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI
“CARLO BO’” URBINO
FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE
Corso di laurea
Curriculum aziendale
Lingue e cultura per l’impresa
Corso di
“FINANZA E IMPRESA”
Prof. Bruno Pirozzi
Anno accademico 2009-2010
Riservato ad uso didattico con circolazione
limitata ed autorizzata dall’estensore
rel. 1-2009
PROGRAMMA DEL CORSO
MODULO 1
1. le rilevazioni contabili delle operazioni di gestione e la capacità
segnaletiche del bilancio: riepilogo dei principali concetti
pagg. 4-90
2. La struttura finanziaria dell'Impresa, la riclassificazione dello stato
patrimoniale, l’ analisi finanziaria attraverso gli indicatori : riepilogo dei
principali concetti. Il capitale circolante e i riflessi sulla gestione aziendale.
pagg. 91-111
3. Il mercato monetario e finanziario: gli intermediari finanziari. Esame dei
principali prodotti finanziari presenti sul mercato destinati alle imprese e ai
privati
pagg. 112-159
4. Il mercato dei capitali : la borsa e gli investitori istituzionali. il private
equità e fondi di investimento. Cenni sui metodi di valutazione
pagg. 160-181
MODULO 2
5. Il fabbisogno finanziario dell’impresa: principi e modalità di calcolo delle
necessità finanziarie
pagg. 182-216
6. Le fonti finanziarie correnti: i prestiti bancari a breve termine. Le operazioni
di finanziamento alle imprese a lungo termine, le operazioni di leasing e
factoring
pagg. 217-243
7. Il business plan per la richiesta di finanziamento. La valutazione del merito
di credito alla luce della normativa di Basilea 2,
pagg. 244-263
8. L’internazionalizzazione delle imprese e le principali forme di regolamento
e finanziamento nel commercio internazionale.
pagg. 264-300
9. I finanziamenti agevolati e la creazione di nuova imprenditorialità
pagg. 301-321
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
2
Premessa
In questa breve dispensa andremo ad esaminare la “Finanza d’Impresa”, cioè quell’insieme di
decisioni e tecniche adottate dall’imprenditore per ottimizzare la gestione della risorsa
“denaro”.
Poiché lo scopo dell’impresa è quello di creare valore, la corretta gestione delle risorse è
fondamentale per la gestione d’impresa, ne consegue che la Finanza è la funzione aziendale
che si occupa dell’acquisizione e dell’impiego dei capitali necessari per lo svolgimento del
processo produttivo e per la realizzazione degli investimenti a lungo termine, scegliendo tra le
forme di finanziamento disponibili quelle meno onerose
e più adeguate alle esigenze
dell’impresa.
Risulta utile e propedeutico per la comprensibilità dell’insieme delle attività aziendali
riprendere alcuni concetti “aziendalistici”
in particolare la rappresentazione contabile
rappresentata dal bilancio,
Infatti tali informazioni dovrebbero aiutarci a dare una risposta a quesiti quali:
in quali attività di lunga scadenza dovrebbe investire l’impresa, come poter trovare il denaro
per far fronte all’investimento e come gestire il flusso d cassa di breve periodo prodotto dalla
gestione.
Saranno quindi esaminate le tecniche per la determinazione del fabbisogno finanziario
d’impresa, e la valutazione delle possibili scelte di finanziamento, in particolare sarà analizzato
il rapporto con la principale fonte finanziaria presente sul mercato e rappresentata dalle
banche.
La crisi che nel 2008 e 2009 ha colpito le economie mondiali, originata dalla crisi finanziaria
degli Usa con i cosiddetti mutui subprime, e la conseguente stretta creditizia operata dalle
banche italiane servirà da spunto di riflessione per affrontare la valutazione del merito
creditizio delle imprese alla luce della normativa europea di Basilea 2 e comprendere meglio
l’importanza
FINANZA E IMPRESA
che
la
risorsa
denaro
rappresenta
per
il
sistema
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
delle
imprese.
3
CAPITOLO 1
LE RILEVAZIONI CONTABILI DELLE OPERAZIONI DI GESTIONE
E LE CAPACITA’ SEGNALETICHE DEL BILANCIO
RIEPILOGO DEI PRINCIPALI CONCETTI
1.1 Alcuni concetti di economia aziendale
Riprendiamo insieme alcuni concetti di economia aziendale relativi alla nascita delle aziende
L’azienda è la risposta che l’uomo ha ideato per far fronte ad un problema economico (bisogni
dell’uomo infiniti a fronte di risorse limitate). E’ necessario quindi operare una scelta tra mezzi
scarsi per soddisfare i bisogni iniziali sfruttando anche i loro usi alternativi.
Le attività economiche svolte per soddisfare i bisogni possono essere di vari tipi:
 Produzione (di beni o servizi).
 Scambio (di beni o servizi con altre imprese).
 Consumo (per ottenere i beni o i servizi da mettere sul mercato).
Le imprese sostanzialmente si suddividono in due categorie:

Imprese Commerciali.

Imprese Industriali.
Imprese Commerciali: Non operano una trasformazione fisica delle materie prime; si
limitano a svolgere operazioni di intermediazione o di scambio.
Imprese Industriali: Il ciclo di produzione delle imprese industriali si svolge in tre fasi
principali: acquisizione delle materie prime.
Trasformazione fisica delle materie prime.
Produzione di un prodotto finito da collocare sul mercato.
Gli elementi costitutivi di un’azienda vengono solitamente suddivisi in due categorie:
 Condizioni di funzionamento dell’azienda.
 Fattori della produzione.
Le condizioni di funzionamento di un’azienda sono tutte quelle condizioni tali che, se
non ci fossero, non avrebbe senso parlare di azienda. Il numero di queste condizioni è
molto variabile a seconda delle varie teorie; quelle principali però sono:
Aggregazione di individui;
tra cui vi possono essere legami economici o non economici. In un’azienda
l’aggregazione comprende i dirigenti, gli operai, le segretarie e tutti coloro che lavorano
per l’azienda.
Criterio di scambio nel mercato;
si tratta di atti di negoziazione di tipo oneroso o non oneroso che devono essere
remunerativi per chi offre il servizio.
Economicità (efficacia strategica);
FINANZA E IMPRESA
Materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
5
i ricavi ottenuti al termine dell’esercizio devono essere remunerativi almeno per ripagare
i costi sostenuti, indipendentemente dal fatto che ci siano stati dei ricavi (guadagni) o dei
costi (perdite).
Assoggettamento ad influssi esterni ed interni;
l’azienda deve essere pronta a far fronte a modificazioni nei rapporti con il mercato
esterno (influsso esterno) e con i propri dipendenti (influsso interno).
I Fattori produttivi;
possono essere materiali o immateriali e sono tutti quegli elementi che un’azienda usa
per arrivare ad un prodotto finito. Possono essere le materie prime, un marchio, la
fedeltà dei dipendenti …
Risorse intangibili;
si tratta di tutte quelle risorse difficilmente valutabili in termini monetari. Ne sono un
esempio la bravura di un certo dirigente, l’abilità dei proprio dipendenti
Tempo;
riguarda il tempo impiegato per passare dall’ideazione alla produzione e alla collocazione
sul mercato di un certo prodotto. Questo tempo può influenzare le modalità di
pagamento delle materie prime o dei servizi usati dall’azienda.
Autonomia decisionale;
l’azienda deve essere libera di decidere per proprio conto come organizzarsi
internamente ed esternamente.
Un’azienda può essere definita come un insieme di relazioni tra i suoi elementi costitutivi
infatti:
Cambio negli
elementi costitutivi.
Cambio nelle
relazioni.
Cambia l’azienda, più o meno
drasticamente.
I fattori della produzione sono tutti quegli elementi, materiali o immateriali, fisici o di
personale che cooperano per arrivare alla produzione di un prodotto finito. Questi si
distinguono in base a:
Influenza sul processo economico;
ogni fattore economico ha una rilevanza diversa all’interno di un’azienda. Un fattore
produttivo può essere determinante per un’azienda tanto che, nel caso in cui questo
fattore venisse a mancare, l’azienda non avrebbe più ragione di esistere.
Opportunità di acquisizione alla combinazione produttiva;
se un bene è importante per un processo produttivo l’azienda deve cercare di ottenerlo.
Necessità di loro remunerazione;
 i fattori produttivi vengono remunerati in modo diverso ma, in ogni caso, vanno
remunerati; le materie prime vengono pagate con capitale proprio o di terzi, il fattore
lavoro viene pagato con il salario
 Possibilità di loro misurazione secondo il metro monetario;
si tratta di una valutazione del contributo alla produzione che viene dato da quel fattore
produttivo.
FINANZA E IMPRESA
Materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
6
La gestione aziendale viene definita come complessa ed unitaria; unitaria in quanto ogni fase
del processo produttivo è una fase a sé stante; e complessa in quanto tutte le varie fasi
cooperano per uno stesso fine aziendale. Le varie fasi del processo produttivo sono fasi
collegate sequenzialmente che si ripetono ciclicamente.
CICLO IMPIEGHI / FONTI DELL’AZIENDA INDUSTRIALE:
Acquisizione
di mezzi
monetari.
Impiego dei mezzi monetari
nell’acquisizione dei fattori
produttivi materiali e
immateriali.
Proprietari
Recupero mezzi monetari
attraverso la collocazione
sul mercato dell’output.
Trasformazione
fisico-tecnica dei
fattori produttivi.
Terzi
Finanziamenti
Rimborsi di finanziamenti
Investimenti
(Uscite immediate o
differite per acquisto di
fattori della produzione)
Trasformazione
fisico-tecnica
Disinvestimenti
(Entrate immediate o
differite per vendite di
prodotto o servizi)
Gestione
FINANZA E IMPRESA
Materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
7
Finanziamenti: Consistono nell’immissione di capitali nell’azienda.
Per finanziarsi un’azienda può ricorrere a :




Capitale proprio (o sociale);
viene messo a disposizione dall’imprenditore o dai soci.
Capitale di terzi;
viene messo a disposizione da banche o istituti di credito e dà origine a debiti
dell’azienda verso terzi.
 Capitale reinvestito;
si tratta di ricavi dell’esercizio precedente che vengono reimmessi nel ciclo produttivo come
investimenti.
I finanziamenti sono richiesti sia nel momento iniziale della vita dell’impresa, sia ogni volta che
siano necessari all’impresa mezzi monetari per effettuare investimenti.
Investimenti: Consistono nell’acquisizione dei fattori produttivi (materiali e immateriali)
necessari allo svolgimento del processo aziendale.
L’acquisizione dei fattori produttivi può avvenire con due distinte modalità:
 Cessione di mezzi monetari.
 Pagamenti successivi (debiti commerciali dell’azienda).
Trasformazione fisico-tecnica: Operazioni interne all’azienda (che non danno origine a flussi
economici o finanziari) che consentono di trasformare i fattori produttivi che entrano
nell’azienda (input) in prodotti o servizi venduti dall’azienda (output).
Disinvestimenti: Operazioni finalizzate a cedere le produzioni ed i servizi ottenuti.
La cessione di questi prodotti e servizi consente di disinvestire i mezzi finanziari, ottenuti dai
finanziamenti.
I disinvestimenti possono avvenire con:

Acquisizione di mezzi monetari se i clienti pagano subito.

Incassi successivi (crediti commerciali dell’azienda).
Rimborsi (o remunerazioni): Con i mezzi monetari ottenuti dai disinvestimenti l’azienda può
procedere alle operazioni che consentono di:
 Remunerare i soci pagando i dividendi sul capitale sociale.
 Remunerare i fornitori di capitale di terzi.
 Rimborsare i debiti nei confronti di terzi (debiti di finanziamento)
 Rimborsare ai soci i finanziamenti in esubero, sotto forma di capitale sociale.
FINANZA E IMPRESA
Materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
8
SISTEMA DEI VALORI AZIENDALI:
Impieghi
Fonti
IMPIEGHI
FONTI DI FINANZIAMENTO
Destinazione dei
mezzi finanziari
acquisiti
Provenienza mezzi finanziari
Origine delle fonti di finanziamento
Interne (gestione
Esterne
Capitale di terzi
Capitale di rischio
Acquisizione di fattori
specifici (beni durevoli o
non durevoli)
FINANZA E IMPRESA
Materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
9
LEGAMI TRA FONTI ED IMPIEGHI:
Capitale
Proprio
Capitale di
Credito
Disponibilità
Finanziaria
Lavoro
Materie
Prime
Beni di Uso
Durevole
Combinazioni
Produttive
Remunerazione
Capitale
Proprio
Output
Remunerazione
Capitale di Credito
(Restituzione)
Cessioni
Disponibilità
Finanziarie
Autofinanziamento
Con le disponibilità finanziarie vengono acquistati i fattori della produzione che, in questo
grafico, sono rappresentati dal Lavoro, dalle Materie Prime e dai Beni di Uso Durevole.
Come Beni di Uso Durevole si intendono tutte quelle infrastrutture, materiali e immateriali,
che servono per ottenere il prodotto finale (fabbricati, macchinari) e che vengono utilizzati per
più cicli produttivi.
Come Combinazione Produttiva si intende la modalità in cui vengono uniti i vari fattori della
produzione per arrivare ad un prodotto finito (bene o servizio).
Nelle attività individuali le fonti di finanziamento possono essere:
il capitale individuale o il finanziamento di terzi.
Il rischio economico ricadrà solamente sull’imprenditore che risponderà illimitatamente con il
suo patrimonio personale.
Nelle attività economiche svolte sotto forma di società il finanziamento può avvenire tramite il
capitale sociale conferito dai soci o tramite il capitale di terzi.
Nelle società di capitali il rischio economico graverà solo sulla società ovvero i soci
rischieranno soltanto il capitale da loro conferito. Nelle società di persone, invece, i soci
potrebbero dover rispondere con il loro capitale, nel caso il capitale sociale non bastasse a
ripagare i debiti della società.
CICLO DI GESTIONE: Il ciclo relativo alle operazioni economiche consiste nel collegare tra di
loro le operazioni economiche fondamentali.
Ciclo di Gestione
Integrale.
Sorgere di debiti di
finanziamento.
Emissione di quote del
capitale sociale.
Entrate
di
mezzi
monetari o assimilati.
Acquisto fattori
produzione.
Uscite di mezzi monetari
o assimilati.
della
Lavorazione dei fattori
produttivi.
Ciclo di Gestione
Operativa.
Vendita dei prodotti finiti.
Rimborso dei debiti di
finanziamento
(interessi
passivi, dividendi).
Entrate
di
mezzi
monetari o assimilati.
Uscite di mezzi monetari
o assimilati.
Nel Ciclo di Gestione Operativa si prendono in considerazione solo le operazioni economiche
che danno origine ad investimenti e disinvestimenti, ovvero acquisto di fattori produttivi e
vendita di prodotti e servizi.
Il Ciclo di Gestione Integrale è dato dalla sequenza delle operazioni economiche che iniziano
con i finanziamenti e, dopo, aver sviluppato investimenti e disinvestimenti, terminano con
rimborsi e remunerazioni.
La fase di finanziamento iniziale è quella fase in cui un’azienda si procura i capitali necessari
per svolgere il processo produttivo.
I mezzi monetari acquisiti possono essere certi (entrata di denaro in azienda) o assimilati
(crediti di finanziamento).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
11
L’emissione di quote di capitale sociale consiste in un finanziamento da parte dei soci
(soggetto giuridico) a titolo di capitale di rischio.
Finanziandosi un’azienda fa sempre sorgere dei debiti di finanziamento, verso i soci (a cui
dovrà pagare dei dividendi) o verso i terzi (a cui dovrà pagare degli interessi).
Un imprenditore, finanziandosi, si troverà a dover scegliere quale tipo di finanziamento
utilizzare (capitale proprio o capitale di terzi); potrà fare ricorso ad entrambi questi tipi di
finanziamento secondo una percentuale che dipenderà dal tipo della sua società.
Dovrà poi scegliere se eseguire l’intero ciclo produttivo in proprio (ciclo produttivo integrato)
o se ricorrere a dei terzisti che svolgeranno per lui una parte del ciclo produttivo.
Necessità di
liquidità
Investimento
Produzione
Magazzino
Vendita
Entrata
monetaria
Nella fase di investimento si ha la scelta della complessità del ciclo di gestione.
Nella fase di vendita si hanno costi diversi a seconda che il prodotto sia venduto in proprio o
tramite un distributore. Il prezzo di vendita viene deciso dal mercato; il risultato della vendita
deve essere sufficiente a rimborsare tutti coloro che avevano fornito all’azienda i capitali
all’inizio del ciclo produttivo.
Il fallimento si ha quando le entrate non sono sufficienti a pagare i debiti contratti
dall’azienda.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
12
CICLO DEL PROCESSO PRODUTTIVO DI UN’IMPRESA INDUSTRIALE:
Investimento
Disinvestimento
Acquisto materie
prime
Vendita
prodotti finiti
Magazzino materie
prime
Magazzino
prodotti finiti
Processo di
trasformazione
Pagamento a fornitori
Incasso da clienti
Ciclo monetario o Ciclo di cassa (cash)
Ciclo tecnico
Ciclo economico-tecnico
Ciclo totale del processo produttivo
Il ciclo totale del processo produttivo inizia con la data di acquisto dei fattori produttivi, ovvero
con la data in cui sorge l’investimento nei fattori produttivi, e termina con la data in cui
avviene l’incasso della vendita dei prodotti. La durata del ciclo totale indica l’intervallo di
tempo fra il momento iniziale di decisione dell’investimento ed il ritorno monetario
dell’investimento.
Il ciclo economico-tecnico inizia con il processo di acquisto, ovvero con l’investimento, e
termina con il processo di vendita dei prodotti, ovvero con il disinvestimento. La durata del
ciclo economico-tecnico indica l’intervallo di tempo fra la decisione dell’investimento ed il
momento del disinvestimento, a prescindere dal ritorno monetario dell’investimento.
Il ciclo tecnico inizia con il prelievo dal magazzino delle materie prime e termina con il
versamento dei prodotti nel magazzino prodotti finiti. La durata del ciclo indica l’intervallo di
tempo fra l’inizio e la fine del ciclo di trasformazione tecnica o produttiva detto anche ciclo di
lavorazione o fabbricazione.
Il ciclo monetario o ciclo di cassa (cash) inizia con il momento in cui avvengono i pagamenti ai
fornitori e termina con il momento in cui avvengono gli incassi dai clienti. La durata del ciclo
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
13
monetario indica l’intervallo di tempo per il quale l’impresa deve disporre di finanziamenti che
consentano di pagare i fornitori prima di avere incassato dai clienti.
Acquisto materie
prime
Magazzino
materie prime
Processo
produttivo
Prodotto finito
All’acquisto delle materie prime si ha un esborso monetario (pagamento dilazionato)
costituito dall’investimento dei capitali forniti dai soci o da terzi.
Quando il processo produttivo dura per più di un anno si parla di lavori pluriennali.
Le fonti di finanziamento vengono impiegate per l’acquisto delle materie prime e per il ciclo
produttivo.
Ciclo tecnico
Entrate
Magazzino
prodotti finiti
Materie prime.
Crediti
Incasso clienti
(Banca)
Prodotto finito
Fintantochè i prodotti finiti rimangono in magazzino, l’azienda ha lavorato gratuitamente in
quanto non ha fatto altro che investire i finanziamenti. Una volta che i prodotti sono usciti dal
magazzino si hanno dei crediti nei confronti dei clienti (l’azienda non è ancora stata pagata). Il
ciclo produttivo finisce soltanto nel momento in cui l’azienda incassa i crediti che ha nei
confronti dei clienti.
Se il magazzino prodotti finiti di un’azienda è molto basso vuol dire che questa è organizzata
molto bene in quanto produce in proporzione a quanto vende.
Il Direttore di Produzione si occupa di tutte quelle operazioni che vanno dall’investimento dei
finanziamenti all’ottenimento dei prodotti finiti. La sua bravura starà nell’avere pochi scarti di
produzione, nell’acquistare una giusta quantità di materie prime e nel mantenere fluido il
processo produttivo. I problemi a cui si può trovare a dover fare fronte saranno quelli relativi
all’età delle macchine, all’efficienza del ciclo produttivo.
Il Direttore Vendite, invece, si occupa di tutte le problematiche relative alla vendita dei
prodotti finiti. La sua bravura sarà quella di avere un basso magazzino prodotti finiti e di
incassare nel minor tempo possibile. Ai venditori vengono spesso pagate delle provvigioni; le
provvigioni vengono però date ai venditori solo al momento dell’incasso.
Un’azienda può ridurre a zero il magazzino delle materie prime inviandole immediatamente
ad un terzista che eseguirà parte del processo di trasformazione per lei. Un’azienda potrebbe
anche non svolgere il processo di trasformazione, trasformandosi in un’azienda commerciale.
Alcune multinazionali acquistano le materie prime per tutte le loro filiali (per ottenere prezzi
più bassi) e poi le distribuiscono.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
14
Combinazioni produttive:
Combinazione
produttiva
normale
Combinazione
produttiva
“Labour Intensive”
Combinazione
produttiva
“Capital Intensive”
Materie
prime
Materie
prime
Materie
prime
Impianti
Impianti
Lavoro
umano
Impianti
Lavoro
umano
Lavoro
umano
La combinazione produttiva è data dal rapporto fra i diversi fattori produttivi impiegati nel
processo di trasformazione.
In qualsiasi genere di attività ci si trovi impegnati, ad un certo punto nasce la necessità
di verificare gli effetti delle azioni intraprese: insomma, di formulare dei bilanci.
A questa regola non poteva certo sottrarsi l'imprenditore, per due fondamentali motivi:
• per l'esigenza di verificare i risultati conseguiti e tenere costantemente sotto controllo
l'andamento dell'attività;
• perché la redazione del bilancio è un preciso obbligo di legge, almeno per le società di
capitali.
L'aspirante imprenditore, dal canto suo, ha - o dovrebbe avere - una terza necessità:
quella di redigere il bilancio preventivo per i primi tre anni di attività, che costituisce
la parte più importante del business plan.
Il bilancio delle imprese, tuttavia, è un documento scritto con un linguaggio
particolare: quello della contabilità. Quindi, la sua redazione, lettura ed
interpretazione passano attraverso la conoscenza del linguaggio contabile e delle regole di
costruzione ad esso sottese.
Questo capitolo affronta l’argomento su tre livelli:
1) la contabilità e il bilancio);
2) la redazione del bilancio preventivo;
3) il "cruscotto direzionale": gli indici di bilancio
L'obiettivo è quello di comprendere la logica di costruzione del bilancio,
prescindendo da tutte le alchimie contabili che vi sono alla base, nel tentativo di fornire le
chiavi di lettura più appropriate per una sua più corretta interpretazione.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
15
1.2. La contabilità e il bilancio
Un aspetto molto delicato del piano d'impresa è rappresentato dal passaggio dai termini
descrittivi ad un «sistema di valori», cioè a cifre sulle quali ragionare concretamente. Far
questo è impossibile se non si conosce la tecnica contabile; al d i là di questo, una
conoscenza minima di concetti quale il bilancio, la contabilità, ecc., è comunque
indispensabile.
Il bilancio: l'impresa in numeri
Cos'è il bilancio
Il «lavoro» degli amministrativi consiste nel produrre informazioni sulla vita e sullo
stato di salute dell'impresa. Queste informazioni vengono prodotte «misurando»
l'attività che viene svolta con un «metro» del tutto particolare, ma quanto mai efficace: la
moneta.
In sostanza ogni fatto di gestione viene tradotto in numeri. Chiaramente lo sforzo di
“traduzione”viene posto in essere «filtrando» la realtà aziendale attraverso dei processi
di semplificazione, che consentono di rappresentare in forma sintetica quanto accade
nell'impresa.
Il bilancio non è altro che uno dei risultati - certo il principale - di questo processo
di «filtro» e di «traduzione».
Esso, in concreto, è la sintesi di quelle che sono le vicende di gestione; vicende di gestione
che, appunto, vengono descritte in termini «quantitativo-monetari».
Il bilancio, in sostanza, è uno strumento di interpretazione sintetica dei
comportamenti aziendali, un modello delle vicende di gestione racchiuse in chiave simbolica.
Lo stato patrimoniale: uno schema fonti/impieghi
Iniziamo con lo stato patrimoniale e vediamo cosa cerca di raccontarci.
Che cosa fa un imprenditore di solito? Prende del denaro, in parte suo ed in parte di altri,
e lo utilizza per effettuare degli investimenti. Il momento fondamentale di questo primo
passo dell'attività di impresa è dunque rappresentato da questo accumulo di capitale, che
può essere osservato sotto due punti di vista: quello della sua «raccolta» e quello del suo
«utilizzo».
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
16
Il momento base è l’accumulo di capitale.
Praticamente, lo stato patrimoniale cosa dice?
Come viene investito il denaro
Da dove viene il denaro
Stato patrimoniale
Attività
Passività
Impianti
Immobili
Merci
Cassa e banca
Crediti vs clienti
vs clienti
Debiti vs banche
Debiti vs fornitori
Debiti vs dipendenti
CAPITALE NETTO
Fa vedere, da una parte, da dove viene questo denaro.
E' ovvio che vi troveremo in parte debiti e in parte denaro dell'imprenditore, ovvero i
mezzi propri (o capitale netto).
Quindi il lato di destra, la sezione del passivo risponde alla seguente domanda: da dove
viene il denaro che l'imprenditore ha a sua disposizione?
Ci dobbiamo chiedere, poi, come il nostro imprenditore abbia investito il denaro raccolto. A
questa seconda domanda - come è investito il denaro - risponde, pertanto, la sezione
dell'attivo dello stato patrimoniale. Vi troveremo merci, impianti, ma anche crediti e
disponibilità di contanti.
Lo stato patrimoniale ci dice, in sostanza, quali siano le fonti finanziarie a
disposizione e come sono stati impiegati i capitali raccolti. E', in altre parole, u n a
«f o t o gr af i a i st an t a n e a » d i q u e l le ch e so n o , in u n d e t e rmi n at o momento, le
risorse a disposizione dell'impresa per la gestione futura.
E' un po' «il punto di partenza dell'attività dell'anno prossimo».
Più in dettaglio, lo stato patrimoniale raccoglie, tecnicamente, le attività, le passività e il
capitale netto.
Le attività esprimono investimenti o «impieghi di risorse» e sono rappresentate da:


I valori finanziari attivi (crediti verso clienti, cassa, conti correnti bancari attivi, ecc.);
valori economici relativi a beni acquistati (costi) ma non ancora interamente
utilizzati (impianti, rimanenze di prodotti, ecc.).
Le passività esprimono finanziamenti o «fonti di risorse» esterne e consistono in:


valori finanziari passivi (debiti verso fornitori, finanziamenti bancari, ecc.);
(Ai fini civilistici e fiscali al 31 dicembre, per la maggior parte delle aziende).
valori economici relativi a ricavi già conseguiti ma che interessano anche gli anni
futuri.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
17
Normalmente le attività sono superiori alle passività e la loro differenza costituisce il
cosiddetto «capitale proprio» dell'azienda, detto anche «capitale netto», che va annotato sotto
il totale delle passività. Esso esprime, come già visto, i finanziamenti di proprietà
dell'imprenditore. Se l'azienda è in passivo la differenza tra il totale delle passività e il totale
delle attività costituisce il cosiddetto «deficit patrimoniale», che va annotato sotto il totale
delle attività.
Nel caso in cui l'azienda sia costituita in forma societaria, il capitale proprio può essere
suddiviso in:
• capitale sociale dell'impresa, costituito dalle risorse messe a disposizione
dell'azienda dai soci;
• fondi di riserva, che derivano da utili conseguiti ma non distribuiti tra i soci;
 utile di esercizio (detto anche reddito) che eventualmente si realizza, e che costituisce
un'ulteriore fonte di finanziamento (fino a che non venga distribuito tra i soci).
La rappresentazione tradizionale dello stato patrimoniale è la seguente
Stato patrimoniale
ATTIVITÀ
PASSIVITÀ
Cassa
5
Banche c/c passivi
310
Banche c/c attivi
40
Debiti verso fornitori
450
Crediti verso clienti
220
Debiti vari
50
Crediti vari
175
Mutui passivi
600
Rimanenze finali di magazzino
320
Fondo svalutazione crediti
10
Terreni
140
Fondo T.F.R.
140
Fabbricati
700
Fondo ammort. fabbricati
70
Impianti e macchinari
700
Fondo ammort. imp. e macch.
320
Mobili
150
Fondo ammort. mobili
100
Fondo imposte
50
Brevetti
50
Marchi
100
Totale attività
FINANZA E IMPRESA
2.600
Totale passività
Patrimonio netto
Capitale sociale
Fondi di riserva
Utile di esercizio
TOTALE A PAREGGIO
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
1950
500
250
150
100
2.600
18
Vediamo ora, con maggior dettaglio, le voci contenute nello stato patrimoniale
(dette tecnicamente «poste»).
Attività
• Cassa e banche c/c attivi: rappresentano l'insieme dei mezzi liquidi a disposizione
dell'azienda.
• Crediti verso clienti: sono crediti relativi ad operazioni di vendita che non
sono state ancora regolate: si tratta cioè di somme da incassare. Possono essere
rappresentati da cambiali, e in tal caso avremo il conto «Cambiali attive».
• Crediti diversi: sono crediti di varia natura (verso l'Erario, i dipendenti, ecc).
• Rimanenze finali di magazzino: si tratta di investimenti in attesa di realizzo figurano
anche nella sezione ricavi del conto economico.
• Terreni, fabbricati, impianti, macchinari, mobili, arredi, automezzi:
rappresentano le cosiddette immobilizzazioni materiali: sono beni che daranno la loro utilità
in più esercizi. Quindi il loro costo deve essere ripartito tra i vari periodi in cui saranno
utilizzati, con un procedimento detto di «ammortamento economico».
• Brevetti e marchi: sono immobilizzazioni immateriali: anche il loro costo deve essere
suddiviso in più esercizi.
Passività
Banche c/c passivi: sono i debiti verso le banche per finanziamenti ottenuti (a breve
termine).
Debiti verso fornitori: sono debiti verso i fornitori relativi ad operazioni d'acquisto
effettuate, ma non ancora regolate. Nel caso in cui siano rappresentati da cambiali, troveremo il
conto «Cambiali passive».
Debiti diversi: sono debiti dell'azienda verso vari soggetti (Erario, istituti previdenziali,
ecc.).
Mutui passivi: si tratta di finanziamenti a medio -lungo termine ottenuti da banche o altri
istituti di finanziamento.
Fondo svalutazione crediti: corregge il valore nominale dei crediti in previsione
di rischi di insolvenza. Si incrementa con le quote che annualmente vengono destinate a
tale scopo nel conto economico.
Fondo imposte: rappresenta il debito per imposte ancora da versare. Tale voce è collegata
con quella «Imposte sul reddito» figurante nel conto economico.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
19
Fondo T.F.R. (Trattamento Fine Rapporto): è il debito totale accumulato dall'impresa
verso i dipendenti per indennità di liquidazione. Nasce dalla somma delle quote maturate
nell'esercizio attuale e in quelli precedenti.
Fondi ammortamento: è una voce che rettifica il costo delle immobilizzazioni per la
perdita di valore che esse subiscono col tempo, a causa del logorio fisico e del superamento
tecnologico. Il suo valore è dato dalla somma delle quote di ammortamento calcolate
anno per anno.
Il Conto Economico: diamo un «valore» agli «attori» della gestione
Al 1˚ gennaio lo stato patrimoniale ci fa vedere quali sono le risorse (investimenti) e i vincoli
(finanziamenti di terzi) che ci troviamo di fronte. Il nostro imprenditore, poi, con quanto si
trova a disposizione, inizierà la sua attività. Infatti l'imprenditore non ha posto in essere questi
investimenti tanto per fare ma perché ha intenzione di utilizzarli - e quindi di
«consumarli» - per ottenere
determinati risultati. E le vicende di gestione, quello che accade durante l'anno, ce le racconta il
conto economico, cioè il secondo prospetto di bilancio.
Quali sono gli «attori» dell'attività di gestione dal nostro punto di vista?
Sono due:

le risorse che vengono consumate, che noi esprimiamo in valore (da un lato, infatti,
il conto economico evidenzia quale sia il valore delle risorse che abbiamo consumato nel
corso dell'esercizio; quali sono, appunto, i «costi di esercizio»);

i risultati che si riescono ad ottenere combinando insieme le risorse consumate, e che noi
valorizziamo (e mettiamo nell'altro lato del conto economico: il valore dei risultati
ottenuti è rappresentato, appunto, dai «ricavi di esercizio»).
Cosa è stato consumato?
e per cosa ottenere ?
Conto economico
Costi:
Ricavi:
valore
delle
risorse
consumate
valore
dei
risultati
ottenuti
Chiaramente se i risultati ottenuti sono, in termine di valore, maggiori dei costi avremo un
utile, altrimenti una perdita. Se ora ci spostiamo sull'asse dei tempi dal 1˚ gennaio al 31
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
20
dicembre, vediamo che:
• si parte con un certo stato del patrimonio (che sarà composto da attivo, passivo e netto);
• poi nel corso dell'anno effettuiamo un'attività di gestione che ci viene raccontata, in termini
di consumi di risorse e di risultati ottenuti, dal nostro conto economico;
• e, infine, si arriva ad un nuovo stato del capitale che sarà diverso in termini di ricchezza
netta (e di qualità e quantità dell'attivo e passivo) rispetto a quello redatto il 1˚
gennaio; ciò in quanto la gestione ha prodotto un certo risultato, modificando di
conseguenza la composizione dell'intero capitale di funzionamento.
Quindi il bilancio al 31 dicembre - composto appunto da stato patrimoniale e conto economico
- ci dice come abbiamo lavorato nei 12 mesi precedenti, e ciò che abbiamo a disposizione
per gli anni futuri.
Fra i due prospetti di bilancio, pertanto, il più orientato al futuro è lo stato
patrimoniale. Il conto economico, invece, raccoglie risorse consumate e ricavi conseguiti,
cioè costi e ricavi «morti». Ci racconta quello che è successo, non ciò che succederà (anche
se noi possiamo comunque estrapolare da esso dei dati per avere qualche indicazione sul
futuro). Come si è già fatto per lo stato patrimoniale vediamo ora in modo più analitico le
voci o «poste» che rientrano nel conto economico, anch'esso visto nella sua
impostazione tradizionale.
Conto economico
_________________________________________________________________
Costi
Ricavi
Rimanenze iniziali di magazzino
Costi di acquisto
Costi del personale
Spese generali
Spese per prestaz. servizi
300
1200
450
150
250
Oneri finanziari
Ammortamenti
Quota Fondo T.F.R.
100
200
30
Quota Fondo svalutazione
crediti
Minusvalenze e oneri
straordinari
Oneri diversi
Resi su vendite
Abbuoni e sconti passivi
Imposte sul reddito
Totale costi
Utile netto di esercizio
10
FINANZA E IMPRESA
Ricavi di vendita
Proventi vari
Proventi finanziari
Plusvalenze e proventi
straordinari
Resi su acquisti
Abbuoni e sconti attivi
Rimanenze finali di
magazzino
Totale ricavi
2500
50
50
30
320
2950
10
10
5
5
130
2850
100
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
21
In dettaglio le principali voci che compongono il conto economico sono le seguenti.
Costi












Rimanenze iniziali di magazzino: si tratta delle giacenze (merci, prodotti finiti,
semilavorati, prodotti in corso di lavorazione, materie prime, imballaggi, scorte di
consumo) esistenti in magazzino all'inizio dell'esercizio; come precisato, sono costi
ereditati dall'anno precedente.
Costi di acquisto: riguardano le merci, gli imballaggi, le scorte di consumo, i semilavorati
acquistati nell'esercizio.
Costi del personale: sono i costi sostenuti per salari e stipendi corrisposti ai dipendenti,
comprensivi dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro.
Spese generali: sono i costi sostenuti per prestazioni di servizi in genere: spese postali,
cancelleria, utenze varie (telefono, luce, ecc.), assicurazioni, trasporti, consulenze,
pubblicità, ecc.
Oneri finanziari: sono gli interessi passivi che maturano su debiti di diversa natura: verso
le banche, verso i fornitori, ecc.
Ammortamenti: rappresentano la quota del costo d'acquisto di alcuni beni aziendali che
si fa incidere sul reddito dell'esercizio. I beni sono costituiti dai cosiddetti «investimenti
pluriennali» (edifici, impianti, mobili, ecc.), che daranno il loro contributo alla produzione
per periodi superiori a un anno. L'ammortamento rappresenta la parte di tali beni
consumata nell'anno.
Accantonamenti nei «Fondi spese future» e nei «Fondi rischi»:
rappresentano quote di costi che si fanno pesare sul reddito d'esercizio in previsione di
eventi che accadranno (sicuramente o probabilmente) nel futuro. Si ricordano:
 quota Fondo T.F.R. (Trattamento Fine Rapporto): rappresenta la quota di costo per
indennità di liquidazione maturata nell'esercizio;
 quota Fondo svalutazione crediti: è un costo presunto che si fa gravare
prudenzialmente sul reddito di esercizio, in previsione di eventuali insolvenze dei
clienti.
Minusvalenze e oneri straordinari: si tratta di costi legati a fatti straordinari di gestione
(vendita di un impianto a prezzo inferiore al suo valore, furti dalla cassa, danni provocati
da incendi o calamità naturali, ecc.).
Oneri diversi: si tratta di costi di natura accessoria o patrimoniale.
Resi su vendite: si tratta di valori derivanti da restituzioni di merci vendute (materie
prime, prodotti). Essi correggono indirettamente i ricavi delle vendite.
Abbuoni e sconti passivi: costituiscono riduzioni dei prezzi di vendita riscossi dai clienti.
Imposte sul reddito: sono le imposte (già versate o ancora da versare) che colpiscono il
reddito conseguito nell'esercizio. Le imposte ancora da versare, come richiesto dalla
normativa fiscale, verranno pagate al momento della presentazione della dichiarazione dei
redditi.
Ricavi
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
22







Ricavi di vendita: rappresentano il fatturato relativo ai beni o servizi venduti in corso
d'esercizio.
Proventi vari: rappresentano rendite dii varia natura (accessoria patrimoniale): ne
sono un esempio i «fitti attivi», cioè i canoni di affitto di beni concessi in locazione.
Proventi finanziari: sono gli interessi attivi maturati sui conti correnti bancari e
postali o sui crediti (verso clienti o soggetti diversi).
Plusvalenze e proventi straordinari: si tratta di ricavi legati a fatti
eccezionali di gestione (la vendita di un impianto a prezzo superiore al suo valore, un
debito che cade in prescrizione senza essere stato pagato, ecc.).
Resi su acquisti: si tratta di valori derivanti da restituzioni di merci e materie prime
acquistate dai fornitori. Essi correggono indirettamente i costi degli acquisti.
Abbuoni e sconti attivi: costituiscono riduzioni dei prezzi di acquisto pagati ai fornitori.
Rimanenze finali di magazzino: sono le giacenze di merci, prodotti, ecc esistenti in
magazzino al termine del periodo amministrativo. La rimanenza finale di un anno
costituisce la rimanenza iniziale dell'anno successivo.
La determinazione del valore della rimanenza di magazzino è di fondamentale
importanza per il calcolo del reddito derivante dalla compravendita dei prodotti.
Per rendercene conto consideriamo il seguente esempio.
Supponiamo che l'azienda:
• abbia acquistato tre prodotti a 100 Euro l'uno; • ne abbia venduto uno a 200 Euro.
Il totale dei costi di acquisto dell'anno è pari a 300 Euro, mentre il totale dei ricavi ammonta a
200 Euro. La semplice differenza di tali costi e ricavi evidenzierebbe una perdita di 100 Euro.
Questa conclusione è sbagliata, perché nasce dal confronto fra dati non omogenei.
Sull'unico prodotto venduto l'azienda ha guadagnato in realtà 100 Euro. I due prodotti in
rimanenza a fine anno non sono ancora stati utilizzati: dunque il loro costo non deve essere
considerato nel calcolo del reddito dell'esercizio, ma rinviato all'esercizio successivo.
La rettifica del costo dei prodotti acquistati non deve però avvenire direttamente: il totale dei
costi d'acquisto deve figurare chiaramente in bilancio. La correzione allora si effettua
inserendo come ricavo, anche se non si tratta propriamente di un ricavo, il valore di costo delle
rimanenze.
E' chiaro quindi che più alto è il valore attribuito alle rimanenze, più elevato è l'utile
conseguito.
1.3. La contabilità generale
Non è possibile redigere il bilancio, ed in particolare il conto economico, senza tenere la
contabilità.
La contabilità generale è un sistema di registrazione delle vicende aziendali. In particolare
permette di tenere memoria di tutti i rapporti di scambio (vendite, acquisti, incassi,
pagamenti, ecc.) fra l'azienda e l'ambiente esterno.
Scopo della contabilità generale è quello di arrivare al bilancio di esercizio, e quindi di misurare:
• il reddito prodotto dall'azienda ogni anno, ossia il guadagno o la perdita derivanti
dallo svolgimento della gestione;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
23
• il capitale a disposizione, ovvero il complesso degli investimenti in un dato momento
da un lato, e l'insieme dei finanziamenti (debiti e mezzi propri) dall'altro.
La partita doppia
La contabilità generale è tenuta con il metodo della partita doppia. Esso richiede che i fatti
aziendali siano esaminati sotto due aspetti:
• l'aspetto finanziario;
• l'aspetto economico.
Nell'aspetto finanziario si osservano le operazioni di gestione in termini di entrate ed uscite di
moneta che esse provocano. Tali movimenti possono essere in denaro contante o
rappresentati temporaneamente dal formarsi di crediti e debiti. Questi non sono altro che
movimenti di denaro contante spostati nel tempo.
Nell'aspetto economico l'attenzione è rivolta ai valori degli elementi chiave del processo
produttivo: fattori produttivi e prodotti. Si indicano come costi i valori dei fattori produttivi
acquistati e come ricavi i valori dei prodotti venduti.
L'aspetto economico rappresenta, per così dire, la causale, la motivazione in senso produttivo,
dei movimenti monetari.
Per la registrazione dei suddetti aspetti delle operazioni aziendali la contabilità generale
utilizza particolari tabelle dette conti.
I conti si distinguono, pertanto, in due grandi classi: conti finanziari e conti economici. I
primi raccolgono i valori di entrate, uscite, debiti e crediti. I secondi quelli dei costi e dei ricavi.
Così, ad esempio, il conto «cassa» indicherà il valore dei movimenti di denaro contante
derivante dalle operazioni di gestione; il conto «fornitori» i valori di debito che
l'impresa ha verso i propri fornitori; il conto «impianti» il valore del fattore produttivo
impianti; il conto «merci c/vendite» il valore dei prodotti venduti.
La tenuta delle scritture secondo il metodo della partita doppia richiede che le rilevazioni
contabili vengano redatte in due appositi registri:
• libro giornale;
• libro mastro.
Nel libro giornale vengono annotati, giorno per giorno, i movimenti contabili relativi ad
ogni singola operazione di gestione.
Nel libro mastro sono raccolti i prospetti relativi a tutti i conti impiegati
dall'impresa. In esso vengono dunque riportati i movime nti dei conti, corrispondenti
alle registrazioni del libro giornale.
Se l'attività dell'impresa non richiede l'impiego di molti conti, le scritture contabili in partita
doppia possono essere redatte utilizzando un unico registro chiamato «giornalmastro»,
il quale costituisce una sorta di fusione dei due libri sopra indicati.
Dalla contabilità al bilancio: un passaggio delicato
Al 31 dicembre l'impresa deve «tirare le fila» delle rilevazioni contabili, al fine di determinare il
reddito prodotto dalla gestione ed evidenziare il capitale utilizzato a questo scopo. Il reddito è
indubbiamente la grandezza «più importante». La sua determinazione, sulla base dei valori
raccolti nei conti, non è tuttavia immediata. Vediamo il perché, riflettendo su alcuni esempi.
Durante l'anno l'imprenditore acquista un impianto per l'importo di centomila Euro.
Contabilmente ciò darà luogo ad un movimento finanziario (esborso) da un lato e ad un
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
24
costo dall'altro.
Tuttavia il costo sostenuto per l'impianto non può essere considerato interamente come
costo dell'anno. L'impianto, infatti, verrà utilizzato come mezzo di produzione per
diversi anni. Il suo costo, dunque, deve essere suddiviso fra i vari anni in cui l'impianto è
utilizzato, e pertanto considerato solo in parte «di competenza» dell'esercizio.
Supponiamo che l'azienda abbia dei dipendenti. Quando essi cesseranno il rapporto di lavoro,
l'azienda sarà tenuta per legge a versare loro la «liquidazione».
Quest'ultima costituisce evidentemente un costo per l'impresa. L'esborso finanziario
corrispondente a tale costo avviene nell'anno in cui cessa il rapporto di lavoro. Tuttavia tale
costo non può essere considerato tutto di competenza dell'anno in cui si manifesterà: per quote,
esso appartiene anche agli anni precedenti.
Come è noto infatti, l'importo della liquidazione dipende dalla durata del rapporto di lavoro:
matura cioè periodo per periodo. Al termine di ogni anno, allora, l'impresa deve
conteggiare fra i propri costi la quota di costo per liquidazione maturata, anche se ancora
non ha comportato esborsi finanziari.
Cosa ci dicono questi esempi?
• Alcuni costi ed alcuni ricavi che hanno avuto manifestazione finanziaria sono eccedenti
rispetto a quanto compete all'anno. Essi devono quindi essere decurtati, ripartendoli fra gli anni
di competenza: questa operazione è detta «rettifica».
• Alcuni costi, pur non essendo stati sostenuti durante l'anno, devono essere inclusi tra i costi
dell'anno; ugualmente alcuni ricavi devono essere inclusi tra i ricavi dell'anno, pur non
essendo stati conseguiti in tale periodo: questa operazione è detta «integrazione».
Considerazione : il reddito non si può determinare come semplice somma algebrica dei
ricavi e dei costi rilevati durante l'anno, né tanto meno come differenza tra entrate e
uscite verificatesi nell'anno.
Le operazioni di rettifica e di integrazione sono di fondamentale importanz a per costruire
correttamente il conto economico e lo stato patrimoniale che formano il bilancio dell'impresa.
“Ripensare” il bilancio
Contabilità, bilancio, ecc. ci si potrebbe chiedere a che cosa servono? Certo! Il bilancio non è,
come credono alcuni, una pura formalità amministrativa.
Un bilancio ben fatto è una radiogr afia: consente di controllare l o «stato di
salute» dell'azienda.
Ma perché ciò sia possibile, i prospetti di bilancio devono essere rielaborati in modo da renderli
più utili ai fini di analisi della gestione.
1.4 Lo stato patrimoniale riclassificato
Lo stato patrimoniale riclassificato fornisce un'adeguata rappresentazione degli impieghi
(attività) e delle fonti di capitale (passività) dell'impresa.
Il criterio seguito per ripartire i valori dello stato patrimoniale è quello finanziario, che si basa
sulla velocità di trasformazione in denaro (incassi-pagamenti) dei diversi valori.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
25
Seguendo questo criterio, le attività sono riordinate in modo da esprimere le diverse forme di
investimento; le passività ed il netto sono riordinati in modo da evidenziare le varie
fonti da cui si sono attinti i finanziamenti.
In particolare, le attività sono ripartite in due grandi classi:
• attività correnti (o capitale circolante lordo);
• attività immobilizzate (o capitale fisso).
Le prime esprimono investimenti destinati a ritornare in moneta in tempi brevi; le seconde,
l'entità degli investimenti durevoli. All'interno delle due classi si possono poi
eventualmente operare ulteriori suddivisioni e raggruppamenti.
I valori delle passività e del netto sono suddivisi nelle seguenti classi:
• passività correnti (o a breve termine);
• passività consolidate (o a lungo termine);
• capitale netto (o proprio).
Le prime indicano il complesso dei debiti a breve scadenza; le seconde, quello dei debiti a
medio -lungo termine.
La riclassificazione di alcune poste dello stato patrimoniale merita comunque di essere
puntualizzata.
• Le poste rettificative
dell'attivo, quali il fondo ammortamento, il fondo
svalutazione crediti, ecc., sono portate direttamente in detrazione delle poste attive alle
quali si riferiscono; per cui gli impianti sono al netto dei rispettivi fondi ammortamento.
• Le giacenze di magazzino sono considerate attività correnti.
• I debiti a medio- lungo termine, oggetto di rimborso secondo rate periodiche, vanno
distinti in due quote:
- le rate che scadono entro un anno;
- le rate restanti.
Le prime devono essere incluse fra le passività correnti.
• Considerazioni analoghe valgono per i fondi spese future. Ove possibile, occorre distinguere
le quote che avranno presumibilmente manifestazione nell'anno successivo dalle altre di
più lontana scadenza.
La tavola seguente riassume ed esemplifica quanto sopra, offrendo una
rielaborazione dello stato patrimoniale già visto in precedenza.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
26
Stato patrimoniale riclassificato
INVESTIMENTI
FINANZIAMENTI
Liquidità immediate:
45
Cassa
5
Banche c/c attivi
40
385
Liquidità differite
Crediti verso clienti
Crediti vari
-Fondo svalutazione crediti
810
Passività correnti
Banche c/c passivi
310
Debiti verso fornitori
Debiti vari
450
50
220
Passività differite a MLT
175
-10
Mutui passivi
Fondo T.F.R.
Rimanenze:
600
140
50
Fondo imposte
Rimanenze finali di magazzino
320
Immobilizzazioni materiali nette:
Terreni e fabbricati
Fondo ammort. fabbricati
-
1600
1.300
2.100
TOTALE IMPIEGHI
Totale passività
840
-70
fabbricati
770
700
Impianti e macchinari
- Fondo ammortamento imp. e macch. -320
380
Impianti e macchinari
150
Mobili
-100
- Fondo ammortamento mobili
Beni mobili
50
Brevetti e marchi
150
Totale attività
790
Patrimonio netto
Capitale sociale
Fondi di riserva
Utile di esercizio
Totale Passività a pareggio
500
250
150
100
2.100
TOTALI FONTI
Il conto economico riclassificato
Il conto economico da noi presentato evidenzia solo il risultato della gestione
complessivamente svolta (utile o perdita di esercizio). E' però utile conoscere anche i risultati
della gestione ordinaria (o corrente), distinti da quelli della gestione straordinaria. La
gestione ordinaria (o corrente) comprende tutte le normali operazioni e si articola, a
sua volta, in:



gestione caratteristica, da cui derivano costi e ricavi relativi all'attività tipica dell'azienda;
gestione accessorio-patrimoniale, che comporta costi e ricavi dovuti alle attività accessorie
rispetto all'attività tipica;
gestione finanziaria, da cui dipendono gli oneri dovuti al governo dei mezzi
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
27
monetari.
La gestione straordinaria comprende costi e ricavi che derivano da fenomeni di carattere
episodico. Esempi di tali costi sono i furti, gli incendi, ecc.; esempi di ricavi straordinari
sono le vendite di «cespiti ammortizzabili» come macchinari, impianti, ecc. E' chiaro che è
diverso ricevere un utile dalla gestione ordinaria o dalla gestione straordinaria: nel secondo
caso è improbabile che l'utile si ripeta l'anno successivo!
Per questo dobbiamo conoscere, distintamente:
1) il reddito operativo, ossia quello prodotto dalla gestione caratteristica;
2) il reddito prodotto dalla gestione ordinaria;
3) il reddito prodotto dalla gestione straordinaria.
Non esiste uno schema di riclassificazione unico.
Si offre qui di seguito una rielaborazione del conto economico, ottenuta utilizzando la
configurazione detta «a valore aggiunto». Essa evidenzia un ulteriore risultato intermedio
rispetto a quelli già menzionati: il valore aggiunto.
Questo viene calcolato come differenza tra il valore della produzione ottenuta
nell'esercizio ed il costo dei fattori produttivi (materie prime e servizi) acquisiti all'esterno
ed impiegati per ottenere quella produzione.
La sua determinazione consente di valutare quanto valore l'impresa, attraverso i propri
processi produttivi, è riuscita ad aggiungere alle risorse comprate da altri soggetti.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
28
Conto economico riclassificato a valore aggiunto
_________________________________________________________
Ricavi vendita prodotti
2500
-Abbuoni e sconti passivi
5
-Resi su vendite
5
_________________________________________________________
Ricavi netti di vendita (produzione venduta)
2490
- Rimanenze iniziali semilavorati
100
+ Rimanenze finali semilavorati
120
-Rimanenze iniziali prodotti finiti
100
+ Rimanenze finali prodotti finiti
100
_________________________________________________________
Produzione ottenuta nell'esercizio
2510
-Consumi materie prime
(rimanenze iniziali materie prime 100 +
acquisti materie prime 1200 rimanenze finali materie prime 100 sconti e abbuoni attivi 30 resi su acquisti)
1170
-Spese generali e per prestazioni di servizi
400
_________________________________________________________
Valore aggiunto
940
-Costo del personale
450
-Quota Fondo T.F.R.
30
-Ammortamenti
200
-Quota Fondo svalutazione crediti
10
_________________________________________________________
Reddito operativo caratteristico
250
-Oneri diversi (di tipo accessorio e patrimoniale)
20
+ Proventi vari (di tipo accessorio e patrimoniale)
50
-Oneri finanziari
100
+ Proventi finanziari
0
_________________________________________________________
Reddito della gestione ordinaria
180
Proventi straordinari
50
Costi straordinari
_________________________________________________________
Reddito al lordo delle imposte
230
Imposte sul reddito
130
_________________________________________________________
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
29
Reddito netto di esercizio
100
Il conto economico può essere «ristrutturato» anche in modo diverso: ad esempio «a
margine di contribuzione».
Va altresì ricordato che in termini gestionali è necessario determinare i l «punto di
pareggio», la soglia critica cioè di produzione e vendita da superare se vogliamo sperare di
guadagnare qualcosa. Per determinare questa soglia è necessario distinguere i costi in
fissi e variabili. Ecco allora l'utilità di un conto economico che non solo individui il reddito
operativo - il quale resta comunque il fulcro di ogni conto economico riclassificato - ma che
sappia anche separare i costi in relazione al loro grado di variabilità. Attraverso un tale conto
economico, il calcolo del punto di pareggio sarà possibile.
Anche se estremamente utile, il conto economico a margine di contribuzione non è di facile
costruzione. E questo perché non è facile distinguere in modo esatto i costi variabili dai costi
fissi. Occorre pertanto «arrangiarci», sempre ovviamente nei limiti della ragionevolezza.
A tal fine possiamo pensare di considerare fisse le seguenti voci di costo:
• salari e stipendi;
• ammortamenti;
• fitti, canoni, ecc.;
• spese generali e di amministrazione, pubblicità, formazione, ricerca e sviluppo
Tutti i restanti costi li potremo considerare sostanzialmente variabili.
Si badi bene comunque: il conto economico a margine di contribuzione non è
«migliore» del modello a valore aggiunto. Ogni modello offre informazioni per
rispondere a domande diverse.
• Evidenziando il margine di contribuzione si punta l'indice sul «fatturato
critico». E' comprensibile quanto sia importante per un aspirante imprenditore
conoscere tale soglia. In quanto attraverso la scomposizione tra costi fissi e variabili si riesce a
determinare quale sia il contributo della gestione, dopo aver fatto fronte ai costi variabili, alla
copertura dei costi fissi e di struttura.
• Evidenziando il valore aggiunto, invece, si pone in evidenza la differenza di valore che
esiste fra il «pane» e la «farina» con cui è fatto quel pane. Il pane infatti è prodotto
con la farina, ma se è fatto bene ha un valore superiore a quello della farina.
Quindi, quanto più valore riusciamo ad aggiungere alle materie - la farina - e ai servizi
impiegati nella produzione, tanto più saremo in grado di «coprire» tutti gli altri costi che
comunque la produzione comporta, e assicurarci un congruo profitto. Al contrario se il
nostro pane vale meno (o poco più) della farina con cui è fatto. Perciò ogni imprenditore
deve conoscere bene anche quanto valore aggiunto è in grado di creare.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
30
Una metodologia molto usata per determinare la capacita della gestione di produrre una
margine positivo, tra l’altro facilmente desumibile dai dati di bilancio, è Il conto economico a
Margine operativo lordo. (MOL).
Lo schema utilizzabile è il seguente :
Conto economico a Margine operativo lordo
Valore della Produzione ( ricavi tipici - r.f.
di prodotti finiti + r. iniziali di prodotti finiti)
(V P)
meno
meno
Uguale
meno
Uguale
meno
meno
Uguale
Consumi (r.i MP+acquisti MP –R.f. MP)
Altri costi di gestione esterna
Meno/più
Meno/più
Meno/più
Uguale
meno
Uguale
Oneri e proventi gestioni accessorie
Oneri e proventi finanziari
Oneri e proventi straordinari
Valore aggiunto (VA)
Costo del lavoro
Margine operativo lordo ( MOL) o EBITDA
Ammortamenti
Altri accantonamenti
Reddito Operativo o Margine operativo
netto (MON) EBIT
Utile ordinario prima delle imposte
Imposte
Utile netto
2.5 LE INTERPRETAZIONI E LE NORME DEL BILANCIO
Per comprender al meglio il legame tra i dati contabili, la loro rappresentazione analitica e
potere effettuare le analisi necessarie per comprender le dinamiche della gestione aziendale e
i relativi risultati è opportuno ricordare alcuni concetti base.
In termini essenziali possiamo definire il Bilancio d’esercizio un documento formale nel quale,
ricorrendo ad apposite metodologie di calcolo e di rappresentazione,si descrivono i risultati
economici a cui ha condotto la gestione
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
31
GESTIONE
Si riflette nel
BILANCIO
Capacità di lettura potenziata
INTERPRETAZIONI
analisi
Metodologie di analisi
lettura
INFORMAZIONI
Altri concetti da ricordare sono la definizione di Capitale di funzionamento come
l’insieme organico di risorse dato da:

fonti di finanziamento utilizzate nella gestione (capitale proprio e di terzi)

investimenti che sono stati attuati impiegando tali fonti
Nella pratica amministrativa il Capitale di funzionamento è anche denominato patrimonio,
mentre gli investimenti sono definiti impieghi o attività, il capitale di terzi passività e al
capitale proprio ci si riferisce parlando solitamente di capitale netto.
Il Reddito di esercizio è l’incremento (utile d’esercizio) o il decremento (perdita di esercizio)
che il capitale netto subisce per effetto della gestione svoltasi in un determinato periodo
amministrativo (esercizio che è solitamente l’anno solare)
I flussi finanziari sono le variazioni di quelle attività e di quelle passività che determinano il
livello di Autonomia finanziaria corrente dell’impresa.
Le parti che compongono il bilancio rappresentano in realtà la sintesi dei concetti di cui sopra
per cui
Il conto economico descrive come si sia generato il reddito di esercizio (utile o perdita)
lo stato patrimoniale illustra quali siano e in che cosa consistano le attività, passività e il
capitale netto
il rendiconto finanziario per mezzo del quale si evidenziano come si siano generati e a quanto
ammontano i flussi finanziari generati dalla gestione.
Al di là degli obblighi di legge lo scopo principale del bilancio è quello di conoscere
l’andamento e gli esiti della gestione..
Ne consegue che l’oggetto del bilancio consiste nel calcolo e nella rappresentazione di come si
sia originato il reddito di esercizio e a quanto esso ammonti, e di come sia composto il capitale
di funzionamento e quanto valga,almeno alla data cui fa riferimento il bilancio (chiusura
dell’esercizio”.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
32
I DATI INFORMATIVI DEL BILANCIO
Il bilancio è una fotografia periodica dello stato di un’impresa. Per analizzare la redazione di
un bilancio si possono analizzare vari elementi:  Finalità.
 Composizione.
 Destinatari.
 Regole di redazione.
 Principi di redazione.
FINALITÀ: La finalità è la realizzazione di una costruzione intellettuale di derivazione contabile
per la rappresentazione chiara e corretta della realtà aziendale sotto il profilo patrimoniale,
finanziario ed economico.
Come profilo patrimoniale si intende la contrapposizione tra ATTIVITÀ e PASSIVITÀ –
PATRIMONIO NETTO. Come profilo economico si intende la contrapposizione tra i COSTI ed i
RICAVI. Il profilo finanziario si ricava, invece, dalla lettura dei documenti che compongono il
bilancio d’esercizio.
MODELLO: Il modello del bilancio dell’esercizio è un sistema di valori ordinato al calcolo del
reddito d’esercizio e del derivato capitale di funzionamento. Il bilancio è composto da:
Sottosistema contabile del reddito (Conto Economico).
Sottosistema contabile del patrimonio (Stato Patrimoniale).
Sottosistema integrativo ed esplicativo (Nota Integrativa).
Nel sottosistema contabile del reddito (ovvero il Conto Economico) vengono poste le fonti di
finanziamento indirette (ovvero i ricavi) e gli impieghi consumati in un certo periodo di tempo
(schema obbligatorio di Conto Economico previsto dall’art. 2425 del Codice Civile).
Nel sottosistema contabile del patrimonio (ovvero lo Stato Patrimoniale) vengono poste le
fonti di finanziamento dirette e gli impieghi esistenti (ovvero quelli non consumati) in un certo
istante, ossia quello terminale del periodo di osservazione (schema obbligatorio di Stato
Patrimoniale previsto dall’art. 2424 del Codice Civile).
Il sottosistema integrativo ed esplicativo (ovvero la Nota Integrativa) integra ed esplicita il
contenuto dei prospetti numerico- tabellari dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico
(contenuto obbligatorio previsto dall’art. 2427 del Codice Civile).
DESTINATARI: I destinatari del bilancio sono tutti coloro che hanno un interesse nei confronti
dell’impresa (ovvero gli Stakeholders). I destinatari / utilizzatori del bilancio potranno essere:
Interni (soci, amministratori, dipendenti).
Esterni.
Il bilancio deve soddisfare le attese minime di informazioni di tutti i soggetti interessati.
REGOLE DI REDAZIONE: Le regole di redazione si suddividono in:
 Regole contabili;
sono individuate dalla ragioneria e dall’economia aziendale.
 Principi contabili;
sono individuati dalle professioni contabili (nazionali ed internazionali).
 Norme di legge;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
33

sono contenute nel Codice Civile.
Norme di legge di carattere tributario.
Giurisprudenza.
Direttive comunitarie.
Regole di autorità di vigilanza e controllo;
sono fissate dalla Consob, per le società quotate, e dalla Banca d’Italia, per le banche.
OBBLIGHI DI LEGGE
Il Codice Civile agli articoli 2423 e 2435 bis stabilisce appunto degli obblighi informativi precisi
ed in particolare fornisce lo schema della composizione del bilancio e le modalità con cui le
singole voci vengano inserite. Si riportano le principali norme
2423. Redazione del bilancio. [2423]
Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale,
dal conto economico e dalla nota integrativa [disp. att. 111undecies].
Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e
corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico
dell’esercizio.
Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una
rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari
necessarie allo scopo.
Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile
con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota
integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l’influenza sulla rappresentazione della
situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla
deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente
al valore recuperato.
Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad eccezione della nota
integrativa che può essere redatta in migliaia di euro [disp. att. 223undecies, 223octiesdecies].
2423 bis. Principi di redazione del bilancio [2423bis].
Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi:
1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della
continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell’elemento
dell’attivo o del passivo considerato;
2) si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio;
3) si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio,
indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento;
4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se
conosciuti dopo la chiusura di questo;
5) gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente;
6) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
34
Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite in casi
eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla
rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico (1).
2423 ter. Struttura dello stato patrimoniale e del conto economico. [2423ter]
Salve le disposizioni di leggi speciali per le società che esercitano particolari attività, nello
stato patrimoniale e nel conto economico devono essere iscritte separatamente, e nell’ordine
indicato, le voci previste negli articoli 2424 e 2425.
Le voci precedute da numeri arabi possono essere ulteriormente suddivise, senza
eliminazione della voce complessiva e dell’importo corrispondente; esse possono essere
raggruppate soltanto quando il raggruppamento, a causa del loro importo, è irrilevante ai fini
indicati nel secondo comma dell’articolo 2423 o quando esso favorisce la chiarezza del
bilancio. In questo secondo caso la nota integrativa deve contenere distintamente le voci
oggetto di raggruppamento.
Devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di
quelle previste dagli articoli 2424 e 2425.
Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura
dell’attività esercitata.
Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l’importo
della voce corrispondente dell’esercizio precedente. Se le voci non sono comparabili, quelle
relative all’esercizio precedente devono essere adattate; la non comparabilità e l’adattamento
o l’impossibilità di questo devono essere segnalati e commentati nella nota integrativa.
SONO VIETATI I COMPENSI DI PARTITE.
2424. Contenuto dello stato patrimoniale. [2424]
Lo stato patrimoniale deve essere redatto in conformità al seguente schema.
ATTIVO:
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già
richiamata.
B) Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria:
I - Immobilizzazioni immateriali:
1) costi di impianto e di ampliamento;
2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità;
3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5) avviamento;
6) immobilizzazioni in corso e acconti;
7) altre.
Totale.
II - Immobilizzazioni materiali:
1) terreni e fabbricati;
2) impianti e macchinario;
3) attrezzature industriali e commerciali;
4) altri beni;
5) immobilizzazioni in corso e acconti.
Totale.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
35
III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli
importi esigibili entro l’esercizio successivo:
1) partecipazioni in:
a) imprese controllate;
b) imprese collegate;
c) imprese controllanti;
d) altre imprese;
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
d) verso altri;
3) altri titoli;
4) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo.
Totale.
Totale immobilizzazioni (B);
C) Attivo circolante:
I - Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.
Totale.
II - Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio
successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
4bis) crediti tributari;
4ter) imposte anticipate;
5) verso altri.
Totale.
III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
1) partecipazioni in imprese controllate;
2) partecipazioni in imprese collegate;
3) partecipazioni in imprese controllanti;
4) altre partecipazioni;
5) azioni proprie, con indicazioni anche del valore nominale complessivo;
6) altri titoli.
Totale.
IV - Disponibilità liquide:
1) depositi bancari e postali;
2) assegni;
3) danaro e valori in cassa.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
36
Totale.
Totale attivo circolante (C).
D) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su prestiti.
PASSIVO:
A) Patrimonio netto:
I - Capitale.
II - Riserva da soprapprezzo delle azioni.
III - Riserve di rivalutazione.
IV - Riserva legale.
V - Riserve statutarie.
VI - Riserva per azioni proprie in portafoglio.
VII - Altre riserve, distintamente indicate.
VIII - Utili (perdite) portati a nuovo.
IX - Utile (perdita) dell’esercizio.
Totale.
B) Fondi per rischi e oneri:
1) per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
2) per imposte, anche differite;
3) altri.
Totale.
C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato.
D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio
successivo:
1) obbligazioni;
2) obbligazioni convertibili;
3) debiti verso soci per finanziamenti;
4) debiti verso banche;
5) debiti verso altri finanziatori;
6) acconti;
7) debiti verso fornitori;
8) debiti rappresentati da titoli di credito;
9) debiti verso imprese controllate;
10) debiti verso imprese collegate;
11) debiti verso controllanti;
12) debiti tributari;
13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
14) altri debiti.
Totale.
E) Ratei e risconti, con separata indicazione dell’aggio su prestiti.
Se un elemento dell’attivo o del passivo ricade sotto più voci dello schema, nella nota
integrativa deve annotarsi, qualora ciò sia necessario ai fini della comprensione del bilancio, la
sua appartenenza anche a voci diverse da quella nella quale è iscritto.
In calce allo stato patrimoniale devono risultare le garanzie prestate direttamente o
indirettamente, distinguendosi fra fideiussioni, avalli, altre garanzie personali e garanzie reali,
ed indicando separatamente, per ciascun tipo, le garanzie prestate a favore di imprese
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
37
controllate e collegate, nonché di controllanti e di imprese sottoposte al controllo di queste
ultime; devono inoltre risultare gli altri conti d’ordine.
È fatto salvo quanto disposto dall’articolo 2447septies con riferimento ai beni e rapporti
giuridici compresi nei patrimoni destinati ad uno specifico affare ai sensi della lettera a) del
primo comma dell’articolo 2447bis (1).
2424 bis. Disposizioni relative a singole voci dello stato patrimoniale. [2424bis]
Gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra
le immobilizzazioni.
Le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore a quelle stabilite dal terzo comma
dell’articolo 2359 si presumono immobilizzazioni.
Gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati soltanto a coprire perdite o debiti di
natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura
dell’esercizio sono indeterminati o l’ammontare o la data di sopravvenienza.
Nella voce: «trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato» deve essere indicato
l’importo calcolato a norma dell’articolo 2120.
Le attività oggetto di contratti di compravendita con obbligo di retrocessione a termine
devono essere iscritte nello stato patrimoniale del venditore.
Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i proventi di competenza dell’esercizio
esigibili in esercizi successivi, e i costi sostenuti entro la chiusura dell’esercizio ma di
competenza di esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti passivi devono essere iscritti i
costi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi percepiti entro la
chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono essere iscritte in tali
voci soltanto quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l’entità dei quali vari in
ragione del tempo (1).
2425. Contenuto del conto economico. [2425]
Il conto economico deve essere redatto in conformità al seguente schema:
A) Valore della produzione:
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni;
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti;
3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
Totale.
B) Costi della produzione:
6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
7) per servizi;
8) per godimento di beni di terzi;
9) per il personale:
a) salari e stipendi;
b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;
10) ammortamenti e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
38
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
d) svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide;
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;
12) accantonamenti per rischi;
13) altri accantonamenti;
14) oneri diversi di gestione.
Totale.
Differenza tra valore e costi della produzione (A - B).
C) Proventi e oneri finanziari:
15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese
controllate e collegate;
16) altri proventi finanziari:
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese
controllate e collegate e di quelli da controllanti;
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni;
c) da titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese
controllate e collegate e di quelli da controllanti;
17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese
controllate e collegate e verso controllanti;
17bis) utili e perdite su cambi.
Totale (15 + 16 – 17 + – 17bis).
D) Rettifiche di valore di attività finanziarie:
18) rivalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti all’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
19) svalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni.
Totale delle rettifiche (18-19).
E) Proventi e oneri straordinari:
20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non
sono iscrivibili al n. 5);
21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni, i cui effetti
contabili non sono iscrivibili al n. 14), e delle imposte relative a esercizi precedenti.
Totale delle partite straordinarie (20-21).
Risultato prima delle imposte (A - B + - C + - D + - E);
22) imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate;
23) utile (perdite) dell’esercizio (1).
2425bis. Iscrizione dei ricavi, proventi, costi ed oneri. [2425bis]
I ricavi e i proventi, i costi e gli oneri devono essere indicati al netto dei resi, degli sconti,
abbuoni e premi, nonché delle imposte direttamente connesse con la vendita dei prodotti e la
prestazione dei servizi.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
39
I ricavi e i proventi, i costi e gli oneri relativi ad operazioni in valuta devono essere determinati
al cambio corrente alla data nella quale la relativa operazione è compiuta.
I proventi e gli oneri relativi ad operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a
termine, ivi compresa la differenza tra prezzo a termine e prezzo a pronti, devono essere
iscritti per le quote di competenza dell’esercizio (1).
LE PLUSVALENZE DERIVANTI DA OPERAZIONI DI COMPRAVENDITA CON LOCAZIONE
FINANZIARIA AL VENDITORE SONO RIPARTITE IN FUNZIONE DELLA DURATA DEL
CONTRATTO DI LOCAZIONE (2).
2426. Criteri di valutazioni. [2426]
Nelle valutazioni devono essere osservati i seguenti criteri:
1) le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto si
computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente
imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente
imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene
può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al
finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi;
2) il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel
tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro
residua possibilità di utilizzazione. Eventuali modifiche dei criteri di ammortamento e dei
coefficienti applicati devono essere motivate nella nota integrativa;
3) l’immobilizzazione che, alla data della chiusura dell’esercizio, risulti durevolmente di valore
inferiore a quello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale minore
valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi
della rettifica effettuata.
Per le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate che
risultino iscritte per un valore superiore a quello derivante dall’applicazione del criterio di
valutazione previsto dal successivo numero 4) o, se non vi sia obbligo di redigere il bilancio
consolidato, al valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall’ultimo
bilancio dell’impresa partecipata, la differenza dovrà essere motivata nella nota integrativa;
4) le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono
essere valutate, con riferimento ad una o più tra dette imprese, anziché secondo il criterio
indicato al numero 1), per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto
risultante dall’ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le
rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato nonché quelle necessarie
per il rispetto dei principi indicati negli articoli 2423 e 2423bis.
Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto,
il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto risultante
dall’ultimo bilancio dell’impresa controllata o collegata può essere iscritto nell’attivo, purché
ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni
ammortizzabili o all’avviamento, deve essere ammortizzata.
Negli esercizi successivi le plusvalenze, derivanti dall’applicazione del metodo del patrimonio
netto, rispetto al valore indicato nel bilancio dell’esercizio precedente sono iscritte in una
riserva non distribuibile;
5) i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi
utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio
sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Fino a
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
40
che l’ammortamento non è completato possono essere distribuiti dividendi solo se residuano
riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati;
6) l’avviamento può essere iscritto nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio
sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere
ammortizzato entro un periodo di cinque anni.
È tuttavia consentito ammortizzare sistematicamente l’avviamento in un periodo limitato di
durata superiore, purché esso non superi la durata per l’utilizzazione di questo attivo e ne sia
data adeguata motivazione nella nota integrativa;
7) il disaggio su prestiti deve essere iscritto nell’attivo e ammortizzato in ogni esercizio per il
periodo di durata del prestito;
8) i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione;
8bis) le attività e le passività in valuta, ad eccezione delle immobilizzazioni, devono essere
iscritte al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio ed i relativi utili e perdite
su cambi devono essere imputati al conto economico e l’eventuale utile netto deve essere
accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le immobilizzazioni materiali,
immateriali e quelle finanziarie, costituite da partecipazioni, rilevate al costo (1) in valuta
devono essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro acquisto o a quello inferiore alla
data di chiusura dell’esercizio se la riduzione debba giudicarsi durevole;
9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono
iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di
realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può
essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di
distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione;
10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con
quelli: «primo entrato, primo uscito» o: «ultimo entrato, primo uscito»; se il valore così
ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la
differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa;
11) i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi
contrattuali maturati con ragionevole certezza;
12) le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime, sussidiarie e di consumo,
possono essere iscritte nell’attivo ad un valore costante qualora siano costantemente
rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all’attivo di bilancio,
sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione (2).
2427. Contenuto della nota integrativa. [2427]
La nota integrativa deve indicare, oltre a quanto stabilito da altre disposizioni (1):
1) i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella
conversione dei valori non espressi all’origine in moneta avente corso legale nello Stato;
2) i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce: il costo; le precedenti
rivalutazioni, ammortamenti e svalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra
voce, le alienazioni avvenuti nell’esercizio; le rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni
effettuati nell’esercizio; il totale delle rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla
chiusura dell’esercizio;
3) la composizione delle voci: «costi di impianto e di ampliamento» e: «costi di ricerca, di
sviluppo e di pubblicità», nonché le ragioni della iscrizione ed i rispettivi criteri di
ammortamento;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
41
3bis) la misura e le motivazioni delle riduzioni di valore applicate alle immobilizzazioni
materiali e (2) immateriali [di durata indeterminata] (2), facendo a tal fine esplicito
riferimento al loro concorso alla futura produzione di risultati economici, alla loro prevedibile
durata utile e, per quanto rilevante (2), al loro valore di mercato, segnalando altresì le
differenze rispetto a quelle operate negli esercizi precedenti ed evidenziando la loro influenza
sui risultati economici dell’esercizio *e sugli indicatori di redditività di cui sia stata data
comunicazione] (2) (3);
4) le variazioni intervenute nella consistenza delle altre voci dell’attivo e del passivo; in
particolare, per le voci del patrimonio netto, per i fondi e per il trattamento di fine rapporto,
la formazione e le utilizzazioni;
5) l’elenco delle partecipazioni, possedute direttamente o per tramite di società fiduciaria o
per interposta persona, in imprese controllate e collegate, indicando per ciascuna la
denominazione, la sede, il capitale, l’importo del patrimonio netto, l’utile o la perdita
dell’ultimo esercizio, la quota posseduta e il valore attribuito in bilancio o il corrispondente
credito;
6) distintamente per ciascuna voce, l’ammontare dei crediti e dei debiti di durata residua
superiore a cinque anni, e dei debiti assistiti da garanzie reali su beni sociali, con specifica
indicazione della natura delle garanzie e con specifica ripartizione secondo le aree geografiche
(3);
6bis) eventuali effetti significativi delle variazioni nei cambi valutari verificatesi
successivamente alla chiusura dell’esercizio (4);
6ter) distintamente per ciascuna voce, l’ammontare dei crediti e dei debiti relativi ad
operazioni che prevedono l’obbligo per l’acquirente di retrocessione a termine (5);
7) la composizione delle voci «ratei e risconti attivi» e «ratei e risconti passivi» e della voce
«altri fondi» dello stato patrimoniale, quando il loro ammontare sia apprezzabile, nonché la
composizione della voce «altre riserve».
7bis) le voci di patrimonio netto devono essere analiticamente indicate, con specificazione in
appositi prospetti della loro origine, possibilità di utilizzazione e distribuibilità, nonché della
loro avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi (6);
8) l’ammontare degli oneri finanziari imputati nell’esercizio ai valori iscritti nell’attivo dello
stato patrimoniale, distintamente per ogni voce;
9) gli impegni non risultanti dallo stato patrimoniale; le notizie sulla composizione e natura di
tali impegni e dei conti d’ordine, la cui conoscenza sia utile per valutare la situazione
patrimoniale e finanziaria della società, specificando quelli relativi a imprese controllate,
collegate, controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime;
10) se significativa, la ripartizione dei ricavi delle vendite e delle prestazioni secondo categorie
di attività e secondo aree geografiche;
11) l’ammontare dei proventi da partecipazioni, indicati nell’articolo 2425, numero 15), diversi
dai dividendi;
12) la suddivisione degli interessi ed altri oneri finanziari, indicati nell’articolo 2425, n. 17),
relativi a prestiti obbligazionari, a debiti verso banche, e altri;
13) la composizione delle voci: «proventi straordinari» e: «oneri straordinari» del conto
economico, quando il loro ammontare sia apprezzabile;
14) un apposito prospetto contenente (7):
a) la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di
imposte differite e anticipate, specificando l’aliquota applicata e le variazioni rispetto
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
42
all’esercizio precedente, gli importi accreditati o addebitati a conto economico oppure a
patrimonio netto, le voci escluse dal computo e le relative motivazioni;
b) l’ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in bilancio attinenti a perdite
dell’esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell’iscrizione, l’ammontare non ancora
contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione;
15) il numero medio dei dipendenti, ripartito per categoria;
16) l’ammontare dei compensi spettanti agli amministratori ed ai sindaci, cumulativamente
per ciascuna categoria;
17) il numero e il valore nominale di ciascuna categoria di azioni della società e il numero e il
valore nominale delle nuove azioni della società sottoscritte durante l’esercizio;
18) le azioni di godimento, le obbligazioni convertibili in azioni e i titoli o valori simili emessi
dalla società, specificando il loro numero e i diritti che essi attribuiscono;
19) il numero e le caratteristiche degli altri strumenti finanziari emessi dalla società, con
l’indicazione dei diritti patrimoniali e partecipativi che conferiscono e delle principali
caratteristiche delle operazioni relative;
19bis) i finanziamenti effettuati dai soci alla società, ripartiti per scadenze e con la separata
indicazione di quelli con clausola di postergazione rispetto agli altri creditori;
20) i dati richiesti dal terzo comma dell’articolo 2447septies con riferimento ai patrimoni
destinati ad uno specifico affare ai sensi della lettera a) del primo comma dell’articolo
2447bis;
21) i dati richiesti dall’articolo 2447decies, ottavo comma;
22) le operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al locatario della
parte prevalente dei rischi e dei benefici inerenti ai beni che ne costituiscono oggetto, sulla
base di un apposito prospetto dal quale risulti il valore attuale delle rate di canone non
scadute quale determinato utilizzando tassi di interesse pari all’onere finanziario effettivo
inerenti i singoli contratti, l’onere finanziario effettivo attribuibile ad essi e riferibile
all’esercizio, l’ammontare complessivo al quale i beni oggetto di locazione sarebbero stati
iscritti alla data di chiusura dell’esercizio qualora fossero stati considerati immobilizzazioni,
con separata indicazione di ammortamenti, rettifiche e riprese di valore che sarebbero stati
inerenti all’esercizio (8) (9).
2427bis. Informazioni relative al valore equo «fair value» degli strumenti finanziari
Nella nota integrativa sono indicati:
1) per ciascuna categoria di strumenti finanziari derivati:
a) il loro fair value;
b) informazioni sulla loro entità e sulla loro natura;
2) per le immobilizzazioni finanziarie iscritte a un valore superiore al loro fair value, con
esclusione delle partecipazioni in società controllate e collegate ai sensi dell’articolo 2359 e
delle partecipazioni in joint venture:
a) il valore contabile e il fair value delle singole attività, o di appropriati raggruppamenti di tali
attività;
b) i motivi per i quali il valore contabile non è stato ridotto, inclusa la natura degli elementi
sostanziali sui quali si basa il convincimento che tale valore possa essere recuperato.
2. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del comma 1, sono considerati strumenti finanziari
derivati anche quelli collegati a merci che conferiscono all’una o all’altra parte contraente il
diritto di procedere alla liquidazione del contratto per contanti o mediante altri strumenti
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
43
finanziari, ad eccezione del caso in cui si verifichino contemporaneamente le seguenti
condizioni:
a) il contratto sia stato concluso e sia mantenuto per soddisfare le esigenze previste dalla
società che redige il bilancio di acquisto, di vendita o di utilizzo delle merci;
b) il contratto sia stato destinato a tale scopo fin dalla sua conclusione;
c) si prevede che il contratto sia eseguito mediante consegna della merce.
3. Il fair value è determinato con riferimento:
a) al valore di mercato, per gli strumenti finanziari per i quali è possibile individuare facilmente
un mercato attivo; qualora il valore di mercato non sia facilmente individuabile per uno
strumento, ma possa essere individuato per i suoi componenti o per uno strumento analogo,
il valore di mercato può essere derivato da quello dei componenti o dello strumento analogo;
b) al valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente accettati, per gli
strumenti per i quali non sia possibile individuare facilmente un mercato attivo; tali modelli e
tecniche di valutazione devono assicurare una ragionevole approssimazione al valore di
mercato.
4. Il fair value non è determinato se l’applicazione dei criteri indicati al comma precedente
non dà un risultato attendibile.
5. Ai fini dell’applicazione del presente articolo e dell’articolo 2428, comma 2, numero 6bis)
per la definizione di strumento finanziario, di strumento finanziario derivato, di fair value e di
modello e tecnica di valutazione generalmente accettato, si fa riferimento ai principi contabili
riconosciuti in ambito internazionale e compatibili con la disciplina in materia dell’Unione
europea.
2428. Relazione sulla gestione. [2428]
Il bilancio deve essere corredato da una relazione degli amministratori sulla situazione della
società e sull’andamento della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha
operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli
investimenti.
Dalla relazione devono in ogni caso risultare:
1) le attività di ricerca e di sviluppo;
2) i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo
di queste ultime;
3) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società
controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta
persona, con l’indicazione della parte di capitale corrispondente;
4) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società
controllanti acquistate o alienate dalla società, nel corso dell’esercizio, anche per tramite di
società fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della corrispondente parte di
capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni;
5) i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio;
6) l’evoluzione prevedibile della gestione.
6bis) in relazione all’uso da parte della società di strumenti finanziari e se rilevanti per la
valutazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio:
a) gli obiettivi e le politiche della società in materia di gestione del rischio finanziario,
compresa la politica di copertura per ciascuna principale categoria di operazioni previste;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
44
b) l’esposizione della società al rischio di prezzo, al rischio di credito, al rischio di liquidità e al
rischio di variazione dei flussi finanziari (1).
Entro tre mesi dalla fine del primo semestre dell’esercizio gli amministratori delle società con
azioni quotate in mercati regolamentati devono trasmettere al collegio sindacale una
relazione sull’andamento della gestione, redatta secondo i criteri stabiliti dalla Commissione
nazionale per le società e la borsa con regolamento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. La relazione deve essere pubblicata nei modi e nei termini stabiliti dalla
Commissione stessa con il regolamento anzidetto.
Dalla relazione deve inoltre risultare l’elenco delle sedi secondarie della società (2).
2429. Relazione dei sindaci e deposito del bilancio. [2429]
Il bilancio deve essere comunicato dagli amministratori al collegio sindacale, con la relazione,
almeno trenta giorni prima di quello fissato per l’assemblea che deve discuterlo.
Il collegio sindacale deve riferire all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e sull’attività
svolta nell’adempimento dei propri doveri, e fare le osservazioni e le proposte in ordine al
bilancio e alla sua approvazione, con particolare riferimento all’esercizio della deroga di cui
all’articolo 2423, quarto comma. Analoga relazione è predisposta dal soggetto incaricato del
controllo contabile.
Il bilancio, con le copie integrali dell’ultimo bilancio delle società controllate e un prospetto
riepilogativo dei datti essenziali dell’ultimo bilancio delle società collegate, deve restare
depositato in copia nella sede della società, insieme con le relazioni degli amministratori, dei
sindaci e del soggetto incaricato del controllo contabile, durante i quindici giorni che
precedono l’assemblea, e finché sia approvato. I soci possono prenderne visione.
Il deposito delle copie dell’ultimo bilancio delle società controllate prescritto dal comma
precedente può essere sostituito, per quelle incluse nel consolidamento, dal deposito di un
prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio delle medesime (1).
2435bis. Bilancio in forma abbreviata. [2435bis]
Le società, che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati, possono
redigere il bilancio in forma abbreviata quando, nel primo esercizio o, successivamente, per
due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti:
1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 3.125.000 euro;
2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 6.250.000 euro;
3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità.
Nel bilancio in forma abbreviata lo stato patrimoniale comprende solo le voci contrassegnate
nell’articolo 2424 con lettere maiuscole e con numeri romani; le voci A e D dell’attivo possono
essere comprese nella voce CII; dalle voci BI e BII dell’attivo devono essere detratti in forma
esplicita gli ammortamenti e le svalutazioni; la voce E del passivo può essere compresa nella
voce D; nelle voci CII dell’attivo e D del passivo devono essere separatamente indicati i crediti
e i debiti esigibili oltre l’esercizio successivo.
Nel conto economico del bilancio in forma abbreviata le seguenti voci previste dall’articolo
2425 possono essere tra loro raggruppate:
voci A2 e A3
voci B9(c), B9(d), B9(e)
voci B10(a), B10(b),B10(c)
voci C16(b) e C16(c)
voci D18(a), D18(b), D18(c)
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
45
voci D19(a), D19(b), D19(c)
Nel conto economico del bilancio in forma abbreviata nella voce E20 non è richiesta la
separata indicazione delle plusvalenze e nella voce E21 non è richiesta la separata indicazione
delle minusvalenze e delle imposte relative a esercizi precedenti.
Nella nota integrativa sono omesse le indicazioni richieste dal numero 10 dell’articolo 2426 e
dai numeri 2), 3), 7), 9), 10), 12), 13), 14), 15), 16) e 17) dell’articolo 2427 e dal numero 1) del
comma 1 dell’articolo 2427bis (1); le indicazioni richieste dal numero 6) dell’articolo 2427
sono riferite all’importo globale dei debiti iscritti in bilancio .
Qualora le società indicate nel primo comma forniscano nella nota integrativa le informazioni
richieste dai numeri 3) e 4) dell’articolo 2428, esse sono esonerate dalla redazione della
relazione sulla gestione.
Le società che a norma del presente articolo redigono il bilancio in forma abbreviata devono
redigerlo in forma ordinaria quando per il secondo esercizio consecutivo abbiano superato
due dei limiti indicati nel primo comma (2).
DOCUMENTI CHE COMPONGONO IL BILANCIO
stato patrimoniale: indica il saldo delle componenti attive e passive del patrimonio della
società.
conto economico (profitti e perdite): indica i ricavi e i costi sostenuti dalla società nel corso
dell’anno e per differenza, l’utile o la perdita d’esercizio.
nota integrativa: atta a fornire spiegazioni e informazioni sui dati del bilancio.
relazione SULLA GESTIONE: evidenzia la politica gestionale della societa’
relazione del collegio sindacale. ove prevista, testimonia l’applicazione dei corretti principi
contabili al bilancio
RENDICONTO FINANZIARIO se previsto
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
46
STRUTTURA OBBLIGATORIA DELLO STATO PATRIMONIALE (ART. 2424 DEL CODICE CIVILE):
PATRIMONIO NETTO E PASSIVITA’
ATTIVO
A) CREDITI VERSO SOCI PER VERSAMENTI ANCORA
DOVUTI.
MACROCLASSe
B) IMMOBILIZZAZIONI.
I) Imm. Immateriali.
II) Imm. Materiali.
III) Imm. Finanziarie.
PATRIMONIO NETTO.
I) Capitale sociale.
II)..VII) Riserve.
VIII) Utili (Perdite) portati a nuovo.
IX) Utile (Perdita) dell’esercizio.
B) FONDI PER RISCHI E ONERI.
C) ATTIVO CIRCOLANTE.
I) Rimanenze.
II) Crediti.
III) Attività finanziarie che non costituiscono
immobilizzazioni.
IV) Disponibilità liquide.
C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO
SUBORDINATO.
D) DEBITI.
categoria
E) RATEI E RISCONTI PASSIVI.
D) RATEI E RISCONTI ATTIVI
.
TOTALE ATTIVO
FINANZA E IMPRESA
TOTALE A PAREGGIO
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
47
Le immobilizzazioni sono tutti quegli investimenti che hanno una durata superiore ad un
esercizio.
Esempi di immobilizzazioni immateriali sono: costi di ricerca e di pubblicità (sito web),
concessioni, licenze, marchi, avviamento
Esempi di immobilizzazioni materiali sono: terreni, fabbricati, impianti, macchinari,
attrezzature varie
Esempi di immobilizzazioni finanziarie sono: partecipazioni, crediti
In genere le immobilizzazioni non si possono rivalutare; perché ciò avvenga sono necessari dei
decreti legislativi.
Come attivo circolante si definiscono quegli elementi attivi del patrimonio aziendale che si
prevede di liquidare durante l’esercizio successivo.
Come riserve si definisce l’utile non distribuito tra soci della società.
Come utili (o perdite) portate a nuovo si intendono gli utili (o le perdite) dell’esercizio
precedente.
Come utili (o perdite) dell’esercizio di intendono gli utili (o le perdite) dell’esercizio appena
trascorso.
Nel caso in cui vi sia una causa pendente (una richiesta per danni pari a 50) al termine
dell’esercizio si potranno avere due casi:
Perdita sicura  Andrà scritto in bilancio un debito pari a 50.
Perdita incerta  Andrà segnato 50 nel fondo per rischi e oneri.
Il trattamento di fine rapporto (voce presente solo in Italia) o TFR è una remunerazione
differita accordata ai lavoratori dipendenti.
I debiti possono essere verso banche, fornitori, finanziatori, erario …
L’avviamento fa parte delle immobilizzazioni immateriali e rappresenta gli utili che chi vende,
per esempio, un immobile vuole vedersi riconosciuti.
Le rimanenze sono uno degli indicatori dello stato di un’impresa; se sono molto alte sono uno
dei segnali che indicano che l’impresa si trova in un momento di crisi, un’impresa che avrà
molto magazzino avrà anche molti debiti dovendo pagare le materie prime, il personale per
cui non incassando potrebbe trovarsi in difficoltà.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
48
GRANDEZZE DEL CONTO ECONOMICO:
IMPIEGHI CONSUMATI
FONTI CONSUMATE
Investimenti in fattori produttivi consumati
(costi).
TOTALE IMPIEGHI CONSUMATI
Produzioni ottenute e vendute (ricavi).
=
TOTALE FONTI CONSUMATE
STRUTTURA OBBLIGATORIA DEL CONTO ECONOMICO (ART. 2425 DEL CODICE CIVILE) :
Il struttura del conto economico è di forma scalare a risultati intermedi.
A)
VALORE DELLA PRODUZIONE
Ricavi delle vendite e delle prestazioni.
Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione.
Variazioni dei lavori in corso su ordinazione.
Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni.
Altri ricavi e proventi
B)
COSTI DELLA PRODUZIONE
6) Per materie prime, sussidiarie e di merci.
7) Per servizi.
8) Per godimento di beni di terzi.
9) Per il personale.
10) Ammortamenti e svalutazioni.
11) Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci.
12) Accantonamenti per rischi.
13) Altri accantonamenti.
14) OneriTRA
diversi
di gestione.
DIFFERENZA
VALORE
E COSTI DELLA PRODUZIONE (A – B) = REDDITO OPERATIVO
1)
2)
3)
4)
5)
C)
PROVENTI E ONERI FINANZIARI
15) Proventi da partecipazioni.
16)
Altri proventi finanziari.
17)
Interessi e altri oneri finanziari.
D)
RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITA’ FINANZIARIE
18) Rivalutazioni.
19) Svalutazioni.
E)
PROVENTI E ONERI STRAORDINARI
20) Proventi
21) Oneri
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE (A – B + C + D + E)
22) Imposte sul reddito dell’esercizio.
23) UTILE (PERDITA) DELL’ESERCIZIO = REDDITO NETTO = RISULTATO NETTO
Nell’analisi del conto economico di una società un primo indicatore della sua situazione
economica è la differenza tra il valore e costi della produzione (A – B); nel caso fosse negativo
vorrebbe dire che l’impresa non riesce, con i suoi ricavi, a far fronte ai costi.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
49
I terreni di norma non vengono ammortizzati in quanto si suppone che non perdano valore
con il passare del tempo
Ogni volta che il costo di un’immobilizzazione è inferiore al prezzo di mercato, nel bilancio,
andrà indicato il prezzo di mercato.
Le imposte vengono pagate a rate; gli acconti si basano sull’utile dell’esercizio precedente
mentre il saldo viene fatto dopo l’approvazione del bilancio dell’esercizio appena concluso.
Variazioni delle rimanenze di Prodotti Finiti (voci A2 e A3) = Rimanenze Finali – Rimanenze
Iniziali.
Variazioni delle rimanenze di Materie Prime (voce B11) = Rimanenze Iniziali – Rimanenze
Finali.
L’utile ricavato dalla vendita di un prodotto è dato dalla differenza tra:
(PREZZO DI VENDITA – PREZZO DI ACQUISTO DELLE MATERIE PRIME) – COSTI DI PRODUZIONE
I sindaci di una società sono interni alla società stessa e sono responsabili della verità e della
correttezza di quanto viene scritto nel bilancio.
I revisori di una società possono anche essere esterni alla società e controllano la regolare
tenuta della contabilità sociale di società per azioni e della sua attendibilità.
Il bilancio deve essere approvato dal soggetto giuridico entro 4 mesi dalla chiusura
dell’esercizio.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
50
RIEPILOGO DI CONCETTI DI CARATTERE “AZIENDALE”
GESTIONE MONETARIA: La gestione monetaria è quell’aspetto della gestione caratterizzato
dal Cash Flow. Il Cash Flow è un criterio che serve per trovare un collegamento tra le uscite
monetarie e le entrate monetarie. Si vuole quindi valutare l’equilibrio monetario di
un’azienda.
Se vi è un Cash Flow negativo vi sarà una perdita e questo potrebbe portare al fallimento
dell’azienda.
Un mastrino è una tabella in cui vengono contrapposti i costi ed i ricavi dell’azienda all’interno
di un Ciclo Produttivo.
Nel caso di un taxista il mastrino sarebbe di questo tipo:
Costi Autovettura
benzina
Bollo …
Ricavi
300
200
Utile
100
Un ricavo si ha quando vi è un incasso, incasso che può essere monetario o a titolo di credito.
Un’entrata si ha quando viene reso liquido il ricavo.
L’utile (o reddito d’esercizio, o margine) è la conseguenza dello scopo di lucro dell’impresa. E’
dato dalla differenza tra Ricavi e Costi . L’utile è ottenuto dall’azienda impiegando le sue
risorse. Come risorsa si intende un finanziamento che viene investito per l’acquisto di beni
durevoli e non durevoli.
All’interno del mastrino l’utile viene posto dalla parte dei costi per avere un equilibrio tra le
due parti.
Il patrimonio di un’impresa può avere delle variazioni economiche o delle variazioni
numerarie.
Come variazioni economiche si intendono i costi ed i ricavi.
I costi, numerariamente parlando, sono rappresentati da uscite monetarie (variazione
numeraria certa) o dai debiti (variazione numeraria assimilata).
I ricavi, numerariamente parlando, sono rappresentati dalle entrate monetarie (variazione
numeraria certa) o dai crediti (variazione numeraria assimilata).
Nell’ambito del capitale è possibile distinguere il patrimonio numerario, questo è composto
da:
Contante in cassa.
Crediti numerari (crediti temporanei in attesa di un’entrata in cassa).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
51
Debiti numerari (debiti temporanei in attesa di un’uscita di cassa).
-
Il patrimonio numerario subisce delle variazioni numerarie per effetto delle operazioni
economiche che riassorbono sia le operazioni finanziarie (variazione dei debiti e dei crediti),
sia le variazioni monetarie (variazioni di cassa).
Le variazioni numerarie possono essere:
Variazioni numerarie certe;
variazioni monetarie; variazione del contante in cassa.
Variazioni numerarie assimilate;
variazioni finanziarie relative a crediti e debiti espressi nella moneta di conto (Euro).
Variazioni numerarie presunte;
variazioni finanziarie espresse in valuta estera da convertire alla fine dell’anno nella valuta di
conto.
Le variazioni numerarie assimilate e presunte devono diventare certe il più presto possibile
attraverso l’incasso.
CICLO MONETARIO:
Finanziamenti
Investimenti
Flussi
di
uscite
Flussi
di
entrate
+
Disinvestimenti
-
Rimborsi
Flussi
di
entrate
+
Flussi
di
uscite
Cash
Flow
Cash Flow
Negativo
Cash Flow
Positivo
Il Cash Flow rappresenta la liquidità creata o distribuita ed è dato dalla somma tra:
Finanziamenti + Investimenti + Disinvestimenti + Rimborsi.
Il Cash Flow, come si può facilmente intuire, è influenzato dalle variazioni numerarie certe.
Un Cash Flow positivo permetterà all’impresa di rimborsare i finanziamenti ottenuti, di pagare
gli interessi relativi e di distribuire i dividenti relativi al capitale di rischio.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
52
Se il Cash Flow è negativo, invece, vorrà dire che ci sono state più uscite che entrate
monetarie. L’impresa avrà quindi bisogno di ulteriori finanziamenti per reiniziare il ciclo
produttivo.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
53
Il ciclo monetario può essere riassunto così:
Entrate - Fonti
Ciclo di gestione
Uscite – Investimenti
Impieghi
Vendita – Ricavo
Disinvestimento (Fase
monetaria)
Investimenti
Finanziamenti
Fonte di liquidità
Rimborsi
Variazioni numerarie: monetarie e finanziarie
Natura operazione
Operazioni di gestione
straordinaria o extragestione
Operazioni
economiche
Operazioni di gestione
ordinaria esterna
Aspetto
Aspetto finanziario
monetario
Aspetto economico
Tipologia di valutazione
Variazioni numerarie
Certe
Assimilate
Presunte
Quantità d’azienda
Cash Flow
Fonti e Impieghi
=
Capitale
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
54
Come operazioni di gestione straordinaria o extragestione si intendono quelle operazioni che
non necessariamente generano un’operazione economica. Ne sono un esempio:, la
trasformazione, la fusione, la scissione/scorporo e la liquidazione.
Come operazioni di gestione ordinaria esterna si intendono tutte quelle operazioni
economiche che hanno un peso nel Cash Flow. Ne sono un esempio: i finanziamenti, gli
investimenti, i disinvestimenti, le remunerazioni ed i rimborsi.
L’aspetto economico è quell’aspetto della gestione aziendale che riguarda le cause che
provocano le variazioni monetarie o finanziarie nelle operazioni economiche.
L’aspetto finanziario monetario riguarda i pagamenti e gli incassi effettuati da un’azienda.
Partita doppia / sistema del reddito: Metodo usato per rilevare le variazioni numerarie e non
numerarie di un’azienda man mano che queste si verificano, in modo da poter redigere un
bilancio alla fine dell’anno. Le società di capitali hanno l’obbligo della redazione del bilancio
che dovrà essere depositato presso la Camera di Commercio al fine di rendere i dati ivi
contenuti pubblici e messi a disposizione dei terzi .
ANALISI DELLA GESTIONE AZIENDALE:
La gestione aziendale riguarda quel complesso di operazioni aziendali, tra loro coordinate,
poste in essere per il raggiungimento dei fini aziendali.
- Analisi della gestione sotto l’aspetto finanziario ed economico
ASPETTO FINANZIARIO (Asp. Originario)
Entrate / Uscite (Immediate o Differite)
Manifestazione numeraria: possibilità di valutare
monetariamente la variazione.
Sorgere di un debito / credito verso un terzo.
Entrata / uscita monetaria.
ASPETTO ECONOMICO (Asp. Derivato)
Ricavi / Costi
Sostenimento di un onere per l’acquisizione di un
fattore della produzione.
In un sistema di rilevazione contabile per ogni operazione di gestione vanno rilevati sia gli
aspetti finanziari che quelli economici.
- Analisi della gestione sotto l’aspetto oggettivo o soggettivo
ASPETTO SOGGETTIVO
ASPETTO OGGETTIVO
Come sono intraprese.
Quali operazioni porre in essere per raggiungere il
fine aziendale.
- Analisi della gestione sotto l’aspetto temporale
OPERAZIONE DI COSTITUZIONE
- Costituzione.
- Acquisizione risorse.
FINANZA E IMPRESA
OPERAZIONE DI
CESSAZIONE
OPERAZIONI CONTINUATIVE
- Acquisizione risorse.
- Approvvigionamento dei fattori
produttivi.
- Pagamento fornitori.
- Vendite output.
- Realizzo crediti.
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
-
Liquidazione beni.
Estinzione passività.
Ripartizione del residuo.
55
L’operazione di cessazione può essere volontaria o forzata.
SISTEMA DEI VALORI DI BILANCIO:
IMPIEGHI
FONTI
In essere in un determinato istante.
STATO PATRIMONIALE
ATTIVITA’
Attività immobilizzate.
Attività correnti o circolanti.
Fonti di finanziamento di terzi = PASSIVITA’
Fonti di finanziamento proprio = PATRIMONIO NETTO
(cap. sociale + utili non distribuiti o perdite non coperte).
Debiti veri e propri, componenti del patrimonio netto,
fonti per rischi e oneri.
Consumati in certo periodo di tempo.
CONTO ECONOMICO
RICAVI DI ESERCIZIO
COSTI DI ESERCIZIO
UTILE di Esercizio
(se Impieghi consumati < Fonti consumate)
PERDITA di Esercizio
(se Impieghi consumati > Fonti consumate)
GRANDEZZE DELLO STATO PATRIMONIALE:
IMPIEGHI IN ESSERE
FONTI IN ESSERE
Investimenti in fattori produttivi non esauriti.
Produzioni in corso non ultimate.
Produzioni ultimate non vendute (magazzino prodotti
finiti).
Produzioni ultimate e vendute ma non incassate (crediti
verso clienti)
Denaro in cassa o depositato in c/c
Finanziamenti di soci ottenuti e non restituiti.
Finanziamenti di terzi ottenuti e non restituiti.
Investimenti non ancora pagati (debiti verso fornitori.
TOTALE IMPIEGHI IN ESSERE
TOTALE FONTI IN ESSERE
=
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
56
ESERCIZIO SVOLTO
1) Nel corso di un anno un’impresa paga ad un dipendente 12 stipendi:
 variazioni numerarie: 24 (ogni mese vi sarà un debito verso il dipendente e un
pagamento di quel debito).
 variazioni non numerarie: 12
Per ogni operazione di gestione andranno fatti i mastrini relativi alle variazioni numerarie e
non numerarie connesse a quell’ operazione.
Valori non numerari
Dare
Costi
Valori numerari
Avere
Ricavi
+
-
Entrate
Attività
Crediti
Uscite
Passività
Debiti
Nel caso del pagamento degli stipendi si avrà una situazione di questo tipo:
a)
Formazione di un debito verso il dipendente:
Debito verso il dipendente.
+
b)
Costo dipendente
-
+
100
100
-
Pagamento del debito:
Debito verso il dipendente.
Banca
+
-
+
-
100
100
100
=
0
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
57
esempio
2)
Acquisto materie prime.
Prima fase registro costo e debito vs fornitore
Seconda fase pagamento fornitore tramite banca
Sezionale debiti
fornitori
Acquisto materie
prime
Pagamento debito
3)
+
Banca
-
+
100
100
-
+
100
100
Bolletta telefonica.
Sezionale debiti
Debito verso
Telecom
Pagamento debito
4)
Conti non numerari
(costi)
+
Conti non numerari
-
+
500
500
-
Banca
+
500
500
Finanziamento bancario di 300 e successivo rimborso di 150.
Sezionale debiti
Finanziamento
bancario di 300
Rimborso finanziamento
di 150
+
Banca
-
+
300
300
150
150
= 150
=150
In questo caso non vi sono variazioni non numerarie.
5)
Vendita merci per 100 e successivo incasso.
Crediti verso clienti
+
Vendita
Incasso
FINANZA E IMPRESA
-
100
Conti non numerari
+
-
Banca
+
-
100
100
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
100
58
Un contratto preliminare non dà origine né a variazioni numerarie né a variazioni non
numerarie.
Lo stato patrimoniale riassume tutte le variazioni numerarie avvenute durante l’anno
trascorso.
Il conto economico è suddiviso in due parti; nella prima si trova la somma di tutti i sezionali in
dare mentre, nella seconda, si trova la somma di tutti i sezionali in avere (ovvero i ricavi).
Nella maggior parte dei casi si ha una situazione del genere:
Variazione non
numeraria.
Variazione numeraria
assimilata.
Variazione numeraria
certa.
Ne è un esempio l’acquisto di una materia prima; all’inizio si ha l’acquisizione del fattore
produttivo (variazione non numeraria) a cui segue un debito verso il fornitore (variazione
numeraria assimilata) a cui segue il pagamento del fattore produttivo (variazione numeraria
certa).
Un’impresa ha la proprietà di un fattore produttivo (es. una materia prima) a partire da un
certo momento, concordato con il fornitore; in genere ciò avviene quando la società entra in
possesso del materiale. Nel momento in cui la società ha la proprietà sorgono i costi e nasce il
debito verso il fornitore.
Il Principio di competenza fa sì che tutte le variazioni non numerarie (costi e ricavi) di un
esercizio (ovvero di un anno) confluiscano tutte in un unico conto economico.
Esercizio svolto
Anche nel caso in cui una bolletta relativa ad un periodo compreso tra 01/01 e 31/01
arrivasse nel mese di febbraio le variazioni (numerarie e non numerarie) relative alla nascita
del debito con la Telecom andrebbero comunque registrate nel mese di gennaio.
I fattori produttivi possono essere di due tipi:
 Fattori produttivi a lento utilizzo.
 Fattori produttivi a veloce utilizzo.
I fattori produttivi a lento utilizzo sono quei fattori produttivi che durano per più di un anno.
Danno origine ad una attività di bilancio e ad un costo (variazione non numeraria) relativo alla
quota di ammortamento (uso annuale).
I fattori produttivi a veloce utilizzo sono fattori produttivi annuali. Danno origine solo ad un
costo dell’esercizio. Il personale può essere collocato in questa categoria.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
59
Fattori produttivi
Pluriennali
Annuali
Ricavo
Impiegati nelle
Attività
Variazione non
numeraria.
Ricavo
Servizio
Prodotto
Credito
Variazione
numeraria.
I beni a lungo termine vengono ammortizzati in un certo numero di anni e quindi non
vengono registrati una volta sola nel bilancio d’esercizio della società.
In realtà il primo anno avrò il pagamento (esborso numerario o creazione di un debito) mentre
gli anni successivi avrò la possibilità di considerare come costo una quota convenzionale di
uso, perdita del valore del bene che viene detta ammortamento
Un’auto, per un taxista, è un’immobilizzazione materiale (attività di bilancio) e non incide
completamente sul conto economico.
1° Anno:
Var. num. pluriennale
+
-
Var. non numeraria
+
-
5000
Acquisto auto
Banca
+
5000
100
100
Ammortamento auto
=
4900
2° Anno:
Var. num. pluriennale
+
-
Var. non numeraria
+
-
4900
100
100
Ammortamento auto
4800
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
60
=
Ricapitolando:
Capitale di terzi
(Capitale di debito)
Fonti di Finanziamento
Capitale di rischio
Dividendi
Var. numerarie
(debito verso
banca, liquidità)
(No è oneroso di
interessi)
Var. non
numerarie
Fattori Produttivi
Costo
(interessi passivi)
Debito
(Var. numeraria
assimilata)
Pluriennale
Acquisizione
Costo
Debito
(Var. numeraria
assimilata)
Non Pluriennale
(Annuale)
Var. non numeraria
Ciclo di Produzione
Var. non numeraria
Magazzino
Prodotto
Credito
Ricavi
Var. non numeraria
Servizio
Credito
In questo ciclo sono presenti soltanto variazioni non numerarie e variazioni numerarie
assimilate; non c’è stata nessuna variazione monetaria.
Il reddito dell’esercizio è dato dalla differenza tra i ricavi ottenuti per effetto dell’impiego del
capitale ed i costi relativi ai fattori produttivi annuali e si chiama utile (valore positivo) e
perdita (valore negativo).
REDDITO DELL’ESERCIZIO = RICAVI ANNO – COSTI ANNO
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
61
Il reddito dell’esercizio caratterizza lo scopo di lucro; si tratta infatti di quell’utile / perdita che
controbilancia le attività e le passività.
I costi relativi all’esercizio comprendono i costi annuali di quell’esercizio e l’ammortamento
dei costi pluriennali (Costi pluriennali / durata prevista dell’investimento pluriennale).
Il capitale è definito come l’insieme delle variazioni numerarie che si originano come
conseguenza dell’impiego / investimento delle fonti di finanziamento.
Un fattore produttivo pluriennale può essere valutato sostanzialmente sotto due punti di
vista:

Contabile.

Economico.
La valutazione contabile di un fattore economico tiene conto dell’ammortamento; si tratta
quindi di una valutazione del valore effettivo del bene, rispetto al prezzo di acquisto.
La valutazione economica viene fatta, invece, in base al valore di mercato del bene; al
momento della valutazione viene fatta una perizia che tiene conto di tutti i fattori che
potrebbero aver fatto svalutare o rivalutare il bene.
ESERCIZIO SVOLTO
Costituzione di una società e scrittura del bilancio.
In data 28/12/2007 viene costituita una società, da parte di due persone fisiche (PF1 e PF2).
La tipologia di società scelta è la srl, ed il fine è la commercializzazione di scarpe da tennis (si
tratta quindi di una società commerciale).
Il capitale sociale è costituito da 2 quote dal valore nominale di € 100.000 l’una.
Il primo fatto di gestione è la costituzione della società. I due soci vanno quindi da un notaio
per la costituzione della società. Dal notaio dovranno versare un minimo di € 60.000 (pari ai
3/10 del capitale sociale).
Se verseranno soltanto € 60.000 sorgerà un credito della società verso i soci pari a € 140.000.
Se invece vengono versati subito tutti i € 200.000i si avrà una situazione del genere:
STATO PATRIMONIALE
Cassa: 200.000
Cap. Sociale:
200.000
Non ci sono ancora stati né costi né ricavi, soltanto una variazione numeraria certa ed una
assimilata (debito verso i soci).
Collegato alla costituzione della società c’è poi il costo per il notaio (€ 10.000); si tratta del
primo costo dell’attività d’impresa. Si tratta di una immobilizzazione immateriale in quanto è
un onere accessorio all’esercizio, ad utilità pluriennale. Le immobilizzazioni immateriali non
possono essere trasferite e concorrono alla formazione del reddito tramite l’ammortamento.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
62
Giunti al 31/12/2007 bisogna redigere il bilancio relativo al 2007.
STATO PATRIMONIALE
CONTO ECONOMICO
Cassa:
190.000
Costo plurienn. 10.000
Cap. sociale: 200.000
Reddito:
0
TOTALE
Patrimonio Netto: 200.000
200.000
Il Reddito dell’esercizio è dato da:
REDDITO DELL’ESERCIZIO = RICAVI - COSTI
Il Patrimonio netto è dato da:
PATRIMONIO NETTO = ATTIVITÀ – PASSIVITÀ = REDDITO DELL’ESERCIZIO + CAPITALE SOCIALE
L’anno successivo la società inizierà ad intraprendere l’attività d’impresa.
Impiegando € 190.000 in cassa dovrà istituire i vari uffici che si occuperanno delle varie
problematiche d’impresa al fine di avere un reddito dell’esercizio.
Ufficio
Commerciale
Ufficio Logistica
(Magazzino)
Ufficio
Acquisti
Ufficio
Risorse Umane
Ufficio
Amministrativo
Affari
Generali
Amministratore
Delegato
Nel caso in cui la società riempisse il magazzino di scarpe senza venderne neanche un paio si
avrebbe una situazione del genere:
NOTA BENE da qui in poi valori in migliaia di euro
STATO PATRIMONIALE
Cassa:
Magazzino
Totale Attivo:
0
200.
200
Cap. sociale:
Reddito gestione:
Patrimonio Netto:
Debiti:
Totale Passivo:
CONTO ECONOMICO
200.
(300.)
(100.)
300
200
Costo vari gestione 300
Costo mat. prime 200
Totale costi:
500
Ricavi:
0
Rimanenze finali: 200
Totale ricavi:
200.
Reddito = Perdita :(300)
Le rimanenze finali di magazzino vengono considerate un ricavo per controbilanciare il costo
delle materie prime. Il magazzino infatti diventa un costo solo nel momento in cui si ha un
ricavo (principio di afferenza o della correlazione tra costi e ricavi). Il costo delle materie prime
viene rimandato all’esercizio successivo.
L’anno successivo si avrà quindi:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
63
CONTO ECONOMICO
Rimanenze iniziali:
200
Ricavi:
300.
Si potrebbe invece avere una situazione di questo tipo:
a) Assunzione di 2 dipendenti:
b) Acquisto materie prime:
c) Ottenimento di un mutuo passivo di 200
d) Acquisto di mobili-arredi:
e) Acquisto PC e attrezz.
f) Ricavi vendite:
10 x 2 = 20. (costo)
150
interessi passivi del 5% annuo
50
40
30
Pagato: 100
a partire dal 2°
Pagato:
50
Pagato:300
Incassato: 200
Saldo: 50
anno.
Saldo: 0
Saldo: 10
Saldo: 100
CONTO ECONOMICO
STATO PATRIMONIALE
In migliaia di €
Crediti verso clienti: 100
Imm. materiali:
72
Imm. Immateriali
(notaio):
8
Cap. sociale:
Reddito:
200
110
Patrimonio Netto:
310
Cassa:
Debito verso personale: 0
Debito materie prime: 50
Mutuo:
200
Debito per arredi:
0
Debito PC:
10
TOTALE Attivo:
390
570
TOTALE Passività:
TOTALE Passivo:
Costo mat. prime: 150
Costo personale:
20
Ammortam. mobili: 10
Ammortam. PC:
8
Ammortam. imm.
immateriali:
2
Totale costi:
190
Utile:
110
Ricavi vendite:
300
260
570
Per calcolare il valore delle immobilizzazioni materiali bisogna considerare il prezzo di acquisto
al netto dell’ammortamento.
Ad esempio per quanto riguarda il valore dei mobili si avrà: in migliaia
Costo = 50
Ammortamento = 20% annuo:
Valore netto:
2007
(10)
2008
(10)
2009
(10)
2010
(10)
2011
(10)
40
30
20
10
0
Il totale delle immobilizzazioni materiali sarà quindi: (50-10)+ (40-8) = 40 + 32 = 72
Per redigere il bilancio si inizia dal conto economico e, una volta trovato il risultato della
gestione (utile o perdita) lo si inserisce nello stato patrimoniale.
La cassa è l’ultimo valore che si ricava e si trova in questo modo:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
64
Cassa iniziale
+ Mutuo
- Personale
- Mat. Prime
- Mobili
- PC
190
+ 200
390
- 20
- 100
- 50
- 30
+ Incasso crediti
= Cassa
+ 200
390
ESERCIZIO SVOLTO :
la determinazione della natura delle seguenti operazioni aziendali
Acquisto materie prime
Rilevazione contabile
Impatto economico
Impatto finanziario
Pagamento fornitore
Rilevazione contabile
Impatto economico
Impatto finanziario
fornitori-magazzino
costo
creazione di un debito
diminuzione fornitori
costo
riduzione debito/uscita cassa-banche
Riduzione liquidità
Vendita prodotti
Rilevazione contabile
Impatto economico
Impatto finanziario
clienti/diminuzione magazzino
ricavo
creazione credito
Pagamento dipendenti
Rilevazione contabile
Impatto economico
Impatto finanziario
debito dipendenti
costo
riduzione debito/uscita cassa-banche
Riduzione liquidità
Presentazione riba
Rilevazione contabile
Impatto finanziario
portafoglio attivo
aumento disponibilità banche
Aumento liquidità
Accensione mutuo
Rilevazione contabile
Impatto finanziario
FINANZA E IMPRESA
debito finanziario
aumento disponibilità cassa-banche
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
65
Aumento liquidità
Acquisizione macchinario in leasing
Rilevazione contabile
Impatto economico
Impatto finanziario
debito leasing/risconto maxicanone
costo
uscita cassa-banche
Riduzione liquidità
Vendita macchinario usato
Rilevazione contabile
Impatto economico
Impatto finanziario
riduzione impianti/f. ammortamento
ricavo
aumento disponibilità cassa-banche
Aumento liquidità
Pagamento rata mutuo/debito
Rilevazione contabile
Impatto economico
Impatto finanziario
FINANZA E IMPRESA
debiti finanziari
costo interessi
riduzione debito/uscita cassa-banche
Riduzione liquidità
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
66
ESERCIZIO SVOLTO
Valori in migliaia di euro
Conto Economico e Stato Patrimoniale
STATO PATRIMONIALE
B)
Imm. Immateriali:
Brevetti:
Avviamento:
Cap. Sociale:
100
Utile dell’Esercizio: 600
200
300
Imm. Materiali:
Fabbricati:
Imp. – Macchinari:
Mobili – Arredi:
1500
800
100
C)
II) Crediti verso
clienti:
TOT Attivo:
FINANZA E IMPRESA
RICAVI
COSTI
100
TOT Imm. Immat.:
TOT Imm. Mat.:
CONTO ECONOMICO
2400
Patrimonio Netto:
Debiti:
Fondo per rischi
e oneri:
Fondo TFR:
Debiti verso
fornitori:
700
500
300
UTILE
600
12000
TOT Passività:
12800
TOT Passivo:
13500
10800
13500
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
67
Nel caso in cui si dovesse liquidare la società si dovrebbe fare uno schema di questo tipo:
VALORE CONTABILE
VALORE LIQUIDAZIONE
CREDITI
BREVETTI
AVVIAMENTO
FABBRICATI
IMPIANTI – MACCHINARI
MOBILI – ARREDI
10800
100
200
1500
800
100
10000
110
0
3000
500
100
-800
+10
-200
+1500
-300
0
TOTALE ATTIVO
13500
13710
+210
(300)
(500)
(12000)
(300)
(600)
(12000)
0
-100
0
700
810
+110
TFR
FONDO RISCHI E ONERI
DEBITI VERSO FORNIT.
PATRIMONIO NETTO
In caso di liquidazione dovrà rimanere almeno € 700 di banca e cassa. Se rimanessero € 500
potrebbe voler dire che il bilancio non era corretto; se rimanessero € 10.000 potrebbe anche
essere corretto in quanto nella stesura del bilancio viene utilizzato il principio della prudenza.
In questo caso la differenza di –800 per quanto riguarda i crediti indica che il bilancio era
errato in quanto non si era tenuto conto di un rischio di credito di 800.
Il valore di liquidazione ottenuto in seguito alla vendita dei brevetti potrebbe anche essere
pari a 0 nel caso in cui non si riuscisse a vendere i brevetti (prodotti vecchi o obsoleti).
Il valore di liquidazione ottenuto in seguito alla vendita dell’avviamento è generalmente 0.
In seguito alla liquidazione dei fabbricati si ha, in genere, un plusvalore pari a circa una volta il
loro valore contabile.
Lo stato patrimoniale diventerà quindi:
STATO PATRIMONIALE
CASSA
FINANZA E IMPRESA
810
CAP. SOCIALE:
UTILE:
100
600
PLUSVALORE:
110
PATRIMONIO NETTO
VALUTATO AL VALORE
DI MERCATO:
810
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
68
Come plusvalore si intende la differenza tra la valutazione al costo e la valutazione di
liquidazione.
ESERCIZIO SVOLTO
Si ha una società ABC, costituita il 01/01/1998.
L’azionista ha sottoscritto davanti al notaio il capitale sociale (valore nominale di ogni azione
pari a 50) versando l’importo complessivo di 40000.
Alla data del 31/12/2006 la contabilità generale riporta i seguenti dati:
a)
Marchi per 3000, sostenuti nel corso dell’anno. Il periodo di ammortamento è di
10 anni.
b)
Brevetti con costo storico di 3000 e aliquota di ammortamento pari al 10%.
c)
Debito verso fornitori per 34000.
d)
Altri crediti per 600.
e)
Immobilizzazioni materiali pari a 0.
f)
Crediti verso clienti di 40000.
g)
Il conto economico presenta un risultato netto pari ad un utile di 1000.
h)
Debiti verso personale per 1000.
i)
Debiti tributari per 120.
j)
L’eventuale necessità di liquidità è coperta mediante l’utilizzo di finanziamenti
bancari.
Sulla base delle informazioni riportate si provveda alla predisposizione dello Stato
Patrimoniale al 31/12/2006
Nel predisporre il bilancio al 31/12/2006 si può ipotizzare con dati a scelta le voci di stato
patrimoniale e conto economico mancanti tenendo in considerazione che:
a)
In data 03/01/2006 sono state acquisite immobilizzazioni materiali per 30.000,
importo comprensivo di oneri accessori pari a 300. Trattasi di impianto specifico con
aliquota di ammortamento del 20%.
b)
Il conto economico al 31/12/2006 dovrà contenere, oltre a quanto è desumibile dalle
suesposte informazioni, le seguenti voci:
- Altri ricavi e proventi.
- Costi per servizi.
- Costi per materie prime.
- Oneri straordinari.
- Sopravvenienze attive.
o Imposte e tasse pari al 40% dell’utile ad imposte.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
69
I Bilanci d’Esercizio dovranno essere redatti secondo lo schema previsto dall’articolo 2425 del
Codice Civile.
-
Stato Patrimoniale al 31/12/2006
ATTIVO
PASSIVO
B)
I)
Marchi
Brevetti
A)
IMM. IMMATERIALI
2700
2700
Capitale Sociale
IX) Utile
40000
1000
41.000
TOT Immobilizzazioni
5400
Patrimonio Netto
C)
II) Crediti verso clienti
Altri crediti
40000
600
D) Debiti
Debiti verso personale
Debiti tributari
Debiti verso fornitori
IV) Disponibilità liquide
120
1000
120
4000
TOT Attivo Circolante
70.720
TOT Debiti
35.120
TOT ATTIVO
76.120
TOT PASSIVO
76120
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
70
Conto Economico e Stato Patrimoniale al 31/12/2006
Conto Economico
A)
VALORE DELLA PRODUZIONE
1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni
3) Variazioni lavori in corso su ordinazione
5) Altri ricavi e proventi
B)
COSTI DELLA PRODUZIONE
6) Costi per materie prime
7) Costi per servizi
9) Costi per personale
10) Ammortamenti
DIFFERENZA TRA VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE
26 510
6.000
4.000
15.000
8.000
1.000
6.600
2.910
C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI
16) Altri proventi finanziari
17) Interessi e altri oneri finanziari
E) Proventi e Oneri straordinari
20) Proventi
Oneri
-1000
RISULTATO ANTE IMPOSTE (UTILE)
3.950
21)
Imposte sul reddito dell’esercizio
1580
22)
UTILE dell’esercizio
FINANZA E IMPRESA
600
-560
2000
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
2.370
71
-
Stato Patrimoniale
ATTIVO
PASSIVO
B) IMMOBILIZZAZIONI
I)
IMM. IMMATERIALI
Marchi
2400
Brevetti
2400
II) IMM. MATERIALI
Impianti
24000
TOT Immobilizzazioni
28.800
C) ATTIVO CIRCOLANTE
I) Rimanenze
6.000
II) Crediti
35.000
IV) Disponibilità liquide
Depositi bancari e postal 20.000
Cassa
9.750
TOT Attivo Circolante
TOT ATTIVO
70.750
99.550
A) PATRIMONIO NETTO
Capitale Sociale
40.000
IV) Riserva legale
50
VIII) Utile esercizio precedente 950
IX) Utile esercizio
2.370
Patrimonio Netto
43.370
B) FONDI PER RISCHI E ONERI
Fondi per cause legali in corso1.600
Fondi per imposte
2.000
C) TFR
D) Debiti
Debiti tributari
Debiti verso fornitori
Altri debiti
TOT PASSIVO
TOT PASSIVO
1000
1.580
40.000
10.000
99.550
72620
RATEI E RISCONTI: Si dividono in:
- Risconti attivi finali.
- Risconti passivi finali.
- Ratei attivi iniziali.
- Ratei passivi iniziali.
- Risconti attivi iniziali.
Risconti attivi finali:
Costi manifestatisi numerariamente nell’esercizio ma non imputabili all’esercizio in corso, in
quanto avranno il corrispondente ricavo negli esercizi successivi.
Risconti passivi finali:
Ricavi manifestatisi numerariamente nell’esercizio ma non imputabili all’esercizio in corso, in
quanto avranno il corrispondente costo negli esercizi successivi.
Ratei attivi iniziali:
Ricavi manifestatisi numerariamente nell’esercizio ma attribuibili all’esercizio precedente
proporzionalmente al tempo.
Ratei passivi iniziali:
Costi manifestatisi numerariamente nell’esercizio ma attribuibili all’esercizio precedente
proporzionalmente al tempo.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
72
Risconti attivi iniziali:
Costi manifestatisi numerariamente nell’esercizio precedente ma attribuibili all’esercizio in
corso proporzionalmente al tempo.
In conclusione, i Risconti sono costi (risconti attivi) / ricavi (risconti passivi) manifestatisi
numerariamente in un esercizio ma imputabili parzialmente all’esercizio successivo; i Ratei
sono costi (ratei passivi) / ricavi (ratei attivi) manifestatisi numerariamente in un esercizio ma
imputabili parzialmente all’esercizio precedente.
Esercizio X
Esercizio X+1
Risconti Attivi Finali
Risconti Attivi Iniziali
Risconti Passivi Finali
Risconti Passivi Iniziali
Uscita/Entrata + 1^ Parte costo/ricavo
2^ Parte costo/ricavo
CONTABILITA’ ANALITICA: E’ una modalità di riclassificazione dei costi e dei ricavi in base alla
destinazione; è di utilità interna all’azienda.
MARGINE LORDO:
Ricavi vendite
Ricavi vendite

Costo
materi e prime
Prodotti venduti
Prezzo unitario
MARGINE NETTO:
Ricavi vendite - Imposte
Numero prodotti venduti
Gli oneri accessori di un costo pluriennale sono anch’essi pluriennali.
Il primo anno gli ammortamenti vengono generalmente considerati con aliquota dimezzata. Si
è obbligati a calcolare l’ammortamento solo se il bene è pronto per l’uso; se un bene non
viene ammortizzato il relativo costo viene rimandato all’esercizio successivo come costo
sospeso finale.
Se il risultato della gestione finanziaria (gestione caratteristica) è pari a zero vorrà dire che
l’azienda è in grado di autofinanziarsi.
PROVENTI E ONERI STRAORDINARI:
Possono essere: - Sopravvenienze attive. Plusvalenze.
Come sopravvenIenze attive si intendono :
gli sconti, i rimborsi assicurativi, il recupero di crediti dati per persi
Come plusvalenza si intende la differenza tra il prezzo di vendita ed il valore netto contabile
(tenente conto dell’ammortamento) di un bene precedentemente iscritto nello stato
patrimoniale.
Nello stato patrimoniale i crediti devono essere iscritti al presumibile valore di realizzo (per il
principio della prudenza).
Valore contabile – Valore presumibile di realizzo = Costo per svalutazione crediti (nel conto
economico).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
73
La riserva legale è, come minimo, pari al 5% dell’utile dell’esercizio precedente che, di
conseguenza, scenderà al suo 95%.
IMPOSTE:
Debito per imposte dell’esercizio =
Debiti tributari.
Debito per contenziosi fiscali in essere =
Fondi per imposte.
Se si ha un costo per il personale si dovrà anche avere un fondo per TFR.
ESERCIZIO SVOLTO
Si ipotizzi un bilancio al 31/12/2006 formato dalle seguenti voci
Rimanenze di magazzino
1.000
Altri debiti
300
Perdita esercizio
100
Immobilizzazioni materiali
15.000
Fondo ammortamento immobilizzazioni
materiali
8.000
Partecipazioni
250
Risconti attivi su canoni di affitto 50
Ratei passivi su interessi
passivi per mutuo
________
Debiti verso fornitori
(valore nominale)
3.000
Crediti verso clienti
6.000
Fondo svalutazione crediti
500
Debiti verso personale
400
Capitale sociale
1.000
Riserva legale
100
Immobilizzazioni immateriali
500
al netto di ammortamenti cumulati di 200 .
Costruire lo Stato Patrimoniale e ricavare la voce mancante.
Predisporre il Conto Economico al 31/12/2006 ipotizzando che:
Ricavi
25.000
Acquisti di prodotti finiti
10.000
Costi per servizi
5.000
Oneri diversi di gestione
5.000
Rimanenze finali di prodotti finiti
600
Aliquota di amm.to beni mat.li 10%
Aliquota di amm.to beni imm.l 20%
Ogni anno, al 30/06, la società paga l’affitto annuale di 100.
Al 31/12/2006 sul debito per mutuo maturano interesse semestrali al 10% (con pagamento
posticipato).
Ricavare il risultato dell’esercizio.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
74
Stato Patrimoniale al 31/12/2006
ATTIVO
PASSIVO
B) IMMOBILIZZAZIONI
A) PATRIMONIO NETTO
I)
IMM. IMMATERIALI 500
II) IMM. MATERIALI
7000
III) Partecipazioni
250
Capitale Sociale
IV) Riserva legale
IX) Perdita esercizio
TOT Immobilizzazioni
Patrimonio Netto
7750
C) ATTIVO CIRCOLANTE
I) Rimanenze
II) Crediti verso clienti
TOT Attivo Circolante
1000
5500
6500
D) RATEI E RISCONTI
Risconti attivi (Affitto)
TOT ATTIVO
50
1000
100
-100
1000
D) Debiti
Debiti verso banche
Debiti verso fornitori
Debiti verso personale
Altri debiti
9290
3000
400
300
TOT Debiti
E) RATEI E RISCONTI
Ratei passivi (Mutuo)
12.990
TOT PASSIVO
14.300
310
14300
TOT PASSIVO
72620
Si ipotizza il mutuo come stipulato il 31/10/2006; il rateo sarà quindi relativo ai mesi di
novembre e dicembre.
14300 – 4700 (Passività senza mutuo) = 9600
 10% * Debito verso banca 
9600  Debito verso Banca  

3


Interessi per i mesi di novembre e
dicembre.
Debito verso Banca = 9290
Ratei passivi (per due mesi) = 310
“Brutta” del Conto Economico al 31/12/2005 in base ai dati in nostro possesso.
Rimanenze iniziali
1000
Acquisti prodotti finiti
10000
Costi per servizi
5000
Ammortamento imm. materiali 1500
Ammortamento imm. immateriali 140
Canone di affitto
100
Risconti attivi iniziali
50
Interessi passivi
1000
Oneri diversi di gestione
5000
Ricavi
Rinvio costo affitto
Rimanenze finali
TOT Costi
TOT Ricavi
Imposte esercizio
23790
744
Utile ante imposte
Utile netto
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
25000
50
600
25650
1860
1116
75
Il rinvio del costo per affitto all’esercizio successivo bilancia il risconto attivo iniziale.
Poiché il canone d’affitto viene pagato annualmente al 30/06 si avranno, al termine
dell’esercizio:
Risconto attivo iniziale relativo al periodo compreso tra il 30/06/2003 ed il 31/12/2005.
Rinvio all’esercizio successivo del costo d’affitto per il periodo tra il 30/06/2005 e il
31/12/2006.
Costo per il canone di affitto dal 30/06/2003 al 30/06/2005
01/01/003
31/12/03
01/01/04
31/12/04
Conto Economico al 31/12/2006
A)
VALORE DELLA PRODUZIONE
1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni
25.000
2) Variazione rimanenze di prodotti finiti
-400
B)
COSTI DELLA PRODUZIONE
6) Costi per prodotti finiti
10.000
7) Costi per servizi
5.000
8) Costi per godimento di beni di terzi (affitto)
100
10) Ammortamenti
1.640
14) Oneri diversi di gestione
5.000
DIFFERENZA TRA VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE 2860
PROVENTI E ONERI FINANZIARI
17) Interessi passivi
RISULTATO ANTE IMPOSTE (UTILE)
1.000
1860
23) Imposte sul reddito dell’esercizio
744
24) UTILE dell’esercizio
1116
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
76
E’ stato ipotizzato il ricorso ad un mutuo bancario per 10000, con interessi passivi semestrali
del 10%.
Stato Patrimoniale al 31/12/2006 in base ai dati in nostro possesso.
ATTIVO
PASSIVO
B) IMMOBILIZZAZIONI
A) PATRIMONIO NETTO
I)
Capitale Sociale
1000
IV) Riserva legale
100
VIII)Perdita esercizio prec.
-100
IX) Utile esercizio
1116
IMM. IMMATERIALI
360
II) IMM. MATERIALI
5.500
III) Partecipazioni
250
TOT Immobilizzazioni
Patrimonio Netto
2.116
D) Debiti
Debiti tributari
Debiti verso banche
2744
10000
6.110
C) ATTIVO CIRCOLANTE
I) Rimanenze
II) Crediti verso clienti
700
9.000
TOT Debiti
TOT Attivo Circolante
9.700
D) RATEI E RISCONTI
Risconti attivi (Affitto)
TOT ATTIVO
50
12.744
E) RATEI E RISCONTI
Ratei passivi (Mutuo)
1000
TOT PASSIVO
15.860
15.860
TOT PASSIVO
72620
Completare senza modificare l’Utile dell’Esercizio ed i dati già presenti.
ATTIVO
PASSIVO
B) IMMOBILIZZAZIONI
A) PATRIMONIO NETTO
IMM. IMMATERIALI 360
II) IMM. MATERIALI 5500
Partecipazioni
250
Capitale Sociale
1000
IV) Riserva legale
100
VIII)Perdita esercizio prec.
-100
IX) Utile esercizio
1116
Immobilizzazioni
6.110
C) ATTIVO CIRCOLANTE
I) Rimanenze
Crediti verso clienti
IV) Disponibilità liquide
600
4.000
5.100
TOT Attivo Circolante
FINANZA E IMPRESA
D) Debiti
Debiti tributari
Debiti verso banche
2.116
2744
10000
9.700
D) RATEI E RISCONTI
Risconti attivi (Affitto)
TOT ATTIVO
TOTALE ATTIVO
Patrimonio Netto
50
TOT Debiti
E) RATEI E RISCONTI
Ratei passivi (Mutuo)
TOT PASSIVO
12.744
…… 1.000
15.860
15.860
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
77
Valutazioni per il bilancio di esercizio
Il principio base della redazione del Bilancio è il Principio
immobilizzazioni e le rimanenze vanno scritte al loro
dell’ammortamento.
Le attività non possono essere rivalutate oltre il loro costo
siano delle leggi speciali che lo consentono.
Una immobilizzazione partecipa alla formazione del
l’ammortamento.
del Costo secondo cui tutte le
prezzo di acquisto, al netto
di acquisto, a meno che non ci
reddito dell’esercizio tramite
Un immobilizzazione può svalutarsi (perdere valore) per obsolescenza o per senescenza.
Come obsolescenza si intende un invecchiamento dal punto di vista tecnologico (PC,
macchine). Come senescenza invece si intende un invecchiamento materiale che può
riguardare ogni genere di immobilizzazione.
Una volta che un bene è stato ammortizzato l’azienda inizia a guadagnare su quel bene in
quanto il suo valore di iscrizione in bilancio è 0 come è pari a 0 il relativo costo per
l’ammortamento.
Una immobilizzazione può svalutarsi nel caso in cui il valore di mercato di un bene sia inferiore
al suo costo.
Nel bilancio andrà sempre iscritto il minore tra il prezzo di acquisto ed il valore di mercato.
ESEMPIO
Valore di acquisto: 100
Ammortamento: 20
Valore di mercato: 40
STATO PATRIMONIALE
Imm.:
40
CONTO ECONOMICO
Ammortam.: 20
Svalutaz.:
40
Le azioni come le Partecipazioni non vengono ammortizzate, possono essere adeguate al
valore di mercato (se inferiore a quello di acquisto) attraverso la rettifica del valore
(svalutazione)
I crediti verso clienti si hanno dopo il magazzino e rappresentano dei titoli di credito verso i
clienti. Vengono iscritti al loro valore nominale e rappresentano il totale dei beni – servizi
venduti ma non incassati.
Nel caso in cui ci sia la possibilità di non incassare l’intero ammontare del credito andranno
iscritti al possibile valore di realizzo.
ESEMPIO
Crediti: 1000
Valore presumibile di realizzo: 800
STATO PATRIMONIALE
FINANZA E IMPRESA
CONTO ECONOMICO
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
78
Crediti:
Fondo sval.
crediti:
200
800
Ricavo:
1000
I ratei ed i risconti si hanno in tutti quei casi in cui il costo / ricavo non coincide con la
rispettiva manifestazione numeraria.
Se la manifestazione numeraria è posticipata si parla di rateo, se la manifestazione numeraria
è anticipata rispetto a quella economica si parla di risconto.
VALUTAZIONI PER IL BILANCIO D’ESERCIZIO:
Immobilizzazioni materiali ed immateriali:
+
=
Costo di acquisto, comprensivo degli oneri accessori, o costo di produzione se costruito
internamente.
Fondo ammortamento complessivo
Svalutazioni per durevole perdita di valore.
Rivalutazioni per recuperi di valore.
Valore di iscrizione in bilancio.
Crediti:
Valore nominale.
- Fondo svalutazione crediti (Fondo mancato incasso).
= Valore presumibile realizzabile = Valore di iscrizione in bilancio.
Debiti:
Valore nominale.
= Valore di iscrizione in bilancio.
Rimanenze di magazzino:
Minore tra:
A)
Costo di acquisto, comprensivo degli oneri accessori o costo di produzione (se
costruite internamente).
B)
Valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato.
= Valore di iscrizione in bilancio.
Manifestazione numeraria coincidente con quella economica: Le variazioni numerarie che
misurano alcuni costi / ricavi hanno luogo nello stesso periodo amministrativo in cui i costi /
ricavi maturano e danno la loro utilità.
Variazione numeraria anticipata rispetto a quella economica (Risconto): Le manifestazioni
numerarie si manifestano prima della completa maturazione del costo o del ricavo; quota
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
79
parte del componente di reddito (positivo o negativo) di competenza dell’esercizio successivo
deve essere sospesa dall’esercizio in corso e rinviata a quello successivo.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
80
ESERCIZIO SVOLTO
Quota di costo di
competenza dell’esercizio.
1/10
Pagamento
premio annuo di
assicurazione
Quota di costo non di competenza
dell’esercizio. (Risconto attivo)
31/12
30/09
Variazione numeraria posticipata rispetto a quella economica (Rateo): Le manifestazioni
numerarie si manifestano solo a completa maturazione del costo o del completo
conseguimento del ricavo; quota parte del componente di reddito (positivo o negativo) deve
essere imputata all’esercizio in quanto già in parte realizzata o sostenuta. Dal punto di vista
economico aziendale si parla in tal caso di costo o ricavo da integrare al fine del calcolo del
reddito dell’esercizio.
ESERCIZIO SVOLTO
Quota di ricavo di competenza
dell’esercizio. (Rateo attivo)
1/10
Concessione
affitto.
Ricavo non ancora maturato.
31/12
01/04
Riscossione
affitto.
ESERCIZIO SVOLTO
Risconto.
Assicurazione per 12 mesi a decorrere dal 01/10; pagamento anticipato di 24000 €.
Quota di compet.
esercizio n.
01/10/n
31/12
31/12/n
COSTI
24000
Quota da sospendere e
rinviare all’esercizio n+1.
01/10/n+1
RISCONTO ATTIVO
18000
18000
CASSA
24000
=
6000
Quota di competenza
dell’esercizio.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
81
In questo caso il risconto è attivo in quanto rettifica un costo.
VALUTAZIONI PER IL BILANCIO D’ESERCIZIO: Ratei e Risconti:
RATEI ATTIVI: Quote di ricavi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi.
RISCONTI ATTIVI: Quote di costi sostenuti entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi
successivi.
RATEI PASSIVI: Quote di costi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi.
RISCONTI PASSIVI: Quote di ricavi percepiti entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi
successivi.
= Valore di iscrizione in bilancio = Applicazione di un corretto metodo per determinare la quota di
costo o di ricavo di competenza dell’esercizio. (ES. “Pro quota temporis” …)
METODO CONTABILE APPLICATO:
FUNZIONAMENTO DEI CONTI NUMERARI E DEI CONTI ECONOMICI:
CONTI NUMERARI:
CONTO NUMERARIO
DARE
AVERE
Entrate di Cassa
Aumenti di Crediti
Diminuzioni di Debiti
Uscite di Cassa
Diminuzioni di Crediti
Aumenti di Debiti
ESERCIZIO SVOLTO
Il cliente paga una fornitura pari a 50
CASSA
CREDITI VERSO CLIENTI
50
50
CONTI ECONOMICI:
CONTO ECONOMICO DI REDDITO
DARE
Aumento di costo
Rettifiche di ricavo
FINANZA E IMPRESA
AVERE
Aumento di ricavo
Rettifiche di costo
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
82
ESERCIZIO SVOLTO
24/05: Vendita prodotti finiti per 300, pagamento il 01/07.
CREDITO VERSO CLIENTI
300
RICAVO DI VENDITA P.F.
300
ESERCIZIO SVOLTO
Contratto assicurativo (Rateo).
01/08/n
31/12/n
01/08/n+1
01/08/2005 Stipula contratto di assicurazione di 1 anno. Premio = 12000
Il pagamento avviene alla scadenza del contratto (rateo attivo per il cliente, rateo passivo per
l’assicurazione).
Situazione al 01/08/2006
Canoni di assicurazione
12000
Banca
12000
Situazione al 31/12/2005
Canoni di assicurazione
5000
Rateo Passivo
5000
5 mesi: 5000
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
83
CONTO ECONOMICO DI CAPITALE
DARE
Deficit Netto
Diminuzione di Capitale Netto
AVERE
Capitale Netto
Aumenti di Capitale Netto
I Conti Numerari ed Economici hanno funzionamento antitetico (ovvero a partita doppia).
VALUTAZIONI PER IL BILANCIO D’ESERCIZIO: Fondi per Rischi e Oneri:
FONDI PER ONERI: Si tratta di accantonamenti per passività certe, il cui ammontare o la cui data di
sopravvenienza sono indeterminate (è cioè certo che un qualche importo verrà
pagato ad una data indeterminata)
FONDO PER RISCHI: L’incertezza non è esprimibile solo in termini di ipotesi alternative di ammontare
da corrispondere e di data di sopravvenienza, ma si prevede che si possa anche evitare l’esborso.
= Valore di iscrizione in bilancio = Miglior stima possibile alla data di approvazione del progetto di
bilancio da parte degli amministratori della possibile passività (fondo per rischi) o del futuro onere
(fondo per oneri).
Un esempio di Fondo per Oneri per una società può essere una raccolta punti di fedeltà con premi
finali, mentre un esempio di Fondo per Rischi può essere una causa pendente a fine esercizio.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
84
RIEPILOGO DEFINIZIONI E CONCETTI RELATIVI ALLE VOCI DI STATO PATRIMONIALE E CONTO
ECONOMICO
I fatti di gestione in precedenza riportati rappresentano un piccolo campionario delle
operazioni aziendali correnti. In realtà la gestione può essere analizzata sotto tre diversi
aspetti:
 tecnico
 economico
 finanziario
L'aspetto tecnico risulta dalla combinazione dei fattori che determinano la produzione
di beni e servizi e l'accrescimento dell'utilità preesistente; si manifesta quindi in
un'attività di trasformazione fisico- tecnica e di trasferimento di beni nel tempo e nello
spazio.

Fattori produttivi

Processo di trasformazione tecnico-economica

Beni prodotti servizi prestati
L'aspetto economico è rappresentato :
dai costi sostenuti per effettuare investimenti in fattori produttivi (acquisti) da ricavi
conseguiti disinvestendo beni o prestando servizi (vendite) L'aspetto finanziario è
costituito dall'uscita di mezzi monetari (denaro) o dal sorgere di debiti di regolamento
sorti in conseguenza di acquisti dall'entrata di mezzi monetari o dal sorgere di crediti di
regolamento sorti in conseguenza di vendite
Ciclo tecnico
Combinazione di fattori produttivi che da luogo alla trasformazione fisica che si conclude
con l'ottenimento dei prodotti o la prestazione di servizi
Ciclo economico
Inizia con i costi dei fattori e termina con il conseguimento dei ricavi
Ciclo finanziario
Inizia con i debiti di regolamento e termina con i crediti di regolamento
Ciclo monetario
Inizia con le uscite monetarie per il pagamento degli acquisti e si conclude con i ricavi
delle vendite
DEFINIZIONE DI COSTI E RICAVI
Ricavi finanziari:
Ricavi relativi interessi attivi, plusvalenze su titoli, dividendi etc
Ricavi straordinari: Ricavi relativi fatti straordinari (rimborsi assicurativi, vincite etc),
Cessione di attività dell'impresa (macchinari, fabbricati)
II prospetto riepilogativo dei costi e dei ricavi prende nome di Conto economico.
Esercizio: l'insieme delle operazioni di gestione compiute in un periodo amministrativo
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
85
Competenza economica
Tale principio prevede che i fatti di gestione determinano il reddito dell'esercizio a cui
tali fatti economicamente si riferiscono, indipendentemente da quello in cui si sia
verificata la manifestazione finanziaria.
Infatti la manifestazione "economica" di un fatto non sempre coincide con quella
numeraria o finanziaria per cui il Reddito d'esercizio è dato dalla differenza tra i ricavi e
costi di competenza dell'esercizio.
Patrimonio aziendale
Il patrimonio dell'impresa è l'insieme dei beni economici che, in un dato istante
temporale, sono a disposizione del soggetto aziendale. Se riferito alla fine del periodo
prende il nome di patrimonio di funzionamento.
Tale patrimonio di funzionamento si determina a fine esercizio dopo aver calcolato il
reddito di esercizio.
Il prospetto che mette in evidenza gli elementi attivi e passivi del patrimonio prende il
nome di situazione patrimoniale.
In tale situazione gli elementi attivi sono rappresentati da:
gli investimenti effettuati nelle immobilizzazioni (per i quali sono stati sostenuti i costi
pluriennali)
> immateriali quali brevetti avviamento marchi etc
> materiali
quali fabbricati, macchinari, arredi etc.
Attivo circolante
in tale voce vengono inserite quelle attività che in caso di necessità l'azienda può
dimettere per acquisire liquidità. Pertanto tale voce comprende Magazzino (rimanenze
di prodotti finiti, in corso di lavorazione e di materie prime) Crediti verso terzi (clienti
per le vendite effettuate ma non riscosse) Cassa / Banche rappresentative della liquidità
aziendale
Gli elementi del passivo comprendono.
I debiti di funzionamento (vs fornitori per acquisti non pagati verso etc) sorti in
conseguenza delle operazioni dì gestione
I debiti di finanziamento e precisamente il capitale ottenuto da terzi e non restituito
II patrimonio netto visto come differenza fra le attività e passività che rappresenta il
capitale proprio dell'impresa .
Classificazione dei costi
Costi Pluriennali
Sono i costi generati dall'acquisto di quei fattori produttivi che esplicano una utilità per
più anni
Costi relativi a immobilizzazioni
impianto, ricerca & sviluppo ,brevetti, avviamento
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
86
acquisto beni strumentali (fabbricati- macchinari-attrezzature - automezzi-arredi Costi
per le merci
Costi relativi a : acquisto materie prime, semilavorati, materiale di consumo
Costi per l'acquisto di servizi
Costi relativi a energia, trasporti, vigilanza,pubblicità,consulenza,postali e
telefonici,informatici,manutenzione,esercizio,automezzi,assicurazione,
provvigioni,
lavorazioni esterne
Costi per godimento beni di terzi
Costi relativi a affitti passivi leasing e noleggi
Costi del personale
Costi relativi a stipendi e salari,oneri sociali,TFR .altri costi del personale
Costi finanziari
Costi relativi a interessi passivi bancari,interessi su mutui e finanziamenti, interessi a
fornitori, commissioni e costi bancari
Costi straordinari
Costi relativi a fatti straordinari quali sopravvenienze passive (rimborsi a terzi per danni,
multe non previste etc)
Costi fiscali
Costi relativi a tassazione d'esercizio o differita
L'insieme dei costi è misurato dalle Uscite Monetarie e Aumento dei Debiti
Classificazione dei Ricavi
Ricavi di esercizio
Ricavi relativi a vendita di merci e per prestazione di servizi
Proventi Vari
Ricavi relativi a fitti attivi, provvigioni attive, contributi vari incassati nell’anno di
riferimento
Reddito d'esercizio :il risultato economico della gestione svolta nel corso del periodo
Viene calcolato come differenza fra il flusso dei valori economici positivi (Ricavi) e quelli
negativi (Costi) scaturiti dalle operazioni di gestione e riferiti allo stesso periodo.
Utile = Ricavi – Costi
Nel calcolo del reddito di esercizio occorre tener presente quella serie di costi e ricavi
che, seppur di competenza del periodo di riferimento, in effetti non hanno presentato la
manifestazione finanziaria.
Costi e ricavi a manifestazione finanziaria posticipata Ratei
Ad esempio: consideriamo la rata di un prestito a scadenza annuale ( 1 -4 ) è evidente
che la quota di interessi a carico dell'esercizio terminante il 31-12-è quella relativa al
periodo 1-4- 31-12 mentre la restante va conteggiata nell'altro esercizio.
Costi e ricavi a manifestazione finanziaria anticipata.
In questo caso ci troviamo nel caso opposto (ad esempio un premio assicurativo)
Ammortamenti
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
87
Si riferisce alle attività immobilizzate e quindi ad investimenti che hanno una durata di
più anni: con il calcolo dell'ammortamento il costo dell'immobilizzazione viene ripartito
fra gli anni cui in cui il bene esplicherà la sua utilità.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
88
ULTERIORI CONSIDERAZIONI SUL RISULTATO DELL’ESERCIZIO:
Reddito dell’Esercizio: Valore della Produzione – Costi della Produzione (± altri componenti
positivi e negativi di reddito).
Valore Aggiunto: Valore della Produzione – Costi dei fattori produttivi acquistati all’esterno
dell’impresa.
Reddito Operativo: Valore della Produzione – Costi della Produzione.
Margine Operativo Lordo: Valore della Produzione – Costi dei fattori produttivi a veloce
utilizzo.
EQUILIBRIO ECONOMICO: Si ha quando le operazioni economiche in corso e durante la loro
vita consentono di ottenere un valore della produzione in grado di:
Coprire i Costi della Produzione corrispondenti ed i risultati della gestione finanziaria,
patrimoniale, straordinaria e fiscale.
Remunerare adeguatamente il capitale investito nell’impresa.
Il reddito dell’esercizio indica il contributo positivo o negativo dell’esercizio al raggiungimento
dell’equilibrio economico.
REDDITO DELL’ESERCIZIO: Si collega all’aspetto economico della gestione; indica il contributo
positivo (utile) o negativo (perdita) al mantenimento dell’equilibrio economico della gestione.
CONFIGURAZIONI DEL REDDITO DELL’ESERCIZIO:
Reddito economico aziendale: Determinato dall’imprenditore, permette una visione globale
dell’impresa andando oltre il singolo esercizio.
Reddito civilistico: Viene determinato sulla base del Codice Civile; vengono considerati i singoli
esercizi separatamente al fine di determinare un reddito che garantisca gli azionisti di
minoranza, le banche, i fornitori, i dipendenti.
Reddito fiscale: Configurazione di reddito su cui vengono calcolate le imposte sul reddito; i
principi ed i criteri per la determinazione del reddito fiscale vengono delineati dalla normativa
fiscale.
COMPONENTI DEL REDDITO DELL’ESERCIZIO: natura dei componenti
Il principio base che caratterizza l’individuazione dei componenti del reddito di esercizio è il
principio di competenza; pertanto i componenti del reddito dell’esercizio sono i ricavi ed i
costi che competono all’esercizio.
Le tipologie di componenti di reddito sono:
Valore della produzione e costi dei fattori produttivi (costi per natura).
I ricavi ed i costi sono analizzati secondo la natura originaria della produzione venduta e del
fattore produttivo utilizzato.
Fanno parte del Valore della Produzione:

Ricavi di vendita dell’esercizio amministrativo.

Variazione delle rimanenze (finali – iniziali) di prodotti finiti e semilavorati.

Altre componenti positive di reddito.
Fanno parte dei Costi dei Fattori Produttivi:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
89
Costi della Produzione, analizzati per natura, che competono all’esercizio.
Variazione delle rimanenze (iniziali – finali) di materie prime.
Altri risultati della gestione finanziaria, patrimoniale, straordinaria e fiscale.
Ricavi e costi dei prodotti (costi per destinazione).
Differenza tra i ricavi di prodotti e i corrispondenti costi dei prodotti venduti.
Non si prende in esame il fattore di produzione (ovvero la natura del costo) ma il motivo per
cui è stato utilizzato il fattore produttivo.
Il Reddito dell’Esercizio si ottiene quindi contrapponendo ai ricavi dei prodotti venduti i costi
per destinazione così suddivisi:
Costi industriali dei prodotti venduti.
Costi commerciali.
Costi amministrativi.
Costi di direzione.
Altri risultati della gestione finanziaria, patrimoniale, straordinaria e fiscale.
Non vengono prese in considerazione le variazioni delle rimanenze.
ALTRE DEFINIZIONI
Il Capitale: L’insieme dei fattori produttivi e finanziamenti a disposizione di un’impresa per il
raggiungimento dei fini istituzionali viene definito patrimonio aziendale; quando si attribuisce
un valore ai fattori produttivi ed ai finanziamenti si ottiene il capitale di azienda.
Il patrimonio è un insieme di mezzi a disposizione dell’impresa.
Il capitale è un valore attribuito ai mezzi in un determinato istante della gestione.
Il capitale sociale è il valore della partecipazione dei soci alla società (capitale sotto il profilo
giuridico).
Sotto il profilo economico aziendale il Patrimonio Netto è dato dalla differenza positiva tra il
valore dei fattori produttivi di cui dispone l’impresa (attività) ed il valore dei debiti
dell’impresa (passività).
Nel caso in cui le passività fossero maggiori delle attività di avrebbe un Deficit Netto.
CONFIGURAZIONI DEL CAPITALE D’IMPRESA:
Capitale di costituzione: Capitale determinato nel momento in cui viene costituita l’impresa
(coincide con il capitale sociale). Almeno i 3/10 del capitale sociale deve essere versato al
momento della costituzione della società.
Capitale di funzionamento: Capitale determinato nell’ipotesi dell’impresa in continuo
funzionamento presente e futuro. Il capitale di funzionamento pur rappresentando il capitale
in un momento istantaneo della gestione riflette i risultati della gestione passata e costituisce
le premesse per la gestione futura.
Capitale di liquidazione: Configurazione determinata al momento dello scioglimento
(liquidazione) dell’impresa. Sulla base di tale valore viene effettuato un rimborso del capitale
ai soci, dopo aver liquidato le attività e dopo aver estinto i debiti. Il criterio di valutazione
utilizzato è quello del valore di realizzo.
Capitale di cessione (o economico): Viene determinato quando l’impresa viene ceduta in
parte o totalmente a terzi. Rappresenta il valore dell’impresa come complesso economico. Il
capitale di cessione non coincide necessariamente con il prezzo di cessione in quanto questo
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
90
risente anche delle diverse motivazioni e del diverso potere contrattuale che hanno il cedente
e l’acquirente.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
91
CAPITOLO 2
LA STRUTTURA FINANZIARIA DELL'IMPRESA, LA
RICLASSIFICAZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE, L’ ANALISI
FINANZIARIA ATTRAVERSO GLI INDICATORI : RIEPILOGO DEI
PRINCIPALI CONCETTI. IL CAPITALE CIRCOLANTE E I RIFLESSI
SULLA GESTIONE AZIENDALE
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
92
2.1 PRIMI CONCETTI SU ANALISI E RICLASSIFICAZIONE DEL BILANCIO
Il Bilancio rappresenta uno strumento informativo, ma per poter trarre delle informazioni
significative sull’aspetto economico, patrimoniale e finanziario dell’azienda è necessario
effettuare un’approfondita analisi dei dati di bilancio. Tali dati, così come inseriti nei prospetti
contabili, non permettono il calcolo degli indici e dei margini di struttura e la determinazione
dei flussi finanziari utilizzati nell’analisi di bilancio ai fini di una corretta interpretazione della
realtà aziendale; quindi la necessità di una riclassificazione .
Gli scopi della riclassificazione sono essenzialmente tre
1) permettere la costruzione ed evidenziazione dei parametri e delle grandezze più espressive
della gestione (valore aggiunto, reddito operativo, reddito netto ecc.).
2) Rendere omogenei i dati per consentire il loro confronto nel tempo e nello spazio, ossia per
più esercizi successivi per la stessa azienda (dimensione temporale) e con aziende dello stesso
settore o di settori diversi (dimensione parziale). L'omogeneizzazione è indispensabile per
poter effettuare l'analisi comparativa di più esercizi (analisi dinamica) ai fini
dell'individuazione dei trends di medio periodo.
3) separare nettamente gli elementi attinenti la gestione caratteristica dell'impresa da quelli
che si riferiscono alle gestioni cosiddette accessorie o extra- caratteristiche (finanziaria,
straordinaria ecc.) per migliorare la latitudine di comprensione delle problematiche gestionali
centrali.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
93
2.2 GLI SCHEMI DI RICLASSIFICAZIONE
Si possono applicare schemi alternativi di riclassificazione, in funzione degli interessi
dell’analista e della disponibilità di informazioni aggiuntive rispetto a quelle presenti nel
bilancio. Limitiamoci a confrontare due criteri di riclassificazione, che si differenziano
soprattutto per il trattamento delle poste patrimoniali:
a) Il criterio della liquidità/esigibilità
elenca le attività in ordine di liquidità decrescente (partendo dalla cassa e c/c attivi fino ad
arrivare alle immobilizzazioni) e le passività in ordine di esigibilità decrescente (dai c/c passivi
ai debiti a lungo termine); Mette in primo piano la capacità dell’attivo aziendale di generare la
liquidità necessaria per soddisfare gli impegni nei confronti dei creditori (equilibrio
finanziario). Richiede una ricognizione dettagliata della natura contrattuale o tecnica delle voci
patrimoniali. Trascura i nessi logici e funzionali tra voci patrimoniali e tra voci patrimoniali ed
economiche.
b) Il criterio funzionale
o della pertinenza gestionale aggrega le voci patrimoniali (ed economiche) distinguendo
quelle che riguardano il “cuore” dell’attività dall’impresa dalle voci relative ad attività
strumentali, accessorie o a carattere straordinario. Mette in primo piano la produzione del
risultato operativo mediante l’utilizzo di un complesso di attività d’impresa impiegate nella
gestione caratteristica (distinti dalle attività accessorie). Evidenzia inoltre la struttura
finanziaria (apporto relativo di creditori e proprietari al finanziamento delle attività d’impresa)
e la conseguente ripartizione del risultato operativo tra creditori, proprietari e fisco.
Richiede informazioni extracontabili (interne). E’ il criterio appropriato per analizzare la
redditività e il rischio delle imprese.
Riclassificazione dello Stato patrimoniale
Se si analizza lo Stato Patrimoniale (SP) sotto il profilo CIVILISTICO le informazioni che si
ottengono non sono sufficienti a darci una visione completa dal punti di vista finanziario.;
Per rappresentare efficacemente il capitale ai fini dell’analisi, lo SP deve mettere in evidenza
due aspetti:
-provenienza mezzi (FONTI);
-destinazione mezzi (IMPIEGHI
Infatti l’attivo viene esposto in un ordine di liquidità crescente (prima le immobilizzazioni poi
le disponibilità liquide), mentre le passività vanno elencate secondo un ordine di esigibilità
crescente (prima il patrimonio netto poi il debiti oltre 12 mesi poi i debiti entro 12 mesi).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
94
.
IMPIEGHI
FONTI
CAPITALE PROPRIO
ATTIVO IMMOBILIZZATO
PASSIVITA’ CONSOLIDATE
ATTIVO CIRCOLANTE
PASSIVITA’ CORRENTI
L’analisi dello Stato patrimoniale con Il criterio della liquidità/esigibilità
Per ottenere maggiori informazioni occorre effettuare inserire la variabile tempo e
riclassificare per aree omogenee secondo il criterio di liquidità/esigibilità
Aree di valori omogenee:
-ampiezza tempo di estinzione (FONTI);
-ampiezza tempo di ritorno (IMPIEGHI
Tale metodo viene utilizzato per verificare se esiste una corrispondenza tra le scadenze
temporali (durate medie) degli investimenti e dei finanziamenti; e consente di valutare:
– L’equilibrio finanziario di breve periodo = esborsi adeguati rispetto alla
liquidità generabile dagli attivi patrimoniali;
– Solidità patrimoniale = dotazione del patrimonio netto adeguata alle
caratteristiche degli attivi
Gli elementi attivi del capitale andranno classificati secondo un criterio di liquidità
decrescente mentre quelli passivi andranno classificati secondo un criterio di esigibilità
decrescente
Poiché il criterio della liquidità si riferisce al grado di trasformabilità in denaro rispetto al
tempo
• Gli impieghi vengono classificati secondo l’attitudine a trasformarsi in mezzi
monetari all’interno del ciclo operativo
• Si assume una durata convenzionale del ciclo operativo: il periodo amministrativo
è l’arco temporale entro il quale il ciclo di realizzo di un investimento viene
definito a breve termine
Attivo Corrente
Rientro
entro 12 mesi
Liquidità Immediate: Disponibilità liquide e attività finanziarie che non costituiscono
immobilizzazione (Cassa, banca).
Liquidità Differite: Poste dell’attivo che si renderanno liquide entro 12 mesi (crediti a breve
termine).
Disponibilità (o scorte di magazzino): Rimanenze di materie prime, prodotti in corso di
lavorazione, prodotti finiti, lavori in corso su ordinazione ed acconti.
Attivo Immobilizzato Rientro
FINANZA E IMPRESA
OLTRE l’anno
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
95
Immobilizzazioni immateriali al netto dei fondi ammortamento.
Immobilizzazioni materiali al netto dei fondi.
Immobilizzazioni finanziarie.
Mentre per il criterio della esigibilità le fonti vengono classificate in relazione alla loro
scadenza temporale
Per omogeneità con la classificazione degli impieghi, viene individuato nell’anno il periodo
temporale di riferimento convenzionalmente adottato per inserire una fonte finanziaria nelle
differenti classi
Passivo Corrente
Pagati entro l’anno
Fonti di finanziamento che devono essere rimborsate entro 12 mesi.
Passivo Consolidato
Scadenza oltre l’anno
Fonti di finanziamento che devono essere rimborsate oltre 12 mesi.
Capitale Proprio
Senza scadenza predefinita
Fonte di finanziamento investita in modo permanente nell’impresa dai soci/azionisti.
Pertanto l’Attivo rappresenta gli investimenti attuati nella passata stagione dall’impresa
(impieghi di capitale).Il Passivo rappresenta i finanziamenti ricevuti dall’impresa nello stesso
periodo (fonti del capitale).
Il totale dell’attivo rappresenta in termini finanziari il Capitale Investito o l’Impiego di
Capitale mentre il totale del Passivo rappresenta in termini finanziari il Capitale acquisito o le
Fonti di Finanziamento di Capitale
Se dall’Attivo si sottraggono le Liquidità Immediate si ottiene il fabbisogno di capitale; il
passivo rappresenta la copertura di tale fabbisogno.
Gli impieghi al netto delle liquidità immediate rappresentano i futuri smobilizzi dell’impresa
(futura diminuzione del fabbisogno di capitale).
Le fonti rappresentano i futuri rimborsi e pertanto misurano la futura diminuzione della
copertura del capitale.
Di seguito viene riportato lo schema classico. :
IMPIEGHI di capitale
Liquidità immediata: Cassa-banche
Crediti
Magazzino
ATTIVO CIRCOLANTE
Immobilizzazioni materiali e immateriali
Immobilizzazioni finanziarie
ATTIVO IMMOBILIZZATO
Debiti a breve
PASSIVITA’ CORRENTI
Mutui
Tfr
PASSIVITA’ CONSOLIDATE
Capitale e riserve
Utile in corso
CAPITALE PROPRIO
Capitale investito
FINANZA E IMPRESA
FONTI di capitale
Capitale raccolto
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
96
Si riporta un esempio di Stato Patrimoniale riclassificato sintetico.
Liquidità
Crediti verso clienti
Rimanenze
Altri crediti a breve
ATTIVITA’ CORRENTI
Immobilizzazioni tecniche
Immobilizzazioni finanziarie
STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO SINTETICO
448.198 Debiti verso fornitori
1.929.519 Debiti tributari
910.068 Altri debiti a breve
87.926 Debiti verso banche
3.375.711 PASSIVITA’ CORRENTI
3.286.822 Debiti v/ banche a medio e lungo term.
30.620 Trattamento fine rapp. dipendenti
Immobilizzazioni immateriali
- Fondi di ammortamento
ATTIVITA’ FISSE NETTE
CAPITALE INVESTITO
4.627 Altri debiti a medio termine
-1.818.341
1.503.728 PASSIVITA’ CONSOLIDATE
Patrimonio netto
4.879.439 TOTALE FONTI
950.184
101.218
343.035
438.202
1.832.639
50.000
238.590
935.614
1.224.204
1.822.596
4.879.439
STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO ULTRASINTETICO
c)
CAPITALE CIRCOLANTE
3.375.711 CAPITALE DI TERZI
3.056.843
ATTIVITA’ IMMOBILIZZATE
1.503.728 CAPITALE PROPRIO
1.822.596
CAPITALE INVESTITO
4.879.439 TOTALE FONTI
4.879.439
Il criterio funzionale
Il criterio funzionale prende in esame le varie area della gestione aziendale quali

Gestione operativa (la più importante);

Gestione finanziaria;

Gestioni accessorie;

Gestione fiscale.
La riclassificazione con tale criterio è quella che entra nel cuore della dell’attività dell’impresa
(il suo business caratteristico), comprende i processi di approvvigionamento di fattori
produttivi (materie prime, componenti, lavoro, servizi), di trasformazione e di vendita di
beni/servizi. Richiede pertanto una serie di dati,informazioni aggiuntive che rendono tale
analisi più complessa, per cui sarà analizzata in un secondo momento.
La riclassificazione del Conto economico
Per rappresentare efficacemente il REDDITO ai fini dell’analisi, il Conto economico deve
mettere in evidenza due aspetti:
 i valori relativi alla produzione di periodo;
Produzione ottenuta
Produzione venduta
 i risultati economici intermedi
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
97
• Problema di struttura
• Problema di forma
• Problema di contenuto
Da considerare che Il Conto economico ex 2425 CC civilistico si fonda su:
1) Evidenziazione del valore della produzione
- ricavi
- variazione scorte prodotti finiti e prodotti in corso di lavorazione
- costruzioni interne
2) Costi per natura (tipologia dei fattori di produzione)
3) Forma scalare
Mentre per le esigenze ai fini dell’analisi sono necessarie le seguenti informazioni :
la struttura a costi e ricavi
la forma scalare
la distinzione dei costi in base ai
fattori produttivi
per determinare i costi e ricavi della produzione
ottenuta e venduta
per determinare i risultati economici intermedi
per distinguere i costi in base alle operazioni
La forma scalare del Conto Economico ha il grande vantaggio di fornire alcuni risultati
intermedi, molto interessanti per comprendere l’andamento dell’impresa. In particolare la
complessa gestione è divisa in tre aree:
a)
b)
c)
Gestione caratteristica (relativa all’attività tipica dell’azienda)
Gestione finanziaria (relativa agli interessi sui capitali dati e presi in prestito)
Gestione straordinaria (relativa alle operazioni una tantum, non rientranti nella normale
attività imprenditoriale, come per esempio l’alienazione di cespiti)
I risultati intermedi riferiti a questi tre grandi settori danno informazioni importanti perché
permettono di scomporre il risultato finale (utile o perdita) nelle sue componenti principali e
individuare quindi l’area sulla quale eventualmente intervenire. Inoltre, nella gestione
caratteristica, è evidenziato un altro interessante risultato intermedio, che è il margine lordo,
con il quale si quantifica il dato grezzo del ricarico sulle vendite, ottenuto dalla differenza tra
fatturato e costo del venduto (costo del venduto = esistenze iniziali + acquisti – rimanenze
finali).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
98
Di seguito si riporta uno schema riassuntivo
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
99
2.3 l’ANALISI DI BILANCIO PER INDICI : CONCETTI
2.3.1 Le grandezze finanziarie dello stato patrimoniale
L’analisi di bilancio per indici ha la scopo di rappresentare,dai dati desunti dal bilancio e
opportunamente riclassificati, la situazione economica, patrimoniale e finanziaria di
un’azienda, al termine di un determinato periodo amministrativo, cui il bilancio si riferisce. Si
tratta perciò di un’analisi svolta a consuntivo, in quanto i dati utilizzati sono di tipo storico, ma
possiede una validità prospettica perché ha anche come obiettivo quello di effettuare
previsioni per il futuro.
Per rendere più significativo questo tipo di analisi e per poter trarre delle informazioni più
attendibili è necessario effettuare comparazioni del bilancio della stessa azienda nel tempo
oppure comparazioni nello spazio , per confrontare i bilanci di più aziende operanti nello
stesso settore.
L’analisi per indici si concretizza in confronti tra voci e gruppi di voci sia di Stato Patrimoniale
sia di Conto Economico di uno stesso bilancio, che danno origine a rapporti ( indici o ratios ) o
a margini strutturali (calcolati in forma differenziale ).
Un esempio del percorso di analisi viene sotto riportato:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
100
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
101
.
Attraverso l’analisi delle voci rappresentata dalla Situazione Patrimoniale riclassificata
cerchiamo ora di capire in primo luogo : La struttura finanziaria dell’azienda.
Prendiamo ad esempio una situazione Patrimoniale riclassificata
Situazione patrimoniale al 31.12.2006
Attivo = IMPIEGHI di capitale
Magazzino
SCORTE (S)
100
Crediti v/clienti (C)
Altri crediti
100
ATTIVO
CIRCOLANTE (AC)
LIQUIDITA’
DIFFERITA
(Ld)
400
Depositi e cassa
50
Immobilizzazioni



Passivo = FONTI di capitale
Debiti
v/fornitori(D)
Altri Debiti a
breve
400
150
LIQUIDITA’
IMMEDIATA
(Li)
Mutui passivi
TFR
Altri Debiti a
medio e
lungo
termine
50
550
ATTIVO FISSO (AF)
300
300
TOTALE ATTIVITA’ (A)
Capitale Investito (CI)
PASSIVO
CONSOLIDATO (PL
450
PATRIMONIO
NETTO
(PN)*
250
250
TOTALE PASSIVITA’ (P)
Capitale raccolto (CR)
850
FINANZA E IMPRESA
150
450
Cap. Sociale
(CS)
Riserve
Utile
d’esercizio
(R)
(Perdita
d’esercizio)
materiali
immateriali
finanziarie
PASSIVO
CORRENTE
(PB)
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
850
102
L’analisi finanziaria attraverso l’esame dei principali indicatori specifici ha l’obiettivo di
verificare l’esistenza di una condizione di equilibrio finanziario tra fonti e impieghi e
l’attitudine dell’azienda a fronteggiare prontamente i fabbisogni monetari determinati dalla
gestione.
Va precisato come nota che per margine si intende la differenza fra due valori, mentre per
indice (o quoziente o ratios ) il rapporto tra due valori.
Gli indici, di qualsiasi natura essi siano, esprimono un dato che è fondamentale per
interpretare l’andamento dell’impresa, ma che è comunque riferito ad un certo momento. Per
avere maggiore attendibilità dagli indici calcolati sui Bilanci riclassificati è opportuno rilevarli,
quando possibile, almeno su tre anni consecutivi (cioè sugli ultimi tre Bilanci), in modo
d’osservare non la fotografia dell’impresa in un certo istante, bensì il suo andamento nel
tempo e verificare di conseguenza il trend (ascendente o discendente) della grandezza che si
sta misurando utilizzando quel particolare indice.
2.3.2 ANALISI E INDICI FINANZIARI
1.
Un importante concetto è quello del Margine di tesoreria, che è dato dalla differenza:
liquidità immediata e differita – passivo corrente, cioè in formula (Li + Ld) – PB .Dal
margine di tesoreria si percepisce la probabile situazione di liquidità aziendale, perciò un
segno negativo del margine sta a significare che l’impresa non sarebbe in grado, con la
sua liquidità di prima e seconda linea, di far fronte agli impegni assunti a breve termine,
se questi ultimi scadessero tutti insieme. Trasformando il margine, che è in valore
assoluto, in un rapporto, ossia in un valore relativo, avremo:
Indice di tesoreria = (Li + Ld)/PB = (liquidità immediata + liquidità differita)/passivo corrente
Che ci dice quanta parte di 1 euro di impegni a breve l’azienda è in grado di onorare con le
proprie disponibilità a breve .
2.
Analogamente, dal concetto di Margine di disponibilità (anche detto capitale circolante
netto), che è dato dagli stessi termini del margine di tesoreria più le scorte (liquidità
immediata e differita + scorte – passivo corrente, cioè in formula (Li + Ld + S) – PB), si
ricava un valore della liquidità (o illiquidità) dell’impresa che tiene conto della possibilità
di realizzo del magazzino (ovvero della possibile vendita a breve della merce
immagazzinata), qualora ciò si rendesse necessario per adempiere gli impegni di
prossima
scadenza.
Anche qui è possibile passare dal margine ad un ratios che ci è più familiare.
Indice di disponibilità = AC/PB = attivo circolante/passivo corrente
Ossia quanta parte di 1 euro di debiti a scadenza ravvicinata siamo in grado di pagare con la
liquidità immediata e differita e con la vendita (sempre a breve chiaramente) delle scorte.
3.
Per concludere, il Margine di liquidità immediata, dà un’idea della situazione di liquidità
aziendale prendendo in considerazione esclusivamente la liquidità monetaria (C/C
bancario o postale e denaro in cassa) e i debiti correnti. La formula è Li – PB .
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
103
indice di liquidità immediata = Li/PB = liquidità immediata/passivo corrente
E’ l’indice della liquidità monetaria dell’impresa, perché mostra quanta parte di 1 euro di
debiti a breve possiamo saldare con le attività detenute in moneta.
Non possono essere considerati indici finanziari quelli di rotazione dei crediti e debiti fornitori,
ma vanno ad incidere sulla liquidità aziendale in quanto, come si vedrà in seguito, l’analisi
delle variazioni ci indicherà il maggior o minor fabbisogno monetario dell’impresa.
Indice di durata dei crediti
Crediti/clienti-- x 365
Totale crediti/clienti ( sorti nell’anno)
Esprime la dilazione media accordata alla clientela in giorni
Indice di durata dei debiti
debiti fornitori x 365
Totale debiti fornitori ( sorti nell’anno)
.
esprime la dilazione media riconosciuta dai fornitori in giorni
2.3.3 ANALISI E INDICI PATRIMONIALI
L’obiettivo è quello di verificare il grado di rigidità o flessibilità del capitale impiegato e la
composizione dei finanziamenti ottenuti. Gli indici più significativi vengono riportati nella
seguente tabella
Negli indici patrimoniali compaiono, sia al numeratore, sia al denominatore, valori tratti dal
prospetto patrimoniale.
Occupiamoci prima delle fonti, ovvero della parte in cui sono evidenziate le passività dello
Stato Patrimoniale riclassificato.
1.
Il primo indice che andiamo a descrivere è necessariamente quello che ci dà una misura
della dipendenza da terzi finanziatori.
Grado di autonomia finanziaria = PN/P = patrimonio netto/totale passività
Questa grandezza indica quanta parte di 1 euro di finanziamenti proviene da mezzi propri (dei
soci o dell’imprenditore) dell’azienda. Quindi, più è alto e più l’impresa si affida
all’autofinanziamento per reperire i fondi da investire negli impieghi elencati tra le attività.
Viceversa, più è basso e più l’impresa fa ricorso a fonti esterne per finanziare gli investimenti.
2.
Una volta appurato il grado di autonomia finanziaria o, se vogliamo, simmetricamente,
quale complemento a 1 dell’indice di cui sopra, il grado di dipendenza finanziaria, può
essere interessante rispondere alla seguente domanda: “quanta parte dei finanziamenti
esterni deriva dall’indebitamento a breve?”
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
104
Grado di indebitamento corrente = PB/P = passivo corrente/totale passività
Che fornisce il peso dell’indebitamento a breve rispetto al totale delle fonti finanziarie.
Vedremo, parlando degli indici finanziari, quanto può essere pericoloso un elevato
indebitamento corrente, soprattutto per il fatto che esso va spesso a finanziare investimenti a
lungo termine.
3.
Passando all’analisi del lato degli impieghi della Situazione Patrimoniale, vediamo
l’indice che esprime il loro grado di elasticità.
Grado di elasticità degli impieghi = AC/A = attivo circolante/totale attività
Questo indice evidenzia il peso degli impieghi a breve rispetto al totale degli investimenti e
quindi ci dice quanto è elastica la struttura attiva del patrimonio ovvero come reagisce il
totale degli impieghi di capitale ad una variazione della sua composizione.
2.3.4 ANALISI E INDICI ECONOMICI
Di seguito si riporta un esempio di riclassificazione del conto economico a costo del venduto.
La forma scalare del Conto Economico ha il grande vantaggio di fornire alcuni risultati
intermedi, molto interessanti per comprendere l’andamento dell’impresa. In particolare la
complessa gestione è divisa in tre aree:
1.
2.
3.
Gestione caratteristica (relativa all’attività tipica dell’azienda)
Gestione finanziaria (relativa agli interessi sui capitali dati e presi in prestito)
Gestione straordinaria (relativa alle operazioni una tantum, non rientranti nella normale
attività imprenditoriale, come per esempio l’alienazione di cespiti)
I risultati intermedi riferiti a questi tre grandi settori danno informazioni importantissime,
perché permettono di scomporre il risultato finale (utile o perdita) nelle sue componenti
principali e individuare quindi l’area sulla quale eventualmente intervenire. Inoltre, nella
gestione caratteristica, è evidenziato un altro interessante risultato intermedio, che è il
margine lordo, con il quale si quantifica il dato grezzo del ricarico sulle vendite, ottenuto dalla
differenza tra fatturato e costo del venduto (costo del venduto = esistenze iniziali + acquisti –
rimanenze finali).
Gli indici economici misurano la redditività dell’azienda, intesa come capacità di realizzare in
futuro reddito positivo (utile) e la capacità dell’azienda di realizzare una soddisfacente
remunerazione del capitale investito. Sono economici quegli indici che hanno, almeno al
numeratore o al denominatore, un valore economico (cioè una voce desunta dal Conto
Economico).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
105
Ricavi delle Vendite (V)
- COSTO DEL VENDUTO (CV)
1100
AREA DELLA GESTIONE
CARATTERISTICA
Esistenze iniziali 120
+ Acquisti (Ac)500
- Rimanenze finali
(S)100
- 520
MARGINE LORDO (ML)580
- Costi commerciali
- 20
- Costi amministrativi
- 40
- Costi industriali
- 15
- Costi del Personale
- 70
- Accantonamento TFR
- 15
- Ammortamenti (Am)
- 10
- Altri costi
-5
RISULTATO OPERATIVO (RO)405
Proventi finanziari (PF)
100
- Oneri finanziari (OF)
350
AREA DELLA GESTIONE
FINANZIARIA
SALDO DELLA GESTIONE FINANZIARIA (GF)- 250
Proventi straordinari (PS)
25
- Oneri straordinari (OS)
0
AREA DELLA GESTIONE
STRAORDINARIA
SALDO DELLA GESTIONE STRAORDINARIA (GS)25
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE (RO +/- GF +/- GS)
180
- Imposte sul reddito (I)95
RISULTATO NETTO D’ESERCIZIO (R)
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
106
I principali indici da prendere in esame sono i seguenti
1.
Il ROE esprime la redditività del capitale di rischio.
ROE = R/PN = risultato netto d’esercizio/patrimonio netto
Il ROE indica il rendimento del capitale investito dai soci o dall’imprenditore. In altre parole, è la
sintesi dell’interesse maturato, per effetto della gestione, sui mezzi propri investiti in azienda.
Perciò il risultato del ROE si ritiene accettabile quando si verifica la relazione: ROE > TASSO
REMUNERAZIONE DI INVESTIMENTI ALTERNATIVI A BASSO RISCHIO (titoli di stato)
2.
Molto più interessante per capire l’andamento dell’impresa è il ROI, cioè la redditività di
tutto il capitale investito.
ROI = RO/A = risultato operativo/totale attività
Il ROI ci dice la redditività della gestione caratteristica (che è il cuore di qualsiasi impresa) riferita
alla dimensione aziendale (rappresentata da tutto il capitale investito, anche quindi dal capitale di
terzi preso a prestito). Per la sua importanza, il ROI è giustamente considerato il “termometro”
della capacità reddituale aziendale. più elevato è il risultato di questo indice, maggiore è la
capacità reddituale dell’azienda. La validità di tale indice si misura anche dal confronto con il
ROD, cioè l’indice che misura la capacità dell’impresa di remunerare il capitale di terzi.
Inevitabilmente, se l’azienda vuole effettuare nuovi investimenti finanziati con capitale di terzi,
dovrà verificarsi la relazione:ROI > ROD Ove il ROD è calcolato come
Oneri finanziari totali x 100
Capitale di credito o terzi
3. Fra il ROE ed il ROI esiste un’interessante relazione, chiamata leverage o leva finanziaria.
ROE = ROI + (ROI – costo del capitale di credito) x (capitale di credito/patrimonio netto)
dove:costo del capitale di credito = oneri finanziari/capitale di credito
La suddetta formula si legge così: la differenza fra il ROI ed il costo del capitale di credito
subisce un effetto moltiplicatore in ragione del rapporto (di leva finanziaria) tra capitale di
credito e capitale proprio. Per cui se il ROI è maggiore del costo del capitale di credito, il
valore positivo, ampliato dal moltiplicatore, si aggiunge al ROI e determina un ROE
numericamente più grande del ROI. Se, invece, il costo del capitale di credito supera il ROI,
avremo un valore negativo che, una volta ampliato dal moltiplicatore, si sottrae dal ROI e
definisce quindi un ROE più basso del ROI. E’ inoltre opportuno notare come, nell’auspicabile
caso di valore positivo della differenza ROI – costo del capitale di credito, l’effetto
moltiplicatore premia chi ha osato di più, cioè le imprese che hanno un rapporto tra mezzi di
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
107
terzi (finanziamenti ricevuti) e mezzi propri (patrimonio netto) nettamente sbilanciato a
favore dell’indebitamento verso l’esterno. Viceversa, nel malaugurato caso di un gap negativo
tra ROI e costo del capitale di credito, l’effetto moltiplicatore attenua il danno alle imprese
che si sono comportate più prudentemente, cioè che hanno limitato l’acquisizione di
finanziamenti da terzi per utilizzare maggiormente i capitali di provenienza interna.
3.3.5 Il Margine di struttura e la posizione finanziaria netta
Dopo aver esaminato i principali indici utilizzabili per un’analisi del bilancio aziendale occorre
focalizzare meglio alcuni concetti in merito alla struttura finanziaria.
Il prospetto classico dello stato patrimoniale a sezioni contrapposte verrà quindi ricondotto a
tre macroaggregati: margine di struttura, capitale circolante netto, posizione finanziaria
netta.
ATTIVO CIRCOLANTE
Liquidità immediata
liquidità differita
PASSIVITA' CORRENTI
Debiti vs banche
debiti vs fornitori
magazzino
Debiti vs altri
IMMOBILIZZAZIONI
DEBITI CONSOLIDATI
Mutui
immobilizzazioni fisse
altre immobilizzazioni
Impieghi
Tfr
PATRIMONIO NETTO
Capitale sociale
Riserve + utili in corso
Fonti
Queste grandezze sono legate da una semplice relazione matematica:
Margine di struttura--Capitale circolante netto = Posizione finanziaria netta
Lo Stato patrimoniale accoglie nella sezione «attivo» gli investimenti, cioè gli impieghi di
capitale; nella sezione «passivo» le fonti di capitale, ovvero le modalità secondo le quali sono
state reperite le risorse finanziarie investite:
Attivo = impieghi di capitale; Passivo =fonti di capitale
Prima di affrontare il criterio di riclassificazione che presiede allo schema che presentiamo
occorre riprendere alcuni fondamentali concetti:
posta finanziaria a breve e a medio/lungo termine, gestione operativa e gestione finanziaria.
Un'attività (passività) finanziaria rappresenta una promessa di futura entrata (uscita) di cassa:
la posta è a breve se il periodo che passa tra la nascita contabile e la realizzazione in cassa è
inferiore all'anno, altrimenti è a medio/lungo termine.
Ai fini dell'analisi finanziaria, le poste sono altresì scomponibili, in termini di appartenenza, in
poste della gestione operativa e poste della gestione finanziaria.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
108
Le prime si riferiscono alle modalità di impiego delle risorse finanziarie nell'attività
caratteristica dell'azienda (esclusa la cassa), le seconde riguardano i metodi di approvvigionamento delle risorse investite.
Il margine di struttura accoglie le voci di fonte ed impiego a medio/lungo termine legate sia
alla gestione finanziaria sia alla gestione operativa; il capitale circolante netto accoglie le voci
di fonte e impiego a breve termine legate alla gestione operativa.
La posizione finanziaria netta è costituita dalle voci di fonte e impiego a breve termine legate
alla gestione finanziaria.
a. IL MARGINE DI STRUTTURA
Il margine di struttura è la differenza tra i finanziamenti duraturi e gli investimenti in
immobilizzazioni operative nette; può essere definito in due modi equivalenti:
margine di struttura = = patrimonio netto + debiti strutturali a medio lungo termine + fondo
TFR - immobilizzazioni operative nette =
Le voci che normalmente formano il margine di struttura:
+ patrimonio netto contabile
+ finanziamenti a medio/lungo termine1 (prestiti obbligazionari, mutui)
+ finanziamento soci restituibile
+ altre fonti a medio/lungo termine
- immobilizzazioni tecniche al netto dei fondi di ammortamento
- immobilizzazioni immateriali al netto dei fondi di ammortamento
- immobilizzazioni finanziarie al netto degli eventuali fondi oscillazione valori o fondi rischi
= margine di struttura.
Se positivo il margine di struttura indica un surplus di risorse stabili rispetto agli investimenti a
più lento recupero. Tale surplus, indice di solidità della struttura finanziaria, è idealmente
impiegato nel finanziamento del capitale circolante o in riserve di attività liquide (di tesoreria
o strategiche).
Un margine di struttura negativo indica una struttura finanziaria non equilibrata poiché una
parte degli investimenti immobilizzati è finanziata con debiti a breve (strutturali o di
tesoreria).
Le immobilizzazioni finanziarie devono essere attentamente analizzate.
Ai fini dell'analisi, infatti, devono essere considerate tali solo le partecipazioni, e i relativi
finanziamenti a società collegate, controllate e controllanti, che non possono essere
facilmente alienabili in quanto strategiche oppure che sono prive di un mercato finanziario
con adeguate caratteristiche di liquidità e spessore.
Per esempio: un determinato quantitativo di titoli di Stato 2 non costituisce immobilizzazione
finanziaria, mentre lo è una partecipazione in una società che svolge attività complementari al
«core business» della società che detiene la partecipazione.
1
Escluso il fondo trattamento fine rapporto che, ai fini del metodo di analisi che seguiamo, costituisce una posta
negativa dei capitale circolante netto.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
109
Ai fini della riclassificazione è vitale stabilire quali forme di attività e di passività, in genere
individuate da voci quali «crediti diversi», «cauzioni», «debiti diversi», sono da considerare a
breve o a medio/lungo termine.
Nella pratica, infatti, è piuttosto frequente trovare poste che a un esame superficiale
appaiono a breve, ma non lo sono; a questo riguardo è sempre molto utile ricorrere a tutte le
fonti informative extra-bilancio disponibili, in primo luogo alla relazione degli amministratori o
nota integrativa, dove talvolta si possono trarre utili indicazioni ai fini dell'analisi qui
considerata.
b. Il capitale circolante netto
Ai fini dell'analisi finanziaria, gli investimenti aziendali sono classificabili in: capitale fisso e
capitale circolante.
Il capitale circolante netto 3 (CCN) è la differenza tra attivo e passivo operativo a breve e
rappresenta l'investimento legato alla gestione corrente:
CCN = investimento nella gestione corrente.
Le componenti fondamentali di questo aggregato sono il magazzino, i crediti verso clienti e i
debiti di fornitura.
Crediti e magazzino so-no investimenti: i primi rappresentano lo spostamento nel tempo di
un'entrata di cassa, il secondo l'anticipo di un'uscita.
I debiti di fornitura, invece, sono finanziamenti, infatti sono uscite di cassa posticipate.
Tuttavia queste voci sono così intimamente connesse che non ha senso considerarle
separatamente: si pensi per esempio a come sono influenzate dalla politica commerciale, dal
tipo di processo produttivo e dagli usi del settore.
La caratteristica fondamentale del CCN è il suo legame con le vendite.
Si tratta infatti di un investimento, o di un finanziamento, che cresce o decresce in
proporzione al fatturato.
Un parametro importante a questo riguardo è il rapporto CCN/Vendite, che rappresenta
l'intensità di capitale circolante tipica dell'azienda in esame e dovuta al tipo di settore e alla
strategia adottata.
Intensità di capitale circolante positiva significa che al crescere delle vendite aumenta
l'investimento in circolante, mentre intensità negativa indica che all’aumentare del giro
d'affari decresce il capitale circolante, ovvero aumenta il finanziamento.
CCNI/fatturato>O: tipologia «Cash-absorber».
CCNI/fatturato<O: tipologia «Cash-generator».
La tipologia di gestione cash- generator, merita un approfondimento.
2
E’ importante indagare, attraverso la lettura della relazione sulla gestione o della nota integrativa, se tali titoli sono
liberi da vincoli di garanzia: nel qual caso non sono da considerarsi immobilizzazioni finanziarie.
3
Working net capital nella terminologia anglosassone.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
110
Le aziende cash- generator hanno, per il tipo di posizione competitiva 4, un ciclo finanziario
caratterizzato da tempi di incasso e di magazzino inferiori alle dilazioni che ottengono dai
fornitori: perciò hanno gestioni caratterizzate da uscite di cassa (pagamenti) posticipate
rispetto alle entrate (incassi).
In questi casi il capitale circolante netto è negativo (passivo operativo>attivo operativo) e
all'aumentare della cifra d'affari cresce anche il volume di risorse finanziarie che vengono
generate.
Al contrario, quando la cifra d'affari si riduce, il volume di risorse finanziarie viene riassorbito.
Il CCN può essere visto come una spugna che assorbe risorse quando si dilata e che libera
risorse quando viene «strizzata».
Una lista delle voci che costituiscono il CCN è la seguente:
+ magazzino
+ crediti verso clienti
+ effetti attivi
+ crediti vs erario
+ crediti diversi
+ ratei e risconti attivi
- debiti verso fornitosi
- effetti passivi
- fondo imposte
- fondo trattamento fine rapporto 5
- fondo svalutazione crediti
- fondo svalutazione magazzino
- debiti diversi
- ratei e risconti passivi
= capitale circolante netto.
c. La posizione finanziaria netta
La posizione finanziaria netta (PFN) è la somma algebrica delle attività finanziarie a breve
(segno positivo) e delle passività finanziarie a breve (segno negativo):
PFN = attivo finanziario a breve - passivo finanziario a breve.
La posizione finanziaria netta rappresenta la posizione dell'azienda nei confronti della
gestione di tesoreria e del sistema bancario per quanto riguarda i finanziamenti a breve.
Indica come sì è ricorsi al finanziamento a breve, data una certa struttura di investimenti e
4
Classico esempio è la grande distribuzione o il dettaglio in genere .
5
Ai fini dei metodo di analisi finanziaria proposto, il fondo trattamento fine rapporto viene considerato una passività
operativa in quanto è la contropartita debitoria di una voce accessoria dei costo dei lavoro: voce di costo, per
definizione, operativa.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
111
finanziamenti a medio/lungo termine, rappresentata dal Margine di struttura, e un
determinato fabbisogno di capitale circolante.
In altri termini, è il prodotto della politica finanziaria seguita.
Infatti:
PFN = margine di struttura - Capitale circolante netto.
Le voci tipiche che concorrono alla formazione dell'aggregato sono le seguenti:
+ banche attive
+ cassa
+ titoli non vincolati facilmente monetizzabili
+ altri valori
- banche passive
- banche C/anticipazioni
- società di factoring C/anticipazioni
- quota a breve di finanziamenti a medio/lungo termine
- altri finanziamenti a breve
= posizione finanziaria netta.
L'indicatore è scomponibile nella posizione di tesorerie (PT), pari a banche attive più cassa
meno banche passive, e nella posizione finanziaria a breve, costituita dalle voci residue:
Posizione finanziaria netta = posizione di tesoreria + posizione finanziaria a breve.
La posizione finanziaria netta ha un valore segnaletico più elevato rispetto alla posizione di
tesoreria nel rappresentare la fotografia della cassa a breve, dal momento che,
comprendendo le fonti finanziarie attivate, non fornisce in alcun caso un quadro parziale della
situazione.
A questo scopo occorre ricordare che, per condurre un'analisi finanziaria corretta, non ci si
deve affidare alla lettura di un solo indicatore, che offre sempre un'immagine parziale, ma
bisogna ricorrere ad un quadro che contempli il maggior numero di aspetti aziendali.
La posizione di tesoreria è un elemento determinante ai fini dell'analisi finanziaria: l'esame
della variazione nel tempo di questa grandezza costituisce il fulcro dell'analisi dei flussi di
cassa.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
112
Solitamente questo tipo di immobilizzazioni viene ammortizzato con procedimento diretto, e quindi la posta in attivo di Stato
patrimoniale indica direttamente il valore netto.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
113
CAPITOLO 3
Il mercato monetario e finanziario: gli intermediari
finanziari. Esame dei principali prodotti finanziari
presenti sul mercato destinati alle imprese e ai privati
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
114
3.1 Definizioni
Un mercato finanziario è un luogo ideale nel quale sono scambiati strumenti finanziari di varia
natura a medio o lungo termine. Un mercato finanziario consente il trasferimento del
risparmio dai soggetti che lo accumulano (soprattutto le famiglie) ai soggetti che lo richiedono
(imprese e stato). Questi ultimi sono definiti "soggetti in disavanzo finanziario" ed emettono
strumenti finanziari (depositi bancari, azioni, Buoni Ordinari del Tesoro ecc.) che cedono ai
soggetti in avanzo finanziario in cambio di moneta. Lo scambio tra strumenti finanziari e
moneta consente la redistribuzione dei rischi economici, perché vengono assunti in parte dagli
acquirenti degli strumenti finanziari. È possibile per questi ultimi cedere tali strumenti ad altri
soggetti economici, scambiandoli nei mercati appositi.
a. Tipi di mercato
Esistono quindi mercati azionari, obbligazionari, dei derivati, delle opzioni, dei warrant, ecc.
ognuno con proprie regole e proprie caratteristiche. Con riferimento alla natura degli
strumenti finanziari si distingue solitamente tra mercato creditizio, mercato mobiliare e
mercato assicurativo. Con riferimento alla durata degli stessi si distingue tra mercato
monetario e mercato dei capitali. Infine, con riferimento al momento di emissione degli
strumenti finanziari, si distingue tra mercato primario e mercato secondario. Altre distinzioni
possono essere fatte fra mercati cash e mercati derivati, fra mercato ad asta e market maker,
fra mercato fisico e mercato telematico, fra mercato pubblico e mercato privato, fra mercato
regolamentato e mercato over the counter.
b.
Caratteristiche del mercato
Un mercato è caratterizzato da:
Regole sulle modalità di ammissione degli strumenti finanziari e degli operatori, sullo
svolgimento degli scambi;
Supervisione: spesso è attribuita alla società che organizza il mercato, che collabora con
l'autorità di controllo (in Italia è la Consob). La prima è più attrezzata per il controllo e fa
segnalazioni alla seconda.
Microstruttura: regole di dettaglio dell'operatività.
c.
Operatori che partecipano al mercato
Un mercato è il punto di incontro di tre attori diversi:
Investitori, che acquistano e vendono strumenti finanziari
emittenti
Intermediari finanziari, che facilitano gli scambi.
d.
Funzioni del mercato
I mercati hanno fondamentalmente 5 funzioni:
Finanziamento, cioè permettere agli emittenti di cercare denaro sul mercato
Pricing dei titoli: offrire in via continuativa un prezzo ai titoli
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
115
Liquidità dei titoli: offrire la possibilità di uscire dall'investimento
Riduzione dei costi di transazione: la competizione spinge i mercati ad essere più efficienti e
quindi a diminuire il prezzo della transazione
Trasferimento del controllo delle spa, che avviene tipicamente con un'Offerta Pubblica di
Acquisto.
e.
Efficienza del mercato
Si distinguono tre forme di efficienza:
Tecnica: capacità di avere bassi costi di transazione
Funzionale: capacità di far incontrare domanda e offerta.
Informativa: capacità di riflettere sui prezzi tutte le informazioni disponibili. Se tutti avessero
le stesse informazioni, modalità di interpretazione e propensione al rischio si arriverebbe a un
punto deterministico, ma non è così. Un mercato efficiente deve quindi assicurare che
nessuno abbia informazioni privilegiate, per questo esistono norme che colpiscono gli insider
trading e i market abuse.
In base all'efficienza informativa, è possibile distinguere fra
Mercati con efficienza debole (in cui i prezzi riflettono solo informazioni storiche),
Mercati con efficienza semiforte (in cui i prezzi riflettono tutte le informazioni pubbliche,
anche prospettiche)
Mercati con efficienza forte (in cui i prezzi riflettono tutte le informazioni, anche quelle
private).
In sintesi nella definizione di sistema finanziario comprendiamo l’insieme organizzato di
mercati, intermediari e strumenti finanziari. Il mercato finanziario, a sua volta, è l’insieme
degli scambi finanziari che si realizzano mediante la negoziazione degli strumenti e con
l’intervento più o meno rilevante di operatori specializzati definiti Intermediari Finanziari.
Di seguito si riporta uno schema sui mercati finanziari che si suddividono in
•
•
•
Mercati Primari e Mercati Secondari
Mercati Monetari e Mercati Finanziari
Mercati Valutari
Esaminiamo la definizione di Mercati Primari.
Il mercato finanziario primario è il luogo dove sono trattati gli strumenti finanziari di nuova
emissione. Cioè il mercato in cui i prenditori di fondi (per esempio, le imprese industriali o le
amministrazioni centrali) raccolgono fondi emettendo strumenti finanziari (per esempio,
azioni e obbligazioni. Infatti, sono collocate nuove azioni provenienti da un aumento di
capitale o da un'offerta pubblica iniziale, obbligazioni di nuova emissione da parte delle
società o da parte del Ministero dell'Economia (nel caso dei titoli di Stato).Praticamente sul
mercato primario viene raccolta la prima operazione di ogni specifico strumento finanziario,
che passa poi a quotarsi sul mercato finanziario secondario
Esaminiamo la definizione di Mercati Secondari.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
116
Il mercato finanziario secondario è il luogo dove sono trattati i titoli già in circolazione, che vi
rimangono fino alla loro eventuale scadenza.
È logicamente contrapposto al mercato finanziario primario: ogni titolo nasce sul mercato
primario e dopo l'emissione e il collocamento passa al secondario, in cui gli strumenti
finanziari collocati vengono negoziati tra gli investitori (per esempio MTA, MOT. Per questo
motivo la dimensione del mercato secondario sarà chiaramente molto maggiore. I due
mercati sono logicamente contrapposti, ma trattano la stessa merce, perciò una maggiore
liquidità del secondario permette di accogliere più titoli nel primario.
Esaminiamo la definizione di Mercato Monetario
È definito mercato monetario l'insieme di negoziazioni aventi per oggetto strumenti finanziari
con durata inferiore ai 12-18 mesi. Esso si differenzia quindi dal mercato dei capitali nel quale
sono contrattati strumenti con scadenza superiore. La finalità di questa parte di mercato è
quella di gestire la liquidità; infatti, data la breve durata dei contratti e la presenza di un
mercato secondario, l'investitore ha la possibilità di investire temporanee eccedenze di fondi
e l'imprenditore può risolvere temporanei fabbisogni con la possibilità di smobilitare a breve
termine l'investimento (per esempio BOT, fondi interbancari, cambiali finanziarie).
Esaminiamo la definizione di Mercato finanziario.
E’ definito mercato finanziario quello in cui si negoziano titoli a medio e lungo termine. Esso
comprende sia i titoli di credito rappresentativi di capitali investiti nelle imprese (azioni), sia i
titoli di debito emessi dalle imprese, dal settore pubblico e dagli altri intermediari finanziari
(titoli di Stato e obbligazioni). Il mercato finanziario, e ancor più il comparto azionario, è
tipicamente un mercato secondario il cui funzionamento ha significato economico nella
misura in cui è condizione per l’esistenza di un solido mercato primario, il quale consente alle
imprese e al settore pubblico di ottenere nuove risorse finanziarie a medio e lungo termine.
3.2 Le norme che regolano il Mercato
3.2.1. Lo schema generale e i mercati
Lo schema di funzionamento dei mercati regolamentati è un sistema complesso, composto da
istituzioni con compiti di vigilanza e società private con compiti di gestione, che ha il fine di
garantire la correttezza e la credibilità dei mercati stessi Per comprendere il sistema e il
funzionamento dei mercati finanziari italiani è necessario conoscere i soggetti che organizzano
e regolamentano i mercati stessi e quelli preposti a vigilare sul comportamento degli
operatori. Parlando di mercati si intenderanno i mercati regolamentati; precisazione
necessaria in quanto il testo unico ha ammesso anche la possibilità della creazione di mercati
non regolamentati, istituiti nella forma di sistemi di scambi organizzati di strumenti finanziari.
In merito ai mercati regolamentati, il Testo unico della finanza (TUF) ha stabilito che l’attività
di organizzazione e gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari abbia carattere
di impresa. Le società di gestione sono quindi soggetti privati che devono soddisfare stringenti
requisiti organizzativi per ottenere l’autorizzazione ad operare. La Consob, Commissione
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
117
Nazionale per le Società e la Borsa, è l’istituzione incaricata di vigilare su tali società al fine di
assicurare la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori.
Tra i suoi compiti rientra anche quello di valutare se il regolamento che disciplina le modalità
di contrattazione, deliberato dalla società di gestione, sia conforme ai requisiti stabiliti dalla
Consob stessa. La Consob, inoltre, tiene un albo con iscritti i mercati regolamentati
riconosciuti. Tali mercati sono: il Mercato telematico azionario (MTA), il Mercato telematico
dei Securitised derivatives (SeDeX), i Mercati After Hours (TAH e TAHX), il Mercato telematico
delle obbligazioni (MOT), il Mercato Espandi, il Mercato MTAX e il Mercato degli strumenti
derivati (IDEM) gestiti dalla società Borsa Italiana S.p.A. società nata dalla privatizzazione della
Borsa Valori italiana; il Mercato all’ingrosso dei titoli di Stato (MTS), il Mercato Bondvision e il
Mercato all’ingrosso delle obbligazioni non governative gestiti dalla società MTS S.p.A. il
Mercato TLX gestito dalla società TLX S.p.A.
Le società di gestione, al fine di essere considerate tali, devono principalmente predisporre le
strutture e fornire i servizi necessari per creare un mercato regolamentato; devono poi
adottare tutti gli atti necessari per garantire il buon funzionamento del mercato, verificando il
rispetto del regolamento da parte degli operatori, e adottare le disposizioni e gli atti necessari
a prevenire e identificare abusi di informazioni privilegiate e manipolazioni del mercato,
comunicando alla Consob le violazioni di cui hanno notizia. Infine, devono provvedere alla
gestione e alla diffusione al pubblico delle informazioni e dei documenti di interesse generale
relativi alle contrattazioni. La Consob è quindi l’organo deputato a vigilare sulla correttezza
dei comportamenti degli operatori al fine di salvaguardare i piccoli investitori e deve
coordinare i suoi interventi con la Banca d’Italia, che, però ha competenze di vigilanza in tema
di solidità patrimoniale degli intermediari; ad essa sono, infatti, attribuiti i compiti di stabilire
le norme prudenziali in ambito di contenimento del rischio nelle attività di investimento degli
intermediari. Il TUF ha inoltre previsto, al fine di garantire gli investitori, l’istituzione di sistemi
di compensazione e garanzia delle operazioni su strumenti finanziari. Tali sistemi prevedono
che la società gestrice del servizio assuma le posizioni contrattuali in proprio, garantendo così
i singoli dal rischio di controparte. Tale servizio è svolto dalla società Cassa di Compensazione
e Garanzia, società facente parte del gruppo Borsa Italiana, per i contratti trattati nei mercati
gestiti da Borsa Italiana e MTS. La Cassa di Compensazione e Garanzia al fine di assicurare
l’integrità dei mercati si pone come controparte centrale e garante dell’esecuzione dei
contratti. La Cassa diviene, in pratica, controparte di ogni intermediario che immette ordini
nel sistema. Infine, a completamento del quadro, non rimane che parlare della società Monte
Titoli. La Monte Titoli, anch’essa società del gruppo Borsa Italiana, svolge l’importante ruolo di
depositario centrale dei titoli dematerializzati, gestendo i servizi di liquidazione e
regolamento.
3.2.2 . La Consob e il regolamento operativo
Nel Regolamento e nelle relative Istruzioni sono raccolte tutte le disposizioni che disciplinano i
mercati gestiti da Borsa Italiana S.p.A. e sono relative ai criteri per l'ammissione degli
strumenti finanziari alle negoziazioni, alle modalità di negoziazione, alla partecipazione degli
operatori e ai servizi strumentali alle negoziazioni Il documento di riferimento sia per chi
intende investire nei mercati di Borsa Italiana sia per le società che intendono quotare i propri
strumenti finanziari in questi mercati, ossia il documento dove poter reperire tutte le
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
118
informazioni sulle modalità operative di ammissione e di negoziazione degli strumenti
finanziari, è costituito dal Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana S.p.A.
corredato dalle relative Istruzioni. Dalla data della sua prima approvazione, 4 dicembre 1998,
a oggi, Regolamento e Istruzioni hanno subito numerose modifiche e revisione, al fine di
soddisfare le nuove esigenze del mercato e adattarsi ai cambiamenti di una normativa in
costante evoluzione. Il Regolamento, per ogni mercato gestito, disciplina:












3.2.3
Le condizioni richieste per l’ammissione degli strumenti finanziari, stabilendo i requisiti
degli strumenti stessi e dei relativi emittenti;
Il ruolo e il compito di operatori come sponsor, specialisti e listing partner;
La procedura di ammissione;
La sospensione e la revoca dalle negoziazioni;
Gli obblighi degli emittenti, relativamente ai rapporti con altri emittenti, al Codice di
Comportamento, agli obblighi informativi e alle comunicazioni al pubblico;
La modalità di diffusione delle informazioni al mercato;
La partecipazione degli operatori alle contrattazioni;
Le modalità, le fasi e le proposte di negoziazione;
La determinazione dei prezzi;
La conclusione e la registrazione dei contratti;
I servizi strumentali alle negoziazioni, ossia i servizi di riscontro delle operazioni, i sistemi
di garanzia dei contratti e la comunicazione delle operazioni eseguite fuori dal mercato;
La trasparenza del mercato, ovvero le informazioni che devono essere fornite al
pubblico.
Il Testo Unico Finanziario TUF
La norma principale del nostro ordinamento in materia di mercati e intermediari finanziari è
senza dubbio costituita dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle
disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, detto anche semplicemente Testo unico
della finanza o Tuf ovvero decreto Draghi, dal nome dell’allora Direttore generale del Tesoro e
attuale Governatore della Banca d’Italia, padre della riforma Il Tuf rappresenta il punto di
svolta della normativa italiana di settore, poiché ha riunificato in una trattazione organica e
moderna, in linea con le direttive comunitarie, la precedente regolamentazione, frammentata
in numerosi atti normativi. Dalla sua entrata in vigore, 1° luglio 1998, il Tuf ha subito diverse
revisioni, l’ultima delle quali risale alle modifiche introdotte dalla legge 28 dicembre 2005, n.
262, nota anche come legge sulla tutela del risparmio. Nella sua versione attuale, il Tuf
regolamentando l’attività degli intermediari disciplina gli aspetti operativi e quelli di vigilanza
relativi ai cosiddetti soggetti abilitati.
3.2.4 La direttiva MIFID
In ambito comunitario, a seguito dell’adozione del Financial Services Action Plan (FSAP), è in
atto negli ultimi anni una riorganizzazione strutturale del mercato finanziario europeo con
l’obiettivo di arrivare alla creazione di un mercato realmente integrato e competitivo.
Obiettivo ultimo del FSAP è quello di individuare regole europee uniformi ai fini della
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
119
creazione di un level playing field per tutti i soggetti interessati a operare sul mercato. Questa
è, infatti, la condizione necessaria per garantire e ottenere uno sviluppo equilibrato e
sostenibile dell’exchange industry europea. Tra le direttive rientranti nel FSAP quella che
sicuramente riveste maggiore importanza e che sta avendo degli impatti sull'operatività dei
mercati finanziari e dei suoi operatori è la nuova direttiva 2004/39/CE sui mercati degli
strumenti finanziari, conosciuta meglio con l'acronimo inglese MiFID (Market in Financial
Instruments Directive). Tale direttiva, approvata dal Parlamento e dal Consiglio Europeo il 20
aprile 2004,e recepita nel 2007 ha abrogato la prima direttiva 93/22/CE sui servizi di
investimento, detta ISD (Investment Services Directive). Il recepimento della direttiva MIFID
era originariamente previsto entro l’aprile 2006 ma, considerati i sostanziali impatti sulla
legislazione dei singoli Stati Membri, il termine per l'implementazione è stato esteso al 31
gennaio 2007 (direttiva 2006/31/CE). In Italia il Testo Unico della Finanza è stato modificato
con il d.lgs 164 del 17 settembre 2007. Inoltre, nel mese di ottobre 2007 la CONSOB ha
provveduto ad aggiornare la propria regolamentazione secondaria (Regolamento Mercati ed
Intermediari). Infine, a partire dal 1° novembre 2007 (data di entrata della normativa MiFID)
tutti gli operatori sono stati chiamati ad applicare e rispettare la nuova disciplina. La MIFID ha
tra i suoi obiettivi principali quello di creare un ambiente finanziario competitivo e
armonizzato per i mercati regolamentati, le imprese di investimento nonché quello di
rafforzare la protezione degli investitori, l’efficienza e l’integrità dei mercati finanziari stessi.
Più in particolare, la MiFID introduce delle novità sia nei confronti degli intermediari che dei
mercati.
Le principali norme relative agli intermediari riguardano:












i requisiti di organizzazione nonché l’esternalizzazione delle funzioni operative;
i conflitti di interessi e le relative politiche di gestione degli stessi;
le ricerche in materia di investimenti;
la disciplina degli incentivi nonché le informazioni fornite ai clienti;
le registrazioni degli ordini e delle operazioni eseguite;
le informazioni fornite ai clienti e potenziali clienti;
la classificazione della clientela in retail, professional, eligible counterparties;
le valutazioni di adeguatezza e appropriatezza dei servizi di investimento prestati ai
clienti;
la gestione degli ordini dei clienti (client order handling rules);
la consulenza in materia di investimenti;
la disciplina della best execution al fine di assicurare la migliore esecuzione degli ordini
ai clienti;
le nuove categorie dei servizi di investimento.
Al contrario, le principali norme relative ai mercati sono rappresentate da:



l’eliminazione dell’obbligo di concentrare gli scambi sui mercati regolamentati;
le nuove figure di trading venues, rappresentate dai mercati regolamentati, i
multilateral trading facilities (MTF) e gli internalizzatori;
le regole di trasparenza pre-trade e post-trade delle informazioni di mercato;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
120

specifiche previsioni per l’ammissione degli strumenti finanziari sui mercati
regolamentati;

le regole per l’ammissione degli operatori ai mercati regolamentati ed agli MTF;

la disciplina delle comunicazioni delle operazioni alle autorità competenti (transaction
reporting);
la disciplina applicabile ai sistemi di clearing e settlement
MiFID rappresenta quindi un’importante opportunità e si articola secondo una normativa che
punta a rafforzare:

la tutela dei risparmiatori e degli investitori;

l’uniformità di regole di condotta nei rapporti tra intermediari finanziari e clienti;

la trasparenza delle operazioni realizzate dagli intermediari finanziari per conto della
clientela, anche in termini di costi.
La tutela dei risparmiatori in particolare è stata attuata dagli intermediari classificando la
clientela in tre distinte categorie, elaborate sulla base delle conoscenze in ambito finanziario,
associando ad ognuna un appropriato e distinto livello di tutela e di rapporti contrattuali :

clientela privata

clientela professionale

operatore qualificato
Quanto sopra è stato realizzato facendo sottoscrivere a tutti i clienti un questionario che
ponesse in evidenza :

esperienza e conoscenza in materia di investimenti su strumenti finanziari

obiettivi di investimento

situazione finanziaria

finalità di tutela assicurativa
Ne consegue che le proposte di investimento dovranno essere correlate al profilo di rischio
dichiarato e sottoscritto dal cliente.
Un ulteriore importante innovazione a tutela dei risparmiatori è stata l’introduzione della
figura del consulente finanziario indipendente che , a differenza del promotore finanziario ,
non viene pagato dalla società emittente i prodotti finanziari, ma dal risparmiatore in base ad
un preciso rapporto contrattuale.
3.2.5
Gli intermediari finanziari
L’espressione intermediari finanziari indica tutti quei soggetti che si interpongo tra investitori
e mercato per l’esecuzione delle scelte finanziarie. Fino a qualche anno fa il discorso era
limitato alla distinzione tra banche e intermediari finanziari non bancari in generale, mentre
dall’approvazione del Testo unico della finanza il quadro si è arricchito di nuovi soggetti,
ognuno con proprie competenze ed ambito di operatività ossia: le imprese di investimento, le
società di gestione del risparmio (Sgr), le società di gestione armonizzate, le società di
investimento a capitale variabile (Sicav), gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto
dall’articolo 107 del Testo unico bancario (Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385), ossia
intermediari che svolgono un’elevata attività finanziaria, e le banche autorizzate all’esercizio
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
121
dei servizi di investimento. Da non dimenticare poi altre due categorie di soggetti che
rientrano tra gli attori dell’intermediazione: gli agenti di cambio e i promotori finanziari. Per
imprese di investimento si intendono le società di intermediazione mobiliare (Sim), le imprese
di investimento comunitarie e le imprese di investimento extracomunitarie e sono società
autorizzate a svolgere i servizi di investimento, ossia operazioni di negoziazione su strumenti
finanziari. Le società di gestione del risparmio, le società di gestione armonizzata e le Sicav
sono i soggetti a cui è riservata l’attività di gestione collettiva del risparmio. Il comportamento
di tutti questi è sottoposto a stringenti regole di vigilanza che hanno per scopo la trasparenza
e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati, avendo
riguardo alla tutela degli investitori e alla stabilità, alla competitività e al buon funzionamento
del sistema finanziario. La Consob con l’atto R. 11522/1998, regolamenta l’attività dei soggetti
che prestano servizi di investimento a terzi assicurando le relative tutele ai sottoscrittori.
3.2.6 La vigilanza
La vigilanza è affidata a Banca d’Italia, competente per quanto riguarda il contenimento del
rischio e la stabilità patrimoniale e Consob, competente per quanto riguarda la trasparenza e
la correttezza dei comportamenti, che esercitano i poteri di vigilanza ognuna sulle materie di
competenza, operando, però, in modo coordinato e dandosi reciproca comunicazione dei
provvedimenti assunti e delle irregolarità rilevate. L’attività di vigilanza di Consob e Banca
d’Italia si sviluppa a tre livelli: regolamentare, informativa e ispettiva. La vigilanza
regolamentare riguarda il compito di disciplinare con regolamento l’adeguatezza
patrimoniale, il contenimento del rischio, ossia l’obbligo di diversificare gli investimenti
finanziari, l’organizzazione amministrativa e contabile, i controlli interni, le modalità di
deposito e di sub-deposito degli strumenti finanziari e del denaro di pertinenza della clientela,
i criteri e i divieti relativi all’attività di investimento, gli schemi e le modalità di redazione dei
prospetti contabili, i criteri e le modalità per la valutazione dei beni e dei valori in cui è
investito il patrimonio, il comportamento da osservare nei rapporti con gli investitori e gli
obblighi informativi nella prestazione dei servizi. La vigilanza informativa riguarda la possibilità
da parte di Banca d’Italia e Consob di chiedere ai soggetti abilitati la comunicazione di dati e
notizie e la trasmissione di atti e documenti. Infine, la vigilanza ispettiva riguarda la possibilità
di Banca d’Italia e Consob di effettuare ispezioni e richiedere l’esibizione dei documenti e il
compimento degli atti ritenuti necessari presso i soggetti abilitati, comunicandosi l’un l’altra le
ispezioni disposte affinché l’altra possa chiedere accertamenti su profili di propria
competenza. La Banca d’Italia e la Consob possono inoltre chiedere alle autorità competenti di
uno Stato comunitario di effettuare accertamenti presso succursali di Sim, di Sgr e di banche
stabilite sul territorio di detto Stato. Un ultimo aspetto su cui porre l’attenzione è il possesso,
da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo aziendali,
dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, stabiliti dal Ministro dell’Economia
e delle Finanze. Infatti, il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica, che viene
dichiarata dal consiglio di amministrazione. In dettaglio sarà affrontato al paragrafo 3.7
3.3
La Borsa Valori e gli intermediari finanziari
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
122
Nell’ambito del mercato finanziario particolare rilievo assume il "mercato mobiliare" che si
caratterizza proprio per l’attitudine dei titoli negoziati alla circolazione e, quindi, al passaggio
da un soggetto economico all’altro, con il conseguente trasferimento della titolarità del
credito. La più alta espressione del mercato mobiliare è rappresentata dalla borsa valori, ossia
dal mercato organizzato e funzionante secondo regole formali, in cui vengono scambiate
azioni di società - per la cui quotazione sono richiesti determinati requisiti - obbligazioni e altri
titoli a reddito fisso.
3.3.1 Organizzazione della Borsa Valori
La Borsa è il mercato regolamentato dove si realizzano gli affari di compravendita finanziaria,
ossia è il mercato organizzato per la negoziazione e lo scambio degli strumenti finanziari
(azioni, obbligazioni e derivati) ad un determinato prezzo, che scaturisce dall’incontro
effettivo tra domanda ed offerta.
Un mercato regolamentato è l’insieme di tutte le emissioni e delle negoziazioni di titoli
rappresentativi di prestiti monetari e di finanziamenti: è un mercato mobiliare basato su una
determinata regolamentazione relativa all’organizzazione e al funzionamento del mercato
stesso. Secondo la disciplina comunitaria, un mercato può essere considerato regolamentato
se possiede specifici requisiti:

La regolarità di funzionamento, ossia gli scambi devono avvenire secondo modalità
predefinite, sia riguardo la fissazione del prezzo, sia riguardo il pagamento e/o il
trasferimento del bene oggetto dello scambio.

Il rispetto degli obblighi di trasparenza definiti dalla direttiva 93/22/CEE, oltre
all’iscrizione, da parte dell’autorità di vigilanza, dello stesso in un apposito albo (come
stabilito dalla disciplina comunitaria).

L’approvazione, da parte dell’organo di vigilanza, delle regole e delle condizioni di
accesso alle modalità di funzionamento.
La regolamentazione del mercato riguardo gli operatori ammessi alle transazioni, gli strumenti
trattati, gli obblighi informativi a cui sono sottoposti i soggetti operanti, il meccanismo di
determinazione del prezzo, le modalità di negoziazione, le procedure di liquidazione, hanno
come obiettivo fondamentale quello di assicurare un’uniformità organizzativa e la
standardizzazione degli strumenti utilizzati. Il mercato regolamentato italiano per eccellenza è
è gestito da Borsa Italiana S.p.A. Dal 2008 tale società di gestione, in conseguenza dell’
avvenuta privatizzazione, è passata sotto il controllo del London Stock Exchange , dando vita
al piu’ grande mercato borsistico europeo .
3.3.2 Evoluzione dei mercati regolamentati in Italia e costituzione della Borsa Italiana
s.p.a.
Attraverso la legge n. 1 del 2 gennaio 1991 è stato istituito il Consiglio di Borsa (divenuto
operativo nel febbraio 1993) con il compito di gestire il MERCATO MOBILIARE nel suo
complesso; tutte le competenze organizzative, tecniche e consultive dei precedenti organi
locali sono state accentrate nell’unico organo di "autogoverno pubblicistico" creato, mentre
l’attività di vigilanza, gestione e organizzazione dei mercati è rimasta in capo alla CONSOB.
Con il Decreto Legislativo EUROSIM, n.415 del 23 luglio 1996, l’attività di organizzazione e
gestione dei mercati regolamentati è passata dal controllo di organismi pubblici, ad attività
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
123
d’impresa privata esercitata da società per azioni (art. 46): questo è stato il segnale della
trasformazione dei mercati regolamentati da pubblici a privati. La gestione dei mercati
regolamentati già esistenti (Borsa valori, il Mercato Ristretto, l’IDEM, l’MTS, e il MIF) è stata
affidata a due società di gestione opportunamente costituite e controllate da intermediari
finanziari: BORSA ITALIANA S.p.A., MTS S.p.A. Il 7 febbraio 1997 il Consiglio di Borsa ha
costituito, dopo approvazione della CONSOB, una società per azioni denominata BORSA
ITALIANA S.p.A. il cui azionariato è composto da Banche, SIM, associazioni di emittenti ed altri
attori del mercato, e contemporaneamente sono state chiuse le preesistenti Borse valori sul
territorio nazionale italiano e tutti gli scambi sono stati concentrati presso la sede di Milano,
diventata Borsa valori italiana. A partire dal 1° gennaio 1998 la Borsa Italiana S.p.A. è divenuta
una società di gestione dei mercati operativa a tutti gli effetti dal 1° settembre 1998 e retta da
uno specifico regolamento (Regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana
S.p.A.). Attualmente tale società, dopo la sua privatizzazione, è controllata da “ London Stock
Exchange group” , gruppo che controlla il mercato di Londra , per cui attualmente gestisce i
mercati mobiliari italiani, svolgendo attività organizzative, produttive, commerciali e
promozionali per assicurare la competitività e lo sviluppo dei mercati da essa gestiti, con
l’obiettivo di massimizzare nel tempo la possibilità per i vari soggetti di negoziare alle migliori
condizioni di liquidità, trasparenza e competitività e di sviluppare servizi per la comunità
finanziaria, perseguendo la massima efficienza e redditività. In particolare, svolge le seguenti
funzioni:

Definizione dell’organizzazione e del funzionamento dei mercati, delle modalità di
accesso degli intermediari, nonché attività di vigilanza e di gestione delle situazioni di
crisi;

Definizione della disciplina dei requisiti per l’ammissione a quotazione, della
sospensione degli operatori e degli strumenti finanziari e revoca della stessa;

Gestione delle procedure e dei rapporti con gli emittenti per i contratti di quotazione;
Definizione dei profili organizzativi e stesura del codice di comportamento dei soggetti
operanti sui mercati.
Fino al 1991 l’attività di negoziazione è stata esercitata esclusivamente dagli agenti di cambio,
anno in cui sono state istituite le Società di Intermediazione Immobiliare (SIM). Oggi, in base
all’articolo 3.1.1 del Regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.
"possono partecipare alle negoziazioni nei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa italiana:

gli agenti di cambio;

le banche nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento
dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o di terzi ai sensi del Testo Unico della
finanza;

le imprese di investimento nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo
svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o per conto di terzi ai sensi
del Testo Unico della finanza;

i locals (soggetti che svolgono esclusivamente attività di negoziazione per conto proprio
e che aderiscono indirettamente agli organismi di compensazione e di liquidazione,
nonché di compensazione e garanzia) con sede legale in uno stato comunitario ed
autorizzati a negoziare su un mercato comunitario".
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
124
Sempre nel 1991 (il 25 novembre) è stato creato il sistema di contrattazione telematico
esteso, nel febbraio 1996, a tutti gli strumenti finanziari quotati. In tale data è stato
definitivamente abbandonato il tradizionale meccanismo di contrattazione "alle grida" (o a
chiamata): la contrattazione di un titolo avveniva in un determinato momento della seduta di
Borsa, durante la quale gli intermediari, intorno ad un recinto (corbeille) gridavano i prezzi ai
quali erano disposti a vendere o ad acquistare finché non si trovava una controparte che
accettasse la vendita o l’acquisto a quel determinato prezzo. Oggi tutti gli strumenti finanziari
vengono negoziati attraverso il sistema telematico della Borsa valori, costituito da una rete di
elaboratori e terminali, che permette di gestire automaticamente l’incrocio tra la domanda e
l’offerta. Per vendere ed acquistare non è più necessario recarsi in un luogo specifico: lo
scambio si perfeziona nel momento in cui una proposta di acquisto, immessa nel sistema
telematico tramite un programma elettronico particolare, combaci con una proposta di
vendita, anch’essa immessa con lo stesso sistema. In Borsa, oggi, le transazioni si realizzano
senza che i venditori e gli acquirenti si parlino o si conoscano e visto che non ci si trova più in
un luogo fisico, è possibile riversare nello stesso istante nel sistema borsistico telematico
molteplici offerte di vendita e di acquisto, ciascuna relativa ad uno qualsiasi degli strumenti
finanziari trattati sul mercato: il programma elettronico provvede a mettere in ordine tutte le
proposte, distinguendo quelle di acquisto da quelle di vendita e incrociando quelle coincidenti
di segno opposto.
Premesso che ci sono diverse modalità per investire nel mercato di borsa:

Investire direttamente, prendendo le decisioni personalmente;

Affidarsi ad un intermediario per una gestione personalizzata dei propri risparmi;

Investire in fondi pensione, assicurazioni vita, affidando ai gestori tutte le scelte e le
decisioni;
L’acquisto o la vendita di azioni e più in generale di tutti gli strumenti finanziari, non può
essere fatta dal singolo investitore, o dalla generica impresa ma solo dagli intermediari
finanziari o dalle SIM autorizzate, questo al fine di garantire la massima sicurezza e
trasparenza delle transazioni.
La Borsa Italiana S.p.A. gestisce diversi mercati al fine di fornire un efficiente canale di
finanziamento adatto a tutte le tipologie di valori quotati; in linea di principio per ogni
strumento c’è un mercato diverso. Ad un primo livello, la Borsa Italiana può essere suddivisa
in CINQUE grossi segmenti:
1.
2.
3.
4.
IL MERCATO AZIONARIO, nel quale si negoziano tutti i tipi di azioni, le obbligazioni
convertibili, i diritti d’opzione, i warrant, i cover warrant e i certificati rappresentativi di
quote di fondi chiusi mobiliari ed immobiliari.
IL MERCATO TELEMATICO DEI COVERED WARRANTS, nel quale si negoziano i Covered
Warrant (su azioni, titoli di Stato, tassi di interesse, valute, indici e merci) e dei
certificates quotati in Borsa.
IL MERCATO AFTER HOURS, nel quale si effettua la negoziazione di strumenti finanziari
in orari successivi alla chiusura del mercato diurno.
IL MERCATO DEL REDDITO FISSO, ossia il mercato telematico delle obbligazioni e dei
Titoli di Stato
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
125
5.
MERCATO DEI DERIVATI, nel quale sono negoziati contratti futures e di opzione aventi
come attività sottostante strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi
indici.
1: IL MERCATO AZIONARIO DI BORSA ITALIANA si articola in tre mercati: il Mercato
Telematico Azionario (Mta), il Mercato Ristretto e il Nuovo Mercato.
IL MERCATO TELEMATICO AZIONARIO (MTA): è il comparto della Borsa valori italiana in cui si
negoziano azioni (ordinarie, privilegiate e di risparmio), obbligazioni convertibili, warrant,
diritti d’opzione e certificati rappresentativi di quote di fondi mobiliari e immobiliari chiusi
quotati in Borsa (art.1.3 del regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana
S.p.A.). L’Mta è gestito dalla Borsa Italiana S.p.A. (società di gestione) secondo le norme
previste nel regolamento deliberato dall’Assemblea ordinaria della stessa società il 20
dicembre 1999 e approvato dalla CONSOB con delibera n. 12324 del 19 gennaio 2000. Dal
1991 il mercato azionario è divenuto un mercato telematico, e l’adozione di tale modalità di
contrattazione ha sostituito quella "alle grida", inizialmente, per una rosa ristretta di azioni,
successivamente (aprile 1994), per tutto il listino azionario. L’Mta è un mercato ad asta, in cui
le negoziazione e gli scambi degli strumenti finanziari avvengono attraverso un meccanismo
d’asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio si compie tra chi offre il prezzo più
basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in domanda. I titoli sono scambiati attraverso un
meccanismo a doppio lato (two side): le offerte di prezzo vengono fatte sia dagli acquirenti
che dai venditori delle azioni. Il sistema telematico, gestito dalla SIA, visualizza le proposte di
negoziazione all’interno di un libro (book) che compare sui terminali degli operatori
autorizzati. A partire dal 2 aprile 2001, con l’avvio dell’operatività del segmento STAR, il
Mercato Telematico Azionario è stato suddiviso in base alla capitalizzazione degli strumenti
negoziati, nei seguenti segmenti:
BLUE CHIPS, è il segmento dedicato alle azioni con capitalizzazione superiore ad un livello
attualmente stabilito in 800 milioni di euro, in cui sono comprese tutte le società inserite del
Mib30 (i 30 principali titoli per capitalizzazione e liquidità), e le società del Midex (le 25 società
successive per capitalizzazione a quelle comprese nel Mib30).
STAR, è il segmento che riguarda le aziende con capitalizzazione medio – piccola, inferiore a
800 milioni di euro, che operano nei settori più tradizioali dell’economia; tali aziende, per
incrementare la visibilità e la qualità della propria immagine sul mercato e rientrare nel target
degli investitori istituzionali, si impegnano a soddisfare requisiti più pressanti legati al
flottante, alla trasparenza dell’informativa societaria, al sostegno della liquidità da parte di
uno specialista.
SEGMENTO DI BORSA ORDINARIO, nel quale sono presenti società che non rientrano nei
segmenti precedenti, esso è suddiviso a sua volta in due classi in funzione della loro liquidità,
misurata in termini di frequenza e controvalore medio giornaliero degli scambi. MTF, è il
segmento su cui si negoziano ETF (Exchange – Traded Funds) e Funds (Aperti indicizzati, SICAV
Indicizzate, Fondi chiusi Immobiliari e Mobiliari).
Il MERCATO RISTRETTO: è il mercato nel quale si negoziano contratti di compravendita relativi
ad azioni, obbligazioni, warrant e diritti d’opzione con requisiti meno stringenti rispetto a
quelli previsti per l’ammissione sull’Mta o comunque legati a condizioni particolari, come
clausole di prelazione e gradimento. I titoli quotati su tale mercato sono emessi da società di
dimensione mediamente inferiore rispetto a quelle presenti sull’Mta; esso svolge funzione di
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
126
banco di prova sia per l’emittente dei titoli sia per l’investitore. E’ stato istituito nel 1977,
dopo l’approvazione della legge n.° 49 del 23 febbraio 1977, che ne ha originariamente
disciplinato il meccanismo di funzionamento. La sua istituzione aveva una precisa finalità:
consentire la quotazione e la negoziazione di strumenti finanziari non ancora "maturi" per
essere ammessi sulla Borsa ufficiale, pur facendo registrare numerosi scambi o essendo legati
a clausole particolare di prelazione e gradimento, tali da non consentire il regolare
svolgimento delle negoziazioni di Borsa. In realtà oggi il Mercato Ristretto non rispecchia le
finalità previste dal legislatore e dell’originale previsione mantiene solamente le regole di
funzionamento e i requisiti di ammissione semplificati rispetto agli altri mercati.
IL NUOVO MERCATO: è il mercato regolamentato organizzato e gestito dalla Borsa Italiana
S.p.A., in cui si negoziano, per qualsiasi quantitativo, azioni ordinarie, obbligazioni convertibili,
warrants e diritto d’opzione di emittenti nazionali ed esteri con elevate potenzialità di crescita
operanti sia in settori innovativi, sia tradizionali purchè caratterizzate da innovazioni di
prodotto, servizio o processo ("high growth companies"). Il Nuovo Mercato è stato costituito
nel maggio del 1999 al fine di creare un segmento borsistico per rispondere alle specifiche
esigenze di finanziamento delle imprese operanti in settori molto dinamici, innovativi e ad alto
potenziale di sviluppo. Si tratta di imprese operanti in settori ad alto sviluppo tecnologico, di
imprese operanti in settori "tradizionali" ma che puntano sull’innovatività dei processi e dei
prodotti, società giovani (start – up) che necessitano di capitali per sviluppare i propri progetti,
società già quotate su altri mercati esteri che desiderano allargare la propria base azionaria. I
requisiti di ammissione al Nuovo Mercato sono meno stringenti rispetto a quelli del listino
principale; basta la pubblicazione ed il deposito di un solo bilancio d’esercizio, senza nessun
vincolo minimo di utile, fatturato o dimensione dell’attivo; offerta minima pari al 20% del
capitale, con deroga in caso di doppia quotazione (quotazione su 2 o più mercati); l’offerta
minima di azioni deve avere un controvalore di almeno 5 milioni di euro (quasi 10 miliardi di
lire); patrimonio netto non inferiore a 1,5 milioni di euro. Al Nuovo Mercato generalmente si
rivolgono sia società già esistenti e che hanno progetti di espansione, sia società che hanno da
poco iniziato l’attività con delle idee da finanziare, ma fatturati ridotti (anche se con forti
prospettive di crescita) e forti perdite (legate al sostenimento dei costi di avvio dell’attività).
Dal punto di vista operativo il Nuovo Mercato segue gli stessi orari e procedure di
negoziazione del segmento principale di borsa, solamente che a differenza di questo non
esistono lotti minimi di negoziazione: è possibile acquistare o vendere anche una sola azione,
questo allo scopo di facilitare la partecipazione agli investimenti anche al piccolo
risparmiatore. In tal senso il Nuovo Mercato offre vantaggi sia alle aziende, le quali hanno una
procedura di quotazione più semplice, sia agli investitori, i quali hanno la possibilità di
impegnare somme di denaro anche contenute con le stesse garanzie di trasparenza che
caratterizza la borsa tradizionale.
2. IL MERCATO TELEMATICO DEI COVERED WARRANTS è il comparto della Borsa valori
italiana sul quale sono negoziati covered warrants (su azioni, titoli di stato, tassi d’interesse,
valute, indici e merci) e Certificates quotati in Borsa, per quantitativi minimi (lotto minimo) o
loro multipli. Esso è un mercato ad asta, in cui la negoziazione e lo scambio degli strumenti
finanziari avvengono attraverso un meccanismo d’asta, che fa incontrare domanda ed offerta:
lo scambio si effettua tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in
domanda. Con lo scopo ultimo di rendere più facilmente consultabile il listino dei covered
warrant è stata introdotta una segmentazione che, pur non avendo nessuna differenza nelle
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
127
modalità di negoziazione, ripartisce gli strumenti in classi omogenee per tipologia di struttura:
segmento plain vanilla, benchmark, certificates e segmento strutturati/esotici. Possono essere
ammessi a quotazione sul MCW (in base all’art.2.2.15 del Regolamento dei mercati
organizzati) i covered warrant emessi da: società o enti nazionali o esteri sottoposti a vigilanza
prudenziale; Stati o enti sovranazionali; società o enti per i quali i rapporti obbligatori connessi
all’emissione siano garantiti da un soggetto (garante) che presenti i requisiti specificati nello
stesso regolamento.
3. IL MERCATO AFTER HOURS
Dal 15 maggio 2000 la Borsa italiana ha dato vita ad una fase di negoziazione serale (Trading
After Hours, TAH); questa ha inizio alle ore 18.00 (30 minuti dopo la conclusione della fase
diurna) e termina alle 20.30 ( a regime, vi sarà l’estensione di tale orario fino alle 22.00).
Attualmente, in tale mercato sono negoziati solo una parte dei titoli quotati alla Borsa italiana
e soprattutto solo quelli più liquidi, cioè quelli che fanno parte dell’indice Mib30 e del Midex,
ed alcune azioni e covered warrant del Nuovo Mercato. La negoziazione degli strumenti
finanziari avviene attraverso un meccanismo ad asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo
scambio ha luogo tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in
domanda. Il progetto della Borsa serale è stato creato sulla base delle nuove esigenze
espresse dagli investitori italiani e stranieri ed ha incontrato anche il consenso degli
intermediari che possono così ampliare l’offerta dei servizi a risparmiatori ed investitori.
Tuttavia la fase serale della Borsa italiana presenta vincoli più restrittivi rispetto a quelli in
vigore durante la fase diurna: visto l’aspetto ancora sperimentale di questo mercato e i timori
di illiquidità degli scambi (scarsità delle proposte di acquisto e vendita possono causare
un’elevata volatilità dei prezzi) la Borsa italiana ha deciso di fissare a +/- 3,5% l’oscillazione
massima dei prezzi di contrattazione al prezzo di riferimento registrato durante la fase diurna
che fa scattare la sospensione del titolo. Tale vincolo, nonostante sia posto a protezione del
risparmiatore, ha limitato il successo di questo mercato in quanto oscillazioni troppo limitate
dei prezzi costituiscono un vero e proprio freno all’operatività dei trader.
4. IL MERCATO DEL REDDITO FISSO
Il Mercato Telematico delle Obbligazioni e dei Titoli di Stato (MOT) è il comparto della Borsa
Italiana S.p.A. in cui si negoziano obbligazioni diverse dalle obbligazioni convertibili e Titoli di
Stato, in quantitativi minimi (lotti minimi) o lo multipli (art.4.4.1 del regolamento dei mercati
organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.); la Borsa Italiana stabilisce i quantitativi minimi
negoziabili bilanciando, le esigenze di funzionalità del mercato, l’agevolazione all’accesso al
mercato stesso da parte degli investitori istituzionali e l’economicità nell’esecuzione degli
ordini. Il MOT è un mercato finanziario al dettaglio, nato nel luglio del 1994 dall’unificazione in
un unico mercato telematico delle 10 borse valori italiane. Esso è un mercato ad asta, in cui il
sistema di negoziazione è strutturato in maniera da accoppiare gli ordini sulla base del prezzo
(la priorità è data a chi è disposto a pagare di più) e delle quantità e, a parità di prezzo, si da la
precedenza all’ordine emesso per primo. Le transazioni scaturiscono dall’incrocio di proposte
di negoziazioni (PDN); le PDN sono ordinate automaticamente per ciascun strumento in
ordine di prezzo, decrescente se in acquisto e crescente se in vendita. Gli strumenti finanziari
negoziati sul MOT sono suddivisi in quattro segmenti di mercato, in base alla natura
dell’emittente e del tipo di interesse:

BOT, BTP, CTE, CTZ;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
128

CCT e CTO;

Obbligazioni denominate in euro;

Obbligazioni denominate in altre valute estere.
Inoltre, l’art.4.4.2 del Regolamento stabilisce una ulteriore ripartizione degli strumenti di ogni
segmento sulla base di indicatori rilevati periodicamente quali il tipo, valore nominale e la
liquidità. Gli orari di negoziazione sono diversi per ciascun segmento: la Borsa stabilisce limiti
alle variazioni massime di prezzo e altre condizioni per assicurare il massimo ordine nello
svolgimento delle negoziazioni. Inoltre queste avvengono in due fasi successive:
L’asta di apertura, che ha l’obiettivo di selezionare gli strumenti finanziari negoziabili e di
determinare un prezzo iniziale (prezzo di apertura). La negoziazione in continua, che ha il
compito di rendere rapido ed efficiente lo svolgimento delle transazioni.
Ogni giorno la Borsa Italiana invia e diffonde, tramite supporto informatico, il Listino Ufficiale.
5.
MERCATO DEI DERIVATI
Il Mercato Italiano dei derivati si suddivide in due segmenti:
Il Mercato Italiano dei Derivati Azionari (IDEM – Italian Derivatives Market) Il Mercato
Italiano dei Derivati sui tassi di Interesse (MIF)
L’IDEM è il mercato regolamentato gestito dalla Borsa Italiana S.p.A., in cui vengono negoziati
contratti futures e contratti d’opzione che hanno come attività sottostante indici e singoli
titoli azionari. L’IDEM è nato il 28 novembre 1994, con l’avvio delle negoziazioni telematiche
sul FIB 30 (future sull’indice MIB30). Le modalità di negoziazione avvengono in un’unica fase
"in continua", dalle 9.15 alle 17.40, in cui avviene anche la conclusione dei contratti. Le
proposte di negoziazione sono immesse nel "book" in forma anonima e devono contenere
specifiche informazioni circa lo strumento oggetto della negoziazione, la quantità , il tipo di
operazione, il tipo di conto e le condizioni offerte. Caratteristica principale di questo mercato
è che gli scambi possono essere effettuati attraverso la presenza di operatori chiamati
"market makers" (iscritti nell’apposito albo), al fine ultimo di garantire la liquidità degli
strumenti negoziati. Essi, infatti, sono degli intermediari finanziari che si impegnano a fornire
in via continuativa proposte di acquisto e vendita su uno o più strumenti finanziari, quotati sui
mercati regolamentati, per un ammontare minimo fissato di tali strumenti. Un investitore che
desidera operare sugli strumenti finanziari negoziati sull’IDEM deve rivolgersi ad un
intermediario, che confermi la sua adesione come clearing member alla Cassa di
Compensazione e Garanzia; in particolare i soggetti abilitati ad operare sull’IDEM sono:

Imprese d’investimento: SIM e imprese d’investimento comunitarie ed extracomunitarie; Banche, se autorizzate dalla Banca d’Italia;

Agenti di cambio ancora in carica, operanti solo come broker, immettendo ordini solo
per i loro clienti e non propri.
I contratti conclusi sono registrati in un apposito archivio elettronico, indicando una serie di
informazioni (numero progressivo del contratto, l’ora di inserimento della proposta, la
quantità e il prezzo unitario ecc.): tali informazioni sono inviate automaticamente dal sistema
di riscontro e rettifica giornalieri al sistema di compensazione e garanzia.
Il Mercato Italiano dei Derivati sui tassi di interesse (MIF), è il mercato regolamentato sul
quale si negoziano i futures e le opzioni aventi come attività sottostante Titoli di Stato e tassi
di interesse (future sul BTP a 10 anni, future sul BTP a 30 anni, future sul tasso EURIBOR a 1
mese e opzione sul BTP future). Il MIF è stato istituito il 18 febbraio 1992 con un decreto del
Ministero del Tesoro, abrogato e sostituito dal nuovo decreto del 24 febbraio 1994 con il
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
129
quale si è sancita una convenzione per il funzionamento e si è costituito un Comitato di
Gestione. A seguito della privatizzazione dei mercati avvenuta con il decreto legislativo del 23
luglio 1996, nell’anno 1997 è stata costituita la società per azioni MIF S.p.A. , ceduta alla Borsa
Italiana S.p.A. nel maggio del 1998. Il funzionamento, l’organizzazione e la gestione del MIF
sono disciplinati da un Regolamento che stabilisce:

Le condizioni di ammissione;

L’esclusione e la sospensione dei contratti e degli operatori;

Le modalità di svolgimento delle negoziazioni,

Gli obblighi degli operatori;

La pubblicazione e la diffusione delle informazioni.
In base all’articolo 3.1.1 del Regolamento del MIF si stabilisce che possono partecipare alle
negoziazioni: Gli agenti di cambio autorizzati alla negoziazione per conto terzi (Testo Unico
della Finanza); Le banche nazionali, comunitarie, ed extracomunitarie autorizzate allo
svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o per conto terzi (Testo Unico
della finanza); Le imprese di investimento nazionali, comunitarie ed extracomunitarie
autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o per conto terzi
(Testo Unico della Finanza);
I locals, con sede legale in uno stato comunitario ed autorizzati a negoziare su un mercato
comunitario;
La Banca d’Italia, ammessa di diritto alle negoziazioni.
A fine 2007 è partito, con scarsi risultati, un nuovo mercato denominato Mercato Alternativo
dei Capitali (MAC) destinato ad agevolare l’accesso dei capitali di rischio da parte delle PMI
italiane.
3.4 GLI INTERMEDIARI FINANZIARI
3.4.1 Inquadramento generale
Dopo il quadro normativo occorre ricordare che sotto l’aspetto funzionale , il sistema
finanziario assolve a tre compiti di natura
1. Monetaria: attraverso la creazione e la movimentazione dei mezzi di pagamento;
2. Creditizia: attraverso il trasferimento delle risorse finanziarie dalle unità economiche in
avanzo finanziario a quelle in disavanzo;
3. di politica monetaria attraverso la trasmissione della politica economica
Analizzeremo ora in particolare i principali intermediari finanziari presenti sul mercato
effettuando una distinzione “grossolana” in funzione dell’attività svolta .
A
intermediari abilitati ad offrire servizi d'investimento a privati e persone giuridiche:
(per servizi di investimento si intende l’offerta di prodotti finanziari a terzi al fine di
raccogliere disponibilità finanziarie)

società di intermediazione mobiliare (sim) italiane: possono essere autorizzate dalla
Consob ad offrire tutti i servizi di investimento. Una verifica può essere fatta nella
sezione Intermediari del sito Consob; E' previsto dall'art. 20 del d.lgs. n. 58/1998 e
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
130
contiene:- elenco Sim; sezione imprese extracomunitarie; e sezione speciale società
fiduciarie All'albo è allegato l'elenco delle imprese di investimento comunitarie:- con
succursale in Italia e- senza succursale
banche italiane: possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia ad offrire tutti i servizi di
investimento;
società di gestione del risparmio (sgr) italiane: possono essere autorizzate dalla Banca
d'Italia all'esercizio dell'attività di gestione individuale di patrimoni; la verifica può
essere fatta sul sito della banca d’italia sezione Funzioni di Vigilanza;
intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'art. 107 del Testo Unico bancario
e tenuto dalla Banca d'Italia: possono essere autorizzati solo alla negoziazione in conto
proprio di strumenti finanziari derivati e al collocamento
banche di paesi comunitari: possono offrire i servizi per i quali sono state autorizzate
dall'autorità di vigilanza del paese d'origine; la verifica può essere fatta presso gli uffici
della Banca d'Italia;
imprese di investimento di paesi comunitari: possono offrire i servizi per i quali sono
state autorizzate dall'autorità di vigilanza del paese d'origine; la verifica può esser fatta
nella sezione Intermediari del sito Consob;
banche extracomunitarie: possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia ad offrire tutti
i servizi di investimento; la verifica può essere fatta presso gli uffici della Banca d'Italia;
agenti di cambio iscritti nel ruolo unico nazionale tenuto dal Ministero del tesoro:
possono svolgere l'attività di negoziazione per conto terzi, collocamento, gestione
individuale e ricezione e trasmissione di ordini nonchè mediazione; la verifica può essere
fatta presso il Ministero del tesoro
I soggetti abilitati operano normalmente presso le loro sedi e dipendenze, dove il
risparmiatore si reca per effettuare investimenti. A volte, però, la promozione ed il
collocamento di servizi di investimento o prodotti finanziari viene svolta "fuori sede",e quindi
anche presso il domicilio del risparmiatore. Il nostro ordinamento ha ritenuto che in questi
casi il risparmiatore deve essere particolarmente tutelato, prevedendo che:


i soggetti abilitati si avvalgono di promotori finanziari, iscritti, dopo aver superato un
esame, in un albo tenuto dalla Consob consultabile nella sezione "Intermediari " del sito,
dove il risparmiatore può verificare l'effettiva iscrizione del promotore;
il risparmiatore ha 7 giorni di tempo dalla sottoscrizione per esercitare la facoltà di
ripensamento e recedere dal contratto senza spese.
Nel parlare di servizi d’investimento si focalizza l’attenzione su soggetti che intendono
investire le loro attività finanziarie . Poiché nella decisione d’investimento entrano in gioco sia
fattori oggettivi che soggettivi standardizzare è difficile per cui è opportuno capire quali
fattori vanno tenuti presenti nella scelta di un investimento .
B
intermediari abilitati ad offrire altri servizi finanziari
In questa categoria rientrano tutti gli intermediari finanziari che possono esercitare:
le seguenti attività previste dall’art. 106 del T.U.:
–
assunzione di partecipazioni;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
131
–
–
–
–
concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma;
prestazione di servizi di pagamento (carte di credito)
intermediazione in cambi;
soggetti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di concessione di
finanziamenti nei confronti del pubblico nella forma del rilascio di garanzie
tutto svolto con le caratteristiche professionali
In realtà gli intermediari creditizi veri e propri sono quelli orientati al margine da interesse
per cui troviamo banche, soc. di credito al consumo,di leasing,di factoring, mentre altri
intermediari orientati alle commissioni ma che svolgono attività creditizia sono emittenti carte
,confidi, merchant bank
C
intermediari abilitati ad offrire servizi monetari e di pagamento
L’art. 114-bis del Testo unico bancario ha riservato l’emissione della moneta elettronica alle
banche e agli IMEL, prevedendo per questi ultimi una specifica disciplina. Essa è volta a
favorire lo sviluppo della moneta elettronica, attraverso l’introduzione di un quadro
normativo neutro rispetto alle soluzioni tecnologiche prescelte per la sua realizzazione, e a
preservare l’affidabilità degli IMEL attraverso l’adozione di un regime di vigilanza prudenziale
calibrato sulle specificità di tali intermediari e ispirato al paradigma della sana e prudente
gestione. L’IMEL esercita in via esclusiva l’attività di emissione della moneta elettronica
attraverso la trasformazione immediata delle somme ricevute in moneta elettronica. In
relazione all’esercizio di tale attività, l’IMEL cura altresì la gestione degli investimenti
consentiti a fronte della moneta elettronica emessa. L’IMEL può, inoltre, svolgere attività
connesse e strumentali a quella principale nonché prestare taluni servizi di pagamento; ad
esso è comunque preclusa la concessione di crediti sotto qualsiasi forma. La moneta
elettronica è un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente,
memorizzato su un dispositivo elettronico; essa rappresenta uno strumento di pagamento
accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall’emittente. La moneta elettronica
è emessa previa ricezione di somme di valore non inferiore al valore monetario emesso. La
ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica non integra la fattispecie della
raccolta del risparmio tra il pubblico. Le somme ricevute dall’IMEL a fronte della moneta
elettronica emessa non costituiscono depositi della clientela;su di esse, pertanto, non sono
corrisposti interessi e le stesse non sono coperte dai sistemi di garanzia dei depositi. Ulteriore
caratteristica della moneta elettronica è il riconoscimento al detentore del diritto al rimborso
della parte di essa non utilizzata. Il rimborso deve essere effettuato al valore nominale in
moneta legale ovvero mediante versamento su un conto bancario, senza applicazione di
ulteriori oneri e spese, fatta eccezione per quelli strettamente necessari per l’effettuazione
dell’operazione. L’IMEL può prevedere che siano esclusi rimborsi per importi inferiori a 5 euro.
La moneta elettronica si distingue sia dagli strumenti di accesso a distanza a depositi bancari
sia da altri strumenti di pagamento, quali le carte di credito nonché le carte prepagate emesse
da fornitori di beni e servizi e utilizzabili esclusivamente presso gli stessi. La moneta
elettronica può avere caratteristiche tecniche e di funzionamento diverse, quali ad esempio:
dispositivi basati sull’utilizzo di un supporto fisico o su software; strumenti nominativi o
anonimi; ricaricabili o meno. Un caso particolarmente interessante è quello di MOBILMAT spa
, primo operatore IMEL in Italia che emette carte prepagate ricaricabili.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
132
3.4.2 I Principi base per l’investimento di attività finanziarie
In materia di risparmio e investimenti occorre tener sempre a mente tre criteri fondamentali:
liquidità, sicurezza e rendimento.
Naturalmente, l’ideale sarebbe poter conseguire risultati positivi per ciascuno di questi tre
fattori, vale a dire ottenere redditi elevati in assoluta sicurezza potendo contare su una
disponibilità costante. In realtà questi tre obiettivi sono inversamente proporzionali. Infatti,
una maggiore sicurezza va a scapito del rendimento, mentre un rendimento più elevato
richiede un compromesso in termini di durata e sicurezza. Solo con una strategia di
investimento equilibrata i tre fattori sono equamente ripartiti a seconda della propensione al
rischio dell’investitore e delle aspettative di rendimento.
Investimenti e rischi
Chi auspica un reddito elevato deve essere necessariamente disposto ad accettare maggiori
rischi. L’andamento di un investimento è strettamente correlato all’orientamento specifico
dell’investimento. I rischi maggiori si corrono investendo in azioni o in valute estere. Per
superare indenni eventuali oscillazioni dei corsi, gli investitori devono puntare a un orizzonte
temporale pluriennale. Man mano che aumenta la durata dell’investimento si riduce, ma non
si esclude, il rischio di perdita. Infine occorre tener presente che i rendimenti passati non sono
garanzia di rendimenti futuri
.
La figura riportata qui sopra illustra chiaramente il conflitto esistente tra rischio (sicurezza) e
rendimento (redditività). È fondamentale sapere che il potenziale di rendimento è
direttamente proporzionale al rischio.
Il Rendimento
Il rendimento di un prodotto finanziario è dato dal rapporto fra il valore finale
dell’investimento e il valore iniziale dell’investimento:
Rendimento = Valore finale/valore iniziale
Il valore finale dell’investimento può essere espresso come somma del valore iniziale
dell’investimento e il guadagno (o perdita) maturato nell’intervallo di tempo preso a
riferimento:
Si definisce tasso di rendimento il rapporto fra il guadagno (o perdita) maturato nell’intervallo
di tempo preso a riferimento e il valore iniziale dell’investimento:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
133
In genere la letteratura finanziaria utilizza il termine “Rendimento” come sinonimo di “Tasso
di rendimento per cui in seguito sarà così utilizzato.
Il guadagno di un investimento può esprimersi sotto tre forme generali:
1. Interesse maturato sul valore nominale del prodotto finanziario
2. Dividendi su quote di partecipazione al capitale sociale
3. Capital gain sulla compravendita di prodotti finanziari
Mentre il capital gain è subito determinato come il guadagno derivante dalla differenza fra il
prezzo di vendita o di rimborso e il prezzo di acquisto o sottoscrizione del prodotto finanziario,
per gli interessi non c’è una forma comune di calcolo e tanto meno per i dividendi una forma
di
assegnazione.
I prodotti finanziari che generano interessi sono definiti titoli di debito: chi acquista un titolo di
debito diviene finanziatore della società o dell’ente che l’ha emesso e si ha il diritto a
percepire periodicamente gli interessi previsti dal regolamento dell’emissione e, alla
scadenza, al rimborso del capitale prestato.
I prodotti finanziari che generano dividendi sono definiti titoli di capitale: chi acquista un titolo
di capitale diviene socio della società emittente ed ha diritto a percepire annualmente il
dividendo sugli utili conseguiti nel periodo di riferimento che l’assemblea dei soci deciderà di
distribuire.
Conoscere i rischi delle alternative di investimento
La scelta di un prodotto finanziario per l’investitore è indirizzata a soddisfare due esigenze:
massimizzare il valore atteso del rendimento dell’investimento e nello stesso tempo
minimizzare il rischio di disinvestire ad un rendimento molto basso rispetto al rendimento
atteso.
Il rischio è quindi il principale strumento insieme al rendimento per la valutazione della qualità
di un investimento.
I principali strumenti utilizzati nell’analisi del rischio di un prodotto finanziario sono tre,
ciascuna delle quali mette in luce aspetti diversi del rischio di un investimento:
Volatilità, Rendiment at Risk, Value at Risk;
La volatilità (s) si rifà al concetto di “scarto quadratico medio” o “deviazione standard” del
calcolo statistico e quindi misura lo scostamento medio di una variabile dal suo valore atteso,
nel caso del rendimento la volatilità da l’idea di quanto si allontana mediamente (cioè con
probabilità del 50%) il rendimento dal suo valore atteso.
Il Rendiment at Risk (RaR) misura lo scostamento massimo del rendimento dal suo valore
atteso fissato il livello di confidenza. Il livello di confidenza è scelto dall’analista, in genere si
sceglie il 95% e rappresenta la probabilità che il rendimento non scenda verso il basso rispetto
al rendimento atteso di una quantità superiore al RaR, ossia la probabilità che lo scostamento
non superi il RaR. Consegue che se scegliamo un livello di confidenza più grande di 95% il
valore RaR diventa più grande e viceversa.
Si può osservare che la volatilità in realtà è il RaR con un livello di confidenza del 50%:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
134
Livello
di
confidenza
Scostamento
FINANZA E IMPRESA
dal
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
rendimento
atteso
135
Il Value at Risk (VaR) misura invece lo scostamento massimo del valore dell’investimento dal
suo valore atteso fissato il livello di confidenza.
Livello
di
confidenza
Scostamento
dal
valore
atteso
dell’investimento
Mentre il RaR da l’idea di quanto possa scendere nei casi più sfortunati il rendimento
dell’investimento rispetto al rendimento atteso, il VaR da l’idea di quanto possa scendere nei
casi più sfortunati il valore dell’investimento rispetto al valore finale atteso.
Il VaR rispetto al RaR riesce a dare una più concreta quantificazione del rischio di un
investimento così come il guadagno è più concreto ed intuitivo del rendimento (o meglio del
tasso di rendimento). Il VaR è oggi uno degli indicatori di rischio più utilizzati grazie alle nuove
metodologie di calcolo e allo sviluppo informatico; l’attenzione per questo indice nasce
soprattutto per la facilità nel confrontare il rischio di prodotti finanziari diversi, fra un
prodotto e un portafoglio finanziario e gli indici di mercato.
Rischio e rendimento
Non tutte le soluzioni di investimento sono indicate in uguale misura per gli investitori privati.
Conoscere la propria propensione al rischio rappresenta un presupposto assolutamente
imprescindibile.
Individuare la strategia di investimento ideale non è per niente facile. Un boom delle borse
determina una maggiore propensione al rischio, mentre in una fase di stagnazione si
propende verso investimenti sicuri. Per definire il proprio profilo di investimento e la propria
propensione al rischio occorre porsi domande mirate e successivamente discuterne con il
consulente o con l’intermediario finanziario.
Al fine di garantire il privato dopo i vari fatti accaduti anche eclatanti come Parmalat e Cirio
l’ABI (Associazione bancaria Italiana) ha promosso l’iniziativa “ Patti Chiari” .
Tali norme di comportamento, poi adottate da tutti gli operatori prevedono che gli
intermediari attraverso una intervista del cliente devono definire il profilo di rischio del cliente
e monitorarlo nel tempo. Questo per tutelare il cliente da potenziali operazioni pericolose per
il suo profilo .
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
136
:
Profili
Obiettivo
d’investimento
Descrizione
Finalità
Investimenti del mercato
Mantenimento del valore con
Sicurezza
monetario e obbligazioni;
reddito regolare
quota azionaria nulla
Mantenimento del valore con
In prevalenza obbligazioni; reddito regolare e incremento del
Reddito
quota azionaria ridotta
valore attraverso una quota
azionaria ridotta
Mantenimento del valore con
Composizione del
reddito regolare e incremento del
Equilibrio
portafoglio equilibrata tra
valore attraverso una modesta
azioni e obbligazioni
quota azionaria
Incremento del valore a lungo
In prevalenza azioni; quota
Crescita
termine attraverso una quota
obbligazionaria ridotta
azionaria superiore alla media
Incremento del valore a lungo
In prevalenza azioni; quota
Utile di capitale
termine attraverso una quota
obbligazionaria nulla
azionaria molto elevata
Profilo di
rischio
Rischio
minimo
Rischio
ridotto
Rischio
medio
Rischio
superiore
alla media
Rischio
elevato
Strategia di investimento
La strategia di investimento determina la diversificazione, vale a dire la ripartizione
dell’investimento tra diverse categorie.
Un portafoglio diversificato ha come obiettivo quello di ottimizzare il rapporto tra rischio e
rendimento, ripartendo l’intero capitale investito su diverse classi di attività e singoli titoli:

Ripartizione tra diversi strumenti di investimento quali azioni, obbligazioni, titoli del
mercato monetario ecc.

Ripartizione tra diverse imprese, settori e Paesi

Ripartizione in base alla valuta
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
137
Gli investimenti in azioni di società differenti saranno caratterizzati da una maggiore stabilità a
livello dei corsi rispetto a quelli in azioni emesse da un’unica azienda. In tal modo il rischio
specifico (o non sistematico) di un titolo si riduce.
Altri fattori determinanti nella scelta della strategia di investimento sono la tolleranza al
rischio, la durata dell’investimento, la fase della vita in cui si trova l’investitore e la sua
situazione patrimoniale:
Tolleranza al rischio
In che misura si è disposti a correre un rischio? La tolleranza al rischio è determinata da due
fattori che influiscono sulla scelta della strategia di investimento:
Capacità di rischio
La capacità di rischio è determinata da criteri
oggettivi. Ponetevi le seguenti domande:
Avrò bisogno del denaro nei prossimi 10 anni?
Devo utilizzare il denaro per la previdenza di
vecchiaia?
Propensione al rischio
La propensione al rischio è determinata da criteri
soggettivi. Ponetevi le seguenti domande:
Sono disposto ad accettare consistenti
oscillazioni dei corsi?
Seguo attivamente l’andamento dell’economia?
Quali sono le mie esperienze nell’ambito delle
operazioni su titoli?
A seconda della tolleranza al rischio esiste un’adeguata strategia di investimento:
Tolleranza al rischio elevata
Tolleranza al rischio ridotta
Strategia di investimento aggressiva:
Strategia di investimento difensiva:
Orizzonte temporale: 5-10 anni
Orizzonte temporale: 3-5 anni
Oscillazioni di valore elevate nel breve periodo Oscillazioni di valore contenute nel breve
Redditi complessivi superiori alla media nel lungo periodo
periodo
Redditi complessivi più contenuti nel lungo
periodo
Durata dell’investimento
Più lungo è l’orizzonte temporale, maggiore è la probabilità di raggiungere i propri obiettivi di
rendimento. Optando per un investimento con un orizzonte piuttosto lungo è possibile far
fronte a rischi più elevati sotto forma di oscillazioni dei corsi. Si corrono rischi elevati
soprattutto scegliendo investimenti in azioni e in valute estere. Poiché le variazioni dei corsi
possono determinare anche cadute, per gli investimenti più rischiosi gli investitori devono
optare per un orizzonte temporale piuttosto lungo. Da alcuni studi è emerso che gli investitori
che scelgono soluzioni rischiose con un orizzonte temporale di oltre 8 anni vengono poi
ricompensati con rendimenti superiori alla media.
Fase della vita
L’evoluzione finanziaria può essere suddivisa in tre fasi:
La prima fase è caratterizzata dalla costituzione del patrimonio; famiglia e carriera svolgono
un ruolo fondamentale.
La fase successiva è segnata dall’incremento del patrimonio; spesso si acquista la casa dei
propri sogni e si prendono importanti decisioni a livello professionale.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
138
Durante la terza fase svolgono un ruolo di primo piano la pianificazione previdenziale e
successoria nonché strategie di investimento mirate al mantenimento del valore del
patrimonio accumulato.
In tutte e tre le fasi le persone tendono a prendere decisioni in numerosi ambiti: dalle imposte
agli investimenti patrimoniali, dalla carriera al finanziamento della proprietà d’abitazione,
dalla costituzione di un’impresa all’educazione dei figli, senza tralasciare la pianificazione
previdenziale, le assicurazioni, l’eredità, la pianificazione successoria, ecc.
Situazione patrimoniale
La scelta della strategia di investimento è legata anche alla propria situazione finanziaria
presente e futura, in base alla quale si opta per la forma di investimento ideale (azioni, fondi,
ecc.). È opportuno porsi le seguenti domande:
Quali saranno la mia situazione patrimoniale e il mio reddito tra 3, 5 o 10 anni?
Si prospettano spese ingenti o si prevede l’acquisto di una casa?
Nel caso di una coppia in cui entrambe i partner percepiscono un reddito, esiste la possibilità
che uno dei due abbandoni o riduca (provvisoriamente) l’attività lucrativa? Sono previste
donazioni o eredità che potrebbero migliorare sensibilmente la situazione patrimoniale?
Esiste una copertura assicurativa adeguata per i rischi d’invalidità e di decesso? In che modo
influisce sul reddito e sul patrimonio?
Scegliere la strategia di investimento ideale non è affatto semplice. È una decisione che
andrebbe analizzata e discussa con uno specialista del settore.
3.5 Gli strumenti finanziari destinati agli investitori
Ai sensi del d. lgs. 58/98 per "strumenti finanziari" si intendono:
a) azioni e altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali;
b) obbligazioni, titoli di Stato e altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali;
c) quote di organismi di investimento collettivo (ossia quote di fondi comuni d'investimento);
d) titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;
e) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati
nelle precedenti lettere, e i relativi indici;
f) contratti "futures" su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui
relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in
contanti;
g) contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci
nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il
pagamento di differenziali in contanti;
h) contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d'interesse, a valute, a merci e ai
relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in
contanti;
i) contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e
i relativi indici, nonché contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui
relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in
contanti; j) combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.
In realtà quanto sopra previsto è possibile classificare in quattro segmenti principali :
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
139
A.
B.
C.
D.
le azioni;
le obbligazioni e i titoli di stato
I fondi comuni e Sicav
i contratti derivati come futures, swaps, opzioni
A
Azioni
Un’azione (o titolo azionario) è il riferimento unitario nella partecipazione alla proprietà di una
S.p.A. (Società per azioni) o di una S.a.p.A. (Società in accomandita per azioni), nel senso che
costituisce quel documento cartaceo nel quale viene attestato il possesso di una quota
unitaria del capitale sociale (c.s.) della società. In questo modo, quindi, il possessore di una
azione si dice che è proprietario di una unità del c.s. della società, o più brevemente che è
proprietario di una quota societaria, e per questo diventa socio della società. Ovviamente,
nulla vieta di possedere più di una azione di una stessa società, nonché di diverse società. Tra
l’altro, gli elementi contenuti nel documento cartaceo sono dettagliatamente elencati
nell’art.2354 del codice civile (c.c.). In realtà va però detto che a partire dal 4/1/99 le azioni
non sono più messe in circolazione sotto forma di documenti cartacei, bensì compaiono
esclusivamente sotto forma di registrazione contabile presso la società emittente e
l’intermediario
finanziario.
Il capitale sociale di una società non è altro che quella voce (espressa in termini monetari), che
compare al passivo del suo bilancio, che contiene l’ammontare complessivo del capitale
apportato dai soci. Questa somma è proprio pari al prodotto tra il numero delle azioni ed il
loro valore nominale, dove il valore nominale di ogni azione è quello stabilito in fase di
emissione uguale per tutte. Successivamente alla nascita della società, il capitale sociale può
subire degli aumenti con conseguente emissione di nuove azioni. Da notare che anche per
tutte le altre società diverse dalle S.p.A. e S.a.p.A. è possibile definire un capitale sociale, però
in questi casi le quote di partecipazione non possono essere costituite da azioni.
Una volta che la società nasce, i soci fondatori possono decidere se continuare a detenere il
100% delle azioni (cioè del c.s. della società) oppure metterne in circolazione una parte. In
questo secondo caso occorre però distinguere due momenti distinti:
1. l’emissione delle azioni sul mercato primario. Durante questa fase i titoli vengono per
la prima volta offerti al pubblico, o perché si è deciso di rendere pubblica una quota
della società oppure perché si sta eseguendo un aumento di capitale sociale con
conseguente emissione di nuove azioni. In genere, le emissioni sul mercato primario
avvengono tramite banche (si pensi, per esempio, alle privatizzazioni di imprese
pubbliche tipo l’E.N.E.L. o all’offerta al pubblico di azioni di società private tipo Tiscali);
2. la quotazione delle stesse azioni su qualche mercato secondario. Una volta emesse sul
mercato primario, le azioni possono infatti circolare liberamente nei cosiddetti mercati
secondari in cui gli investitori che vogliono acquistare o vendere dei titoli si incontrano
tramite intermediari finanziari. Sono esempi di mercati secondari le borse ed i mercati
telematici.
E’ quindi chiaro come nel caso in cui i soci fondatori continuano a detenere il 100% delle
azioni, si tratti di una società non quotata in nessun mercato secondario. Un tipico esempio di
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
140
un
tale
tipo
di
società
è
quello
della
Le azioni possono in generale essere classificate secondo diversi criteri:
Ferrero
S.p.A.
1. possono essere nominative o al portatore:
 sono nominative le azioni che conferiscono al possessore i diritti e gli obblighi
in virtù del fatto che sul titolo stesso è contenuta un’intestazione personale
(nel qual caso la stessa intestazione compare anche in un apposito registro
della società emittente). In pratica tutte le tipologie di azioni devono essere
nominative per legge, con la sola eccezione delle azioni di risparmio;
 sono viceversa al portatore le azioni che conferiscono i diritti e gli obblighi ad
un qualunque soggetto che si trovi in possesso del titolo. E come già detto, è
possibile optare per questa categoria di azioni solo riguardo a quelle di
risparmio;
2. possono altresì essere ordinarie, privilegiate, postergate, di risparmio e per i
dipendenti:
 sono ordinarie le azioni nominative, quotate o non quotate, che conferiscono
al titolare i tradizionali diritti di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie
(dove ogni azione posseduta vale per un voto) nonché il diritto ad una quota
degli eventuali dividendi o ancora ad una quota del patrimonio netto della
società in caso di liquidazione, proporzionalmente al numero di azioni
possedute rispetto al totale. In questi ultimi due casi, occorre però
commisurare i propri diritti a quelli dei possessori delle azioni non ordinarie
(per alcune categorie di azioni non ordinarie, infatti, come si vedrà, sono
previsti alcuni privilegi nella ripartizione dei dividendi e del patrimonio netto in
caso di liquidazione). Esistono poi tutta un’altra serie di diritti e di obblighi per
il titolare di azioni ordinarie che esulano dallo scopo di questo testo (ci si può
ad esempio riferire agli artt. 2347,2350,2351,2352 e 2354 c.c., nonché al
prospetto informativo associato all’emissione);
 sono privilegiate le azioni nominative, quotate o non quotate, che
conferiscono al titolare il diritto di voto solo nelle assemblee straordinarie. Di
contro tali azioni godono di priorità nella ripartizione dei dividendi e del
patrimonio netto della società in caso di liquidazione. Da notare però che
queste tipologie di azioni possono essere emesse per un ammontare non
superiore al 50% di tutto il c.s. della società;
sono postergate le azioni nominative non quotate che conferiscono al titolare
sia dei diritti di voto limitati (solo il voto nelle assemblee straordinarie oppure
addirittura nessun diritto di voto) che delle limitazioni, in termini di
ammontare, nella ripartizione dei dividendi e del patrimonio netto della società
in caso di liquidazione. Di contro, però, queste azioni hanno priorità rispetto
alle azioni ordinarie nella ripartizione del patrimonio netto in caso di
liquidazione della società e nel caso di riduzione del c.s.. Rientrano in questa
categoria anche le azioni di godimento;

FINANZA E IMPRESA
sono di risparmio le azioni, nominative o al portatore (a scelta del socio
azionista), quotate o non quotate, che non conferiscono alcun diritto di voto al
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
141

possessore. Di contro, godono di particolari privilegi patrimoniali come un
dividendo annuo minimo garantito, la priorità nel caso di liquidazione del
patrimonio netto della società, ecc. Anche l’ammontare complessivo di queste
azioni non può superare il 50% di tutto il c.s.;
sono infine per i dipendenti le azioni nominative, quotate o non quotate
espressamente definite dall’art. 2349 c.c. Si tratta di azioni che possono
conferire o meno delle limitazioni nell’esercizio del diritto di voto, e possono
anche conferire dei privilegi patrimoniali. Vengono tuttavia emesse solo in casi
particolari ed esclusivamente a favore dei dipendenti della società.
In tutti i casi di azioni quotate, indipendentemente dai diritti che conferiscono, c’è sempre la
possibilità di realizzare dei guadagni o perdite acquistando e vendendo tali azioni su qualche
mercato
secondario.
Vanno infine chiariti i significati di:
1. ripartizione di dividendi. I dividendi sono una parte degli utili che la società decide di
distribuire ogni anno tra i vari azionisti. E quando capita ciò, si applicano le descritte
priorità tra i possessori delle diverse categorie di azioni;
2. ripartizione del patrimonio netto in caso di liquidazione della società. Una società
può essere liquidata (sciolta) per tutta una serie di ragioni (fallimento, conseguimento
dell’ogget- to sociale o impossibilità nel conseguirlo, ecc.). In ogni caso ciò che importa
è il fatto che il suo patrimonio netto (vale a dire l’insieme del c.s., riserve ed utili
accumulati durante i vari anni di esercizio) deve essere distribuito tra i vari soci.
Nuovamente, quindi, in questa ripartizione si applicano le regole di priorità tra i
possessori delle diverse categorie di azioni precedentemente definite;
3. assemblea ordinaria e straordinaria. In genere una società prende le sue decisioni e le
mette in pratica tramite degli organi sociali. L’assemblea è proprio uno di questi
organi, ed in particolare ha il compito di prendere le decisioni sulla vita della società.
Per le decisioni di ordinaria amministrazione (approvazione del bilancio, politiche di
gestione della società, ecc.) viene semplicemente convocata l’assemblea ordinaria,
mentre per prendere delle decisioni straordinarie (modifiche dell’atto costitutivo,
emissione di obbligazioni, ecc.) viene convocata l’assemblea straordinaria. A seconda
allora della categoria di azioni che ogni socio possiede, potrà o meno partecipare a
queste assemblee per esprimere il proprio voto.
B
Obbligazioni
L'obbligazione (spesso chiamata con il termine inglese bond) è un titolo di credito emesso da
società o enti pubblici che attribuisce al possessore il diritto al rimborso del capitale più un
interesse. Lo scopo di un'emissione obbligazionaria (o prestito obbligazionario) è il
reperimento di liquidità. Di solito, il rimborso del capitale avviene alla scadenza al valore
nominale e in un'unica soluzione, mentre gli interessi sono liquidati periodicamente
(trimestralmente, semestralmente o annualmente). L'interesse corrisposto periodicamente è
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
142
detto cedola perché in passato per riscuoterlo si doveva staccare il tagliando numerato unito
al certificato che rappresentava l'obbligazione. Se l'emittente non paga una cedola (così come
se è insolvente nei confronti delle banche o di creditori commerciali), un singolo
obbligazionista può presentare istanza di fallimento.
Le tipologie di obbligazioni offerte sul mercato possono essere schematizzate come segue






Obbligazioni convertibili: sono obbligazioni che incorporano la facoltà di convertire, ad
una scadenza prefissata, il prestito obbligazionario in azioni secondo un rapporto di
cambio predeterminato.
Obbligazioni a tasso fisso: sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad un tasso
di interesse fisso stabilito prima dell'emissione. All'interno della categoria delle
obbligazioni a tasso fisso è tuttavia possibile distinguere almeno due diverse tipologie di
obbligazioni, che prevedono che il tasso fisso prestabilito cresca o diminuisca durante la
vita del titolo (si tratta, rispettivamente, delle obbligazioni "step up" e "step down").
Obbligazioni a tasso variabile: sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad un
tasso di interesse variabile. Il tasso varia a determinate scadenze temporali seguendo i
tassi di mercato.
Obbligazioni Zero-Coupon (o Zero-Coupon Bonds, abbreviato ZCB): sono obbligazioni
senza cedola (coupon) che quindi non liquidano periodicamente gli interessi ma li
corrispondono unitamente al capitale alla scadenza del titolo. La duration di uno ZCB è
uguale alla sua vita residua.
Obbligazioni strutturate: sono obbligazioni il cui rendimento dipende dall'andamento di
un'attività sottostante.
Rendite perpetue: sono obbligazioni che corrispondono perpetuamente una cedola
predefinita. Tali obbligazioni non presuppongono nessun rimborso a termine
Senza addentrarci nella tecnica connessa alla valutazione delle obbligazioni ricordiamo che,
trattandosi di un titolo di debito emesso da un soggetto giuridico (impresa privata o pubblica,
banca o altro) è evidente che il rischio principale corso dal sottoscrittore è quello del mancato
rimborso del capitale alla scadenza del prestito. Per cui quello che conta è la qualità
(solvibilità) dell'emittente che viene espressa mediante una misura globalmente riconosciuta:
il rating. Il rating esprime la classificazione della qualità degli emittenti di un titolo
obbligazionario secondo determinati criteri che spaziano dalla solidità finanziaria alla
potenzialità dell'emittente. Esistono istituti che propongono differenti notazioni concernenti
la qualità dei debitori, tra i più noti vi sono Standard & Poor's e Moody's.
Concretamente il rating è una sorta di punteggio ponderato che gli istituti attribuiscono ai
differenti emittenti. Le obbligazioni con rating AAA esprimono il più alto grado di qualità
dell'emittente. Bond con rating inferiori ingloberanno, nella loro quotazione, una riduzione
del corso derivante dall'inferiore qualità dell'emittente
I titoli di stato
Trattasi di obbligazioni emesse dallo Stato che in Italia assumono le seguenti tipologie in
funzione della durata e del tipo di calcolo del tasso di rendimento offerto al per il
sottoscrittore.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
143
BOT
Sono titoli di credito a breve termine emessi dal Tesoro al fine di finanziare il debito pubblico,
con scadenze a 3, 6 e 12 mesi. Alla scadenza l’investitore riceve una somma di denaro pari al
valore nominale complessivo dei titoli posseduti. In altre parole l’incasso a scadenza è noto al
momento dell’acquisto dei titoli; essi però non danno diritto ad alcun pagamento di interessi
prima della scadenza. Ciò però non significa che tali titoli non fruttano degli interessi, in
quanto vengono pagati posticipatamente, ossia alla scadenza quando il titolo viene
rimborsato al suo valore nominale.
L’investimento avviene acquistando il titolo (tramite intermediari autorizzati: banche, SIM,
uffici postali), all’emissione oppure in un istante intermedio tra l’emissione e la scadenza.
BTP
I Buoni del Tesoro poliennali (Btp) sono titoli rappresentativi del debito pubblico a
medio/lungo termine emessi dal Tesoro. Possono essere sia titoli al portatore sia titoli
all'ordine a seconda che vengano emessi rispettivamente dalla Tesoreria centrale o dalla
direzione generale del Tesoro. Vengono collocati agli intermediari autorizzati dalla normativa
vigente (Banche, Sim, Sgr, Poste italiane, etc.), seguendo il meccanismo di asta marginale
(ossia vengono assegnati al minimo prezzo accolto in asta) e, in caso di domanda superiore
all'offerta, vengono ripartiti proporzionalmente in base alle richieste. Una volta collocati i Btp
vengono negoziati in Borsa, previa disposizione della Borsa Italiana, e precisamente sul Mot
(mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato); la loro quotazione è espressa al
cosiddetto "corso secco", ossia senza considerare i ratei di interessi già maturati. I Btp
possono essere emessi alla pari (valore di emissione uguale al valore nominale) oppure sotto
la pari (valore di emissione minore del valore nominale) e pagano cedole di interessi a
scadenze e tassi fissi; le scadenze presentano lunghezze pari a 3, 5, 7, 10 e 30 anni e il taglio
minimo di sottoscrizione è pari a 1000 Euro. Per quanto concerne la fiscalità, i Btp sono esenti
dall'imposta successoria mentre sono gravati dall'imposta di donazione sui trasferimenti a
titolo gratuito tra vivi e per la costituzione di dote del patrimonio familiare (si deve tenere
conto, nel caso di donazioni, della franchigia pari a trecento milioni di lire).I redditi derivanti
dai Btp vengono tassati diversamente in base alla natura degli stessi; il Dlgs. 461/97 (entrato
in vigore il 1° luglio 1998) distingue fra: 1. Redditi da capitale 2. Redditi diversi di natura
finanziaria .I redditi da capitale, come le cedole, non sono fra loro compensabili e vengono
tassati al 12,50%; i redditi diversi come le plusvalenze (realizzate) sono fra loro compensabili e
vengono tassati sempre ad una aliquota del 12,50%. Vale il discorso dei diversi regimi di
imposizione così come mostrati per i Bot.
CCT
I Certificati di credito del Tesoro (Cct) sono titoli a medio/lungo termine emessi dal tesoro per
finanziare il debito pubblico. Possono essere sia titoli al portatore che titoli all’ordine e
presentano un rendimento variabile indicizzato al rendimento dei Bot semestrali. Il
meccanismo di indicizzazione delle cedole è il seguente:Al momento dell’emissione viene
fissato il tasso della prima cedola (che quindi non è variabile);per determinare il tasso delle
ced0le successive si considera il tasso dei Bot semestrali registrato nel corso dell’ultima asta
tenutasi il mese precedente rispetto alla decorrenza della prima cedola. Al tasso così ottenuto
si aggiunge poi una percentuale che va dallo 0,30% all’1% (spread), in relazione alla durata del
Cct. I Cct vengono emessi con scadenze pari a 5, 7 e 10 anni e possono essere sottoscritti per
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
144
un importo minimo pari a 1000 Euro. Vengono assegnati agli intermediari autorizzati dalla
legge vigente (Banche, Sim, Sgr, Poste Italiane etc.) seguendo il meccanismo d’asta marginale
(ossia vengono assegnati tutti al minimo prezzo accolto in sede d’asta).Una volta ricevuto il
decreto di emissione, la Borsa Italiana dispone l’ammissione alle quotazioni di Borsa, e
precisamente nel Mot (mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato).I cct
vengono quotati a “corso secco” ossia senza considerare la parte di interessi (rateo) già
maturata dalla decorrenza della cedola in corso, e quindi il prezzo di acquisto si ottiene
sommando al corso secco del titolo il relativo rateo d’interessi. Per quanto riguarda la fiscalità
dei Cct, si rimanda a quanto detto per i Bot e per i Btp:- sono esenti dall’imposta di
successione;- sono soggetti all’imposta di donazione per trasferimenti a titolo gratuito per
atti fra vivi e per la costituzione di dote e del patrimonio familiare; sono soggetti ad una
ritenuta pari al 12,50% sui redditi da capitale (cedole); sono soggetti ad un’aliquota del
12,50% sui redditi diversi come le plusvalenze realizzate tramite la negoziazione.
CTZ
I Certificati del Tesoro Zero Coupon (Ctz) sono, come i Bot, titoli a reddito fisso che non
pagano cedole durante la loro vita, la quale presenta scadenze pari a 18 e 24 mesi. Ulteriore
elemento distintivo fra i Ctz e i Bot riguarda il meccanismo di tassazione dello scarto di
emissione. Nei Ctz l’imposta sullo scarto di emissione è applicata (soggetti residenti, persone
fisiche) al momento del rimborso e quindi viene decurtato il valore nominale di rimborso di un
importo pari al 12,50% dello scarto di emissione; mentre per quanto concerne i Bot l’aliquota
del 12,50% va ad aggiungersi al prezzo di acquisto per determinare l’esborso complessivo
iniziale (al netto di eventuali commissioni).Per quanto concerne tutte le altre caratteristiche
dei Ctz, si rimanda a quanto detto per i Bot.
Tra gli strumenti finanziari, di solito a breve termine, vanno inseriti anche i pronto contro
termine che gli intermediari offrono alla clientela come investimento temporaneo di liquidità.
Tale operazione classificata come un prestito di denaro che il cliente fa all’intermediario trova
poi la sua configurazione contrattuale con una doppia operazione in titoli (di solito
obbligazionari)
PRONTI CONTRO TERMINE
Il "pronti contro termine" è una operazione tramite la quale un soggetto compra (vende), da
una controparte, un certo ammontare di titoli o di valuta a pronti, con l'impegno di vendere
(comprare) a termine (ad un prezzo prestabilito) la stessa quantità di titoli o valuta, alla
medesima controparte. Colui che vende a pronti ottiene, in pratica, un finanziamento dal
compratore che, a sua volta, riceve un prestito di titoli o di valuta dal venditore. Tale tipo di
operazione è nata in Italia nel 1979 per consentire alla Banca centrale il controllo sul
quantitativo di base monetaria nel sistema; in seguito tali operazioni si sono diffuse anche
presso le aziende e i risparmiatori. Sono operazioni che presentano durata variabile da uno a
tre mesi e generalmente si basano sullo scambio di titoli trattati nel mercato monetario
oppure di obbligazioni. Tale tipo di strumento viene utilizzato da diversi operatori e con
diverse finalità: la banca centrale li utilizza per controllare la massa monetaria nel sistema ed
anche come strumento per indirizzare i tassi di interesse; gli intermediari finanziari per gestire
i propri impegni di tesoreria e come strumento finanziario per la clientela; le imprese per
ottenere finanziamenti a brevissimo termine alle condizioni di tasso del mercato monetario;
infine i risparmiatori come forma di investimento
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
145
C.
I fondi comuni e il risparmio gestito.
Tra le categorie di strumenti finanziari quella di maggior ampiezza come tipologia è quella dei
Fondi comuni
Il primo fondo fu venduto in Italia nel 1968: era di diritto lussemburghese, si chiamava
Fonditalia ed era commercializzato dalla rete Fideuram, l'anno dopo anche il Credito Italiano
creò Capitalitalia sempre in Lussemburgo. Entrambi sono ancora sottoscrivibili. Fonditalia fu
creato dall'americano Bernie Cornfield, il quale creò anche la rete di vendita piramidale di
Fideuram, che nonostante varie vicessitudini rappresenta ancora oggi la prima rete di vendita
in Italia. Fideuram era di proprietà della IOS (Investors Overseas Services) che a sua volta era
di proprietà di Cornifield. Questo sino al 1972, data in cui entrò in crisi per delle scorrettezze
contabili. Intervenne la Banca d'Italia in difesa dei risparmiatori italiani che avevano
partecipato al fondo per 200 milioni di dollari e Fideuram passò all'Imi, che allora era una
banca pubblica. Nel 1983 quando il legislatore dovette redigere una legge di permesso per i
fondi di diritto italiano, si ispirò alla vicenda di Fonditalia. Anche Capitalitalia costituisce
un'esperienza ultra decennale nel panorama italiano ed è stato capace di attraversare
trent'anni di crisi, dal 69 al 99, riuscendo ad avere un rendimento medio annuo composto
dell'11,2% contro un rendimento delle azioni italiane dell'8%. Fondi e sicav di diritto
lussemburghese erano l'unica forma di investimento collettivo nel panorama del risparmio
gestito venduti agli italiani prima della legge del 1983. Di questi ancora in Italia ce ne sono una
cinquantina e sono del tutto identici ai fondi comuni di investimento di diritto italiano anche
sul piano fiscale Il valore giornaliero della quota incorpora la tassazione fiscale del 12,5% diversamente dalle quote delle sicav di diritto estero che sono al lordo e il prelievo fiscale
viene attuato al momento della vendita se si è verificata una plusvalenza
Fondi aperti
I fondi comuni aperti sono così definiti perchè i suoi partecipanti o sottoscrittori, hanno il
diritto di chiedere, in qualsiasi momento, il rimborso delle quote secondo le modalità previste
dalle regole di funzionamento del fondo. In un fondo aperto è facile entrare o uscire, in
qualsiasi momento, visto che il valore delle quote viene riportato giornalmente anche sui
principali quotidiani nazionali. I fondi comuni aperti sono divisi in categorie, la più riconosciuta
è quella patrocinata da Assogestioni, come riportata di seguito:

Fondi azionari

Fondi settoriali o specializzati

Fondi flessibili

Fondi bilanciati

Fondi obbligazionari

Fondi monetari
Sulla scia dei Fondi Aperti oggi sono offerti sul mercato anche altri prodotti similari che sono
Sicav
SICAV – Società di Investimento a Capitale Variabile - società per azioni a capitale variabile,
avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
146
l’offerta al pubblico di proprie azioni. La principale differenza tra un fondo comune ed una
Sicav è che per partecipare alla gestione, il risparmiatore, non deve acquistarne delle quote,
ma delle azioni. Quindi, acquistando delle quote di una Sicav, si acquistano le azioni della
società e di conseguenza si diventa soci della stessa, questa è la grande differenza: diventando
soci si gode dei diritti acquisiti come l’esercizio del diritto di voto, sulle vicende sociali e sulla
politica di investimento della società, facoltà che non viene mai esercitata dall’investitoresocio. Comunque sia, per il risparmiatore non cambia molto tra l’investimento in una Sicav ed
in un Fondo Comune d’Investimento, tranne che per il trattamento fiscale. Infatti, nonostante
siano fondi di diritto estero, pagano l’imposta prevista in Italia del 12,5% sulle plusvalenze,
come per i fondi di diritto italiano, ma a differenza di quest’ultimi, per i quali il calcolo fiscale
deve essere fatto giornalmente, con la possibilità di accantonare le perdite per
controbilanciare le plusvalenze future, le quote delle sicav sono contabilizzate al lordo
dell’imposta fiscale, la quale viene calcolata solamente al momento del riscatto da parte del
cliente, se si sono verificati dei guadagni. E’ plausibile pensare che in certi momenti di mercato
favorevole, le sicav possono – a parità di rendimento – avere risultati migliori rispetto i fondi
di diritto italiano, in quanto non sono gravati del 12,5 % sulle plusvalenze e nel lungo periodo
questa piccola differenza può incidere sul rendimento dell’intero capitale; nel senso che, le
sicav godono della rivalutazione di quanto non sono tenuti a versare alle casse dell’erario
giornalmente, come per i fondi di diritto italiani. Per chi volesse scegliere di investire in una
sicav, non deve certo farsi influenzare da questa considerazione: la bravura del gestore è ben
più importante che la possibilità di non pagare giornalmente il capital gain.
Fondi chiusi
I fondi chiusi sono l’alternativa ai fondi aperti. Nei fondi aperti si può uscire ed entrare in
qualsiasi momento mentre è molto difficile uscire dai fondi chiusi, se non a scadenze
predeterminate e nella maggior parte dei casi è penalizzante per l’investitore che volesse
disinvestire nei primi anni dell’investimento. Un’altra differenza è che i fondi chiusi possono
investire oltre l’80% del patrimonio in gestione in società che non sono quotate. I fondi chiusi
possono essere immobiliari (investono solamente in beni immobili) e mobiliari. Questi ultimi si
differenziano in fondi chiusi di venture capital, che investono in società in fase di start up,
seguendole dalla costituzione della società alla realizzazione del progetto di business e quelli
detti di private equity che hanno come fine quello di finanziare progetti già in essere per
aiutarli a crescere fino raggiungere obiettivi importanti come la vendita della società a gruppi
più grandi o alla quotazione della stessa in borsa. L’acquisto di questi fondi è consigliata a chi
si può permettere di fare un investimento a lungo termine, almeno dieci anni. I fondi
immobiliari chiusi sono adatti maggiormente e spesso sono riservati solamente agli investitori
privati come banche, sim, agenti di cambio, fondi pensione, società di gestione del risparmio,
fondazioni bancarie ecc..Agli investitori privati sono riservati i fondi chiusi
Fondi immobiliari
I fondi immobiliari possono essere solamente chiusi. Questa caratteristica fa sì che non sia
molto facile uscirne, anche se ultimamente sono presenti sul mercato fondi immobiliari il cui
valore delle quote sono giornalmente riportate nei giornali specializzati nonostante sia
richiesta di legge solo una valorizzazione del patrimonio in gestione ogni sei mesi e la
conseguente pubblicazione su almeno tre quotidiani nazionali. I fondi immobiliari investono
principalmente in immobili (palazzi, uffici, terreni, ecc.) e sono particolarmente adatti a chi
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
147
non avendo sufficienti soldi per un investimento in mattoni o il tempo di seguirne l’acquisto,
la manutenzione e l’affitto, vuole comunque destinare parte del suo patrimonio al mercato
immobiliare. E’ un investimento di lungo periodo, chi acquistasse le quote di un fondo
immobiliare deve preventivare di lasciare i soldi nella gestione per almeno dieci anni.
Una particolare categoria di prodotti è quella compresa nelle GPM (sotto si riporta la
definizione) con la quale l’investitore da pieno mandato all’intermediario di gestire le sue
disponibilità dando solo delle linee guida ma lasciando totale libertà al gestore.
Gestioni patrimoniali mobiliari
Le gestioni patrimoniali mobiliari (gpm) sono delle gestioni individuali fatte dal gestore su
mandato del cliente direttamente in titoli azionari e/o obbligazionari.
Anche per le "gpm" bisogna individuare il profilo di rischio del cliente e scegliere tra le diverse
linee che comunemente sono almeno tre: obbligazionaria, bilanciata e azionaria. All’interno
della gestione ci possono essere anche quote di fondi comuni d’investimento, ma non
necessariamente. La somma minima per accedere a questi tipi di servizi di solito parte da €
50.000 ma in realtà è indicata a chi ha un patrimonio liquido superiore. In quanto maggiore è
la cifra maggiore per il gestore è la possibilità di muoversi nei diversi mercati internazionali
applicando una corretta scelta dei titoli rispettando il concetto di diversificazione e del
conseguente abbassamento del rischio.
D
i contratti derivati
Quando si parla di strumenti derivati si fa riferimento a qualsiasi titolo normalmente
negoziato che permetta di acquisire altri strumenti finanziari come sottostante ed i relativi
indici; alcuni esempi sono:

i contratti "futures" su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui
relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di
differenziali in contanti;i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di
interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando
l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d'interesse, a valute, a merci
e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di
differenziali in contanti;

i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti
lettere e i relativi indici, nonché contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su
merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di
differenziali in contanti;
ed infine le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.
Forwards
I Forwards sono contratti a termine per l'acquisto o la vendita di una attività a condizioni,
quali il prezzo e la data di consegna, prestabilite. Non vengono trattati in una Borsa e quindi
non presentano le caratteristiche standard tipiche dei Futures (anch'essi contratti a termine).
In pratica un contratto Forward non è altro che un accordo privato fra due contraenti, dove
uno si impegna a comprare una certa attività ad un prezzo e per consegna stabiliti
contrattualmente, e l'altro ovviamente si impegna a vendere la stessa attività alle stesse
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
148
condizioni contrattuali. La data di consegna viene scelta dai contraenti e generalmente è
unica, contrariamente a quanto accade per i Futures. Altra peculiarità dei contratti Forwards
risiede nel fatto che generalmente il contratto viene chiuso alla scadenza, con la consegna
dell'attività negoziata, dietro pagamento della somma pattuita (non viene in pratica applicato
il meccanismo di liquidazione giornaliera proprio dei contratti Futures, ossia il "Mark to
Market"). I contratti forwards più comuni, sono i contratti forward su valute ed i contratti
forward su tassi (Forward rate agreement "Fra").
Futures
I Futures sono, come i Forwards, contratti a termine per l'acquisto o la vendita di una certa
attività ad un prezzo prefissato al momento della stipula del contratto. Si differenziano dai
contratti Forwards in quanto vengono trattati in mercati organizzati e centralizzati, e
presentano caratteristiche di elevata standardizzazione come la definizione delle date di
consegna e il taglio minimo del contratto. Altra peculiarità del mercato dei Futures è la
presenza di una "Clearing House" che in Italia prende il nome di Cassa di Compensazione e
Garanzia (CC&G), la quale ha il compito di eliminare il rischio di insolvenza della controparte
ricoprendo la figura di contraente necessario in ogni transazione ed introducendo dei sistemi
di garanzia quali il sistema dei margini e il meccanismo della liquidazione giornaliera delle
posizioni (Mark to Market). A seconda della natura del bene sottostante al contratto, si
distinguono due categorie di contratti Future:

I "Commodity Futures", ovvero i contratti aventi per oggetto merci;

I "Financial Futures", ovvero i contratti aventi per oggetto attività finanziarie
Swaps
Uno "swap" può essere definito come un contratto tramite il quale due contraenti si
scambiano, per un certo periodo, dei flussi di cassa. Tale scambio avviene in mercati non
regolamentati (over the counter), seguendo tempi e modalità stabiliti contrattualmente. Tali
caratteristiche fan si che questo strumento finanziario possa essere considerato alla stregua di
un insieme di contratti a termine (forward), ciascuno riferito ad ogni periodo nel quale
avviene la regolazione dello scambio dei flussi. Sono strumenti molto utilizzati dagli operatori,
in quanto sono molto utili nella gestione dei rischi finanziari. Le tipologie di swaps più
utilizzate e quindi diffuse risultano essere gli Swaps su tassi di interesse (Irs) e gli Swaps su
valute.
Options
Le opzioni appartengono alla categoria degli strumenti derivati in quanto derivano il loro
valore da quello dell'attività su cui sono scritte. Esistono opzioni che garantiscono al loro
acquirente la facoltà di acquistare l'attività sottostante (opzioni call), ed esistono anche
opzioni che conferiscono all'acquirente la facoltà di vendere l'attività sottostante (opzioni
put). Altri elementi che caratterizzano le opzioni sono il prezzo di esercizio (strike price), e la
scadenza. Il primo rappresenta il prezzo al quale avrà luogo l'acquisto (call) o la vendita (put)
dell'attività sottostante su cui è scritta l'opzione nel caso che quest'ultima venga esercitata; il
secondo rappresenta invece la durata dell'opzione ossia il tempo di vita della stessa. E'
importante distinguere fra opzioni che possono essere esercitate solo alla scadenza (opzioni di
tipo europeo), oppure opzioni che possono essere esercitate in qualsiasi istante prima della
scadenza (opzioni di tipo americano).Possiamo definire quindi le opzioni come strumenti
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
149
finanziari mediante i quali l'acquirente assume la facoltà (non l'obbligo) di esercitare un diritto
di acquisto o di vendita dell'attività sottostante ad un prezzo e ad una data prefissate. Per
acquistare una opzione si paga un premio (prezzo dell'opzione) e questo è un fattore
distintivo rispetto ai contratti derivati quali i "forwards" o i "futures" in quanto per questi
ultimi l'unico esborso iniziale è dato dal versamento di un deposito di garanzia (margine
iniziale).L'attività sottostante (su cui è scritta l'opzione), può avere natura finanziaria oppure
reale; nel primo caso parleremo di opzioni su valute, su titoli azionari, su indici di Borsa, su
tassi di interesse e su altri strumenti derivati, mentre nel secondo caso avremo a che fare con
opzioni su attività reali. Le principali tipologie di strumenti finanziari trattati nei mercati
Italiani che ricadono nella categoria generale delle opzioni sono:
- Warrant
- Covered Warrant - Opzioni (Iso- e Mibo30)
- Mercato Premi
3.6 Prodotti finanziari per le imprese
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Prodotti finanziari offerti dalle banche
Leasing
Fonti di capitale proprio
Factoring
Obbligazioni
Strumenti derivati
Le imprese sono destinatarie di una serie di prodotti essenzialmente collegati alla copertura
del fabbisogno finanziario per cui verranno specificamente esaminati nei capitoli 4 e 6.
3.7
Gli Organi di controllo sul sistema finanziario
Gli organi di controllo sui mercati finanziari sono vari, forse anche troppi, in quanto sono
accaduti fatti in cui il mancato controllo si è verificato proprio per un conflitto di competenze.
Di seguito si riporta un prospetto di riepilogo.
Organo
C.I.C.R
Ministero dell’economia e
finanze (MEF)
BANKITALIA
U.I.C
CONSOB
ISVAP/COVIP
ANTITRUST
FINANZA E IMPRESA
funzioni
organo di vertice con poteri di indirizzo e di regolamentazione
Presidente del C.i.C.R (Ministro Economia e Finanza)
responsabile della spesa e controllo funzioni di emissione di
Bankitalia
emissione moneta e governo del credito vigilanza sugli
intermediari creditizi e mobiliari
attuazione della politica valutaria e monitoraggio operazioni
regolamentazione e controllo dei mercati mobiliari
vigilanza sulle assicurazioni private/fondi pensione
autorità garante della concorrenza
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
150
Il CICR
Istituito nel 1947, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio è composto dal
Ministro dell’economia e delle finanze, nella qualità di presidente, e dai titolari dei dicasteri
aventi competenze economiche. In particolare, ai sensi dell’art. 2 del TUB (d.lgs. n. 385/1993)
essi sono: il Ministro delle attività produttive, il Ministro delle politiche agricole e forestali, il
Ministro delle infrastrutture e trasporti e il Ministro per le politiche comunitarie. Alle sedute
del CICR partecipa anche il Governatore della Banca d’Italia. Il presidente può invitare altri
ministri a intervenire a singole riunioni. Il CICR è validamente costituito con la presenza della
maggioranza dei suoi membri e delibera con il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
Il direttore generale del Ministero dell’economia e delle finanze svolge funzioni di segretario.
Il CICR determina le norme concernenti la propria organizzazione e il proprio funzionamento.
Per l'esercizio delle proprie funzioni il CICR si avvale della Banca d'Italia: ciò esclude la
possibilità da parte del Comitato di effettuare interventi diretti sulle banche o su altri
intermediari finanziari.
Al CICR compete l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio, di cui sono
destinatari le banche, i gruppi bancari e gli intermediari finanziari. I criteri ispiratori dell’azione
del CICR, così come quelli sanciti per le altre autorità di vigilanza creditizie, fanno riferimento
“alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e
alla competitività del sistema finanziario, nonché all’osservanza delle disposizioni in materia
creditizia”. Per quanto concerne la natura degli atti posti in essere dal CICR, si distinguono atti
amministrativi e provvedimenti amministrativi: i primi rappresentano dei pareri, i secondi dei
veri e propri provvedimenti di tipo normativo, di natura regolamentare, che il Comitato è
chiamato a emanare. Ad esempio il CICR stabilisce limiti e criteri, anche con riguardo
all'attività e alla forma giuridica dei soggetti, in base ai quali non costituisce raccolta del
risparmio tra il pubblico quella effettuata presso soci e dipendenti o presso società
controllanti, controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e presso
controllate da una stessa controllante. Al CICR sono inoltre conferiti poteri decisionali in
ordine ai reclami contro provvedimenti adottati dalla Banca d’Italia nell’esercizio dei poteri di
vigilanza.
Il Ministero dell'economia e delle finanze (ex Ministero del tesoro)
Al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) sono attribuite competenze nei settori della
politica economica, finanziaria e di bilancio, da esercitare anche in funzione del rispetto dei
vincoli di convergenza e di stabilità derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea dell’Italia.
In termini di politica economica e finanziaria il MEF ha competenze in materia di problemi
economici, monetari e finanziari nazionali e internazionali, vigilanza sui sistemi finanziari e sul
sistema creditizio. In particolare, nell’ambito bancario il MEF, oltre a convocare e presiedere il
CICR, propone l’oggetto delle deliberazioni non di esclusiva competenza della Banca d’Italia e
può, in caso di urgenza, sostituirsi al CICR stesso.
Più operativi, tuttavia, sono gli interventi del Ministero in tema di:
determinazione dei requisiti di onorabilità e professionalità dei soci e degli esponenti aziendali
delle banche (art. 25-26 TUB), nonché di quelli dei soci e degli esponenti aziendali delle
società di intermediazione mobiliare (SIM), delle società di gestione del risparmio (SGR), delle
società di gestione dei mercati regolamentati e dei promotori finanziari; apertura, con
decreto, dei procedimenti di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta delle
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
151
banche, nonché delle SIM, delle SGR e delle società di investimento a capitale variabile
(SICAV);
determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento con
riguardo all'oggetto dell'investimento, alle categorie di investitori cui è destinata l'offerta delle
quote, alle modalità di partecipazione ai fondi aperti e chiusi con particolare riferimento alla
frequenza di emissione e rimborso delle quote, all'eventuale ammontare minimo delle
sottoscrizioni e alle procedure da seguire, all'eventuale durata minima e massima, alle
condizioni e alle modalità con le quali devono essere effettuati gli acquisti o i conferimenti dei
beni (sia in fase costitutiva sia in fase successiva alla costituzione del fondo) nel caso di fondi
che investano esclusivamente o prevalentemente in beni immobili, diritti reali immobiliari e
partecipazioni in società immobiliari (decreto 228/1999);
individuazione di ulteriori soggetti da sottoporre alle norme relative alla trasparenza bancaria
(art. 115 TUB);applicazione di sanzioni amministrative previste per gli esponenti aziendali;
individuazione delle caratteristiche dei mercati all’ingrosso (art. 61 TUF).
La Banca d’Italia
La Banca d’Italia rappresenta sicuramente l’autorità di vigilanza più importante nel panorama
del nostro paese. Si tratta di una istituzione che avuto origine nel 1893 della fusione di tre dei
sei istituti di emissione allora operanti (Banca nazionale nel Regno d’Italia, Banca nazionale
toscana e Banca toscana di credito per le industrie e il commercio d’Italia). Nel 1926 si giunse
poi alla definitiva unificazione della funzione di emissione in seno alla sola Banca d’Italia.
Le funzioni della Banca d’Italia
«Credibilità, indipendenza e responsabilità, così come espresso dalla stessa istituzione sul suo
sito, sono i valori base della tradizione istituzionale e organizzativa della Banca d’Italia, che da
oltre un secolo si pone al servizio dell’Italia con l’intento di contribuire al suo sviluppo
economico e sociale».
Nello svolgimento dei suoi compiti l’Istituto agisce in condizioni di autonomia e indipendenza.
Concorre ad assicurare la stabilità del valore della moneta e opera per l’efficienza del sistema
finanziario, obiettivi irrinunciabili di uno Stato moderno e democratico. L’equilibrio delle
azioni di politica economica presuppone l’indipendenza della banca centrale, rafforzata dalla
norma costituzionale a protezione del risparmio, funzione coerentemente affidata alla Banca
d’Italia.
Ma quali sono concretamente le principali funzioni (per un più ampio esame si rimanda al sito
www.bancaditalia.it) della Banca d’Italia? Bisogna innanzitutto osservare che la tradizionale
funzione di politica monetaria è stata ceduta a partire dal 1° gennaio 1999 a favore del
Sistema europeo delle banche centrali (SEBC); la Banca d’Italia, nel nuovo contesto
istituzionale, è chiamata a svolgere un duplice compito che prevede da un lato la
partecipazione al processo decisionale e alle determinazioni del SEBC, e dall’altro, secondo il
principio di sussidiarietà, gli interventi in ambito nazionale. In pratica, sul mercato italiano, la
Banca d’Italia dà attuazione alle decisioni prese dal Consiglio direttivo della Banca centrale
europea (BCE) in materia di politica monetaria e del cambio, di gestione delle riserve in valuta,
di sorveglianza e gestione del sistema dei pagamenti, di emissione delle banconote.
La Banca d’Italia resta però impegnata nell’esercizio di talune funzioni già svolte in passato; in
particolare essa vigila sulla sana e prudente gestione e sulla stabilità sistemica delle banche e
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
152
degli intermediari finanziari in generale, tutela la concorrenza tra banche e vigila sul sistema
interbancario e su quello dei titoli di Stato, svolge il servizio di Tesoreria dello Stato.
La politica monetaria e del cambio nel quadro istituzionale europeo
I compiti di politica monetaria sono quelli che più direttamente evocano la banca centrale.
Con l’adesione al Sistema europeo di banche centrali (SEBC), il ruolo della Banca d’Italia in
difesa della stabilità monetaria si inscrive nel contesto istituzionale europeo. La Banca
concorre, con la presenza del Governatore nel Consiglio direttivo della Banca centrale
europea (BCE), a determinare le decisioni di politica monetaria per l’intera area dell’euro;
attua nel mercato nazionale, in linea con i princìpi di decentramento e di sussidiarietà stabiliti
a livello europeo, le decisioni assunte dal Consiglio direttivo; partecipa, con propri
rappresentanti a vari livelli, ai numerosi Comitati e Gruppi di lavoro costituiti nell’ambito del
SEBC per l’analisi delle questioni attinenti ai compiti istituzionali del Sistema. Il Sistema
europeo di banche centrali (SEBC) è composto dalle Banche centrali nazionali (BCN) degli Stati
membri dell’Unione europea e dalla Banca centrale europea (BCE). L’Eurosistema è costituito
dalle BCN dei paesi che hanno adottato l’euro, tra cui l’Italia, e dalla BCE. L’organo di vertice
dell’Eurosistema è il Consiglio direttivo, composto dai Governatori delle BCN e dai membri del
Comitato esecutivo della BCE. L’Eurosistema ha il compito di definire la politica monetaria
unica. Il capitale della BCE è sottoscritto dalle BCN. Secondo quanto stabilito dal Trattato di
Maastricht, gli obiettivi della politica monetaria sono, in primo luogo, il mantenimento della
stabilità dei prezzi e, in subordine, il sostegno alle politiche economiche generali nell’area
dell’euro. Nel perseguimento di questi obiettivi, le BCN e la BCE devono restare indipendenti
dalle istituzioni e dagli organi comunitari, dalle autorità nazionali e da qualsiasi altro
organismo. Le decisioni riguardanti la politica monetaria dell’Eurosistema vengono attuate
dalle BCN, secondo il principio del decentramento operativo, attraverso una vasta gamma di
strumenti. Tra questi figurano le operazioni di rifinanziamento principali, quelle a più lungo
termine, le operazioni attivabili su iniziativa delle controparti (istituzioni finanziarie), quelle di
fine tuning, la riserva obbligatoria. Gli interventi sul mercato dei cambi possono essere
eseguiti dalla Banca d’Italia e dalle altre BCN. Per lo svolgimento di compiti attuativi della
gestione delle riserve ufficiali nazionali in valuta, la Banca d’Italia si avvale anche dell’Ufficio
italiano dei cambi (UIC), ente strumentale della Banca stessa.
Per quanto attiene ai compiti di vigilanza creditizia e finanziaria, il quadro disciplinare è
stabilito, innanzitutto, dagli artt. 4 e 5 TUB e dall’art. 5 del TUF, nei quali sono specificate le
finalità che devono presiedere all’esercizio della vigilanza. Al riguardo, come osservato, è
aperto il dibattito sull’ampiezza dei compiti di vigilanza della Banca d’Italia, e ciò anche in
ragione del fatto che nel nostro paese le funzioni di vigilanza e di supervisione da essa svolte si
sovrappongono talora ai compiti di istituzioni già esistenti quali la CONSOB, con cui, peraltro,
la Banca d’Italia deve collaborare. In particolare, la cosiddetta vigilanza per finalità, che
attribuisce responsabilità distinte ad Autorità diverse, non trova ancora coerente e completa
applicazione. Ciò è dovuto anche alla crescente integrazione operativa tra i diversi
intermediari presenti sul territorio: banche operanti nel settore assicurativo, assicurazioni che
costituiscono una banca all’interno del proprio gruppo, società di intermediazione e società
finanziarie di vario genere che si trasformano in banche sono ormai all’ordine del giorno.
Collaborazione tra autorità di vigilanza e segreto di ufficio
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
153
Ai sensi dell’art. 4 del TUF, la Banca d'Italia, la CONSOB, la Commissione di vigilanza sui fondi
pensione, l'ISVAP e l'Ufficio italiano dei cambi collaborano tra loro, anche mediante scambio
di informazioni, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Dette autorità non possono
reciprocamente opporsi al segreto d'ufficio. La Banca d'Italia e la CONSOB collaborano, anche
mediante scambio di informazioni, con le autorità competenti dell'Unione Europea e dei
singoli Stati comunitari, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Al medesimo fine, la Banca
d'Italia e la CONSOB possono cooperare, anche mediante scambio di informazioni, con le
autorità competenti degli Stati extracomunitari. La Banca d'Italia e la CONSOB possono
scambiare informazioni con autorità amministrative e giudiziarie nell'ambito di procedimenti
di liquidazione o di fallimento, in Italia o all'estero, relativi a soggetti abilitati; con gli organismi
preposti all'amministrazione dei sistemi di indennizzo; con gli organismi preposti alla
compensazione o al regolamento delle negoziazioni dei mercati; con le società di gestione dei
mercati, al fine di garantire il regolare funzionamento dei mercati da esse gestiti. Anche l’art. 7
del TUB, pur dichiarando che tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca
d'Italia in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti da segreto d'ufficio anche nei
confronti delle pubbliche amministrazioni, a eccezione del Ministro dell’economia e delle
finanze, presidente del CICR, stabilisce che la Banca d'Italia, la CONSOB, la COVIP, l'ISVAP e
l'UIC collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare le
rispettive funzioni. Per quanto attiene alle finalità della vigilanza, l’art. 5 del TUF stabilisce che
sui mercati finanziari la Banca d'Italia è competente per quanto riguarda il contenimento del
rischio e la stabilità patrimoniale, mentre la CONSOB è competente per quanto riguarda la
trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli operatori. La Banca d'Italia e la CONSOB
esercitano i poteri di vigilanza nei confronti dei soggetti abilitati; ciascuna vigila
sull'osservanza delle disposizioni regolanti le materie di competenza. La Banca d'Italia e la
CONSOB operano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui
soggetti abilitati e si danno reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e delle
irregolarità rilevate nell'esercizio dell'attività di vigilanza.
Come osservato, la vigilanza sull’attività bancaria persegue gli obiettivi della sana e prudente
gestione degli intermediari, della stabilità complessiva, dell’efficienza e della competitività del
sistema, dell’osservanza delle disposizioni in materia creditizia. Nell’ambito delle Autorità
creditizie, la Banca d’Italia esercita, quale organo di vigilanza, un ruolo centrale, sul piano sia
della normazione secondaria sia dell’esercizio dei controlli: emana regolamenti, impartisce
istruzioni e assume provvedimenti nei confronti degli intermediari. Svolge una funzione
propositiva nei confronti del CICR, alle cui sedute partecipa il Governatore; in questo contesto
fornisce, tra l’altro, elementi di risposta al Ministro dell’Economia e delle Finanze, in quanto
presidente del CICR, per lo svolgimento di atti di sindacato ispettivo parlamentare in materia
creditizia.
La vigilanza nel settore dell’intermediazione finanziaria riguarda, in specie, le imprese di
investimento e gli organismi di investimento collettivo del risparmio. Si prefigge il rispetto dei
criteri di trasparenza, correttezza dei comportamenti, sana e prudente gestione dei soggetti
vigilati, per assicurare la stabilità, la competitività e il buon funzionamento del sistema
finanziario. In tale ambito, la competenza della Banca d’Italia concerne gli aspetti del
contenimento del rischio e della stabilità degli intermediari. Alla CONSOB, invece, spetta di
vigilare sul rispetto delle norme poste a presidio della trasparenza e della correttezza dei
comportamenti.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
154
L’evoluzione delle forme di vigilanza
Per comprendere appieno il ruolo svolto dalla Banca d’Italia, è inoltre opportuno osservare
come la “filosofia” di intervento della stessa si sia modificata nel corso del tempo. Per oltre
cinquant’anni, a partire dal 1936, l’azione della Autorità si è ispirata in sostanza al modello
della banca centrale “regista” del mercato finanziario, ossia di chi decideva “le scene e i
movimenti degli operatori”. La Banca d’Italia agiva cioè, prevalentemente, secondo un’ottica
di vigilanza strutturale, modellando la struttura e l’operato dei soggetti controllati in funzione
degli obiettivi generali della politica creditizia, e in special modo perseguendo la stabilità del
sistema bancario, spesso a discapito della concorrenza tra intermediari. Le forme di controllo
adottate erano dunque di stampo prevalentemente discrezionale e autorizzativo; occorreva
ad esempio una specifica autorizzazione per aprire nuove banche o semplicemente nuovi
sportelli.
A partire dalla fine degli anni 1970 si è assistito a una revisione del modello di vigilanza che ha
condotto alla progressiva affermazione di controlli di tipo prudenziale, richiedenti cioè il
rispetto da parte dei soggetti vigilati di generali regole di comportamento che costituiscono la
cornice entro cui ogni intermediario può svolgere in piena autonomia la propria attività, senza
richiedere preventive autorizzazioni. La Banca d’Italia diviene, allora, “arbitro” (e non più
regista) della partita. L’azione di supervisione viene ad assumere la veste di attività volta a
prevedere, e se possibile prevenire, le irregolarità nelle gestioni bancarie, attraverso
strumenti di tipo conoscitivo e adeguate capacità di valutazione. All’obiettivo della stabilità, a
cui rispondevano i controlli strutturali, si affiancano allora obiettivi di competitività ed
efficienza del sistema bancario/finanziario.
Nell’ambito di tale evoluzione si inseriscono le tre tipiche forme di vigilanza svolte dalla Banca
d’Italia (e ai sensi dell’art. 5 e seguenti del TUF anche dalla CONSOB): la vigilanza informativa,
la vigilanza regolamentare e la vigilanza ispettiva.
La vigilanza informativa consiste nella messa a disposizione della Banca d’Italia di un flusso
continuo di informazioni sui dati, contabili ed extra-contabili degli enti creditizi. Ai sensi
dell’art. 51 del TUB le banche inviano alla Banca d'Italia, con le modalità e nei termini da essa
stabiliti, le segnalazioni periodiche nonché ogni altro dato e documento richiesto. Esse
trasmettono anche i bilanci con le modalità e nei termini stabiliti dalla Banca d'Italia. La stessa
norma viene ripresa dall’art. 8 del TUF, dove si afferma che la Banca d'Italia e la CONSOB
possono chiedere, per le materie di rispettiva competenza, ai soggetti abilitati la
comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti con le modalità e nei
termini dalle stesse stabiliti.
La vigilanza regolamentare (art. 53 TUB) prevede che la Banca d'Italia, in conformità delle
deliberazioni del CICR, emani disposizioni di carattere generale aventi a oggetto, in relazione
alle banche: l'adeguatezza patrimoniale; il contenimento del rischio nelle sue diverse
configurazioni; le partecipazioni detenibili; l'organizzazione amministrativa e contabile e i
controlli interni. Inoltre la Banca d'Italia può: convocare gli amministratori, i sindaci e i
dirigenti delle banche per esaminare la situazione delle stesse; ordinare la convocazione degli
organi collegiali delle banche, fissandone l'ordine del giorno, e proporre l'assunzione di
determinate decisioni; procedere direttamente alla convocazione degli organi collegiali delle
banche; adottare, ove la situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei confronti di singole
banche per le materie di competenze. Anche in questo caso, la stessa forma di vigilanza viene
ripresa dal TUF, dove si specifica che la Banca d'Italia, sentita la CONSOB, disciplina con
regolamento (per quanto riguarda i soggetti abilitati nello svolgimento di servizi di
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
155
investimento e del servizio di gestione collettiva): l'adeguatezza patrimoniale, il contenimento
del rischio nelle sue diverse configurazioni, le partecipazioni detenibili, l'organizzazione
amministrativa e contabile e i controlli interni; le modalità di deposito e di sub-deposito degli
strumenti finanziari e del denaro di pertinenza della clientela; particolari regole applicabili agli
organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR).
Infine, per quanto attiene alla vigilanza ispettiva, è previsto che la Banca d’Italia possa
acquisire informazioni sulle banche anche tramite ispezioni presso le stesse, richiedendo
l’esibizione dei documenti e degli atti necessari all’espletamento della funzione di
monitoraggio. Anche la vigilanza ispettiva, ampliata alla attività della CONSOB, viene ripresa
dal TUF (art. 10), dove si ribadisce che la Banca d'Italia e la CONSOB possono, per le materie
di rispettiva competenza e in armonia con le disposizioni comunitarie, effettuare ispezioni e
richiedere l'esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari presso i
soggetti abilitati (qui non solo banche ma anche altri intermediari che possono svolgere servizi
di investimento). Ciascuna autorità comunica le ispezioni disposte all'altra autorità, la quale
può chiedere accertamenti su profili di propria competenza. La Banca d'Italia e la CONSOB
possono, inoltre, chiedere alle autorità competenti di uno Stato comunitario di effettuare
accertamenti presso succursali di SIM e di banche, stabilite sul territorio di detto Stato ovvero
concordare altre modalità per le verifiche. Viceversa, le autorità competenti di uno Stato
comunitario, dopo aver informato la Banca d'Italia e la CONSOB, possono ispezionare, anche
tramite loro incaricati, le succursali di imprese di investimento e di banche comunitarie dalle
stesse autorizzate, stabilite nel territorio della Repubblica. Se le autorità di uno Stato
comunitario lo richiedono, la Banca d'Italia e la CONSOB, nell'ambito delle rispettive
competenze, procedono direttamente agli accertamenti ovvero concordano altre modalità
per le verifiche. La Banca d'Italia e la CONSOB possono concordare, per le materia di rispettiva
competenza, con le autorità competenti degli Stati extracomunitari modalità per l'ispezione di
succursali di imprese di investimento e di banche insediate nei rispettivi territori.
Ricordiamo poi che, ai sensi dell’art. 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, la Banca d’Italia è
l’Autorità garante della concorrenza nel settore del credito, ossia svolge il ruolo di Antitrust
nel sistema bancario. La concorrenza viene tutelata e promossa quale condizione necessaria
di efficienza e di solidità del sistema bancario e finanziario. Nell’ambito di questa attribuzione,
la Banca d’Italia dispone di strumenti specifici sia per evitare che le operazioni di
concentrazione costituiscano o rafforzino posizioni dominanti nei mercati nazionale e locali,
sia per intervenire nei casi di abuso di posizione dominante e di collusione fra intermediari. Le
decisioni della Banca d’Italia per la tutela della concorrenza sono tuttavia assunte tenuto
conto del parere espresso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
La Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi (UIC), inoltre, sono impegnati, anche in sede
internazionale, a contrastare il riciclaggio dei capitali attraverso il sistema bancario e
finanziario. L’ordinamento attribuisce alla Banca d’Italia e all’UIC i compiti di:
analizzare sotto il profilo finanziario le operazioni sospette;
effettuare studi e analisi del fenomeno del riciclaggio ai fini della prevenzione;
collaborare, per gli aspetti di competenza, con l’autorità giudiziaria per la repressione dei fatti
illeciti.
In tale ambito, la Banca d’Italia emana istruzioni per gli intermediari bancari e finanziari che
contengono le regole organizzative e procedurali in materia di antiriciclaggio, nonché una
casistica delle operazioni e dei comportamenti anomali da segnalare all’UIC.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
156
La Banca d’Italia collabora con gli organi dello Stato nella prevenzione e nella repressione del
fenomeno dell’usura. A tal fine, effettua insieme con l’UIC una rilevazione trimestrale del
“tasso effettivo globale medio” praticato dalle banche e dagli intermediari finanziari per
diversi tipi di operazioni.
LE ALTRE AUTORITÀ DI VIGILANZA
Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB)
La CONSOB è stata istituita con la legge 7 giugno 1974, n. 216. È un'autorità amministrativa
indipendente con il compito di controllare il mercato degli strumenti finanziari italiano. La sua
attività è rivolta alla tutela degli investitori, all'efficienza e alla trasparenza del mercato. La
Commissione è un organo collegiale, composto da un presidente e da quattro membri
nominati con decreto del Presidente della Repubblica, adottato su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri. Per quanto attiene più specificamente al funzionamento dei mercati
regolamentati italiani, la CONSOB approva il regolamento delle società mercato (Borsa Italiana
spa e TLX spa) per l'ammissione, l'esclusione e la sospensione degli strumenti finanziari dal
mercato regolamentato.
Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP)
L'ISVAP è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico ed è stato istituito con
legge 12 agosto 1982, n. 576, per l'esercizio di funzioni di vigilanza nei confronti delle imprese
di assicurazione e riassicurazione nonché di tutti gli altri soggetti sottoposti alla disciplina sulle
assicurazioni private, compresi gli agenti e i mediatori di assicurazione. L'ISVAP svolge le sue
funzioni sulla base delle linee di politica assicurativa determinate dal Governo. Organi
dell'ISVAP sono il Presidente, che oltre ai poteri di rappresentanza esercita anche le funzioni di
direttore generale, e il Consiglio, le cui attribuzioni riguardano sia l'ambito organizzativo
interno sia quello dei rapporti esterni. La normativa ha attribuito all'ISVAP funzioni di controllo
e di regolamentazione, qualificando l'Istituto come un'amministrazione indipendente, dotata
di autonomia giuridica, patrimoniale, contabile, organizzativa e gestionale, che dispone di
specifica competenza tecnica e ampi strumenti operativi. L'obiettivo dell’ISVAP è quello di
assicurare la stabilità del mercato e delle imprese nonché la solvibilità e l'efficienza degli
operatori, a garanzia degli interessi degli assicurati-consumatori e in generale dell'utenza.
Funzione primaria dell'Istituto è, dunque, l'esercizio della vigilanza nei confronti delle imprese
di assicurazione, che si esercita attraverso il controllo sulla loro gestione tecnica, finanziaria,
patrimoniale e contabile, verificandone la rispondenza alle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative vigenti. In particolare, l'ISVAP provvede ad autorizzare le
imprese all'esercizio e all'estensione in altri rami dell'attività assicurativa nonché a svolgere
tutte le attività connesse con il rilascio di tale autorizzazione, verificando la sussistenza delle
previste condizioni di esercizio. Nell'ambito dei compiti di supervisione prudenziale demandati
all'ISVAP e volti a garantire la sana e prudente gestione dell'impresa assicurativa, assume un
rilievo particolare la vigilanza finanziaria, che consiste nel costante controllo della situazione
patrimoniale e finanziaria dell'impresa, con riguardo, in particolare, al possesso del margine di
solvibilità e di riserve tecniche sufficienti in rapporto all'insieme dell'attività svolta nonché di
attivi congrui alla loro integrale copertura.
Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP)
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
157
La Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) è un organismo dotato di personalità
giuridica di diritto pubblico, istituito dalla legge con lo scopo di perseguire la corretta e
trasparente amministrazione e gestione dei fondi pensione per la funzionalità del sistema di
previdenza complementare. La COVIP esercita l'attività di vigilanza sui fondi pensione e in tale
ambito:
autorizza l'esercizio dell'attività dei fondi pensione;
approva gli statuti e i regolamenti dei fondi, nonché le relative modifiche;
autorizza le convenzioni per la gestione delle risorse dei fondi con gli intermediari abilitati;
valuta l'attuazione dei principi di trasparenza nei rapporti con i partecipanti ai fondi;
esercita il controllo sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile dei fondi,
anche mediante ispezioni;
pubblica e diffonde informazioni utili alla conoscenza della materia della previdenza
complementare.
La Commissione, istituita nella sua attuale configurazione agli inizi del 1996, è un organo
collegiale formato dal Presidente e da quattro commissari. Le deliberazioni della Commissione
sono adottate a maggioranza dei votanti e comunque con non meno di tre voti favorevoli.
Il dibattito in corso sulle autorità di vigilanza
L’analisi dei ruoli e dei compiti svolti dalle principali autorità di vigilanza presenti nel sistema
bancario e finanziario italiano ha messo in luce – così come nelle parole usate dal Ministro
dell’economia e delle finanze nella sua relazione al Parlamento sull’attività della CONSOB –
che «l’attuale frammentazione delle competenze e le modalità del loro esercizio inducono a
una riflessione sulla necessità di ricondurre i poteri a un’unica autorità preposta alla tutela del
risparmio». Ecco dunque rispuntare il dibattito sull’unificazione delle funzioni/autorità di
vigilanza, teso a ridimensionare il ruolo di alcune di esse, in particolar modo della Banca
d’Italia. Le affermazioni del Ministro Giulio Tremonti hanno ovviamente scatenato una serie di
reazioni da parte di chi, da un lato, sostiene (anche all’interno della maggioranza) il ruolo
storico della Banca d’Italia, e di chi, dall’altro, pretendendo “giustizia” per il risparmio truffato
dai recenti scandali finanziari, invoca una revisione dell’impalcatura che regola e vigila sui
comportamenti degli operatori bancari/finanziari. Sono dunque in cantiere diverse proposte
di legge che prevedono una ridefinizione dei compiti di vigilanza e un nuovo ruolo per la Banca
d’Italia: alcuni propongono la creazione di un’unica Authority competente su banche,
assicurazioni, promotori e fondi pensione; altri chiedono semplicemente di ricondurre
all’Antitrust la tutela della concorrenza nel credito lasciando invariato l’attuale assetto della
Banca d’Italia (si veda al riguardo Un’Autorità unica per il risparmio, in Il Sole 24 Ore del 23
ottobre 2003). Nel dibattito in corso, peraltro, non sono decisivi le scelte compiute in altri
paesi europei e negli Stati Uniti: sembra infatti non esservi un trend preciso, almeno allo stato
attuale, sulla conformazione ideale della vigilanza sui mercati finanziari e sugli intermediari
che in essi sono attivi. Ad esempio, in Inghilterra si è optato per un modello di
regolamentazione estremamente piramidale e integrato sotto il cappello della “onnipotente”
FSA (Financial Services Authority), e similmente sembra accadere in Francia con la creazione
della Authoritè des marchès financiers. Negli Usa invece operano più organi (SEC, Federal
Riserve, New York Stock Exchange, Office of the Comptroller of the Currency ecc.) incaricati
del controllo di diversi operatori finanziari, contemperati però da un maggior ricorso
all’autoregolamentazione.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
158
Qualunque sia la scelta (per forza di cose politica) a cui si dovesse e volesse arrivare, è a
nostro avviso necessario che la discussione non scada, come spesso accade in Italia, in uno
scontro di poteri istituzionali e in una conseguente soluzione di compromesso che salvi lo
status quo. Alcuni aspetti essenziali della normativa attualmente in vigore, specie quelli
inerenti l’integrazione del settore bancario/assicurativo/finanziario, richiedono una veloce
chiarificazione. Ciò anche al fine di meglio tutelare l’interesse dei risparmiatori-investitori e di
rendere più fluido il funzionamento e l’operatività degli intermediari.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
159
Capitolo 4
Il mercato dei capitali : la borsa e gli investitori
istituzionali. il private equità e fondi di
investimento. Cenni sui metodi di valutazione
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
160
4.1 I n t r o d u z i o n e
L’eccessivo indebitamento limita non solo il tasso di sviluppo ma anche la capacità netta di
autofinanziamento e tutte le leve competitive e finanziarie successivamente attivabili. Le
tardive operazioni di ristrutturazione finanziaria non potranno, dopo che si è caduti nella
“trappola del debito”, creare dal nulla tutto il valore che in precedenza tale tipo di crescita ha
portato a perdere. Ne deriva, quindi, la necessità di impiegare capitale qualitativamente, oltre
che quantitativamente, idoneo: strada che in fin dei conti solo il capitale di rischio può
garantire. I canali di copertura del fabbisogno finanziario di capitale permanente sono
essenzialmente due:
a) fondi propri cioè fondi destinanti all’aumento del capitale proprio
b) fondi di terzi destinati alla copertura del fabbisogno duraturo ma che devono essere
restituiti.
L’apporto dei fondi sub a) di noma è effettuato dai soci ma può anche essere effettuato da
“soci finanziari” attraverso la sottoscrizione di aumenti di capitale
I mezzi finanziari sub b) di norma sono forniti da terzi finanziatori (banche o investitori o amici
) attraverso la sottoscrizioni di obbligazioni o la concessione di prestiti a m/l termine . nel caso
di obbligazioni vi possono essere forme ibride come le obbligazioni convertibili che danno la
facoltà di convertire il capitale,che dovrebbe essere restituito, in azioni dell’azienda e quindi in
capitale proprio.
alcune categorie di Investitori terzi
Anche denaro "estraneo" di banche, investitori o amici fa parte del capitale proprio a patto
che si tratti di capitale di rischio o di capitale sociale i cui ricavi - a differenza di prestiti dipendono dunque dal successo dell’impresa.
Venture capital
Certe società finanziarie si sono specializzate nella concessione di capitale di rischio (o venture
capital). Queste cosiddette società di venture capital partecipano al capitale sociale e sperano
in grandi utili in caso di successo dell'impresa o di ingresso in borsa. Esse mettono a
disposizione i propri mezzi senza avere a disposizione sicurezze tradizionali. Tuttavia, dopo la
disfatta degli anni Novanta, gran parte delle società di capitale di rischio sono diventate molto
più selettive .Praticamente, ad avere delle chance sono solo le giovani imprese con una
prospettiva forte crescita, con larghe aspettative di fatturato e necessità di vari milioni di
euro. Legata alla concessione di capitale di rischio di norma c’è una governance ad hoc e
un’assistenza al management. Il venture capitalist è da considerare come un accompagnatore
durante la fase di costituzione del progetto finanziario. A compito adempiuto, di norma, si
ritira e vende la partecipazione a nuovi investitori.
Business Angel
Una categoria particolare di investitori, da tempo presente in altri paesi e da qualche tempo
anche in Italia, è rappresentata dai cosiddetti business angels, cioè imprenditori, ex titolari di
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
161
impresa o ex manager che dispongono di mezzi finanziari (anche limitati), di una buona rete
di conoscenze e di una solida capacità gestionale da impiegare in piccole e medie imprese. Tali
investitori sono per lo più interessati al finanziamento di start up tecnologici, che
coinvolgano un ammontare medio di risorse non superiore ai € 300.000 e la cui sede operativa
sia, generalmente, vicina all'area dove operano e risiedono.
Si capisce da sé che sia le società di venture capital sia i Business Angel vengono sommersi da
richieste di concessione di capitale. Per questo motivo è estremamente importante allestire o
presentare la propria documentazione in maniera tale che il fornitore di capitale riesca ad
avere rapidamente una visione globale del progetto. L'imprenditore deve essere in grado di
convincere che nel suo progetto è racchiuso un grande potenziale di plusvalore. Solo in questo
modo i Business Angel hanno la possibilità, dopo un paio d'anni, di vendere le proprie quote di
partecipazione e investire i guadagni riportati in nuovi progetti. Tuttavia, anche a condizioni
così restrittive i fornitori di capitale di rischio riescono a moltiplicare il capitale impiegato solo
in un caso su 4 o 5.
.
Agli inizi degli anni Ottanta, con il termine venture capital si definiva l'apporto di capitale
azionario, o la sottoscrizione di titoli convertibili in azioni, da parte di operatori specializzati, in
un'ottica temporale di medio-lungo termine, effettuato nei confronti di imprese non quotate
e con elevato potenziale di sviluppo in termini di nuovi prodotti o servizi, nuove tecnologie,
nuove concezioni di mercato. Nell'ambito di tale definizione, la partecipazione veniva
generalmente intesa come temporanea, minoritaria e finalizzata, attraverso il contributo
congiunto di know how non solo finanziario, allo sviluppo dell'impresa, all'aumento del suo
valore ed alla possibilità di realizzazione di un elevato capital gain in sede di dismissione. Nel
corso degli anni, pur rimanendo invariati i presupposti di fondo, le caratteristiche dell'attività
di investimento istituzionale nel capitale di rischio sono mutate, diversificandosi in funzione
del sistema imprenditoriale di riferimento e del grado di sviluppo dei diversi mercati e
offrendo, oggi, una più variegata gamma di possibilità di intervento. Di fatto, il comune
denominatore rimane l'acquisizione di partecipazioni significative in imprese, in ottica di
medio lungo-termine, e il conseguente obiettivo di sviluppo finalizzato al raggiungimento di
una plusvalenza sulla vendita delle azioni, ma la presenza delle ulteriori caratteristiche ha
assunto connotati molto variabili.
4.2 Le più recenti evoluzioni terminologiche
Da un punto di vista strettamente terminologico, il concetto di investimento istituzionale nel
capitale di rischio ha assunto, in passato, connotati differenti fra Stati Uniti ed Europa. Negli
USA, questo concetto, definito della sua globalità "attività di private equity", è distinto, in
funzione della tipologia di operatore che pone in essere il finanziamento, tra venture capital e
buy out. Alla prima categoria corrispondono due tipologie specifiche di investimenti: - l'early
stage financing, ovvero l'insieme dei finanziamenti (seed financing e start up financing) a
sostegno delle imprese nei primi stadi di vita; - l'expansion financing, ovvero quella serie di
interventi effettuati in imprese già esistenti che necessitano di capitali per consolidare e
accelerare la crescita in atto. Al contrario, in Europa, il termine venture capital era in passato
esclusivamente riferito alle operazioni finalizzate a sostenere la nascita di nuove imprese,
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
162
mentre con il termine private equity si intendeva l'insieme delle operazioni poste in essere per
sviluppare attività esistenti o risolvere problemi connessi con la proprietà di un'impresa,
incluso il fenomeno del passaggio generazionale. Oggi, a seguito di un processo di
standardizzazione metodologica, anche in Europa e in Italia si aderisce alla definizione
utilizzata negli Stati Uniti.
4.3 Il ruolo dell'investimento in capitale di rischio in un moderno sistema
finanziario
Il ruolo che l'investimento in capitale di rischio ha in un moderno sistema finanziario è
rilevante sotto numerosi profili. Innanzitutto, sul fronte dell'impresa, la possibilità di far
riscorso ad operatori specializzati nel sostegno finanziario finalizzato alla creazione di valore,
consente alle stesse di reperire capitale "paziente", che può essere utilizzato per sostenere la
fase di start up, piuttosto che piani di sviluppo, nuove strategie, acquisizioni aziendali,
passaggi generazionali o altri processi critici del loro ciclo di vita. In particolare, tale capitale
può essere utilizzato dall'impresa per sviluppare nuovi prodotti e nuove tecnologie, per
espandere il circolante, per finanziare acquisizioni, o per rafforzare la struttura finanziaria di
una società. Il private equity può anche essere impiegato per risolvere problemi connessi con
la proprietà di un'impresa o con il fenomeno del passaggio generazionale. Inoltre, è lo
strumento privilegiato per la realizzazione di operazioni di buy out / buy in, effettuate da
manager esperti. Poiché, inoltre, il supporto dell'investitore istituzionale non si esaurisce nella
mera fornitura di capitale di rischio, un ulteriore vantaggio deriva dalla disponibilità di know
how manageriale che l'investitore mette a disposizione dell'impresa per il raggiungimento dei
suoi obietti di sviluppo. Ciò si traduce anche nella possibilità di supporto alla crescita esterna,
attraverso contatti, investimenti, collaborazioni ed altro, con imprenditori dello stesso o di
altri settori. Spesso la crescita attraverso fusioni e/o acquisizione offre sensibili vantaggi in
virtù della tempestività con la quale è possibile entrare in nuovi settori o guadagnare nuove
quote di mercato. Il socio istituzionale possiede una profonda esperienza basata su una
moltitudine di realtà imprenditoriali diverse e, pertanto, gode di un invidiabile esperienza cui
la società può accedere. L'investitore istituzionale nel capitale di rischio ha, per esempio,
solitamente esperienza anche in tema di accompagnamento alla quotazione, capacità preziosa
in tale delicato processo e che può essere d'aiuto nel definire il timing e le procedure interne
ottimali. È poi comprovato che alle imprese partecipate da investitori istituzionali siano
riconducibili performance economiche superiori rispetto alle altre realtà imprenditoriali,
apportando un beneficio a livello di sistema. L'attività di investimento nel capitale di rischio
contribuisce, dunque, notevolmente allo sviluppo del sistema industriale e dell'economia nel
suo complesso, selezionando imprese a rapido tasso di crescita e fornendo loro il capitale
necessario per svilupparsi.
4.4 Gli obiettivi dell'investitore istituzionale
L'obiettivo dell'investitore istituzionale è quello di realizzare, nel medio termine, un
importante guadagno di capitale (capital gain) attraverso la cessione della partecipazione
acquisita. Per guadagno di capitale si intende l'incremento di valore della partecipazione
maturato dal momento dell'assunzione della partecipazione a quello della cessione e
monetizzazione della stessa. In generale, il buon esito dell'intervento è determinato dalla
capacità dell'investitore di contribuire a creare valore all'interno dell'impresa, generando,
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
163
così, nella maggior parte dei casi, ricchezza anche per l'intero tessuto economico e
imprenditoriale del Paese.
L'investitore istituzionale nel capitale di rischio è, per definizione, un socio temporaneo,
seppur di medio -lungo termine, che, come tale, dovrà prima o poi cedere la partecipazione
acquisita per realizzare il proprio obiettivo.
4.5
Le imprese target dell’investitore istituzionale
L'investitore istituzionale concentra la sua attenzione sui progetti caratterizzati da un elevato
potenziale di sviluppo, cioè su iniziative per le quali l'apporto di capitale e di competenza
professionale da parte sua possa accelerare il processo di creazione di valore.
L'investitore, in particolare, tenderà a privilegiare:

imprese con un valido progetto di sviluppo e con prospettive di crescita sia
dimensionale, che reddituale. Si tratta quindi di imprese con un prodotto/servizio di
successo, caratterizzato da scarsa imitabilità e bassa sostitituibilità rispetto ai prodotti
concorrenti, il cui mercato di riferimento presenti ancora elevate potenzialità di
espansione;

imprese guidate da un imprenditore valido, che si dimostri determinato, ambizioso e
corretto nella realizzazione del progetto di sviluppo. L'imprenditore deve quindi
perseguire obiettivi di sviluppo dell'impresa e di affermazione personale impegnativi, ma
realistici, tali da suscitare fiducia nell'investitore;

imprese con un buon management, formato da persone con consolidata esperienza e
con conoscenza specifica del settore;

imprese per le quali sia possibile prevedere in prospettiva una modalità di
disinvestimento, che consenta di facilitare il realizzo del capital gain.
4.5.1 I criteri di selezione
Oltre agli strumenti utilizzati nelle operazioni tradizionali di finanziamento (analisi dei bilanci,
modelli di analisi finanziaria, analisi d'azienda), l'investitore nel capitale di rischio:

giudica innanzitutto la competenza dell'imprenditore e del management, investendo nel
team che ha maggiori capacità di realizzare un progetto di sviluppo, piuttosto che nel
progetto stesso;

valuta l'andamento del mercato e le reazioni della domanda all'introduzione di una
nuova tecnologia o di un prodotto/servizio innovativo, al fine di capirne lo sviluppo
potenziale;

cerca di stimare le tendenze, osservando con attenzione l'evoluzione dei settori più
competitivi e ascoltando le opinioni degli esperti. L'obiettivo è di selezionare le iniziative
imprenditoriali "vincenti", che consentano di realizzare un guadagno elevato nel medio
termine.
4.5.2 Il rapporto tra investitore e impresa
L’investitore istituzionale partecipa alle scelte strategiche dell'azienda, limitando il suo
intervento
alle decisioni che
possono
modificare la
combinazione
prodotto/mercato/tecnologia su cui si basa l'azienda e alle decisioni di investimento più
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
164
significative . Lascia al socio imprenditore e/o al gruppo dirigente piena autonomia nella
gestione operativa quotidiana dell'azienda; nel rapporto con l'imprenditore, vuole la
disponibilità ad un colloquio leale, aperto e costruttivo, ed una totale trasparenza,
nell'interesse dello sviluppo aziendale.
A differenza delle tradizionali forme di finanziamento, come il ricorso al capitale di debito, la
partecipazione al capitale di rischio di investitori istituzionali richiede uno stretto rapporto di
collaborazione tra l'imprenditore e l'investitore istituzionale che condivide il rischio
d'impresa ed è cointeressato al successo dell'impresa. Oltre al capitale, l'investitore apporta
competenze professionali strategiche, finanziarie, di marketing, di organizzazione,
manageriali e offre una rete di contatti utili, finanziari e non, in ambito nazionale e
internazionale. Il rapporto costruttivo tra imprenditore ed investitori istituzionali è
fondamentale per esaltare queste competenze.
L'apertura del capitale di un'impresa ad un socio istituzionale, determina, generalmente, una
serie di cambiamenti importanti, specialmente nel caso di imprese a carattere famigliare. Per
raggiungere il suo obiettivo, infatti, l'investitore eserciterà un'azione tendente ad elevare la
trasparenza e la qualità nella comunicazione dell'impresa, a professionalizzarne la gestione e
l'organizzazione, a far introdurre od evolvere sistemi di pianificazione e controllo e di
monitoraggio dei risultati aziendali.
Sarà necessario, magari gradualmente, realizzare:

la netta separazione tra il patrimonio famigliare e quello aziendale;

la revisione del bilancio;

l'introduzione di sistemi di budgeting e di controllo di gestione;

la predisposizione di relazioni periodiche sulla performance dell'impresa.
Oltre agli apporti più strettamente finanziari, per l’impresa vi sono alcuni specifici vantaggi che
possono essere ottenuti grazie alla partecipazione al capitale di un investitore istituzionale:

collaborazione nel tracciare una strategia di sviluppo e nel perseguirla, sfruttando le
occasioni di crescita esterna, attraverso acquisizioni, fusioni, concentrazioni, joint
venture con altre imprese del settore;

maggiore funzionalità della compagine sociale, che facilita anche la eventuale
liquidazione dei soci che non sono più interessati a partecipare all'impresa, senza
drenare risorse dalla società;

un contributo alla realizzazione di una gestione più professionale e manageriale,
attraverso l'attenuazione degli eventuali condizionamenti che provengono dalla sfera
degli interessi personali e familiari e, comunque, la migliore o più professionale
regolamentazione dei rapporti impresa-famiglia;

crescita del potere contrattuale dell'impresa, grazie alla presenza dell'investitore come
azionista di rilievo;

miglioramento dell'immagine dell'impresa nei confronti delle banche e del mercato
finanziario, che eleva l'affidabilità finanziaria dell'impresa e agevola il reperimento di
finanziamenti anche per lo sviluppo del capitale circolante;

maggior capacità di attrarre management capace ed esperto.
4.6
Le forme di finanziamento a confronto
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
165
All'imprenditore sono generalmente note le "regole" del finanziamento di tipo tradizionale,
ottenibile, ad esempio, da un istituto di credito. Egli sa, dunque, che la capacità di ripagare il
debito, sottoforma di quote di capitale e di interessi, è garantita dal patrimonio aziendale e,
talora, dai suoi beni personali. Nel caso in cui risulti impossibile il rimborso del prestito, la
banca può chiedere che l'azienda venga messa in liquidazione e può rivalersi sul suo attivo.
L'investitore nel capitale di rischio, invece, non chiede garanzie, ma si accolla una parte del
rischio di impresa come gli altri azionisti. Le banche, d'altra parte, in qualità di fornitori di
capitale di debito, non sono direttamente interessate al processo di creazione di valore
dell'impresa, ma solo alla solvibilità finanziaria, mentre l'investitore, che condivide con
l'imprenditore l'incremento di valore della partecipazione, farà di tutto per aiutare la crescita
Capitale di rischio
Finanziamento a medio e lungo
termine
Non prevede scadenze di rimborso ed
il disinvestimento avviene di norma
con cessione al mercato od a terzi,
senza gravare l'impresa
È una fonte flessibile di capitali, utile
per finanziare processi di crescita
La remunerazione del capitale dipende
dalla crescita di valore dell'impresa e
dal suo successo
L'investitore nel capitale di
rischio rappresenta un partner che può
fornire consulenza strategica e
finanziaria
4.7
Capitale di debito
Finanziamento a breve, medio e lungo termine
Prevede precise scadenze di rimborso a
prescindere dall'andamento dell'impresa e nel
caso di finanziamento a breve è revocabile a
vista
È una fonte rigida di finanziamento, la cui
possibilità di accesso è vincolata alla presenza di
garanzie e alla generazione di cash flow
Il debito richiede il pagamento regolare degli
interessi a prescindere dall'andamento
dell'azienda ed è garantito da mantenimento del
valore degli attivi
L'assistenza fornita è di tipo
accessorio al finanziamento
Le modalità di accesso ad una operazione di venture capital
Sebbene non esista un imprenditore ideale, vi sono alcuni aspetti legati al suo carattere e
alla sua esperienza che costituiscono dei prerequisiti indispensabili per attrarre l'attenzione
dell'investitore:

la credibilità del proponente l'iniziativa;

il know how maturato nel settore in cui vuole operare;

la capacità di leadership;

il commitment nel progetto imprenditoriale;

la disponibilità ad un discorso leale, aperto e trasparente.
Di seguito si riportano le ipotesi principali in cui un imprenditore si può avvicinare ad
un’operazione sul capitale di rischio.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
166
4.7.1 Sviluppare un'attività esistente
Le imprese già esistenti possono ricorrere all'investimento in capitale di rischio per espandere il
proprio business, con l'obiettivo, ad esempio, di aumentare la capacità produttiva o di
consolidare l'immagine del proprio prodotto/servizio attraverso l'ampliamento della propria
quota di mercato e al fine di rimanere competitive in Europa e globalmente.
L'ampliamento della pressione competitiva, anche a livello geografico, richiede,
infatti, sempre più il raggiungimento di dimensioni adeguate al contesto internazionale. In
questi casi (expansion financing), l'investitore sarà interessato ad intervenire solo se ritiene
che esistano buone prospettive per tale espansione in termini economicamente
interessanti. In questa fase, l'azienda ha già dimostrato di riuscire a competere sul mercato
con profitto, perciò il rischio di insuccesso, quantomeno totale, è più basso. È quindi più facile
"convincere" l'investitore, offrendogli informazioni di tipo storico, oltre che previsionale, utili per
meglio capire e valutare le potenzialità dell'azienda nella quale egli si accinge a
Le esigenze finanziarie dell'impresa in funzione di un progetto di sviluppo, determinano la
necessità di procedere ad un aumento di capitale sociale, sottoscritto, in tutto o in parte,
dall'investitore istituzionale.
4.7.2 Liquidare i vecchi soci
Nelle fasi di espansione e maturità la continuità dello sviluppo aziendale richiede, talora, la
riorganizzazione dell'azionariato. In questi casi l'investitore istituzionale può sostituirsi,
temporaneamente, a uno o più soci uscenti (replacement capital). In questo modo, si
evita che alcuni soci, non più soddisfatti dall'orientamento strategico dell'impresa, o desiderosi
di disinvestire per un qualche motivo, frenino lo sviluppo aziendale. L'investitore istituzionale si
sostituisce ai soci uscenti sulla base di un nuovo patto di sviluppo, e senza che l'uscita del socio
depauperi ed indebolisca l'impresa.
4.7.3 Rilevare l'azienda di famiglia
Nel corso della vita di un'impresa famigliare, può avvenire che uno dei membri della famiglia
decida di rilevarla, anche alla luce dell'eventuale calo motivazionale nel progetto
imprenditoriale da parte degli altri componenti. In questo caso l'investitore istituzionale può
rappresentare un partner ideale per la realizzazione dell'operazione di acquisizione (family buy
out), non limitando il suo apporto alle sole risorse finanziarie, ma fornendo anche un
rilevante contributo di tipo manageriale ed organizzativo. L'investitore istituzionale,
preoccupandosi anche della strutturazione tecnica dell'operazione, si occuperà
direttamente degli aspetti negoziali con gli
azionisti uscenti.
4.7.4 Acquistare l'impresa per cui si lavora
In alcuni casi, la continuità dello sviluppo aziendale è subordinata al mutamento della
responsabilità imprenditoriale e all'individuazione di una nuova guida. Ecco allora, che
l'investitore istituzionale può organizzare l'operazione di finanziamento dell'acquisto della
maggioranza dell'impresa da parte del management della stessa (management buy out) o,
addirittura, da un più folto gruppo di dipendenti (employee buy out). Spesso, il management
può essere interessato ad acquisire rami di azienda non considerati più "strategici" dalla
proprietà, ma che possono essere redditizi come attività autonome. La funzione di sostegno si
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
167
concretizza, allora, nell'agevolare il cambiamento parziale della struttura proprietaria e
nell'aiutare il management a reperire le risorse necessarie per l'acquisizione.
L'investitore può anche supportare un gruppo di manager esperti estranei
all'impresa nell'acquisto della maggioranza della stessa (management buy in).
4.7.5 Risanare un'azienda in perdita
In questi casi, l'investitore finanziario si inserisce in una situazione di crisi aziendale
(turnaround financing), sostituendo chi non è più in grado di proseguire nell'attività e
gestendo direttamente tutte le fasi connesse alla ristrutturazione e al rilancio dell'attività.
Soprattutto in queste operazioni, l'investitore tende a preferire l'assunzione, almeno
temporanea, di quote di maggioranza, per poter prendere decisioni fondamentali per la
sopravvivenza dell'impresa (come, per esempio, la sostituzione del management che ha
contribuito all'insorgere della crisi).
4.7.6. Gli investitori istituzionali
Avviare un'attività, farla crescere, rilevarla, richiede una disponibilità di capitale di rischio non
sempre disponibili al soggetto coinvolto. L'individuazione della fonte più appropriata risulta
pertanto fondamentale per realizzare il progetto. Esistono diverse tipologie di investitori
istituzionali, che si distinguono per la struttura giuridica e organizzativa, per le strategie di
raccolta e di investimento dei capitali e per le correlate scelte operative. Un imprenditore che
sia alla ricerca di capitale di rischio può trovare numerosi investitori pronti a finanziare il suo
progetto imprenditoriale. Tale varietà, se offre opportunità di scelta, può anche determinare
difficoltà di scelta. È bene dunque che l'imprenditore si sforzi di individuare l'alternativa più
adatta al suo caso, informandosi sulle caratteristiche e sulle preferenze in tema di
investimento di ciascun operatore in modo da aumentare le probabilità di riuscita della
trattativa. In questa scelta, prezioso può essere il ruolo di professionisti e consulenti.
Le società di Venture Capital e Private Equity
Diversi sono, dunque, i soggetti che svolgono professionalmente l'attività di investimento nel
capitale di rischio. Diverse sono le loro emanazioni, le loro forme organizzative, e, talora, il loro
campo d'azione.
Le principali categorie degli investitori presenti in Italia sono le seguenti:

operatori di emanazione bancaria;

fondi chiusi italiani;

fondi chiusi ed altri operatori internazionali;

finanziarie di partecipazione di emanazione privata o industriale;

operatori di emanazione pubblica.
Ognuna di queste categorie presenta delle caratteristiche particolari, soprattutto in termini di
tipologie di investimenti preferenziali e atteggiamento nei confronti dell'impresa partecipata.
Conoscere alcuni di questi particolari, quindi, rappresenta un primo passo verso la scelta
dell'interlocutore più adatto.
Il fondo chiuso è uno strumento finanziario che raccoglie capitali presso investitori
istituzionali (quali imprese, fondazioni, compagnie assicurative, fondi pensione) e presso
privati, per investirli in imprese non quotate ad alto potenziale di sviluppo.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
168
Il fondo viene definito "chiuso" perché non è concesso ai sottoscrittori delle quote di
riscattare queste in qualsiasi momento, ma solo ad una scadenza predefinita. Né è
consentito a nuovi sottoscrittori del fondo di entrare nello stesso, una volta che la raccolta
del capitale programmata è completata. Ciò garantisce ai gestori del fondo la disponibilità di
un determinato ammontare di capitali per un periodo di tempo predeterminato e di durata
medio-lunga, in modo da poter investire "con tranquillità" in aziende medio-piccole e non
quotate. In prossimità della data di scadenza (in genere con un certo anticipo) i gestori
provvedono a liquidare gli investimenti precedentemente effettuati, per poi procedere al
rimborso delle quote maggiorate dell'eventuale rendimento.
4.7.8 Il Business Plan
Il business plan è il piano nel quale il progetto viene sviluppato in termini di linguaggio
aziendale. Esso è la base per la richiesta del capitale di rischio e quindi è, spesso, per
l'imprenditore il primo strumento di contatto con l'investitore istituzionale. È quindi
necessario dedicare cure ed attenzione all'elaborazione di questo documento che
rappresenta il biglietto di presentazione dell'imprenditore, dell'impresa e del progetto. Il
processo di preparazione del business plan deve coinvolgere tutta l'azienda e deve esplicitare, in
termini quantitativi, gli obiettivi da raggiungere e la loro compatibilità con le risorse
(finanziarie, tecnologiche, conoscitive e umane) di cui l'impresa dispone o vorrebbe disporre,
tenendo conto delle caratteristiche dell'ambiente competitivo in cui l'impresa si misura e del
mercato al quale si rivolge.
La realizzazione di un business plan da sottoporre a investitori istituzionali nel capitale di
rischio, necessita di una particolare attenzione perché: sulla base delle informazioni contenute
nel business plan, l'interlocutore deciderà se andare a fondo nell'esame del progetto o se
scartarlo; coloro che andranno a discutere il business plan si troveranno di fronte ad
attenti e preparati interlocutori, che cercheranno di individuare i punti di debolezza o le
eventuali incoerenze presenti nel documento.
Nella stesura del business plan il management dovrà quindi considerare che i potenziali
finanziatori giudicheranno il lavoro svolto con criteri diversi rispetto a quelli utilizzati dalla
direzione aziendale. L'enfasi sarà infatti sulla capacità del business plan di creare valore per
l'investitore, e di facilitare la sua successiva uscita dall'investimento.
Non poca attenzione sarà inoltre dedicata dall'investitore alla comprensione delle modalità
di elaborazione del business plan e alle competenze del management.
In questo senso, costituiranno punti di forza non indifferenti:
l'aver concepito il business plan come sintesi di una analisi di più scenari possibili (ad esempio,
ottimistico - medio - pessimistico) a ciascuno dei quali è stata attribuita una probabilità di
verificarsi;
l'aver coinvolto l'organizzazione aziendale nel processo di business planning nei
termini già discussi e il fatto che sia presente un management motivato, compatto,
capace di fare gioco di squadra, con un track record di successo e con competenze riconosciute
nel settore.
4.8
Dal contatto all'investimento
4.8.1 I contatti e i tempi dell’esame
Dopo avere individuato un investitore che potrebbe essere interessato al proprio progetto di
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
169
sviluppo, l'imprenditore può contattarlo telefonicamente o per lettera. Se si riscontra una
ragionevole disponibilità, è bene far pervenire immediatamente un succinto progetto,
preliminare al vero e proprio business plan. Di rado, infatti, la selezione delle proposte parte
dall'esame di una documentazione fornita dall'imprenditore. Quasi sempre si avvia un
colloquio fra le parti e i primi contatti avvengono sulla base di una proposta scarsamente
formalizzata. È consigliabile, dunque, inviare inizialmente una sorta di estratto del business
plan, che sintetizzi il piano aziendale, piuttosto che l'intero documento, per aumentare la
probabilità di ricevere attenzione e non abusare della disponibilità dell'investitore. Se il primo
contatto non va a buon fine, si può provare con altre società. È opportuno però riflettere sui
motivi del mancato avvio del colloquio ed, eventualmente, ripensare il progetto, rivedendo in
chiave critica la sua impostazione e la sua presentazione. Nel caso venga iniziata la trattativa,
si deve tenere presente che, generalmente, passano dai tre ai sei mesi dal momento della
presentazione del business plan alla decisione da parte dell'investitore di finanziarlo. Tali
tempi si restringono in funzione della chiarezza e della completezza dei dati forniti
dall'imprenditore, nonché della complessità del business.
4.8.2 Gli accordi
Nella fase di stipula del contratto preliminare le parti sottoscrivono un accordo di riservatezza
che le impegna a non diffondere le informazioni aziendali se non a quei consulenti esterni,
che è necessario coinvolgere per valutare alcuni aspetti dell'investimento. L'impegno
sottoscritto riguarda ovviamente le informazioni strettamente aziendali e non quelle inerenti
il più vasto mercato su cui l'azienda opera ed il settore in cui compete. L'imprenditore deve
impostare la trattativa in modo da massimizzare la probabilità di successo, dal momento che,
in caso di fallimento, nulla impedisce all'investitore, né giuridicamente né moralmente, di
attivare una ricerca su aziende concorrenti, attive nello stesso settore. Se dalla lettura del
documento di presentazione dell'iniziativa l'investitore trae il convincimento di trovarsi di
fronte ad una buona opportunità, sottopone all'imprenditore una prima serie di quesiti per
approfondire alcuni aspetti chiave dell'operazione in esame. Se, poi, da questa successiva
fase emerge una concreta possibilità di accordo, si passa alla firma di una lettera di intenti
nella quale vengono definiti gli aspetti economici, legali e societari salienti che dovranno
essere ripresi e rielaborati in dettaglio nel contratto di investimento. Tale lettera deve
esplicitare tutti gli aspetti che entrambe le parti ritengono essenziali per concludere in modo
soddisfacente l'accordo, tra i quali: il valore dell'azienda, la presenza dell'investitore nel
Consiglio di Amministrazione, gli obblighi informativi ai quali l'imprenditore deve impegnarsi
in caso di investimento e le eventuali clausole previste per il disinvestimento. La lettera
condiziona la firma del contratto definitivo ad una serie di accertamenti, aventi natura sia
formale che sostanziale, che fanno parte delle analisi e delle verifiche (due diligence)
condotte dall'investitore, tipicamente con il concorso di consulenti esterni alla sua
organizzazione.
4.8.3 Dalla due diligence al contratto
Durante la fase di valutazione dell'opportunità di investimento viene svolta quella che è
comunemente definita "due diligence". Il termine, mutuato dalla terminologia anglosassone, può
essere definito come quell'insieme di attività, svolte dall'investitore, necessarie per giungere ad
una valutazione finale, analizzare lo stato attuale dell'azienda (compresi i rischi potenziali e le
eventuali cause di fallimento dell'operazione o "deal breakers") e le sue potenzialità future. Gli
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
170
investitori istituzionali investono solitamente capitali di terzi che l'attività di due diligence
contribuisce a tutelare. L'attività di due diligence, seppur presente durante tutta l'attività di
negoziazione, s'intensifica durante la fase che segue la firma della lettera di intenti, fino alla
stipulazione del contratto vero e proprio. La due diligence può essere svolta direttamente
dall'investitore istituzionale oppure, tramite professionisti di sua fiducia che si occuperanno di
specifiche aree aziendali e di business. Un buon andamento della due diligence è una garanzia per
entrambe le parti di una chiusura della negoziazione in maniera rapida e permette all'investitore di
venire in possesso di quelle informazioni necessarie ad effettuare l'investimento in maniera
professionale. Inoltre, la due diligence tende ad evitare che, dopo la firma del contratto,
insorgano contestazioni o contenziosi. L'attività necessaria per la due diligence richiede un forte
impegno sia da parte dell'investitore e dei suoi professionisti che da parte dell'impresa:
imprenditore, management (dirigenti e quadri) ma anche, molto spesso, personale esecutivo,
saranno tutti coinvolti in prima persona nel collaborare al processo e nel far fronte alle necessarie
richieste.Se le analisi effettuate dall'investitore hanno dato esito positivo, si giunge alla firma del
contratto che definisce in dettaglio i termini dell'accordo tra la società ed i suoi azionisti da una
parte e l'investitore dall'altra. Il contratto di acquisto prevederà le normali clausole a garanzia
dell'acquirente sulla correttezza e completezza dei dati e dei fatti rappresentati e sull'inesistenza
di passività occulte, nonché le procedure di risoluzione delle controversie. Alcuni accordi che
regolano i rapporti tra gli azionisti vengono normalmente inclusi nel contratto d'investimento,
che svolge così anche funzione di patto parasociale tra gli azionisti originari e quelli entranti. Tali forme di
accordo possono riguardare:

la "corporate governance". Quest'area comprende le regole per la nomina ed il
funzionamento degli organi sociali, per il funzionamento del controllo di gestione, per le
maggioranze qualificate richieste per atti particolari (come acquisto e cessione di azioni e/o di
partecipazioni);

il disinvestimento. Si tratta di accordi sulle regole di disinvestimento e sull'esercizio dei
diritti di opzione.
Una volta raggiunto l'accordo sul prezzo e sull'entità della partecipazione da assumere e sugli altri
aspetti regolati dal contratto finale, l'operazione si concretizza con il trasferimento delle azioni, il
pagamento del prezzo, il rilascio delle garanzie, l'eventuale sostituzione degli amministratori e la firma di
eventuali contratti accessori. Da questo momento in poi investitore e imprenditore sono a tutti gli
effetti soci della stessa iniziativa e devono cominciare a lavorare insieme per massimizzare la
creazione di valore.
4.9
Le forme tecniche di intervento e il periodo successivo
L' investitore istituzionale fornisce capitale sulla base di un "pacchetto" finanziario, composto
in funzione delle varie esigenze di controllo e redditività che si vogliono soddisfare. L'acquisizione di
quote azionarie di nuova emissione o vendute da soci preesistenti rappresenta la modalità tecnica
di investimento più frequente. In alternativa, si possono utilizzare forme di finanziamento
"intermedie" tra il debito e l'equity con un mix tra le varie forme.
4.9.1
I principali strumenti di finanziamento
Equity: definito anche "capitale di rischio", rappresenta il capitale proprio dell'azienda, versato,
generalmente, attraverso la sottoscrizione di titoli azionari. La sua remunerazione dipende,
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
171
pertanto, dalla redditività e dal successo dell'iniziativa, sia in termini di utile prodotto e distribuito
agli azionisti tramite dividendi, sia in termini di aumento di valore delle azioni.
Prestito obbligazionario convertibile: capitale di debito raccolto attraverso l'emissione di
particolari obbligazioni, convertibili, entro determinati lassi di tempo e in base a rapporti di cambio
prefissati, in azioni della stessa società emittente o di altre società. Le obbligazioni convertibili, pertanto,
offrono al loro sottoscrittore la facoltà di rimanere creditore della società emittente (quindi di
conservare lo status di obbligazionista), e di ricevere i proventi attraverso il pagamento degli
interessi, assumendo, solo in un secondo momento, lo status di azionista attraverso la conversione in
azioni delle obbligazioni.
Finanziamento mezzanino (mezzanine financing): si tratta di un insieme di strumenti
finanziari che presentano caratteristiche tecniche differenti e sono generalmente riconducibili a
forme articolate di debito e obbligazioni, il cui rendimento è in parte fisso o comunque
determinato (tasso di interesse) e in parte legato all'apprezzamento del valore della società alla
quale questo prestito è destinato.
Debito subordinato (subordinated debt): si tratta di un finanziamento a titolo di capitale di
debito e a medio-lungo termine. Il suo rimborso è privilegiato rispetto al capitale proprio, ma
postergato rispetto alle altre forme di debito.
Senior debt: rappresenta la forma più classica di capitale di debito a medio-lungo termine,
privilegiato, nel rimborso, rispetto a tutte le altre forme di finanziamento.
4.9.2 Il monitoraggio dell'investimento
Tale attività è quella che qualifica in modo più specifico l'intervento dell'investitore
istituzionale nel capitale di rischio e la sua capacità di collaborare alla creazione di valore per
l'impresa. Dopo avere assunto la partecipazione, infatti, l'investitore richiede, di norma,
un'informativa dettagliata e costante per poter tenere sotto controllo l'andamento della società e
individuare con tempestività i problemi. Il monitoraggio dell'investimento viene effettuato su gran
parte degli aspetti che caratterizzano la vita aziendale, sia attraverso l'analisi costante di alcuni
indicatori economico-reddituali, sia attraverso la partecipazioni alle riunioni del Consiglio di
Amministrazione, alle quali rappresentanti dell'investitore, di norma, partecipano. È importante
ricordare che l'investitore non si sostituisce all'imprenditore e quasi mai pretende di
partecipare alle scelte operative del management, mentre vuole essere parte attiva nell'ambito
delle scelte di carattere strategico e nella verifica dell'andamento, tramite la presenza nel
Consiglio di Amministrazione. In realtà, in funzione di alcune variabili (tipologia di investitore,
tipologia di operazione, problemi interni all'azienda), l'investitore può assumere un atteggiamento
più o meno incisivo nella conduzione aziendale, partecipando in misura maggiore o minore alla
vita della stessa.
4.9.3 Il disinvestimento
L'investitore istituzionale nel capitale di rischio rappresenta un socio temporaneo dell' imprenditore,
interessato a monetizzare il proprio investimento ed a realizzare un guadagno di capitale attraverso la
vendita della partecipazione, una volta raggiunti gli obiettivi prefissati. Il disinvestimento consiste,
dunque, nella cessione, totale o parziale, della partecipazione detenuta dall'investitore, che, in alcuni
casi, può anche decidere di conservare una minima quota di capitale nell'impresa in via più
duratura. Il momento dell'uscita dell'investitore dal capitale dell'impresa non è quasi mai
predeterminato, ma è funzione dello sviluppo della società. Sempre più spesso, tuttavia, gli
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
172
investitori cercano di prevedere, al momento dell'acquisto della partecipazione, gli eventuali
canali di uscita ed i tempi di realizzo, al fine di pianificare al meglio anche questa fase finale
dell'operazione. Nei casi di successo, si disinveste quando l'azienda ha raggiunto il livello di
sviluppo previsto ed il valore della società, e quindi della partecipazione, si è
conseguentemente incrementato. Nell'eventualità in cui l'iniziativa fallisca, perché, ad esempio, il nuovo
prodotto o la nuova tecnologia non riescono ad affermarsi sul mercato, si disinveste quando matura
la convinzione che non è più possibile risolvere la situazione di crisi che si è creata. In entrambe le
situazioni, i tempi e le modalità del disinvestimento sono definiti, di norma, con l'accordo di tutti i soci.
Diverse sono le modalità di disinvestimento, dipendenti sia dalla tipologia di impresa e di operazione
precedentemente posta in essere, che dai risultati raggiunti. I tipici canali utilizzati dagli investitori
per cedere le azioni in loro possesso sono:

la quotazione in Borsa dei titoli dell'impresa partecipata;

la vendita dei titoli ad un'altra impresa industriale o ad un altro investitore istituzionale;

il riacquisto della partecipazione da parte del gruppo imprenditoriale originario.

la vendita a nuovi e vecchi soci, risultanti da un'operazione di concentrazione tra diverse imprese
del settore nel frattempo realizzata.
È ovviamente da mettere in previsione anche l'ipotesi che tutta l'operazione non vada a buon fine e
che, quindi, non si verifichi un vero e proprio disinvestimento, ma un azzeramento del valore della
partecipazione. Ciò è più frequente soprattutto nelle operazioni di "start up" di imprese tecnologiche.
La quotazione in Borsa
Il canale più ambito di disinvestimento è la quotazione in Borsa dei titoli della società partecipata. Dal
momento che in Borsa è possibile collocare anche una minoranza del capitale dell'impresa, tale
strada permette, all'investitore, di cedere con profitto il proprio pacchetto di azioni, ed
all'imprenditore di mantenere il controllo della società. Inoltre, avere un investitore istituzionale come
socio nel capitale di rischio vuole dire avere già fatto un percorso importante verso la trasparenza
e quindi essere già abbastanza pronti ad affrontare la quotazione. La presenza
dell'investitore istituzionale, anticipando molti dei passaggi necessari, contribuisce a mitigare i rischi e
gli svantaggi derivanti dal processo di quotazione. Il significato e l'ampiezza dei vantaggi specifici
legati alla quotazione e dei relativi oneri dipendono dal soggetto interessato.
La cessione delle quote ad un'altra impresa industriale
Oltre alla quotazione esistono altre modalità di smobilizzo, e il caso di cessione della partecipazione a
un'altra azienda è una delle vie maggiormente seguite. L'offerta di acquisto può presentarsi in
modo spontaneo, oppure viene attentamente costruita, cercando potenziali imprese interessate,
dall'investitore di comune accordo con l'imprenditore. Questo canale apre una prospettiva di
sviluppo per l'impresa, dal momento che l'acquirente può essere un altro gruppo imprenditoriale
interessato a sviluppare la propria area di business realizzando sinergie operative e strategiche. La
scelta di vendere ad un solo acquirente, inoltre, comporta un impegno di persuasione più
ristretto rispetto alla necessità di convincere l'intero mercato e, generalmente, tempi più ristretti.
Uno degli svantaggi più rilevanti del trade sale può essere l'opposizione del management,
che teme di perdere la propria indipendenza a seguito del cambiamento dei vertici della
società. È sempre più frequente, tuttavia, il caso in cui l'azienda acquirente voglia mantenere la stessa
struttura organizzativa (e a volte lo stesso imprenditore originario, seppur con quote di minoranza)
per non perdere i vantaggi competitivi e le conoscenze maturate nel tempo.
La cessione delle quote ad un altro investitore istituzionale
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
173
In alcuni casi il processo di disinvestimento può essere realizzato attraverso il "passaggio del
testimone" da un investitore ad un altro. Ciò si verifica soprattutto quando l'impresa non è ancora
pronta ad essere affidata al mercato, ma necessita di ulteriori capitali e conoscenze per proseguire il
suo processo di crescita. Al tempo stesso, l'investitore originario, potrebbe considerare esaurito
il suo compito, preferendo cedere la partecipazione ad un nuovo operatore, magari maggiormente
specializzato nelle fasi successive di sviluppo.
Il riacquisto delle quote da parte del gruppo imprenditoriale originario
L'imprenditore può riacquistare la quota ceduta originariamente all'investitore istituzionale nel
capitale di rischio. Tale eventualità può essere prevista contrattualmente fin dall'inizio
dell'intervento, affidandone l'attivazione all'imprenditore (call) o all'investitore (put). In tali casi
l'investitore istituzionale rappresenta un partner temporaneo che si impegna a "traghettare"
l'intera compagine sociale, e non solo l'impresa, verso una dimensione o una struttura più adeguata
alle esigenze del mercato. Il riacquisto può però anche essere causato da una performance
insoddisfacente, che non rende quindi l'impresa sufficientemente attraente per altri potenziali
acquirenti, così come può essere provocato dall'opposizione, da parte dei soci non finanziari,
all'intervento di nuovi soggetti nella compagine azionaria.
Il default
L'attività di venture capital e private equity, come detto, comporta la piena partecipazione al
rischio di impresa da parte dell'investitore istituzionale. Quindi, qualora l'iniziativa imprenditoriale
fallisca, l'investitore non potrà far altro che annotare la perdita di valore della partecipazione, fino al
suo totale azzeramento.
4.10 Le attività dell’investitore
4.10.1
Raccolta
Il processo di raccolta è una fase, oltre che estremamente delicata, molto impegnativa dal
punto di vista delle risorse e del tempo; generalmente l'attività di fund raising impegna gli
investitori per un periodo di circa un anno. Sulla base di una schematizzazione realizzata
dall'European Private Equity and Venture Capital Association (EVCA), è possibile suddividere il
processo di raccolta in sette fasi: 1. identificazione del mercato target;2. pre-marketing;3.
strutturazione del fondo;4. preparazione e distribuzione del materiale di marketing;5. incontri
con i potenziali investitori;6. preparazione della documentazione legale;7. chiusura. Nella
fase di identificazione del mercato target, prima di procedere ai contatti con i potenziali
investitori, l'operatore identifica quali sono i mercati strategicamente più appetibili per la sua
raccolta. È importante che, prima di rivolgersi a investitori internazionali, l'operatore acquisti
stima e riscontri positivi presso il proprio mercato nazionale. Successivamente è possibile dare
avvio alla fase di pre-marketing, rappresentata da un naturale prolungamento di quanto
esposto in precedenza. La scelta dei primi investitori cui rivolgersi, infatti, viene realizzata
soprattutto per attrarne altri di dimensioni maggiori e originare così un circolo virtuoso.
Esistono anche particolari soggetti, i cosiddetti gatekeepers, che per i fondi chiusi di piccola
dimensione rappresentano, spesso, l'unica via per accedere ad alcuni mercati
geograficamente lontani dal proprio. Questi soggetti, infatti, sono consulenti, gestori di
portafogli di fondi e manager di grandi investitori istituzionali e rappresentano a loro volta un
alto numero di investitori. La buona accoglienza presso alcuni di questi soggetti dà una sorta
di "marchio di garanzia" per altri potenziali investitori. Tale garanzia è data, in parte,
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
174
dall'esperienza maturata da costoro e, in parte, dalle rigorose e standardizzate procedure di
due diligence che essi, data la loro dimensione, possono mettere in atto. Preparandosi al fund
raising, che ci si avvalga o meno di una rete di advisors, è necessario che il promotore strutturi
il proprio fondo nei minimi dettagli, sotto il profilo tecnico, legale e fiscale. Una volta
strutturato il fondo secondo tutte le direttrici, occorre preparare un documento di
presentazione (il placement memorandum) che, come una sorta di business plan, costituisce il
biglietto da visita dell'operatore. In molti casi il memorandum si rivela non solo la prima, ma
anche l'ultima opportunità per attrarre nuovi investitori: un piano di marketing sbagliato può
indurre gli investitori a tralasciare un progetto d'investimento buono, ma mal presentato (e
quindi non compreso). Nel documento, il management del fondo deve riuscire a sintetizzare
ciò che è stato fatto in passato, con le relative performance ottenute, come pensa di agire per
mantenere o migliorare tali risultati e quale è il proprio vantaggio competitivo rispetto ad altri
soggetti (ciò che dovrebbe indirizzare la scelta verso il proprio fondo). Un esauriente
placement memorandum deve, in primo luogo, contenere la descrizione di tutti i termini e
delle condizioni, includendo, quindi, dati e prospetti a proposito di: - dimensione del fondo;dimensione delle quote di partecipazione;- durata del fondo;- politiche di distribuzione dei
proventi;- management fee;- costi di organizzazione e struttura;- altri costi;- attività di report
verso gli investitori. Quanto realizzato fino a questo punto è ovviamente finalizzato
all'incontro con gli investitori, durante il quale essi valutano se proseguire i contatti o se
interromperli, nel caso non siano soddisfatti da quanto offerto, o non lo comprendano a
fondo. Infine, deve essere predisposta la documentazione legale, rappresentata da tutti gli atti
e i contratti necessari per la conclusione dell'investimento, quando ormai la scelta
dell'investitore è pressoché fatta e siglati i quali l'attività di fund raising può definirsi conclusa.
Tradizionalmente, i principali soggetti erogatori di capitale nel settore del private equity e del
venture capital sono, essi stessi, investitori istituzionali. Trattasi, per lo più, di fondi pensione
(in particolare nei mercati anglosassoni) e istituzioni bancarie (Europa continentale, Italia
compresa), impossibilitati a svolgere direttamente tale attività ma, al tempo stesso,
interessati ai ritorni ottenibili nel medio -lungo periodo. Un ruolo via via crescente all'interno
del panorama dei soggetti "fornitori" di risorse finanziarie per il mercato del capitale di rischio
internazionale lo stanno assumendo i cosiddetti fondi di fondi. Si tratta di veri e propri fondi
con disponibilità di capitali molto ingenti, spesso lanciati da banche di investimento, che
impiegano le risorse da loro raccolte prevalentemente in quote di altri fondi di private equity
e venture capital, invece che direttamente in partecipazioni di imprese.
4.10.2 Le valutazioni dell’investitore sull’investimento
L'approccio classico
La più classica e diffusa segmentazione del mercato del capitale di rischio, le cui categorie,
seppur con minimi adattamenti geografici, sono internazionalmente adottate dagli operatori,
dalle associazioni e dai centri di ricerca, anche ai fini statistici, classifica le tipologie di
investimento, sostanzialmente, a seconda delle diverse fasi del ciclo di vita dell'impresa
target. In tale ottica, si parla di seed (finanziamento dell'idea) e start up financing per
individuare gli interventi cosiddetti di early stage, volti cioè a finanziare le primissime fasi di
avvio dell'impresa. Successivamente, qualora l'investimento sia finalizzato a supportare la
crescita e l'implementazione di programmi di sviluppo di aziende già esistenti, vengono
utilizzati i termini expansion financing o development capital, mentre si parla di replacement
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
175
capital (capitale di sostituzione) per riferirsi ad interventi che, senza andare ad incrementare il
capitale sociale dell'impresa, si pongono l'obiettivo di sostituire parte dell'azionariato non più
coinvolto nell'attività aziendale. Ancora, tutte le operazioni orientate al cambiamento totale
della proprietà dell'impresa, sia a favore di manager interni alla stessa società (management
buy out) che di manager esterni (management buy in), con il frequente uso della leva
finanziaria come strumento di acquisizione (leveraged buy out), vengono generalmente
raggruppate nella categoria dei "buy out"; così come si parla di turnaround per indicare gli
investimenti di ristrutturazione di imprese in crisi e di bridge financing con riferimento agli
interventi finalizzati, sin dal momento della loro realizzazione, nell'accompagnare l'impresa in
Borsa. All'interno delle dette categorie sono, a loro volta, individuabili ulteriori tipologie di
investimento, a seconda della specifica fase aziendale e dello specifico tipo d'intervento
Una evoluzione
La crescente complessità dei settori "merceologici" e delle peculiari problematiche ad ognuno
di essi riconducibile (si pensi all'ampio comparto dell'Information Technology ed a quanto sta
avvenendo nei sistemi economici più avanzati, dove aziende "neonate" sono già pronte alla
quotazione in Borsa) fa sì che, in determinati casi, lo stadio di sviluppo delle diverse imprese, e
le esigenze finanziarie ad esso collegate, poco si prestino ad una schematizzazione classica. In
più, gli operatori nel capitale di rischio sviluppano di continuo avanzati strumenti di ingegneria
finanziaria, sempre più complessi e sofisticati, attraverso i quali si fa uso contemporaneo di
diverse leve e che, per questo motivo, sono difficilmente catalogabili. Alla luce di ciò, oggi si
adotta una più corretta classificazione, basata sulla macro ripartizione tra le diverse esigenze
strategiche dell'impresa, le problematiche ad esse riconducibili e gli obiettivi di
soddisfacimento di queste che si pone l'investitore. In tale ottica, gli interventi degli investitori
istituzionali nel capitale di rischio possono essere raggruppati, classificati e caratterizzati sulla
base di tre principali tipologie:

finanziamento dell'avvio;

finanziamento dello sviluppo;

finanziamento del cambiamento/ripensamento.
la prima categoria viene ricondotta l'attività propriamente detta di venture capital, mentre la
seconda e la terza rientrano nel segmento del private equity.
Di seguito vengono riportate le tre categorie in dettaglio
Figura 1: le principali categorie di investimento nel capitale di rischio
Fonte: A. Gervasoni, F.L. Sattin, Private Equity e Venture Capital, manuale di investimento
nel capitale di rischio, Guerini e Associati, Milano 2004
.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
176
4.10.3
Il finanziamento dell'avvio
All'interno di tale categoria sono ricondotti tutti gli interventi il cui obiettivo è quello di
supportare la nascita di una nuova iniziativa imprenditoriale, sia essa ancora nella fase
embrionale, che nelle primissime fasi di avvio. Dal punto di vista della domanda (impresa), la
richiesta di intervento è generalmente riconducibile a un imprenditore - o aspirante tale intenzionato a sviluppare una nuova invenzione, o a migliorare/implementare un
prodotto/processo produttivo esistente. Prima che la commercializzazione del nuovo
prodotto sia avviata e consegua i primi successi, servono spesso ricerche (di base, di mercato,
ecc…) o altre attività, le quali richiedono investimenti a volte onerosi. Inoltre, ciò di cui il
portatore della nuova idea imprenditoriale ha spesso grande bisogno è un apporto in termini
di capacità imprenditoriale, di competenze aziendali e manageriali. Nelle operazioni di avvio, o
di early stage, l'uomo necessita spesso, più che di un mero contributo in termini di capitali, di
un aiuto nella definizione della formula imprenditoriale e nella riflessione sulla propria
posizione competitiva. Al tempo stesso, l'investitore deve necessariamente avere fiducia non
solo nelle potenzialità del business, ma anche negli uomini che con lui lo condurranno. Una
distinzione deve poi essere effettuata tra il lancio di prodotti e servizi ad alto contenuto
tecnologico (high tech) e attività di tipo più tradizionale. La necessità di conoscenze altamente
specializzate e ancora non particolarmente consolidate (specie nei paesi dell'Europa
continentale), unita alla rapidità di obsolescenza dei prodotti e dei processi tipica dei settore
tecnologici, caratterizzano gli investimenti effettuati in tale comparto, soprattutto in termini
di necessità di valutazione delle capacità imprenditoriali più che reddituali dell'impresa e di
diminuzione dei tempi di permanenza del socio istituzionale nella compagine azionaria
4.10.4 Il finanziamento dello sviluppo
La seconda macro categoria di interventi effettuati da investitori istituzionali nel capitale di
rischio è riconducibile a tutte quelle situazioni nelle quali, a diverso titolo e secondo diverse
modalità, l'impresa si trovi di fronte a problematiche connesse al suo sviluppo. Lo sviluppo di
un'attività imprenditoriale che ha già raggiunto un determinato livello di maturità, può essere
generalmente perseguito attraverso l'aumento o la diversificazione diretta della capacità
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
177
produttiva (sviluppo per vie interne), l'acquisizione di altre aziende o rami di azienda (sviluppo
per vie esterne), oppure l'integrazione con altre realtà imprenditoriali, fermo restando un
elevato grado di autonomia operativa delle singole unità (sviluppo "a rete"). Nel primo caso, il
contributo dell'investitore nel capitale di rischio sarà prevalentemente di natura finanziaria,
anche se, essendo generalmente presenti ancora molte aree di sviluppo inesplorate,
soprattutto in termini di diversificazione produttiva e geografica, l'elemento consulenziale
potrà rilevarsi estremamente prezioso. Nel caso si intendessero perseguire gli obiettivi di
sviluppo attraverso una crescita per vie esterne, particolare importanza è assunta dal network
internazionale che l'investitore è in grado di attivare per l'individuazione del partner ideale. In
virtù di ciò, questo genere di interventi risulta particolarmente congeniale agli operatori che
dispongono di una consolidata esperienza di carattere internazionale e una notevole rete di
conoscenze in seno a realtà economiche e industriali di paesi diversi. Nel terzo caso, infine, si
fa riferimento ad una tipologia di intervento finalizzata al raggruppamento (cluster) di più
società operative indipendenti, integrabili verticalmente od orizzontalmente e caratterizzate
da considerevoli similitudini in termini di prodotti, mercati e tecnologie, possedute da una
holding svolgente un ruolo di coordinamento strategico e dove la maggioranza è detenuta da
una o più società di investimento.
4.10.5
Il finanziamento del cambiamento
La terza categoria di interventi in capitale di rischio è finalizzata al finanziamento di processi di
cambiamento interni all'azienda, che, seppur fondati su motivi differenti, spesso portano ad
una modifica, più o meno profonda, dell'assetto proprietario della stessa. Si tratta della
categoria maggiormente indipendente, rispetto alle altre, dallo stadio di sviluppo raggiunto
dall'impresa, che invece colloca la necessità di ricorso ad un investitore istituzionale
nell'esigenza di un suo "ripensamento". Le motivazioni che si pongono alla base del
cambiamento possono risiedere tanto nel cosciente raggiungimento, da parte dell'impresa, di
una fase anagrafica, strategica o patrimoniale di "stallo", per il cui superamento è necessario
una modifica del suo assetto, quanto nel verificarsi involontario di eventi negativi.
4.10.6
Il disinvestimento
La fase dello smobilizzo costituisce la parte finale della sequenza del processo di investimento,
una fase estremamente delicata perché è in questo stadio che può realizzarsi un guadagno di
capitale, che rappresenta lo scopo ultimo dell'investitore istituzionale nel capitale di rischio.
Tale operatore, infatti, non rimane per sua natura legato troppo a lungo alle imprese
finanziate (se così non fosse si trasformerebbe in holding di partecipazione), visto che si
propone come partner temporaneo e che il suo obiettivo finale è quello di realizzare un
capital gain nel medio-lungo periodo. Riassumendo le modalità di disinvestimento in uno
schema, esse possono essere distinte nel modo seguente:
1. la vendita delle azioni sul mercato borsistico;
2. la cessione della partecipazione a un socio di natura industriale (trade sale);
3. la cessione della partecipazione a un altro operatore di private equity o venture capital
(replacement e secondary buy out)
4. il riacquisto della partecipazione da parte del socio originario (buy back);
5. l'azzeramento della partecipazione a seguito di fallimento (write off).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
178
La scelta del canale di disinvestimento, seppur indicativamente già definita al momento della
negoziazione, deriva da una serie di fattori legati alla tipologia dell'impresa target (dimensioni,
settore di attività, caratteristiche organizzative ecc.), ai risultati raggiunti attraverso la
collaborazione tra investitore e imprenditore, a elementi congiunturali, nonché alle specifiche
volontà e preferenze di tutti gli shareholders. Di fatto, nessuna delle vie sopra indicate è
realmente programmabile con un grado di certezza assoluta: tutto dipende dalla qualità del
lavoro svolto e dal suo successo. La quotazione dei titoli della società partecipata su un
mercato regolamentato rappresenta, nella maggior parte dei casi, la più ambita via di
dismissione della partecipazione da parte dell'investitore istituzionale. I principali vantaggi
riconducibili alla dismissione tramite IPO sono attribuibili ai seguenti fattori:

la possibilità di spuntare un prezzo più alto (estremamente dipendente da elementi
esogeni);

la maggior facilità di incontrare le preferenze del management dell'impresa;

la possibilità di un guadagno ulteriore derivante dall'incremento del valore, post
quotazione, delle azioni rimaste in portafoglio dell'investitore istituzionale
Sul fronte opposto, i principali svantaggi sono rappresentati da:
a la dimensione dei costi, maggiore rispetto ad altre alternative di dismissione;
b le clausole di lock up che impediscono agli investitori presenti nella compagine azionaria
prima della quotazione di cedere immediatamente tutte le partecipazioni detenute;
c- l'illiquidità di molti mercati europei;
d la necessità, affinchè l'IPO vada a buon fine, di attrarre un vasto numero di investitori; e il
fatto che tale opzione sia, in realtà, impercorribile per alcune piccole imprese. Allo stesso
tempo, tuttavia, l'ammissione al listino ufficiale di Borsa non è un processo semplice per le
imprese minori e, quindi, tale canale può essere inserito in un'ottica di medio-lungo termine,
come modalità avente un ragionevole grado di certezza, solo per quelle società che hanno già
raggiunto un certo sviluppo e una certa maturità. Nell'ambito della gamma delle possibilità di
disinvestimento, la modalità internazionalmente più diffusa è comunque rappresentata dalla
cessione delle quote della partecipata a nuovi soci industriali, o dalla fusione con altre società.
I principali vantaggi riconducibili a questa tipologia di dismissione sono attribuibili ai seguenti
fattori: 1) gli acquirenti possono pagare un prezzo maggiore, riconducibile al premio
attribuibile all'importanza strategica che ha per loro l'acquisto dell'impresa target; 2) è
possibile liquidare immediatamente il 100% della partecipazione posseduta; 3) si tratta di
un'operazione più economica, veloce e semplice rispetto a un IPO; 4) a volte è l'unica opzione
per alcune imprese minori; 5) è necessario convincere un solo soggetto acquirente, anziché
l'intero mercato. In termini di svantaggi, invece, si sottolineano i seguenti: - spesso il
management dell'impresa target è contrario all'operazione; - in alcuni paesi non ci sono molti
trade buyers; - alcuni investitori istituzionali non sono disposti a concedere le garanzie
tipicamente richieste dagli acquirenti. Oltre alla possibilità di quotazione in Borsa dell'impresa
partecipata e al trade sale, altre importanti tipologie di disinvestimento sono rappresentate
dalla vendita a un'altra istituzione finanziaria e dal riacquisto delle quote da parte del
management o degli altri azionisti. L'azzeramento (write off) della partecipazione a seguito
della sua totale perdita di valore non rappresenta di fatto una vera e propria modalità di
disinvestimento, in quanto non contiene alcun elemento discrezionale da parte
dell'investitore. Il caso di cessione ad altro investitore istituzionale, situazione in passato poco
frequente, rappresenta di fatto una tipologia di way out che si sta diffondendo sempre di più,
in particolar modo nelle ipotesi di secondary buy out, quando, cioè, è una quota di
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
179
maggioranza o addirittura l'intera azienda che passa di mano da un investitore a un altro. Il
riacquisto della quota dell'investitore istituzionale nel capitale di rischio da parte
dell'imprenditore è, invece, una modalità di cessione della partecipazione spesso prevista
contrattualmente fin dall'inizio dell'intervento partecipativo, affidandone l'attivazione
all'imprenditore (call) o all'investitore (put) e può rappresentare un'alternativa offerta
all'imprenditore qualora questi non voglia intraprendere un processo di quotazione o cessione
della propria quota.
4.11 Fonti di capitale proprio
Trattasi di strumenti finanziari destinati al reperimento delle risorse da parte delle imprese.
Oltre ai finanziamenti a titolo di capitale di debito, che comportano una remunerazione
predeterminata (interessi) e il rimborso del capitale, un’altra classica fonte di finanziamento
per un’attività economica è quella a titolo di capitale proprio che può derivare da:
conferimenti effettuati dal proprietario o dai soci e che portano un’iniezione di nuove risorse;
utili conseguiti con la gestione non prelevati dal proprietario o non distribuiti ai soci; si tratta
di una forma di autofinanziamento. Il finanziamento a titolo di capitale proprio(o di rischio)
presenta le seguenti caratteristiche:
a) non ha una scadenza prefissata: i capitali apportati da soci e proprietari rimangono
investiti a lungo termine, fino alla cessazione dell'attività o fino alla cessione dell'azienda o
delle quote possedute;
b) non comporta l'obbligo di una remunerazione predeterminata: il capitale proprio è
remunerato solo se la gestione genera utili e se questi utili non vengono destinati
all'autofinanziamento;
c) è soggetto al rischio d'impresa: se l’impresa dovesse andare in liquidazione in seguito a
vicissitudini negative, i soci recupererebbero il capitale proprio solo subordinatamente al
soddisfacimento dei creditori.
Nel caso di aziende aventi forma giuridica di società per azioni, il capitale sociale è costituito
da azioni. Quest’ultime possono essere quotate e quindi negoziate sui mercati regolamentati,
qualora la società rispetti le condizioni individuate dalla società gerente, ovvero, in Italia la
Borsa Italiana S.p.A. Le PMI possono essere quotate su un mercato ad esse dedicato lo “STAR”
(Segmento Titoli con Alti Requisiti). L’ammissione alla quotazione è subordinata al rispetto di
determinati requisiti fissati dal Regolamento della Borsa Italiana:





esistenza di un flottante pari ad almeno il 35% per l’accesso al segmento e al 20% per la
permanenza;
la nomina da parte delle società candidate di un soggetto “specialista” che assicuri
liquidità al titolo (impegni quantitativi giornalieri e spread);
l’obbligo di pubblicare i propri bilanci, le relazioni semestrali, le trimestrali e i comunicati
sul proprio sito, fornendo anche una versione in inglese;
l’adesione ai principi di corporate governance esposti nel Codice di Autodisciplina di
Borsa Italiana;
presenza nella società di un comitato per il controllo interno, composto da un numero
adeguato di amministratori non esecutivi, con compito di analizzare problematiche e
istruire pratiche rilevanti per il controllo delle attività aziendali;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
180


parte significativa della remunerazione dei dirigenti deve essere variabile in funzione dei
risultati.
nomina da parte della società di un Investor Relator interno che si occupi
prevalentemente della gestione dei rapporti con investitori e intermediari.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
181
MODULO 2
Capitolo 5
Il fabbisogno finanziario dell’impresa: principi e modalità di
calcolo delle necessità finanziarie
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
182
5.1
L’attività dell’azienda: le sue implicazioni economiche e finanziarie
Redditività e variazione della liquidità.
L’introduzione del “tempo “nel ciclo acquisti-trasformazione -vendite porta concettualmente
ad analizzare la dinamica dell’azienda dal punto di vista dell’impatto della CASSA.
Infatti se considerassimo due fenomeni correnti nelle gestione:
credito a clienti
dilazione da fornitori
Vedremmo subito come la variazione monetaria (della cassa) è influenzata dalla differenza fra
:
crediti incassati e pagamenti effettuati a fornitori.
La definizione di fonte e impiego
In azienda ogni attività implica, direttamente o indirettamente, entrate e uscite di cassa sotto
forma di movimenti di “conto corrente bancario.
In senso lato si può affermare che ogni entrata è una «fonte» e ogni uscita è un «impiego».
L'utilizzo di questi termini è dovuto alla natura di risorsa della cassa.
Fonti e impieghi sono concetti speculari:
ogni riduzione degli impieghi, liberando risorse, è da considerarsi una fonte e viceversa.
Esemplificazione
la dinamica delle fonti e degli impieghi finanziari
Variazione
Incremento di impieghi
Decremento di impieghi
Aumento di fonti
Riduzione di fonti
Effetto monetario
Riduzione di risorse
Aumento di risorse
Incremento di risorse
Decremento di risorse
Flusso di cassa connesso
Flusso di cassa negativo
Flusso di cassa positivo
Flusso di cassa positivo
Flusso di cassa negativo
Esempi di
IMPIEGHI DI CAPITALE (RISORSE)
La concessione o l’aumento del credito verso clienti
(Rappresenta infatti lo spostamento nel tempo di un'entrata di cassa.<Quando un'azienda
pratica dilazioni a un cliente rinuncia a un'entrata a pronti in cambio di una promessa di
pagamento a termine)
Un aumento magazzino
Un investimento in immobilizzazioni
Un rimborso di un debito
Un pagamento di un fornitore
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
183
FONTI DI CAPITALE (RISORSE)
Accensione di un debito
Un incremento di un debito di fornitura
Una dismissione di immobilizzazioni
Un rimborso di un credito
La vendita di parte del magazzino.
La redditività intesa come profitto economico non è automaticamente sinonimo di liquidità.
Infatti comunemente si afferma che ..”” l’azienda guadagna ma ha i conti scoperti e utilizza
fidi bancari“. In realtà è un fenomeno diffuso che la gestione produca reddito economico ma
non liquidità, in quanto le uscite monetarie risultano superiori alle entrate monetarie. Ma è
una situazione possibile ? in termini di analisi finanziaria quanto sopra risulta possibile se la
redditività risulta ampiamente superiore al costo dell’indebitamento. In altre parole l’azienda
qualora abbia un risultato positivo della gestione corrente che consente di far fronte
all’esborso delle gestione finanziaria e remunerare il capitale investito in maniera
soddisfacente potrà essere considerata “ affidabile” da parte dei finanziatori bancari
5.2 Il Rendiconto Finanziario
Il rendiconto finanziario non è espressamente richiesto dalle norme civilistiche sul bilancio
d'impresa e consolidato. Tuttavia, dottrina e prassi sono concordi nel ritenere necessaria la
sua predisposizione per soddisfare il requisito della rappresentazione veritiera e corretta della
situazione finanziaria di un'impresa.
Il Principio contabile n. 11 enunciato dai Consigli nazionali dei dottori commercialisti e dei
ragionieri, relativo peraltro alle sole imprese industriali e commerciali, definisce il rendiconto
finanziario documento fondamentale ai fini della completezza informativa di bilancio. Tale
prospetto, infatti, da un lato consente di riassumere in modo organico le informazioni già
richieste sinteticamente dalla legislazione, dall'altro rende disponibili informazioni di natura
finanziaria altrimenti non ottenibili dallo stato patrimoniale e dal conto economico. Il citato
principio contabile prevede la possibilità di non includere nell'informativa il rendiconto
finanziario solo per le società di minori dimensioni.I modelli di rendiconto finanziario proposti
in dottrina sono molteplici. Il rendiconto finanziario, in generale, al fine di riassumere l'attività
finanziaria dell'impresa deve identificare il concetto di risorse finanziarie (fondi) da accogliere
a suo fondamento. I significati di tale termine ritenuti dal Principio contabile n. 12 dei Consigli
nazionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri attualmente validi - per ragioni pratiche e
di comparabilità - sono i seguenti:

capitale circolante netto (o attività nette a breve), ossia l'eccedenza delle attività a
breve o correnti sulle passività a breve o correnti;

liquidità, ossia disponibilità liquide in cassa e presso banche (cassa e conti correnti
bancari attivi) più altri depositi di denaro immediatamente prelevabili senza rischio di
cambiamento di valore (ad esempio: conti correnti postali).
Il concetto di risorse finanziarie da utilizzare dipende dall'attività dell'impresa (mercantile,
industriale,
o di
servizi) e dalla
significatività
delle
informazioni
ottenibilicapacità
nelle varie
fattispecie.
Al rendiconto
finanziario
di liquidità
viene oggi
attribuita
una crescente
segnaletica
della situazione finanziaria rispetto al rendiconto di capitale circolante netto, il quale continua
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
184
comunque - secondo il Principio contabile n. 12 dei CNDCR - a conservare la sua validità
tecnica.
5.2.1 - Rendiconto finanziario delle variazioni del capitale circolante netto
La predisposizione del rendiconto finanziario in termini di variazioni di capitale circolante
netto comporta l'evidenziazione delle attività a breve e delle passività a breve.
La classificazione delle poste attive e passive ritenuta più appropriata dal Principio contabile n.
12 dei CNDCR per la corretta rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria è
basata sul criterio di liquidità delle poste attive e su quello di esigibilità delle poste passive.
La classificazione delle poste attive e passive dello stato patrimoniale in gruppi omogenei
mette in evidenza gli aspetti tecnici e finanziari delle poste stesse. Con tale classificazione si
ottengono delle indicazioni circa il grado di mobilità e di equilibrio finanziario dell'impresa. Più
precisamente, si individuano, da un punto di vista tecnico, la diversa funzionalità dei
componenti del patrimonio aziendale al processo produttivo e, dal punto di vista finanziario,
la diversa attitudine a trasformarsi in numerario.
Le attività vanno, pertanto, distinte in due grandi categorie:

attività a breve (o correnti);

attività immobilizzate.
Le passività vanno anch'esse distinte in due grandi categorie:
 passività a breve;
 passività a medio e lungo termine.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
185
Per quanto concerne i criteri da utilizzarsi per attuare tale classificazione, il Principio contabile
n. 12 dei CNDCR considera opportuno - per esigenze di ordine pratico - effettuare la predetta
classificazione sulla base della seguente convenzione:
1. assumere, come regola generale, la durata del periodo amministrativo annuale come
criterio per la classificazione dei conti, cioè per la separazione delle poste tra attività e
passività a breve e attività immobilizzate e passività a medio e lungo termine;
2. considerare le rimanenze di magazzino come attività a breve. I risultati che ne
conseguono sono esposti di seguito.
5.3.3 - Rendiconto finanziario in termini di liquidità
Il rendiconto finanziario in termini di liquidità può essere predisposto secondo le seguenti due
impostazioni:

il rendiconto finanziario delle variazioni di liquidità, che può essere definito tradizionale,
pone l'enfasi sull'esposizione delle variazioni nella situazione patrimoniale e finanziaria
in termini di liquidità;

il rendiconto finanziario che espone i flussi di liquidità, che rappresenta l'evoluzione
tecnica della prima, invece, pur utilizzando le variazioni nella situazione patrimoniale e
finanziaria come strumento di redazione, pone l'enfasi sui flussi di liquidità derivanti da
tali variazioni.
L'accezione di liquidità adottata dal principio contabile n.12 dei Consigli dei dottori
commercialisti e dei ragionieri è quella di disponibilità liquide in cassa e presso banche più
altri depositi di denaro immediatamente prelevabili senza rischio di cambiamento di valore.
Nel Principio contabile n. 12 si osserva, al riguardo, che i Principi contabili dello IASC e altri
Principi contabili Esteri considerano come concetto di risorse finanziarie anche il "cash
equivalents", che include, oltre alle citate attività, anche attività finanziarie a breve termine
altamente liquide. L'utilizzo di risorse finanziarie diverse da quelle sopra individuate rende
necessario mettere in evidenza le voci componenti tali risorse, nonchè le variazioni subite
dalle stesse durante l'esercizio.
Per le banche un importante punto di riferimento è rappresentato dall'International
Accounting Standard n. 7. Tale principio contabile, infatti, a differenza del principio italiano,
riporta un preciso modello del rendiconto finanziario per gli enti creditizi e finanziari.
Lo IAS 7 identifica l'accezione di risorse finanziarie in cash e cash equivalents e classifica i cash
flows che ne determinano la variazione nell'esercizio di riferimento in:

operazioni della gestione reddituale (operating activities);

attività di investimento (investing activities);

attività di finanziamento (financing activities).
5.2.4 - Rendiconto finanziario dei flussi di liquidità
Il rendiconto finanziario di flussi di liquidità previsto dal Principio contabile n. 12 enunciato nel
gennaio 1994 dai Consigli nazionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri si rifà al
Documento n. 7 emesso nel 1992 dall'International Accounting Standards Committee (IASC), a
sua volta ispirato dal Documento n. 95 emesso nel 1987 dallo statunitense Financial
Accounting Standards Board (FASB).Al fine di riassumere l'attività finanziaria dell'impresa il
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
186
rendiconto finanziario deve necessariamente identificare il concetto di risorse finanziarie
(fondi) da porre a suo fondamento. Il significato di tale termine, ritenuto dal Principio
contabile n. 12 dei Consigli dei dottori commercialisti e dei ragionieri attualmente valido per le
imprese mercantili, industriali e di servizi - per ragioni pratiche e di comparabilità - è quello di
cash inteso come disponibilità liquide in cassa e presso banche (cassa e conti correnti bancari
attivi) più altri depositi di denaro immediatamente prelevabili senza rischio di cambiamento di
valore (ad esempio: conti correnti postali).
Nel Principio contabile n. 12 si osserva, al riguardo, che i Principi contabili dello IASC e altri
Principi contabili Esteri considerano come concetto di risorse finanziarie anche il "cash
equivalents", che include, oltre alle attività sopra individuate, anche attività finanziarie a
breve termine altamente liquide. L'utilizzo di risorse finanziarie diverse da quelle sopra
individuate rende necessario mettere in evidenza le voci componenti tali risorse, nonchè le
variazioni subite dalle stesse durante l'esercizio.
Il rendiconto di flussi di liquidità classifica i flussi che determinano le variazioni delle
disponibilità liquide in relazione alla tipologia o alla natura dell'operazione che li ha generati,
ossia tra:

le operazioni della gestione reddituale;

le operazioni di investimento;

le operazioni di finanziamento.
5.2.5 - Le operazioni della gestione reddituale
Le operazioni della gestione reddituale o corrente sono costituite dalle principali attività
generatrici di ricavi e dalle altre attività che non siano né di investimento né di finanziamento.
Esse riguardano la principale attività gestionale e, pertanto, sono costituite generalmente
dalle operazioni relative alla produzione e distribuzione di beni e alla fornitura di servizi.
Si riportano, in via esemplificativa, i flussi generati o assorbiti dalle operazioni di gestione
reddituale o corrente :

incassi derivanti dalla vendita di prodotti o alla prestazione di servizi;

incassi di royalties, provvigioni, rimborsi assicurativi;

pagamenti per l'acquisto di materia prima, semilavorati, merci e altri fattori produttivi;

pagamenti ai dipendenti;

pagamenti e rimborsi di imposte ;

altri flussi positivi o negativi derivanti da operazioni diverse da quelle di investimento o
finanziamento.
I flussi di liquidità generati o assorbiti dalle operazioni della gestione reddituale si
determinano con il metodo indiretto, cioè rettificando il risultato dell'esercizio per tenere
conto degli effetti delle operazioni che hanno determinato differimenti nelle variazioni di
liquidità (ad esempio: aumenti di crediti, di debiti, del magazzino, ecc.). nonchè di quelle
operazioni i cui effetti devono essere ricompresi tra i flussi connessi ad operazioni
d'investimento o finanziamento (ad esempio: plusvalenze o minusvalenze su cespiti ceduti
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
187
5.2.6 - Le operazioni di investimento
Le operazioni di investimento sono costituite dalle attività di acquisizione e di dismissione di
immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie.
Si riportano, in via esemplificativa, i flussi relativi alle predette operazioni:

erogazione di prestiti o rimborso degli stessi;

acquisti o vendite di fabbricati, impianti, attrezzature o altre immobilizzazioni materiali;

acquisti o vendite di beni immateriali, quali brevetti;

acquisti o cessioni di partecipazioni in imprese controllate e collegate;

acquisti o cessioni di altre partecipazioni e altri titoli, inclusi quelli di Stato e le
obbligazioni
5.2.7 - Le operazioni di finanziamento
Le operazioni di finanziamento sono rappresentate dalle attività da cui derivano variazioni
nell'entità e nella composizione del patrimonio netto e nell'indebitamento a medio- lungo
termine dell'impresa.
Si riportano, in via esemplificativa, i flussi relativi alle operazioni di finanziamento:

emissione di azioni o di quote rappresentative del capitale di rischio, pagamento dei
dividendi o rimborso del capitale (anche sotto forma di acquisto di azioni proprie);

emissione o rimborso di prestiti obbligazionari, accensione o restituzione di mutui;

incremento o decremento di altri debiti, anche a breve o medio termine, aventi natura
finanziaria.
Gli interessi ed i dividendi pagati, data la natura delle operazioni da cui scaturiscono, possono
essere considerati flussi derivanti da operazioni di finanziamento e gli interessi e i dividendi
ricevuti possono essere considerati flussi derivanti da operazioni di investimento.
Alternativamente, tutti questi flussi possono essere considerati flussi derivanti dalla gestione
reddituale, in quanto rientrano nella determinazione del reddito di esercizio. In ogni caso
ciascuno di tali flussi deve essere esposto separatamente nell'ambito della categoria scelta e
tale classifìcazione deve essere mantenuta costante nel tempo. In altri termini non può essere
esposto un unico ammontare per dividendi e interessi
5.2.8 - Rendiconto finanziario delle variazioni di liquidità
Il rendiconto finanziario che espone variazioni nella situazione patrimoniale -finanziaria in
termini di liquidità si compone di due parti:

la prima, che espone le variazioni subite durante l'esercizio dalla situazione patrimoniale
-finanziaria connesse con movimenti nella liquidità come precedentemente identificata;

la seconda, che mostra tutte quelle altre variazioni che non sono connesse a movimenti
finanziari, esclusi i trasferimenti tra conti del patrimonio netto che sono esposti nel
relativo prospetto.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
188
Le fonti e gli impieghi di liquidità possono, indicativamente, essere così riassunti:
FONTI:

Flusso di liquidità generato dalla gestione reddituale

Ricavato della vendita di immobilizzazioni (finanziarie, materiali, immateriali)

Assunzione di finanziamenti passivi e incasso di finanziamenti attivi

Aumenti di capitale
IMPIEGHI:

Flusso di liquidità assorbito dalla gestione reddituale

Acquisizione di immobilizzazioni (finanziarie, materiali ed immateriali)

Rimborso di finanziamenti passivi e concessioni di finanziamenti attivi

Diminuzione di capitale

Pagamento di dividendi
Il flusso di liquidità generato dalla gestione reddituale viene determinato aggiungendo
algebricamente all'utile netto (perdita) dell'esercizio tutte le poste che nell'esercizio non
hanno richiesto esborso, ovvero non hanno originato liquidità. Ad esempio, si aggiunge
all'utile netto l'ammortamento dell'esercizio, l'aumento dei debiti verso fornitori, l'aumento
dei ratei passivi, la diminuzione dei crediti e del magazzino ecc. e si sottrae l'aumento dei
crediti, delle giacenze di magazzino, ecc. Tali aumenti e diminuzioni rappresentano gli
scostamenti rispetto ai saldi dell'esercizio precedente.
5.3
Il Fabbisogno finanziario:
note sulle variazioni del CCN e del fabbisogno di cassa
Si ringrazia il prof. A. Giampaoli per la possibilità concessa di poter utilizzare il materiale tratto
dal suo libro “ Banca e Impresa “
5.3.1
Il capitale investito
Un aspetto finanziario importante della gestione è quello di valutare quanti capitali siano
necessari per intraprendere una particolare attività, definita qualitativamente e
quantitativamente, e anche quanti capitali saranno necessari per sostenere lo sviluppo
desiderato, o richiesto dal mercato, dell'attività aziendale. Detto capitale necessario è parte
ideale dei più ampio capitale investito, termine con il quale si indicano anche altri investimenti
non afferenti alla gestione caratteristica d'impresa.
Di norma la composizione quali- quantitativa del capitale investito viene ricercata tra le
attività di bilancio e quindi fa riferimento ai valori contabili in esse riportati.
Prescindendo per il momento dalle varie configurazioni elaborate è importante osservare
preliminarmente che per quantificare i capitali necessari per intraprendere una particolare
attività, i dati di bilancio di un'azienda che svolge attività simile sarebbero di aiuto limitato.
Infatti, il capitale investito richiesto da una nuova iniziativa, andrebbe necessariamente
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
189
espresso in moneta corrente mentre, come noto, i criteri di valutazione delle attività di
bilancio fanno in buona parte riferimento al costo piuttosto che ai valori correnti.
La differenza tra valutazione al costo e valutazione al prezzo corrente delle attività di bilancio
si accentua nei periodi di inflazione e alle distorsioni createsi per tale ragione viene di norma
posto rimedio a distanza di tempo con saltuarie e non sempre adeguate rivalutazioni di legge.
Non c'è dubbio che le suddette rivalutazioni siano necessarie per rappresentare meglio il
capitale investito a una certa data il quale dovrà necessariamente essere espresso in moneta
corrente.
La determinazione dell'ammontare del capitale investito a prezzi correnti può essere
necessaria anche nelle decisioni di sviluppo del giro di affari quando, specie nei piani di mediolungo periodo, si provvede a quantificare l'impegno finanziario che tale sviluppo determinerà
al fine di verificare la fattibilità del medesimo in rapporto alla dinamica delle risorse di
capitale.
Un'altra osservazione preliminare è quella della relazione esistente tra capitale investito
contabile e risultato economico effettivo.
Le aziende con buon risultato economico possono, in certa misura, ridurre l'imponibile per
differire le imposte ma, così facendo, riducono il capitale investito contabile; al contrario, le
aziende con cattivo risultato effettivo, spesso, per rendere bancabile il bilancio, intervengono
alleggerendo il risultato economico di parte dei componenti negativi di reddito
sopravvalutando il capitale investito.
Come si vedrà in seguito le politiche di bilancio se da un lato consentono di modificare il
risultato economico e conseguentemente il capitale investito, dall'altro non hanno effetto
sulla situazione di liquidità di impresa se non limitatamente al differimento di imposte
ottenibile contenendo nell'immediato l'imponibile.
La configurazione di capitale investito utilizzata è quella data dalla somma tra capitale
circolante netto, immobilizzazioni tecniche e finanziarie nette e investimenti finanziari.
In tale configurazione l'aggregato del capitale circolante netto comprende i crediti di
funzionamento, le rimanenze non speculative e i debiti di funzionamento.
Le scorte speculative, cioè quelle acquisite allo scopo di contenere un futuro aumento dei
costi di approvvigionamento di materie prime, non facendo parte dei capitale necessario,
rappresentano un vero e proprio investimento finanziario da accogliere pertanto in tale classe
di valori.
Per la stessa ragione l'aggregato del capitale circolante netto non comprende crediti non
scaturenti dalla tipica e ordinaria attività d'impresa, né titoli o disponibilità in conti finanziari.
Anche i debiti di funzionamento scaduti vengono esclusi dall'aggregato in quanto di fatto essi
assumono la natura di debiti di finanziamento.
I debiti di funzionamento accolti nell'aggregato del capitale circolante netto sono i debiti che
sorgono per effetto del pagamento differito delle acquisizioni di merci, servizi e lavoro. Tra i
debiti di funzionamento non vengono inseriti i debiti verso i fornitori di immobilizzazioni il cui
ammontare viene aggregato quale rettifica nel valore delle immobilizzazioni.
Ne deriva che il capitale circolante netto, così configurato, è correlato in modo significativo
alla composizione quali- quantitativa del fatturato, alle modificazioni che interessano la durata
del ciclo finanziario, alla struttura temporale dei pagamenti connessi ai componenti negativi di
reddito e alle politiche di bilancio.
Un aggregato degli investimenti finanziari comprende gli impieghi di capitale non afferenti
all'attività tipica d'impresa e quelli effettuati in misura superiore a quanto richiesto dal
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
190
normale svolgersi della stessa, se è possibile recuperarli finanziariamente, purché detti
impieghi non siano destinati ad altra attività avente rilevanza strategica. Gli investimenti
finanziari non vengono indicati in un'unica classe di valori in bilancio; si possono trovare
investimenti finanziari nelle disponibilità liquide in banca o conti postali, in titoli, in prestiti, tra
le partecipazioni, tra gli immobili e le immobilizzazioni in genere, tra le rimanenze di materie
prime.
Lo schema generale di riferimento per l'analisi degli aspetti finanziari della gestione, al quale
ricondurre la configurazione di capitale investito appena indicata è il seguente:
investimenti finanziari
+ investimenti aventi rilevanza strategica
+ investimenti nella gestione caratteristica di cui:
 nelle strutture produttive
 nel capitale circolante netto
= capitale investito
- capitale investito creato
+ capitale investito distrutto
= fabbisogno finanziario
= copertura finanziaria di cui:
 capitale di credito
 capitale di rischio di origine esterna
Per rilevare il capitale investito creato o distrutto esistente a una certa data, occorre
considerare il segno e l'ammontare di un aggregato composto da alcune parti ideali del
capitale di rischio, e precisamente: le riserve di utili, le perdite non ripianate, la riserva di
rivalutazione monetaria per la parte eccedente la perdita di potere di acquisto del capitale di
rischio di origine esterna, con segno positivo, e, con segno negativo, l'eventuale incapienza
della riserva di rivalutazione monetaria a coprire la perdita di potere di acquisto del capitale di
rischio di origine esterna.
Come si potrà il verificare il capitale investito creato non concorre a determinare il fabbisogno
finanziario, e quindi il ricorso alle fonti esterne di finanziamento, e, normalmente, non viene
finanziato nemmeno dalla liquidità prodotta dalla gestione. Per quanto attiene al capitale
investito distrutto, esso grava interamente sul fabbisogno finanziario.
5.3.2 Il fabbisogno finanziario
Il valore delle attività riportato nel bilancio di un'impresa non fornisce il dato del fabbisogno
finanziario a una certa data, ma, al netto dei debiti di funzionamento, indica il capitale
necessario per sostenere le operazioni tipiche in corso, il capitale impiegato nelle strutture
produttive inutilizzate, nonché il capitale impiegato in investimenti finanziari e strategici, cioè
in investimenti non afferenti alla gestione caratteristica dell'impresa.
Sulla base della configurazione indicata di fabbisogno finanziario emerge una non
corrispondenza tra il capitale investito e l'ammontare delle fonti di finanziamento di origine
esterna utilizzate a certa data.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
191
Tra i due aggregati si frappone il capitale creato dalla gestione ancora esistente, cioè quello
non distribuito e non annullato da perdite.
Ne deriva, che un'impresa potrebbe nel tempo necessario, se a buon andamento economico e
se non distribuisse gli utili, pervenire a un fabbisogno finanziario nullo nonostante l'esistenza
di un capitale investito più o meno elevato.
Risulta evidente la corrispondenza con il concetto di fabbisogno finanziario proprio
dell'imprenditore, il quale intende per fabbisogno finanziario il capitale che è chiamato ad
apportare o a richiedere ad altri finanziatori per dotare l'impresa dei mezzi finanziari di cui
abbisogna.
Il capitale investito, considerato spesso come causa esprimente il fabbisogno finanziario, e alla
cui copertura si provvederebbe sia con gli utili reinvestiti sia ricorrendo alle fonti esterne di
finanziamento non ha, come vedremo, un'integrale valenza finanziaria.
5.3.3 La variazione dei fabbisogno finanziario
La struttura dell'analisi della variazione del fabbisogno finanziario coerente allo schema
precedente è la seguente:
investimenti finanziari
+ investimenti aventi rilevanza strategica
+ investimenti nelle strutture produttive afferenti la gestione caratteristica
+ rivalutazioni monetarie
- disinvestimenti
- ammortamenti
+ incremento capitale circolante netto
- diminuzione capitale circolante netto
= variazione capitale investito
- utile
- rivalutazioni monetarie
+ dividendo
+ perdita
= variazione fabbisogno finanziario
= variazione fonti esterne di finanziamento
- incremento capitale di credito
+ diminuzione capitale di credito
= variazione per cassa del capitale di rischio
Questa impostazione, e altre simili, pur mettendo in evidenza alcuni momenti significativi
della «gestione finanziaria» non si adatta completamente alle esigenze delle analisi finalizzate
alle decisioni finanziarie di breve periodo, quali la verifica della fattibilità finanziaria
immediata di nuovi investimenti, di remunerazione del capitale di rischio, di rimborso di un
prestito o di rifinanziamento della gestione corrente.
Lo schema di analisi degli aspetti finanziari della gestione interessante un particolare periodo
dovrà non solo basarsi su momenti finanziari reali, ma anche considerare il modo di pensare la
gestione proprio dell'imprenditore.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
192
Produzione, investimento e raccolta di capitali sono tre momenti significativi della gestione di
impresa e la riflessione su di essi riveste notevole importanza sia nelle analisi dell'equilibrio
finanziario, sia nelle decisioni di investimento e di finanziamento.
Per quanto attiene alla produzione di capitale il Saraceno definisce l'autofinanziamento come
«... differenza tra l'investimento netto del periodo considerato e la variazione netta avvenuta
nello stesso periodo nell'ammontare complessivo del capitale di cui l'azienda è dotata, sia
esso capitale proprio oppure capitale di credito».
Dalla definizione emerge innanzitutto il rapporto tra autofinanziamento, investimenti e fonti
esterne di finanziamento ma, anche, che la configurazione di autofinanziamento è
conseguente a quella assegnata alle altre due grandezze e che, per essere ben definita
occorrerà definire a sua volta il contenuto di investimento netto e di capitale di credito.
Pertanto la definizione data dal Saraceno consente due diverse configurazioni una delle quali,
la più tradizionale, è coerente con una configurazione di investimento netto che accoglie nel
proprio ambito la variazione di capitale circolante netto e che quindi porta a definire
l'autofinanziamento come utile netto reinvestito.
.
Coerentemente alla definizione di autofinanziamento data dal Saraceno si potrebbe, per
esempio, pervenire ai seguenti aggregati:
risultato economico
- dividendo
= autofinanziamento;
e anche:
+…nuovi investimenti tecnici
+ nuovi investimenti finanziari
- disinvestimenti
- ammortamenti
+ incremento capitale circolante netto
- decremento capitale circolante netto
= investimento netto
e, sottraendo dall'investimento netto l'autofinanziamento, pervenire alla variazione
intervenuta nel periodo nelle fonti esterne di finanziamento.
Le fonti esterne di finanziamento comprenderebbero in ogni caso, come ben chiarito dal
Saraceno, sia il capitale proprio che il capitale di credito.
Il prof. Giampaoli sostiene che lo schema precedente non è adeguato a fornire risposte alle
seguenti domande:
• quanti nuovi investimenti. prestiti rimborsati e dividendi, siano stati finanziati in autonomia
e quanti ricorrendo a nuovo capitale di credito;
• se la gestione corrente abbia contribuito a incrementare il fabbisogno finanziario e ad
aumentare il ricorso al capitale di credito;
• se la riduzione eventuale dell'esposizione debitoria sia stata ottenuta per effetto di
disinvestimenti, o mediante liquidità prodotta dalla gestione corrente;
• gli effetti dello sviluppo del fatturato sulla liquidità;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
193
• gli effetti sulla liquidità dell'intensità del capitale circolante netto in caso di sviluppo del
fatturato.
Inoltre lo schema precedente può indurre a errori, con gravi conseguenze nelle situazioni
aziendali difficili e caratterizzate da un elevato grado di indebitamento.
A volte l'imprenditore è portato a ritenere di poter finanziare i nuovi investimenti con gli utili
reinvestiti e con gli ammortamenti e di poter ricorrere senza problemi al credito bancario per
finanziare eventuali incrementi di capitale circolante.
Questa sicurezza, dovuta anche alla particolare cultura finanziaria implicita nel modo di
operare di molte aziende di credito, viene meno proprio nelle situazioni difficili, caratterizzate
da un alto grado di indebitamento e da redditività incerta, nelle quali gli errori di gestione
sono maggiormente destabilizzanti.
Nelle suddette circostanze l'impresa potrà contare per nuovi impieghi solo sulla liquidità che
effettivamente la gestione avrà prodotto e che non sarà quella misurata dall'utile al lordo
degli ammortamenti ma, come si vedrà, da questi più la variazione intervenuta nel capitale
circolante netto.
Prosegue il Giampaoli che la configurazione di autofinanziamento di maggior significato nelle
decisioni finanziarie di impresa sia quella, anch'essa riconducibile alla definizione data dal
Saraceno, che pone raffronto il fabbisogno finanziario espresso dagli investimenti nelle
strutture produttive e dagli investimenti finanziari, con la variazione intervenuta nelle fonti
esterne di finanziamento a titolo di credito e a titolo di rischio.
E questo infatti il modo in cui l'imprenditore, di norma, imposta la decisione di investimento,
ed è questo, come vedremo, l'approccio che consente di rilevare con maggiore correttezza le
reali dinamiche finanziarie espresse dalla gestione.
Inoltre, considerando che altri due aspetti finanziari della gestione, la remunerazione del
capitale e i disinvestimenti, assumono un rilievo particolare, specie nelle situazioni aziendali
non equilibrate, ritengo che il più efficace e corretto schema di riferimento per cogliere
l'evoluzione della situazione finanziaria in un dato periodo sia il seguente:
risultato economico
+ ammortamenti
- incremento capitale circolante netto
+ decremento capitale circolante netto
= liquidità prodotta (o assorbita) dalla gestione corrente o reddituale
- dividendo
- nuovi investimenti tecnici
- nuovi investimenti finanziari
+ disinvestimenti
= diminuzione (aumento) fabbisogno finanziario
= diminuzione (aumento) fonti esterne di finanziamento
di cui:
• diminuzione (aumento) capitale di credito
• diminuzione (aumento) per cassa dei capitale di rischio
Con il termine gestione corrente si intende fare riferimento alle operazioni di acquisto,
produzione e vendita attraverso le quali l'impresa realizza giorno dopo giorno la sua funzione
economica.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
194
La gestione corrente si può identificare anche enucleando dalla gestione complessiva la
remunerazione del capitale, i nuovi investimenti, i disinvestimenti, la gestione degli
investimenti finanziari e la raccolta di capitale da fonti esterne di finanziamento.
In sostanza dallo schema generale di riferimento si ottiene il seguente schema di analisi di cui
ho parlato in un mio precedente lavoro e che, con alcune modificazioni dettate da riflessioni
ed esperienze successive, riporto di seguito:
A)
Liquidità prodotta (o assorbita) dalla gestione corrente:
risultato economico + ammortamenti
-(incremento CCN)
+ decremento CCN
Totale A
B)
Dividendo
C)
Variazione investimenti:
investimenti tecnici
investimenti finanziari
(disinvestimenti)
Totale C
D) Variazione fabbisogno finanziario (B + C - A)
E) Variazione fonti esterne di finanziamento:
incremento (decremento) finanziamento
incremento capitale sociale per cassa
Totale E (= D)
Nota: i valori tra parentesi hanno segno negativo.
In questo schema vengono rilevati tre momenti significativi della gestione:
la produzione, l'investimento e la raccolta di capitali, la cui conoscenza ha molta importanza
nell'analisi dell'equilibrio finanziario e nelle decisioni di investimento e di finanziamento.
Inoltre, come è possibile osservare, non appare il capitale investito secondo le configurazioni
indicate per le analisi della struttura patrimoniale e finanziaria a una certa data; l'attenzione si
incentra sui nuovi investimenti tecnici e finanziari che rappresentano solo una parte ideale del
suddetto capitale investito.
L’ammontare della variazione del capitale investito è comunque desumibile sommando
algebricamente la variazione del capitale circolante netto, l'ammortamento e la variazione
degli investimenti. Parallelamente non si rileva quanta parte del capitale investito è stata
creata dagli utili prodotti e non distribuiti a fronte dei quali, come vedremo, può non essere
sorta alcuna liquidità.
Il capitale creato e non distribuito nel periodo amministrativo, sia per la parte che ha
determinato incrementi di mero valore del capitale investito, sia per la parte che ha concorso
al reale finanziamento del medesimo, può comunque essere rilevato sommando
algebricamente il risultato economico e il dividendo.
Riassumendo, le informazioni contenute nello stato patrimoniale non consentono
all'imprenditore di valutare a sufficienza la possibilità di effettuare nuovi investimenti, di
remunerare il capitale di rischio e di ridurre l'esposizione debitoria verso i finanziatori.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
195
L’imprenditore pone a continuo raffronto l'organizzazione delle risorse in atto con quella da
lui ritenuta ottimale in rapporto ai mutamenti previsti sul mercato.
L’adeguamento dell'organizzazione economica esistente a quella da lui ritenuta ottimale passa
attraverso una serie di interventi, tra i quali gli investimenti in nuove strutture produttive, di
modo che è possibile sostenere come, per l'imprenditore, la gestione aziendale venga vissuta
polarizzando l'attenzione su due realtà distinte e in rapporto dialettico: la gestione corrente e
la gestione dei nuovi investimenti.
Come vedremo anche dal punto di vista della gestione delle risorse finanziarie ha senso
parlare di una gestione corrente e di una gestione dei nuovi investimenti assumendo ognuna
di queste parti, nelle quali viene suddivisa la gestione complessiva, un reale significato
finanziario.
5.3.4 capitale circolante netto
Il capitale circolante netto è quella parte ideale di capitale investito che sorge e si modifica per
effetto dell'asincronismo tra i componenti di reddito e la loro manifestazione numeraria. Esso
comprende i crediti di funzionamento, le rimanenze non speculative e i debiti di
funzionamento a esclusione dei debiti verso fornitori di immobilizzazioni. Le cosiddette
rimanenze speculative, costituite allo scopo di contenere un futuro aumento dei costi di
acquisto di materie prime, rientrerebbero nella definizione data, ma, non facendo parte del
capitale necessario, ritengo opportuno aggregarle agli investimenti finanziari.
Anche i debiti di funzionamento scaduti, o quelli per i quali è stato negoziato un ulteriore
differimento rientrerebbero nella definizione data, ma il rilievo che assume la loro
trasformazione di fatto in debiti di finanziamento, consiglia l'aggregazione tra le passività
finanziarie. Per praticità infine è consigliabile accogliere nell'aggregato del capitale circolante
netto anche i crediti e i debiti sorti per effetto dei sistema di imposizione dell'imposta sul
valore aggiunto. Tali crediti e debiti pur non sorgendo da componenti di reddito sono
strettamente intrecciati al capitale circolante.
Non rientrano nella definizione data di capitale circolante e non ne fanno quindi parte, i
crediti e i debiti che sorgono per l'acquisto e per l'alienazione di immobilizzazioni e quelli che
sorgono per effetto di operazioni di impiego e di raccolta dì capitali. Il capitale circolante netto
è correlato in modo significativo alla composizione quali- quantitativa del fatturato, alle
modificazioni che intervengono sulla durata dei cielo finanziario, alla struttura temporale dei
pagamenti connessi ai componenti negativi di reddito e, infine, alle politiche di bilancio. Come
si vedrà più avanti, per tutte queste ragioni, sdoppiando il capitale circolante netto nella parte
attiva, ovvero il capitale circolante lordo, e passiva, ovvero i debiti di funzionamento, e
rapportando le due parti al giro d'affari, si ottengono degli indicatori importanti per
diagnosticare la situazione aziendale. Quando i due indici aumentano in modo significativo da
un esercizio all'altro rivelano quasi sempre l'esistenza di gravi problemi di gestione. Inoltre il
capitale circolante netto può variare in modo sensibile nel corso dell'esercizio, questo avviene
nelle attività altamente stagionalizzate.
In tal caso è importante conoscesse la dinamica infrannuale a motivo dell'influenza che la sua
variazione esercita sul fabbisogno finanziario.
Dalla definizione data emerge che i debiti di finanziamento a breve termine non vanno
ricompresi nell'aggregato del capitale circolante netto.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
196
I suddetti debiti vengono infatti contratti per coprire il fabbisogno finanziario man mano che
questo si manifesta in rapporto anche alla liquidità prodotta o assorbita dalla gestione
corrente nel cui ambito non può quindi essere accolto il ricorso al credito bancario di breve
termine. Inoltre i debiti di finanziamento, sia pure di breve termine, non sorgono da
componenti negativi di reddito che non hanno avuto manifestazione numeraria e quindi non
partecipano alla realizzazione del risultato economico e alla gestione reddituale, pertanto,
non devono rettificare in alcun modo il risultato economico per pervenire al risultato di cassa
prodotto dalla gestione.
Le variazioni del CCN comprendono la variazione intervenuta nel seguente aggregato:




crediti di funzionamento;
rimanenze a esclusione della quota di materie prime aventi natura di investimento
finanziario.
Sono tali le rimanenze di materie prime superiori alle necessità di produzione e non
determinate da lotti economici di acquisto, ma da acquisti anticipati finalizzati a evitare un
possibile e significativo aumento dei prezzi;
ratei e risconti;
debiti di funzionamento verso fornitori di merci e servizi non scaduti.
Si considerano scaduti quelli il cui ritardo nel pagamento è superiore ai brevi periodi che
talvolta vengono accettati dai for-nitori in particolari settori di attività.
I debiti scaduti andranno opportunamente indicati tra le fonti esterne di finanziamento. Nel
CCN non vanno inoltre inseriti i debiti verso fornitori di immobilizzazioni la cui variazione va a
rettificare i nuovi investimenti al fine di evidenziare l'effettivo esborso di cassa per i medesimi.
Un incremento dei crediti verso i clienti, parte ideale del CCN, va a rettificare il risultato
economico al fine di misurare il risultato di cassa espresso dalla gestione corrente, in quanto
misura le vendite non coperte da equivalenti incassi nel periodo amministrativo. A sua volta
una diminuzione del credito verso clienti misura gli incassi eccedenti le vendite effettuate nel
periodo amministrativo. I crediti verso i clienti rappresentano una parte ideale del capitale
necessario il cui ammontare è più o meno elevato in rapporto all'attività esercitata.
Il suo ammontare è correlato in modo significativo all'andamento del fatturato e alla sua
composizione e alla tipologia dei clienti. Ne deriva che l'ammontare dei crediti verso clienti è,
di norma, fatte salve le attività fortemente stagionalizzate sotto l'aspetto commerciale,
consolidato se non crescente. Nelle suddette situazioni considerare i crediti verso i clienti alla
stregua di una disponibilità finanziaria, a motivo della possibilità di smobilizzo degli stessi
mediante ricorso a determinate forme tecniche di finanziamento è, a volte, illusorio e,
sempre, fuorviante per una corretta analisi della situazione aziendale. E’ illusorio considerare i
crediti verso clienti alla stregua di liquidità disponibile poiché nelle situazioni aziendali difficili
e ad alta tensione finanziaria, l'automatismo: sorgere del credito = nuovo finanziamento
bancario, si interrompe a motivo del venir meno della capacità di rimborso dell'impresa. I
finanziatori non rinnovano automaticamente le anticipazioni sui crediti a fronte di un
indebitamento crescente da lungo tempo, sia in termini assoluti sia in termini relativi, rispetto
al capitale di rischio, situazioni queste rilevatrici di uno stato di tensione finanziaria.
Considerare i crediti verso clienti al loro sorgere alla stregua di un flusso finanziario in entrata
a motivo dell'eventuale anticipazione bancaria conseguita a fronte dei medesimi, offusca la
comprensione dell'evoluzione della situazione finanziaria dell'impresa, poiché confonde una
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
197
parte del fabbisogno finanziario con una parte delle fonti di finanziamento utilizzata per la sua
copertura.
Per rendere il concetto con un'immagine sarebbe come considerare nello stesso stato di
salute due persone una delle quali non ha mal di testa e l'altra non lo ha più in quanto è
ricorsa a un analgesico. La variazione del credito verso i clienti da portare a rettifica del
risultato economico per pervenire al risultato di cassa espresso dalla gestione corrente va
considerata, qualora si possiedano le informazioni necessarie, al lordo di eventuali
svalutazioni di crediti e accantonamenti al fondo svalutazione crediti effettuati nel periodo.
Parallelamente andrà rettificato il risultato economico delle perdite su crediti e degli
accantonamenti al fondo svalutazione crediti nella misura in cui detti componenti negativi di
reddito, che non comportano manifestazione numeraria, hanno concorso a determinarlo. In
altri termini il mancato incasso dei crediti non giunti a buon fine andrà rilevato come
differenza tra le vendite e gli incassi nel periodo analizzato. A volte la svalutazione di
importanti crediti avviene a distanza di anni in attesa che il conto economico dell'azienda
possa consentirne l'imputazione.
In questi casi il peggioramento della situazione finanziaria è già avvenuto in passato ed essa
non è destinata a subire ulteriori effetti negativi sul piano finanziario in conseguenza del
riconoscimento ufficiale della perdita al momento dell'imputazione al conto economico. La
rilevazione delle rimanenze, parte ideale del capitale circolante netto, è determinata
dall'esigenza di quantificare il patrimonio aziendale e di rilevare il risultato economico di
competenza del periodo amministrativo. La rilevazione delle rimanenze in sé non ha effetti
diretti sul risultato di cassa prodotto dalla gestione, infatti, se l'estensore del bilancio
dimenticasse di annotare il valore delle rimanenze iniziali e finali o di entrambe, il risultato di
cassa varierebbe solo per le diverse imposte eventualmente da liquidare a motivo del diverso
imponibile.
Pertanto, per pervenire al risultato di cassa prodotto dalla gestione corrente, occorre
sottrarre dal risultato economico l'incremento delle rimanenze e aggiungere al risultato
economico la diminuzione delle stesse, il che equivale a stornare dal conto economico le
esistenze iniziali e le rimanenze finali in quanto rispettivamente componenti negativi e positivi
di reddito che non comportano in se flussi di cassa.
L’eventuale deflusso di fondi avutosi nel periodo per effetto di acquisti e produzioni effettuati
per il magazzino partecipa alla rilevazione del risultato di cassa prodotto dalla gestione nel
periodo attraverso il costo degli acquisti e degli altri fattori della produzione che hanno
concorso a determinare il risultato economico, nei limiti del loro effettivo pagamento. Il costo
degli acquisti e degli altri fattori della produzione liquidati in misura diversa da quelli rilevati
nel conto economico, si determina rettificando il risultato economico della variazione
intervenuta nei relativi debiti di funzionamento. In sostanza, le esistenze iniziali non
determinano un'uscita per l'esercizio che le accoglie; le rimanenze finali rappresentano una
posta rettificativa di natura contabile e non avente rilevanza finanziaria in sé. Le rivalutazioni e
le svalutazioni che hanno interessato le rimanenze non determinano per loro natura flussi
finanziari. La rilevazione sia delle esistenze iniziali sia delle rimanenze finali, interessa il conto
economico ma non il conto di cassa ed ecco perché per pervenire al risultato di cassa occorre
rettificare il risultato economico dell'eventuale incremento intervenuto nelle rimanenze, con
segno negativo, dell'eventuale diminuzione, con segno positivo. La variazione nei debiti di
funzionamento, parte ideale dei CCN, va a rettificare il risultato economico per rilevare il
risultato di cassa prodotto dalla gestione.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
198
Per esempio, un incremento nel debito verso fornitori di merci va a rettificare con segno
positivo gli acquisti che non hanno avuto manifestazione numeraria nel periodo.
Cioè l'incremento dei debito verso fornitori misura gli acquisti non pagati e come tali
partecipano al risultato economico ma non a quello di cassa.
Come già detto l'analisi del capitale circolante assume un importante rilievo nella valutazione
della situazione aziendale.
Per quanto attiene l'intensità dei capitale circolante lordo sul fatturato, un suo aumento
significativo può essere determinato da una o più delle seguenti circostanze:












crediti divenuti inesigibili il cui valore non è stato imputato al conto economico;
ritardi nelle riscossioni dovuti alla cattiva qualità del portafoglio clienti spesso determinati
anche dall'aver forzato le vendite accettando di fornire clienti a rischio;
ritardi nelle riscossioni dovuti alle difficoltà nelle quali vengono inaspettata- mente a
trovarsi alcuni Importanti clienti o categorie di clienti;
ritardi nelle riscossioni dovuti al malcontento della clientela per la qualità della merce e
dei servizi ricevuti. Si pensi per esempio, ai ritardi nelle consegne;
concessione di termini di pagamento più estesi alla propria clientela quale strumento di
promozione commerciale in un mercato sottoposto a intensa competizione;
incremento del magazzino prodotti finiti dovuto a difficoltà di collocamento della merce;
incremento del magazzino prodotti finiti dovuto a errori di programmazione della
produzione;
incremento del magazzino prodotti finiti dovuto a produzioni difettose non valutate come
tali;
rivalutazione delle rimanenze di prodotti finiti nel rispetto della normativa civilistica e
fiscale;
sopravvalutazione delle rimanenze di prodotti finiti finalizzata al maschera- mento delle
perdite;
rivalutazione delle materie prime nel rispetto della normativa civilistica e fiscale;
sopravvalutazione delle rimanenze di materie prime finalizzata al mascheramento delle
perdite.
Come è possibile dedurre dall'elenco delle circostanze suddette se escludiamo il caso della
concessione ai clienti di più alti termini di pagamento finalizzata ad acquisire maggiori quote
di mercato sfruttando la propria forza finanziaria, politica questa che può essere adottata solo
da aziende particolarmente solide e quindi facilmente riconoscibili con l'analisi di bilancio,
l'incremento del capitale circolante lordo non determinato dall'aumento dei fatturato, indica
o una situazione gestionale difficile o politiche di bilancio tese a mascherare un risultato
economico negativo o, frequentemente, entrambe le situazioni suddette.
L’aumento significativo dell'intensità dei debiti di funzionamento, parte ideale del capitale
circolante netto, sul fatturato, può essere un indice o di tensione finanziaria o all'opposto di
forza finanziaria dell'impresa.
Naturalmente un'analista non può non saper cogliere le due opposte realtà nel momento in
cui si accinge a svolgere il suo lavoro sulla base della situazione complessiva dell'impresa.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
199
5.3.5 Il ciclo finanziario espresso dalla gestione corrente
E’ il periodo di tempo intercorrente tra l'inizio del pagamento dei componenti negativi di
reddito a manifestazione numeraria e la riscossione dei ricavi conseguenti alla vendita dei
prodotti e dei servizi con essi ottenuti.
Esiste quindi una correlazione stretta tra intensità di CCN e ciclo finanziario.
L’attività economica delle imprese raramente è caratterizzata da una successione temporale
senza sovrapposizione parziale o totale di più cicli finanziari.
In altre parole il cielo finanziario di un prodotto, inizia a volte a distanza temporale più o meno
breve da quello precedente e, più frequentemente, si sovrappone al ciclo finanziario di altri
prodotti. In tal modo si ottengono due importanti risultati: il primo è quello di utilizzare
risorse umane e tecniche specializzate nelle varie fasi di trasformazione; il secondo consiste
nello stabilizzare, sia pure a più alti livelli, il capitale complessivamente investito nell'impresa
riducendo in definitiva l'intensità di capitale investito in rapporto al fatturato. La rilevazione
della durata dei ciclo finanziario viene di norma espressa in giorni utilizzando alcuni indici
desumibili dal bilancio e precisamente:
- durata dei crediti, che viene misurata dal rapporto tra crediti verso clienti e fatturato
giornaliero;
+ permanenza media dei prodotti finiti o delle merci a magazzino, permanenza che è misurata
dal rapporto tra prodotti finiti o merci e vendite giornaliere,
+ tempo medio di lavorazione dato dal rapporto tra semilavorati e somma del costo medio
giornaliero del consumo delle materie prime con metà del costo medio giornaliero della
manodopera diretta;
+ durata media di permanenza delle materie prime non speculative ottenuta rapportando le
rimanenze di materie prime al consumo giornaliero delle stesse;
- durata media del debito verso fornitori ottenuta rapportando il debito verso fornitori di
merci c/o materie prime agli acquisti medi giornalieri di merci c/o materie prime.
La durata del cielo finanziario può essere misurata in tal modo e anche utilizzando indici più
precisi e sofisticati, ma è preferibile esaminare l'analisi della variazione dell'intensità dei
capitale circolante netto. L’intensità del CCN è infatti strettamente correlata alle modificazioni
che interessano il ciclo finanziario e alle sue successioni temporali. L’attenzione da porre alla
misurazione dei ciclo finanziario assume diverso rilievo nel caso in cui, operando all'interno
dell'impresa, si volessero monitorare alcuni aspetti della gestione al fine di contenere il
fabbisogno finanziario.
Per esempio, per monitorare la variazione della durata e della qualità dei crediti commerciali,
aspetto questo di rilevante importanza per comprendere il rapporto tra azienda, prodotti e
mercato, si può procedere nel modo seguente:
• i crediti verso i clienti vengono espressi in giorni di vendita, in modo da ottenere
l'indicazione della durata media dei termini di incasso;
• a tal fine i crediti verso i clienti vanno rapportati alle vendite medie giornaliere realizzate nel
periodo di tempo in cui più alta è la correlazione con i crediti in esame;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
200
• l'indice potrebbe essere suddiviso in questo modo: crediti non scaduti lordi diviso vendita
media giornaliera dei periodo, più crediti ceduti pro soluto diviso vendita media giornaliera
del periodo, più crediti scaduti lordi (per crediti scaduti lordi si intendono i crediti scaduti
comprensivi dei crediti svalutati nel periodo) diviso vendita media giornaliera dei periodo e,
nei mesi in cui è disponibile il bilancio infrannuale, ai tre addendi precedenti andrebbe
sottratto il rapporto tra crediti svalutati nel periodo (si prende il valore nominale dei crediti
stralciati nel periodo) e la vendita media giornaliera del periodo;
• i crediti non scaduti verso clienti vengono considerati al lordo degli eventuali crediti utilizzati
per anticipazioni finanziarie pro solvendo;
• i crediti non scaduti verso clienti vanno considerati al netto degli anticipi da clienti;
• le vendite vanno incrementate dell'Iva addebitata ai clienti;
• l'analisi del credito potrebbe inoltre essere elaborata con riferimento a ogni importante
categoria di clienti.
Infine prosegue il prof Giampaoli nel ricordare che nelle imprese la cui attività è caratterizzata
da cicli di produzione non sovrapposti, quali a volte la cantieristica, l'attività agricola e l'attività
di trasformazione dei prodotti della terra, alla chiusura dei ciclo finanziario, spesso si ha
corrispondenza tra risultato economico e di cassa.
5.3.6 Il dividendo
L’analisi del fabbisogno finanziario considera anche la remunerazione del capitale di rischio. La
decisione di corrispondere un dividendo, laddove non esiste un rapporto rigido con
l'economia familiare dell'imprenditore, è rimessa di norma alla decisione degli amministratori
in considerazione non solo dei risultati economici conseguiti ma anche della situazione
finanziaria complessiva.
L’imprenditore considera quindi, ai fini della decisione della remunerazione del capitale, la
liquidità prodotta dalla gestione corrente, di cui si è appena detto, essendo essa la fonte
normale per la remunerazione del capitale, anche se non vi sono ragioni per le quali
un'azienda a buon andamento economico e non molto indebitata non possa liquidare il
dividendo ricorrendo al credito bancario.
Un'azienda il cui risultato economico viene distribuito in tutto o in parte per le esigenze
finanziare dell'imprenditore non può comunque affrontare, come vedremo in seguito, elevati
tassi di sviluppo e le situazioni economiche negative che dovessero sopraggiungere. I nuovi
investimenti, oltre al vincolo economico, sono sottoposti al vincolo finanziario. Il
finanziamento di nuovi investimenti, può avvenire mediante ricorso a fonti esterne in
previsione di un futuro miglioramento della capacità dell'impresa di produrre reddito e
liquidità. In molte situazioni aziendali la realizzazione di nuovi investimenti esercita una
influenza importante nel determinare la variazione del fabbisogno finanziario. Nell'apprezzare
la situazione di liquidità di un'impresa occorre pertanto considerare l'entità dei nuovi
investimenti effettuati in rapporto all'entità e al consumo delle strutture produttive esistenti
(ammortamenti), in modo da cogliere quanta parte del sacrificio finanziario richiesto assuma
la natura di impegno straordinario. E’ opportuno ricordare che in buona misura l'entità e la
manifestazione temporale dei nuovi investimenti sono un fatto discrezionale degli
amministratori e, quindi, vengono determinati in rapporto dialettico alle possibilità finanziarie
dell'impresa stessa. Un rilievo particolare va dato ai nuovi investimenti finanziari i quali, per
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
201
loro natura, sono facilmente riconsiderabili e quindi non modificano sostanzialmente la
situazione finanziaria dell'impresa. Il fatto che gli investimenti finanziari possano essere
alienati senza interferire con la gestione caratteristica dell'impresa, fa si che gli stessi
potrebbero anche essere considerati a livello di posta rettificativa dei debiti di finanziamento
e quindi non concorrere a creare il fabbisogno finanziario. Pur ritenendo tale approccio
corretto è normalmente preferibile accoglierli nell'ambito dei nuovi investimenti e quindi
considerarli come fattore che concorre alla formazione del fabbisogno finanziario. Nella
sezione dei nuovi investimenti, cioè al di fuori della gestione corrente, vanno compresi anche i
disinvestimenti. L’imprenditore considera la liquidità liberata da processi di disinvestimento
come fattore importante per sostenere nuovi investimenti e/o il fabbisogno di cassa prodotto
dalla gestione corrente e/o il rimborso di prestiti. I disinvestimenti possono essere
conseguenti a interventi di ristrutturazione dell'attività o semplicemente dovuti al realizzo di
investimenti finanziari. In entrambi i casi i suddetti processi producono una liquidità
straordinaria che può essere messa a servizio degli altri aspetti nei quali è stata suddivisa la
gestione complessiva e cioè la gestione corrente, la remunerazione del capitale, la gestione
degli Investimenti, la gestione della raccolta.
5.3.7 La durata dei fabbisogno finanziario
li fabbisogno finanziario d'impresa è unico ed è espresso dall'insieme delle operazioni in corso.
Che il fabbisogno finanziario sia da intendere nella sua unità lo ha asserito il Caprara con la
nota espressione «si finanziano imprese non particolari investimenti»; ritengo però che tale
principio possa ammettere una eccezione e cioè il fabbisogno finanziario determinato da
investimenti finanziari. Infatti la quota di fabbisogno finanziario dovuta all'esistenza di
investimenti finanziari può essere eliminata anche in tempi brevi; non rappresentando gli
investimenti finanziari parte del capitale necessario, essi possono essere alienati senza
interferire con l'attività caratteristica di impresa. Per durata del fabbisogno finanziario nella
gestione d'impresa si intende non tanto iI periodo di tempo in cui il fabbisogno finanziario
esistente potrà essere eliminato, quanto il giudizio sul grado di rigidità o di flessibilità del
medesimo.
Rigidità e flessibilità dei fabbisogno finanziario dipendono dalle circostanze ambientali, dalle
caratteristiche strutturali dell'attività d'impresa e dalle strategie gestionali perseguite
dall'imprenditore.
La variazione del fabbisogno finanziario, e quindi la sua flessibilità, sono in stretto rapporto
con:
- il risultato economico;
- la variazione del ciclo finanziario;
- il fatturato;
- il dividendo;
- i nuovi investimenti;
- gli eventuali disinvestimenti.
L’esistenza di componenti di reddito aventi natura straordinaria può esercitare un'influenza
rilevante sull'entità del risultato economico e quindi sulla variazione dei fabbisogno
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
202
finanziario. Anche la variazione del cielo finanziario espresso dalla gestione corrente può
avere effetti rilevanti sulla durata del fabbisogno finanziario; essa si rileva rapportando il
capitale circolante netto al fatturato a una certa data e confrontando tale incidenza con quella
dell'anno precedente. Nelle attività stagionali di produzione e/o di vendita, il fabbisogno
finanziario varia in modo significativo nei vari mesi dell'anno. Nelle imprese ad alta intensità di
CCN il fabbisogno finanziario subisce rilevanti effetti negativi in conseguenza dell'incremento
del capitale circolante netto che sarà tanto maggiore quanto maggiore è il tasso di sviluppo
del fatturato; ma tali effetti sono limitati nel tempo in rapporto alla durata dello sviluppo
commerciale. In tempi di inflazione quando lo sviluppo del fatturato, dovuto al necessario
adeguamento dei prezzi di vendita ai maggiori costi di produzione, è destinato a perdurare per
molti anni, le imprese ad alta intensità di CCN possono pervenire a un fabbisogno finanziario
consolidato e crescente anche se a buon andamento economico. Per quanto attiene al
dividendo si osserva che, quando esso rappresenta una componente rigida del rapporto con
l'economia familiare dell'imprenditore, può portare a un fabbisogno finanziario consolidato e
crescente nel tempo. La durata del fabbisogno finanziario va vista anche in rapporto all'entità
e frequenza dei nuovi investimenti. E’ evidente che, laddove le strutture produttive siano
aggiornate sotto il profilo tecnologico e frutto di recenti investimenti, l'andamento del
fabbisogno finanziario beneficerà in futuro dei minori impieghi a titolo di investimento. Infine
gli investimenti finanziari, o gli investimenti nelle strutture produttive non più utilizzati e
quindi alienabili, esercitano un'influenza rilevante sulla flessibilità del fabbisogno finanziario. Il
fabbisogno finanziario non va indagato al solo fine di valutarne la durata ma anche, o
soprattutto, per valutarne la rischiosità. La rischiosità alla quale i capitali investiti nell'impresa
sono esposti non è sinonimo di rigidità di impiego dei medesimi, i due aspetti non procedono
necessariamente in parallelo. Il fabbisogno finanziario può essere di breve durata e a basso
rischio in aziende a buon andamento economico, a sviluppo limitato nell'ammontare e nel
tempo, anche se ad alta intensità di capitale investito per fatturato, purché gli utili prodotti
non debbano essere necessariamente distribuiti al soggetto economico.
La rigidità nella remunerazione del capitale è un fattore che grava negativamente sulle
caratteristiche del fabbisogno finanziario. Anche lo sviluppo forzoso dovuto a processi
inflattivi, nell'impresa ad alta intensità di capitale investito, determina un fabbisogno
finanziario consolidato e crescente, a meno che la redditività sia particolarmente elevata. In
questo caso, pur trattandosi di fabbisogno finanziario rigido, se l'andamento economico della
gestione è positivo, il rischio degli investimenti nell'impresa può considerarsi contenuto.
Sempre facendo riferimento a questa situazione, se fosse incerto l'andamento economico, il
fabbisogno finanziario espresso dalla gestione andrebbe considerato ad alto rischio. Le
gestioni a cattivo andamento economico sono spesso caratterizzate da un fabbisogno
finanziario durevole e ad alto rischio, ma quando il cattivo andamento è dovuto a fattori più o
meno facilmente rimovibili e sono in corso reali interventi per il recupero della redditività,
anche la durata e il rischio del fabbisogno finanziario saranno qualitativamente diversi.
Per stimare il grado di rigidità del fabbisogno finanziario si potrebbe utilizzare il seguente
indicatore:
risultato d'esercizio senza componenti straordinari di reddito
- incremento CCN determinato da sviluppo obbligato dei fatturato
- dividendo distribuito, se componente rigida
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
203
+ nuovi investimenti eccedenti gli ammortamenti nell'ultimo triennio
- ammortamenti eccedenti gli investimenti nell'ultimo triennio
= diminuzione (aumento) potenziale dei fabbisogno finanziario
L’indice in questione si ottiene rapportando la variazione potenziale dei fabbisogno finanziario
al fabbisogno finanziario complessivo di fine esercizio. Se l'indice assume valore positivo indica
la potenziale riduzione unitaria del fabbisogno finanziario, se l'indice assume valore negativo
indica un fabbisogno finanziario crescente.
5.3.8 Fabbisogno finanziario e Fonti di finanziamento
Il fabbisogno finanziario di un'impresa è rappresentato dal volume di risorse finanziarie che
sono necessarie all'impresa stessa per acquisire e utilizzare i fattori della produzione utili per
lo svolgimento della gestione.
Il bisogno di mezzi finanziari deriva dalle eccedenze di uscite monetarie sulle entrate
monetarie, in quanto vi è uno sfasamento temporale tra l'epoca in cui si manifestano gli
esborsi monetari collegati al sostenimento dei costi dei fattori produttivi e l'epoca successiva
in cui si hanno gli introiti monetari relativi ai ricavi conseguiti 'con la vendita dei prodotti.
Dette eccedenze sono di fatto permanenti in quanto i cicli economico, tecnico e monetario si
ripetono continuamente nella gestione aziendale.
Occorre distinguere tra il fabbisogno che dipende dal patrimonio circolante e quello inerente
al patrimonio fisso aziendale. Il primo tipo di fabbisogno è collegato alla necessità dell'impresa
di finanziare gli investimenti aventi come scopo, data una certa capacità produttiva,
l'ottenimento di un determinato volume di vendite di prodotti o servizi. Si tratta degli
investimenti in materie prime, materie di consumo, servizi, forza lavoro ecc. Il fabbisogno può
crescere a causa dell'aumento dei costi di detti fattori produttivi e per l'allungamento del cielo
monetario (ad esempio, perché si ottengono dilazioni di pagamento più brevi dai fornitori).
Il fabbisogno relativo al patrimonio fisso è invece dovuto sia dagli investimenti effettuati
dall'impresa per rinnovare o ammodernare le immobilizzazioni tecniche, mantenendo
inalterata oppure accrescendo la capacità produttiva, sia dagli investimenti in
immobilizzazioni immateriali (costi di ricerca e sviluppo, costi di pubblicità ecc.). Il fabbisogno
finanziario costituisce quindi l'insieme delle risorse finanziarie di cui l'impresa, per vari moti vi,
necessita ai fini dello svolgimento della propria attività.
Strettamente correlato al problema della definizione del fabbisogno finanziario vi è quello
delle fonti di finanziamento, vale a dire dell'individuazione delle modalità mediante le quali
l'impresa deve raccogliere i mezzi finanziari da destinare alla gestione.
E’ necessario distinguere tra fonti interne e fonti esterne di finanziamento.
Per fonti interne di finanziamento si intendono i fondi generati dall'impresa attraverso la
gestione reddituale; rientrano pertanto in tale categoria l'autofinanziamento proprio
(accantonamento di quote di utile a riserve) e l'autofinanziamento improprio (quote di
ammortamento, TFR, accantonamento a fondi rischi e oneri).
Le fonti esterne di finanziamento sono invece rappresentate da mezzi finanziari che provengono dall'esterno dell'impresa; si può trattare di finanziamenti di capitale proprio
(aumento di capitale sociale a pagamento) e di finanziamento di capitale di debito (BANCHE)
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
204
Questi ultimi finanziamento - definiti anche finanziamenti di capitale di terzi - si classificano, a
loro volta, in debiti di regolamento e debiti di finanziamento; i primi derivano da acquisti di
fattori della produzione con regolamento differito (si ha un'entrata immediata di beni o servizi
e un'uscita monetaria posticipata); con i debiti di finanziamento invece l'impresa ottiene la
disponibilità immediata di fondi che dovrà restituire in un momento successivo. Quando le
fonti di origine interna (autofinanziamento) sono insufficienti a coprire il fabbisogno
finanziario, si pone per l'impresa il problema della scelta delle fonti esterne di finanziamento.
Detto problema non può essere risolto ricercando delle soluzioni universalmente valide; in
altri termini ogni impresa è chiamata a trovare la soluzione che meglio risponde alle proprie
caratteristiche. E’ tuttavia necessario che si stabilisca all'interno dell'impresa una corretta
relazione tra impieghi e fonti di finanziamento. Anche se è vero - come ha affermato il
Caprara, uno dei maggiori studiosi italiani di economia aziendale - che l'impresa si finanzia
nella sua unitarietà e non si finanziano i singoli investimenti aziendali, vi deve essere una
concordanza tra durata dell'investimento e scadenza del finanziamento ottenuto da terzi.
Un'impresa si trova in equilibrio finanziario se è in grado di finanziare investimenti in
immobilizzazioni tecniche, che generano un ritorno del capitale investito nel medio/lungo
termine, con finanziamenti esterni a scadenza protratta, ad esempio mediante aumento del
capitale sociale, emissione di un prestito obbligazionario, accensione di un mutuo,
conclusione di un contratto di leasing.
Invece gli investimenti in fattori della produzione a breve ciclo di utilizzo sono da finanziare
attraverso prestiti bancari a scadenza ravvicinata (ad esempio, aperture di credito in c/c,
operazioni di smobilizzo di crediti commerciali come il portafoglio s.b.f. relativo a disposizioni
elettroni- che di incasso Ri. Ba.).
In tal modo l'impresa si troverà in una situazione di equilibrio finanziario, con l'indice di
copertura globale delle immobilizzazioni e l'indice di disponibilità maggiori di uno.
Un secondo problema che l'impresa deve affrontare riguarda la scelta tra capitale proprio e
capitale di debito e quindi la definizione della composizione del passivo patrimoniale (il
rapporto tra capitale di rischio e capi- tale di terzi).
In presenza di tassi di interesse particolarmente bassi, può risultare conveniente per l'impresa
privilegiare l'indebitamento nei confronti del capitale proprio, così come la pressoché
completa deducibilità fiscale degli interessi ha sicuramente favorito nel passato il ricorso delle
imprese al finanziamento bancario.
Un criterio generale elaborato dalla dottrina aziendale allo scopo di poter scegliere tra
capitale di terzi e capitale proprio è rappresentato dal collegamento che esiste tra l'onerosità
del capitale di debito (i, costo del denaro) e la redditività della gestione caratteristica (ROI).
Si ricorre cioè al meccanismo della leva finanziaria: se ROI > i (ROI - i costituisce il "fulcro" della
leva), al crescere dell'indice di indebitamento ("braccio" della leva) aumenta il ROE ("lavoro
compiuto" dalla leva).
Gli aspetti positivi della leva finanziaria possono essere ampliati dall'effetto paratasse (taxesshield, "scudo contro le imposte"): poiché gli oneri finanziari sono deducibili ai fini del calcolo
del reddito fiscale, il ricorso all'indebitamento determina anche minori imposte d'esercizio
(IRPEF, IRPEG) rispetto all'ipotesi di finanziamento con capitale proprio e quindi un ulteriore
miglioramento della redditività del capitale proprio.
Un'impresa che si trova ad avere ROI >.i può pertanto indebitarsi per finanziare i propri
investimenti; essa tuttavia non deve perdere di vista i rischi connessi a tale scelta. Quando
cresce l'indebitamento, i finanziatori dell'impresa (banche, altri intermediari finanziari, privati)
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
205
tendono ad applicare dei tassi di interesse sempre più elevati in quanto il finanziato si trova in
una situazione di sottocapitalizzazione e dà minori garanzie sul piano patrimoniale.
L’impresa deve essere quindi in grado di conseguire un ulteriore incremento della redditività
del capitale investito in modo tale che ROI si mantenga maggiore del costo del denaro; in caso
contrario la redditività del capitale proprio (ROE) diminuisce e con essa la capacità
dell'impresa di far fronte regolarmente ai propri debiti in scadenza.
Al fine di valutare correttamente l’impresa e la sua capacità di “far fronte agli impegni”
attraverso la restituzione dei finanziamenti accordati, la Banca dovrà valutare a fondo la
capacità di rimborso ed in generale la liquidità prodotta dalla gestione corrente ( visto in
precedenza).
Unico problema è la capacità segnaletica dei dati a disposizione.
COME MIGLIORARE ?
Attraverso la conoscenza dei meccanismi aziendali che ci consenta di comprendere eventuali
dati aggiuntivi
Attraverso la valutazione qualitativa dell’azienda
5.5 IL FREE CASH FLOW ovvero l’analisi dei flussi di cassa
Nei paragrafi precedenti è stato esaminato il rendiconto finanziario dei flussi di liquidità e
grazie al contributo del testo del prof. Giampaoli, si è cercato di far comprendere le
interrelazioni fra capitale investito, gestione corrente e fabbisogno finanziario passando
attraverso il risultato di esercizio e il risultato di cassa prodotto dall’attività. E’ però
importante comprendere che il risultato economico si accompagna spesso ad un diverso
andamento finanziario,in quanto il principio della competenza economica ci porta a
determinare un risultato d’esercizio diverso dall’incremento (o decremento ) della liquidità
avutasi nello stesso periodo.
La prima metodologia di calcolo del rendiconto finanziario che abbiamo analizzato è quello
sopra ricordato che parte dal risultato di esercizio mentre quello che andremo ad esaminare
nel presente paragrafo parte dall’EBIT (risultato operativo).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
206
Metodo 1
Risultato netto
+ ammortamenti
+/- variazione fondi
(A)= Autofinanziamento della gestione reddituale
o
+/- variazione CCN
A+B= (C) Flusso di cassa della gestione corrente
+/- Investimenti –disinvestimenti fissi
+/- rimborsi- accensione mutui
+/- dividendi erogati
(D) Flusso di cassa della gestione extrareddituale
C+D = Flusso di cassa totale
Il secondo metodo è utile nell’analisi delle capacità di un azienda di generare flussi di cassa
operativa , fondamentale per apprezzare le “performance” aziendali sia nel breve che nel
medio lungo periodo, nonché i processi di valutazione della sostenibilità finanziaria delle
strategie aziendali.
In altri termini tale analisi risulta importante per valutare lo standing creditizio di un impresa,
la sua capacità di generare flussi tali da remunerare e rimborsare i capitali, sia di debito che
proprio, necessari per finanziare le strategie aziendali ( flusso di cassa al servizio del debito e
flusso di cassa al servizio dell’equity).
La base di tutto è il flusso generato dalle operations (dalla gestione operativa) che andremo a
rettificare con costi e proventi non monetari (ammortamenti/svalutazioni) e variazioni del
CCN.
Il flusso di cassa così determinato rappresenta il risultato monetario derivante dalla gestione
corrente,depurato dal fabbisogno monetario assorbito per finanziare il capitale circolante
netto commerciale.
EBIT (risultato operativo)
+ ammortamenti
+ svalutazioni di immobilizzazioni
Autofinanziamento Lordo
- Imposte dell’esercizio
Autofinanziamento netto
+/- Variazione Capitale circolante netto
+/- variazione TFR
+/- variazione altri fondi
Flusso di cassa Operativo corrente (FCOC)
+/- plusvalenze-minusvalenze da alienazioni
+/- variazioni immobilizzazioni (materiali e immateriali)
Free cash flow from Operations
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
207
Il risultato ottenuto indica la capacità dell’ impresa di potersi sostenere con le proprie forze
perseguendo il proprio sviluppo in modo autonomo.
E’ evidente che lo sviluppo della struttura aziendale è sempre possibile utilizzando risorse
acquisite sotto forma di capitale di rischio o di credito ,ma a questo punto occorre ampliare l’
l’analisi al fine di comprendere la capacità di far fronte agli impegni che l’azienda andrà ad
assumere. Al risultato di cui sopra, andremo ad aggiungere la gestione finanziaria,in
particolare quelle operazioni che determinano uscite monetarie come rimborso di prestiti e
pagamento di interessi, o pagamento di dividendi ai soci o altre operazioni sul capitale.
Pertanto si potrà determinare il flusso di cassa al servizio del debito che è appunto la capacità
dell’impresa di generare risorse da destinare al rimborso di prestiti, cioè in pratica il grado di
solvibilità come capacità di far fronte ai propri debiti con risorse interne.
Ma tutto ciò in linea teorica non è sufficiente, in quanto l’impresa solvibile non solo dovrebbe
essere in grado di rimborsare il debito e pagare gli interessi, ma anche corrispondere i
dividendi senza “sacrificare” lo sviluppo degli investimenti relativi alla struttura operativa .Di
seguito il rendiconto finanziario completo :
EBIT (risultato operativo)
+ ammortamenti
+ svalutazioni di immobilizzazioni
Autofinanziamento Lordo
- Imposte dell’esercizio
Autofinanziamento netto
+/- Variazione Capitale circolante netto
+/- variazione TFR
+/- variazione altri fondi
Flusso di cassa Operativo corrente (FCOC)
+/- plusvalenze-minusvalenze da alienazioni
+/- variazioni immobilizzazioni (materiali e immateriali)
Free cash flow from Operations
+/- proventi e oneri della gestione finanziaria
+/- variazioni di attività finanziarie
= Flusso di cassa ante proventi ed oneri straordinari
+/- proventi ed oneri straordinari
= Flusso di cassa al servizio del debito
- Oneri finanziari
- Rimborso debiti finanziari a M/l termine
- Rimborso debiti finanziari a breve termine
= Flusso di cassa al servizio dell’Equity
- distribuzione di dividendi/ eventuali rimborsi di capitale
sociale
= Fabbisogno (avanzo) finanziario complessivo
+ accensione debiti finanziari a breve e a M/L
+ aumenti capitale sociale effettivamente versati
= variazione saldo cassa
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
208
RIEPILOGO DELLE FONTI DI FINANZIAMENTO DELL’IMPRESA:
Capitale di Rischio (o Capitale Proprio):
Capitale Sociale.
Capitale nominale versato inizialmente e successivamente, in occasione degli aumento di
capitale, da parte dei soci. Nelle SRL è rappresentato dalle quote mentre nelle SPA e nelle
SAPA è rappresentato da azioni nominative.
Aumenti di capitale.
Forme di finanziamento che apportano liquidità all’azienda o che riducono le passività.
Possono essere:
Aumenti di capitale sociale a pagamento.
Oltre all’emissione di nuove azioni al valore nominale può essere previsto un sovrapprezzo
emissione azioni che esprime il maggior valore delle azioni rispetto al loro valore nominale.
Aumenti di capitale sociale con offerta pubblica di sottoscrizione ai risparmiatori.
Aumenti di capitale sociale da obbligazioni convertibili.
Con la conversione in azioni si trasforma un finanziamento da terzi in un finanziamento di
capitale di rischio.
Aumenti di capitale sociale da conversione di debiti.
Aumento sottoscritto da un creditore della società con compensazione del debito che la
società ha nei suoi confronti.
Autofinanziamento.
Riguarda le fonti presenti in un certo momento di vita dell’azienda.
Capitale di debito (o Capitale di Terzi):
Finanziamenti a medio- lungo termine.
Hanno solitamente una durata di 3-5-10 anni . Possono essere:
Prestiti obbligazionari.
Emissioni di titoli con vincolo di credito che prevedono una scadenza fissa per il rimborso
ed il pagamento degli interessi. (di solito utilizzati per finanziare assets intangibili o
operazioni strategiche )
Mutui e leasing .
Prestiti di durata variabile sino a 20 anni per i quali è prevista una modalità di rimborso e
di pagamento degli interessi nel corso degli anni utilizzati per finanziare il capitale fisso
Altri finanziamenti a medio termine
quali leasing o prestiti con rientri mensili ,di solito utilizzati per finanziare beni mobili o
attrezzature o piani di sviluppo commerciale)
Finanziamenti a breve termine.
Operazioni effettuate dalle banche usualmente connesse con il finanziamento del capitale
circolante. Alcuni esempi:
Sconto di cambiali.
Incasso salvo buon fine di ricevute bancarie.
Apertura di credito in c/c.
Anticipi su fatture.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
209
Anticipazione in c/corrente.
Riporto (anticipazione garantita) titoli.
Factoring.
Il factoring consiste nella cessione di un credito commerciale ad una specifica società a fronte
di un costo finanziario più elevato rispetto alla banca.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
210
5.6 Esercizi svolti .
Gli esercizi sotto riportati evidenziano le modalità di calcolo del consuntivo finanziario
partendo da una situazione patrimoniale.
La redazione del consuntivo finanziario ci fa comprendere le effettive necessità finanziarie che
l’impresa ha avuto nel periodo in esame. Ai fini delle determinazione del fabbisogno è
interessante utilizzare il metodo in chiave previsiva affinché si possa determinare a priori il
fabbisogno connesso alla gestione aziendale o ad una particolare operazione di investimento.
I passaggi concettuali da tenere presente sono i seguenti:
1) determinazione della Liquidità prodotta dalla Gestione Corrente
i dati da tener presente sono:
Cash Flow (Utile + Ammortamenti )
+ variazione del CCN (Magazzino+crediti di funzionamento –debiti di funzionamento)
Il risultato è quanto la Gestione corrente produce di liquidità effettiva da destinare alle 2)
gestioni straordinarie quali:
Pagamento del dividendo (remunerazione dei soci ) in base all’utile dell’anno precedente
Investimenti/ disinvestimenti gli investimenti (sia materiali che finanziari) rappresentano un
impiego di risorse e i disinvestimenti una fonte per cui il saldo rappresenterà l’entità posta a
carico dell’esercizio
3) La sommatoria degli esborsi al netto delle fonti di liquidità ci da il fabbisogno finanziario
dell’impresa.
A questo fabbisogno(surplus ) andrà poi sommato il saldo della
Gestione finanziaria tale voce comprende le operazioni a carattere poliennali come
l’accensione di un mutuo(finanziamento) o il pagamento di rate .
Pertanto il risultato finale ci da l’effettivo fabbisogno finanziario dell’impresa e le modalità
della sua copertura.
A tal fine basta analizzare le possibili Fonti esterne
Le banche e pertanto va esaminata la variazione dei debiti bancari
I soci e pertanto va esaminato se ci sono stati aumenti di capitale per cassa
Per comprendere quanto è stato effettuato.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
211
Esercizio n. 1
Stato patrimoniale
t
t+1
Attivo
t
t+1
Passivo
immobilizzazioni
tecniche nette
immobilizzazioni
finanziarie
Magazzino
Fornitori
450
1.200
500
500
banche
altri
debiti
a breve
mutui
e debiti
300
200
520
320
400
180
20
560
300
30
finanziamento a lungo
termine
Capitale sociale
riserve
utile di esercizio
800
600
100
150
700
700
250
200
2.600
3.890
totale
2.600
3.890
t
magaz+ cred.funzionamneto 900
debiti funzionamento
650
t+1
1.390
1.520
fatti avvenuti
t+1
nuovi investimenti tecnici
nuovi investimenti finanziari
rimborso mutui
aumento mezzi propri
utile di esercizio distribuito totalmente
Crediti Vs. clienti
altri crediti e disponibilità
ratei e risconti
totale
CCN
1.500
2.000
200
300
250 -
130
-
380
variazione CCN
Conto economico
fatturato
t
4200
t+1
5300
Consuntivo finanzario
liquidità assorbita
dalla gestione
corrente
rimanenze finali
rimanenze iniziali
acquisti di materie prime
300
-250
-1450
500
-300
-1950
consumi totali
costi industriali
costi generali e
costi del personale
accontonamento tfr
-1400
-400
-640
-1000
-100
-1750
-450
-950 A
-1050 B
-100
utile
ammortamenti
incremento
cap.circolante
totale
Dividendo
Investimenti
Disinvestimenti
-50
-50 C
fabb.finanziario (B+CA)
(pagamento TFR)
ammortamenti
-150
subtotale
gestione finanziaria
gestione straordinaria
utile lordo pre tax
imposte
utile netto
FINANZA E IMPRESA
-3740
-250
-50
160
-10
150
-250 D
-4600
750
300
100
250
t+1
rimborso debiti
finanziamento
incrementototale
fabb.finanziario
(B+C+D-A)
-350 E
-30
Copertura
nuovi mutui
320
-120
200
nuovi debiti banche
aumento MP
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
200
250
380
830
150
1.050
370
100
470
220
250
212
Esercizio n. 2
CALCOLARE CCN E CONSUNTIVO FINANZIARIO
es. 1
attività correnti
Disp.liquide
Crediti e altre disp.
ratei e risconti
Magazzino
Attività Immobilizzate
Imm.immateriali
Imm. Materiali
70
4.200
50
340
4.660
3.200
70
250
3.520
200
2.000
2.200
100
1.800
1.900
impieghi totale
6.860
ulteriori dati
nessun investimento fra es.1 e 2
utile
200
distribuzione dividendo 50%
FINANZA E IMPRESA
es 2
Passività correnti
debiti commerciali
debiti funzionamento
Passività consolidate
tfr
altri fondi
mutui
Patrimonio netto
capitale
riserve
utile
5.420 fonti totale
100 CCN
Delta CCN
utile
ammortamenti
- var.CCN
A= Liq.GC
B =Dividendi
C=Delta Investimenti
-A
Fabbisogno
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
es. 1
4.060
1.800
2.260
1.100
150
150
800
es 2
2.920
1.300
1.620
900
150
150
600
1.000
500
200
1.700
1.000
500
100
1.600
6.860
5.420
530
600
70
100
300
70
470
100
0
-470
-370
213
Esercizio n.3
Calcolare il CCN della seguente situazione
Immobilizzi
magazzino
crediti
liquidità
totale
t
1000
200
400
100
1700
t+1
1200
300
600
100
2200
-100
600
700
CCN
Delta
t
Patrimonio netto
debiti di finanziamento
debiti di funzionamento
totale
500
500
700
t+1
500
1400
300
1700
2200
Esercizio n. 4
schema di calcolo della LIQUIDITA' PRODOTTA DALLA GESTIONE CORRENTE
Utile
ammortamenti
- variazione CCN
LIQUIDITA' PRODOTTA DALLA GC
100
200
500
800
CALCOLARE LA LIQUIDITA ' PRODOTTA NELL'ESERCIZIO 2
esercizio 1 esercizio 2
attività correnti
Disp.liquide
Crediti e altre disp.
Magazzino
Attività Immobilizzate
Imm.immateriali
Imm. Materiali
impieghi totale
ammortamento
utile
FINANZA E IMPRESA
20
4.100
240
4.360
Passività correnti
40 debiti commerciali
3.270 debiti finanziamento
270 Passività consolidate
3.580
mutui
120
2.000
2.120
Patrimonio netto
120 capitale
1.800 riserve
1.920 utile
6.480
5.500 fonti totale
esercizio 1
4.000
1.800
2.200
800
esercizio 2
3.300
1.500
1.800
720
800
720
1.000
380
300
1.680
1.000
380
100
1.480
6.480
5.500
2.540
2.040
500
200 CCN
100 Delta
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
-
214
Esercizio n. 5
La ditta sottorappresentata ha un buon risultato economico
DETERMINARE SE NEL 2007 HA PRODOTTO O MENO LIQUIDITA'
anno
anno
31/12/2006
31/12/2007
immobilizzazioni finanziarie
partecipazioni
5.000
25.000
titoli
20.000
38.000
25.000
63.000
Immobilizzazioni materiali
impianti
141.000
155.000
Magazzino
48.000
60.000
crediti commerciali
clienti
129.000
70.000
cred.erario
36.000
25.000
165.000
95.000
liquidità
conti banche
7.000
15.000
debiti commerciali
fornitori
143.000
66.000
altri debiti
4.000
51.000
diversi
80.000
1.000
tributari
26.000
17.000
253.000
135.000
debiti finanziari
banche
53.000
53.000
Patrimonio netto
capitale sociale
20.000
20.000
riserve
10.000
60.000
utile
50.000
120.000
80.000
200.000
totale
attivo
386.000
388.000
passivo
386.000
388.000
utile
ammortamenti
120.000
105.000
ESERCIZIO DA SVOLGERE IN AULA
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
215
Rendiconto finanziario metodo di calcolo flusso di cassa con EBIDT
Rif. esercizio 1 mezzi propri sottoscritti ma non versati
anno t 2
EBIT (risultato operativo)
+ ammortamenti
+ svalutazioni di immobilizzazioni
Autofinanziamento Lordo
- Imposte dell’esercizio
Autofinanziamento netto
+/- Variazione Capitale circolante netto
+/- variazione TFR
+/- variazione altri fondi
Flusso di cassa Operativo corrente (FCOC)
+/- plusvalenze-minusvalenze da alienazioni
+/- variazioni immobilizzazioni (materiali e
immateriali)
Free cash flow from Operations
+/- proventi e oneri della gestione finanziaria
+/- variazioni di attività finanziarie
= Flusso di cassa ante proventi ed oneri
straordinari
+/- proventi ed oneri straordinari
= Flusso di cassa al servizio del debito
- Oneri finanziari
- Rimborso debiti finanziari a M/l termine
- Rimborso debiti finanziari a breve termine
= Flusso di cassa al servizio dell’Equity
- distribuzione di dividendi/ eventuali rimborsi di
capitale sociale
= Fabbisogno (avanzo) finanziario complessivo
+ accensione debiti finanziari a breve e a M/L
+ aumenti capitale sociale effettivamente versati
= variazione saldo cassa
FINANZA E IMPRESA
1100
250
1350
-120
1230
380
-150
1460
-750
710
-350
-300
60
-30
30
0
-100
-70
-150
-220
220
0
0
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
216
Capitolo 6
Le fonti finanziarie correnti: i prestiti bancari a breve
termine. Le operazioni di finanziamento alle imprese a lungo
termine, le operazioni di leasing e factoring
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
217
6.1
Le esigenze finanziarie dell’impresa
Nel capitolo 5 abbiamo visto come determinare il fabbisogno finanziario di un’impresa nel
corso del suo funzionamento.
Tale fabbisogno potrà essere coperto da
A.
Fonti interne
B.
Fonti esterne
Le Fonti esterne potranno fornire 1) capitale di rischio 2) capitale di credito .
Nel capitolo 4 abbiamo esaminato quali possano essere i soggetti che potrebbero apportare
capitale di rischio, oltre i soci, nel presente andremo ad analizzare il capitale di credito e i
soggetti che di norma finanziano l’impresa.
Il Capitale di credito può derivare da:
a)
debiti di regolamento si ricollega alle condizioni di pagamento differito in seguito
all’acquisizione di altri fattori produttivi (credito mercantile o debiti di funzionamento)
b)
debiti di finanziamento quando vengono negoziati nel mercato
I debiti di finanziamento seconda la loro scadenza sono coperti da finanziamenti a b.t o m/l
termine. E’ evidente che una fonte a m/l t è destinata normalmente a coprire impieghi con
analoghe esigenze temporali .
Capitale di rischio
Capitale intermedio
Capitale di debito
Finanziamenti strutturati
Emissione di Azioni ordinarie (aumento c.s)
Autofinanziamento
Prestiti da soci
Debito mezzanino
Obbligazioni convertibili e/o cum warrant
Azioni privilegiate
Mutui
leasing
Obbligazioni
MTN(medium terms note)
Linee credito standby
Project financing
Prestiti sindacati
Il capitale intermedio è una forma di finanziamento utilizzato da grandi aziende e intermedio
fra capitale di debito e rischio.
Vi sono alcuni casi che i finanziatori possano essere soci o terzi non intermediari finanziari.
Le forme piu’ semplici di debito verso finanziatori esterni non bancari :

debiti per finanziamento soci (con durata dal breve a m/l termine) i soci concordano
con l’azienda la concessione di un vero e proprio prestito che può essere fruttifero o
meno di interessi con una modalità di rimborso definita.

Debiti per Emissione di prestiti obbligazionari o altre forme di strumenti finanziari
come previsto dalle norme( CC art.2424 e segg)
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
218

Debiti verso altri finanziatori di norma società che esercita azione di controllo e
coordinamento, altri finanziatori non bancari
Dopo questa premessa andiamo ad esaminare i finanziamenti che le banche e gli intermediari
a natura creditizia mettono a disposizione delle aziende
6.2
La Banca e Il mercato di riferimento
La legge Bancaria, L. 385. introdotta dal 1/1/1993, connessa alla graduale liberalizzazione dei
mercati imposta dalla CEE ha portato il sistema bancario italiano ad una profonda
modificazione. Infatti, fino a tale data l'ordinamento dei sistema bancario era basato sul
concetto della specializzazione e sulla netta separazione fra Banca e Impresa. La normativa
era volta ad evitare le problematiche registrate dopo la prima guerra mondiale, quando si
erano prodotte devastanti crisi bancaria conseguenti alla troppo stretta connessione fa le
banche e le imprese clienti. La Legge Bancaria dei 1936 aveva negato alla Banche di
partecipare al capitale di rischio delle imprese e aveva specializzato il credito in quello a breve
termine e in quello a medio- lungo termine. Poiché il mercato europeo stava operando in
senso difforme la Banca di Italia con la revisione della legge Bancaria ha reso possibile
un’unitarietà di modalità operative nell'ambito della CEE. Pertanto le Banche italiane possono
partecipare al capitale di rischio con determinati limiti (15% dei propri fondi e/o 60% dei
propri fondi per cumulo di partecipazioni) e soprattutto oggi operano tranquillamente
nell'impiego a medio- lungo termine pur con limitazioni correlate al patrimonio e alla durata
della propria raccolta.
Queste limitazioni sono state imposte per mantenere un equilibrio nelle fonti finanziamento
delle banche e per regolamentare l’operatività nei vari settori in piena liberalizzazione totale
degli sportelli .
Quanto sopra ha prodotto un profondo cambiamento del sistema bancario e finanziario
italiana attraverso






operazioni di acquisizione, fusione e accorpamenti fra vari istituti di credito
la crescita di alcuni gruppi sia a livello nazionale che internazionale (Unicredito, Intesa
San Paolo,Banca monte paschi etc)
forte espansione nel retail di tutte le banche con crescita della rete di sportelli
ampliamento dei canali distributivi e del numero degli intermediari ( vedi Banco Posta e
altre nuove realtà bancarie)
forte espansione degli impieghi a medio lungo termine (soprattutto con i privati) e
conseguente sviluppo delle operazioni di securitation dei crediti.
rilevanza sempre inferiore nei conti economici bancari dei margine interesse.
Si è verificato quindi un cambiamento dello scenario operativo delle banche in conseguenza
dei mutamenti strutturali imputabili a:

deregolamentazione

mutamento della natura dei vincoli operativi e di vigilanza

disintermediazione
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
219
A tale cambiamento le banche hanno fronte con

Nuove metodologie di valutazione del merito di credito allineate a Basilea 2.

nuovi strumenti operativi,

modelli di segmentazione della clientela

Nuove strutture organizzative (retail, corporate, private).
Ottenendo così un miglioramento di processo e del proprio business ponendone il focus sulla
relazione con il cliente.
6.2.1 La segmentazione della clientela e il mutamento organizzativo
L’attività creditizia delle banche, in conseguenza dei mutamenti del mercato e dei processi
d’accorpamento del settore, ha subito profonde modificazioni.
Infatti, il modello commerciale tradizionale, basato sugli sportelli e sulla copertura di tutte le
possibili esigenze rivenienti dal cliente, si è modificato rivolgendo la massima attenzione al
“valore “ rappresentato dalla clientela.
A tal fine sono stati introdotti nuovi modelli organizzativi e distributivi.

Organizzativi
Suddivisione della clientela in TARGET:
RETAIL (con possibili ulteriori divisioni), rappresentata dalle famiglie produttrici di reddito,
liberi professionisti e piccole imprese di norma sino a 5 ml/ € di fatturato
CORPORATE (con possibili ulteriori divisioni su base dimensionale) rappresentata dalle
imprese
Tale suddivisione consente una razionalizzazione delle strutture organizzative dedicate a
seguire i vari target (gestori di relazione).

Distributivi
Al fine di raggiungere il maggior numero di clientela potenziale e seguire al meglio quella
esistente, le banche hanno avviato canali distributivi alternativi e complementari alla
tradizionale struttura rappresentata dagli sportelli.
Pertanto il prodotto bancario è collocato per mezzo di una struttura multicanale quale:




Rete di sportelli
Promotori e Private Bankers
Negozi e/o punti vendita in franchising
Internet, con rete distributiva dedicata
In base a quanto sopra riportiamo in dettaglio la matrice dei prodotti creditizi di impiego
suddivisi per Target di clientela.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
220
CORPORATE
Aperture di credito
Affidamenti smobilizzo crediti e factoring.
Operazioni a medio- termine e leasing
Crediti di firma
Operazioni di copertura rischi tasso, cambio etc.
Finanza d’Azienda (start up, finanziamenti in pool).
Emissione/sottoscrizione obbligazioni
RETAIL-PRIVATE
Aperture di credito
Crediti di firma
Prestiti a medio termine
Mutui
Operazioni connesse ad operatività in derivati e titoli.
6.3
Le “ regole bancarie” nella valutazione e concessione del credito.
6.3.1 Definizioni
L’attività creditizia quantunque “deregolamentata” necessita di una classificazione in base alla
scadenza, alla tipologia, al rischio e al target di riferimento della clientela.
Scadenza
Finanziamenti a breve termine
Gli interventi tendono a soddisfare due tipi d’esigenze tra loro molto diverse:


Esigenze di natura finanziaria saltuaria e non connesse a piani programmati.
Fabbisogno finanziario programmato secondo esigenze prospettiche già definite.
Nel primo caso significa poter disporre di strumenti elastici in grado di garantire
disponibilità di risorse finanziarie in tempi brevi, tipico esempio è l’apertura di credito
in conto corrente, lo sconto, l’accredito salvo buon fine e lo smobilizzo crediti, nel
secondo caso lo sconto di pagherò diretti, l’anticipazione su beni, il factoring, il riporto
di banca, la polizza di credito commerciale, l’accettazione bancaria e la cambiale
finanziaria.
Finanziamenti a medio- lungo termine
La funzione dei finanziamenti a medio- lungo termine è quella di coprire esigenze finanziarie
durature, connesse all’investimento in immobilizzazioni o al consolidamento di passività a
breve termine.
L’ottenimento di tali finanziamenti richiede tempi spesso non brevi e presuppone la
concessione d’adeguate garanzie (in genere ipotecarie).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
221
Gli strumenti più diffusi sono il mutuo, il leasing e l’emissione di titoli obbligazionari.
Tipologia
OPERAZIONI PER CASSA
Sono gli interventi che consentono al cliente di avere a disposizione una somma di denaro;
pertanto le varie forme tecniche tradizionali sono da considerare interventi per cassa.
OPERAZIONI DI FIRMA
Tali operazioni presuppongono l’assunzione di un impegno di firma da parte della Banca a
favore di terzi nell’interesse del proprio cliente.
I principali crediti di firma possono essere così classificati:

Credito di fideiussione

Credito di avallo

Credito di accettazione

Credito documentario

Operazioni connesse a coperture finanziarie (opzioni, I.R.S).
Rischio
Le operazioni creditizie sono suddivise secondo categorie di rischio che tengono conto
dell’organizzazione della Banca e delle segnalazioni obbligatorie di vigilanza.
Il criterio di classificazione adottato in quattro categorie può così essere riassunto:
prima
Operazioni che non consentono il controllo dell'utilizzo
e senza una specifica fonte rimborso
Operazioni che non consentono il controllo dell'utilizzo.
Operazioni con un’identificata fonte di rimborso ma con
incasso non certo.
Operazioni di smobilizzo crediti ad una sola firma
Operazioni a fronte delle quali il patrimonio
responsabile è solo quello del richiedente.
seconda
Operazioni di smobilizzo crediti con doppia firma, con
cessione del credito
terza
Operazioni con garanzia reale, ipotecaria e su altri beni.
quarta
Operazioni con garanzia reale su denaro, titoli di stato o
equiparabili, fideiussione di primaria banca
6.3.2 La metodologia
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
222
L’ISTRUTTORIA
L’attività consiste nell’acquisizione e nell’analisi della documentazione necessaria, da parte dei
gestori della clientela (addetti della rete e della Direzione Generale al fine di:


Effettuare un'adeguata valutazione del merito creditizio del richiedente sotto il profilo
reddituale, finanziario e patrimoniale;
Determinare una corretta remunerazione del rischio assunto.
Di seguito sono specificati i principi generali d'approccio alla fase istruttoria.
Occorre fare una differenziazione fra persone fisiche (privati o produttrici di reddito come da
classificazione Bankitalia) e persone giuridiche
Documentazione
Persone fisiche:
Privati
 Identificazione
(documento di identità e codice fiscale )
 Situazione personale Con dettaglio delle proprietà personali, degli affidamenti presso
il sistema e degli impegni per mutui leasing, stato civile e regime patrimoniale
 Richiesta con indicazione della destinazione dell’affidamento.
 Dichiarazioni fiscali modello unico o mod. 730 del richiedente e/o dei garanti
Liberi professionisti
 Indicazione sull’appartenenza ad albo professionale e descrizione dell’attività.
artigiani
 Indicazione sull’attività
 Modello unico
 bilancio
La richiesta dovrà essere sottoscritta dalla persona fisica,
Nel caso di richieste avanzate da:

Minori di età,interdetti,inabilitati,procuratori
dovranno essere effettuate valutazioni specifiche di carattere legale.
Persone giuridiche:





atto costitutivo e statuto sociale con aggiornamenti al fine di determinare i poteri di
firma
visura della Camera di Commercio
presentazione dell’attività aziendale e del management
richiesta con indicazione della destinazione dell’affidamento
bilanci approvati degli ultimi 3 esercizi
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
223






budget previsionale
dichiarazioni fiscali
affidamenti presso il sistema
situazione degli impegni a medio termine ( mutui, finanziamenti,leasing ecc.)
appartenenza a gruppi societarie
business plan analitico (per nuove iniziative o per progetti di investimento poliennale o
di importo considerevole rispetto alle dimensioni aziendali o poliennali).
Ulteriori informazioni
Da fonti esterne
 visure ipo-catastali
 protesti e Bilanci
 1° informazione Centrale Rischi,

perizie di stima su immobile
tramite professionisti incaricati dalla Banca
tramite il collegamento con CERVED
utilizzando la Procedura
analisi del settore di appartenenza
tramite di professionisti incaricati dalla Banca
Da fonti interne



eventuali richieste declinate in precedenza e problematiche pregresse
situazione dell’andamento del rapporto (per clienti della Banca)
informazioni sui collegamenti giuridico -economico con altri soggetti affidati
LA VALUTAZIONE
In questa fase sulla scorta del sopracitato quadro informativo, da approfondirsi con la
validazione e l’interpretazione delle informazioni assunte, si accerta la capacità di rimborso
del richiedente il fido, in relazione alla potenzialità economica e reddituale e alla sua capienza
patrimoniale.
Pertanto dovranno essere presi in considerazione per
Persone fisiche
 le dichiarazioni fiscali
 la busta paga
 il patrimonio responsabile, personale o dei garanti
 la coerenza dell’importo, della forma tecnica e della durata in correlazione alla capacità
di rimborso del richiedente e alla destinazione del finanziamento
Persone giuridiche






i progetti di investimento e i programmi futuri
le capacità di reddito
i fabbisogni finanziari attuali e prospettici
la situazione finanziaria e patrimoniale
l’esposizione diretta e indiretta degli obbligati, nei confronti della banca e del sistema
tenuto conto dell’’andamento del settore economico di appartenenza
l’esposizione verso il sistema bancario -finanziario
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
224



le informazioni presenti nel sistema informativo della banca
l’eventuale appartenenza ad un gruppo e la relativa esposizione
le indicazioni del business plan
L’analisi potrà differenziarsi secondo la natura giuridica del richiedente, privati, imprese o
gruppi economici. Per quanto riguarda le aziende, la valutazione sotto il profilo economico finanziario dovrà considerare il posizionamento sul mercato e l’andamento del settore
economico d'appartenenza correlato ai dati di bilancio.
Altri aspetti da considerare nella valutazione del merito creditizio sono i seguenti:






Vincoli posti dalla normativa di Vigilanza; (gruppo d'appartenenza e limite sui Grandi
Rischi).
Rilievi e segnalazioni interne;
Dati di lavoro precedenti;
Entità dell’esposizione;
Risultanze della Centrale dei Rischi;
Garanzie offerte.
L’importo, la forma tecnica e la durata dell’affidamento devono risultare congruenti con le
finalità dichiarate ed in linea con la capacità di rimborso determinata.
La fase di valutazione trova completamento nella PROPOSTA che rifletterà:




I risultati dell’attività svolta durante l’istruttoria,
le condizioni essenziali per la gestione del rapporto,
le eventuali motivazioni strategiche o commerciali sottese alla relazione, legate alle
opportunità di mercato e agli effetti indotti dal radicamento del rapporto.
il rischio dell’affidamento misurato con le metodologie definite dalla Direzione e
approvate dal Consiglio d'Amministrazione.
La Delibera
L’organo referente in materia deliberativa su tutto il sistema della concessione di credito è il
Consiglio d'Amministrazione, il quale, ai sensi di quanto disposto dallo statuto sociale, può
delegare parte delle proprie attribuzioni ad altri organi o funzioni aziendali.
Questa materia è disciplinata con specifiche delibere, avuto riguardo ai profili di rischio, alle
esigenze organizzative e alle competenze operative delle unità delegate.
Le Garanzie, Il Perfezionamento E L’erogazione
Le garanzie
Le garanzie che la Banca potrà acquisire a tutela del rischio assumendo sono normalmente
suddivisibili in due categorie:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
225
Garanzie REALI
Pegno
Ipoteca
Privilegio
Garanzie PERSONALI
Fidejussione
Avallo
Esiste un’ulteriore tipologia di tutele intermedie normalmente connesse ad un’operazione
specifica:
Altre GARANZIE
Cessione del credito
Delegazione di pagamento
Lettera di patronage
Tra le garanzie assimilabili alle garanzie personali va annoverata la fidejussione prestata dai
CONFIDI . Tali società, in forza di convenzioni sottoscritte, garantiscono in misura variabile
(dal 25% al 100% secondo la tipologia ) le banche per le concessioni di affidamenti (di solito
crediti a m/l termine o smobilizzo) ai loro soci. I Confidi, spesso promossi da associazioni di
categoria, garantiscono le banche con il loro patrimonio e con fondi ad hoc costituiti anche
da soggetti pubblici, sono pertanto un veicolo di accesso facilitato al credito per le aziende più
piccole, in particolare artigiani, commercianti e PMI.
Con l’introduzione dei criteri selettivi del credito imposti da “Basilea 2” (cfr cap.7) e con la crisi
economica finanziaria questo ruolo si è rafforzato, divenendo spesso l’unica possibilità per le
imprese di ottenere nuovi finanziamenti.
Il perfezionamento e l’erogazione
Le linee di credito concesse e deliberate diventeranno operative solo ad avvenuto
perfezionamento di quanto previsto nella delibera.
A tal fine il servizio competente provvederà direttamente o tramite il gestore della relazione
ad acquisire le garanzie previste utilizzando la specifica modulistica e predisporrà lo schema
contrattuale richiesto dalla specifica forma tecnica d'erogazione e dalla natura del contraente;
coerenti con quelli della delibera di concessione dell’affidamento.
A perfezionamento avvenuto la linea di credito sarà messa disposizione per cassa o per firma
nella forma tecnica deliberata.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
226
6.4 Le esigenze di finanziamento del cliente e le forme tecniche
Il ruolo fondamentale di sostegno finanziario alle imprese è svolto dalle banche, le quali
rappresentano i tradizionali “prestatori di fondi” nel sistema economico. Il sistema bancario
affianca il tessuto produttivo attraverso una politica del credito di ampia liquidità, volta a
finanziare sia gli investimenti che il capitale circolante. Le banche hanno, negli anni, sviluppato
un’ampia offerta di prodotti capaci di soddisfare le diverse necessità che le imprese
incontrano sia nella fase di start up che nella fase di sviluppo in particolare è possibile
classificare i tradizionali prodotti finanziari offerti dalle banche sulla base degli obiettivi
gestionali e strategici che essi soddisfano:




finanziamenti del circolante
finanziamenti per lo sviluppo
finanziamenti per operazioni con l’estero
crediti di firma e strumenti derivati
Una volta emersa dall'istruttoria, comunque condotta, l'affidabilità del richiedente sarà quindi
essenziale approfondire con. Il potenziale cliente le necessità aziendali ed orientare la
successiva fase di esame in rapporto alle esigenze prospettate. Sono comunque anche
numerosi i casi in cui sia lo stesso funzionario della banca a dover orientare il richiedente
verso la giusta risposta alle sue generiche necessità di credito, e ciò in base all'esame della
struttura patrimoniale dell'azienda, della sua capacità di reddito, della sua situazione
finanziaria.
L' azienda richiedente potrà avere delle necessità di investimento in immobilizzi di varia
natura, oppure manifestare esigenze di liquidità immediate.
Nel primo caso sarà necessario intervenire con operazioni a medio e lungo termine (cioè oltre
l'anno), nel secondo si interviene con il credito a breve.
6.4.1.Interventi a breve termine
Sono destinati al finanziamento dell'attività corrente di produzione e vendita dell'azienda.
Esaminiamo le principali forme tecniche e la loro destinazione.
1 –Apertura di credito in conto corrente.
E' la forma più diffusa e in genere gradita dal cliente ma è anche la più pericolosa per la banca
e la più onerosa per il cliente. La forma tecnica è destinata a finanziare gli squilibri temporali
che si producono nel processo di lavorazione e vendita dei prodotto, e, più precisamente tra il
momento dell'esborso di cassa sostenuto per il pagamento della materia prima e il momento
dell'incasso dei crediti dal proprio cliente, o, più frequentemente, di smobilizzo presso la
banca del credito verso i clienti formatesi con la vendita del prodotto.
ESEMPIO
Supponiamo di avere un'azienda con un fatturato di 6 milioni di euro annui, che abbia un
periodo di lavorazione e immagazzinamento delle merci medio di 80 giorni, un pagamento
delle materie prime a 60 gg. e un incasso dei crediti mediamente a 90 gg. In questo caso vi
sarà una necessità di copertura finanziaria per 110 giorni (cioè tempi di lavorazione -tempo di
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
227
pagamento della materia prima + tempo di incasso dei crediti) che, se si ricorrerà allo
smobilizzo del credito mediante sconto o anticipo su fatture sarà sostenuto per circa 90 giorni
dalle linee di credito specifiche per smobilizzo crediti e per circa 20 gg dall'apertura di credito
in c/c.
Questo cliente quindi dovrebbe necessitare presso il sistema, ipotizzando un andamento delle
vendite distribuito regolarmente nel corso dell'esercizio, di fidi in c/c per circa € 300.000 e
commerciali per circa € 1.500.000. Il calcolo è valido, quando vi è corrispondenza esatta tra
capitale circolante e l’esposizione debitoria a breve, cioè, quando tutta l'attività corrente
dell'azienda è finanziata con capitali di prestito a breve. Se una parte è finanziata con mezzi
propri o con prestiti oltre il breve, invece, il fabbisogno in c/c diminuirà. Ma se la situazione
tra passivo a breve e attivo di realizzo è pressoché in equilibrio, non devono risultare
consistenti differenze negli utilizzi in CR rispetto al calcolo sopra esposto; se risultano maggiori
utilizzi in c/c, vuoi dire che l'azienda utilizza lo scoperto per finanziare gli immobilizzi, o,
peggio, per coprire perdite in corso di esercizio; se invece risultano eccessivi utilizzi per
smobilizzo di crediti, può essere il segno di irregolarità nell'emissione di portafoglio o di
anticipi su fatture.
2 – Apertura di credito straordinarie e sovvenzioni cambiarie.
Sono operazioni di finanziamento equivalenti alle aperture di credito ordinarie in c/c, ma
destinate al finanziamento di esigenze straordinarie e stagionali; hanno scadenza fissa,
anziché a revoca. Quelle cambiarie, in verità ormai desuete, possono offrire il vantaggio di
avere a disposizione in caso di mancato rientro alla scadenza un titolo esecutivo scaduto da
azionare, rendendo più spedito l'avvio di eventuali azioni esecutive; per la clientela più
sprovveduta, inoltre, assumono forma più cogente per il rispetto della scadenza, non essendo
a tutti noto che i titoli diretti non sono protestati, vista l'assenza di firme di girata.
3 - Finanziamenti all'importazione
In genere l'acquisto di materie prime dall'estero non consente all'acquirente il ricorso a
dilazioni di pagamento, per la difficoltà di una conoscenza diretta tra i due soggetti della
vendita; è pertanto richiesto alla banca o un credito di firma per garantire un pagamento
dilazionato (aperture di credito all'importazione), oppure di effettuare con fondi propri il
pagamento all'estero delle merci acquistate così da consentire all'azienda acquirente di
effettuare la lavorazione dei materiali e la vendita del prodotto derivato. Spesso si interviene
con entrambi le linee di credito, concretizzando in una prima fase un intervento per credito di
firma e trasformandolo poi per cassa all'atto del pagamento. Una volta effettuata la vendita
del prodotto trasformato, comunque, il finanziamento deve rientrare o per contanti, se la
vendita è avvenuta con pagamento immediato, o mediante l'anticipo del credito cui la vendita
ha dato origine. Pertanto la durata del finanziamento deve essere rapportata, nella media, ai
tempi consueti per la lavorazione e commercializzazione del prodotto. Le eccezioni devono
essere giustificate.
4 - Sconto
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
228
E' l'operazione classica di anticipo su crediti, da tempo in realtà divenuta meno consueta per il
costo del bollo sui titoli di credito. Il ricorso alla circolazione cambiaria oggi avviene
prevalentemente nei casi in cui la più comune forma di pagamento, la ricevuta, non è onorata
dal debitore; ciò è particolarmente vero per le accettazioni, che in genere sono sottoscritte da
nominativi in altro modo insolventi. Accanto a questa forma legale è andata sempre più
sviluppandosi quella illegale dell'assegno postdatato, che nei fatti evade l'imposta dì bollo, e
sulla quale nessuna operazione è possibile. Nel caso dello sconto avviene una regolare
cessione del credito tra cliente e banca mediante l'apposizione della firma di gira sui titoli
scontati; se si tratta di accettazioni o di tratte accettate, la cessione è anche opponibile al
debitore.
5 - Anticipi di crediti non assistiti da titoli di credito.
La forma più comune è l'anticipo sbf di ricevute, cartacee o elettroniche. L'operazione è
completamente in bianco per la banca la quale tutt'al più può richiedere per controllo copia
delle fatture a fronte delle quali sono state emesse le ricevute. L'operazione avviene
tecnicamente con modalità diverse; in alcuni casi l'importo della presentazione viene
accreditato sul c/c ordinario del cliente con valuta a scadere; si produce così una scopertura
per valuta sui prelevamenti che il cliente effettua prima del maturare della valuta, ad un tasso
stabilito; in altri casi l'accredito sul conto ordinario del cliente avviene con valuta corrente,
mentre la scopertura si produce su apposito conto di servizio, anche solo dì evidenza, per
l'intero importo o per gli importi richiesti dal cliente secondo le sue necessità, in modo che il
c/c ordinario risulta sempre coperto per valuta; altra possibilità è quella di applicare il fido sbf
sul conto unico ove è incardinata l'apertura di credito, cumulando su di esso i due affidamenti
e stabilendo tassi differenziati a seconda dei loro limiti.
Molto utilizzato è l'anticipo a fronte di fatture, generalmente a carico di primari nominativi
che pagano a rimessa diretta; il credito deve essere canalizzato sulla banca che anticipa o
tramite mandato all'incasso o tramite cessione del credito. Procedure praticamente analoghe,
dopo la liberalizzazione del commercio internazionale, seguono gli anticipi all'esportazione.
Per commesse consistenti, prevalentemente estere ma anche nazionali, si può intervenire,
naturalmente in percentuali ridotte, anche per finanziare contratti di un certo importo, allo
scopo di fornire al cliente accompagnamento finanziario nell'esecuzione di grosse commesse
che richiedono tempi di realizzazione notevoli e corrispondente impegno finanziario. Può
anche accadere che le imprese ricorrano, pur in presenza di liquidità propria, al finanziamento
in valute diverse dall’euro di operazioni di esportazione, a volte anche richiedendo la misura
del 100%; tali richieste sono dettate in tal caso dalla volontà di assicurare il ricavo contro il
rischio di cambio relativo al periodo di dilazione concesso all'acquirente estero
Anche per lo sconto e gli anticipi su crediti l'entità delle linee di credito complessive offerte
dal sistema bancario dovrà essere rapportato al fatturato e alla media dei tempi di incasso dei
crediti (es. fatturato 1.000 mensile; velocità rotazione crediti 90 gg.; esigenze di fidi di
smobilizzo 1000 x3 = 3.000).
6 – Aperture di credito ipotecaria in conto corrente
L'A/C ipotecaria vera e propria, da distinguersi dalla semplice apertura di credito in c/c
assistita da garanzia ipotecaria, consiste in una linea di credito pluriennale, in genere di
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
229
importo decrescente, da utilizzarsi in c/c specifico ove non possono consentirsi eccedenze. La
durata massima è di dieci anni, l'addebito degli interessi trimestrale, la revisione del tasso
annuale. La decurtazione dell'a/c è di norma semestrale, ad importi fissi o crescenti. E'
un'operazione oltre il breve per le banche, ma date le caratteristiche di elasticità di utilizzo del
c/c, assume per le imprese forme assimilabili al credito a breve. E' sempre possibile il rimborso
anticipato, ma la cancellazione dell'ipoteca deve essere accordata solo nel caso che non si
corrano rischi di revocatoria del pagamento. Il trattamento fiscale dell'operazione è
favorevole prevedendo solo un'imposta sostitutiva dell'imposta di bollo e di registro.
L'ipoteca, se rispetta le caratteristiche previste dagli articoli 38 e segg. della legge 385, assume
le caratteristiche dell'ipoteca fondiaria.
7 - Riporti.
La banca si impegna a finanziare il cliente acquistando a pronti titoli di sua proprietà, mentre il
cliente si assume l'obbligo di riacquistare a termine titoli della stessa specie a un prezzo
maggiorato degli interessi.
8 -Altri strumenti di finanziamento (operazioni in pool).
Per clientela di elevata rispondenza e standing sono in uso anche operazioni di finanziamento
più complesse e con modalità operative più raffinate. Intanto hanno una certa diffusione le
operazioni in pool ove numerose banche concorrono pro-quota ad un'unica operazione di
finanziamento organizzata e gestita dalla banca capogruppo; questa, in cambio di una
commissione, si occupa della fase gestoria dell'operazione e della sua regolarizzazione
contabile, ripartendo i profitti tra le partecipanti. Ciascuna banca partecipa anche per importo
differenziato. I tassi possono essere uguali prefissati con rivedibilità in genere trimestrale e
ancoraggio a precisi parametri. A volte il tasso fra le banche partecipanti è diverso; in questo
caso la società affidata in pool preavvisa una traenza di un determinato importo alla banca
capogruppo, la quale utilizza le linee di credito delle banche aderenti partendo da quella che
ha offerto il tasso più basso e proseguendo in ordine di tasso crescente, per cui le banche con
tassi più elevati potranno non ricevere utilizzi o riceverli in misura ridotta (clausola bid-line,
cioè con opzione di offerta). Spesso tali linee di credito comportano anche la clausola che un
gruppo di banche, dette sottoscriventi, si impegnano comunque a erogare il finanziamento
alla società ad un tasso predeterminato nel caso in cui le banche partecipanti, che
costituiscono il secondo gruppo, non offrano tassi più vantaggiosi per assicurarsi l'utilizzo; le
sottoscriventi, però, ricevono in questo caso una commissione di mancato utilizzo del credito.
Ovviamente le offerte di tasso pervengono singolarmente alla capofila che si impegna a non
portarle a conoscenza delle altre banche aderenti all'operazione.
Nelle operazioni in pool il rischio è ripartito pro-quota tra le banche aderenti, ciascuna delle
quali si impegna a non avviare azioni di recupero senza preavvisare le altre o concordarlo con
loro; per l'impresa si ha il vantaggio di un rapporto con più banche amministrato come se
fosse un unica linea di credito e con il tasso medio più favorevole disponibile. Le operazioni di
questo tipo, ma anche linee di credito consistenti erogate singolarmente dalle banche in unica
tranche prefissata, possono essere integrate da clausole particolari che rendono lo strumento
più flessibile; tali clausole sono:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
230


stand-by che è la possibilità di graduazione di utilizzo con predeterminazione del tasso,
ancorato a parametri precisi, preavviso e commissione di mancato utilizzo;
evergreen che prevede la possibilità di rimborsi e riutilizzi, sempre con preavviso.
9 . crediti di firma
Per fidejussioni passive si intendono le garanzie fidejussorie prestate dalla banca a favore di
un terzo nell'interesse di un cliente della banca stessa.
Due sono le forme diffuse nell'operatività; fidejussioni a garanzia della solvenza e fidejussione
a prima richiesta, o automatiche. Nel primo dei due casi, la banca si rende solo garante della
solvibilità del suo cliente. Se ne danno due casi: nel primo, perché la banca sia chiamata a
rispondere dovrà prima accertarsi l'insufficienza patrimoniale del cliente, che andrà quindi
preventivamente escusso. Nel secondo, più frequente, non è pattuito il beneficio della
preventiva escussione; anche in questo secondo caso, comunque, se vi dovesse essere
contestazione del credito, la banca si asterrà dal pagare fino alla pronuncia di sentenza
avversa al proprio cliente. E' anzi meglio sottolineare con apposita clausola questa circostanza.
In pratica fidejussioni di questo tipo richiedono come unica indispensabile valutazione quella
circa il merito creditizio del cliente che ne fa richiesta; se esso è sufficiente, e considerando
che viene, assunta analoga controgaranzia nei confronti della banca, non dovrebbero esserci
particolari problemi. Tra l'altro il rilascio di controgaranzia non è nient'altro che un
rafforzamento della previsione di legge relativa all'azione di regresso e non costituisce un vero
e proprio impegno fideiussorio correlato al primo, per cui il termine controfidejussione, d'uso
comune, è improprio.
Sotto il profilo tecnico si è soliti classificare il credito di firma in due categorie, secondo la loro
natura:
 crediti di firma che assistono obbligazioni di fare del cliente, destinati, in sostanza, a
sostituire i depositi cauzionali richiesti da terzi;
 crediti di firma che facilitano al cliente il soddisfacimento del fabbisogno finanziario, e
che pertanto sono sostitutivi di affidamenti per cassa (es. garanzie a terzi per un
finanziamento).
Alcuni crediti della prima categoria sono impegni di firma che hanno in realtà solo l'apparenza
del credito di firma, per la loro trasformabilità immediata e certa in esborsi di cassa; tali sono i
crediti documentari irrevocabili con pagamento a vista, sui quali la traenza è sotto la potestà
di terzi. La banca può assumere nelle operazioni di firma la veste di obbligato diretto, come
appunto nei crediti documentari o nelle accettazioni bancarie, o di coobbligato, come nelle
fidejussioni, molte delle quali, però, essendo a prima richiesta, hanno praticamente
caratteristiche analoghe all'obbligo diretto. Di quest'ultimo tipo sono anche le obbligazioni di
avallo.
Cerchiamo ora di chiarire più in dettaglio le caratteristiche di queste obbligazioni, partendo
dalle più diffuse che sono appunto le fidejussioni passive. L'atto è comunque importante, in
quanto in esso il cliente dichiara di prendere attenta, nota dei suoi impegni correlati alla
operazione, per cui è di fondamentale importanza che venga esattamente riportato il testo
della fidejussione richiesta alla banca e che venga pattuita la durata dell'impegno fino alla
restituzione dell'atto rilasciato dalla banca o alla lettera di scarico da parte del garantito.
Anche l'atto di controgaranzia è atto impegnativo del patrimonio, e va quindi sottoscritto
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
231
dall'organo competente per la straordinaria amministrazione. Purtroppo la fidejussione a
garanzia della semplice solvenza è andata progressivamente rarefacendosi in favore dell'altra
forma, la cosiddetta fidejussione automatica o a prima richiesta, che comporta ben altra
problematica. Tale forma di garanzia è molto diffusa anche nelle operazioni con l'estero; i
rapporti intervengono in questo caso, di norma, tra due banche corrispondenti perciò
l'impegno fideiussorio è preso nei confronti di banca estera.
10. Strumenti derivati
La banca,direttamente o attraverso società finanziarie, può mettere a disposizione
dell’impresa degli strumenti derivati che, secondo una corretta logica di gestione aziendale,
dovrebbero essere destinati all’attenuazione o alla copertura del rischio connesso ad altri
strumenti finanziari in essere quali contratti di finanziamento, mutui, leasing, di vendita o
acquisto. Il termine Strumenti Derivati viene utilizzato per indicare particolari categorie di
contratti a termine che “derivano” da attività sottostanti (reali o finanziarie), dalle quali
dipende il prezzo dello strumento. Tali contratti appartengono alla categoria dei contratti
differenziali, in quanto alla scadenza vengono solitamente conclusi con la semplice
regolazione monetaria della differenza tra il prezzo indicato in contratto ed il prezzo corrente.
La loro utilizzazione oltre che per fini speculativi e di arbitraggio, viene sovente posta in essere
dagli operatori economici per fronteggiare rischi di natura finanziaria e valutaria, così
definiti:
Rischio di tasso Il rischio di tasso di interesse consiste nella possibile variazione di valore di
un’attività o passività finanziaria al variare dei tassi. Ad esempio nel caso di finanziamenti a
tasso variabile lo strumento derivato consente all’operatore economico di definire il futuro
costo complessivo dei finanziamenti mediante la copertura del rischio di variazione del tasso
di interesse. La copertura dal rischio di tasso consente quindi di stabilizzare la componente di
oneri finanziari in capo all’azienda o comunque di fissarne un tetto massimo.
Rischio di cambio Il rischio di cambio è legato a variazioni avverse dei prezzi della valuta
estera nella quale si detiene una qualsiasi attività o passività finanziarie. Le imprese operanti
in divisa estera sono esposte a possibili fluttuazioni dei cambi e conseguentemente al rischio
che ne deriva. Sulla base della propria esposizione al rischio valutario, e compatibilmente col
grado di propensione al rischio è possibile impostare un’opportuna strategia di copertura al
fine di ottimizzare il proprio profilo di rischio-rendimento. La negoziazione degli strumenti
derivati può avvenire sui mercati regolamentati, ove si stipulano contratti standardizzati le cui
regole di contrattazione sono ben definite, oppure sul mercato over the counter dove invece il
prezzo non sempre è trasparente e dove vi è una quasi totale assenza di controllo, di regole di
negoziazione e di procedure standardizzate. I due mercati regolamentati più importanti sono il
LIFFE di Londra e il MATIF di Parigi. In Italia operano il MIF (Mercato Italiano Future) e l’IDEM
(Italian Derivates Market). Gli strumenti derivati che hanno maggiore diffusione sono Swap,
Opzioni, Forward e Future.
Swap
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
232
Lo swap è un contratto col quale due parti si scambiano flussi di cassa a date certe, secondo
una modularità predefinita tra di esse. I flussi di cassa possono essere espressi nella stessa
valuta oppure in valute differenti. La determinazione della quantità di flussi da scambiarsi
richiede la definizione di una variabile sottostante. Le tipologie di swap maggiormente
utilizzate dalle imprese sono: Interest Rate Swap. E’ il contratto mediante il quale due parti si
impegnano a scambiarsi, a date prestabilite, flussi di cassa, secondo uno schema convenuto.
Un tipico schema è quello in cui una parte A s'impegna a pagare all'altra parte, B, flussi di
cassa pari agli interessi calcolati ad un prefissato tasso fisso su un capitale nominale, per un
certo numero di anni. Contemporaneamente, B, si impegna a pagare ad A flussi di cassa pari
agli interessi calcolati ad un tasso variabile sullo stesso capitale nominale, per lo stesso
periodo di tempo. Currency Swap Tale forma contrattuale prevede che il capitale e gli
interessi espressi in una divisa siano scambiati contro capitale ed interessi espressi in un'altra
divisa. Sebbene siano molteplici le possibilità di adoperare gli swap nonché gli obiettivi
perseguiti, generalmente, gli swap sono usati per ricoprire o modificare posizioni di rischio e
per adeguare un determinato flusso finanziario ad una struttura desiderata.
Forward – Future Il forward è un contratto a termine con cui due controparti si impegnano ad
acquistare o vendere, ad una data futura, una determinata quantità di merce o attività
finanziaria ad un prezzo prefissato. Una particolare tipologia di contratto forward utilizzato
per la copertura del rischio derivante da possibili variazioni del tasso di interesse è il Forward
Rate Agreement.
Il FRA è’ un contratto con il quale due soggetti si impegnano a trasferirsi flussi d’interessi
facenti riferimento ad importi convenzionali che non vengono trasferiti né all’inizio né alla fine
della transazione. Il regolamento degli interessi dovuti avviene in via differenziale:chi acquista
un FRA riceverà la differenza, se negativa, fra un tasso d’interesse predeterminato (tasso
base) ed un tasso di riferimento; chi vende un FRA pagherà la differenza, se positiva, tra un
tasso d’interesse che costituisce la base, ed un tasso di mercato che costituisce il tasso di
riferimento. Le imprese che si sono indebitate ad un tasso variabile e che prevedono un forte
aumento dei tassi di interresse nel breve periodo, mediante l’acquisto di un forward possono
riuscire a fissare il tasso di interesse ad un livello giudicato vantaggioso. I future presentano lo
stesso schema contrattuale dei forward ma a differenza di questi ultimi, hanno caratteristiche
standard e sono scambiati su mercati regolamentati (in Italia il MIF) nei quali appositi organi di
garanzia vigilano sul corretto adempimento delle controparti. Anche per i future l’attività
sottostante può essere una merce (commodity future) o un’attività finanziaria (financial
future). I financial future possono essere a loro volta distinti in: Currency Future Sono contratti
che impegnano a vendere o a comprare a termine valuta ad un tasso di cambio prefissato. La
posizione si chiude con l’effettivo ritiro o consegna della valuta a scadenza del contratto,
oppure tramite la vendita o l’acquisto dei contratti entro tale data. Interest Rate Future E’ un
contratto che rappresenta l’impegno alla cessione o all’acquisto a termine di titoli a reddito
fisso o depositi in eurodivise a tasso fisso con caratteristiche determinate ad un prezzo
prefissato. La posizione degli operatori si chiude con l’effettiva consegna o l’effettivo ritiro dei
titoli in questione alla data di scadenza, oppure tramite la vendita o l’acquisto dei contratti
entro tale data.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
233
Option Le Opzioni sono contratti finanziari che – contro il pagamento di un premio –
conferiscono il diritto, ma non l’obbligo, di acquisire (call option) o di vendere (put option) una
attività reale o finanziaria ad un prezzo determinato (strike price) ad una certa data
predeterminata (opzione europea) oppure entro un certo periodo di tempo prefissato
(opzione americana). L’operazione vede la presenza necessaria di due soggetti: colui che
acquista il diritto ad esercitare l’opzione (chiamato holder) contro il pagamento di un premio –
definito prezzo dell’opzione – ed un soggetto che vende tale diritto (definito writer). Le
attività finanziarie sottostanti ad un option sono generalmente le seguenti: titoli, tassi di
interesse, divise estere, future.
6.4.2 I finanziamenti a medio lungo termine
Mutui fondiari
I Mutui , in genere sono concessi a privati per acquisizione/ristrutturazione di immobili , e a
imprese per finanziare immobilizzazioni permanenti. Si ricorda che per la loro durata essi
richiedono la presenza di garanzie reali, in genere ipoteca, più raramente, per le imprese,
privilegio speciale su macchinari. Per esse finanziano investimenti di lungo respiro
(stabilimenti, impianti, talora macchinari) che richiedono notevoli esborsi liquidi immediati ma
che produrranno benefici reddituali graduali, divisi in più esercizi. Fondamentale per la
concessione di questi finanziamenti non è tanto la capienza della copertura ipotecaria (che
pure è necessaria) quanto l'analisi della capacità di rimborso, data dalle prospettive di reddito
futuro dell'azienda in relazione all'investimento programmato. Nel caso di privati, invece,
occorrerà tener conto dei redditi prodotti per valutare la sostenibilità delle rate. A tale scopo,
all'esame dei bilanci pregressi dell'azienda richiedente, andrà affiancato quello dei budget
futuri, contenenti previsioni attendibili circa gli sviluppi del reddito d'impresa e quindi dei
flussi di cassa (cash-flow), dai quali dovranno pervenire i fondi necessari al pagamento delle
rate semestrali del mutuo. Ai privati, oltre alla certificazione dei redditi prodotti, si chiederà di
indicare le spese mensili e gli eventuali introiti di diversa provenienza, per valutare l'effettiva
liquidità disponibile per far fronte agli impegni delle rate. Il credito fondiario è materia per la
quale la più recente legislazione ha innovato in modo particolarmente significativo,
trasformando radicalmente l'impianto tecnico tradizionale. Le vecchie leggi, infatti,
distinguevano tra credito fondiario e credito edilizio; il primo era relativo all'acquisto dei beni
immobili già esistenti, il secondo, invece, alla costruzione di nuovi immobili. Il credito
fondiario prevedeva la forma tecnica del mutuo ad ammortamento rateale, di norma
semestrale, e dell'anticipazione fondiaria a scadenza unica fissa dal 18° mese in poi.
L'erogazione di operazioni della specie era demandata ad Istituti di Credito Speciale e alle
Sezioni Speciali di banche di diritto pubblico; alla specializzazione degli impieghi oltre il breve
termine corrispondeva analoga caratteristica sul versante della raccolta. Alle banche di credito
ordinario non era del tutto precluso il comparto operativo oltre il breve termine, ma le loro
erogazioni non rientravano nella specifica normativa prevista dal fondiario e, in particolare,
non si aveva il consolidamento agevolato, in 10 giorni, dell'ipoteca. La 385 (nuova legge
bancaria consente l'operatività nel settore fondiario a tutte le banche, senza più alcuna
distinzione, e, di conseguenza, allarga ai vecchi Istituti di Credito Speciale l'operatività nel
settore del breve. La LEGGE 385 ha previsto anche una nuova normativa fondiaria,
aggiornando e semplificando le vecchie procedure consolidatesi negli anni e prevedendo

FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
234
anche l'abrogazione della normativa precedente incompatibile. Che cosa intendiamo per
credito fondiario. La risposta sembra essere la seguente: si tratta di un finanziamento,
svincolato da precise forme tecniche, ma caratterizzato da durata oltre il breve (cioè oltre i 18
mesi), assistito da garanzia ipotecaria, di importo non superiore a quello determinato dalla
Banca d'Italia (80% del valore, elevabile al 100% in presenza di garanzie integrative), con
contestualità tra acquisizione della garanzia e concessione del finanziamento. Non è più
richiesto che l'iscrizione sia di primo grado, purché si rispetti tra la nuova erogazione e la
somma del capitale residuo delle precedenti il limite di finanziabilità sopra ricordato. Per
quanto attiene alle garanzie integrative che consentono l'elevamento del limite di
finanziabilità dall'80% al 100%, esse sono al momento individuate in fidejussioni bancarie e
assicurative, garanzie rilasciate da fondi pubblici di garanzia o da consorzi e cooperative di
garanzia fidi, cessioni di credito verso lo Stato, cessioni di annualità o contributi a carico dello
stato o di enti pubblici, pegni in titoli di Stato. Altro non è richiesto, perciò l'erogazione è
ammessa a qualsiasi soggetto proprietario di immobili, anche imprese, indipendentemente
dalla destinazione della somma erogata. Le caratteristiche specifiche che la legge 385 ha
attribuito al credito fondiario sono:
 facoltà per la banca di eleggere domicilio in circoscrizione di Tribunale diversa da quella
ove si trova il bene;
 consolidamento accelerato dell'ipoteca (10 gg deroga dal codice);
 esonero dei pagamenti da revocatoria fallimentare;
 procedimento esecutivo derogato e avvantaggiato;
 possibilità di modificare il tasso di interesse nel caso in cui si ricorra al doppio contratto
(condizionato e atto di quietanza);
 possibilità di inserire clausole di indicizzazione, con adeguamento automatico
dell'ipoteca;
 diritto per, il mutuatario di ottenere riduzione e restrizione dell'ipoteca;
 diritto alla suddivisione in caso di ipoteca gravante su complessi condominiali;
 tariffa notarile di favore;
 possibilità di estinzione anticipata;
 disciplina particolare del rapporto tra ritardato pagamento e risoluzione del contratto (il
pagamento entro 30 giorni non è ritardo; la banca deve accettare il pagamento fino al
180° giorno; la risoluzione potrà essere da essa richiesta solo dopo il 180° giorno o dopo
il sesto pagamento, anche non consecutivo, avvenuto tra il 300 e il 180° giorno dalla
scadenza).
 prevalenza dell'ipoteca sul privilegio del promittente acquisito con compromesso
registrato, se il finanziamento fondiario è stato oggetto di accollo o se è stato utilizzato
per l'acquisto del bene compromesso.
b) Il leasing
Tipologie di leasing.
Come è noto la legge 385, nuova legge bancaria, ha esteso a tutte le banche la possibilità
operativa nel campo del leasing, attività finanziaria prima esercitata tramite collegate. Tale
possibilità, insieme con un generale ridimensionamento del comparto, collegato anche ad una
normativa fiscale meno favorevole in materia, ha spinto molte banche a incorporare le
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
235
finanziarie di leasing appositamente costituite, molte delle quali gravate da perdite di bilancio,
e ad esercitare direttamente tale attività. In altri casi, invece, si è preferito mantenere
l'autonomia delle finanziarie, inserite nel modello del gruppo polifunzionale; in altri ancora le
società di leasing, essendo collegate a più istituti di credito, o avendo raggiunto un rilievo
dimensionale notevole, hanno, in forza di ciò, mantenuto una propria struttura indipendente
e autonoma. Il leasing in senso moderno è nato negli USA nel 1952, con la nascita della
"United States Leasing" ideata da D.P.Boothe Jr. industriale del settore alimentare, per le
esigenze di utilizzo di macchinari connesse ad una grossa fornitura commissionatagli
dall'esercito; l'attività ebbe subito un notevole successo e un rapido sviluppo. In Europa
l'attività fu importata a partire dal 1960 in Gran Bretagna; il paese dove si è raggiunto il
maggiore sviluppo tra quelli europei è tuttavia la Francia, dove l'attività ha avuto un notevole
impulso per iniziativa del governo anche per le agevolazioni ad essa collegate e per il regime
fiscale favorevole anche alle operazioni immobiliari.
Con il termine leasing, comunque, si intendono due attività abbastanza diverse tra loro, che
costituiscono due sottotipi chiaramente individuabili. Essi sono:
- il leasing operativo, forma primitiva, che può essere considerato un contratto di noleggio di
beni strumentali di breve durata senza la previsione della possibilità di acquisto da parte del
locatario alla scadenza; nel contratto sono compresi tutti i servizi collaterali; di norma tale
contratto è stipulato col produttore;
- il leasing finanziario ha invece per oggetto qualsiasi bene mobile o immobile occorrente
all'azienda locataria per un periodo che, di solito, corrisponde alla durata economica del bene
stesso. L'ammontare dei canoni corrisposti è superiore al valore del bene locato, per cui viene
stabilita la possibilità di acquisto ad un modesto valore residuo. I servizi collaterali non sono
inclusi nel canone. L'operazione si realizza, in genere, mediante una terzo soggetto che ha la
veste di acquirente del bene dal produttore e di locante dello stesso all'utilizzatore.
Il settore del leasing in Italia ha avuto negli ultimi anni un particolare sviluppo grazie alla
crescita del settore immobiliare, infatti occorre ricordare che la normativa “fiscale” consente
la detraibilità, come costo, delle rate di leasing se il contratto ha una durata minima di 18
anni. (sino al 2006 era 9 anni) per cui lo strumento diviene alternativo all’operazione di
finanziamento immobiliare con mutuo,perché, a parità di interessi , influisce in modo diverso
l’ammortamento dell’immobile ( in 33 anni) .
Altro settore di sviluppo incentivato dalla normativa fiscale è stato il leasing “nautico”
Nel settore automobilistico in sostituzione del leasing è diffuso il Noleggio a Lungo termine
(Long rental) . Tale operazione che non rientra nella fattispecie del leasing ha un risultato
finale molto simile, in quanto l’utilizzatore finale (azienda) usufruisce dell’auto come in full
leasing corrispondendo un canone comprensivo di tutti gli oneri accessori dell’auto (bolloassicurazione-manutenzione ecc).
La dottrina, a proposito di operazioni di leasing finanziario, ha ormai pacificamente acquisito
che l'operazione ha appunto la natura di finanziamento a medio e lungo termine e non quella
di un contratto di vendita rateale o di locazione.
Le caratteristiche che individuano appunto le operazioni della specie si possono così
riassumere:
 tipica operazione di finanziamento, con tutte le spese e gli oneri relativi a carico del
locatario;
 durata oltre il breve;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
236





oggetto del contratto: beni mobili o immobili specializzati;
presenza di un intermediario finanziario;
contratto di locazione irrevocabile (salvo il caso che il locatario corrisponda tutti i canoni
residui al momento del recesso);
canoni periodici commisurati al costo del bene;
opzioni alla scadenza: acquisto alla somma pattuita ab origine. Altre possibili ma
scarsamente applicate : rinnovo della locazione a canoni molto ridotti, restituzione del
bene,
La differenza per l’impresa, in termini di bilancio, tra un’operazione di finanziamento
attraverso il leasing e una con il mutuo , è la seguente:
acquisizione immobile
strumentale o macchinari
leasing
mutuo
Stato patrimoniale
Conto economico
Non presente (solo evidenza) Canoni detraibili e in parte
interessi
Attivo
Ammortamento e In parte
interessi
Alla scadenza del contratto, in forza del riscatto, la società di leasing venderà all’impresa il ben
oggetto del finanziamento, al prezzo prefissato al momento della stipula iniziale, per cui il
valore che sarà rilevato in bilancio risulterà molto basso. In realtà per gli immobili con
l’operazione di leasing si ottiene un “ammortamento” più veloce e una finanziabilità del 100%
del valore e quindi è spesso da preferire al mutuo, con i macchinari che hanno già
ammortamenti “veloci” con ammortamento pari alla durata del contratto di leasing la
convenienza risiede nella maggiore facilità di accesso al credito e alla componente di servizio
collegata al rapporto società di leasing e i produttori di macchinari.
All'interno del leasing propriamente detto si sono sviluppati nella realtà internazionale
numerosi settori: leasing automobilistico, aeronautico, agricolo, azionario, di container;
immobiliare,navale e nautico, di aeromobili.
Nel settore immobiliare sta incontrando un certo favore da, quando è stata riconosciuto come
operazione fiscalmente consentita, una particolare forma di leasing detta "sale and leaseback" o, più semplicemente, lease-back.
Questo contratto consiste nella cessione alla società di leasing di un immobile in uso
all'azienda; tale immobile è successivamente locato in leasing alla stessa azienda che l’ha in
uso, con riscatto finale al termine del periodo di locazione. Il contratto è caratterizzato in
genere da un prezzo di vendita solitamente inferiore al valore di mercato, da un unico
complesso contratto ove è definito sia l'aspetto di vendita che quello di locazione, da una
durata e importo di canoni correlata al prezzo pagato per l'acquisto, con modico canone di
riscatto finale, dal carico al locatario di tutte le spese di manutenzione e oneri accessori, tasse
comprese, relative all'immobile.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
237
I vantaggi sono notevoli per il venditore-locatario, che riesce a smobilizzare finanziariamente
un proprio consistente immobilizzo di non sempre facile commerciabilità e comunque in uso
all'azienda, conseguendo vantaggi finanziari e, in genere, anche fiscali. Date queste
caratteristiche, in sostanza, l'operazione si presenta come un finanziamento a medio e lungo
termine che assume a base di garanzia un immobile strumentale; è, in sostanza,
un'operazione alternativa al mutuo ipotecario..
6.4.3 Il factoring
Con il termine factoring si definisce un contratto mediante il quale un imprenditore (cedente)
si impegna a cedere ad un altro (factor) tutti i crediti derivanti o derivanti dall'esercizio della
sua impresa o da una particolare fornitura dietro corrispettivo; il factor, a sua volta, si
impegna a fornire una serie di servizi differenziati, come la gestione, la contabilizzazione,
l'incasso dei crediti ceduti, la garanzia dell'eventuale inadempimento, la concessione di
anticipi parziali o totali. Non tutti i servizi sono collegati ai singoli contratti, non essendo
sempre richiesta la garanzia all'inadempimento o l'anticipo. Come si vede il rapporto di
factoring giuridicamente integra la fattispecie di un contratto atipico misto, basato sulla
prestazione di servizi; la cessione del credito non rappresenta la finalità dell'accordo ma solo
lo strumento dell'erogazione dei servizi; non si tratta pertanto di un contratto di garanzia o di
sconto di crediti. La cessione è in genere pro-solvendo, cioè senza garanzia dell'incasso; nel
caso che avvenga pro-soluto il factoring assume anche la funzione assicurativa dei credito;
l'accredito al cedente può essere anticipato, per cui l'operazione ha natura di finanziamento, o
avvenire alla scadenza o a una certa data successiva alla scadenza. Come si vede i vantaggi che
possono derivare all'impresa cedente sono numerosi, per la possibilità di gestire in modo
ottimale la propria creditoria, assicurare i rischi di insolvenza o di ritardo degli incassi,
acquisire tramite il factor più facilmente informazioni commerciali sugli acquirenti,
economizzare la gestione. Se il factoring non implica la concessione di anticipi, esso viene
chiamato "maturità factoring"; diversamente viene detto "credit-cash factoring". Le fatture
del cedente possono recare o no la notifica della cessione al factor del credito; in tal caso si
parla di "notification factoring".
In genere caratteristiche dei contratto di factoring sono:
 clausola di esclusiva: non sempre presente, che comporta l'obbligo del cedente a non
porre in essere altri rapporti di factoring;
 obblighi del cedente a trasferire i documenti probatori dei credito, a trasferire le
garanzie e, gli accessori, a sottoporre ad approvazione preventiva del factor le
operazioni;
 obblighi del factor a esaminare preventivamente i crediti e a fornire eventuali servizi
collaterali richiesti, quali informazioni commerciali o ricerche di mercato;
 clausola che riconosce al factor la potestà di ridurre o di revocare le approvazioni del
credito;
 clausola eventuale che consente al factor il controllo sulle scritture, contabili del
cedente;
 clausola di reciproca rescissione del contratto.
Il factor è remunerato, oltre che con gli interessi sugli eventuali anticipi concessi, con una
commissione in genere oscillante tra il l% e il 3%; i rapporti si svolgono in c/c. I contratti sono
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
238
regolati dalle norme sulla trasparenza. Sulla materia è intervenuta la legge 52 del 1991 che ha
dato una regolamentazione specifica alla cessione dei crediti di impresa, modificando la
disciplina civilistica della cessione dei crediti; non ha tuttavia introdotto nel nostro sistema
una disciplina strutturata organica del factoring.
La legge si applica alle seguenti condizioni:
 il cedente deve essere imprenditore;
 i crediti devono sorgere da contratti stipulati nell'esercizio dell'impresa;
 il cessionario deve avere personalità giuridica e l'acquisto dei crediti deve essere
espressamente, previsto dall'oggetto sociale e il fondo di dotazione non deve essere
inferiore a 10 volte il capitale minimo delle Spa.
La legge prevede:
- possibilità della cessione anche per i crediti futuri, anche in massa e anche per contratti non
stipulati ma che si stipuleranno nei due anni successivi, in deroga alla normativa civilistica
che prevede solo i crediti futuri derivanti da rapporti già esistenti al momento della
cessione;
- se la cessione è pro-solvendo, la garanzia di solvenza del cedente vale solo nei limiti del
corrispettivo (anticipo) pattuito;
il cessionario può rendere la cessione opponibile ai terzi, oltre che con la procedura di
notifica prevista dal codice civile, anche in seguito al semplice pagamento in data certa del
corrispettivo pattuito, anche se in minima misura, dal cessionario al cedente, cioè con
l'effettuazione dell'anticipo;
- il trasferimento del credito ha effetto sul terzo ceduto a prescindere da qualsiasi
comunicazione, per cui il factor può pretendere il pagamento alla scadenza; in assenza di
comunicazione, però, il pagamento effettuato al cedente è liberatorio per il debitore
ceduto;
il debitore può opporre al cessionario tutte le eccezioni che derivano dai rapporti precedenti
alla cessione, salvo l'incedibilità convenzionale del credito, se non provando che il factor ne
era a conoscenza al tempo della cessione.
6.5 Altre forme di finanziamento alle PMI
In questi ultimi anni grazie alla riforma del diritto societario alle PMI si sono aperte alcune
nuove possibilità. In realtà sono ancora abbastanza poco applicate. Le PMI italiane, come si sa,
sono prevalentemente orientate a un finanziamento di tipo bancario, che, sebbene abbia
svolto un ruolo primario nella crescita economica delle imprese, non sempre è stato utilizzato
in modo equilibrato e corretto. Spesso, infatti, prestiti a breve termine sono stati utilizzati per
finanziare investimenti di lungo termine, irrigidendo la struttura del passivo di molte imprese.
L’esigenza di una struttura patrimoniale equilibrata è fondamentale per consentire alle PMI di
crescere, competere e per affrontare Basilea 2 e i criteri di valutazione basati sul rating, che è
legato al grado di solvibilità dell’impresa e al suo livello di capitalizzazione e indebitamento.
Per promuovere lo sviluppo della finanza d’impresa diventa quindi necessario, innanzitutto,
sviluppare una consapevolezza sulle possibilità di finanziamento alternative. Con la riforma del
diritto societario, la riforma fiscale e l’adozione dei nuovi principi contabili internazionali (IAS),
sono stati introdotti nuovi strumenti volti a favorire la patrimonializzazione delle imprese. In
particolare sono stati puntualizzati gli aspetti relativi ai :

conferimenti
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
239

finanziamenti soci
Per i conferimenti è stato esteso il concetto di conferibilità a qualsivoglia bene che può essere
oggetto di una valutazione economica, comprendendo, per esempio,anche le prestazioni
d’opera dei soci, i marchi e i brevetti, purché accompagnato da una relazione giurata di un
esperto o di una società di revisori contabili o da una società di revisione iscritta nell’apposito
registro albo. Per il finanziamento soci il focus è posto sulla postergazione dei finanziamenti,
obbligando l’impresa a formalizzare la rinuncia di rimborso di quei finanziamenti soci diventati
con il tempo mezzi propri dell’impresa. In pratica, il principio implica che in caso di rimborso
dei finanziamenti soci antecedente allo stato di crisi dell’impresa, il rimborso possa essere
“richiamato”. Anche in ambito fiscale sono state introdotte norme volte a contrastare il
fenomeno della sottocapitalizzazione (thin capitalization): la limitazione della deducibilità
degli interessi passivi derivanti da indebitamenti fiscalmente “anomali” contratti dalle imprese
con i propri soci o con parti correlate con i soci stessi. Qualora si verifichi un rapporto fra
debiti e patrimonio netto superiore a quello consentito, l’imprenditore deve poter dimostrare
che i finanziamenti eccedenti derivano dalla capacità di credito dell’impresa e non da quella
del socio. Nel caso non potesse fornire tale prova, ai fini fiscali gli oneri finanziari, riferiti a tale
finanziamento, saranno indeducibili.
La terza innovazione riguarda invece l’applicazione dei principi contabili internazionali (IAS –
International Accounting Standard) che hanno effetto sulla patrimonializzazione e che
riguardano:

il leasing finanziario,

gli ammortamenti anticipati

le rimanenze di magazzino.
Secondo il metodo finanziario previsto dallo IAS 17, il bene oggetto del contratto di locazione
finanziaria non viene più iscritto tra le attività del concedente, bensì tra quelle dell'utilizzatore
il quale a fronte di ciò iscrive un debito per l'operazione. Ne deriva che l'utilizzatore imputerà
a conto economico le quote di ammortamento del bene e gli interessi passivi che
costituiscono la componente finanziaria dei canoni di leasing. Per quanto riguarda la riforma
degli ammortamenti anticipati, il principio contabile internazionale prevede che le
opportunità e i vantaggi tributari siano gestiti in sede di redazione della dichiarazione dei
redditi. Ne consegue che gli ammortamenti anticipati o eccedenti la quota civilisticamente
corretta non possono più essere iscritti nel conto economico, ma sono deducibili se indicati
nell’apposito prospetto incluso nel modello unico. Infine, la valutazione delle rimanenze di
magazzino, secondo la riforma IAS, prevede l’obbligo di valutazione delle rimanenze al minore
tra il costo e il valore netto di realizzo. Le metodologie di valutazione del costo considerate
valide sono:
- costi standard o dei prezzi al dettaglio,
- costi specifici,
- FIFO o costo medio ponderato
escludendo di fatto il metodo LIFO adottato finora in prevalenza da molte imprese italiane e
prevedendo un incremento dei valori che concorreranno a formare il reddito in quote costanti
nell'esercizio in cui sono iscritti e nei quattro successivi.
L’applicazione dei principi IAS al momento è obbligatorio per le imprese quotate e facoltativo
per le altre.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
240
b) I Covenants
Tra i nuovi strumenti che assistono le operazione di finanziamento a medio/lungo termine
rientra il “”Covenant””.
Il covenant è una speciale pattuizione contrattuale a tutela del credito del finanziatore che
evita il ricorso a forme di garanzia reale in cambio di clausole contrattuali inserite nei
contratti, stipulati di norma per affidamenti a medio/lungo termine e concessi a scopo
produttivo e commercial. Tali clausole tendono a fissare dei “paletti” (rapporto
indebitamento/patrimonio; ebidta etc) che mirano a far si che l’impresa finanziata,
nell’ambito della gestione corrente e per il periodo in cui è in essere il finanziamento, non
compia atti che potrebbero pregiudicare l’interesse del finanziatore, o comunque alterare il
profilo di rischio rispetto all’assunzione della delibera d’affidamento. Il punto centrale
dell’assunzione del credito sta nell’affidabilità e capacità creditizia dell’azienda, da cui
discende che la banca finanziatrice nel caso di mancato rispetto dei Covenant potrà
rinegoziare o revocare il credito in quanto l’azienda, in sostanza, si era assunta un obbligo di
fare (affermative Covenant) o un impegno di non fare (negative Covenant). Le clausole, che
vengono rinegoziate secondo necessità, sono riferite al bilancio dell’impresa affidata,
analizzando la serie storica delle principali grandezze economiche-finanziarie e fissando dei
punti fermi, affinché la struttura patrimoniale e quella finanziaria siano sempre compatibili
con il nuovo volume di debiti assunti.
c) Gli strumenti offerti dal mercato finanziario
Con la legge n. 43 del 13 gennaio 1994, vengono introdotte anche in Italia le cambiali
finanziarie, strumento di finanziamento di breve termine, alternativo al finanziamento
bancario e particolarmente efficaci per la le PMI con esigenza di copertura di un fabbisogno
stagionale o momentaneo.
Le cambiali finanziarie sono titoli di credito all’ordine, emessi in serie, con scadenza non
inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi dalla data di emissione e di taglio non
inferiore a 10.000 euro.
Sono considerate a tutti gli effetti dei valori mobiliari, equiparate giuridicamente alla cambiale
ordinaria, tramite le quali, le imprese che le emettono, possono usufruire della raccolta del
risparmio presso il pubblico, a costi più contenuti. Come cambiali devono contenere la
promessa incondizionata di pagare una certa somma e le informazioni sulle caratteristiche del
prestito. In più devono essere indicati il capitale sociale dell'impresa emittente, l'ammontare
complessivo dell'emissione di cui la cambiale fa parte e, in caso di emissione da parte di
società non quotate, il nome del garante e l'importo della garanzia. Sono girabili
esclusivamente con la clausola «senza garanzia» o equivalenti. La remunerazione di un
investimento in cambiali finanziarie è data dalla differenza tra valore nominale di rimborso e
valore di acquisto. Possono essere emesse da società ed enti con titoli quotati in un mercato
regolamentato, come pure da società non quotate, tra cui rientrano le PMI. Nel caso di
quest’ultime, l’ammontare dell’emissione non dover superare il limite del capitale più le
riserve, i bilanci degli ultimi tre esercizi devono essere in utile e il 50% dell’ammontare delle
cambiali emesse deve essere coperto da garanzia bancaria o assicurativa. La rimozione di tali
vincoli è prevista nel caso in cui l’impresa emittente sia dotata di rating o abbia i bilanci degli
ultimi tre esercizi in utile e certificati da un revisore contabile o da una società di revisione
iscritta al registro dei revisori contabili; in tale caso i titoli devono essere assistiti da garanzie
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
241
in misura non inferiore al 25 per cento del loro valore di sottoscrizione rilasciate da soggetti
vigilati.
Tra gli strumenti di finanziamento di lungo periodo rientrano invece:
1. i prestiti obbligazionari,
strumento con cui un’impresa contrae un debito a lunga scadenza con una pluralità di
soggetti, per una somma non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e
delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Costituisce una valida
alternativa al finanziamento bancario tradizionale per quelle imprese aventi una riconosciuta
solidità economico - finanziaria, un valido posizionamento di mercato e una riconosciuta
affidabilità tali da attrarre la fiducia dei risparmiatori. Gli amministratori hanno il potere di
emettere obbligazioni, prestabilendo con una certa flessibilità la durata, i costi e tutte le altre
condizioni del prestito, in relazione alla capacità dell’impresa di sopportare il peso degli
interessi. È inoltre possibile l’emissione di prestiti obbligazionari convertibili che attribuiscano
al sottoscrittore la facoltà di rimanere creditore della società o di convertire, in tempi e modi
prestabiliti, l’obbligazione in azione.
2– I prestiti partecipativi
sono una forma particolare di finanziamento a medio/lungo termine, che rappresentano una
diretta partecipazione al capitale di rischio dell'impresa da parte della banca finanziatrice in
quanto il rendimento dipende dal risultato economico dell'azienda. Il tasso di interesse è
variabile in funzione della redditività aziendale. In questo modo gli oneri finanziari gravano
sull’impresa in misura diversa, a seconda dell’andamento aziendale. In pratica l'istituto di
credito accetta di essere remunerato in parte mediante gli utili di esercizio dell'impresa
finanziata. Sono, quindi, una sorta di ricapitalizzazione indiretta, che consentono all'impresa di
indebitarsi anche per importi rilevanti, per realizzare programmi di sviluppo,
ammodernamento, innovazione o ristrutturazione, che ne migliorino sensibilmente i risultati
economici e ne accrescano il valore. All’impresa spettano gli oneri finanziari, mentre l’obbligo
di rimborso del capitale spetta ai soci.
Tali prestiti sono uno strumento che si rileva particolarmente adatto a soddisfare le esigenze
delle piccole e medie imprese che vogliono diversificare le fonti di finanziamento senza
perdere la propria autonomia di gestione con l'ingresso di nuovi soci.
Altre forme di intervento
Private Equity e Venture Capital. (vedi cap.4)
Il Venture Capital, attraverso l’early stage financing, rappresenta la forma tecnica di
investimento maggiormente impiegata a livello internazionale, per garantire la nascita di
imprese ad alta tecnologia. Le Private Equity, invece, sono gli investimenti nel capitale di
rischio realizzati nelle fasi di vita aziendale successive all'iniziale.
Cartolarizzazione dei crediti
La Cartolarizzazione dei crediti (Securitization) è una tecnica finanziaria attraverso la quale i
flussi di cassa derivanti dal portafoglio di attività (asset) di un’impresa (originator) vengono
ceduti ad un soggetto specializzato, la società cessionaria (Special Purpose Vehicle – S.P.V.),
che si occupa di presentarli sul mercato sotto forma di titoli (Asset Backed Securities) aventi
caratteristiche di rendimento/rischio coerenti con le condizioni prevalenti del mercato stesso
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
242
e quindi collocabili presso gli investitori. Si spostano, pertanto, i flussi finanziari dal mercato
del credito al mercato dei capitali.
Il processo di cartolarizzazione può avvenire in due modi:
1. - attraverso l’emissione delle quote di partecipazione in fondi comuni specializzati, forma
utilizzata principalmente in Francia (i c.d. Fonds communs de créances) e in Spagna (Fondos de
Titulizacion Hipotecaria);
2. – attraverso la modalità pay-through, in base al quale gli asset vengono ceduti all’ S.P.V., il
quale emette in contropartita titoli sul mercato obbligazionario.
Tale possibilità per le PMI è di scarsa potenziale applicazione in primo luogo per i costi
connessi all’operatività dello strumento e per il piccolo taglio dei crediti in portafoglio.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
243
Capitolo 7
Il business plan per la richiesta di finanziamento. La
valutazione del merito di credito alla luce della normativa di
Basilea 2
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
244
7.1 Il Business Plan ,
Il Business Plan o piano d’impresa è uno strumento fondamentale per l’impresa in quanto
illustra ai terzi, finanziatori o potenziali soci, quale sia il progetto, gli obbiettivi qualitativi e
quantitativi che l’imprenditore si aspetta dalla sua attività.
La redazione un piano assolve a varie funzioni come:
1. Stimolare l’imprenditore a riflettere sulla propria idea di business, nonché sulle risorse
da utilizzare e sul mercato in cui operare;
2. Valutare preventivamente la fattibilità del progetto;
3. Facilitare la presentazione dell’idea imprenditoriale all’esterno;
4. Facilitare la valutazione di finanziatori esterni
5. Permettere controllo e monitoraggio.
E’ importante soprattutto per il piccolo imprenditore riflettere sulla propria impresa, in
quanto allo stesso, a volte, manca la capacità di pianificare, o comunque quella di formalizzare
le proprie idee, mentre sono prevalenti in lui le abilità operative. Ed è per questo che la
redazione del business plan risulta una delle attività più difficili da intraprendere in particolare
nella fase di avvio di un’impresa. Risulta infatti difficile, soprattutto per chi è abituato ad agire
operativamente, mettere per iscritto le proprie intuizioni, ma l’operazione più problematica è
forse quella di quantificarle in numeri.
Nonostante le difficoltà oggettive che si presentano alla redazione di questo documento, in
sintesi risulta importante scrivere un piano di impresa poiché questo svolge tre importanti
funzioni :
1. Il business plan, grazie al suo carattere analitico, può servire come punto di partenza
per sviluppare nuove strategie per gestire l’impresa, evitando così di sperimentare
direttamente nuove idee che potrebbero rivelarsi azzardate
2. Poiché prevede la quantificazione degli obiettivi aziendali per un certo periodo di
tempo (di solito tre anni), rappresenta un’efficace strumento per monitorare i risultati
ottenuti dall’impresa, e nel caso in cui si verifichino degli scostamenti, permette di
identificare gli opportuni correttivi da applicare
3. E’ un documento fondamentale al fine di reperire capitali nella fase di start up. I
finanziatori di una nuova attività, infatti, possono basarsi solo sulle previsioni riportate
nel business plan per decidere se sostenerla o meno. Da qui la necessità di sviluppare
un documento che rappresenti l’idea imprenditoriale, le sue potenzialità eccetera in
modo chiaro e veritiero.
Va inoltre ricordato che la redazione del business plan non rappresenta una prerogativa delle
imprese nascenti, ma può rivelarsi uno strumento molto utile anche per le imprese già
esistenti.
Una volta elaborato il piano d’impresa, affinché questo mantenga la propria utilità nel tempo,
è necessario che venga rivisto periodicamente, soprattutto nei casi in cui
a. L’impresa necessita di nuovi finanziamenti e quindi di finanziatori disposti a credere
nell’impresa
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
245
b. Si assiste ad un cambiamento nei mercati-obiettivo: mutamenti nella domanda, nella
struttura del mercato e nella concorrenza, per cui è necessario riesaminare il business
plan originario
c. Si ha intenzione di sviluppare un nuovo prodotto o una nuova tecnologia produttiva,
per cui è necessario inserire nel piano d’impresa anche questa nuova idea
d. L’impresa decide di modificare l’assetto del management, e quindi è importante che i
nuovi manager abbiano a disposizione informazioni aggiornate
e. Si sono verificati cambiamenti sostanziali, ad esempio il trasferimento della sede
dell’impresa, il raggiungimento di un obiettivo fondamentale o l’ampliamento del
personale
Il progetto d’impresa
Nel caso della nascita di una nuova impresa. Da questa intuizione dell’imprenditore, deve
partire un processo organizzato di verifica dell’idea. Questo processo di analisi porta alla
redazione del piano di fattibilità o business plan per verificare se l’idea imprenditoriale ha un
mercato e se il prodotto/servizio può essere acquistato dal consumatore e a che prezzo.

il capitale necessario per avviare e gestire l’impresa

i soci/collaboratori da coinvolgere

La forma giuridica più adeguata

Gli adempimenti burocratici da espletare
Per un’azienda in fase di crescita che magari ha la necessità di finanziare o trovare soci per
una nuova iniziativa o uno sviluppo dell’attuale business, il progetto sarà più focalizzato su
determinati aspetti essendo l’azienda già operante.
Di seguito in sintesi si riportano gli aspetti salienti da riportare nel Business Plan.
Definizione della missione aziendale
Attraverso l’illustrazione dell’idea imprenditoriale, lo stato di avanzamento del progetto, le
motivazioni, i caratteri distintivi e gli eventuali elementi di innovazione
in particolare andranno evidenziati:
L’IMPRESA
 storia
 forma e composizione societaria
 presenza di legami con altre imprese
L’IMPRENDITORE O IL NUCLEO IMPRENDITORIALE
 caratteristiche generali
 esperienze passate (affini o meno al business)
 motivazioni
 ruolo svolto all’interno dell’iniziativa
Nel caso di avvio di nuova impresa illustrare l’idea in modo chiaro da dove deriva; ad esempio
la scoperta di una nuova tecnologia, l’espansione della domanda di un prodotto/servizio, la
modificazione dei gusti e delle propensioni di acquisto dei consumatori, il successo di altre
imprese, l’individuazione di un bisogno e di una carenza del mercato
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
246
Definizione della formula imprenditoriale
Va evidenziata il sistema di prodotto/servizio offerto, quale sia il mercato di riferimento, i
clienti potenziali o attuali, i concorrenti, l’attività commerciale che sarà svolta, la struttura
organizzativa (risorse, organizzazione dell’attività, forma di gestione, ecc) le caratteristiche
professionali dei promotori e le loro precedenti esperienze imprenditoriali ( aspetto molto
importante nel caso di nuove iniziative).
In dettaglio dovranno essere evidenziate :
IL TEAM IMPRENDITORIALE
•
componenti del gruppo
•
esperienze dei componenti del gruppo
•
ruoli chiave nel progetto (soggetti preposti per i ruoli chiave – prospettive future di
assetto del team)
IL MERCATO DI SBOCCO
•
descrizione del mercato e suoi segmenti
•
dimensione e prospettive di sviluppo della domanda
•
risultati delle ricerche di mercato ( se svolte)
•
potere contrattuale dei clienti
•
dimensione e prospettive di sviluppo del/i segmento/i del mercato in cui si opera (tasso
di crescita, determinanti della crescita, stagionalità, ciclicità)
LA CONCORRENZA
•
descrizione della struttura dell’offerta
•
situazione e grado di turbolenza tecnologica del settore
•
profilo dei principali concorrenti
•
grado di competitività del settore
•
perché i prodotti della concorrenza non soddisfano pienamente le esigenze del mercato
•
come si pensa di superare le barriere all’entrata del settore
•
definizione delle barriere all’uscita
•
barriere all’entrata nei confronti dei concorrenti potenziali
•
identificazione dei prodotti/servizi sostitutivi
I MERCATI DI APPROVVIGIONAMENTO
•
identificazione delle principali fonti di approvvigionamento
•
descrizione delle principali caratteristiche delle fonti di approvvigionamento (costanza
dell'offerta, affidabilità dei fornitori, ecc.)
•
fonti chiave di approvvigionamento
•
potere contrattuale dei fornitori
IL PRODOTTO/SERVIZIO
•
descrizione del bisogno che si intende soddisfare
•
descrizione del prodotto/servizio
•
presenza di eventuali brevetti o licenze
•
modalità di utilizzo ed elementi di interesse
•
fase dello sviluppo in cui si trova (crescita, maturità, declino)
•
tempi, modalità e costi per la messa a punto del prodotto/servizio nuovo (nel caso di
avvio o di programmi di sviluppo)
LA COMMERCIALIZZAZIONE
•
la filosofia di marketing adottata
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
247
•
le scelte di prezzo
•
il piano di comunicazione
•
i canali distributivi prescelti
•
la rete di vendita
•
eventuali accordi di commercializzazione
•
budget delle vendite
•
costi di commercializzazione
IL PATRIMONIO TECNICO-INDUSTRIALE
•
politiche di acquisizione dei brevetti, know-how
•
accordi a livello produttivo
•
le scelte di produzione interna o di acquisizione presso terzi
•
le modalità di approvvigionamento
•
la struttura produttiva
•
i tempi, i modi e i costi per la predisposizione o per l'adeguamento della struttura
produttiva
•
composizione e natura dei costi di produzione
•
la struttura di ricerca e sviluppo
•
accordi di ricerca e sviluppo
•
i tempi, i modi e i costi per la predisposizione o per l'adeguamento della struttura di
ricerca e sviluppo
•
il controllo della qualità
NETWORK
• sintesi delle alleanze e degli accordi già raggiunti con altre aziende
• identificazione di possibili alleanze future
• le relazioni industriali
Le proiezione economiche finanziarie ovvero i numeri attesi
Questo aspetto è di particolare importanza perché tocca la fase quantitativa del Business Plan.
I potenziali investitori o finanziatori si attendono una previsione dei numeri aziendali sia come
ricavi che risultato economico atteso, ma soprattutto vogliono capire come sarà finanziato il
piano degli investimenti e quali saranno le risorse finanziarie che i soci promotori
dell’iniziativa apporteranno al progetto.
Sarà necessario quindi definire il piano degli investimenti, la loro destinazione, Il loro
ammortamento al fine di determinare il pay out del medesimo.
L’azienda dovrà predisporre anche un Budget analitico dei costi di prodotto al fine di
determinare il punto di pareggio nonché un Preventivo del conto economico, con relativa
previsione delle entrate e delle uscite e del Fabbisogno finanziario di breve, medio e, lungo
periodo con le relative fonti di copertura.
In ultima analisi si dovrà dimostrare all’investitore che cosa si offre e che cosa si chiede in
cambio.
Di seguito si riportano alcuni esempi di tabelle che evidenziano i dati aziendali.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
248
\
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
249
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
250
7.2 La valutazione del merito creditizio alla luce della normativa
di Basilea 2
7.2.1 – Il primo accordo di Basilea
Nelle politiche del sistema creditizio, nazionale e internazionale, il capitale assume un ruolo
centrale. La disponibilità di capitale è fondamentale non solo per far fronte ad eventuali crisi
ma anche perché fornisce alle banche un certo livello di flessibilità finanziaria che consente
loro di sfruttare al meglio eventuali opportunità di crescita. Un sistema bancario
adeguatamente capitalizzato è in grado di fornire credito alle imprese e finanziare opportunità
d’investimento che incoraggiano la crescita, l’aumento dell’occupazione e contribuiscono a
rendere più solida l’economia. L’importanza del capitale e il ruolo che esso svolge, viene
recepito formalmente nel 1974 con la costituzione del Comitato di Basilea per la vigilanza
bancaria. Il Comitato opera in seno alla BRI, Banca dei Regolamenti Internazionali, con sede a
Basilea, un organismo internazionale che ha lo scopo di promuovere la cooperazione fra le
banche centrali, ed altre agenzie equivalenti, per perseguire la stabilità monetaria e
finanziaria. Il Comitato è composto dai rappresentanti delle Autorità di Vigilanza dei paesi del
G10 (Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Lussemburgo, Paesi
Bassi, Stati Uniti, Svezia e Svizzera).E’ un organismo che non possiede alcuna autorità
sovranazionale e le sue conclusioni non hanno forza legale; le raccomandazioni sono
formulate nell’aspettativa che le singole autorità nazionali redigano disposizioni operative che
tengano conto delle realtà dei singoli stati. Nel luglio del 1988, dopo un processo di
consultazione che ha interessato anche le Autorità di Vigilanza dei paesi non appartenenti al
G10, il Comitato di Basilea ha proposto l’adozione di un sistema di requisiti minimi di capitale
uniformi per le banche comunemente noto come “Accordo di Basilea sul capitale”. Prima della
ratifica dell’Accordo del 1988, effettuata da circa 150 paesi, ogni Stato regolava l’adeguatezza
del capitale del sistema bancario secondo criteri propri. Negli Stati Uniti alle banche veniva
richiesto di finanziare almeno il 5% delle loro attività (escluse le attività fuori bilancio),
tralasciando del tutto il rischio; in Francia e nel Regno Unito, dalla fine degli anni 70, venivano
introdotti dei sistemi di requisiti patrimoniali con la previsione di esplicite ponderazioni di
rischio per le attività bancarie. Anche in Italia erano stati introdotti dal 1987 (delibera del CICR
del 23 dicembre 1986) dei coefficienti patrimoniali correlati al rischio. I sistemi di
regolamentazione adottati dai vari paesi presentavano comunque sostanziali differenze;
queste creavano condizioni di disparità, in termini di concorrenza, tra i sistemi stessi
soprattutto a causa del verificarsi, nel corso degli anni 80, di una crescente competizione
internazionale fra le banche.
L’Accordo di Basilea del 1988, per la prima volta ha stabilito delle regole precise sui requisiti di
capitale, che “legano” gli stessi ai rischi creditizi delle banche.
Gli obiettivi perseguiti erano principalmente due:

rafforzare la solidità e solvibilità del sistema bancario internazionale attraverso
l’introduzione di requisiti minimi di capitale correlati al rischio;

ridurre le differenze competitive fra le banche attive a livello internazionale attraverso
l’introduzione di un “approccio standard”.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
251
Entrambi gli obiettivi perseguivano un'unica finalità: ridurre il verificarsi di crisi bancarie senza
minare la concorrenza internazionale all’interno dell’industria bancaria.
7.2.2 I requisiti di capitale
Il Comitato ha strutturato i requisiti di capitale attraverso la definizione di tre elementi:
1. Il Capitale di vigilanza: è costituito dalle poste destinate a “coprire” la banca
nell’eventualità’ di perdite. Il capitale di vigilanza viene diviso in due blocchi denominati
TIER 1 (patrimonio di base) e TIER 2 (patrimonio supplementare). Il TIER 1 comprende il
Capitale Sociale, Utili non distribuiti e Riserve palesi mentre il TIER 2, che non può
superare il 50% del TIER 1 (percentuale portata al 100% nelle successive revisioni
dell’Accordo), è composto dalle Riserve occulte, dal Debito subordinato, dai Fondi Rischi e
dagli strumenti ibridi di capitale e di debito.
2. Il Rischio di Credito: rischio di inadempienza della controparte agli obblighi contrattuali. Il
rischio delle varie esposizioni creditizie, sia quelle in bilancio che quelle fuori bilancio,
viene quantificato in base a determinate ponderazioni: 0% per le attività considerate a
rischio nullo; 20% per le attività a rischio minimo; 50% per le attività a medio rischio e
100% per quelle a più alto rischio.
Tabella 1 – Le ponderazioni di rischio dell’Accordo di Basilea del 1988
Ponderazioni
di rischio
Contante e valori assimilati, crediti vs.
Banche centrali paesi OCSE; titoli di Stato
emessi da governi paesi OCSE
Crediti vs. Banche multilaterali di sviluppo o
garantiti da tali istituzioni o da titoli emessi
dalle medesime; titoli emessi da enti
pubblici USA
Mutui integralmente assistiti da garanzia
ipotecaria su immobili residenziali occupati
dal mutuatario o locati
0%
20 %
50 %
100 %
3.
Attività“in bilancio”
Attività “fuori bilancio”
Impegni analoghi all’erogazione di
credito con scadenza < 1 anno
Impegni di firma legati ad
operazioni commerciali (crediti
documentari con garanzia reale)
Facilitazioni in appoggio
all’emissione di titoli; altri impegni
all’erogazione di credito con
scadenza > 1 anno
Crediti vs. imprese private; partecipazioni in Sostituti diretti del credito
imprese private, crediti vs. Banche e governi (fideiussioni e accettazioni); cessioni
di paesi non OCSE
di attività pro solvendo con rischio
di credito a carico della banca
Il rapporto minimo tra il capitale e il rischio: l’accordo prevede che le Banche detengano
capitale in misura pari almeno all’8% delle attività ponderate per il rischio.
BANK’S CAPITAL RATIO = TIER 1 + TIER 2 / A* = 8 %
Esempio: su un prestito a PMI di 500 Euro si applicherà una ponderazione del 100% (vedi
tabella 1) quindi il capitale che la Banca deve detenere deve essere pari almeno a 40 Euro
(40/500 = 8 %); in caso di Mutuo dello stesso importo a soggetto privato garantito da ipoteca
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
252
su immobile residenziale si applicherà un coefficiente di ponderazione del 50% (vedi tabella 1)
quindi A* sarà uguale a 250 (500 Euro x 50 %) e il capitale minimo da detenere sarà pari ad
almeno 20 Euro (20/250 = 8%).
7.2.3 Osservazioni e critiche
I requisiti di capitale previsti dall’accordo di Basilea del 1988 sono stati oggetto di critiche in
quanto sin dall’origine e’ emerso che le indicazioni contenute non riflettono il rischio
sottostante.
In particolare e’ stato sostenuto che:
a) la diversità del merito di credito delle controparti, all’interno delle varie categorie, non
era considerata adeguatamente attribuendosi un’eguale ponderazione a banche,
imprese e stati sovrani con diversa rischiosità;
b) la scadenza dei crediti non era considerata un fattore di rischio mettendo sullo stesso
piano prestiti a breve, medio e lungo termine;
c)
il principio di diversificazione del portafoglio era del tutto trascurato;
d) non era previsto un adeguato incentivo all’utilizzo di tecniche di mitigazione del rischio
quali, ad esempio, garanzie reali, garanzie personali, credit derivatives e compensazioni
di attività “in bilancio”;
e) nella determinazione di A* venivano presi in considerazione esclusivamente i rischi di
credito escludendo sia i rischi di mercato che i rischi operativi.
L’evoluzione delle gestioni bancarie negli ultimi anni e, in particolare, dei rischi di credito (si
pensi ad esempio ai credit derivatives e alle complesse operazioni di securitisation) che le
banche fronteggiano ha indotto il Comitato di Basilea a rivedere l’accordo originario.
Attraverso numerose consultazioni si e’ giunti, nel gennaio 2001, alla pubblicazione del
“Nuovo accordo di Basilea sul capitale” comunemente definito “BASILEA 2”; con l’attuazione
che è partita da 1/1/2008.
7.3 Le regole di Basile 2
L’accordo del 1988 offriva sostanzialmente una sola opzione per misurare l’ammontare di
capitale appropriato per le banche, basata su coefficienti fissi. Il Nuovo Accordo presenta
invece tre approcci differenti, con diversi livelli di complessità metodologica, sia per la
misurazione dei rischi di credito, sia per la misurazione dei rischi operativi. L’impianto è quindi
più complesso, ma consente alle banche di utilizzare metodologie di misurazione più sensibili
ai rischi effettivamente sostenuti.
Gli approcci delineati hanno in particolare due finalità specifiche.
La prima e’ quella di saper cogliere nel modo più ampio possibile i rischi dell’attività’ bancaria
attivando un sistema di protezione più sensibile alla loro effettiva portata ed eliminando così
uno dei principali inconvenienti dell’Accordo del 1988.
La seconda e’ quella di mantenere l’attuale livello di capitale regolamentare a livello di
Sistema e, andando a differenziare tra le banche, premiare quelle con i portafogli di migliore
qualità e penalizzare le altre.
Basilea 2 si articola in tre “pilastri” che congiuntamente dovrebbero contribuire alla sicurezza
e alla stabilità dei sistemi finanziari:
Primo pilastro: requisiti minimi di capitale;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
253
Secondo pilastro: processo di revisione e controllo prudenziale da parte del regolatore
nazionale;
Terzo pilastro: disciplina di mercato.
Il primo pilastro stabilisce i requisiti minimi di capitale, mantenendo sia la definizione
dell’accordo del 1988 di capitale (capitale di base e capitale accessorio – Tier 1 e Tier 2) sia il
requisito minimo dell’8% tra capitale ed attivo ponderato per il rischio.
Patrimonio di Vigilanza
__________________________ ≥ 8%
Attività Ponderate per il Rischio
La novità sostanziale riguarda i miglioramenti nella misurazione dell’attivo a rischio, ossia il
denominatore del rapporto.
I metodi per la misurazione del rischio di credito sono più elaborati e viene introdotta per la
prima volta una misura dei rischi operativi (rischi di perdite dirette o indirette risultanti
dall’inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure
da eventi di origine esterna).
I rischi di mercato (rischio tasso di interesse e rischio azionario nei portafogli di negoziazione,
rischio valutario e rischio sulle posizioni in merci della banca) invece erano già stati presi in
esame in occasione delle modifiche apportate nel 1996.
Il rischio di tasso di interesse sul banking book viene approfondito nel secondo pilastro.
Il Comitato ha formulato le seguenti ipotesi sul peso percentuale dei rischi nel requisito
patrimoniale previsto dal nuovo accordo:

Rischio di Credito 72%

Rischio Operativo 20%

Rischio di Mercato 8%.
Il secondo pilastro è teso a verificare che ogni banca abbia processi interni validi per valutare
l’adeguatezza del proprio capitale, basati su una valutazione comprensiva dei propri rischi. In
questo pilastro e’ compresa la validazione, da parte del supervisore, dei sistemi interni di
rating e la valutazione di strumenti, strutture organizzative e processi gestionali finalizzati
all’utilizzo dei sistemi di misurazione e gestione del rischio di credito.
Il controllo prudenziale si fonda sull’applicazione di quattro principi chiave:
a) le banche devono disporre di un procedimento per determinare l’adeguatezza
patrimoniale complessiva in rapporto al proprio profilo di rischio e di una strategia per il
mantenimento dei livelli patrimoniali;
b) le autorità di vigilanza devono verificare e valutare il procedimento interno di
determinazione dell’adeguatezza patrimoniale delle banche e la connessa strategia,
nonché la loro capacità di monitorare e assicurare la conformità con i requisiti
patrimoniali obbligatori. Le autorità di vigilanza devono adottare appropriate misure
prudenziali qualora non siano soddisfatte dei risultati di tale processo;
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
254
c)
d)
le autorità di vigilanza devono attendersi che le banche operino con una dotazione
patrimoniale superiore ai coefficienti minimi obbligatori e devono avere la facoltà di
richiedere alle banche di detenere un patrimonio superiore al minimo regolamentare;
le autorità di vigilanza devono intervenire preventivamente per evitare che il patrimonio
di una banca scenda al di sotto dei livelli compatibili con il suo profilo di rischio e devono
esigere pronte misure correttive se la dotazione di patrimonio non è mantenuta o
ripristinata.
Il terzo pilastro punta ad un’accresciuta disciplina di mercato, attraverso una maggiore
trasparenza e comunicazione da parte delle banche per quanto riguarda il proprio profilo di
rischio e la relativa adeguatezza del capitale detenuto, nonché gli strumenti, le metodologie e
i processi implementati.
7.3 L’applicazione di Basilea 2 e i riflessi sull’attività creditizia
7.3.1 La valutazione del merito creditizio :il rating
L’applicazione da partire dal 1/1/2008 ha portato le banche ad una riorganizzazione completa
dell’attività di concessione del credito e del suo controllo.
Lo snodo fondamentale è quello di misurare il merito di credito con un voto, attraverso un
metodo di calcolo "Rating" che valuta l'impresa e la sua attitudine a generare nel tempo le
risorse necessarie al pagamento dei debiti contratti per l'acquisizione dei fattori produttivi,
quindi del loro specifico livello di solvibilità. Può essere valido per un solo anno, per l’intera
durata dell’operazione o per quella del rapporto con l’azienda, per permettere sia una diversa
attribuzione del rating iniziale, sia un mutamento nel tempo dello stesso. Il Comitato ha
consentito alle banche la scelta tra due metodologie per il calcolo dei requisiti patrimoniali a
fronte del rischio di credito:

l’Approccio Standard

l’Approccio dei Rating Interni (IRB), suddiviso in IRB base o Foundation e IRB avanzato o
Advanced.
La novità dell’Approccio Standard consiste nell'introduzione di diversi livelli di ponderazione
nell’ambito della stessa categoria di soggetti mentre nell’Accordo del 1988, per le imprese,
per esempio,era previsto un solo coefficiente di ponderazione di 100%. Le diverse
ponderazioni previste dal Comitato all'interno di ogni categoria corrispondono ai diversi livelli
di rischio di credito espresso in termini di rating, dalle agenzie di rating specializzate. Le
banche che adottano questo metodo, quindi, in presenza di un soggetto dotato di rating
esterno potranno immediatamente individuare il coefficiente di ponderazione corrispondente
ad un determinato livello di rischio. In Italia non è stata adottata .
Ha trovato la sua piena applicazione L’Approccio dei Rating Interni (IRB), che è fondato sullo
sviluppo, da parte di ogni banca, di un sistema interno di rating a condizione di possedere
alcuni requisiti minimi validati dalle Autorità di Vigilanza nazionali, nel nostro caso la Banca
d’Italia.
I coefficienti di ponderazione, pertanto, non sono rigidi come nel metodo standard ma
vengono calcolati attraverso specifiche funzioni di ponderazione, che, oltre ad essere ripartiti
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
255
in relazione a determinate categorie a tener conto delle diverse caratteristiche delle
controparti e della tipologia di attività, dovranno anche essere basati su una molteplicità di
parametri quali:

PD- la probabilità di insolvenza della controparte (Probability of Default ), cioè la
probabilità che un soggetto diventi insolvente: dipende essenzialmente dalle condizioni
economico-finanziarie dell’impresa e del relativo settore;

LGD - il tasso di perdita in caso di insolvenza (Loss Given Default ), cioè la perdita
definitiva del credito rispetto all’ammontare erogato, che dipende in misura rilevante
dalle garanzie;

EAD- l’esposizione economica al momento del default (Exposure at default );

M- la vita residua dell’operazione (Maturity ) che è di due anni e mezzo nella versione
base, mentre nella versione avanzata la maturità viene calcolata sulla singola
esposizione;

G- la mitigazione del rischio (Guaranty ), in presenza di garanzie;
La nuova normativa considera anche un altro elemento di rischio: il grado di diversificazione
del portafoglio impieghi di una banca Granularity), secondo cui le banche, definito un
portafoglio di riferimento, devono valutare se il proprio portafoglio presenta un grado di
diversificazione migliore o peggiore rispetto al benchmark. Nel caso sia migliore sono previsti
“sconti” sui requisiti da applicare alla somma degli attivi del portafoglio bancario; nel caso sia
peggiore sono previste delle penalità.
L’IRB Base prevede, come regola generale, che le banche stimino internamente solo la
probabilità di insolvenza (PD) mentre i parametri relativi alle altre variabili vengono forniti
dall’Autorità di Vigilanza (Banca d’Italia); nell’IRB Avanzato invece la stima di tutte le variabili
di rischio è lasciata alla banca a condizione che vengano rispettati gli specifici requisiti di cui
sopra.
Le banche di maggiori dimensioni hanno adottato propri modelli interni (validati da Banca
d’Italia) , mentre le banche più piccole hanno utilizzato il modello base.
Entrambi i modelli, attualmente messi a punto da parte delle Banche, prevedono la
determinazione del valore del parametro PD come risultante di una valutazione effettuata su
tre componenti fondamentali:
1 - la “Componente quantitativa” riguarda essenzialmente l’esame del bilancio, effettuato
tramite le tecniche degli indici (ratios) e dei flussi.
I ratios di bilancio infatti forniscono indicazioni segnaletiche di sintesi sulle condizioni
patrimoniali (indicatori di solidità), economiche (indicatori di redditività) e finanziarie
(indicatori di liquidità) dell’impresa.
L’ esame dei flussi finanziari ( flussi finanziari globali, di capitale netto e di cassa)è pertanto
finalizzato a verificare il fabbisogno finanziario dell’impresa.
Vengono altresì effettuate analisi quantitative di tipo previsionale per quantificare la capacità
di rimborso dell’impresa. In tal caso, dal punto di vista tecnico, gli strumenti utilizzati sono i
bilanci prospettici, attraverso i quali si cerca di costruire, a una o più date future, il conto
economico e lo stato patrimoniale e, quindi, i redditi previsti ed i fabbisogni finanziari futuri.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
256
Tabella di riepilogo area indagine quantitativa Basilea 2
Struttura finanziaria
Valutazione del grado di coinvolgimento dei vari
portatori di capitale nel finanziamento dell’impresa
e degli equilibri tra la struttura del passivo e
dell’attivo
Gestione del circolante
Valutazione degli equilibri fra le masse a breve
termine dello SP e delle caratteristiche delle
singole componenti del circolante
Crescita
Analisi dell’andamento del fatturato e del risultato
della gestione caratteristica, considerando anche
l’economia in generale e il settore in particolare
Capacità di rimborso del
debito
Analisi della capacità dell’impresa
sostenere il peso del debito finanziario e
supportare la propria gestione finanziaria
condizioni di equilibrio.
Analisi della capacità dell’impresa
sostenere il peso del debito finanziario e
supportare la propria gestione finanziaria
condizioni di equilibrio
Capacità reddituali
di
di
in
di
di
in
















PN / (debiti totali – liquidità)
PN/attivo
PN/(debiti finanziari – liquidità)
PN/attivo immobilizzato
Capitali permanenti/
attivo immobilizzato
Liquidità immediata
Liquidità corrente
Durata media scorte
Tempi medi di incasso
Tempi medi di pagamento
Var.% ricavi vendita
Var.% valore produzione
% valore aggiunto
% EBIDTA (Risultato op.lordo)
Cash flow /(debiti finanziariliquidità)
 Oneri finanziari/Ebidta
 Ebidta /ricavi vendite
 Cash flow/ ricavi vednite
 Cash flow / attivo
2 - la “Componente comportamentale” basata su dati storici relativi al rapporto BancaImpresa. Per cui riguarderanno:
il rapporto con la banca e il sistema bancario (le movimentazioni del conto corrente, i
beneficiari degli assegni emessi, i traenti degli assegni accreditati, le firme, la natura e la
regolarità, le scadenze originarie, i rinnovi e i richiami del portafoglio cambiario, le eventuali
segnalazioni della Centrale dei Rischi sulla posizione globale di rischio).
3 - la “Componente qualitativa” basata sulla raccolta di informazioni di tipo qualitativo
sull’impresa; riguardanti, da un lato, la struttura e l’andamento del settore in cui opera
l’impresa e, dall’altro, le caratteristiche generali e le politiche di gestione dell’impresa stessa
con particolare riferimento all’andamento dei rapporti con il sistema bancario, nonché la
fondatezza dei suoi programmi futuri. Per cui riguarderanno:
- la situazione generale del settore in rapporto allo stato della congiuntura economica;
- la struttura del settore (tipologia dei prodotti, tecnologia e sistemi di produzione, capacità
produttiva installata e utilizzata, i volumi e i costi di produzione, il numero e le dimensioni
delle imprese, il grado di concentrazione, il fatturato e le quote di mercato, i prezzi di vendita,
i canali di distribuzione, le politiche di marketing e le previsioni sull’andamento del settore);
- le caratteristiche generali e le politiche di gestione dell’impresa (la struttura organizzativa e
la capacità dei dirigenti, le politiche di produzione, di approvvigionamento e la gestione delle
scorte, le politiche di vendita, la posizione dell’impresa nei confronti della concorrenza, la
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
257
valutazione della fondatezza dei futuri programmi e le previsioni sull’andamento delle
principali quantità economiche aziendali).
Le informazioni rappresentate dalla componente qualitativa sono quelle che un corretto
Business Plan dovrebbe fornire.
Le principali trasformazioni che l’adozione da parte delle banche del sistema di rating
comporterà nel modo di fare impresa, riguarderanno la funzione finanziaria e la
comunicazione. Il rating quindi si può definire come il risultato di un articolato processo di
analisi delle tre componenti sopra esposte, per cui l’imprenditore sarà chiamato a fornire
maggiori informazioni sulla propria condizione operativa, economica e finanziaria. Peseranno
pertanto i risultati ottenuti, le scelte strategiche attuate, l’attendibilità dei dati di bilancio, la
frequenza e la precisione delle informazioni finanziarie ed economiche a consuntivo e la
capacità di elaborare informazioni finanziarie ed economiche a preventivo. La comunicazione
passerà sempre più attraverso informazioni di natura contabile ed extracontabile. Cambierà il
rapporto banca-impresa, che rappresenterà un’opportunità per introdurre dei cambiamenti
organizzativi, sul piano interno e ridisegnerà le reciproche modalità di relazione, su quello
esterno.
Ma quali sono le misure che le PMI dovrebbero adottare in funzione della valutazione di rating
da parte delle banche (processo peraltro in corso e in fase di test):
1 - aumentare la capitalizzazione,
potenziando la gestione strategica e finanziaria. Qualsiasi sistema di rating, infatti, prende in
esame i dati di bilancio, i mezzi propri utilizzati dall’impresa e il livello di indebitamento. Un
buon livello di capitalizzazione, quindi, è la prima condizione da soddisfare per aspirare a un
buon giudizio di rating. Per capitalizzazione s’intende il progressivo incremento del
patrimonio netto aziendale (o gestione del capitale proprio o mezzi propri) rispetto al totale
delle attività/passività, mediante il rafforzamento del capitale sociale, delle riserve di utili,
delle riserve di capitale e di rivalutazione. Il patrimonio di un’impresa nasce con l’apporto del
capitale sociale, ma dovrebbe poi crescere attraverso l’accumulo degli utili aziendali non
distribuiti. Se ciò non dovesse accadere, non è dovuto sempre all’incapacità dell’imprenditore
di generare redditi, quanto piuttosto alla sottostima dei componenti positivi del reddito
stesso. .Anche se il processo di capitalizzazione in Basilea 2 sostanzialmente riguarda le
banche, queste richiederanno, di conseguenza, alle imprese di migliorare il rapporto tra
debito e patrimonio. Con la “riforma del diritto societario” il legislatore italiano ha voluto dare
una risposta all’esigenza di patrimonializzazione delle Pmi italiane, introducendo delle novità
in materia di conferimenti e di finanziamenti soci volte a favorire questa esigenza. Il
rafforzamento della struttura finanziaria, invece, consente all’impresa di utilizzare
correttamente le fonti finanziarie rispetto ai fabbisogni finanziari (cioè finanziare gli
investimenti con prestiti a m/l termine) e ottenere una gestione economica equilibrata, cioè la
capacità di remunerare adeguatamente le fonti di finanziamento
2 - migliorare l’organizzazione interna,
migliorando, per esempio, il sistema di controllo interno che può garantire una migliore
affidabilità dei dati trasmessi all’esterno;
3 - valorizzare le potenzialità positive dell’impresa, come ad esempio, la qualità, il design,
elementi che l’impresa deve trasmettere al suo principale referente, la banca appunto.
4 - imparare a comunicare in modo continuo, efficiente e professionale con il sistema
finanziario.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
258
b) La funzione finanziaria e la comunicazione
Le PMI italiane sono caratterizzate da un assetto proprietario a forte valenza familiare, con
riflessi non secondari sul piano del governo dell’impresa. Per quanto riguarda in particolare la
finanza d’impresa, le PMI evidenziano spesso delle carenze nella funzione finanziaria, funzione
che non viene percepita dall’imprenditore come strategica, al pari di altre funzioni, come per
esempio la funzione produzione o la funzione commerciale. Sul piano operativo, l’assenza di
un direttore finanziario distinto dal direttore amministrativo, si potrebbe riflettere in una
sostanziale scarsità di strumenti di previsione e di pianificazione, sia di breve che di mediolungo termine, e nella mancanza di adeguate metodologie di analisi e valutazioni a supporto
delle decisioni di investimento e finanziamento. L’adozione da parte delle banche di sistemi
trasparenti fondati su una base oggettiva di analisi, capaci di discriminare tra debitori di
migliore qualità e debitori con una solvibilità peggiore, dovrebbe indurre le PMI a prestare
maggiore attenzione alla funzione finanza, spingendole di fatto a una più attenta auto-analisi
e ad attuare una pianificazione strategica e finanziaria. Le PMI in pratica, si dovrebbero
rendere conto che hanno la possibilità di affrontare la prova dei rating in modo pro-attivo e
non di subirlo passivamente, che hanno, anzi, la possibilità di far leva su questo per accedere
al credito a condizioni più favorevoli. Serve la consapevolezza che fare impresa non significa
soltanto attuare processi produttivi, ma che bisogna anche saperli organizzare in maniera
efficiente, valutando in via preventiva i fabbisogni finanziari che essi generano, individuando
le opportune fonti di finanziamento da utilizzare, garantendo nel contempo una congrua
remunerazione per i conferenti capitali. Sul piano interno, le PMI dovrebbero provvedere al
rafforzamento della funzione strategica e finanziaria attraverso l’implementazione di un
sistema informativo aziendale in grado di gestire in modo efficace le informazioni economicofinanziarie che si producono in azienda nelle diverse aree funzionali. La cultura del rating
avvantaggerà di fatto quelle imprese che sapranno individuare, analizzare e valutare i propri
fattori di rischio, riscontrabili nel settore di appartenenza e nell’ambiente competitivo di
riferimento, e a determinare i propri punti di forza e le opportunità da far valere o cogliere,
nonché i punti di debolezza e le minacce da affrontare. È pertanto indispensabile introdurre in
azienda l’uso di modelli di pianificazione sia di breve che di lungo termine, basati sull’attività
di business planning e di simulazione.
A livello finanziario, invece, è opportuno integrare un’attività di budgeting di breve periodo
alla formulazione di piani previsionali a medio termine e a un sistema di reporting efficace. La
pianificazione nel tempo della struttura finanziaria non può, tuttavia, prescindere dallo
scenario di mercato e dalle strategie competitive che si intendono adottare. Per quanto
riguarda la comunicazione, il sistema di regole delineato dal primo pilastro del Nuovo Accordo
evidenzia l’importanza, sul piano relazionale, di una comunicazione di qualità tra le banche e
le PMI.
Quest’ultime saranno chiamate a cambiare il loro approccio culturale e strutturale nei
confronti delle banche e a fornire loro informazioni attendibili in modo continuo, veloce e
comprensibile, pena una maggiore percezione del rischio da parte delle banche e, di
conseguenza, maggiore difficoltà di accesso al credito. La certificazione del bilancio potrebbe
costituire un valido supporto per una crescita qualitativa globale dell’impresa, favorendo allo
stesso tempo un rapporto banca-impresa più trasparente e fiduciario e un rating migliore
all’impresa. Le PMI dovranno dimostrare al sistema finanziario la validità dei propri progetti,
abbandonando, innanzitutto, le attuali politiche di bilancio tradizionalmente volte a
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
259
minimizzare l’imposizione fiscale, causa spesso di scarsa trasparenza dei bilanci attuali. In
secondo luogo, l’Accordo intende spingere le imprese a ridurre il ricorso esclusivo al capitale
di terzi (indice di sottocapitalizzazione dell’impresa), finalizzato spesso a coprire i fabbisogni
dell’impresa e i prelevamenti dei soci, qualora i margini generati dalla gestione non siano
adeguati a remunerare e a rimborsare il capitale di terzi. Siccome Basilea 2 impone alle
banche la copertura del rischio attraverso mezzi propri, è evidente che le banche, a loro volta,
chiederanno alle imprese una maggior presenza di capitale proprio (capitale di rischio) e
minore indebitamento finanziario. L’efficienza delle scelte relative alla struttura patrimoniale
e finanziaria, nonché la valutazione della capacità di crescita, diventano presupposti
fondamentali per l’equilibrata gestione dell’impresa.
1-penalizzazione del finanziamento alle piccole e medie imprese (PMI) in conseguenza dei
sistemi di rating interni adottati dalle banche.
Le piccole e medie imprese, normalmente dotate di minor capitale di rischio, potrebbero
quindi andare incontro a una contrazione dei prestiti all'investimento concessi. Così, gli
imprenditori delle PMI a causa di minori garanzie creditizie, vedrebbero peggiorare le
condizioni loro praticate con un effetto di compressione della loro capacità di indebitamento e
di revisione delle opportunità di indebitamento.
In pratica, le banche sarebbero indotte a ridurre il credito destinati alle PMI e, al contempo,
ad aumentare i tassi di interesse.
2. problematiche legate alla prociclicità finanziaria: nei periodi di rallentamento economico,
l’Accordo avrebbe l’effetto di indurre le banche a ridurre gli impieghi, causa il crescere del
rischio, con la potenziale conseguenza di inasprire la crisi stessa;
3. possibile sostenimento di costi aggiuntivi da parte delle PMI nel rapporto con gli
intermediari finanziari;
4. possibile spersonalizzazione del rapporto banca-impresa, a causa di un utilizzo maggiore
della tecnologia e delle metodologie quantitative.
A questi potenziali rischi si contrappongono opportunità, al contrario sono state ipotizzate
anche delle opportunità per le PMI quali :
a. il miglioramento allocativo delle risorse finanziarie da parte del sistema
bancario, evitando il razionamento del credito;
b. la significativa riduzione delle distorsione di prezzo (mispricing) tra le PMI “meritevoli” e
quelle “non meritevoli”, invece di un aumento generalizzato del costo del credito, per cui il
rating diverrà variabile strategica per regolare l’accesso al credito e il relativo costo per le
PMI;
c. il possibile rafforzamento nel rapporto Banca-Impresa che sarà maggiormente orientato
alla trasparenza reciproca. Tale rafforzamento porterà benefici nel medio -lungo termine,
determinato dalla accresciuta disponibilità di informazioni;
d. la possibilità di individuare, all’interno del macro-segmento PMI, dei micro segmenti sulla
base di diverse formule imprenditoriale ed esigenze finanziarie.
Un ‘altra possibile variazione potrebbe riguardare Il ruolo dei Confidi
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
260
Il nuovo accordo di Basilea 2 ha suscitato preoccupazioni sulle possibili conseguenze sul
finanziamento delle PMI e ha portato in primo piano il problema della validità delle garanzie
utilizzabili ai fini della mitigazione del rischio di credito, cioè delle tecniche per ridurre i rischi
di credito a cui incorrono le banche. Di conseguenza si pone l’accento anche sul ruolo dei
Confidi. Basilea 2, infatti, prevede una serie di criteri e di condizioni specifiche per il
riconoscimento delle garanzie ai fini della mitigazione del rischio di credito, che potrebbero
portare ad escludere le garanzie di tipo consortile.
Mentre in passato, secondo i canoni di Basilea 1 ogni banca godeva di ampia discrezionalità
nel decidere il valore da attribuire alla garanzia conferita da un Confidi, nel nuovo contesto
questa garanzia ha valore solo nella misura in cui permette di migliorare il rating della
controparte interessata. E per determinare questo miglioramento del rating dell’impresa
garantita il Confidi deve possedere esso stesso un rating, esterno o interno, più elevato di
quello dell’impresa assistita e riuscire a trasmettere il suo rating, più elevato, a beneficio
dell’impresa assistita nel rapporto debitore di quest’ultima con la banca.
Le garanzie riconosciute utili ai fini della mitigazione dell’assorbimento del capitale sono:

le garanzie reali (financial e physical collateral) che hanno la funzione di ridurre la
perdita in caso di insolvenza (Loss Given Default – LGD)

le garanzie personali (rilasciate da persone fisiche o giuridiche);

i derivati di credito, che consentono la sostituzione della probabilità di insolvenza
(Probability of Default- PD) del soggetto garantito con quella del garante o per la
riduzione della LGD.
Come si vede, tra gli strumenti di mitigazione non vengono esplicitamente riconosciute le
garanzie collettive dei Confidi. Tradizionalmente hanno operato per rendere più agevole e
meno oneroso l’accesso al credito da parte delle PMI ed hanno giocato un ruolo importante
per lo sviluppo di determinate aree geografiche e/o per l’attenuazione di problemi
concernenti specifiche fasce di prenditori, sebbene attraverso un’offerta largamente
diversificata. Non a caso la loro funzione si è andata rafforzando nei periodi in cui determinati
fattori esogeni (crisi congiunturale, recessione economica, inflazione, normative con effetti
restrittivi sul credito) hanno reso maggiore l’onerosità dell’indebitamento o del razionamento
del credito nei confronti di prenditori marginali.
A titolo esemplificativo si ricorda che i Confidi prestano garanzie alle banche convenzionate
sui finanziamenti che le banche erogano agli associati dei Confidi.
A garanzia dell’assolvimento dell’impegno fideiussorio di solito limitato dal 30% al 50% del
rischio dei credito i Confidi costituiscono:

i fondi rischi monetari,
il fondo collettivo di garanzia, è costituito dai contributi versati dagli associati, sia fissi che in
percentuale, alla garanzia ottenuta. Tale fondo viene utilizzato dai Confidi per far fronte alle
richieste effettuate dalle banche finanziatrici circa la copertura totale o parziale delle perdite
originate da insolvenza degli associati. Secondo Basilea 2 tale forma di garanzia non soddisfa i
requisiti per una deduzione delle ponderazioni, in quanto tale garanzia ha solo la capacità di
ridurre le perdite sopportate in caso di insolvenza dell’affidato. Secondo le attuali convenzioni
tra banche e Confidi, è previsto, per esempio, che il fondo monetario copra il 50% delle
perdite generate dai prestiti garantiti, non producendo di fatto alcuno sconto. Anche secondo
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
261
Basilea 2 le garanzie dei Confidi non sono direttamente inquadrabili come garanzie reali o
personali, in quanto non possiedono i requisiti oggettivi (minimi e operativi) e i requisiti
soggettivi del garante caratteristiche che le garanzie dei Confidi dovrebbero rispettare per
poter essere riconosciute valide per l’attenuazione della copertura patrimoniale
dell’esposizione al rischio di credito delle banche. La loro capacità di mitigazione varia anche
in relazione ai metodi di valutazione del rischio che saranno adottati dalla banca: con il
metodo standard (standard approach) o l’Approccio di Base (Foundation) i requisiti previsti
sono più restrittivi, mentre con il metodo IRB Avanzato (Advanced) le banche hanno maggiore
discrezionalità nell’utilizzo delle garanzie; infatti devono solo dimostrare all’Autorità di
Vigilanza la capacità delle garanzie acquisite di attuare un’effettiva mitigazione del rischio di
credito, indicando il grado di copertura, gli obblighi e la tempistica del rimborso.
Le banche che invece adotteranno l’approccio avanzato (advanced) possono procedere, sulla
base di criteri validati dall’organo di vigilanza, ad una stima autonoma di tutte le componenti
di rischio e, quindi, anche degli strumenti di garanzia che incidono su tali componenti.
Pertanto, gli elementi oggettivi portano ad escludere l’ammissibilità delle garanzie individuali
rilasciate dai Confidi, in quanto tali garanzie reali sono prestate a fronte del fondo monetario
costituito dal Confidi presso la banca che però è posto a copertura di una pluralità di
affidamenti bancari e in base ad una certa percentuale: pertanto gli affidamenti garantiti non
risultano singolarmente coperti dal fondo rischi, come invece richiesto dal documento di
Basilea.
Il timore che tale situazione potesse determinare un ridimensionamento del ruolo tipico dei
Confidi ha condotto il legislatore italiano a introdurre nell'ordinamento una completa e
organica riforma del settore dei Confidi (L. 326 del 24/11/2003 “Riforma Confidi), che sta già
creando le condizioni per un rafforzamento strutturale ed operativo del sistema dei Confidi
coerenti con lo scenario normativo e di mercato che si va delineando a seguito
dell’emanazione del Nuovo Accordo di Basilea. La legge infatti circoscrive l’ambito di
applicazione della materia offrendo la definizione di Confidi sia dal punto di vista soggettivo,
che dal punto di vista oggettivo, chiarendo inoltre che l’attività di garanzia collettiva consiste
“nell’utilizzazione di risorse provenienti in tutto o in parte dalle imprese consorziate o socie
per la prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzie volte a favorirne il finanziamento
da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario”. Dall’entrata in
vigore della legge, i Confidi già costituiti avranno due anni di tempo per adeguare la propria
struttura patrimoniale all’insieme dei requisiti dimensionali previsti.
Accanto ai Confidi “tradizionali” che continuano ad essere regolati dall’art. 155 del TUB e la
cui attività è limitata alla prestazione di garanzie a favore delle PMI aderenti, sono previste
due nuove tipologie di Confidi:

gli “intermediari finanziari”

le “banche di garanzia”,
che, al raggiungimento di determinate soglie di volume di attività e di patrimonio, sono tenuti
ad iscriversi all’elenco speciale degli intermediari finanziari non bancari, che comporterà
l’assoggettamento alla vigilanza della Banca d’Italia e la possibilità di diversificare le proprie
attività: attività di prestazione di garanzia a favore dei soci, attività finanziarie a favore di soci
e di terzi e attività nei confronti del pubblico, sebbene quest’ultima in via residuale.
Agli “intermediari di garanzia” inoltre, è stato imposto l’obbligo di dotarsi di un sistema
informativo e contabile, di metodi di misurazione e gestione dei rischi e di strutture di
controllo interno adeguati al volume ed alla complessità delle attività svolte, permettendo
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
262
loro di produrre importanti risultati in termini di rafforzamento della loro credibilità nei
confronti del sistema bancario e le premesse per lo sviluppo di nuovi servizi di tipo
informativo da offrire alle banche e alle società di rating interessate alla valutazione delle PMI
aderenti.
Attualmente molti confidi, anche attraverso operazioni di accorpamento, si sono trasformati
in intermediari ex art. 107 e sottoposti alla Vigilanza della Banca d’Italia.
Mentre per i Confidi più grandi la trasformazione in banca di garanzia, invece, costituisce il
superamento degli ostacoli imposti da Basilea 2, dato che il garante viene a coincidere con la
banca, che costituisce uno dei soggetti abilitato alla prestazione di garanzie personali.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
263
Capitolo 8
L’internazionalizzazione delle imprese e le principali forme di
regolamento e finanziamento nel commercio internazionale.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
264
8. 1
IL COMMERCIO CON L’ESTERO
8.1.1 Esportare o Importare: come fare?
Esportare o importare beni e servizi, comporta una serie di problemi di tipo economico,
normativo e valutario, a volte semplici ed a volte più complessi. Un piano di esportazione
consiste principalmente di due fasi: una fase informativa ed una fase operativa. Per quanto
riguarda la fase informativa è innanzitutto necessario compiere una valutazione preliminare
delle aree potenzialmente più interessanti per il prodotto da esportare. A tal fine si possono
utilizzare per esempio i dati relativi ai flussi commerciali per prodotto e per area geografica
disponibile presso l'ISTAT e l'UIC. Nella fase di tipo informativo è essenziale reperire quante
più informazioni è possibile in tempi brevi ed a costi accessibili. Per questo motivo, il ruolo dei
servizi all’internazionalizzazione per sistemi di imprese, erogati dal mercato privato o da
strutture pubbliche o rappresentative di interessi aggregati, è andato fortemente crescendo
negli ultimi anni, in connessione e parallelamente con i processi di internazionalizzazione e di
mondializzazione dell’economia e con gli sviluppi del processo di integrazione dell’Europa
comunitaria. Il problema principale del settore dei servizi all’internazionalizzazione, pur nel
contesto della sua crescente rilevanza per i sistemi di impresa, sta ancora oggi nei limiti di
visibilità e di definizione. Infatti, esso si colloca molto spesso nel quadro di strutture di servizio
più generali, che erogano una molteplicità di servizi, fra i quali, e spesso in misura ancora
marginale, quelli all’internazionalizzazione (questo accade ad esempio per le banche o per le
società di pubblicità o ancora per la maggior parte degli studi professionali). Le stesse
strutture di servizio pubbliche o associative, presentano in molti casi una caratteristica simile,
cioè offrono servizi all’internazionalizzazione (e in misura limitata) solo nel contesto di
funzioni più generali. Questo fatto rende il settore dei servizi all’internazionalizzazione ancora
poco visibile e trasparente. In altre parole, questi servizi, sembrano collocarsi in un mercato
per più aspetti “imperfetto” dove domanda ed offerta hanno non poche difficoltà a
riconoscersi e quindi ad incontrarsi proficuamente. In particolare, sembra ancora molto
debole, un’esplicita domanda di servizi all’internazionalizzione da parte delle PMI. Esse
tendono ad esprimere una domanda esplicita, solo se sollecitate da soggetti “visibili” ed
“attraenti”. In un contesto, sostanzialmente di mercato ancora in costruzione, il ruolo delle
strutture di offerta pubbliche e delle strutture rappresentative di interessi aggregati
(associazioni ed anche consorzi di export) appare particolarmente importante e per certi
aspetti strategico.
Le organizzazioni che offrono un apporto all’internazionalizzazione delle imprese per quanto
riguarda l’offerta pubblica sono:
 le Regioni,
 i centri esteri delle Camere di commercio,
 le banche dati (tra queste ricordiamo: ITIS, Mark, IBIS, STEN, NODO)
 l’Istituto Nazionale per il Commercio con l’estero.
8.2 Analisi di un mercato estero
Vediamo ora nel dettaglio come si fa l’analisi di un mercato estero.
Per vendere all’estero un prodotto il primo passo che le imprese devono compiere è quello di
procedere ad un’attenta analisi dei mercati esteri, al fine di raggiungere due obiettivi
principali:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
265
individuare nuovi mercati
seguire costantemente i mercati nei quali l’impresa già opera ed individuare
tempestivamente eventuali variazioni della domanda.
Poiché inoltre, l’ingresso in un mercato comporta sempre il sostenimento di costi, prima di
trovare una forma di penetrazione commerciale all’estero occorre trovare un metodo per
selezionare i mercati che hanno una domanda potenziale superiore ad una soglia minima
accettabile.
Per individuarli bisogna passare attraverso tre fasi:
-
1. Selezione dei mercati con maggiore potenziale;
2. Analisi “a tavolino”;
3. Analisi in profondità: Rapporto prodotto/mercato.
Va poi sottolineato che quando l’impresa è già entrata su un mercato ed ha già sviluppato una
certa politica commerciale è comunque necessario continuare a fare analisi molto attente per
più ragioni: la domanda cambia costantemente, i concorrenti propongono prodotti nuovi e le
prospettive di lungo termine possono cambiare. In questo caso la ricerca si deve limitare non
solo a quanto è avvenuto o sta avvenendo, ma si deve spingere a previsioni di breve e medio
periodo. E’ necessario quindi predisporre un sistema di analisi dei sintomi che preannunciano i
cambiamenti della situazione economica, sociale e politica, occorre seguire costantemente le
strategie adottate dalla concorrenza, l’evoluzione dei gusti del consumatore per quanto
riguarda i beni di consumo e le esigenze dei potenziali compratori per quanto riguarda i beni
strumentali.
8.3
L'attività doganale negli scambi con l'estero
L’intervento dello stato negli scambi internazionali di merci è provocato principalmente da
due esigenze: la necessità di regolare l’attività commerciale e l’interesse a procurarsi un flusso
di entrate tributarie. Tale intervento è attuato attraverso l’azione delle dogane, che
costituiscono per tale ragione, gli organi di politica commerciale ed economica della Stato. La
loro attività non attiene solo agli aspetti economici e tributari, ma anche ai settori sanitario,
fitopatologico, di difesa del patrimonio artistico, di polizia e di statistica. L’attività economica
internazionale, che ha assunto un rilievo sempre maggiore negli ultimi anni, è stata regolata
ed istituzionalizzata mediante accordi e organizzazioni internazionali. Particolare importanza
nel contesto della cooperazione internazionale, ai fini della progressiva liberalizzazione degli
scambi commerciali, ha assunto l’attività che si è sviluppata a seguito della conclusione il 30
Ottobre 1947 a Ginevra, dell’accordo generale sulle tariffe e sul commercio (Gatt). Sull'attività
doganale hanno avuto un forte impatto la creazione della Ceca nel 1951 e della Cee e Ceca nel
1957. Ai sensi dell’articolo XXIV del Gatt, nell’ “unione doganale” si ha la sostituzione di un
solo territorio doganale a due o più territori doganali in modo che:

dazi doganali ed altre norme restrittive degli scambi commerciali siano eliminati nel
complesso dei territori costitutivi dell’unione;

dazi doganali identici, e altre norme pure identiche, siano applicati da ciascuno dei
membri dell’unione al commercio con i territori che non fanno parte della stessa.
Gli Stati dell’unione doganale, a differenza di quelli della “zona di libero scambio”, applicano
nei confronti degli Stati terzi, una tariffa doganale e una politica commerciale comune. Vige
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
266
inoltre al suo interno il principio della “libera pratica” e non il principio dell’origine. Questo
significa che possono circolare liberamente all’interno dell’unione sia i prodotti originari degli
Stati membri, sia quelli provenienti da Paesi terzi per i quali siano state adempiute in uno degli
Stati membri le formalità di importazione e riscossi i dazi doganali e che non abbiano
beneficiato di un ristorno totale o parziale dei dazi. In particolare nella Comunità europea, la
libera circolazione delle merci è consentita alle merci originarie della comunità stessa ed alle
merci terze per le quali sono stati assolti, in un paese membro i dazi previsti dalla tariffa
esterna comune, e le altre formalità previste all’importazione per le merci extracomunitarie,
venendo così a trovarsi in una posizione simile a quella delle merci comunitarie, che è definita
di libera pratica dal trattato.
8.4 accordi con gli Stati terzi
Essi vanno suddivisi in base alla reciprocità o meno del trattamento preferenziale. Si avranno
quindi: accordi basati sull’istituzione progressiva di un’unione doganale o di una zona di libero
scambio ai sensi delle regole del Gatt; accordi che stabiliscono trattamenti preferenziali da
parte della Comunità, senza obbligo di reciprocità, a taluni Paesi a titolo di “aiuti allo
sviluppo”, accettati dal Gatt come compatibili con le regole dell’accordo medesimo. Con
alcuni Paesi non membri esistono particolari accordi che facilitano il commercio
internazionale. Si parla in questi casi di :
Accordi preferenziali reciproci
Esistono accordi i tal senso con Turchia, Cipro e Malta, i paese efta , i paesi ex Est non ancora
entrati a parte dell’Europa a 25 e Israele.
Accordi preferenziali non reciproci
Si tratta di accordi destinati ad agevolare gli scambi di alcuni prodotti, in particolare sono
rivolti ai paesi in area Maghreb -Machrak, a Bosnia- Erzegovina, Croazia, Slovenia,
Montenegro, Albania e Macedonia e agli stati africani cosiddetti“ Stati Acp“
Trattamenti preferenziali concessi in via unilaterale
Paesi e territori d’oltremare
Gli scambi commerciali sono regolati facendo riferimento alla regolamentazione stabilita per i
Paesi Acp , si applica ai paesi area (Ptom) e in via di sviluppo (Pvs)
La Comunità europea accorda a tali Paesi, in via unilaterale, concessioni tariffarie che vanno
sotto il nome di “preferenze tariffarie generalizzate”. Queste sono rinnovate di anno in anno e
sono concesse con delle limitazioni:

per alcuni prodotti agricoli: esenzione dai dazi per le importazioni dai Pvs meno
progrediti; riduzione parziale dei dazi per le importazioni dagli altri Pvs;

per i prodotti tessili: esenzione dai dazi nell’ambito di massimali o di contingenti nel
rispetto dell’accordo Multifibre;

per prodotti semilavorati e finiti del settore industriale: esenzione dai dazi nell’ambito di
contingenti per ogni singolo Paese fornito e di massimali (oltre i quali i dazi possono
essere reintrodotti).
Non possono però essere imputate le importazioni che beneficiano già di esenzioni daziarie ai
sensi di un altro regime preferenziale concesso dalla Comunità.
8.5 Applicazione delle tariffe doganali
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
267
La tariffa doganale rappresenta lo strumento primario con il quale un Paese regola,
nell’ambito della propria politica economica, gli scambi commerciali con il resto del mondo. Si
tratta di una raccolta sistematica, per settori merceologici, di posizioni nelle quali trovano
collocazione le merci oggetto di scambi internazionali. Per ogni merce, attraverso la tariffa
doganale vengono stabilite: l’imposta doganale, cioè i dazi o altri diritti di effetto equivalente,
a cui le merci devono essere assoggettate all’atto dell’importazione. Per quanto riguarda la
Comunità economica europea, dal 1968, momento in cui ha avuto attuazione l’unione
doganale, i Paesi membri hanno adottato un’unica tariffa doganale verso l’esterno, sia per
quanto riguarda la nomenclatura sia per l’imposizione daziaria. L’entrata in vigore del sistema
armonizzato ha determinato un adeguamento della tariffa doganale comunitaria. Il passaggio
al nuovo sistema non è avvenuto con la semplice trasposizione dal vecchio al nuovo codice, in
quanto la Commissione delle Comunità europee ha, con l’occasione, riordinato il suo sistema
di classificazione numerico. Partendo dal Sa la Comunità ha istituito una “nomenclatura
combinata (Nc)” che ha sostituito unificandoli i due documenti precedentemente utilizzati al
fine sia di attribuire le aliquote daziarie ai prodotti considerati (tariffa doganale comune) sia di
rilevare le statistiche del commercio fra gli Stati membri della stessa (Nimexe). La tariffa
esterna della Comunità, oltre a coprire le aliquote dei dazi autonomi e convenzionali
applicabili alle importazioni dei Paesi terzi, prevede una gamma molto ampia di dazi
preferenziali, a seconda del Paese di origine delle merci e di altre misure specifiche. Per
gestire tutte queste misure non sarebbero state sufficienti le 9500 linee della NC. Per tale
ragione la Commissione ha provveduto a introdurre a partire dalla NC le suddivisioni
comunitarie complementari necessarie per la designazione delle merci che formano oggetto
di tali misure, con ulteriori due cifre del codice che si aggiungono al codice Nc. Nasce in questo
modo la Tariffa integrata comunitaria (Taric) che contiene circa 13.000 voci identificate da un
codice ad 11 cifre.Oltre al dazio previsto dalla tariffa esterna comune, sono applicati
all’importazione altri diritti doganali che non vengono stabiliti a livello comunitario e che
continuano ad essere gestiti autonomamente dagli Stati membri; ci si riferisce in particolare
all’imposta sul valore aggiunto ed alle accise. Per l’applicazione della tariffa doganale, il
Ministero delle Finanze, in Italia ha strutturato sulla base della tariffa integrata comunitaria, la
tariffa nazionale d’uso integrata che comprende, oltre alle misure comunitarie stabilite dalla
Taric, anche le relative misure nazionali.
8.6 Operazione doganale
Nel rapporto doganale vanno distinti un soggetto attivo ed un soggetto passivo.
Sono i soggetti passivi che devono provvedere al compimento delle operazioni doganali
secondo una delle seguenti modalità:

in proprio, o anche attraverso propri dipendenti muniti di appositi poteri e agenti sotto
la responsabilità del proprietario;

rappresentanza diretta, riservata agli spedizionieri doganali iscritti nell’albo
professionale istituiti con la legge 22 dicembre 1960 n.1612, i quali agiscono in nome e
per conto del proprietario;

rappresentanza indiretta, riservata: agli spedizionieri iscritti negli elenchi di cui alla legge
14 novembre 1941, n.1442; alle imprese esercenti attività di trasporto, per le merci dalle
stesse trasportate; a coloro che esercitano attività di deposito, per le merci destinate a
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
268
essere depositate nei loro locali, aree o magazzini. Essi agiscono in nome proprio e per
conto del proprietario, e possono agire a mezzo di propri dipendenti muniti degli
appositi poteri.
Da quanto detto deriva che non esiste l’obbligo che l’operazione doganale sia effettuata in
nome e/o per conto dell’effettivo proprietario della merce. Va però sottolineato che alcune
destinazioni doganali fanno sorgere in capo al “dichiarante” una serie di diritti ed obblighi
specifici: in questi casi è necessario che la bolletta doganale sia intestata all’acquirente o,
rispettivamente, al venditore verso l’estero. L’attività doganale e i relativi istituti sono
disciplinate principalmente dalle norme di funzionamento dell’Unione doganale comunitaria.
La legislazione di base che si applica agli scambi tra i dodici Paesi membri e i Paesi terzi, è
contenuta nel “Codice doganale comunitario” entrato in vigore il 1° Gennaio 1994 e successivi
aggiornamenti La legislazione doganale è invece contenuta principalmente nel “Testo unico
delle disposizioni legislative in materia doganale”, le cui norme si applicano in quanto non
incompatibili con quelle comunitarie, considerata comunque la prevalenza della norma
comunitaria su quella nazionale. Nei testi menzionati non sono comunque contenuti tutti i
provvedimenti applicabili agli scambi. Ne sono in particolare escluse le disposizioni tariffarie,
applicabili prodotto per prodotto, per le quali occorre consultare la Tariffa doganale e le
misure preferenziali derivanti da accordi commerciali con Paesi terzi. Le procedure doganali
che disciplinano gli scambi con le merci hanno subito notevoli modifiche a partire dal 1°
Gennaio 1993. La regola generale da allora applicata è che per le merci comunitarie scambiate
fra i Paesi membri sono stati completamente aboliti i controlli e le formalità doganali, fatte
salve alcune eccezioni; di conseguenza i termini “importazione” ed “esportazione” sono riferiti
esclusivamente agli scambi con i Paesi terzi.
Analizziamo ora le fasi della procedura doganale normale, ovvero applicabile alla generalità
degli operatori:

presentazione alla dogana delle merci e della dichiarazione doganale;

registrazione della dichiarazione, con l’indicazione del numero e della data;

pagamento dei diritti, o annotazione nel conto di debito se l’operatore è ammesso al
pagamento periodico e/o differito;

controllo della dichiarazione e dei documenti ad essa allegati;

eventuale verifica fisica della merce;

rilascio della merce.
Esistono anche procedure più agevoli di quella normale sopra descritta. Queste possono
essere utilizzate dagli operatori appositamente autorizzati dalla pubblica Amministrazione.
Loro caratteristica comune è la possibilità di prescindere dalla presentazione alla dogana delle
merci che devono formare oggetto di operazioni doganali relative ad alcuni regimi doganali:
importazione definitiva, temporanea importazione, reimportazione e introduzione in
deposito, per le merci provenienti dall’estero; esportazione definitiva e temporanea,
riesportazione o transito, per le merci destinate all’estero.
8.7 I Mezzi di Pagamento Internazionali
Quando si parla di regolamenti valutari delle operazioni con l’estero, ci si riferisce al
pagamento dei debiti ed alla riscossione dei crediti in contropartita con i non residenti.
Per operazioni valutarie si intendono invece le operazioni relative al trasferimento di valuta
estera e/o di lire in esecuzione di operazioni con l’estero.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
269
I mezzi di pagamento sono gli strumenti tecnici attraverso i quali si effettuano i trasferimenti
di valuta tra debitori e creditori residenti in Paesi diversi.
Le cose sono notevolmente cambiate con la liberalizzazione valutaria, in quanto essa ha
introdotto il principio della “libertà” delle relazioni economiche e finanziarie con l’estero.
In particolare i residenti sono autorizzati a:
·
detenere valuta estera sotto qualsiasi forma in Italia ed all’estero;
·
intrattenere liberamente conti in lire e/o valuta estera presso banche in Italia ed
all’estero;
·
regolare le operazioni con l’estero attraverso:
a- operazioni canalizzate: eseguite cioè attraverso il canale bancario e l’amministrazione
postale;
b - operazioni decanalizzate: eseguite mediante il passaggio diretto della valuta tra residente
e non residente. Le valute utilizzabili per effettuare i pagamenti con l’estero sono le valute
convertibili.
8.8 I mezzi di pagamento
Le forme tecniche di regolamento delle operazioni con l’estero sono:
1-·LA RIMESSA DIRETTA con:
a) bonifico bancario
b) assegno
c)
banconote
a- Bonifico Bancario
Si tratta di un trasferimento di fondi ordinato da un debitore a favore di un creditore ed
effettuato tramite una o più banche.
I soggetti che intervengono in tali operazioni sono:
- l’ordinante
- il beneficiario
- la banca dell’ordinante
- la banca del beneficiario
Il bonifico può essere effettuato in vari modi:
via Swift
- via lettera
- via telegramma
- via telex
Il bonifico può inoltre essere fatto:
1. - in via anticipata
2. - in via posticipata
Il bonifico è uno strumento di pagamento estremamente semplice ed è il meno costoso ma
implica sempre che uno dei due partner rimanga in rischio. Per il debitore esiste infatti il
rischio di inadempienza dell’esportatore, mentre per il creditore esiste il rischio di insolvenza
del debitore, al quale si aggiunge il rischio Paese.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
270
La banca prima di formalizzare il bonifico al beneficiario lo sottopone ad una serie di controlli
per accertare:
·
l’autenticità dell’ordine
·
l’eseguibilità dell’ordine in relazione all’esatta identificazione e reperibilità del
beneficiario ed all’assenza di disposizioni o istruzioni speciali che vincolino l’accredito a
formalità che la banca non è in grado né vuole espletare.
Dal punto di vista valutario, per effetto della liberalizzazione, le banche non hanno più nessun
obbligo di accertamento ma devono fornire all’Uic, per fini statistici, le informazioni e i dati di
flusso concernenti le operazioni con l’estero.
Il bonifico avviene su input del beneficiario. Gli elementi indispensabili per eseguirlo sono:
·
i dati identificativi del beneficiario
·
la banca del beneficiario
·
il motivo del pagamento
·
la scelta del mezzo di trasmissione
·
l’importo del bonifico.
L’ordine del bonifico va firmato dall’ordinante (o da una persona da lui delegata) se è una
persona fisica; o da chi ha i poteri di firma a norma di statuto, se l’ordinante è una società.
b-Assegno
L’assegno è un titolo di credito, astratto, formale e completo, che contiene l’ordine
incondizionato, diretto ad una banca, di pagare a vista una determinata somma, all’ordine di
una persona o al portatore.
Per i pagamenti internazionali vengono usati vari tipi di assegni tra cui:
·
assegno bancario
·
assegno piazzato
·
International Money Order
Nel nostro Paese l’assegno è considerato valuta estera quando è espresso in moneta avente
corso legale all’estero oppure in euro.
In tal caso l’assegno deve sottostare alle seguenti norme:
·
emissione: è libera l’emissione in lire o valuta da parte di residenti
·
circolazione: la consegna di assegni espressi in lire o valuta in Italia e all’estero è libera
ma bisogna tener conto che l’importazione o esportazione di assegni o altri titoli di
credito è soggetta ad alcuni vincoli
·
inquadramento dell’operazione: il pagamento o l’introito che avviene a mezzo assegno
va considerato operazione decanalizzata
·
segnalazioni statistiche: in conseguenza del punto precedente il residente, per importi
superiori a 20 milioni deve segnalare l’operazione all’Uic.
Chi riceve l’assegno può sia utilizzarlo come mezzo di pagamento (girandolo), sia presentarlo
alla propria banca per la negoziazione.
c-banconote
Un’operazione con l’estero può essere regolata tramite banconote anche se il loro utilizzo è
vincolato dall’art. 3 della legge 227 del 4 agosto 1990. E' questa una delle ragioni per cui il loro
utilizzo è assolutamente marginale rispetto al totale dei pagamenti internazionali. L’operatore
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
271
che riceve in pagamento banconote estere può decidere se detenerle o cederle ad una banca
abilitata per il successivo utilizzo.
Se vuole cambiarle deve tenere conto del fatto che il “cambio banconota” è diverso dal
cambio commerciale “cable” e compensa la banca dei giorni di valuta necessari per ottenere
la trasformazione delle banconote in fondi liquidi presso la banca centrale e delle spese
sostenute per la loro custodia e sicurezza.
2-·L’INCASSO CONTRO DOCUMENTI
E’ quella formula di pagamento che prevede il regolamento della compravendita all’atto del
trasferimento al compratore dei documenti rappresentativi della merce. In compratore per
ricevere i documenti che gli consentono il ritiro della merce deve provvedere all’adempimento
dei suoi obblighi contrattuali. La stessa formula di pagamento può essere utilizzata anche
quando si è in presenza di documenti non rappresentativi della merce, di documenti finanziari
o di documenti attestanti l’erogazione di un servizio. Sono state predisposte, a questo
proposito, dalla Camera di Commercio internazionale una serie di disposizioni denominate
“Norme uniformi relative agli incassi (Nui)” che disciplinano ruoli, responsabilità e procedure
relative all’incasso di effetti e/o di documenti. Le norme in questione sono autonome dalle
varie legislazioni e sono vincolanti per tutte le parti che intervengono.
L’incasso, indipendentemente dai documenti inviati potrà essere: semplice o documentario.
A seconda delle prestazioni richieste al debitore si avranno differenti forme di incasso:
·
documenti contro pagamento (D/P)
·
documenti contro accettazione (D/A)
·
documenti contro trust receipt (impegno pagamento banca)
Un aspetto molto importante dell’incasso contro documenti è rappresentato dalla bollatura
degli effetti, ovvero dall’aspetto fiscale. Infatti quando una rimessa documentaria contiene
uno o più titoli di credito, gli effetti per poter esercitare i diritti giuridici relativi all’esecutività
del titolo stesso, devono aver assolto agli obblighi previsti dalle norme fiscali italiane, ed in
particolare: le cambiali devono essere sottoposte alla bollatura prima dell’accettazione; le
cambiali e le ricevute, a carico di importatori italiani, sono soggette all’imposta di bollo solo in
caso d’uso.
L’incasso contro documenti sembra rappresentare una forma di pagamento senza rischi in
quanto vincola entrambi i partner ad adempiere agli obblighi contrattuali.
Nella realtà esistono delle aree di elevata criticità che portano ai seguenti rischi.
Per l’esportatore:
·
mancato ritiro dei documenti giunti presso la banca presentatrice da parte
dell’importatore per rifiuto della merce
·
mancato ritiro dei documenti perché l’importatore è per qualche motivo già riuscito a
sdoganare la merce
·
insolvenza dell’importatore che alla scadenza non onora gli effetti accettati;
·
rischio Paese
L’esportatore che vuole utilizzare questa formula di pagamento deve verificare alcune
condizioni:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
272
accertarsi del grado di solvibilità, della serietà ed onestà commerciale dell’acquirente
estero;
accertare se il prodotto venduto è un prodotto di largo consumo, facilmente collocabile
anche presso eventuali acquirenti nel luogo di destino;
accertarsi di quali siano nel Paese di destinazione le procedure per l’ottenimento di visti,
licenze o permessi di importazione, e quali documenti sono necessari per lo
sdoganamento;
concordare con l’acquirente che deve accollarsi le spese e le commissioni bancarie che di
norma vengono ripartite tra i due contraenti;
accertarsi di quali siano le norme relative all’eventuale protesto per mancata
accettazione e/o per mancato pagamento dell’effetto, per poter trasmettere alla banca
trasmittente istruzioni dettagliate e precise in merito;
controllare il grado di rischiosità del Paese dove si va ad esportare.
Per l’importatore:
·
pagare o impegnarsi a farlo senza aver potuto esaminare la merce (N.B.);
·
rischi ed oneri per la sosta in dogana della merce che arriva prima che i documenti
giungano alla banca presentatrice.
Un ruolo fondamentale in queste operazioni hanno le banche che devono attenersi in maniera
estremamente scrupolosa alle istruzioni ricevute in merito alla gestione dei documenti e alla
consegna degli stessi all’importatore trassato, alle procedure da osservare per il trasferimento
dei fondi ed alle azioni da intraprendere in caso di mancato ritiro dei documenti o di
insolvenza del debitore, così come stabilito nelle Norme. Le banche non si assumono però
alcun obbligo né alcuna responsabilità relativamente al buon fine dell’operazione.
Quando si è in presenza di vendite con grosse dilazioni di pagamento, viene generalmente
utilizzata la cambiale internazionale, mezzo di pagamento regolato dalla convenzione di
Ginevra del 1930 in vigore nei Paesi che l’ hanno sottoscritta.
Il titolo di credito in questione ha le caratteristiche di autonomia, astrattezza e letteralità: il
debitore sottoscrive con l’emissione della cambiale un impegno di pagamento inderogabile,
che assume una propria fisionomia giuridica indipendente dalla buona esecuzione del
contratto sottostante. Il beneficiario per tale ragione non deve più dimostrare la validità della
transazione che ha originato l’obbligazione: è sufficiente il possesso del titolo.
Il creditore può inoltre richiedere che l’effetto venga garantito da un avvallante solitamente
rappresentato da una banca primaria o da un organismo equivalente, nel Paese
dell’importatore. In tal modo il beneficiario potrà in seguito smobilizzare il proprio credito
vendendo i titoli, con una cessione pro-soluto o pro-solvendo, sul mercato finanziario
internazionale.
Per utilizzare le cambiali internazionali è necessario avvalersi degli appositi moduli redatti in
lingua inglese e francese e predisposti per l’utilizzo nel commercio internazionale. Essi sono
completi di tutti i requisiti formali richiesti dalle leggi per i titoli di credito. Sotto il profilo
fiscale esse devono rispettare le leggi vigenti in Italia in merito alla bollatura degli effetti.
Crediti documentari.
La Camera di Commercio Internazionale di Parigi ha elaborato le "Norme ed Usi Uniformi" che
disciplinano i crediti documentari, prevedendo ruoli, responsabilità e procedure per le parti
interessate. Il credito documentario, lo strumento più diffuso per il pagamento del
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
273
corrispettivo dei contratti internazionali, consiste nell'impegno assunto da una banca, su
istruzioni dell'acquirente/importatore, ad effettuare una certa prestazione a favore del
venditore, contro presentazione dei documenti richiesti, nei limiti di una somma prestabilita
ed entro una scadenza fissata.
Titoli di credito.
Si tratta di mezzi di pagamento regolamentati dalla Convenzione di Ginevra del 1930, tutt'oggi
in vigore per i paesi aderenti. Il titolo di credito presenta le caratteristiche di autonomia,
astrattezza e letteralità. Il debitore, sottoscrivendo l'impegno, assume una obbligazione
inderogabile indipendentemente dal contratto di fornitura sottostante. La cambiale
internazionale può assumere la forma di promissory note o bill of exchange.
Altri sistemi di pagamento
La progressiva deregulation valutaria, che tende ad abbattere le barriere normative tra gli
Stati, e l'incremento degli accordi di collaborazione tra le banche a livello mondiale, hanno
consentito negli ultimi tempi l'espansione di sistemi di pagamento internazionali sempre più
raffinati e perfezionati, che, grazie a circuiti elettronici, garantiscono un notevole
abbattimento dei costi ed un miglioramento dell'efficienza nel trattamento delle operazioni
commerciali internazionali. Tra questi sistemi di pagamento rientrano:
il Lock Box System, mediante il quale l'esportatore si fa pagare tramite assegno dai propri
clienti ed i pagamenti affluiscono ad una casella postale gestita da una banca di sua fiducia nel
paese del compratore;
il Check Disbursement System, che consiste nell'effettuazione via Swift di un ordine di
bonifico ad una banca estera e l'emissione di assegni internazionali a valere sul bonifico
stesso;
il Sistema RID, caratterizzato da una esazione automatizzata, per conto del creditore, di
incassi di natura diversa, mediante addebito preautorizzato sul conto del debitore;
il Banklastscrift, che consente all'esportatore/creditore di poter incassare i suoi crediti con
semplice richiesta di pagamento indirizzata alla banca del debitore, a questo scopo
precedentemente autorizzata dal debitore stesso.
il “Cash on delivery” (Cod).
E’ una formula di incasso che avviene tramite il vettore, che può consegnare la merce
all’importatore soltanto dopo che quest’ultimo ha assolto ai suoi obblighi di pagamento o
rilascio di un effetto accettato. E’ diffuso soprattutto nell’ambito della Cee, dove le distanze
relativamente brevi ed il sistema di trasporto via camion consentono la consegna delle merci
in tempi brevi. Con la crescita del traffico internazionale tale formula dovrebbe essere diffusa
anche a Paesi extra-europei. Anche con questa formula non viene in alcun modo tutelato il
rischio Paese.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
274
8.9
L'ASSISTENZA CREDITIZIA NELL'INTERSCAMBIO CON L'ESTERO
8.9.1 Premessa
La globalizzazione dei mercati é la conseguenza della progressiva internazionalizzazione che
investe tutte le principali aree economiche del mondo. Tale evoluzione é ancor più vivace nel
contesto europeo ove la realizzazione del Mercato Unico, dell'Unione Economica e di quella
monetaria hanno dato luogo ad un sistema economico aperto e orientato verso un mercato
molto competitivo. In questo contesto e, a fronte di questa prospettiva, le imprese italiane si
trovano esposte alla concorrenza crescente sia di aziende extraeuropee sia di quelle degli altri
paesi dell'Europa in fase d’ingresso nella UE. Le aziende italiane seppur tradizionalmente
presenti sui mercati non domestici scontano purtroppo una carenza ed una discontinuità di
presenza su tali mercati. In particolare ciò è maggiormente vero per le piccole e medie
imprese la cui attività di import export non è sostenuta da adeguate politiche commerciali
capaci di contrastare le frequenti fluttuazioni della domanda internazionale. Le imprese di
minori dimensioni (tra l'altro riconosciute dalla Comunità come il motore dello sviluppo
economico) si trovano nella necessità di dover definire adeguate strategie industriali
commerciali e finanziarie atte a sostenere i processi di internazionalizzazione sopra ricordati.
Abbisognano quindi di assistenza, di consulenza di carattere tecnico,giuridico, commerciale e
finanziario; a tale bisogno le banche ed, in particolare quelle di maggiori dimensioni e
vocazione internazionale ,rispondono fornendo il loro sostegno .I servizi offerti in generale
possono variare da Banca a Banca e dovrà essere l'operatore che effettuerà la sua scelta in
base alle sue esigenze.
Per fornire una chiave di lettura più semplice possibile i servizi offerti sono stati suddivisi in
due Macro Aree:
A- SERVIZI COMMERCIALI
Si riferisce a quelli offerti dalle Banche per agevolare la penetrazione commerciale delle
imprese sui mercati esteri,
B-SERVIZI FINANZIARI
Riguarda i più tradizionali supporti alla gestione finanziaria dell'attività internazionale
dell'azienda.
Di seguito vedremo in dettaglio le due aree.
8.9.2 Il Contesto Normativo
L'attuale contesto in cui le imprese e le banche si trovano ad operare, se confrontato con
quello di alcuni anni fa (fine anni 80) in scenari completamente modificati. Infatti, l'adozione
di norme di tipo " europeo" ha radicalmente modificato il modo di operare delle aziende, ma
soprattutto ha inciso profondamente nell'attività delle banche. Il passaggio da un regime
valutario "controllato" basato su norme rigide ad uno completamente aperto ha avuto
profonde conseguenze nel modo di operare delle aziende favorendone appunto la progressiva
internazionalizzazione.
Le norme prevedono ai fini valutari solo n. 2 categorie di operatori
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
275


a)
residenti (persone fisiche e/o giuridiche)
non residenti
e disciplinano:
Operazioni con l'estero
operazioni Correnti

importazioni

esportazioni

transito

cessioni di merci allo stato estero

prestazioni di servizi o beni immateriali

transazioni invisibili
Investimenti diretti
(all'estero)
Operazioni di natura finanziaria
b) Operazioni valutarie
(trasferimento di divise in dipendenza di operazioni con l'estero)
c)
Operazioni in cambi
Le conseguenze più significative che si sono verificate negli ultimi anni sono state :
eliminazione del monopolio dei cambi dell'UIC
i residenti possono aprire conti all'estero e conti in divisa con le banche italiane
libera circolazione delle merci e dei capitali come:

eliminazione delle dogane alle frontiere

liberta di insediamento per gli intermediari finanziari e riconoscimento reciproco delle
norme di regolamento e controllo del paese di origine

armonizzazione fiscale con l'adozione di trattati contro la doppia imposizione, con la
normativa "madre figlia" regolante i rapporti fiscali tra società… controllate e /o
branches estere
Introduzione di un sistema di monitoraggio fiscale

volto a monitorare i movimenti di capitale

volto a contrastare il riciclaggio di denaro sporco
8.9.3 Monitoraggio Fiscale
DL. 28/6/1990 N. 167 CONVERTITO NELLA LEGGE N. 27 DEL 4/8/90 E Succ. INTEGRAZIONI
La normativa attuale si muove lungo due direttrici e riguarda le movimentazioni tra l’Italia e
l’area dei paesi UE di fatto quasi coincidente con area euro:
a) Fiscale
attraverso il monitoraggio dei movimenti di capitale, dall'estero e per l'estero, effettuati dai
residenti non soggetti ad obblighi di bilancio con un limite minimo di € 75.000.(organismo
delegato Banca d’Italia attraverso la sezione Uic)
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
276
b) non tributario
mirante a contenere, per quanto possibile, l'uso del denaro contante nelle transazioni
(ponendo precisi vincoli alla possibilità di effettuare importazioni ed esportazioni di denaro,
titoli e valori mobiliari ) onde evitare eventuali operazioni di riciclaggio proveniente da
operazioni illecite
Il monitoraggio fiscale delle operazioni, da e per l'estero, si sostanzia in realtà in una serie di
obblighi e adempimenti che possono interessare:
solamente le banche abilitate e gli altri intermediari che si interpongono nell'esecuzione
delle operazioni
solamente i soggetti che effettuano le operazioni stesse (persone fisiche, enti non
commerciali, società semplici, società di persone, società di armamento e associazioni
fra professionisti.
entrambi le categorie di soggetti
Il monitoraggio fiscale delle operazioni da e per l'estero si sostanzia in una serie di obblighi e
adempimenti in relazione a:
1- trasferimenti effettuati attraverso intermediari bancari e non
2- trasferimenti effettuati attraverso non residenti
3- trasferimenti effettuati informa diretta.,attraverso l'importazione o l'esportazione al seguito
ovvero mediante plico postale di denaro titoli e valori mobiliari
-
1- trasferimenti effettuati attraverso intermediari (bancari e non )
Adempimenti delle Banche
- istituzione di un archivio e obbligo di segnalazione di movimenti superiori a € 75.000
effettuate dalle persone fisiche e assimilate sopradescritte in relazione ad investimenti
all'estero e o in attività finanziarie estere
Adempimenti dei soggetti interessati al provvedimento:
obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi gli investimenti all'estero e le attività
finanziarie estere superiori ai € 75.000,nonché l'ammontare dei trasferimenti da e per l'estero
sempre di importo superiore ai € 12.500,00 e relativi agli investimenti e attività finanziarie
estere detenute e /o acquistate
2- trasferimenti effettuati attraverso non residenti (con o senza il tramite delle banche e
degli intermediari )
obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi l'ammontare dei trasferimenti da e per
l'estero sempre di importo superiore ai € 12.500,00 e relativi agli investimenti e attività
finanziarie estere detenute e /o acquistate attraverso tali canale.
3- trasferimenti effettuati in forma diretta,
attraverso l'importazione o l'esportazione al seguito ovvero mediante plico postale di denaro
Importazione/esportazione: Libero sino a € 12.500,00 per somme in valuta e titoli al
portatore
Per importi superiori a € 12.500,00 dichiarazione in dogana
8.9.4. I servizi Bancari
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
277
8.9.5 area di intervento dei SERVIZI COMMERCIALI
Come ricordato in precedenza le strategie commerciali di penetrazione nei mercati esteri sono
la base per quell'internazionalizzazione che i mercati globali richiedono, pertanto le imprese,
per avere un quadro di riferimento delle opportunità offerte dai mercati esteri e dei possibili
sviluppi di relazioni, possono usufruire dalle banche di servizi del seguente tipo:
Servizi a Supporto delle Strategie Commerciali sui Mercati Esteri
1- servizi per l'identificazione di canali potenziali di commercializzazione
2- servizi di informazione di gare ,appalti ecc, promossi da organismi multilaterali
internazionali ecc
3- servizi di consulenza valutaria, doganale, societaria, fiscale
4- servizi di assistenza nella gestione di polizze assicurative sui crediti all'esportazione
a)
Identificazione sbocchi commerciali
Per poter sfruttare le possibilità aperte dalla internazionalizzazione dei mercati è necessario
conoscere la realtà dei vari paesi. A tal fine un servizio offerto dalle Banche è quello delle
schede paese che possono essere semplici reports su un paese oppure studi più approfonditi
che possano permettere all'operatore di prendere le sue decisioni. I punti salienti di un buon
report sarebbero:
-dati macroeconomici
-andamento economia reale e ipotesi di sviluppo previsti
-mercato interno
-valutazione economica finanziaria del paese
-problematiche societarie e fiscali
Esigenze più specifiche possono essere soddisfatte da
-ricerche di mercato su specifici settori merceologici
-ricerche di partners
La ricerca di partners è un supporto all'azienda offerto dalle banche attraverso i canali di
interscambio usuali con le corrispondenti. Questo canale informativo,oggi, con la diffusione
informatici è molto diffuso anche fuori dal settore bancario,in particolare nell'area europea è
diventato una prerogativa delle CCIIA, degli eurosportelli e di tutti quegli organismi operanti in
tale settore.
La ricerca di partners può interessare tre aree:
-COMMERCIALE
collaborazione nella distribuzione di prodotti e servizi
-TECNICO INDUSTRIALE
collaborazione che investe un settore più ampio con scambio di licenze, know how, le
operazioni di partnership hanno lo scopo di verificare possibili intese senza effettuare
investimenti nella ricerca
-FINANZIARIO
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
278
L'evoluzione principalmente in tale settore è manifestata in modo precipuo verso i paesi a
basso costo di manodopera al fine di permettere una delocalizzazione delle attività. La
partnership i tal caso riguarda sia acquisizioni sia joint-ventures con partner locali. In tal caso
oltre all'impegno finanziario alla società che intende investire normalmente viene richiesto un
impegno tecnologico.
a)
Servizi di informazione di gare, appalti ecc promossi da organismi multilaterali
internazionali ecc
In tale settore le banche, piucchè fornire un supporto informativo su GARE E APPALTI
all'estero, settore abbondantemente coperto dagli organismi istituzionali, sono maggiormente
presenti nell'assistenza attraverso l'emissione di garanzie di firma.
Tali garanzie possono essere rilasciate direttamente dalla Banca (magari in pool per diminuire
il rischio) ma soprattutto sono emesse da banche del paese ove la gara si svolge per conto
delle banche italiane:
-BID BOND
Garanzia per la partecipazione alla gara di solito in percentuale dell'importo dell'appalto
-TENDER BOND
Garanzia di mantenimento dell'offerta per il periodo di tempo in cui la gara è indetta (di solito
abbinata al bid bond)
Questa è la fase di partecipazione, qualora il cliente italiano risultasse aggiudicatario dovranno
essere rilasciate altre garanzie quali
-PERFORMANCE BOND
Garanzia a tutela della mancata esecuzione della prestazione da parte dell'impresa appaltante
-RETENTION BOND
Garanzia sostitutiva del deposito cauzionale (decimi di garanzia)
Qualora la stazione appaltante effettuasse pagamenti anticipati sarebbe necessaria anche
-ADVANCE PAYMENT BOND
Garanzia per la restituzione delle somme anticipate
Le garanzie sopra riportate sono chiaramente una linea di credito concessa dalla banca
italiana al suo cliente. Tali garanzie,in moltissimi paesi, per vincoli contrattuali dovranno
essere emesse obbligatoriamente da parte di una banca locale. Le richieste di escussione sono
normalmente a first demand e quindi le garanzie sono escutibili dal beneficiario con una
semplice dichiarazione di mancato pagamento da parte del cliente italiano.
Sempre collegati agli appalti ci sono i servizi di informazione sulle :
AGEVOLAZIONI FINANZIARIE CONCESSE DA ISTITUZIONI ITALIANE E/O ESTERE destinate ad
investitori italiani in determinati paesi.
Esistono,oltre ad agevolazioni per investimenti in particolari aree europee (di solito zone con
settori in crisi o deindustrializzate) esistono ampi piani di intervento per i PVS, paesi in via di
sviluppo. Normalmente le opportunità sono offerte o da organismi internazionali(BIRS, IDA,
IFC; BANCA ASIATICA PER LO SVILUPPO, BANCA MONDIALE ecc)o da europei (FONDO Sociale
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
279
ecc)o da programmi interni. Di particolare interesse sono i crediti di Aiuto ai PVS, di fatto dei
regali ai paesi poveri destinati al finanziamento di programmi di intervento infrastrutturale
realizzati da un’azienda italiana. Altra fonte di intervento sono i finanziamenti agevolati per la
costituzione di joint ventures all'estero in paesi in via di sviluppo o insufficientemente
sviluppati.
Da ultimo ricordiamo i fondi agevolati destinati allo smobilizzo di crediti a medio lungo
termine sorti in dipendenza di forniture o lavori, se garantiti da banca del paese estero.
c)
servizi di consulenza valutaria, doganale, societaria, fiscale
Le Banche di maggiori dimensioni e con stabile presenza all'estero mettono a disposizione
degli operatori una serie di servizi riguardante la consulenza valutaria in particolare. Infatti,
per non incorrere in inadempienze derivanti dalla mancata conoscenza della normativa
valutaria e doganale le aziende debbono poter utilizzare supporti informativi in materia, e,
infatti, le banche unitamente agli organismi internazionali sono piuttosto presenti. Un
ulteriore forma di assistenza agli operatori può essere fornita sia nel campo della
contrattualistica sia soprattutto nell'insediamento di una branch estera dell'azienda.
Sì può affermare che un’effettiva assistenza dovrebbe fornire:
-il quadro di insieme delle problematiche connesse all'iniziativa
gli adempimenti e i vincoli per la realizzazione
-i costi da sostenere e il piano economico finanziario
-le eventuali possibilità agevolative
-i riferimenti in loco per l'assistenza
Per completezza di informazione va ricordato che esistono delle possibilità di finanziamento
per piani di penetrazione commerciale all'estero.
d)
Servizi di assistenza nella gestione di polizze assicurative sui crediti all'esportazione
Uno dei problemi che l'operatore con l'estero deve fronteggiare, soprattutto quando affronta
rapporti commerciali nuovi e significativi in rapporto al fatturato dell'azienda è quello delle
garanzie di pagamento del credito derivanti dalla concessione di dilazioni alla controparte.
Parlare di assicurazioni per l'operatore significa essenzialmente tutelarsi dai rischi di mancata
insolvenza dovuto sia a rischi commerciali sia politici, rischi imputabili sia a eventi politici,
catastrofici, modificazioni di leggi, impossibilità di trasferimenti valutari etc. Questi rischi sono
normalmente coperti da SACE ex società di emanazione pubblica che si occupa di coprire
appunto tali rischi. Il principale settore di intervento della Sace è la copertura dei rischi di
insolvenza per gli eventi sopra ricordati di crediti sorti in dipendenza di operazioni dilazionate
(anche di vari anni) soprattutto in PVS. Pertanto c'è una valutazione del paese, il rischio di
mancato pagamento dello stesso, la Sace opera a valere sui fondi messi a disposizione dallo
Stato attraverso il Mediocredito Centrale (l.227), copertura del 70 % e i crediti sono
normalmente assistiti da garanzie bancarie o avallo su effetti da parte di enti statali
Altro settore è quello della copertura dei rischi di insolvenza
commerciali a breve, in tale settore è presente fortemente la Euler--Siac che provvede ad
assicurare sia tutti i crediti verso un determinato paese che verso un singolo debitore
attraverso la concessione di plafonds. Di fatto tale operatività è assimilabile a quella delle
società di factoring internazionale.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
280
8.9.6 servizi a supporto della GESTIONE FINANZIARIA
L'internazionalizzazione sempre più spinta e la gestione dei rischi valutari insiti nell'attività
dell’impresa inserita in un mercato globale, la finanziarizzazione progressiva della gestione
aziendale con lo sviluppo delle transazioni finanziarie in modo più marcato della stesse
transazioni commerciali. La gestione delle operazioni commerciali in valuta fa si che le aziende
di maggiori dimensioni, con largo interscambio con l’estero o con società estere, si trovano a
gestire una tesoreria multivaluta con la necessità di affrontare il problema della copertura dei
rischi di cambio connessi alle transazioni. e ciò è ancor più vero in funzione delle dimensioni
aziendali. In questo settore la Banche, vuoi per una connotazione naturale di appoggio, vuoi
per ricercare canali di sbocco per le proprie attività, possono concretamente svolgere
un’azione di supporto alle piccole e medie aziende.
Tale operatività si svolge in tre macro aree:
a- sistemi di pagamento e di incasso
b- linee di credito e servizi finanziari
c- assistenza e gestione della tesoreria
A. SISTEMI DI PAGAMENTO E DI INCASSI
Nell'esaminare la prima area dobbiamo prima ricordare quali siano le modalità… corrente di
incasso e pagamento con l'estero.
Se consideriamo un’analogia con il mercato domestico il regolamento di un’esportazione o
importazione può essere
1-a vista
2-a scadenza
A.1. REGOLAMENTO A VISTA
Il regolamento a vista a sua volta può essere:
 a mezzo bonifico bancario
 rimessa diretta di assegni
Il bonifico bancario, in analogia con il mercato domestico, viene effettuato in rete ma
attraverso una rete internazionale particolare che è lo swift, sia in euro che in altra valuta.
Una precisazione va fatta sulla opportunità di emissione della fattura in euro o in altra valuta,
dipendendo la stessa dai rapporti commerciali esistenti con la controparte estera con
l'emissione in valuta il nostro operatore domestico non avrà rischi di cambio trasferendo al
cliente estera tale onere. Operando in valuta la fatturazione potrà essere multivaluta in
funzione dei mercati di sbocco. Ritornando al regolamento in termini pratici la Banca riceverà
dall'estero un importo che sarà accreditato al cliente che a sua volta provvederà ad indicare
la causale per permettere (in caso di importo superiore a €12.500 ) la comunicazione valutaria
statistica all' Ufficio Italiano dei cambi.
Anche con il regolamento a mezzo assegno si ha una analogia con il mercato domestico in
quanto gli assegni possono essere :
 emessi direttamente dal cliente
 emessi come assegni circolari dalla Banca
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
281
Nel primo caso si hanno i rischi ordinari di accettazione di un pagamento a mezzo assegni
.Possono essere in euro o in altra valuta ed essere tratti direttamente dal cliente sul proprio
conto .Da tenere presente che tali assegni in caso di mancato pagamento non hanno la
possibilità,come previsto dalla legge italiana, di svolgere una funzione esecutiva .Diverso è
l'assegno emesso da una banca cioè un assegno circolare, anche in questo caso il titolo viene
emesso in euro o divisa. L'unico rischio,peraltro molto modesto in quanto tale controllo è
demandato alla banca italiana, è che l'assegno sia irregolarmente emesso dalla Banca estera.
Pertanto anche in questo caso l'accettazione come modalità di pagamento ha il solo rischio
insito nella negoziazione di assegni circolari. Una parola va infine spesa per gli incassi
dell'estero a favore di non residenti; infatti il concetto di residente ai fini valutari è legato alla
produzione di un reddito in Italia ,pertanto un non residente può avere tranquillamente un
conto estero in Italia. Tali conto soggetti alle norme dei conti bancari in Italia possono essere
alimentati da fondi provenienti dall'estero (in qualsiasi forma lecita). La banca può agevolare il
cliente attraverso la Negoziazione sbf degli assegni esteri. Infatti il rischio che viene assunto
dalla Banca è analogo a quello dell'accoglimento di un versamento da parte del cliente di
assegni emessi su banche italiane in Italia.
I problemi da non sottovalutare sono:
 il diverso tempo per la compensazione dell'assegno e quindi il tempo necessario per
ottenere l'esito del pagato o meno
 la diversa valenza giuridica del titolo in funzione della normativa italiana sull'assegno.
Infatti gli assegni esteri non sono generalmente titoli di credito pertanto non protestabili
nè sono titoli esecutivi
A.2 REGOLAMENTO A SCADENZA
Il regolamento a scadenza delle operazioni ordinarie non documentate puo' avvenire :
 a mezzo ricevute bancarie
 a mezzo rilascio di “pagherò internazionali''
Il regolamento a scadenza delle operazioni ordinarie documentate puo' avvenire attraverso
 operazioni documentate semplici
 documenti Contro pagamento o accettazione
 crediti documentari o lettere di credito
operazioni ordinarie non documentate
Tale forma di regolamento, in analogia ad operazioni commerciali nel paese residente, può
essere effettuato con emissione di ricevute bancarie inviate all’incasso (ad esempio tale
sistema è piuttosto efficiente in Francia ove le ricevute provenienti da altri paesi vengono
gestite attraverso il sistema centralizzato di incassi ).
Altra forma abbastanza usata in vari paesi è l'emissione di pagherò internazionali BILLS. Anche
in questo caso le problematiche di rischio riguardano la solvibilità del sottoscrittore il titolo, in
molti casi, a garanzia della solvibilità del debitore, tali titoli vengono accettati da banche del
luogo o internazionali o da primarie società finanziarie.
Tale modalità è tipica per il pagamento dilazionato di forniture legate ad accordi internazionali
tra l’Italia e il paese estero (di solito in via di sviluppo)e pertanto si ha una accettazione degli
effetti da parte della banca centrale.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
282
operazioni ordinarie documentate
Tra le varie modalità di pagamento o incasso previste nell'interscambio con l'estero un peso
ancora elevato è quello mantenuto dalle operazioni con regolamento assistito da documenti.
Le operazioni si suddividono in:
 Operazioni di documenti contro pagamento (D/P)
 operazioni di documenti contro accettazione (D/A)
La prima tipologia prevede l'intervento di quattro soggetti:
ESPORTATORE e/o IMPORTATORE IN ITALIA
BANCA ITALIANA
BANCA STRANIERA
OPERATORE COMMERCIALE ESTERO
L'esportatore italiano attraverso la Banca Italiana trasmette alla banca dell'operatore estero i
documenti rappresentativi della merce, in pratica i documenti necessari a poter ritirare la
merce, incaricando la Banca italiana non solo di incassare in sua vece ma di far rilasciare i
documenti dalla banca estera all'operatore estero contro
l'immediato pagamento
dell'importo o attraverso l'accettazione di un effetto incassabile a scadenza. Il mandato
conferito alla banca italiana è ben definito e quindi le istruzioni devono essere impartite in
modo chiaro sia per quanto riguarda l'incasso parziale o totale della somma sia per il
comportamento da tenere in caso di mancato pagamento . Questa tipologia di pagamento è
molto usata soprattutto in presenza di documenti rappresentativi della merce come la polizza
di carico o bill of lading sia marittima che aerea o la lettera di vettura per trasporti ferroviari o
camionistici.
Altri
documenti
comunemente
usati
sono:i
certificati
di
assicurazione,provenienza,sanitari etc. .Questa modalità di regolamento di fatto comporta
che il rischio di viaggio della merce sia a carico dell'esportatore italiano fino all'arrivo a
destinazione, ove per poter essere acquisita in proprietà dall'importatore, deve essere
espletata la clausola base del contratto di incasso documentario e precisamente la
controprestazione che appunto può essere il pagamento o l'accettazione di un impegno di
pagamento .
E’ evidente che la presente forma di regolamento si basa su una reciproca fiducia tra i due
partner commerciali, ma ciò non basta perché in moltissimi casi vuoi per la scarsa fiducia
reciproca, vuoi per le usanze commerciali dei vari mercati si preferisce adottare lo strumento
principe del commercio internazionale cioè il
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
283
CREDITO DOCUMENTARIO.
Storicamente la lettera di credito nasce con il colonialismo e precisamente con in traffici della
Compagnia delle Indie, quando i mercanti per poter acquistare su mercati lontani si facevano
rilasciare dalle Banche Londinesi, in primo luogo, delle Lettere di credito che erano pagabili ai
presentatori in buona fede di tali documenti, pertanto anche ai venditori stranieri . Il
presupposto dell'incasso documentario è che esiste una promessa della Banca di pagare al
portatore della Lettera di credito o a terzi nel credito documentario. E' quindi una promessa
condizionata di pagare, su ordine del cliente acquirente, direttamente al presentatore di tale
documento subordinando il tutto all'espletamento di determinati clausole documentarie. Non
è un vero rapporto astratto cartolare ma solo il rispetto di regole ben precise, infatti se il
presentatore in buona fede adempie a tutte le clausole indicate per poter essere pagato,
verrà regolarmente pagato dalla Banca promittente. E' evidentemente la forma piu' semplice
di lettera di credito, ma già emerge una caratteristica fondamentale che è quella della
sostituzione del debitore che diventa la Banca. Infatti la Banca pagherà se saranno soddisfatte
le previste clausole di tipo documentario, non entrando nel merito del rapporto principale fra
le due imprese. Per poter offrire ancora maggiori garanzie e opportunità per l'acquirente
venne introdotta una forma più complessa. Il CREDITO DOCUMENTARIO.
Il contesto giuridico del Credito documentario può esplicitarsi in vari modo con alcune
modificazioni ma comunque i soggetti in gioco sono i seguenti:
cliente estero
cliente
estero
documenti
cliente italiano
banca estera
banca italiana
Il cliente estero apre un credito documentario a favore dell'esportatore italiano:
1^ fattispecie
La banca estera, su mandato del suo cliente, mette a disposizione dell'esportatore una
somma utilizzabile solo se verranno rispettate determinate condizioni di tipo documentale.
La banca Italiana può eseguire il semplice mandato da parte della Banca estera di avvisare il
cliente italiano che è stata messa a sua disposizione la somma.In tal caso siamo nella
configurazione del mandato, l'esame della conformità o meno dei documenti alle clausole
contrattuali del Credito spetta alla Banca estera che assume in proprio l'obbligazione di
pagare direttamente al cliente italiano non entrando nel merito del rapporto sottostante.La
documentazione viene esaminata secondo standard conformi che sono le regole
internazionali della CCI (Camera Commercio Internazionale), emanate a suo tempo per dare
uniformità e omogeneità nei criteri di esame e di interpretazione.In questa prima
configurazione l'obbligato principale è quindi la Banca estera.
2^fattispecie
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
284
Questa prima configurazione può essere modificata con la banca estera che da mandato alla
banca italiana di esaminare in sua vece i documenti e pagare se ritenuti conformi. E' evidente
che in questo caso la tutela per il beneficiario è maggiore in quanto la decisione di pagamento
si sposta alla banca italiana che paga in forza del mandato avuto. La struttura giuridica
diventa una delegazione di pagamento ,in quanto la Banca italiana ha l'incarico di esaminare
le formalità del credito e paga in sostituzione della Banca estera.
3^fattispecie
Tale situazione diventa ancor più migliorativa per il cliente italiano qualora la Banca italiana
appone la sua conferma al credito documentario, infatti secondo tale configurazione la banca
italiana diventa obbligata principale nei confronti del cliente italiano.
Riassumendo i tre livelli del credito documentario sono:


esame dei documenti e pagamento sulle casse della Banca ordinante
esame dei documenti e pagamento sulle casse della Banca italiana in forza di preciso
incarico
 come nella fattispecie di cui sopra ,ma alla banca italiana viene richiesto di coobbligarsi
per il pagamento,per cui è utilizzabile presso le sue casse
Nel primo e nel secondo caso il rischio per il cliente italiano, è solo l'insolvenza della banca
straniera. Nel terzo caso, qualora la Banca italiana aggiunga la sua conferma al credito
documentario, siamo in presenza di una vera e propria traslazione del rischio sulla Banca
italiana.
Nel parlare di crediti documentari occorre tener conto di altri due aspetti:
1- I crediti documentari sono irrevocabili
2- I crediti documentari sono soggetti a norme uniformi che permettono la
standardizzazione delle formalità e del giudizio di merito nell'esame di tali formalità. Ciò
comporta che il giudizio della banca italiana sia uniforme e perfettamente confrontabile ed
equiparabile con quello della banca estera. Questa necessità di equiparabilità ha portato alla
creazione di un contesto di regole universalmente accettate e riconosciute, la cui accettazione
diventa strumento operativo dello stesso credito documentario. I crediti documentari, al pari
delle altre forme di regolamento commerciale , possono quindi essere:
A VISTA
con pagamento del controvalore subito dopo l'esame dei documenti
A SCADENZA dilazionato ad un certo n°. giorni dopo l'esame dei documenti.
Gli elementi caratterizzanti del credito documentario sono:
 l'ordinante
 la somma messa a disposizione
 il tempo entro cui tale disponibilità deve essere utilizzata
 il tempo massimo per l'esecuzione contrattuale e quindi il tempo per la spedizione etc.
 la modalità di pagamento ( a vista o a scadenza).
 la documentazione da presentare e quindi l'aspetto formale da assolvere
 l'indicazione sulle casse di quale Banca sia pagabile il credito documentario.
Oltre agli elementi di cui sopra, sempre presenti in ogni fattispecie, esistono varie forme di
credito modellate su determinati usi commerciali quali :
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
285
- il credito stand by
(sostitutivo di una fideiussione bancaria, viene messa a disposizione dell’operatore italiano
una certo plafond per un periodo di tempo determinato, utilizzabile più volte)
- il credito revolving
un credito documentario utilizzabile più volte con le stesse modalità
- il credito trasferibile
utilizzabile da più beneficiari
A completamento di tutte le varie forme di incasso e pagamento vanno anche inseriti anche i
conti in valuta accesi a residenti e non residenti . L'unica differenza fra le due tipologie sono le
modalità di alimentazione .La opportunità di avere conti in divisa estera nasce dalla possibilità
di poter utilizzare proprie disponibilità o linee di credito in maniera tale da ridurre o eliminare
il rischio di cambio .
B. LINEE DI CREDITO E SERVIZI FINANZIARI
Il primo aspetto che si intende esaminare è quello delle :
B.1. Linee di CREDITO SPECIFICHE
L'azienda, che nel mercato domestico a fronte del proprio fatturato ha la possibilità di
smobilizzare i propri crediti, vuoi attraverso l'anticipo sbf di ricevute, lo sconto di portafoglio o
l'anticipo su fatture, ha analoghe possibilità anche operando sul mercato internazionale.
Infatti le operazioni che possono essere effettuate vanno a coprire le esigenze finanziarie
dell'operatore,
- finanziamento non connesso ad operazioni commerciali
- finanziamento a fronte di importazioni
La prima suddivisione che potremmo fare in questa disamina delle linee di credito è quella
classica fra interventi di CASSA e di FIRMA.
B.1.1. Aperture di credito e/o finanziamenti per cassa
B.1.1.1 finanziamento senza connessione con operazioni commerciali
Trattasi in effetti di un finanziamento in divisa estera di durata a revoca ,o meglio di durata
prefissata con possibilità di estinzioni o ripristini.
La richiesta del cliente di tale forma di finanziamento normalmente è basata sulla presunzione
di pagare un tasso di interesse ridotto, rispetto ad una apertura di credito in c/c .
Quanto sopra può essere vero qualora i tassi per la valuta siano inferiori all’euro, ma al rischio
creditizio o del finanziamento va aggiunto il rischio di cambio che il cliente potrebbe correre.
B.1.1.2 finanziamenti all'importazione
Trattasi di linea di credito destinata al pagamento di importazioni e/o prestazioni di servizi .
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
286
1.3- finanziamento di fornitura
1.4- anticipo su contratti e/o lettere di credito o crediti documentari
a
anticipo su contratto
Trattasi del classico anticipo SU CONTRATTO, in bianco, che rientrerà progressivamente con
l'anticipo sulle fatture mano a mano che verranno emesse .
b
anticipo su lettera di credito o credito documentario
La differenza con quanto sopra è che il contratto di fatto è rappresentato dalla Lettera di
credito o dal Credito documentario pertanto le modalità e la fonte di rimborso dell'anticipo
sono conosciute .L'estinzione dell'anticipo avverrà con l'incasso della lettera di credito (se a
vista ) o con anticipo sulle fatture emesse a valere sulla L/C o CREDOC qualora il pagamento
sia previsto dilazionato .
B.1.1.2 .operazioni di smobilizzo di crediti
B.1.1.2.1. anticipi all'esportazione
In questo raggruppamento rientrano tutte le tipologie di finanziamento delle esportazioni .
Vanno comunque effettuate delle distinzioni in dipendenza delle modalità di rientro e di
incasso:
B.1.1.2.2. anticipo su fatture estere
Tali fatture potrebbero essere incassate a mezzo bonifico (in tal caso il cliente dovrebbe
indicare la sua banca come banca di appoggio) o a mezzo assegno ( modalità molto diffusa
soprattutto in Europa)
La soluzione ideale sarebbe quella che il cliente assicurasse i suoi crediti per non avere rischi di
insolvenza commerciale.
B.1.1.2.3 anticipo su fatture emesse a fronte di documenti inviati per l'incasso
A differenza del caso sub 1 oltre alla fattura potrebbero esserci altri documenti quali effetti,
documenti di spedizione etc .
B.1.1.2.4 anticipo su fatture emesse a fronte di lettere di credito con incasso dilazionato o
pagabili all'estero.
In questo caso esiste la certezza dell'incasso, qualora la lettera di credito fosse utilizzata sulle
casse della banca del cliente, l'operazione diverrebbe garantita in quanto il debitore sarebbe
la banca stessa.
B.1.1.2.5 sconto effetti
Trattasi di operazioni di smobilizzo di effetti (tratte accettate e/ promissory notes) rilasciati da
non residenti a fronte di di operazioni all'esportazione
B.1.1.3.crediti di firma
rilascio di garanzie commerciali su estero
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
287
Trattasi delle garanzie che la banca rilascia sia a fronte di una pagamento dilazionato che
soprattutto a fronte di emissione di aperture di credito Import .
In tale categoria rientrano anche le garanzie connesse alle operazioni di realizzazione di
impiantistica all'estero come:

Tender bond
(partecipazione a gara di appalto)

Bid bond
(mantenimento dell'offerta per una gara )

Performance bond
(buona esecuzione)

Advance payment bond
(restituzione dell'acconto)
rilascio garanzie finanziarie su estero
Trattasi di rischi di firma concessi alla clientela a fronte di operazioni finanziarie o a fronte di
operazioni di options, futures, outrights, swaps, etc.
B.2 linee di CREDITO PARTICOLARI
L'attuale offerta di servizi finanziari è molto ampia e le aziende di maggiori dimensioni
possono ricorrere anche a
-finanziamenti in pool e syndicated loans
Trattasi di finanziamenti messi a disposizioni da un pool di banche, di cui una capofila che ha il
mandato di trattare la linea di credito che poi verrà erogata secondo le quote di
partecipazione al" sindacato". Tradizionalmente tali operazioni vengono effettuate
sull'Euromercato con riferimento all’euroribor o al $
-credito fornitore
Una delle forme più usate di finanziamento alle esportazioni con regolamento dilazionato è
rappresentata appunto dal Credito Fornitore che si traduce in:
Anticipazioni Prosolvendo della quota dilazionata di crediti insorti in dipendenza di una
fornitura o più spesso di lavori etc. Non vengono assunti normalmente impegni circa il buon
fine o meno dei crediti, gli interventi qualora non rientrino fra quelli previsti dal Mediocredito
Centrale (agevolati) vengono effettuati ai tassi di mercato. Qualora ci sia l'intervento del
Mediocredito Centrale lo stesso è effettuato in base ai tassi previsti dal "consensus" , accordo
internazionale fra i vari paesi industrializzati. Intervento analogo è quello dello:
Sconto Prosolvendo degli effetti avuti in pagamento dalla controparte estera, gli effetti di cui
sopra possono essere altresì garantiti da società o banche del paese compratore.Le operazioni
di cui sopra di fatto prendono in considerazione lo standing della controparte italiana in
quanto la linea di credito è data all’esportatore.
Lo Sconto Prosoluto o forfaiting mira a superare le limitazioni di quelle pro solvendo.
Tale operazione si sostanzia nell'acquisto da parte di una società finanziaria di un portafoglio
di effetti ottenuti in pagamento di una esportazione di beni e servizi con pagamento differito a
medio termine, senza rivalsa verso il precedente possessore dei titoli. Alla base c'è quindi una
esportazione di beni durevoli ( lavori) con pagamento dilazionato in più anni. Salvo nel caso
che il debitore sia di importanza internazionale, l'istituto che procede al "forfaiting" richiede
che il credito sia assistito da garanzia bancaria o sotto forma di avallo dei titoli di cambiari o di
lettera di garanzia separata.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
288
Qualora l'operazione abbia i requisiti per la forfettizzazione i vantaggi per l'esportatore sono :
 -smobilizzo di un credito differito
 -eliminazione di rischi di insolvenza commerciale
 -eliminazione dei rischi politici
 -eliminazione dei rischi di cambio
 -semplificazione delle procedure di incasso.
I vantaggi di cui sopra sono in effetti caricati sul costo dell'operazione che in genere , se non
rientra fra quelle agevolate dal mediocredito centrale, è abbastanza elevato. L'operazione di
forfaiting può essere anche effettuata a valere sulle possibilità previste dalla Legge 227
(Ossola) che regolamenta le operazioni assicurando all'esportatore, in presenza di
determinate condizioni, lo sconto a tasso agevolato.Le operazioni a valere sulla LEGGE 227
hanno la garanzia SACE (statale)sui rischi commerciali e politici .
Una forma di intervento ancor più particolare è quella del:
credito compratore (buyer's credit).
Tali operazioni si traducono in un linea di credito concessa dallo Stato Italiano o da una banca
italiana ad un paese estero (di solito in via di sviluppo) attraverso una banca di tale paese
destinata al pagamento di forniture effettuate da esportatori Italiani .Pertanto vengono
predeterminati importi, ambiti, condizioni per gli utilizzi di tali linee. Infatti gli interventi sono :
closed destinati a finanziare una specifica fornitura
open
destinati a finanziare una serie ampia di esportazioni.
Le particolari modalità di tali interventi, con l’utilizzo da parte del paese estero della linea di
credito, consentono un rapido incasso da parte dell'operatore italiano
Molto spesso tali crediti, in caso di mancato rimborso da parte del debitore estero, vengono
trasformati dall’Italia in CREDITI DI AIUTO cioè a fondo perduto.
Da ultimo parliamo di ulteriori forme di finanziamento ancor più particolari e precisamente:
 Project Financing
 Leasing Internazionale
 Factoring internazionale
Le caratteristiche del Project financing ne fanno uno strumento finanziario in fase di sviluppo
,in quanto è destinato in forma precipua alla realizzazione di grossi investimenti in
infrastrutture o strutture produttive, si pensi all'EUROTUNNEL Ferroviario ad esempio. In tali
casi insieme al progetto operativo, viene presentata la copertura finanziaria che può utilizzare
il finanziamento a mezzo emissione di titoli sull' Euromercato, oppure un consorzio di
finanziamento composte di banche internazionali etc. Il progetto esecutivo e la relativa
copertura finanziaria vengono proposti chiavi in mano per realizzare un’opera che, per la
caratteristica di infrastruttura potrebbe avere carattere pubblico, con la contropartita dello
sfruttamento in forma privatistica dell'investimento per un certo numero di anni.
Il Leasing Internazionale è una contratto di leasing a tutti gli effetti caratterizzato dal fatto che
il proprietario e l'utilizzatore del bene locato, risiedono in paesi diversi
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
289
Tali operazioni presentano solo particolarità dovute alle possibili asimmetrie tra le legislazioni
e le norme tributarie correnti nei paesi delle società partecipanti all'operazione.
Da ultimo ricordiamo il Factoring Internazionale, non dissimile da quello domestico fatto
salvo che i creditori ceduti sono residenti in paesi esteri .
La società di factoring acquisirà quindi i crediti e girerà questo credito ad un Factor
corrispondente residente nel paese del debitore .
Questo Factor svolgerà pertanto tutte le operazioni relative alla gestione di tali crediti per
conto della società italiana a cui l'esportatore avrà ceduto il credito.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
290
C- ASSISTENZA NELLA GESTIONE DELLA TESORERIA
Le forme di intervento possono essere sintetizzate in due comparti :
a) gestione dei flussi e dell'indebitamento in valuta
b) copertura dei rischi di cambio
a) gestione dei flussi e dell'indebitamento in valuta
La GESTIONE dei FLUSSI derivanti dall'attività commerciale e quindi dai rapporti con le banche
rappresentano il fulcro dell'attività finanziaria in valuta. Infatti la corretta gestione mirata
all'ottimizzazione delle risorse finanziarie e al contenimento dei costi dei mezzi finanziari di
terzi diventa un po' più complessa se le fonti sono in valuta e soprattutto multivaluta. Infatti in
tal caso è compito della gestione operativa presiedere ai rischi di cambio e tasso connessi
all'incasso e pagamenti in valuta.
Una delle modalità per il contenimento dei rischi connessi alle attività in valuta è quella del
bilanciamento della posizione mirante a fronteggiare passività ed attività in valuta con
posizioni appunto bilanciate. Tipica applicazione è riscontrabile nelle multinazionali con una
tesoreria centralizzata intergruppo che funga da clearing (compensazione ) fra flussi espressi
in valute diverse.
Quanto sopra trova di norma applicazione solo nelle multinazionali mentre la maggior parte
degli operatori è rappresentata da Piccole e Medie Imprese, ove spesso è scarsamente
presente la consapevolezza dei rischi valutari.
b)copertura dei rischi di cambio
Affinché possa essere perseguita in modo efficace una gestione dei flussi valutari è
innanzitutto necessario definire quale sia il rischio che l'azienda intende assumersi.
Infatti l'impresa che esporta può fatturare in euro, in valuta o in una combinazione dei due in
funzione dei rapporti commerciali e contrattuali instaurati. La decisione di incassare o pagare
in valuta appunto comporta l'assunzione del rischio di cambio, senza spesso aver precisa
consapevolezza degli elementi interni ed esterni che lo influenzano. Si può ricordare tra gli
elementi esterni le variabili macroeconomiche del paese la cui valuta si intenda utilizzare. Tali
informazioni sono disponibili sul mercato ed è una caratteristica delle Banche specializzate
nell'operatività in divisa fornire un servizio agli operatori. Tra gli elementi interni ricordiamo la
situazione economica interna, la politica monetaria esistente e l'influenza sulla bilancia dei
pagamenti .
Alle imprese che vogliano predeterminare il livello del rischio cambio si offrono numerose
possibilità di scelta quali:
 Anticipo dei crediti nella medesima valuta in cui si incasserà
 Vendita/acquisto a termine della valuta
 Domestic currency swaps
 Option su currency
b.1 Anticipo crediti in divisa
L'anticipo di crediti (fatture o altro) espressi in divisa è la forma più semplice di fissare il
cambio sulle somme che saranno incassate in dipendenza dell'esportazione.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
291
L'indebitamento che viene creato rientrerà progressivamente con i vari incassi, qualora
l'azienda non abbia necessità di utilizzo immediato delle somme ma può aspettare la
maturazione effettiva dell'incasso, potrà procedere ad un investimento in euro della liquidità
creata dall'indebitamento in valuta, al fine di sfruttare un eventuale differenziale positivo del
tasso euro contro divisa .
b.2 Acquisto e vendita a termine di divisa
Parallelamente alle transazioni a contanti esiste un mercato della divisa a termine destinato
appunto a soddisfare le esigenze di copertura degli operatori. Gli acquisti e vendite a termine
consistono in una compravendita di valuta a cambi concordati fra le parti ,la cui effettiva
esecuzione dovrà avvenire in un momento successivo a scadenze concordate. Tecnicamente
le operazioni a termine si distinguono in due tipologie :
b.2.1 outright (termine secco)
ovvero la compravendita a termine senza movimento dei fondi al momento della
sottoscrizione del contratto ma solo a scadenza
b.2.2 swap
ovvero la doppia compravendita con cambio differente e regolamento a scadenza del solo
differenziale fra i due cambi
Entrambe le operazioni poggiano sullo scarto tra il cambio Spot (a pronti) e quello del termine
derivante dal differenziale dei tassi fra le divise .
b.2.1 outright (termine secco)
Nella prima fattispecie l'operatore che intende tutelarsi da un rialzo della divisa (importatore)
o da un ribasso della divisa (esportatore) effettuerà l'acquisto o la vendita della divisa estera
oggetto della contrattazione con la Banca. L'operatore quindi si impegna a ritirare o
consegnare alla scadenza la divisa estera relativa al contratto commerciale sottoscritto ( o
all'attività finanziaria in suo possesso) ad cambio fissato . Il cambio concordato sarà :
cambio a pronti + premio = cambio a termine(forward)
Lo scarto a termine o premio (tassato con l'aliquota del 12,50%)è uguale a :
(tasso euro-tasso divisa)*gg(periodo riferimento)* cambio pronti
-----------------------------------------------------------------365 * 100 P
Premio su base annua =
premio* 365*100
-------------------------------------gg(periodo rif.)* cambio pronti
tale valore esprime la percentuale da calcolare sul cambio a pronti per avere il termine e
determina in presenza di un finanziamento chiuso a scadenza con una operazione a termine il
costo effettivo della copertura . Tale costo in linea di massima dovrebbe esprimere solo un
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
292
differenziale fra due tassi ma in realtà esprime (anche se in misura minore delle opzioni)
anche le aspettative sulla divisa.
b.2.2. Swap
Le operazioni di swap consistono in uno scambio fra due posizioni opposte (importatori con
debiti in valuta ed esportatori con crediti in valuta ) incrociate fra loro da un intermediario
.Tale scambio si basa sulla determinazione di un cambio alla scadenza pattuita che sia
accettato da entrambe le controparti. Il cambio a scadenza viene così determinato :
M=C(1+(i-j))*gg/360
Cambio = cambio pronti*(1+(tasso euro -tasso divisa))* durata/360
a scadenza
L'intermediario che stipula due contratti con le controparti assicura che alla scadenza della
operazione avvenga lo scambio del differenziale fra il cambio concordato e il cambio a pronti
:Le operazioni di Domestic Currency Swap sono state utilizzate in particolari momenti in
alternativa alle operazioni a termine per motivi di semplificazione.
b.3 option su divise
Uno strumento di copertura più sofisticato è l'utilizzo di option su Currency.
Si definisce Option il contratto stipulato tra un venditore (writer) e un compratore (holder)
che conferisce al secondo il diritto, ma non l'obbligo,di acquistare (CALL)o di vendere (PUT)
una determinata attività (divisa,titolo, futures etc)ad un prezzo determinato entro una data
scadenza (tipo americano) o alla scadenza predeterminata (tipo europeo).Tale diritto è
conferito all'acquirente dietro corresponsione di un premio al venditore, commisurato al
rischio (volatilità/tempo) sopportato da quest'ultimo. Le call option costituiscono una
opportunità per l'acquirente del diritto di poter comprare ad una scadenza fissa una
determinata quantità di divisa ad un cambio predeterminato.
Se alla scadenza di tale impegno :
il cambio spot è minore del prezzo di esercizio l'operatore abbandonerà il diritto e comprerà
la divisa sul mercato
il cambio spot è superiore al prezzo di esercizio l'operatore eserciterà l'opzione
E’evidente come tali operazioni si prestino ottimamente alla copertura di passività o di
impegni di acquisto a termine effettuando una difesa in caso di incrementi del rapporto di
cambio della lira sulla divisa oggetto della transazione.
Le put option rappresentano opportunità esattamente contrarie in quanto costituiscono una
opportunità per l'acquirente dell'option di vendere una quantità di divisa ad una scadenza
predeterminata ad un cambio prefissato.
Se alla scadenza di tale impegno :
il cambio spot è minore del prezzo di esercizio l'operatore eserciterà l'opzione
il cambio spot è superiore al prezzo di esercizio l'operatore abbandonerà il diritto e vendere la
divisa sul mercato.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
293
E’evidente come tali operazioni si prestino ottimamente alla copertura di attività o di impegni
di vendita a termine effettuando una difesa in caso di decrementi del rapporto di cambio della
lira sulla divisa oggetto della transazione.
L'acquirente della Call di fatto assume una posizione LUNGA cioè rialzista sul rapporto di
cambio e pertanto vuole assicurarsi oltre alla copertura del rischio anche la possibilità di fare
profitti in caso di rialzo e pertanto per tale facoltà paga un premio.
L'acquirente della Put di fatto assume una posizione CORTA, cioè ribassista sul rapporto di
cambio e pertanto vuole assicurarsi oltre alla copertura del rischio di cambio di poter
beneficiare di eventuali profitti in caso di ribassi.
Il premio abbiamo detto è calcolato attraverso complesse funzioni matematiche che tengono
conto di :
 differenziale tassi fra le divise prese
 la durata dell'operazione
 la volatilità, intesa come variabile che esprime una valutazione soggettiva del writer sulla
rischiosità teorica dell'operazione in funzione di una possibile evoluzione dello scenario .
Da ultimo ricordiamo per completezza di informazione un ulteriore strumento di copertura dai
rischi di cambio che il FUTURE su divisa .
Il financial future su divisa al pari di quelli su titoli e su indici si realizza attraverso contratti di
acquisto o vendita standardizzati trattati in mercati regolamentati (LIFFE Londra ad esempio)
per quantità standard e su scadenze standard. La quotazione future è una estrapolazione della
quotazione a pronti e rapportata alla consegna differita. In effetti trattasi sempre di un
mercato a termine con il vantaggio della standardizzazione dei contratti e della estrema
liquidità del mercato che appunto ne permette una operatività ampia.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
294
Allegato :
I CREDITI DOCUMENTARI
COMMENTO a: Norme ed Usi Uniformi pubblicazione numero 500 rev. 1993 della Camera di
Commercio Internazionale
Introduzione
I Crediti documentari sono stati e saranno ancora per molti anni uno strumento indispensabile
per il buon andamento del commercio internazionale. Sono inoltre il segno indiscutibile che la
comunità internazionale, di qualunque razza o religione, quali siano gli usi ed i costumi, nella
necessità di una crescita della comunità, è in grado di giungere ad un accordo su qualsiasi
problema. Questo testo, per ovvi motivi, riporta in lingua italiana i termini ed i nomi; quando
però ne esiste anche una versione in altra lingua, o una abbreviazione, che risultano essere di
uso comune, queste vengono riportate tra parentesi accanto alla terminologia italiana.
Parte I°
Uno dei principali compiti della Camera di Commercio Internazionale di Parigi (CCI) è facilitare
i rapporti commerciali tra imprenditori di paesi diversi, contribuendo così all'espansione del
commercio internazionale.
L'attività della CCI, per portare a termine questo compito, consiste appunto nel preparare
strumenti universali, riconosciuti ed accettati da tutti gli operatori del mondo, che consentano
la sicurezza nelle transazioni commerciali.
Le Norme ed Usi Uniformi n. 500 Rev. 1993, relative ai Crediti Documentari.
1.
2.
3.
4.
Le Norme ed Usi Uniformi n. 522 Rev. 1995, relative agli incassi.
Le ISP 98 n. 590, relative alle regole e prassi internazionali sulle Standby Letters of
Credit.
Le Norme ed Usi Uniformi n. 458, relative alle garanzie su domanda.
Le Norme ed Usi Uniformi n. 525, relative ai rimborsi fra banca e banca.
Il Credito Documentario è il miglior strumento per le operazioni di export verso tutti quei
paesi in cui esiste, oltre al normale rischio commerciale, legato a qualsiasi operazione, anche
un rischio politico legato alle difficoltà economiche o alle tensioni sociali (c.d. rischio paese),
che potrebbero creare difficoltà nel recupero delle somme dovute all'esportatore. Questa
operazione, anche se un po' costosa, può poi essere messa in atto anche per assicurare quelle
esportazioni verso paesi più sicuri, quando manca la fiducia nella controparte (per es. quando
si entra in affari per la prima volta con un compratore sconosciuto di cui non si hanno
informazioni commerciali). Il credito documentario è dunque uno strumento di regolamento
garantito, che consiste in un impegno irrevocabile, assunto dalla banca estera del compratore
a favore dell'esportatore, di pagare l'importo previsto dal credito contro la presentazione di
documenti conformi. Una definizione molto asettica, ma chiara, la possiamo anche trovare
nell'articolo 2 delle norme. Un principio base, che deve entrare nella mente di ogni persona
che utilizza questi strumenti, è quello sancito dagli art. 3 e 4 - e cioè che tutta l'operazione è
fondati sui documenti, e non sugli accordi sottostanti, siano essi contratti o semplici strette di
mano. Sarà quindi l'esame dei documenti richiesti, e nient'altro, che permetterà alla banca
incaricata di effettuare il pagamento o di rilasciare l'impegno di pagare alla scadenza. Un
Credito Documentario deve essere chiaro, completo e preciso - Art. 5 - le banche, anche nel
loro interesse, devono scoraggiare il tentativo di inserire nei crediti eccessivi dettagli, sia per
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
295
quanto riguarda le istruzioni sia per quanto riguarda i documenti. Il beneficiario di un credito,
ha comunque la possibilità di fare modificare quelle parti che non gradisce, sia richiedendo
alla banca avvisante di intervenire sulla banca emittente (Via indiretta) sia contattando il
cliente e richiedendo modifiche desiderate (Via diretta e solitamente più veloce). L'utilizzo di
un credito è comunque un atto facoltativo, il beneficiario non è assolutamente obbligato a
farlo, ma, se decide di utilizzarlo, dovrà sottostare alle norme che ne regolano l'operatività.
Forma e Tipologia dei Crediti Documentari
Nella forma un credito può essere revocabile o irrevocabile (Art. 6). In mancanza di esplicita
indicazione nel testo il credito si intende irrevocabile. Con l'emissione di un Credito
Documentario irrevocabile la banca emittente si impegna in maniera inderogabile nei
confronti del beneficiario, a patto che tutte le condizioni siano correttamente
rispettate(Art.9). Al contrario un credito revocabile può essere annullato o modificato in
qualsiasi momento ed il beneficiario non può opporre alcuna eccezione, salvo pretendere il
rimborso di documenti conformi presentati prima di ricevere l'avviso di annullamento o
modifica (Art.8 ). L'accettare ed utilizzare un Credito Documentario revocabile espone il
beneficiario ad un alto grado di rischio, che deve essere attentamente valutato. Un credito
può essere avvisato direttamente dalla banca emittente, ma nella pratica questo non avviene
quasi mai. La banca emittente si servirà invece di una banca avvisante, risiedente quanto più
vicino possibile alla piazza di residenza del beneficiario. Questi può comunque indicare
all'ordinante, preventivamente, quale è la sua banca preferita, o successivamente alla notifica,
chiedere che il Credito venga appoggiato su altra banca più gradita. Tutto è più semplice
quando il credito risulta "liberamente negoziabile" (available with any bank), questo significa
che pur essendo stato avvisato dalla banca x, esso può essere utilizzato, presentandone il
testo insieme ai documenti, presso qualunque banca gradita al beneficiario. Quando una
banca avvisa un Credito Documentario al beneficiario significa anche che ha impiegato una
ragionevole cura nel controllarne l'autenticità della provenienza. Se così non fosse la banca
avvisata deve comunicare al beneficiario che non è stata in grado di controllarne l'autenticità,
facendone chiara menzione all'atto dell'avviso.
Sulla tipologia dei crediti documentari (art 9)è ora necessario fare una ulteriore distinzione
A) Crediti avvisati. - Nel credito avvisato l'intera responsabilità, vale a dire l'impegno
irrevocabile (o revocabile) di pagamento ricade unicamente sulla banca emittente. Cosa vuol
dire questo? Che a fronte di documenti conformi la banca emittente deve pagare senza
eccezione (o rilasciare impegno di pagamento a scadenza o accettare le tratte emesse a suo
carico).
B) Crediti confermati. - Nel credito confermato, un'altra banca (banca confermante) su
autorizzazione della banca emittente, aggiunge il suo impegno inderogabile al pagamento,
all'accettazione o al rilascio di impegno di pagare a scadenza. Questa aggiunta di conferma,
quando avviene da parte di una banca del nostro paese, toglie al credito qualunque alea di
rischio politico e commerciale, perché la banca italiana confermante eseguirà la prestazione di
utilizzo dei documenti in Italia, dando all'esportatore la totale sicurezza che, a fronte di
documenti conformi verrà pagato senza alcuna eccezione. Ovviamente questa conferma ha un
costo: la commissione di conferma; che viene calcolata dalle banche in base a vari parametri,
quali la rischiosità politica del paese dell'importatore, lo standing internazionale della banca
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
296
emittente, la durata del credito, eventuali clausole particolari; in più, nel caso di pagamento a
scadenza, sarà richiesta al beneficiario una commissione di "pagamento differito", che verrà
calcolata in base agli stessi parametri. Queste commissioni si possono equiparare a tutti gli
effetti a dei premi di assicurazione, che danno all'operatore la tranquillità assoluta sull'esito
dell'esportazione.
L'art. 9 contiene ancora due importanti affermazioni:
1.
2.
Un credito può essere modificato; ma:
A. è necessario l'accordo della banca emittente, della banca confermante e del
beneficiario. Queste modifiche vincolano le parti in momenti diversi:

a) per la banca emittente il vincolo nasce nel momento dell'emissione della
modifica, cioè della sua comunicazione alle altre parti.

b) Per la banca confermante nasce nel momento in cui avvisa la modifica al
beneficiario. Detta banca potrebbe anche rifiutare di aggiungere la conferma alla
modifica, ma in questo caso deve chiaramente specificarlo sia al beneficiario che
alla banca emittente.

c) Per il beneficiario la modifica è vincolante solo quando viene accettata; la
presentazione di documenti conformi significa implicita accettazione della
modifica.
B. non è corretto imporre al beneficiario un tempo limite per rifiutare la modifica, ma
è bene che questi, per evitare confusioni, valuti subito la portata delle modifiche
che gli vengono avvisate, e, se necessario, le rifiuti subito e per scritto.
C. Se con un unico avviso vengono comunicate più modifiche queste devono essere
accettate o rifiutate in blocco, in quanto l'accettazione parziale non è consentita a
nessuna delle parti.
Se un credito prevede l'emissione di tratte, queste dovrebbero essere emesse a carico
della banca emittente o confermante, e non a carico dell'ordinante.
L'art. 10 continua la serie delle distinzioni sulla tipologia dei Crediti Documentari:infatti ogni
credito deve chiaramente indicare se è utilizzabile per il pagamento a vista o a scadenza, per
l'accettazione o la negoziazione. Un Credito Documentario può prevedere l'utilizzo dei
documenti presso la stessa banca emittente, ma solitamente è previsto che ci sia una banca
"designata", che è autorizzata a pagare, a rilasciare impegno di pagamento differito, ad
accettare o negoziare tratte. Diversamente un credito può anche essere utilizzabile
liberamente presso qualsiasi banca per negoziazione (any bank).
Vediamo ora il significato dei termini di utilizzo. Un Credito Documentario può essere
utilizzabile:
- Per pagamento a vista (by payment). - Significa che la banca designata, contro la
presentazione di documenti conformi, paga in via liberatoria il beneficiario. è il tipo di
pagamento più conveniente per l'esportatore, il quale viene pagato in via definitiva, ciò
significa che, se anche i documenti, ad un successivo controllo, non fossero riscontrati in
regola, questa contestazione non gli sarebbe più opponibile.
- Contro rilascio di impegno di pagamento differito (by deferred payment). - significa che la
banca designata, contro presentazione di documenti in ordine, è autorizzata a rilasciare un
impegno scritto incondizionato di pagamento ad una scadenza già preventivamente
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
297
stabilita nel testo del credito . anche in questo caso si tratta di una prestazione a carattere
liberatorio; tutte le vicende del credito o dei documenti che accadono dopo il rilascio
dell'impegno non riguardano più il beneficiario. Nella forma l'impegno di pagamento
differito corrisponde solitamente ad una lettera della banca designata indirizzata al
beneficiario, nella quale, dopo un preciso richiamo ai dati del Credito Documentario, viene
enunciato l'impegno di pagare una determinata cifra ad una determinata scadenza. Nella
sostanza si tratta di un documento che si potrebbe equiparare ad una cambiale (promessa
di pagamento a scadenza) e di valore certamente alto visto l'elevato standing di chi l'ha
rilasciata. La stessa banca emittente l'impegno è solitamente favorevole allo sconto del
medesimo, quando il beneficiario ha la necessità di attualizzare il ricavo, ed il tasso di
sconto è certamente favorevole data l'assenza di rischio.
- Per accettazione (by acceptance). - Il significato è uguale al precedente. La banca
incaricata, in questo caso, a fronte di documenti in regola accetta una cambiale a scadenza
emessa a suo carico ed a favore del beneficiario del credito. Bisogna dire che le banche
italiane, normalmente rifiutano di accettare un effetto, e rilasciano invece un impegno
scritto; questo conferma tutto quanto già detto al punto precedente.
- Per negoziazione (by negotiation). - Si intende in questo caso, il riconoscimento al
beneficiario, da parte della banca negoziatrice, di un importo a fronte di documenti
conformi. Questo riconoscimento è però effettuato "salvo buon fine" e non in via
liberatoria; vale a dire che le vicende dei documenti, successive a questo riconoscimento di
corrispettivo, investono il presentatore beneficiario, mettendolo in pericolo anche per
eventuali "non conformità" dei documenti, sollevati dalle banche emittenti a volte anche in
maniera pretestuosa.
Vi è poi una particolare tipologia di Credito Documentario, molto frequente nella pratica, che
presente le seguenti condizioni:



Utilizzo: per negoziazione presso una banca designata o qualsiasi banca.
Conferma: No.
Pagamento o rimborso: istruzioni di rimborso omesse; "a ricezione di documenti in
ordine la banca emittente provvederà direttamente a rimborsare la banca negoziatrice
secondo le sue istruzioni.
Questa tipologia, particolarmente usata dalle banche dell'estremo oriente, è piuttosto
pericolosa per il beneficiario, perché lo mette di fronte alla seguente situazione:
- La banca negoziatrice esegue solo una semplice verifica dei documenti, non essendo in
grado di negoziarli effettivamente in quanto mancano, nel testo del Credito Documentario
le istruzioni di rimborso; il vero esame definitivo, ed il successivo pagamento competono
quindi alla banca emittente, che provvederà solo quando i documenti saranno giunti a
destino e saranno stati controllati.
- l pagamento, anche se "a vista", sarà quindi dilazionato per il numero di giorni necessari al
"viaggio" dei documenti ed al tempo occorrente per il loro controllo, sempre che, con
pretestuosi cavilli, questo "tempo necessario", non venga artatamente dilazionato (per il
tempo necessario al controllo dei documenti vedi il commento all'articolo 13).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
298
- Il rischio di smarrimento dei documenti è a totale carico del beneficiario, che non verrà
pagato se i documenti non perverranno alla banca emittente per qualsiasi motivo. Lo
smarrimento o un disguido nel recapito dei documenti è un'evenienza che per fortuna si
verifica raramente, ma va comunque tenuta presente nella valutazione dei rischi e dei costi
dell'imprenditore.
Facciamo un esempio:
Caio spedisce un carico di merci particolarmente ingombranti in oriente via mare; il
pagamento avverrà a vista presso la banca emittente "a ricezione documenti in ordine".La
banca designata verifica i documenti (senza impegno come servizio di consulenza) e,
rilevandoli in ordine, li spedisce alla banca emittente via corriere espresso. Dopo due
settimane dalla partenza la merce arriva a destino; l'ordinante del credito richiede con
urgenza i documenti in quanto necessari per lo sdoganamento. La banca designata, dopo un
controllo, appura che il corriere ha smarrito i documenti, e si rende necessario l'emissione di
duplicati. Il tempo tecnico necessario è di circa una settimana. La merce, in sosta nei
magazzini doganali del porto di destinazione, sempre che non sia deperibile, paga una tassa
che può anche essere molto alta. A questo punto il compratore, se non è un filantropo, può
rifiutare la merce se i documenti sono giunti in ritardo, e quindi non pagare il credito, oppure
obbligare il venditore ad accettare una riduzione del prezzo almeno pari alle spese di sosta. Ne
il venditore può tentare di rivalersi sul corriere, che, come recitano chiaramente le polizze di
trasporto dei documenti, è responsabile al massimo per il valore materiale dei documenti
trasportati (cioè il valore della carta), e non per il valore che essi rappresentano.
Nella sostanza questi crediti documentari sono dunque delle semplici operazioni di invio
documenti al dopo incasso, con la sola maggior sicurezza data dalla irrevocabilità del Credito
Documentario. Diverso discorso sarebbe stato se si fosse trattato di un vero credito di
negoziazione con clausola di rimborso. In questo caso la banca negoziatrice avrebbe infatti
avvisato la banca emittente dell'utilizzo, e questa avrebbe lamentato il mancato arrivo dei
documenti dopo pochi giorni e non dopo due settimane. Meglio ancora, nel caso di Credito
Documentario confermato, il rischio di viaggio dei documenti ricade sulla banca emittente dal
momento in cui questi le vengono spediti, e quindi l'attenzione è ancora maggiore.
La trasmissione delle istruzioni Nella prassi ordinaria i Crediti Documentari sono trasmessi in
forma telematica autenticata; è quindi normalmente esclusa la forma epistolare, e, se una
conferma scritta venisse inviata, sarebbe comunque inutile e priva di effetto, a meno che il
messaggio telematico non specifichi che i dettagli contenuti nella lettera costituiscano parte
integrante ed operativa del credito (art. 11). Se una banca emittente si avvale di una
determinata altra banca per avvisare il credito, dovrà avvalersi della stessa anche per avvisare
le modifiche e le eventuali riserve. Il preavviso di emissione di un credito può essere
revocabile o irrevocabile, in questo secondo caso la banca che lo invia sarà vincolata secondo i
termini stabiliti nel preavviso. Le istruzioni impartite dalle banche emittenti devono essere
chiare, complete e precise. Una banca incaricata di notificare o confermare un credito non è
tenuta a fornire alcuna prestazione in caso di incertezza sulle istruzioni, ma al massimo può
fornire al beneficiario un semplice avviso a titolo informativo nelle more di ricevere le dovute
precisazioni (Articolo 12).
criteri generali per l'esame dei documenti.
Momento culminante nella vita del Credito Documentario è quello della presentazione dei
documenti alla banca incaricata. Tale attività, tecnicamente denominata "utilizzo" consiste
nell'esame dei documenti e nell'esecuzione della prestazione, vale a dire il pagamento,
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
299
l'accettazione di una tratta a scadenza o il rilascio di un impegno di pagamento. Prima di
approfondire la delicata casistica dei singoli documenti, l'art. 13 fissa alcuni criteri generali
per uniformare questa operazione in tutte le banche di tutto il mondo.
I.
II.
III.
L'esame dei documenti deve essere eseguito con ragionevole cura per accertare la loro
conformità formale al dettato del credito. Quindi le banche non devono fare un esame di
carattere inquisitorio, sostituendosi agli organi finanziari o doganali, ma procedere con
"ragionevole cura" ad un esame di carattere "formale".
Gli articoli delle Norme e Usi Uniformi stabiliscono una prassi bancaria internazionale;
quindi l'esame dei documenti eseguito da banche italiane, coreane, marocchine,
brasiliane o di qualunque altro paese, avviene secondo gli stessi criteri.
Esiste un "principio generale di concordanza dei documenti" che non è possibile
trascurare, e che deve guidare tutta la procedura dell'esame.
Se vengono presentati documenti non richiesti le banche (nessuna delle banche coinvolte nel
credito) non li esamineranno, e li respingeranno al presentatore, a meno che venga loro
richiesto, senza responsabilità, ed al di fuori delle condizioni del credito, di inoltrarli
all'ordinante.
Ogni banca ha a disposizione un ragionevole periodo di tempo per esaminare i documenti
presentati, ma questo periodo non può comunque eccedere i sette giorni lavorativi.
Se un credito prevede una determinata condizione, ma non è richiesto nessun documento
relativo a tale previsione, essa sarà ignorata dalle banche.
Facciamo un esempio:
a.
b.
il beneficiario deve dare avviso di spedizione all'ordinante entro due giorni dalla data di
partenza della nave. CONDIZIONE NON DOCUMENTALE
il beneficiario deve dare avviso di spedizione via fax all'ordinante entro due giorni dalla
data di partenza della nave, il report del fax deve essere allegato ai documenti.
condizione documentale
Il buon senso comunque consiglia di chiedere all'ordinante una sollecita modifica del credito
che cancelli la condizione non documentale o specifichi il documenta richiesto.
documenti discordanti.
A fronte di documenti conformi, presentati entro i termini previsti, la banca emittente o
confermante è contrattualmente obbligata a rimborsare la banca designata e quindi il
beneficiario (Art. 14). Bisogna tenere presente che, superato il termine di scadenza, cessano
gli obblighi contrattuali delle banche operanti, che possono anche rifiutare i documenti
nonostante il benestare dell'ordinante.
Nei casi ordinari comunque, la banca designata, che rilevi documenti non conformi, è tenuta a
darne avviso entro il termine stabilito di sette giorni lavorativi alla banca da cui li ha ricevuti o
al beneficiario presentatore, specificando tutte le discordanze ed indicando se i documenti
vengono resi o tenuti a disposizione.
È importante ricordare che il beneficiario ha il diritto di sostituire i documenti non conformi
con altri nuovi fino alla scadenza del credito; ed il nuovo esame potrà riguardare solo i nuovi
documenti, mentre quelli riscontrati in ordine nel primo esame non potranno più essere
contestati.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
300
CAPITOLO 9
I FINANZIAMENTI AGEVOLATI E LA CREAZIONE DI NUOVA
IMPRENDITORIALITÀ
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
301
9.1 Cos’è la finanza agevolata
Per finanza agevolata si intende l’insieme degli investimenti a favore delle imprese, che
agevolano lo sviluppo di progetti in termini di copertura del fabbisogno finanziario,
affiancando l’impresa durante tutte le fasi necessarie per l’ottenimento delle agevolazioni,
siano esse comunitarie, nazionali o regionali. Quindi, possiamo definire la finanza agevolata
qualsiasi strumento che il legislatore mette a disposizione delle imprese in termini di
“vantaggio competitivo” che si può esprimere in termini economici, incidendo positivamente
sullo sviluppo aziendale, ristrutturando e rilanciando le imprese. Pertanto, può considerarsi
finanza agevolata anche una legge che preveda, ad esempio, sgravi fiscali per l’assunzione
agevolata di personale disabile. Ma nel linguaggio comune del termine, “finanza agevolata” si
riferisce agli interventi di legge che tipicamente vanno a finanziare attività di investimento e di
sviluppo aziendale. La finanza agevolata non deve mai prescindere dal concetto di “tipologia
di investimento ammissibile”, che deve indicare il tipo di investimento (immobili, macchinari,
ricerca, risorse umane, ecc.) ideato e dunque possibile.
Alcuni strumenti non hanno un ambito specifico di riferimento e quindi possono coprire più
“tipologie di investimento” (ad esempio la Legge Regionale 35/96, pensata come legge
“quadro” di sviluppo per la piccola e media impresa, la quale prevede diverse misure a
seconda del tipo di politiche di sviluppo che l’azienda intende perseguire). Alcuni strumenti
sono più particolari, nel senso che risultano attivabili solo se l’investimento rientra in una
specifica tipologia di spesa ammissibile (ad es. la L. 46/82 artt. 14 e 16 riferita esclusivamente
a politiche ed azioni di ricerca e sviluppo e di innovazione tecnologica).
Per quanto riguarda sempre gli strumenti legislativi, possiamo distinguere gli interventi
comunemente denominati “a pioggia” i quali non discriminano il progetto sulla base di logiche
qualitative ma erogano l’agevolazione per il semplice fatto che l’investimento sia realizzato
(ad es. la Legge 449/97), da quelli “mirati” che erogano l’agevolazione sulla base delle
caratteristiche qualitative del progetto presentato, che viene valutato tecnicamente in termini
di corrispondenza con i principi, con lo spirito e con le indicazioni specifiche dalla normativa
(ad es. L. 215/92 sull’imprenditorialità femminile).
In ordine di importanza presentiamo le principali fonti della finanza agevolata:

Legislazione comunitaria: Il legislatore di Bruxelles prevede un’ampia serie di strumenti
di finanza agevolata (programmi, quadri strutturali, ecc.), sia direttamente applicabile in
ciascuno degli stati membri (e quindi direttamente utilizzabile dalle imprese) sia
indirettamente gestita dal legislatore nazionale (Governo o Regioni).

Legislazione nazionale: Il Governo Italiano per mezzo dei vari ministeri promulga
continuamente una serie di leggi, decreti e regolamenti riferiti a politiche di agevolazioni
delle imprese.

Legislazione regionale: Le Regioni attuano delle politiche di intervento a favore delle
piccole e medie imprese attraverso la pubblicazione di numerose leggi regionali di aiuto.
Strumenti di finanza agevolata possono anche essere pensati e attuati dalle Province, dai
Comuni, dalle Camere di Commercio, e anche da enti privati come le Associazioni di categoria
e da Istituti bancari.
Beneficiari e settori di appartenenza: piccole, medie e grandi imprese
9.2 Definizione di piccola, media e grande impresa
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
302
I criteri per distinguere le aziende che richiedono agevolazioni finanziarie sono diversi e spesso
sono combinati tra di loro.
Elenchiamo i principali criteri:

per dimensione di impresa (piccola, media, grande)

per tipologia di attività (artigiana, turistica, di servizi, ecc.)

per settore produttivo (siderurgica, tessile, navale, ecc,)

per localizzazione geografica (luogo dove viene realizzato l’investimento).
La distinzione per dimensione di impresa è senza dubbio la più importante e rilevante.
Attualmente esiste solo una definizioni di “piccola e media impresa” (PMI), considerando
grandi imprese, per logica esclusione tutte le altre.
Il concetto di piccola e media impresa stabilito dall’Unione Europea non va considerato in
senso assoluto. Infatti, per esempio, il legislatore italiano, può legittimamente stabilire limiti
dimensionali diversi e, talvolta, più restrittivi.
Lo stesso capita nel caso di programmi europei specifici che determinano soglie non
necessariamente coincidenti con quelle di PMI.
La definizione è stata stabilita, a livello comunitario, nella raccomandazione pubblicata sulla
GUCE del 30/04/1996. Questa raccomandazione risulta successivamente recepita dal
legislatore nazionale col decreto del Governo 18 settembre 1997 e dalla Regione Lombardia
col DGR. Regione Lombardia 37849.
La normativa comunitaria definisce la PMI attraverso tre criteri:
1.
Numero di dipendenti
2.
Fatturato/attivo patrimoniale (requisito economico/finanziario)
3.
Requisito dell’indipendenza economica.
Ricordiamo che i requisiti devono rientrare tutti e tre nelle soglie stabilite.
9.2.1 Numero di dipendenti
Il numero di dipendenti di un’impresa si calcola in base all’unità lavorativa anno (U.L.A.), cioè
il numero medio mensile di dipendenti occupati a tempo pieno durante un anno.
Un esempio pratico: 120 dipendenti a tempo pieno per tutto l’anno corrispondono a 120
U.L.A., 1 dipendente a tempo pieno occupato per 6 mesi corrisponde a 0,5 U.L.A., 2
dipendenti a tempo pieno occupati per 6 mesi corrispondono ad 1 U.L.A. Se nell’impresa
lavorano tra 1 e 49 U.L.A. essa è considerata piccola, se ne lavorano tra 50 e 249 è considerata
media, se il numero di U.L.A. è superiore a 249 l’impresa è considerata grande.
9.2.2 Fatturato/attivo patrimoniale
I criteri di fatturato annuo e totale di bilancio si possono alternare tra di loro nel senso che è
sufficiente che un’azienda rispetti un solo parametro per poter essere inserita in una delle due
categorie (piccola o media impresa).
Per fatturato annuo si intende l’importo netto del volume di affari comprendente le vendite e
le prestazioni di servizi che costituiscono l’attività ordinaria dell’impresa, diminuiti degli sconti
ed abbuoni concessi alle vendite, dell’IVA e delle altre imposte direttamente connesse con la
vendita. I limiti di fatturato per classificare le imprese sono i seguenti:

sono piccole imprese quelle con un fatturato non superiore a 7 milioni di euro, oppure
con un totale di bilancio annuo non superiore a 5 milioni di euro
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
303

sono medie imprese quelle con fatturato non superiore a 40 milioni di euro, oppure con
un bilancio annuo non superiore a 27 milioni euro

sono grandi imprese quelle con un fatturato superiore a 40 milioni di euro, oppure con
un bilancio annuo superiore a 27 milioni di euro.
Il totale di bilancio: viene calcolato secondo i criteri stabiliti nel DPR 689/74 e secondo le
previsioni dell'art. 2423 e ss. del Codice Civile.
Sia il fatturato che l’attivo patrimoniale sono quelli dell’ultimo esercizio contabile approvato
precedentemente la domanda di agevolazione.
Beneficiari e settori di appartenenza: piccole, medie e grandi imprese
9.2.3 Requisito dell’indipendenza
Come detto precedentemente, affinché esista una PMI, deve essere rispettato anche un terzo
parametro, cioè quello dell’indipendenza. Si considera “indipendente” l’impresa il cui capitale
o diritti di voto non siano detenuti per più del 25% da una o più imprese non conformi alle
definizioni di piccola e media impresa. Quindi, nel caso più del 25% del capitale sociale o dei
diritti di voti dell’impresa richiedente l’agevolazione siano detenuti da una o più imprese, i
parametri di cui sopra si devono applicare anche con riguardo alle controllanti; la somma dei
valori delle varie imprese non deve superare quella definita dai parametri.
Ci sono alcune eccezioni grazie alle quali la soglia del 25% può essere superata:
a.
Se il capitale è detenuto da società di investimenti pubblici, società di capitali di rischio o
investitori istituzionali esclusivamente nel caso in cui questi non esercitino alcun
controllo individuale o congiunto dell’impresa;
b.
Se il capitale è disperso in modo tale che sia impossibile determinare da chi è detenuto il
capitale di controllo e l’impresa dichiara di poter legittimamente presumere la
sussistenza delle condizioni di indipendenza.
Schema riassuntivo delle piccole, medie e grandi imprese
Parametri di classificazione
Numero
addetti
Fatturato/attivo
patrimoniale
Indipendenza
Piccole
imprese
Non
Non superiore a 7
superiore a
milioni di Euro
50 persone
L’impresa non deve essere controllata per più del 25% da
altre aziende non rientranti nei limiti PMI
Medie
imprese
Non
Non superiore a
superiore a
40 milioni di Euro
250 persone
L’impresa non deve essere controllata per più del 25% da
altre aziende non rientranti nei limiti PMI
Grandi
imprese
Più di 250
addetti
FINANZA E IMPRESA
Superiore a 40
milioni di Euro
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
304
9.3 Settori di appartenenza
9.3.1 Imprese commerciali e di servizi
Per le imprese commerciali e di servizi le soglie dimensionali di piccola e media impresa hanno
subito delle variazioni nei seguenti termini:

Numero dipendenti: piccola impresa meno di 20, media impresa meno di 95;

Fatturato: piccola impresa meno di 2,7 milioni di euro; media impresa meno di 15
milioni di euro;

Attivo patrimoniale: piccola impresa meno di 1,9 milioni di euro; media impresa meno di
10,1 milioni di euro.
Esistono poi agevolazioni per particolari tipi d’impresa. In particolare enti come le Regioni, le
Camere di Commercio o le associazioni di categoria concedono molto frequentemente
agevolazioni di varia natura, dai contributi a fondo perduto per acquisire apparecchiature ai
crediti agevolati alle imprese artigiane.
Un’altra categoria di beneficiari delle agevolazioni è costituita da imprese di settori industriali
“particolari” per cui la Commissione Europea ha stabilito una deroga al normale regime degli
aiuti di stato. I settori industriali beneficiari di una disciplina speciale per quanto riguarda gli
aiuti sono:

Industria tessile

Industria tessile e dell’abbigliamento

Industria delle fibre sintetiche

Industria automobilistica

Prodotti siderurgici fuori CECA

Costruzioni navali

Trasporti

Agricoltura

Pesca ed acquacoltura
9.4 Gli enti erogatori
Innanzitutto l’ente erogatore è il soggetto, a livello europeo, nazione o regionale, deputato
alla gestione dello strumento finanziario di agevolazione e, di conseguenza, il riferimento
principale per ottenere tutte le informazioni tecniche ad esso relative. È importante conoscere
i principali soggetti dell’amministrazione comunitaria, statale e regionale che gestiscono alcuni
tra i più utilizzati strumenti di agevolazione a livello europeo nazionale e regionale. La
distinzione delle competenze, dunque viene fatta su base nazionale:
1.
Enti a livello europeo
2.
Enti a livello nazionale
3.
Enti a livello regionale o locale.
1) a livello comunitario le agevolazioni sono gestite da diverse direzioni generali ognuna delle
quali ha le sue competenze specifiche, in alcune occasioni la gestione dei programmi è
appaltata a società esterne (ad esempio il programma Leonardo). Elenchiamo alcune
direzioni:
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
305
a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.
i.
Direzione generale delle imprese: Questa direzione generale ha competenza
sull’industria, politiche delle imprese, commercio, turismo e cooperative, innovazione.
Tra le agevolazioni gestite da questa direzione possiamo elencare:

II e III programma pluriennale per le PMI

Agevolazioni a favore dell’internazionalizzazione e dell’accesso ai mercati
finanziari delle imprese (jev, seed capital, ecip, ecc.)

Iniziative di agevolazione per promuovere l’innovazione delle PMI nell’ambito del
V programma quadro di ricerca e sviluppo industriale.
Direzione generale Occupazione e affari sociali: Questa direzione ha la responsabilità di
iniziative e programmi nel campo della lotta alla disoccupazione, alle discriminazioni ed
al disagio sociale.
Direzione generale dei trasporti: Questa direzione gestisce alcuni programmi finalizzati
allo sviluppo di sistemi di trasporti anche di notevole portata:

PACT (Promotion of Combinated Transport)

TENT (Trans European Transport Network)

Sezione Trasporti del V programma quadro di ricerca e sviluppo
Direzione generale dell’ambiente: Nell’ambito della politica ambientale della Comunità
vengono gestite dalla direzione generale:

lo strumento finanziario Life ambiente (rispetto dell’ambiente)

gli strumenti finanziari Altener/Save (risparmio energetico ed energie alternative)

altri strumenti finanziari in tema ecologico

la sezione ambiente del V Programma Quadro
Direzione generale Ricerca: Questa direzione gestisce la principale fonte di
finanziamenti per la ricerca nella Comunità: il V programma quadro di ricerca e sviluppo
tecnologico. Lo scopo di questo programma è elevare la qualità della ricerca in Europa
per poter competere a livello mondiale con ricadute positive per cittadini ed imprese.
Una misura è specificatamente dedicata alle PMI.
Direzione generale per la società dell’informazione: Questa direzione generale gestisce
i programmi di ricerca nel campo delle nuove tecnologie e della società multimediale.
Direzione generale per la politica regionale: Questa direzione è responsabile
dell’utilizzo dei fondi strutturali (FESR e fondo di coesione) attraverso cui vengono
Direzione generale per l’energia: Gli strumenti gestiti dalla direzione generale energia
sono numerosi e riguardano principalmente interventi a favore dell’utilizzo non
inquinante di fonti di energia alternative. In particolare vengono gestiti i programmi

Save

Altener

Carnet

Synergy

Energie

Thermie

Interreg II

Trans European energy network

ECSC coal research
Direzione generale per lo sviluppo: Questa direzione generale gestisce numerosi
strumenti di intervento in paesi extra UE a favore dello sviluppo. Molte agevolazioni
sono indirizzate a progetti che coinvolgono imprese comunitarie.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
306
j.
Direzione generale per le relazioni esterne: Nell’ambito della sua funzione di
controllare le relazioni esterne della UE la direzione generale gestisce il programma
TACIS per lo sviluppo economico e sociale delle repubbliche ex sovietiche che presenta
interessanti opportunità per le imprese comunitarie.
k.
Direzione generale per l’istruzione e cultura: Questa direzione gestisce importanti
programmi finalizzati alla formazione dei giovani che possono essere anche di interesse
imprenditoriale come il programma Leonardo, Socrates ed altri ancora.
Altri programmi interessanti gestiti da questa direzione per le imprese che operano in
campo culturale sono Cultura 2000 e Raffaello.
l.
Direzione generale per l’allargamento: nell’ambito delle trattative allargamento della
Comunità europea sono stati istituiti alcuni programmi finalizzati a mettere i paesi
candidati in condizione di competere con gli Stati membri; i programmi più importanti
sono:

PHARE programma dedicato allo sviluppo di infrastrutture economiche e sociali

ISPA dedicato ad ambiente e trasporti

SAPARD dedicato ad agricoltura e sviluppo rurale
Il Servizio comune per le relazioni esterne gestisce dal punto di vista tecnico operativo
le relazioni esterne della Comunità. Nell’ambito di questa funzione gestisce alcuni
interventi di aiuto della Comunità Europea che possono costituire delle ottime “business
opportunità” per le imprese.
h. Direzione generale dell’agricoltura: Gestisce la politica agricola comune e le iniziative
promozionali in campo agricolo.
Altri enti a livello europeo sono: la Banca Europea degli Investimenti (BEI), Fondo
Europeo degli Investimenti, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BEAS), la
Banca Mondiale.
2) a livello nazionale le agevolazioni vengono concesse tipicamente a mezzo di interventi
gestiti dai vari Ministeri.
I principali ministeri coinvolti sono i seguenti:
a.
Ministero delle Sviluppo economico

Direzione generale per il coordinamento degli incentivi alle imprese: questa
direzione ha la funzione promuovere e coordinare gli incentivi al sistema industriale
e di distribuzione, di coordinare i programmi nazionali con i programmi comunitari
e regionali.

Direzione generale per lo sviluppo produttivo e la competitività: questa direzione
ha la funzione di coordinamento delle politiche industriali con particolare
riferimento al coordinamento con le politiche comunitarie, quelle rivolte alle PMI e
quelle relative all’innovazione industriale.

Direzione per il Commercio Estero: coordina gli interventi a favore
dell’internazionalizzazione delle aziende. Il servizio per il coordinamento per gli
Strumenti e degli studi in materia di internazionalizzazione delle attività produttive
e le divisioni I e II di questo servizio coordinano gli strumenti per
l’Internazionalizzazione, verificandone l’efficacia.
b.
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica: Dipartimento per il
potenziamento e lo sviluppo delle attività di ricerca: questo dipartimento coordina le
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
307
c.
d.
politiche nel campo della ricerca scientifica anche nelle sue applicazioni industriali. Tra i
più importanti programmi gestiti vi è il V programma quadro di ricerca e sviluppo
tecnologico dell’Unione Europea, un programma per la ricerca scientifica che ha tra i
suoi destinatari anche le PMI.
Ministero del lavoro e sviluppo sociale .Gestisce tutti gli strumenti di incentivazione del
lavoro, delle assunzioni, della formazione e della promozione delle pari opportunità fra
uomo e donna.
Ministero dell’economia e Finanze Dipartimento delle Politiche di Sviluppo e della
Coesione Economica. Questo dipartimento costituisce una struttura finalizzata a
progettare e realizzare investimenti in infrastrutture e capitale sociale ed incentivare
iniziative industriali e servizio del territorio. Tra gli strumenti coordinati da questo
dipartimento vi sono i patti territoriali, gli accordi istituzionali, le assegnazioni di fondi
Cipe.
Alcuni enti privati a livello nazionale che possiedono le competenze necessarie sono:
Sviluppo Italia, Istituto per il Commercio Estero (ICE), SACE, Società Italiana per le
Imprese all’Estero (SISMEST), Medio Credito Centrale (MCC)
3) a livello regionale troviamo le Regioni e le Camere di Commercio:

Le Regioni rivestono un ruolo fondamentale nell’erogazione di contributi alle imprese
anche e soprattutto alla luce del decentramento istituzionale iniziato con il passaggio
delle funzioni in tema di mercato del lavoro e di occupazione dagli organi centrali a
quelli periferici. Tale passaggio ha comportato un’autonomia crescente degli enti locali
che dispongono ora di propri fondi per governare lo sviluppo e l’economia su base
regionale.

Le Camere di Commercio costituiscono un’importante snodo della gestione delle
agevolazioni. In alcuni casi esse costituiscono l’ente che materialmente raccoglie le
domande di agevolazione e le trasmette agli enti erogatori del beneficio (si prenda ad
esempio il caso della “rottamazione delle licenze commerciali” - decreto 23/06/1999,
n.2529 - in cui il beneficio era concesso dal Ministero dell’Industria ma la domanda è
presentata presso le Camere di Commercio che ne verificavano la regolarità formale per
poi lasciare al Ministero l’istruttoria della pratica e l’erogazione del beneficio).
Molto frequentemente le Camere di Commercio concedono agevolazioni utilizzando
fondi propri; spesso esse si indirizzano verso imprese artigiane, turistiche commerciali.
Questi bandi sono caratterizzati da una maggiore semplicità di attivazione rispetto ad
altri tipi di strumenti, soprattutto quando riguardano i “microinvestimenti”.
9.5. Zone geografiche di intervento
La definizione di “zona d’intervento” è molto importante perché permette all’imprenditore di
conoscere se sul territorio in cui opera sono previsti strumenti agevolativi.
Alcune tipologie di finanziamento sono applicabili sul tutto il territorio nazionale, altri si
riferiscono a specifiche zone, più o meno svantaggiate oppure prevedono percentuali di
agevolazioni differenti a seconda che l’investimento sia realizzato o meno in queste zone.
Quindi, la prima cosa da fare è quella di valutare se la normativa di finanziamento è
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
308
applicabile al luogo dove si intende realizzare il progetto, in alcuni casi, ha valenza la residenza
dell’imprenditore che dovrà gestirlo.
9.5.1 Alcuni concetti territoriali
Di seguito esamineremo alcuni concetti territoriali più ricorrenti nelle leggi di agevolazioni
(infatti, esistono ulteriori criteri geografici):
1.
Zone “obiettivo” UE
2.
Zone in deroga art.87.3c del Trattato di Roma
3.
Zone a rilevante squilibrio tra domanda e offerta di lavoro (ex L.236/93)
4.
Zone di intervento per programmi specifici (ad esempio PIC)
9.5.1.1 Zone obiettivo UE
In questo obiettivo sono racchiuse le zone svantaggiate dell’UE dove si concentra
maggiormente l’azione legislativa della comunità. Le zone prendono il nome dagli obiettivi,
cioè dalle politiche di sviluppo programmate su sei anni dall’UE (attualmente sono in vigore
quelli definiti per il periodo 2000-2006, precedentemente si riferivano agli anni 1994-1999).
Per realizzare tali obiettivi gli strumenti utilizzati dall’UE sono il Fondo Europeo per lo Sviluppo
Regionale (FESR), il Fondo Sociale Europeo (FSE), il Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e
di Garanzia (FEAOG), lo Strumento Finanziario di Orientamento per la Pesca (SFOP), il Fondo di
Coesione (destinato agli ultimi stati entrati nell’ UE con un PIL procapite inferiore al 90% a
quello comunitario).Lo scopo dei fondi è quello di finanziare investimenti per infrastrutture di
base, riqualificare la forza lavoro e recuperare aree industriali in declino.
9.5.1.2 Zone in deroga art. 87c del Trattato di Roma
L’art. 3 del Trattato di Roma afferma che l’Unione Europea promuove “un regime inteso a
garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno”, cioè si disciplinano le regole
sulla concorrenza, vietando quei comportamenti che “sono incompatibili con il mercato
comune e tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di impresa e tutte le
pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano
per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza
all’interno del mercato comune (art. 85)”. In specifico si stabiliscono le condizioni di
incompatibilità degli aiuti di Stato con le regole di concorrenza vigenti nel mercato unico.
L’art. è composto da altri due paragrafi, che permettono al legislatore nazionale interventi
ammissibili.
In dettaglio l’art. 87 prevede che:
1.
2.
Salvo deroghe, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano
sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse
statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino
o minaccino di falsare la concorrenza.
Sono compatibili con il mercato comune:
a. gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano
accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
309
3.
b. gli aiuti destinati a riparare i danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri
eventi eccezionali
c. gli aiuti concessi all’economia di determinate regioni della repubblica federale di
Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono
necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione.
Possono considerarsi compatibili con il mercato comune:
a. gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita
sia particolarmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione
b. gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di
comune interesse europeo oppure risolvere una grave crisi economica di uno Stato
membro
c. gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di alcune attività o di alcune regioni,
sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune
interesse
d. gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio,
quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità
in misura contraria all’interesse comune
e. le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio che delibera a
maggioranza qualificata su proposta della Commissione.
Di conseguenza, in base alla deroga di cui all’art. 87 comma 3 punto C, il legislatore nazionale
ha la possibilità di definire una serie di zone in cui gli aiuti di stato sono considerati
ammissibili. Se quindi le zone obiettivo rispondono ad esigenze di sviluppo positivo a livello
strutturale da parte dell’Unione Europea, le zone in deroga 87.3c rispondono alla diversa
logica di regime di aiuto di Stato autorizzato perché non lesivo della concorrenza. Le zone
87.3c vanno quindi a completare, a sovrapporsi e a integrare l’elenco delle zone obiettivo. I
principali strumenti agevolativi nazionali (ad es. la legge 488) sono applicabili sia nelle zone
obiettivo che in quelle in deroga, pur con margini di contribuzione diversa a seconda che
l’investimento venga realizzato nelle une o nelle altre zone. Si tenga presente che la possibile
sovrapposizione tra le diverse zone implica il fatto che molte aree obiettivo sono anche zone
in deroga, mentre alcune zone in deroga possono anche non essere zone obiettivo.
9.5.1.3 Zone a rilevante squilibrio tra offerta e domanda di lavoro (ex L. 236/93)
La definizione di “zona a rilevante squilibrio tra domanda e offerta di lavoro, ricorrente nelle
normative (ad es. la L. 608/96 meglio conosciuta come “prestito d’onore”) fa riferimento a
quanto stabilito dalla L. 236/93. Tale legge ha infatti stabilito che, in alcune aree dove la
disoccupazione è significativamente superiore alla media, dette appunto “a forte squilibrio
occupazionale” possano essere autorizzati interventi agevolativi. Il decreto che ha individuato
queste aree è stato emanato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale in data 14
marzo 1995. Nell’elenco delle aree “a rilevante squilibrio tra domanda e offerta di lavoro” ci
sono numerosi comuni del Centro e del Nord Italia, individuati normalmente sulla base della
dimensione della “circoscrizione occupazionale per l’impiego”.
9.5.1.4 Zone di intervento per programmi specifici: PIC
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
310
Quest’intervento agevolativo è mirato a finanziare aree geografiche caratterizzate da
problematiche specifiche. Tali zone sono prese in considerazione per le caratteristiche
assolutamente “speciali” sia a livello territoriale che a livello socio-economico del luogo.
Di seguito solo alcuni esempi di intervento “speciale”:

PIC RESIDER II: “Recupero a finalità prevalentemente pubbliche di siti siderurgici
dimessi”, cioè si prevedono interventi comunitari mirati alla riconversione di territori a
forte presenza di aziende del settore della siderurgia

PIC KONVER: si prevedono interventi a sostegno della riconversione di territori dove era
significativa la presenza dell’industria bellica

PIC INTERREG: interventi a sostegno di aree “di confine” tra due o più stati membri.
9.6. Aiuti di Stato
La Commissione e la Corte di Giustizia dell’UE hanno stabilito che si può considerare aiuto di
Stato qualsiasi vantaggio, suscettibile di valutazione economica, concesso dalle autorità
pubbliche a favore di un’impresa senza contropartita o con una contropartita che vi
corrisponda un finanziamento con risorse statali, concesso da organismi pubblici o enti privati
autorizzati o istituiti dallo Stato (ad esempio sindacati, associazioni di categoria, società di
partecipazione e gestione finanziaria o addirittura società commerciali). La selettività è una
caratteristica importante per identificare un aiuto di Stato: non sono considerati aiuti i
“provvedimenti generali” di sostegno economico, applicabili a tutte le imprese in tutti settori
di produzione in quanto espressione delle scelte di politica economica degli Stati (ad esempio
gli Stati sono liberi di imporre alle aziende il livello di tassazione che ritengono più opportuno).
È invece considerato aiuto di stato una misura a favore di una singola azienda o di un singolo
settore produttivo.
9.6.1 Principi generali
Sono considerati aiuti ammissibili quelli che per la loro esiguità non mettono in pericolo la
concorrenza (regola del “de minimis”, della quale parleremo più avanti) e quelli che, avendo
per oggetto mercati esclusivamente nazionali o extra comunitari, non incidono sulla
concorrenza all’interno della Comunità; in realtà, dal momento che è sufficiente che la
minaccia alla concorrenza nel mercato unico sia potenziale, queste due ultime ipotesi sono
state largamente svuotate di significato. In pratica anche gli aiuti mirati a sostenere le imprese
su mercati nazionali o comunitari rientrano tra gli aiuti di Stato disciplinati dalla normativa.
9.6.2 Competenze della Commissione
Nel campo degli aiuti la Commissione ha le competenze più importanti, in quanto.

Sorveglia che gli Stati rispettino le regole sugli aiuti di Stato: la Commissione deve
accertare che le imprese non ricevano aiuti illegali ed inoltre, accertarsi che gli aiuti già
concessi vadano a buon fine. La Commissione, quando lo ritenga necessario, ha il potere
(come prevede il regolamento 659/1999) di recuperare gli aiuti concessi indebitamente
più gli interessi legali.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
311


Autorizza discrezionalmente gli aiuti a singole imprese e regimi di aiuto nei casi in cui gli
Stati sono obbligati a notificarli preventivamente: gli aiuti di stato devono essere
notificati alla Commissione che ne verifica non solo l’ammissibilità secondo il trattato,
ma anche la loro compatibilità con il mercato comune. La notifica riguarda tutti gli aiuti
(a parte le eccezioni per gli aiuti “de minimis”)
Emana regolamenti che disciplinano le condizioni in cui determinate categorie di aiuti
sono considerate sempre ammissibili e non notificabili: La Commissione stabilirà,
esclusivamente per quanto riguarda materie specificate dal regolamento, i limiti anche
quantitativi e tutte le modalità per cui gli stati potranno concedere aiuti alle imprese
senza dover richiedere l’autorizzazione alla Commissione. Il Legislatore comunitario ha
considerato che gli aiuti in particolari settori (piccole e medie imprese, ricerca e sviluppo
formazione, ecc.), se contenuti in limiti specifici, non costituiscono un pericolo per la
concorrenza ma anzi sono un importante strumento di sviluppo sociale.
9.6.3 Aiuti ammessi
Il Trattato di Roma all’art. 92 (ora 87), stabilisce anche le tipologie di aiuti che sono sempre
ammessi:
Aiuti di Stato a carattere sociale concessi al singolo consumatore senza discriminazioni di
origine del prodotto. Ad esempio sono stati considerati tali, gli aiuti sulla rottamazione dei
veicoli in quanto l’aiuto era concesso al consumatore e non alle case automobilistiche ed in
condizioni di parità tra le case automobilistiche nazionali ed estere.
Aiuti in caso di calamità naturali od altri eventi eccezionali.
In questo caso il potere di vigilanza della Commissione si basa solo nel verificare
effettivamente che gli Stati rispettino i presupposti della norma, ad esempio impedendo che a
fronte di un evento naturale che non ha causato gravi danni vengano concessi aiuti alle
imprese assolutamente sproporzionati e perciò che gli assicurino un vantaggio competitivo.
9.6.4 Discipline orizzontali e discipline settoriali
Il divieto degli “aiuti di stato”, ha anche la finalità di promuovere alcuni settori
particolarmente strategici per l’UE. Sono nate così le “discipline”, atti normativi attraverso i
quali la Commissione Europea ha chiarito la propria posizione nei confronti di alcune
particolari categorie di stato. In particolare esistono due categorie di discipline: “orizzontali” e
“settoriali”
Discipline orizzontali
Riguarda aiuti di stato applicabili senza vincoli geografici e finalizzati a sostenere la
modernizzazione e lo sviluppo delle aziende nei confronti di alcune problematiche di portata
generale e di particolare importanza (come ad esempio la tutela dell’ambiente).
Le principali discipline orizzontali sono:
 aiuto alla ricerca e sviluppo
 aiuti alle PMI
 aiuti per la tutela dell’ambiente
 aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione
 aiuti all’occupazione e formazione
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
312
Discipline settoriali
Le discipline settoriali, adottate dalla Commissione, esprimono la sua posizione nei riguardi
degli aiuti di stato in settori economici particolari caratterizzati, generalmente, da situazioni di
crisi o da necessità di ristrutturazione. In generale la Commissione vuole assicurarsi che gli
aiuti non abbiano finalità assistenziali ma costituiscano uno strumento di rinnovamento e
riassestamento di settori in crisi. Le discipline settoriali sono le seguenti:
 industria tessile e dell’abbigliamento
 industria delle fibre sintetiche
 industria automobilistica
 prodotti siderurgici fuori CECA
 costruzione navale
Il sistema delle discipline illustrato in precedenza è tuttora vigente anche se alcune modifiche
rilevanti sono già state apportate .In particolare, il regolamento del Consiglio n.994/98
attribuisce alla Commissione il potere di emanare regolamenti in materia di aiuti di Stato nelle
seguenti materie fino ad ora ricomprese nelle discipline orizzontali e in tema di aiuti con
finalità regionale. Il regolamento fissa i principi generali cui deve attenersi la Commissione per
regolamentare gli aiuti di stato. I regolamenti devono contenere:
 finalità dell’aiuto
 le categorie dei beneficiari
 i massimali espressi o in termini di intensità dell’aiuto in relazione ad un insieme di costi
ammissibili o in termini di importi massimi
 le condizioni relative al cumulo degli aiuti
 le condizioni del controllo sui massimali o le condizioni della notifica per singoli aiuti.
I regolamenti possono escludere certi settori dal loro ambito di applicazione o subordinare a
condizioni la concessione di aiuti.
9.6.5 Aiuti di Stato alle PMI
I principi fondamentali dell’intervento statale a favore delle PMI si riferiscono al carattere di
“incentivo” dell’aiuto (non deve avere come unico effetto di ridurre in maniera continuativa e
periodica i costi normali di gestione dell’impresa) e al fatto che sia finalizzato a realizzare degli
obiettivi, di interesse comune, che l’azienda non potrebbe affrontare con il ricorso al mercato.
Le tipologie degli investimenti sono definite dal legislatore comunitario e, per ogni tipologia, è
prevista una differente intensità di aiuto in funzione che l’impresa sia situata in una zona
obiettivo oppure no.
9.6.6 Regola del “de minimis”
Per semplificare la normativa relativa alla regolamentazione degli aiuti di stato, la
Commissione ha quindi introdotto una regola denominata “de minimis” (ossia regola del
“valore minimo”). Tale norma stabilisce che, al di sotto di una determinata soglia quantitativa,
gli aiuti possano essere erogati alle imprese senza che l’ente erogatore notifichi lo strumento
alla Commissione Europea (notifica altrimenti obbligatoria). Per l’ente emanatore applicare il
“de minimis” significa non doversi farsi carico delle lunghe procedure di notifica, acquisendo
maggior efficienza ed efficacia normativa e gestionale. l’importo massimo erogabile in regime
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
313
di “de minimis” èdi 200.000 Euro. Il massimale di “de minimis” si riferisce al totale delle
agevolazioni, in qualsiasi forma, ottenute dall’impresa in un periodo di tre anni. Dal punto di
vista dell’impresa il massimale è una sorta di tetto, riferito ad un periodo triennale, del totale
delle agevolazioni ottenibili da strumenti sottoposti a regime di “de minimis”.Prima di fare
domanda su una legge sottoposta al regime di “de minimis” è fondamentale che l’azienda
accerti se nei due anni precedenti alla domanda abbia già ricevuto agevolazioni pubbliche e, in
caso positivo, quale ne sia stato l’ammontare e se le stesse agevolazioni fossero sottoposte o
meno alla regola del “de minimis” (in caso positivo bisogna verificare di non aver già raggiunto
il massimale di 200.000 Euro). L’aver usufruito di un aiuto di Stato in regime di “de minimis”
non pregiudica comunque all’impresa di poter percepire altri aiuti di Stato su altre forme di
intervento specificamente ammissibili. Fondamentale è poi il rispetto del principio generale
della non cumulabilità tra gli strumenti agevolativi implicante il fatto che, per uno stesso tipo
di investimento non è possibile richiedere agevolazioni su più strumenti. È infine opportuno
verificare che, nella legge su cui si intende presentare una domanda di agevolazione, non
esistano altri vincoli o requisiti di non cumulabilità (anche più restrittivi di quelli stabiliti a
livello comunitario) con altri leggi o strumenti sia comunitari che nazionali o regionali.
9.7 Esame delle principali agevolazioni a favore delle nuove attività
imprenditoriali
Di seguito viene analizzata, in sintesi, la legislazione nazionale vigente in materia di sostegno
alle nuove imprese. Le diverse agevolazioni finanziarie che possono essere concesse a chi
avvia una nuova attività di impresa (non rientrano, quindi, i lavoratori autonomi, tranne nel
caso del Prestito d’onore) vengono erogate principalmente sotto forma di finanziamento a
tasso agevolato e/o di contributo a fondo perduto.
Il finanziamento è in sostanza un prestito che viene solitamente concesso ad un tasso di
interesse più basso di quello che si potrebbe ottenere, ad esempio, dalle banche. Spesso
prevede un periodo di preammortamento in cui, cioè, non vanno restituite quote del
capitale prestato, ma solamente gli interessi sullo stesso. Quasi sempre i finanziamenti a
tasso agevolato devono essere supportati da garanzie reali e/o personali e vengono erogati
dopo che l’attività è stata avviata.
Il contributo a fondo perduto, che solitamente viene calcolato in percentuale sulle spese
ritenute ammissibili, non prevede alcuna restituzione di capitale, né il pagamento degli
interessi. Viene di solito erogato nel momento in cui vengono presentate le fatture
quietanzate relative alle spese ritenute ammissibili.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
314
Legge 29 marzo 1995, n. 95 (ex legge 44/86)
Interventi per lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile
È una legge nata per agevolare la creazione di nuove imprese da parte di giovani. Per essere
ammesse ai benefici che tale legge prevede, infatti, le società devono essere costituite in
prevalenza da persone di età compresa tra i 18 ed i 35 anni. La residenza dei titolari e la sede
dell’impresa devono, inoltre, ricadere nelle aree indicate come “depresse” dalla Comunità
Europea. Alle società ammesse all’agevolazione sono concessi aiuti sugli investimenti, che
consistono
in
contributi
a
fondo
perduto
e
finanziamenti
agevolati.
Non esiste una percentuale predefinita di aiuto in termini dell’uno o dell’altro perché ogni
azienda costituisce un caso a sé e l’ammontare delle agevolazioni viene di volta in volta
stabilito in base ad una serie di parametri.
Legge 23 maggio 1997, n. 135
Agevolazioni per giovani agricoltori
A differenza della 95/95 che prevede finanziamenti per le imprese (anche agricole) solo se di
nuova costituzione, con la 135 possono richiedere le agevolazioni previste i soggetti con i
seguenti requisiti:
- imprenditori agricoli a titolo principale
- giovani che subentrino ad un parente entro il secondo grado nella conduzione dell’azienda
agricola,
assumendo
la
responsabilità
civile
e
fiscale
della
gestione.
La legge finanzia, cioè, solo imprese già esistenti (quindi le agevolazioni riguardano
ammodernamenti e ampliamenti) i cui titolari, residenti nei territori agevolati abbiano
un’età compresa tra i 18 ed i 35 anni.
Legge 19 luglio 1993, n. 236 - art. 1bis
Interventi per lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile nei settori della fruizione di beni
culturali, del turismo e della manutenzione delle opere civili ed industriali
Prevede agevolazioni per la creazione di nuove imprese giovanili ( I requisiti sono gli stessi
già citati per la legge 95/95),. operanti nei setto ri della fruizione di beni culturali, del
turismo, della manutenzione di opere civili e industriali, dell’innovazione tecnologica, della
tutela ambientale, dell’agricoltura e della trasformazione e commercializzazione dei prodotti
agroindustriali. La legge concede agevolazioni finanziarie per le spese di investimento
ritenute ammissibili sotto forma di finanziamento a tasso agevolato e di contributo a fondo
perduto e per le spese di gestione sotto forma di contributo per i primi anni di attività.
Legge 28 novembre 1996, n. 608 - art. 9 septies
Prestito d’onore
È una legge rivolta esclusivamente alle imprese realizzate in forma individuale e alle iniziative
di lavoro autonomo realizzate da inoccupati e disoccupati residenti nei territori di
applicazione della legge (vedere riquadro a fine articolo). Possono, inoltre, usufruire del
prestito d’onore i Lavoratori Socialmente Utili residenti su tutto il territorio italiano.
Sono ammessi progetti inerenti qualsiasi settore produttivo che prevedano un volume di
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
315
investimenti complessivamente non superiore a 50 milioni di lire. Gli investimenti sono
finanziabili per il 60% in forma di contributo a fondo perduto ed il 40% sotto forma di
finanziamento a tasso agevolato. Per accedere a tale agevolazione è necessario superare una
selezione e frequentare un apposito corso di formazione obbligatorio.
Agevolazioni finanziarie per le imprese giovanili di servizi
La Legge 236/1993 agisce nell'ambito della promozione dell'imprenditorialità giovanile in
particolare eroga finanziamenti e agevolazioni per le imprese giovanili di servizi. Possono
infatti beneficiare dei finanziamenti i giovani che costituiscono una nuova impresa, in qualsiasi
forma giuridica societaria (sono escluse le imprese individuali, le società di fatto e le società
aventi un unico socio). La compagine sociale deve presentare la maggioranza assoluta
(finanziaria e numerica) di giovani tra 18 e 29 anni residenti nei territori di applicazione della
legge alla data del 1° gennaio 1994, oppure la totalità di giovani soci tra i 18 e i 35 anni
residenti nei territori di applicazione della legge alla data del 1° gennaio 1994. Sono
finanziabili le spese di investimento ( studi di fattibilità, immobili, allacciamenti, brevetti,
macchinari, impianti, attrezzature, altri beni a funzionalità pluriennale connessa con il ciclo
produttivo) e spese di gestione (materie prime, semilavorati, prodotti finiti, servizi di
progettazione, oneri finanziari, canoni di leasing, canoni di locazione ) relative ad legate alla
fornitura di servizi nei settori:
 fruizione di beni culturali;
 turismo;
 manutenzione di opere civili e culturali;
 innovazione tecnologica;
 tutela ambientale;
 agricoltura;
 trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroindustriali.
Non beneficiano dell'agevolazione i progetti che prevedono fornitura di servizi configurabili
come attività commerciali, di assistenza socio-sanitaria e di formazione. Le agevolazioni
constano in contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati nonché nella fornitura di
servizi reali (tra cui verifica dell'accoglibilità dei progetti, orientamento di progettazione,
formazione imprenditoriale e assistenza tecnica). I contributi a fondo perduto per le spese di
gestione sono erogati nel limite de minimis.
I contributi in conto capitale e i finanziamenti a tasso agevolato per gli investimenti sono
concessi nel rispetto di limiti variabili a seconda delle aree di localizzazione delle imprese in
base alla Equivalente Sovvenzione Netta e Equivalente Sovvenzione Netta.
Finanziamenti agevolati statali: autoimpiego
La legge n. 185/2000 - Titolo II ha come obiettivo l'agevolazione dell'Autoimpiego. La legge
prevede aiuti, contributi e finanziamenti come mezzo di sostegno per la costituzione e l'avvio
di piccole attività imprenditoriali da parte di disoccupati o persone in cerca di prima
occupazione. Sono previsti diversi tipi di agevolazioni, tra le quali finanziamenti agevolati,
contributi a fondo perduto o altri tipi di aiuti come servizi di assistenza tecnica. Questo tipo
di aiuti e contributi nascono per incentivare il Lavoro Autonomo (in forma di ditta
individuale), la Microimpresa (in forma di società) e il Franchising (in forma di ditta
individuale o di società).
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
316
Agevolazioni finanziarie per il Lavoro Autonomo
Le iniziative a favore dell'autoimpiego hanno l'obiettivo di favorire l'inserimento nel mondo
del lavoro di soggetti privi di occupazione, attraverso la creazione di imprese di piccola
dimensione. Soggetti beneficiari del finanziamento:
Per poter usufruire delle agevolazioni è necessario essere in possesso dei seguenti requisiti:
 maggiorenne alla data di presentazione della domanda
 non occupato alla data di presentazione della domanda
 residente nei territori di applicazione della normativa alla data del 1 gennaio 2000
oppure da almeno sei mesi alla data di presentazione della domanda.
In particolare la legge è destinata ad incentivare l'avvio di una attività imprenditoriale da
parte di persone disoccupate. L'art. 17 del D.Lgs. 185/00 definisce i soggetti che sono
considerati occupati e che quindi non possono avvalersi del contributo. Sono considerati
occupati
 i lavoratori dipendenti (a tempo determinato e indeterminato, anche a tempo parziale)
 i titolari di contratti di lavoro a progetto, intermittente o ripartito
 i titolari di partita IVA, anche se non movimentata
 gli imprenditori, familiari (nel caso di impresa familiare) e coadiutori di imprenditori
 gli artigiani
 i titolari di pensioni complementari del sistema obbligatorio pubblico
 i titolari di borse di studio
 i soggetti impegnati in lavori socialmente utili
 coloro che percepiscono una rendita vitalizia o a tempo determinato, costituita a titolo
 oneroso, diversa da quelle aventi funzione previdenziale
 coloro che percepiscono una indennità, gettoni di presenza ed altri compensi
corrisposti dallo stato o da enti locali
 i soggetti in cassa integrazione
La ditta individuale deve essere costituita dopo la presentazione della domanda per
l'erogazione del finanziamento agevolato statale. Le agevolazioni possono essere agevolazioni
finanziarie, per gli investimenti e per il 1° di gestione servizi di sostegno nella fase di
realizzazione e di avvio dell’iniziativa. Le Agevolazioni finanziarie concedibili sono:
 per gli investimenti, un contributo a fondo perduto e un finanziamento a tasso
agevolato, a copertura del 100% degli investimenti ammissibili
 per la gestione, un contributo a fondo perduto.
Le spese di investimento e di gestione considerate “ammissibili” ai fini del calcolo
dell’ammontare delle agevolazioni sono:
* per l’investimento
attrezzature, macchinari, impianti e allacciamenti;beni immateriali a utilità pluriennale;
ristrutturazione di immobili, entro il limite massimo del 10% del valore degli investimenti.
* per la gestione
materiale di consumo, semilavorati e prodotti finiti, nonché altri costi inerenti al processo
produttivo;utenze e canoni di locazione per immobili; oneri finanziari (con l'esclusione degli
interessi del mutuo agevolato);
Agevolazioni Finanziarie per la microimpresa
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
317
Sono previste agevolazioni e finanziamenti per le microimprese. Secondo la definizione della
Unione Europea la microimpresa è un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un
fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.
L’agevolazione è infatti rivolta a società di persone che intendono avviare una attività
imprenditoriale di piccola dimensione nei settori della produzione di beni o di servizi.
Sono pertanto ESCLUSE le ditte individuali, le società di capitali, le cooperative, le società di
fatto e le società aventi un unico socio.
Per presentare la domanda, almeno la metà numerica dei soci che detiene almeno la metà
delle quote, deve essere:
 maggiorenne alla data di presentazione della domanda
 non occupato alla data di presentazione della domanda
 residente nei territori di applicazione della normativa alla data del 1 gennaio 2000
oppure da almeno sei mesi alla data di presentazione della domanda.
Anche la sede legale e operativa della società deve essere ubicata nei territori agevolabili.
L’intervento è rivolto a non occupati. Le società devono essere già costituite al momento della
presentazione della domanda. Lo statuto societario deve essere conforme alle prescrizioni
contenute nell'art. 12, co. 4 del D.M. 295/01 attuativo del D. Lgs. 185/00, il quale recita: "gli
statuti delle società devono contenere una clausola che non consenta atti di trasferimento di
quote di partecipazione societaria che facciano venire meno le condizioni soggettive di
disoccupazione e di residenza fissate all'articolo 17, commi 1 e 2, del decreto legislativo, per
almeno cinque anni dalla data della deliberazione di ammissione alle agevolazioni."
Le iniziative finanziabili possono riguardare la produzione di beni e la fornitura di servizi
mentre non possono essere incluse nelle agevolazioni le attività che si riferiscono a
produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, trasporti (di merci o di
persone oltre le 9 unità) e commercio. L’attività finanziata deve essere svolta per un periodo
di almeno cinque anni a decorrere dalla data di delibera di ammissione alle agevolazioni. Le
agevolazioni possono essere finanziarie, per gli investimenti e per il 1° anno di gestione
oppure agevolazioni che consistono in servizi di sostegno nella fase di realizzazione e di avvio
dell’iniziativa. Le agevolazioni finanziarie concedibili sono :
per gli investimenti un contributo a fondo perduto e un finanziamento a tasso agevolato che,
complessivamente, possono arrivare a coprire il 100% degli investimenti ammissibili
per la gestione un contributo a fondo perduto sulle spese relative al 1° anno di attività
Le agevolazioni finanziarie non possono superare complessivamente il limite del “de minimis”
pari a € 200.000
Le spese di investimento e di gestione considerate “ammissibili” ai fini del calcolo del totale
dei finanziamenti e delle agevolazioni sono:
per l’investimento
 attrezzature, macchinari, impianti e allacciamenti;
 beni immateriali a utilità pluriennale;
 ristrutturazione di immobili, entro il limite massimo del 10% del valore degli
investimenti.
per la gestione
 materiale di consumo, semilavorati e prodotti finiti, nonché altri costi inerenti al
processo produttivo;
 utenze e canoni di locazione per immobili;
 oneri finanziari(con l'esclusione degli interessi del mutuo agevolato);
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
318


prestazioni di garanzie assicurative sui beni finanziati;
prestazione di servizi.
stazioni di garanzie assicurative sui beni finanziati.
Agevolazioni Finanziarie per il franchising
Le iniziative a favore dell'autoimpiego hanno l'obiettivo di favorire l'inserimento nel mondo
del lavoro di soggetti privi di occupazione, attraverso la creazione di imprese di piccola
dimensione.
Per beneficiare delle agevolazioni per il franchising è necessario avere particolari requisiti (il
titolare nel caso di ditte individuali, almeno la metà numerica dei soci, che detenga almeno la
metà delle quote di partecipazione, nel caso di società):
 maggiore età alla data di presentazione della domanda
 non occupazione alla data di presentazione della domanda
 residenza da almeno sei mesi alla data di presentazione della domanda (negli stessi
territori devono essere ubicate sia la sede legale, sia quella operativa dell'iniziativa).
L'art. 17 del D.Lgs. 185/00 definisce i soggetti che vanno considerati occupati e quindi non
possono avvalersi di questa agevolazione.
Le società devono essere già costituite al momento della presentazione della domanda
mentre le ditte individuali devono essere costituite dopo la presentazione della domanda.
E' possibile ottenere agevolazioni per gli investimenti (contributo a fondo perduto e un
mutuo a tasso agevolato) oppure agevolazioni per la gestione (contributo a fondo perduto).
Le agevolazioni finanziarie non possono superare complessivamente il limite del "de minimis"
pari a 200.000 €.
Sono ammissibili ai fini del calcolo delle agevolazioni finanziarie le spese per l'investimento
destinate a attrezzature, macchinari, impianti e allacciamenti, beni immateriali a utilità
pluriennale, ristrutturazione di immobili, entro il limite massimo del 10% del valore degli
investimenti, e spese per la gestione destinate a materiale di consumo, semilavorati e
prodotti finiti, nonché altri costi inerenti al processo produttivo, utenze e canoni di locazione
per immobili, oneri finanziari, prestazioni di garanzie assicurative sui beni finanziati,
prestazione di servizi
Contributi e finanziamenti per l'imprenditoria femminile
La legge 215/92 "Azioni positive per l’imprenditoria femminile" nasce con l'intento di
incentivare l'imprenditoria femminile attraverso contributi e finanziamenti che possano
contribuire alla creazione di nuove imprese o il miglioramento di quelle esistenti non solo con
lo scopo di dare sostegno alle attività imprenditoriali ma anche per perseguire il
conseguimento di una reale parità fra uomo e donna.
Possono beneficiare delle agevolazioni concesse dalla legge:
piccole imprese a prevalente compagine femminile, ossia:
 Società cooperative e società di persone costituite da donne almeno al 60%
(indipendentemente dalle quote di capitale detenute);
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
319


società di capitali dove le donne siano titolari di almeno i due terzi delle quote di
partecipazione e i cui organi di amministrazione siano costituiti da donne per almeno i
due terzi;
imprese individuali gestite da donne;
Il suddetto requisito della prevalente partecipazione femminile deve sussistere dal momento
della presentazione della domanda e occorre che sia mantenuto per almeno 5 anni dopo la
concessione dell'agevolazione.
Le agevolazioni sono concesse per le seguenti iniziative
 avvio di nuova attività imprenditoriale;
 acquisto di attività preesistente mediante cessione dell'attività stessa o di un suo ramo
oppure mediante affitto per almeno 5 anni;
 realizzazione di progetti aziendali innovativ;
 acquisto di "servizi reali" che abbiano come finalità l'aumento della produttività, l'
innovazione organizzativa, il trasferimento delle tecnologie, la ricerca di nuovi mercati
per il collocamento dei prodotti, la ricerca di nuove tecniche di produzione, di gestione
e commercializzazione; sviluppo di sistemi di qualità.
Sono finanziabili le spese per:
 impianti generali (elettrico, riscaldamento, condizionamento, antifurto, idraulico,
antincendio ecc.);
 macchinari, attrezzature, impianti di produzione e arredi connessi;
 acquisto di software e brevetti;
 opere murarie di ristrutturazione e relativi oneri di progettazione e direzione dei lavori
(per un max. 5% delle opere murarie). Il totale di queste spese è tuttavia agevolabile
solo nel limite del 25% dei costi relativi alle lett. a) e b);
 studi di fattibilità e piani di impresa, comprese le analisi di mercato, le VIA e le quote
iniziali dei contratti di franchising, entro il limite del 2% del totale degli investimenti
ammessi
Le agevolazioni finanziarie che possono essere concesse a fronte di progetti che prevedano
un investimento totale tra i € 60.000 e € 400.000.sono :


in conto capitale per: l’avvio dell’impresa imprenditoriale, l’acquisto di attività
preesistenti oppure il rilevamento di un’area aziendale con affitto per almeno cinque
anni, la realizzazione di progetti aziendali innovativi, l’acquisizione di servizi reali.
agevolazioni per l’acquisto di servizi reali destinati ad aumentare la produttività,
sviluppare l'innovazione organizzativa attraverso nuove tecnologie e nuove tecniche di
produzione, di gestione e di commercializzazione, nonché lo sviluppo di sistemi di
qualità.
L’agevolazione per l’imprenditoria femminile è corrisposta per il 50% attraverso il contributo
in conto capitale (senza obbligo di restituzione) e per l’altra metà attraverso il finanziamento
con tasso agevolato . Tale finanziamento non può avere una durata superiore ai 10 anni.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
320
L’aiuto concesso dalla legge 215 dipende, oltre che dall’investimento, anche dalla regione in
cui si realizza il programma, dalla suddivisione delle spese tra le diverse tipologie, dal
momento temporale. In alternativa le imprese possono optare per il regine "de minimis" con il
quale è prevista una agevolazione massima pari al 50% delle spese ammissibili.
FINANZA E IMPRESA
materiale didattico preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
321
Scarica