Musica e Giubileo

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314
Amadeus
ANNO XXVIII - GENNAIO 2016
Il mensile della grande musica
ANNO XXVIII - NUMERO 1 (314) GENNAIO 2016 EURO 11,00 MENSILE POSTE ITALIANE SPED. IN A. P - D.L. 353/2003 CONV. L. 46/2004, ART. 1, C. 1, LO/ MI
Musica&Giubileo / Quartetto Italiano / Shakespeare / Michieletto / Grubinger / Bauermeister-Stockhausen
Musica e Giubileo
CD1 ESCLUSIVO
Cantare con giubilo
Cappella musicale
del Duomo di Milano
CD2 download
Trio Kanon
In tre per Beethoven
Amadeus
Anniversari
William Shakespeare
Registi d'oggi
Damiano Michieletto
Storia&Storie
Il Quartetto Italiano
Cappella musicale
del Duomo di Milano
60001
9 771120
454004
numero 314 gennaio 2016
€ 11,00
2 Amadeus
Amadeus 3
AGORÀ
Wolfgang Amadeus Mozart
Le Serenate
Accademia Litta
Carlo De Martini, concertazione
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a soli 25 euro
Una raccolta speciale da collezione
con tutte le Serenate del grande compositore austriaco.
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Una porta aperta
A
bbiamo già avuto più volte il privilegio di ospitare la firma di Sua Eminenza Gianfranco Ravasi
sulle pagine di Amadeus: “Pietre, spade, vomeri” è il titolo di un suo prezioso contributo
per uno Speciale Amadeus dedicato a Gerusalemme, «sposa contesa materialmente e
spiritualmente». Era il dicembre del 2005, esattamente dieci anni fa. Un bel tratto di tempo, se
misurato col metro dei comuni mortali, ma poco più di un batter di ciglio se il metro è quello delle
Sacre Scritture. Un batter di ciglio che oggi ci mostra contese (o guerre) non solo per Gerusalemme, ma
per tutto il Medio Oriente e buona parte dell’Africa. A distanza dunque di “soli” dieci anni e solo per un
evento fuori dalla portata del nostro normale lavoro di cronisti della musica ritorna l’illustre firma (la
trovate a pag. 20). E quale evento è più importante di un Giubileo per il mondo cristiano? L’Anno Santo
della Misericordia, proclamato da Papa Francesco, è stato inaugurato il 29 novembre lontano da Roma,
nel cuore dell’Africa, dove regna la guerra e la misericordia sembra un sentimento assente. Il Papa con un
semplice gesto –­­ la Porta Santa aperta a Bangui – e con semplici parole «Vinca l’amore e non le armi», ha
voluto ricordare a un mondo distratto che il terreno fertile per la misericordia si trova là dove più si soffre.
Una copertina e un disco dedicati al Giubileo
proclamato da Papa Francesco. Contro
il pericoloso silenzio di un mondo senza musica
Ma, come disse Heinrich Heine, «dove finiscono le parole inizia la musica», e poiché di musica ci
occupiamo, per celebrare l’anno del Giubileo abbiamo ripercorso la storia della Cappella Musicale
del Duomo di Milano con l’aiuto di monsignor Claudio Burgio, direttore della prestigiosa istituzione.
Il risultato è il cd che avete tra le mani: una registrazione che, a volo d’uccello, ci presenta alcuni dei
protagonisti della compagine vocale che, dal 1400 ai giorni nostri, è stata la colonna sonora della vita
religiosa della cattedrale. Ascoltando queste composizioni abbiamo avuto l’ennesima conferma di come
il linguaggio musicale sia per tutti, credenti o meno, la via più diretta per tradurre le parole in preghiera
e tensione spirituale. Ma, come ci ricorda lo stesso Cardinal Ravasi, più che la mancanza delle parole è
la mancanza di musica che spaventa gli uomini. In conclusione del suo scritto cita Cassiodoro, scrittore
cristiano del VI secolo, che ammoniva: «Se continueremo a commettere ingiustizia, Dio ci lascerà
senza musica». Altri prima e dopo di lui hanno ritenuto che l’assenza della musica potesse essere
considerata una punizione: Ulisse per esempio quando, tornato a Itaca fa strage dei Proci, risparmia
soltanto Femio, il musico; più tardi Cicerone affermerà che «una vita senza musica è come un corpo
senz’anima», mentre Nietzsche giudica «un errore un mondo senza musica». Potremmo continuare
all’infinito. Anche Amadeus vuol dare il suo piccolo contributo per impedire il pericoloso silenzio
di un mondo senza musica e per far suo il messaggio di pace del Papa affidandosi alle voci dei cantori
(in maggioranza voci bianche) della Cappella del Duomo di Milano.
Gaetano Santangelo
Amadeus 5
CONCERTI/
ABBONAMENTI
DALL’1 DICEMBRE 2015
OPERA E DANZA /
ABBONAMENTI
DALL’11 NOVEMBRE 2015
MICHELE MARIOTTI Beethoven
ATTILA Giuseppe Verdi
NIKOLAJ ZNAIDER Brahms, Schumann
VANGELO opera contemporanea Pippo Delbono
MICHELE MARIOTTI Mahler
CARMEN Georges Bizet
JONATHAN STOCKHAMMER Brahms, Haydn, Nielsen
IL BARBIERE DI SIVIGLIA Gioachino Rossini
NIKOLAJ ZNAIDER Rihm, Berg, Schubert
LE NOZZE DI FIGARO Wolfgang Amadeus Mozart
Al Manzoni
LUCI MIE TRADITRICI Salvatore Sciarrino
DMITRI LISS Dvořák, R. Strauss, Čajkovskij
TITANIC Maury Yeston
MARIO VENZAGO Beethoven, Bruckner
CONVERSAZIONI CON CHOMSKY 2.0 Emanuele Casale
JURAJ VALČUHA Brahms
RIGOLETTO Giuseppe Verdi
MICHELE MARIOTTI Beethoven, Mahler
WERTHER Jules Massenet
JURAJ VALČUHA Webern, Janáček, Taneev
EL AMOR BRUJO el fuego y la palabra La Fura dels Baus
ALEXANDER LONQUICH Mozart, Prokof’ev
CARMEN K (KIMERA) Artemis Danza
AZIZ SHOKHAKIMOV Poulenc, Prokof’ev, Chačaturjan
EMPTY MOVES (PARTS I, II & III) Ballet Preljocaj
Festival
KISS & CRY Michèle Anne De Mey & Jaco Van Dormael
BOLOGNA MODERN Festival per le musiche contemporanee
ORCHESTRA, CORO E TECNICI DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
INFO
FABIO BIONDI Mozart
051-529958
I CONCERTI TORNANO AL TCBO GRAZIE A
T C B O. I T
MICHELE MARIOTTI Beethoven, Mahler
Grandangolo
Uno xilofono di ghiaccio. E violini, viole, violoncelli, contrabbassi, un banjo, un mandolino, chitarra, batteria
e varie percussioni tra cui una sorta di gigantesco flauto di pan. Sono gli strumenti interamente costruiti a mano
dall'artista "glaciale" Tim Linhart, fondatore di Ice Music nel suo laboratorio di Luleå, città marittima
nella Lapponia svedese. Sono delicatissimi, crearli richiede pazienza estrema e la giusta temperatura perchè
il ghiaccio possa essere scolpito senza rompersi. Anche la Ice Orchestra deve maneggiarli con estrema cura:
i violini vengono suonati mentre sono appesi al soffitto e un guscio di plastica protegge le parti più sottile
dal calore del respiro dei musicisti (continua a pag.8).
Foto di Graeme Richardson-Ice Music
A Luleå, d'inverno è sempre buio e la temperatura scende sino - 16°. Nell' ex cantiere navale
di Gültzauudden, che oggi è un parco attraversato da sentieri di ghiaccio, due grandi igloo
trasformati in una sala da concerto per 200 persone ospitano ogni anno da metà gennaio
a metà marzo i concerti di Ice Music. Atmosfera magica, illuminata con i colori dell'aurora
boreale, ventilazione, temperatura costante di - 5°per preservare gli strumenti, musicisti
e pubblico in giacca a vento, guanti e cappello, programmi che vanno dalla classica
alla contemporanea, dal jazz al folk. Info: icemusic.se
T H E R O YA L B A L L E T
SOMMARIO
5
Agorà di Gaetano Santangelo
6Grandangolo
15 Il lettore
16Quattro/quarti di Michele dall’Ongaro, Giovanni Gavazzeni, Giordano Montecchi, Giorgio Pestelli
20
IL DISCO
“Cantate cum jubiloˮ
32
di Gianfranco Ravasi
Cappella Musicale del Duomo di Milano
di Andrea Milanesi
IL DOWNLOAD
Trio Kanon di Claudia Abbiati
35 IN SCENA
Anteprima
La critica
54
Quartetto Italiano: Borciani, Pegreffi, Rossi e Forzanti, poi Farulli
e Asciolla. Tra fatture e ricomposizioni il racconto di 30 anni
di straordinaria musica d'insieme, alla ricerca della perfezione
AMORE E MAESTRIA SU UNA MUSICA INCANTEVOLE
RHAPSODY
OSIPOVA | STEVEN MCRAE
MUSICA SERGEY RACHMANINOFF
CON NATALIA
THE TWO PIGEONS
CUTHBERTSON | VADIM MUNTAGIROV | LAURA MORERA
MUSICA ANDRÉ MESSAGER | ARRANGIAMENTI JOHN LANCHBERY
COREOGRAFIA FREDERICK ASHTON | DIRETTORE D’ORCHESTRA BARRY WORDSWORTH
CON LAUREN
IN DIRETTA AL CINEMA IL 26 GENNAIO - ORE 20:15
www.rohalcinema.it
12A è il grado di censura previsto dal British Board of Film Classification per tutti gli spettacoli: tutti i minori di 12 anni devono essere accompagnati da un adulto
Vadim Muntagirov as The Young Man and Lauren Cuthbertson as The Young Girl in The Two Pigeons (©2015 ROH. Photographed by Bill Cooper)
53 Appunti
54 Storia&Storie: Quartetto Italiano
di Gregorio Moppi
58
Anniversari: William Shakespeare di Massimo Rolando Zegna
63
Damiano Michieletto di Valerio Cappelli
68
Martin Grubinger di Luigi di Fronzo
72
Bauermeister & Stockhausen
75
Tendenze: Cambio vita di Edoardo Tomaselli
80
Antica di Massimo Rolando Zegna
81
Musicaoggi di Paolo Petazzi
82
All’opera di Emilio Sala
83
Danza di Valentina Bonelli
di Federico Capitoni
58
William Shakespeare: a quattro secoli dalla scomparsa,
i rapporti del grande drammaturgo inglese con la musica,
elemento indissolubile nella rappresentazione delle sue opere
SOMMARIO
84
Jazz di Franco Fayenz
86 Fuoritema di Riccardo Santangelo
I nostri Club pluripremiati vi offrono un mondo di
sport & benessere che dura una vita.
87 Fondazione Amadeus
88
Education di Carlo Delfrati e Pietro Dossena
90
Note di viaggio di Luigi di Fronzo
92
Note d’arte di Flaminio Gualdoni
94
Mecenati di Edoardo Tomaselli
96
A tavola con Falstaff di Ambrogio Maestri
99
LIBRI
99
Lo scaffale di Paola Molfino
102 Hi Tech di Andrea Milanesi
106 News in studio di Giuseppe Scuri
109 DISCHI
Nessuno vi offre sport &
benessere come noi
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ridurre lo stress, perdere peso o semplicemente
sentirvi al meglio, scegliete il Club che vi permette di
raggiungere i risultati.
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sentirete la differenza in 90 giorni *
63
Damiano Michieletto: amato contestato, desiderato, invidiato,
è il regista del momento. Lui rifiuta etichette, cerca lo stupore,
raccontando storie eterne con la lingua del nostro tempo
CD 1
CANTATE CUM JUBILO
La Musica del Giubileo
nel Duomo di Milano dal Canto
ambrosiano ai giorni nostri
119 Imperdibili di Gianluigi Mattietti
CAPPELLA MUSICALE
DEL DUOMO DI MILANO
don Claudio Burgio, direttore
120 CALENDARIO
guida all’ascolto
di Emanuele Carlo Vianelli
130 La conversazione di Alessandro Cannavò
CD 2 in download
LUDWIG VAN BEETHOVEN
Trii per pianoforte e archi op. 70 n. 1 “I fantasmi”
e op. 97 “L'arciduca”
Trio Kanon
codice TK314LB16
Amadeus
Periodico di cultura musicale edito da Bel Vivere S.r.l.
Anno XXVIII numero 1 (314) gennaio 2016
Direttore responsabile Gaetano Santangelo
In copertina, Cappella del Duomo di Milano (Foto di Bruno Pulici)
amadeusonline.net
T: 02 45 28 677
aspria.com
* Iscrivetevi questo mese e utilizzate la nostra garanzia di soddisfazione
valida 90 giorni.
IL LETTORE
SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE.
REFLEX
Restare “giovani”
R
Le avventure degli archeologi divorati dalla febbre della ricerca: dalla città Z in Amazzonia all’El Dorado dei conquistadores, dal furto della
“Natività” di Caravaggio all’arte trafugata dai nazisti. E inoltre: Re Davide, fantasma biblico; i regali sotto l’albero dei bisnonni; la Spagna
dei califfi, D’Annunzio, Maria Antonietta.
FOCUS STORIA. OGNI MESE LO SPETTACOLO DEL PASSATO.
Disponibile anche in versione digitale su:
Abbonati su: www.abbonamenti.it/storia
isulta difficile nel nostro Paese
stabilire a che età un concertista
cessa di essere un giovane interprete.
Forse sarà perché, a quanto si dice,
non ci sono più le mezze stagioni e
ne consegue che anche le stagioni
della nostra età hanno perso punti di
riferimento certi. In campo musicale
sorge spontanea la domanda: quando
un giovane interprete finisce di essere
giovane per essere solo un interprete?
Dove collochiamo quelli che sono
usciti vincitori da competizioni
internazionali da molti anni e quelli
che hanno già intrapreso la carriera
concertistica dimostrando di avere tutti
i numeri per emergere dalla palude
che diversamente potrebbe diventare
una trappola da cui è difficile uscire?
Non sono, a tutti gli effetti, interpreti
e basta? Il trentenne o quarantenne
che ha appena concluso una tournée
internazionale è sì un giovane
interprete, ma è ancor più un artista
che sta facendo carriera. Il fatto che in
Italia sia ancora sconosciuto, o quasi,
non può giustificare che lo si consideri
ancora giovane nonostante sfiori i
40? Non è per caso un alibi volto a
giustificare la nostra ignoranza?
In un paese come l’Italia dove c’è scarsa
cultura musicale il giovane interprete
farà sempre più fatica a imporsi. E
anche l’età per entrare tra gli artisti
dove all’aggettivo giovane si sostituisce
l’aggettivo grande o prestigioso si sposta
in avanti. Continuerà a essere un giovane
interprete in attesa che il terreno che si
trova davanti si liberi dai mostri sacri
che occupano ancora la scena e, come
è giusto, non hanno nessuna intenzione
di farsi rottamare. Tra le cause che
determinano questo stato di cose ve n’è
una di fondamentale importanza: in
Italia manca uno dei fattori trainanti per
la carriera di un musicista: un’industria
discografica degna di tal nome. Le cause
sono molteplici, ma la più importante
è certo quella che deriva dalla scarsa
educazione musicale, che rende un
deserto il mercato della musica nel Paese
che alla musica ha dato i natali. Poi
forse c’è un’altra inconfessata ragione: i
“giovani”, si possono anche pagare poco.
Penuria di pubblico:
questione di numeri
o di cultura?
Caro Direttore,
su Amadeus di ottobre Oreste Bossini stigmatizzava, giustamente, i vuoti
in Scala per il concerto in agosto della Boston Symphony Orchestra diretta
da Andris Nelsons (Sesta di Mahler),
due nomi di alto profilo artistico,
nell’ambito del contributo scaligero a
Expo. Tre mesi dopo, in occasione di
una replica domenicale del Wozzeck,
chi scrive è stato testimone di una situazione analoga. Mortificante per un
Teatro che ambisce a essere il migliore del mondo. L’articolo conteneva
altre considerazioni, la più importante
delle quali era forse questa: «Si ha la
sensazione di avvertire uno scollamento della Scala dalla vita della città». E poco più avanti chiedeva se non
«sia necessario anche per la Scala
stringere una nuova alleanza con il
pubblico del territorio». In realtà, questo pubblico non esiste; o meglio, c’è
ma è fatto in prevalenza di sponsor,
stranieri, frequentatori per diritti acquisiti di varia natura, addetti ai lavori, che
appaiono interessati in prevalenza
alla Scala come sede non di cultura da
vivere ma di evento da consumare, al
quale non si può mancare. Può interessare a questo pubblico una grande
Orchestra internazionale o un’opera
come quella di Berg ritenuta “difficile”
perché estranea al repertorio italiano,
di cui nessuno contesta il valore ma
nel quale non si risolve la cultura musicale e ritenuto poco impegnativo
all’ascolto? Tutto questo andrebbe
bene se si parlasse di un Teatro privato e non di un Teatro che riceve sostanziosi contributi pubblici per il suo
consistente budget (120 milioni nel
2015). Ma in discussione non è tanto,
o non solo, la programmazione bensì
il marketing: dovrebbe essere compito suo scovare titolo per titolo, progetto per progetto, i diversi “pubblici”, che
pure esistono, liberandosi finalmente
del dogma che la Scala si “vende da
sola”, come una qualsiasi griffe o ristorante di lusso.
In chiusura, Bossini definisce “scriteriati” gli otto milioni di euro spesi da
Expo per lo «spettacolo del Cirque du
Soleil». In verità gli spettacoli, belli,
sono stati più di centoventi in quattro
mesi per oltre 400.000 spettatori.
Scriteriato, casomai, è stato farsi carico del progetto Feeding Music (a che
costo?), fuori target in quel contesto
internazional-popolare come la scarsa
affluenza di pubblico ha evidenziato,
e affidarne i 18 concerti solo a due
Ensemble locali. Ettore Napoli
Riassumendo, la domanda che sta
dietro all’Agorà di Oreste Bossini
(Amadeus n. 311) e alla lettera di
Ettore Napoli (qui riprodotta) è: come
è possibile che una proposta come
l’esibizione della Boston Symphony
Orchestra diretta da Andris Nelsons
ai Proms di Londra richiami 6.000
spettatori e a Milano, lo stesso programma, la Sinfonia n. 6 di Mahler,
non riesca a metterne insieme, in uno
dei teatri più prestigiosi del mondo
e con una manifestazione come
Expo2015 in corso, i 2.000 spettatori circa, sufficienti a riempire Palchi,
platea e gallerie? E quanti spettatori
dovrebbe richiamare un’opera come
Wozzeck, composta da Alban Berg
nel 1922 e prossima ai cento anni di
vita? Anche se non è mia abitudine
fare scommesse, posso azzardare
un’ipotesi: a Vienna, a Londra o a
Parigi registrerebbe il tutto esaurito,
come da noi La bohème o La traviata.
Pur non concordando tra loro sulle
motivazioni che determinano la latitanza del pubblico in occasioni praticamente imperdibili, i numeri sono
numeri e almeno su questi Bossini e
Napoli sono d’accordo. Il problema
si presenta in tutta la sua gravità se
consideriamo che quanto lamentano
i nostri collaboratori si potrebbe tranquillamente estendere alla maggior
parte delle sale da concerto italiane: programmi ripetitivi per volontà
della platea e calo inarrestabile di
spettatori. Vorrei porre a Napoli e
a Bossini una domanda: non è che
per caso si tratta semplicemente di
un fatto puramente culturale? Siamo
o non siamo, nonostante i proclami
governativi, il fanalino di coda per
investimenti in cultura, siamo o no al
penultimo posto tra i 27 paesi europei nella classifica degli investimenti
per l’istruzione? Vorremmo che qualcuno ci rispondesse con argomenti
seri dimostrando che questa è solo
un modo per praticare lo sport nazionale più diffuso: parlare male del
Governo. A noi non basta più che
continuino a raccontarci che è stato
aumentato il Fus di x milioni di euro,
aumento che non copre neppure la
perdita di valore della moneta europea di questi anni. Se abbiamo il più
imponente patrimonio culturale del
mondo è nostro dovere proteggerlo
e valorizzarlo: vorremmo che una volta per tutte il ministero della cultura
fosse collocato al primo posto per importanza e investimenti. Forse poco
per volta si riempirebbero i vuoti che
lamentano Bossini e Napoli.
Gaetano
Santangelo
Lettere al Direttore
[email protected]
facebook.com/Amadeus.Rivista
twitter.com/AmadeusOnlineIT
Amadeus 15
[email protected]
I
Jeu de cartes
Cronaca minima
C’è musica su Marte
Repert(or)i
CHE
FARE?
UNA POLTRONA
PER RAVELLO
PERDERE
LA PACE
VELATA
SINFONIA
Michele dall'Ongaro
Giovanni Gavazzeni
Giordano Montecchi
Giorgio Pestelli
l Grande Pianista ed io ci guardiamo perplessi.
Il suo concerto cade proprio il giorno dopo la
strage di Parigi e condividiamo l’esigenza di dire
qualcosa al pubblico. Dopo averci pensato un po’
ripieghiamo, non senza frustrazione, sul tradizionale
“minuto di silenzio”. La sensazione è che la musica,
la “nostra” musica, possa fare ben poco. È vero: dove
si soffre spunta inevitabilmente un canto nato per
consolare, incoraggiare, spronare le vittime. Peccato
che, specularmente, se ne oda un altro che sostiene,
rincuora e fomenta i carnefici. Coloro che intonavano la
Nona di Beethoven a Terezín adoravano quella partitura
quanto chi applaudiva prima di spedire gli interpreti
nei campi di sterminio. Un bel giorno non si eseguì
più perché erano scomparsi tutti. Questa volta c’è una
novità poiché l’attuale “nemico” odia gran parte della
musica che abitualmente ascoltiamo, i generi e i contesti
a noi più familiari (come ad esempio un locale come il
Bataclan). Quindi la musica in sé (ad eccezione delle
forme “raccomandate” o “encomiabili”) è o dovrebbe
essere antagonista. È sufficiente per restituire alla
musica un significato “politico” senza distinzione di
generi e schieramenti? Non ho una risposta ma penso
alle contraddizioni che dibattiti di tal genere, quasi
esclusivamente in Italia, hanno sollevato confondendo
progressismo (esistente in politica) e progresso
(inesistente in arte). A causa di queste contraddizioni
si è arrivati a bollare come reazionario un socialista,
militante per i diritti civili degli omosessuali come
Benjamin Britten ed esaltare il progressismo di Anton
Webern, geniale totem della Neue Musik quanto fervente
e perfino patetico ammiratore (non ricambiato) del Terzo
Reich. Che l’equazione facesse acqua alfine si è capito,
come pure che due straordinari protagonisti del pensiero
musicale del Novecento potevano sopravvivere a tutti i
fraintendimenti possibili. Compresi i peggiori.
16 Amadeus
4/4
4/4
I
l vento delle dimissioni (che soffia così di rado
sulla Penisola), dopo aver spazzato i vertici
MiTo, fra Milano e Torino, è soffiato come
tramontana sulla meravigliosa Costiera Amalfitana.
Il Presidente di Ravello Festival, designato da pochi
mesi, il sociologo molisano Domenico De Masi, già
occupante la suddetta carica per due mandati nell’evo
bassoliniano, si è dimesso, insieme a una trojka di
consiglieri. Lettere, verbali, nomine mancate, conti
in sofferenza, risorse mancate, vengono addotti come
impedimenti alla realizzazione del grandioso progetto:
«fare di Ravello una Salisburgo del Sud-Europa,
destagionalizzando il turismo».
Ambizione che partiva con qualche diversità rispetto
al modello austriaco. Alla fondazione e al direttorio
del Festival di Salisburgo, invece del sociologo di
Rotello (CB) e dei suoi collaboratori, attesero artisti
e intellettuali che si chiamavano Richard Strauss,
Max Rheinhardt, Hugo von Hofmannsthal, Alfred
Roller, Franz Schalk, Stefan Zweig. E soprattutto
era residente nel periodo festivaliero l’Orchestra
Filarmonica di Vienna, già allora una delle migliori
del mondo. Tutti i maggiori direttori d’orchestra
della storia moderna, da Toscanini a Bruno Walter,
da Furtwängler a Karajan, da Solti a Muti, ebbero a
disposizione per i concerti e le opere in cartellone
questa formazione unica. Senza questo strumento, il
sogno di un Salisburgo mediterranea diventa utopia,
abbaglio, velleità, a seconda dei punti di vista.
Non è la prima volta che il salto del banco viene
determinato più dal risiko delle poltrone che
dall’opposizione a illuminati quanto vasti programmi
socio-culturali. Per ora ci sono i conti dei fornitori
da pagare e una nuova short list di “governanti”
da nominare. Storia italiota esemplare: il naufragio
prima del varo.
S
tavo giusto preparando un testo sul kamancheh
e/o rebab, cioè il violino di quella parte di mondo
che si estende dal Nord Africa fino alle regioni
transcaucasiche e oltre, fino ai confini della Cina e
dell’India, quando sono esplose le notizie del massacro
di Parigi. Per chi nutre una profonda ammirazione per la
storia, l’antica civilizzazione e, naturalmente, la musica
di quei popoli in prevalenza di fede islamica, siano arabi,
iraniani o caucasici, questi fatti tragici si caricano di
una ulteriore simbolica crudeltà. In quanto testimoniano
l’inesorabile, straziante mutazione di una nobile, antica
affinità e il seppellimento di una plurisecolare e feconda
osmosi di tratti culturali. Non mi riferisco tanto agli
splendori musicali e al multiculturalismo di al-Andalus,
sotto il dominio degli Omayyadi, o alla corte di Alfonso
x el Sabio, momenti forse fin troppo mitizzati dalla
vulgata storica, sempre alla ricerca di “epoche d’oro”
(e come non comprenderlo!) in cui popoli e culture
diverse andavano d’amore e d’accordo, magari cantando
e suonando insieme. Per non dire, poi, dell’enorme
contributo che la musica araba ha dato al formarsi della
lirica trobadorica e, di lì, a un’infinità di altri caratteri
musicali e poetici assimilati dalle lingue romanze.
No, non è a questo che penso. Mi limito a questo
meraviglioso strumento ad arco, già descritto fra IXXsecolo da al-Farabi e dal quale, per rivoli e metamorfosi
innumerevoli, si è diramata la gloriosa discendenza
degli strumenti ad arco del Vecchio Continente. Certo,
il kamancheh è mille leghe lontano dalla forza e dallo
spessore di uno Stradivari, eppure consente sottigliezze e
colori che nessun violino può emulare: una diversità che
è una grande benedizione. Curt Sachs diceva con ragione
che a ogni progresso corrisponde una perdita. È proprio
per questo che siamo soliti rimpiangere il buon tempo
antico. Ma che progresso significhi perdere per sempre la
pace, no, è un prezzo troppo alto.
L
e Sonate per pianoforte solo di Johannes Brahms
fanno parte di quelle musiche ancora manoscritte
che Brahms ventenne suonò in casa di Robert e
Clara Schumann nel settembre 1853 a Düsseldorf; snodo
storico epocale, incontro leggendario fra la giovane
aquila e il grande maestro già assediato dalla malattia
nervosa, eppure lucidissimo nell’intuizione critica: un
piatto già servito per programmi “a tema”, accostamenti
e confronti. Eppure solo la Terza di queste Sonate,
l’op.5, è entrata nel normale repertorio di concerti e
registrazioni, la Seconda vi appare di rado, la Prima,
l’op.1 in do maggiore, talmente di rado che si può dire
mai; per assistere al suo effetto in sala, nella cornice
di un pubblico concerto, sono andato a Genova dove
il giovane pianista moscovita Lukas Geniušas l’ha
inserita nella serata inaugurale della GOG. Intanto,
è uno splendido pezzo da concerto e non si capisce
la sua latitanza nei programmi; poi, a parte la sua
torrenziale inventiva e altri meriti particolari, la Sonata
op. 1 testimonia nel modo più chiaro la definizione
data da Schumann di “velate sinfonie” di quelle
composizioni pianistiche: il suono dei corni poco
prima della ripresa del primo movimento quasi si tocca
con mano, nel finale un tema ricorda il Mendelssohn
della “Sinfonia Scozzese”, senza naturalmente che
la scrittura pianistica sappia di trascrizione. Dopo
l’esordio, con lo scoperto omaggio al Beethoven dell’op.
106, è poi curioso quanto sia presente Liszt, autore
da cui Brahms si sarebbe allontanato sempre più;
non il Liszt aggressivo di ottave e accordi, ma quello
pallido e decadente di tanti passi ornamentali, come
improvvisando, della Sonata in si minore: conclusa
pochi mesi prima e ascoltata da Brahms nella sua sosta
a Weimar nel giugno dello stesso 1853: altro aspetto
seducente di questa straordinaria “opera prima” che
dovrebbe figurare più spesso in repertorio.
Amadeus 17
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