314 Amadeus ANNO XXVIII - GENNAIO 2016 Il mensile della grande musica ANNO XXVIII - NUMERO 1 (314) GENNAIO 2016 EURO 11,00 MENSILE POSTE ITALIANE SPED. IN A. P - D.L. 353/2003 CONV. L. 46/2004, ART. 1, C. 1, LO/ MI Musica&Giubileo / Quartetto Italiano / Shakespeare / Michieletto / Grubinger / Bauermeister-Stockhausen Musica e Giubileo CD1 ESCLUSIVO Cantare con giubilo Cappella musicale del Duomo di Milano CD2 download Trio Kanon In tre per Beethoven Amadeus Anniversari William Shakespeare Registi d'oggi Damiano Michieletto Storia&Storie Il Quartetto Italiano Cappella musicale del Duomo di Milano 60001 9 771120 454004 numero 314 gennaio 2016 € 11,00 2 Amadeus Amadeus 3 AGORÀ Wolfgang Amadeus Mozart Le Serenate Accademia Litta Carlo De Martini, concertazione Cofanetto 6 cd + booklet con guida all'ascolto a soli 25 euro Una raccolta speciale da collezione con tutte le Serenate del grande compositore austriaco. Una registrazione che conquisterà gli amanti della grande musica. Lasciati sedurre. Acquistalo subito online su www.shop.amadeusonline.net oppure scrivendo una e-mail all'indirizzo [email protected] o chiamando il numero 02 4816353 Una porta aperta A bbiamo già avuto più volte il privilegio di ospitare la firma di Sua Eminenza Gianfranco Ravasi sulle pagine di Amadeus: “Pietre, spade, vomeri” è il titolo di un suo prezioso contributo per uno Speciale Amadeus dedicato a Gerusalemme, «sposa contesa materialmente e spiritualmente». Era il dicembre del 2005, esattamente dieci anni fa. Un bel tratto di tempo, se misurato col metro dei comuni mortali, ma poco più di un batter di ciglio se il metro è quello delle Sacre Scritture. Un batter di ciglio che oggi ci mostra contese (o guerre) non solo per Gerusalemme, ma per tutto il Medio Oriente e buona parte dell’Africa. A distanza dunque di “soli” dieci anni e solo per un evento fuori dalla portata del nostro normale lavoro di cronisti della musica ritorna l’illustre firma (la trovate a pag. 20). E quale evento è più importante di un Giubileo per il mondo cristiano? L’Anno Santo della Misericordia, proclamato da Papa Francesco, è stato inaugurato il 29 novembre lontano da Roma, nel cuore dell’Africa, dove regna la guerra e la misericordia sembra un sentimento assente. Il Papa con un semplice gesto –­­ la Porta Santa aperta a Bangui – e con semplici parole «Vinca l’amore e non le armi», ha voluto ricordare a un mondo distratto che il terreno fertile per la misericordia si trova là dove più si soffre. Una copertina e un disco dedicati al Giubileo proclamato da Papa Francesco. Contro il pericoloso silenzio di un mondo senza musica Ma, come disse Heinrich Heine, «dove finiscono le parole inizia la musica», e poiché di musica ci occupiamo, per celebrare l’anno del Giubileo abbiamo ripercorso la storia della Cappella Musicale del Duomo di Milano con l’aiuto di monsignor Claudio Burgio, direttore della prestigiosa istituzione. Il risultato è il cd che avete tra le mani: una registrazione che, a volo d’uccello, ci presenta alcuni dei protagonisti della compagine vocale che, dal 1400 ai giorni nostri, è stata la colonna sonora della vita religiosa della cattedrale. Ascoltando queste composizioni abbiamo avuto l’ennesima conferma di come il linguaggio musicale sia per tutti, credenti o meno, la via più diretta per tradurre le parole in preghiera e tensione spirituale. Ma, come ci ricorda lo stesso Cardinal Ravasi, più che la mancanza delle parole è la mancanza di musica che spaventa gli uomini. In conclusione del suo scritto cita Cassiodoro, scrittore cristiano del VI secolo, che ammoniva: «Se continueremo a commettere ingiustizia, Dio ci lascerà senza musica». Altri prima e dopo di lui hanno ritenuto che l’assenza della musica potesse essere considerata una punizione: Ulisse per esempio quando, tornato a Itaca fa strage dei Proci, risparmia soltanto Femio, il musico; più tardi Cicerone affermerà che «una vita senza musica è come un corpo senz’anima», mentre Nietzsche giudica «un errore un mondo senza musica». Potremmo continuare all’infinito. Anche Amadeus vuol dare il suo piccolo contributo per impedire il pericoloso silenzio di un mondo senza musica e per far suo il messaggio di pace del Papa affidandosi alle voci dei cantori (in maggioranza voci bianche) della Cappella del Duomo di Milano. Gaetano Santangelo Amadeus 5 CONCERTI/ ABBONAMENTI DALL’1 DICEMBRE 2015 OPERA E DANZA / ABBONAMENTI DALL’11 NOVEMBRE 2015 MICHELE MARIOTTI Beethoven ATTILA Giuseppe Verdi NIKOLAJ ZNAIDER Brahms, Schumann VANGELO opera contemporanea Pippo Delbono MICHELE MARIOTTI Mahler CARMEN Georges Bizet JONATHAN STOCKHAMMER Brahms, Haydn, Nielsen IL BARBIERE DI SIVIGLIA Gioachino Rossini NIKOLAJ ZNAIDER Rihm, Berg, Schubert LE NOZZE DI FIGARO Wolfgang Amadeus Mozart Al Manzoni LUCI MIE TRADITRICI Salvatore Sciarrino DMITRI LISS Dvořák, R. Strauss, Čajkovskij TITANIC Maury Yeston MARIO VENZAGO Beethoven, Bruckner CONVERSAZIONI CON CHOMSKY 2.0 Emanuele Casale JURAJ VALČUHA Brahms RIGOLETTO Giuseppe Verdi MICHELE MARIOTTI Beethoven, Mahler WERTHER Jules Massenet JURAJ VALČUHA Webern, Janáček, Taneev EL AMOR BRUJO el fuego y la palabra La Fura dels Baus ALEXANDER LONQUICH Mozart, Prokof’ev CARMEN K (KIMERA) Artemis Danza AZIZ SHOKHAKIMOV Poulenc, Prokof’ev, Chačaturjan EMPTY MOVES (PARTS I, II & III) Ballet Preljocaj Festival KISS & CRY Michèle Anne De Mey & Jaco Van Dormael BOLOGNA MODERN Festival per le musiche contemporanee ORCHESTRA, CORO E TECNICI DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA INFO FABIO BIONDI Mozart 051-529958 I CONCERTI TORNANO AL TCBO GRAZIE A T C B O. I T MICHELE MARIOTTI Beethoven, Mahler Grandangolo Uno xilofono di ghiaccio. E violini, viole, violoncelli, contrabbassi, un banjo, un mandolino, chitarra, batteria e varie percussioni tra cui una sorta di gigantesco flauto di pan. Sono gli strumenti interamente costruiti a mano dall'artista "glaciale" Tim Linhart, fondatore di Ice Music nel suo laboratorio di Luleå, città marittima nella Lapponia svedese. Sono delicatissimi, crearli richiede pazienza estrema e la giusta temperatura perchè il ghiaccio possa essere scolpito senza rompersi. Anche la Ice Orchestra deve maneggiarli con estrema cura: i violini vengono suonati mentre sono appesi al soffitto e un guscio di plastica protegge le parti più sottile dal calore del respiro dei musicisti (continua a pag.8). Foto di Graeme Richardson-Ice Music A Luleå, d'inverno è sempre buio e la temperatura scende sino - 16°. Nell' ex cantiere navale di Gültzauudden, che oggi è un parco attraversato da sentieri di ghiaccio, due grandi igloo trasformati in una sala da concerto per 200 persone ospitano ogni anno da metà gennaio a metà marzo i concerti di Ice Music. Atmosfera magica, illuminata con i colori dell'aurora boreale, ventilazione, temperatura costante di - 5°per preservare gli strumenti, musicisti e pubblico in giacca a vento, guanti e cappello, programmi che vanno dalla classica alla contemporanea, dal jazz al folk. Info: icemusic.se T H E R O YA L B A L L E T SOMMARIO 5 Agorà di Gaetano Santangelo 6Grandangolo 15 Il lettore 16Quattro/quarti di Michele dall’Ongaro, Giovanni Gavazzeni, Giordano Montecchi, Giorgio Pestelli 20 IL DISCO “Cantate cum jubiloˮ 32 di Gianfranco Ravasi Cappella Musicale del Duomo di Milano di Andrea Milanesi IL DOWNLOAD Trio Kanon di Claudia Abbiati 35 IN SCENA Anteprima La critica 54 Quartetto Italiano: Borciani, Pegreffi, Rossi e Forzanti, poi Farulli e Asciolla. Tra fatture e ricomposizioni il racconto di 30 anni di straordinaria musica d'insieme, alla ricerca della perfezione AMORE E MAESTRIA SU UNA MUSICA INCANTEVOLE RHAPSODY OSIPOVA | STEVEN MCRAE MUSICA SERGEY RACHMANINOFF CON NATALIA THE TWO PIGEONS CUTHBERTSON | VADIM MUNTAGIROV | LAURA MORERA MUSICA ANDRÉ MESSAGER | ARRANGIAMENTI JOHN LANCHBERY COREOGRAFIA FREDERICK ASHTON | DIRETTORE D’ORCHESTRA BARRY WORDSWORTH CON LAUREN IN DIRETTA AL CINEMA IL 26 GENNAIO - ORE 20:15 www.rohalcinema.it 12A è il grado di censura previsto dal British Board of Film Classification per tutti gli spettacoli: tutti i minori di 12 anni devono essere accompagnati da un adulto Vadim Muntagirov as The Young Man and Lauren Cuthbertson as The Young Girl in The Two Pigeons (©2015 ROH. Photographed by Bill Cooper) 53 Appunti 54 Storia&Storie: Quartetto Italiano di Gregorio Moppi 58 Anniversari: William Shakespeare di Massimo Rolando Zegna 63 Damiano Michieletto di Valerio Cappelli 68 Martin Grubinger di Luigi di Fronzo 72 Bauermeister & Stockhausen 75 Tendenze: Cambio vita di Edoardo Tomaselli 80 Antica di Massimo Rolando Zegna 81 Musicaoggi di Paolo Petazzi 82 All’opera di Emilio Sala 83 Danza di Valentina Bonelli di Federico Capitoni 58 William Shakespeare: a quattro secoli dalla scomparsa, i rapporti del grande drammaturgo inglese con la musica, elemento indissolubile nella rappresentazione delle sue opere SOMMARIO 84 Jazz di Franco Fayenz 86 Fuoritema di Riccardo Santangelo I nostri Club pluripremiati vi offrono un mondo di sport & benessere che dura una vita. 87 Fondazione Amadeus 88 Education di Carlo Delfrati e Pietro Dossena 90 Note di viaggio di Luigi di Fronzo 92 Note d’arte di Flaminio Gualdoni 94 Mecenati di Edoardo Tomaselli 96 A tavola con Falstaff di Ambrogio Maestri 99 LIBRI 99 Lo scaffale di Paola Molfino 102 Hi Tech di Andrea Milanesi 106 News in studio di Giuseppe Scuri 109 DISCHI Nessuno vi offre sport & benessere come noi Se il vostro obiettivo per l’anno nuovo è quello di ridurre lo stress, perdere peso o semplicemente sentirvi al meglio, scegliete il Club che vi permette di raggiungere i risultati. Iscrivetevi oggi e vi garantiamo che sentirete la differenza in 90 giorni * 63 Damiano Michieletto: amato contestato, desiderato, invidiato, è il regista del momento. Lui rifiuta etichette, cerca lo stupore, raccontando storie eterne con la lingua del nostro tempo CD 1 CANTATE CUM JUBILO La Musica del Giubileo nel Duomo di Milano dal Canto ambrosiano ai giorni nostri 119 Imperdibili di Gianluigi Mattietti CAPPELLA MUSICALE DEL DUOMO DI MILANO don Claudio Burgio, direttore 120 CALENDARIO guida all’ascolto di Emanuele Carlo Vianelli 130 La conversazione di Alessandro Cannavò CD 2 in download LUDWIG VAN BEETHOVEN Trii per pianoforte e archi op. 70 n. 1 “I fantasmi” e op. 97 “L'arciduca” Trio Kanon codice TK314LB16 Amadeus Periodico di cultura musicale edito da Bel Vivere S.r.l. Anno XXVIII numero 1 (314) gennaio 2016 Direttore responsabile Gaetano Santangelo In copertina, Cappella del Duomo di Milano (Foto di Bruno Pulici) amadeusonline.net T: 02 45 28 677 aspria.com * Iscrivetevi questo mese e utilizzate la nostra garanzia di soddisfazione valida 90 giorni. IL LETTORE SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE. REFLEX Restare “giovani” R Le avventure degli archeologi divorati dalla febbre della ricerca: dalla città Z in Amazzonia all’El Dorado dei conquistadores, dal furto della “Natività” di Caravaggio all’arte trafugata dai nazisti. E inoltre: Re Davide, fantasma biblico; i regali sotto l’albero dei bisnonni; la Spagna dei califfi, D’Annunzio, Maria Antonietta. FOCUS STORIA. OGNI MESE LO SPETTACOLO DEL PASSATO. Disponibile anche in versione digitale su: Abbonati su: www.abbonamenti.it/storia isulta difficile nel nostro Paese stabilire a che età un concertista cessa di essere un giovane interprete. Forse sarà perché, a quanto si dice, non ci sono più le mezze stagioni e ne consegue che anche le stagioni della nostra età hanno perso punti di riferimento certi. In campo musicale sorge spontanea la domanda: quando un giovane interprete finisce di essere giovane per essere solo un interprete? Dove collochiamo quelli che sono usciti vincitori da competizioni internazionali da molti anni e quelli che hanno già intrapreso la carriera concertistica dimostrando di avere tutti i numeri per emergere dalla palude che diversamente potrebbe diventare una trappola da cui è difficile uscire? Non sono, a tutti gli effetti, interpreti e basta? Il trentenne o quarantenne che ha appena concluso una tournée internazionale è sì un giovane interprete, ma è ancor più un artista che sta facendo carriera. Il fatto che in Italia sia ancora sconosciuto, o quasi, non può giustificare che lo si consideri ancora giovane nonostante sfiori i 40? Non è per caso un alibi volto a giustificare la nostra ignoranza? In un paese come l’Italia dove c’è scarsa cultura musicale il giovane interprete farà sempre più fatica a imporsi. E anche l’età per entrare tra gli artisti dove all’aggettivo giovane si sostituisce l’aggettivo grande o prestigioso si sposta in avanti. Continuerà a essere un giovane interprete in attesa che il terreno che si trova davanti si liberi dai mostri sacri che occupano ancora la scena e, come è giusto, non hanno nessuna intenzione di farsi rottamare. Tra le cause che determinano questo stato di cose ve n’è una di fondamentale importanza: in Italia manca uno dei fattori trainanti per la carriera di un musicista: un’industria discografica degna di tal nome. Le cause sono molteplici, ma la più importante è certo quella che deriva dalla scarsa educazione musicale, che rende un deserto il mercato della musica nel Paese che alla musica ha dato i natali. Poi forse c’è un’altra inconfessata ragione: i “giovani”, si possono anche pagare poco. Penuria di pubblico: questione di numeri o di cultura? Caro Direttore, su Amadeus di ottobre Oreste Bossini stigmatizzava, giustamente, i vuoti in Scala per il concerto in agosto della Boston Symphony Orchestra diretta da Andris Nelsons (Sesta di Mahler), due nomi di alto profilo artistico, nell’ambito del contributo scaligero a Expo. Tre mesi dopo, in occasione di una replica domenicale del Wozzeck, chi scrive è stato testimone di una situazione analoga. Mortificante per un Teatro che ambisce a essere il migliore del mondo. L’articolo conteneva altre considerazioni, la più importante delle quali era forse questa: «Si ha la sensazione di avvertire uno scollamento della Scala dalla vita della città». E poco più avanti chiedeva se non «sia necessario anche per la Scala stringere una nuova alleanza con il pubblico del territorio». In realtà, questo pubblico non esiste; o meglio, c’è ma è fatto in prevalenza di sponsor, stranieri, frequentatori per diritti acquisiti di varia natura, addetti ai lavori, che appaiono interessati in prevalenza alla Scala come sede non di cultura da vivere ma di evento da consumare, al quale non si può mancare. Può interessare a questo pubblico una grande Orchestra internazionale o un’opera come quella di Berg ritenuta “difficile” perché estranea al repertorio italiano, di cui nessuno contesta il valore ma nel quale non si risolve la cultura musicale e ritenuto poco impegnativo all’ascolto? Tutto questo andrebbe bene se si parlasse di un Teatro privato e non di un Teatro che riceve sostanziosi contributi pubblici per il suo consistente budget (120 milioni nel 2015). Ma in discussione non è tanto, o non solo, la programmazione bensì il marketing: dovrebbe essere compito suo scovare titolo per titolo, progetto per progetto, i diversi “pubblici”, che pure esistono, liberandosi finalmente del dogma che la Scala si “vende da sola”, come una qualsiasi griffe o ristorante di lusso. In chiusura, Bossini definisce “scriteriati” gli otto milioni di euro spesi da Expo per lo «spettacolo del Cirque du Soleil». In verità gli spettacoli, belli, sono stati più di centoventi in quattro mesi per oltre 400.000 spettatori. Scriteriato, casomai, è stato farsi carico del progetto Feeding Music (a che costo?), fuori target in quel contesto internazional-popolare come la scarsa affluenza di pubblico ha evidenziato, e affidarne i 18 concerti solo a due Ensemble locali. Ettore Napoli Riassumendo, la domanda che sta dietro all’Agorà di Oreste Bossini (Amadeus n. 311) e alla lettera di Ettore Napoli (qui riprodotta) è: come è possibile che una proposta come l’esibizione della Boston Symphony Orchestra diretta da Andris Nelsons ai Proms di Londra richiami 6.000 spettatori e a Milano, lo stesso programma, la Sinfonia n. 6 di Mahler, non riesca a metterne insieme, in uno dei teatri più prestigiosi del mondo e con una manifestazione come Expo2015 in corso, i 2.000 spettatori circa, sufficienti a riempire Palchi, platea e gallerie? E quanti spettatori dovrebbe richiamare un’opera come Wozzeck, composta da Alban Berg nel 1922 e prossima ai cento anni di vita? Anche se non è mia abitudine fare scommesse, posso azzardare un’ipotesi: a Vienna, a Londra o a Parigi registrerebbe il tutto esaurito, come da noi La bohème o La traviata. Pur non concordando tra loro sulle motivazioni che determinano la latitanza del pubblico in occasioni praticamente imperdibili, i numeri sono numeri e almeno su questi Bossini e Napoli sono d’accordo. Il problema si presenta in tutta la sua gravità se consideriamo che quanto lamentano i nostri collaboratori si potrebbe tranquillamente estendere alla maggior parte delle sale da concerto italiane: programmi ripetitivi per volontà della platea e calo inarrestabile di spettatori. Vorrei porre a Napoli e a Bossini una domanda: non è che per caso si tratta semplicemente di un fatto puramente culturale? Siamo o non siamo, nonostante i proclami governativi, il fanalino di coda per investimenti in cultura, siamo o no al penultimo posto tra i 27 paesi europei nella classifica degli investimenti per l’istruzione? Vorremmo che qualcuno ci rispondesse con argomenti seri dimostrando che questa è solo un modo per praticare lo sport nazionale più diffuso: parlare male del Governo. A noi non basta più che continuino a raccontarci che è stato aumentato il Fus di x milioni di euro, aumento che non copre neppure la perdita di valore della moneta europea di questi anni. Se abbiamo il più imponente patrimonio culturale del mondo è nostro dovere proteggerlo e valorizzarlo: vorremmo che una volta per tutte il ministero della cultura fosse collocato al primo posto per importanza e investimenti. Forse poco per volta si riempirebbero i vuoti che lamentano Bossini e Napoli. Gaetano Santangelo Lettere al Direttore [email protected] facebook.com/Amadeus.Rivista twitter.com/AmadeusOnlineIT Amadeus 15 [email protected] I Jeu de cartes Cronaca minima C’è musica su Marte Repert(or)i CHE FARE? UNA POLTRONA PER RAVELLO PERDERE LA PACE VELATA SINFONIA Michele dall'Ongaro Giovanni Gavazzeni Giordano Montecchi Giorgio Pestelli l Grande Pianista ed io ci guardiamo perplessi. Il suo concerto cade proprio il giorno dopo la strage di Parigi e condividiamo l’esigenza di dire qualcosa al pubblico. Dopo averci pensato un po’ ripieghiamo, non senza frustrazione, sul tradizionale “minuto di silenzio”. La sensazione è che la musica, la “nostra” musica, possa fare ben poco. È vero: dove si soffre spunta inevitabilmente un canto nato per consolare, incoraggiare, spronare le vittime. Peccato che, specularmente, se ne oda un altro che sostiene, rincuora e fomenta i carnefici. Coloro che intonavano la Nona di Beethoven a Terezín adoravano quella partitura quanto chi applaudiva prima di spedire gli interpreti nei campi di sterminio. Un bel giorno non si eseguì più perché erano scomparsi tutti. Questa volta c’è una novità poiché l’attuale “nemico” odia gran parte della musica che abitualmente ascoltiamo, i generi e i contesti a noi più familiari (come ad esempio un locale come il Bataclan). Quindi la musica in sé (ad eccezione delle forme “raccomandate” o “encomiabili”) è o dovrebbe essere antagonista. È sufficiente per restituire alla musica un significato “politico” senza distinzione di generi e schieramenti? Non ho una risposta ma penso alle contraddizioni che dibattiti di tal genere, quasi esclusivamente in Italia, hanno sollevato confondendo progressismo (esistente in politica) e progresso (inesistente in arte). A causa di queste contraddizioni si è arrivati a bollare come reazionario un socialista, militante per i diritti civili degli omosessuali come Benjamin Britten ed esaltare il progressismo di Anton Webern, geniale totem della Neue Musik quanto fervente e perfino patetico ammiratore (non ricambiato) del Terzo Reich. Che l’equazione facesse acqua alfine si è capito, come pure che due straordinari protagonisti del pensiero musicale del Novecento potevano sopravvivere a tutti i fraintendimenti possibili. Compresi i peggiori. 16 Amadeus 4/4 4/4 I l vento delle dimissioni (che soffia così di rado sulla Penisola), dopo aver spazzato i vertici MiTo, fra Milano e Torino, è soffiato come tramontana sulla meravigliosa Costiera Amalfitana. Il Presidente di Ravello Festival, designato da pochi mesi, il sociologo molisano Domenico De Masi, già occupante la suddetta carica per due mandati nell’evo bassoliniano, si è dimesso, insieme a una trojka di consiglieri. Lettere, verbali, nomine mancate, conti in sofferenza, risorse mancate, vengono addotti come impedimenti alla realizzazione del grandioso progetto: «fare di Ravello una Salisburgo del Sud-Europa, destagionalizzando il turismo». Ambizione che partiva con qualche diversità rispetto al modello austriaco. Alla fondazione e al direttorio del Festival di Salisburgo, invece del sociologo di Rotello (CB) e dei suoi collaboratori, attesero artisti e intellettuali che si chiamavano Richard Strauss, Max Rheinhardt, Hugo von Hofmannsthal, Alfred Roller, Franz Schalk, Stefan Zweig. E soprattutto era residente nel periodo festivaliero l’Orchestra Filarmonica di Vienna, già allora una delle migliori del mondo. Tutti i maggiori direttori d’orchestra della storia moderna, da Toscanini a Bruno Walter, da Furtwängler a Karajan, da Solti a Muti, ebbero a disposizione per i concerti e le opere in cartellone questa formazione unica. Senza questo strumento, il sogno di un Salisburgo mediterranea diventa utopia, abbaglio, velleità, a seconda dei punti di vista. Non è la prima volta che il salto del banco viene determinato più dal risiko delle poltrone che dall’opposizione a illuminati quanto vasti programmi socio-culturali. Per ora ci sono i conti dei fornitori da pagare e una nuova short list di “governanti” da nominare. Storia italiota esemplare: il naufragio prima del varo. S tavo giusto preparando un testo sul kamancheh e/o rebab, cioè il violino di quella parte di mondo che si estende dal Nord Africa fino alle regioni transcaucasiche e oltre, fino ai confini della Cina e dell’India, quando sono esplose le notizie del massacro di Parigi. Per chi nutre una profonda ammirazione per la storia, l’antica civilizzazione e, naturalmente, la musica di quei popoli in prevalenza di fede islamica, siano arabi, iraniani o caucasici, questi fatti tragici si caricano di una ulteriore simbolica crudeltà. In quanto testimoniano l’inesorabile, straziante mutazione di una nobile, antica affinità e il seppellimento di una plurisecolare e feconda osmosi di tratti culturali. Non mi riferisco tanto agli splendori musicali e al multiculturalismo di al-Andalus, sotto il dominio degli Omayyadi, o alla corte di Alfonso x el Sabio, momenti forse fin troppo mitizzati dalla vulgata storica, sempre alla ricerca di “epoche d’oro” (e come non comprenderlo!) in cui popoli e culture diverse andavano d’amore e d’accordo, magari cantando e suonando insieme. Per non dire, poi, dell’enorme contributo che la musica araba ha dato al formarsi della lirica trobadorica e, di lì, a un’infinità di altri caratteri musicali e poetici assimilati dalle lingue romanze. No, non è a questo che penso. Mi limito a questo meraviglioso strumento ad arco, già descritto fra IXXsecolo da al-Farabi e dal quale, per rivoli e metamorfosi innumerevoli, si è diramata la gloriosa discendenza degli strumenti ad arco del Vecchio Continente. Certo, il kamancheh è mille leghe lontano dalla forza e dallo spessore di uno Stradivari, eppure consente sottigliezze e colori che nessun violino può emulare: una diversità che è una grande benedizione. Curt Sachs diceva con ragione che a ogni progresso corrisponde una perdita. È proprio per questo che siamo soliti rimpiangere il buon tempo antico. Ma che progresso significhi perdere per sempre la pace, no, è un prezzo troppo alto. L e Sonate per pianoforte solo di Johannes Brahms fanno parte di quelle musiche ancora manoscritte che Brahms ventenne suonò in casa di Robert e Clara Schumann nel settembre 1853 a Düsseldorf; snodo storico epocale, incontro leggendario fra la giovane aquila e il grande maestro già assediato dalla malattia nervosa, eppure lucidissimo nell’intuizione critica: un piatto già servito per programmi “a tema”, accostamenti e confronti. Eppure solo la Terza di queste Sonate, l’op.5, è entrata nel normale repertorio di concerti e registrazioni, la Seconda vi appare di rado, la Prima, l’op.1 in do maggiore, talmente di rado che si può dire mai; per assistere al suo effetto in sala, nella cornice di un pubblico concerto, sono andato a Genova dove il giovane pianista moscovita Lukas Geniušas l’ha inserita nella serata inaugurale della GOG. Intanto, è uno splendido pezzo da concerto e non si capisce la sua latitanza nei programmi; poi, a parte la sua torrenziale inventiva e altri meriti particolari, la Sonata op. 1 testimonia nel modo più chiaro la definizione data da Schumann di “velate sinfonie” di quelle composizioni pianistiche: il suono dei corni poco prima della ripresa del primo movimento quasi si tocca con mano, nel finale un tema ricorda il Mendelssohn della “Sinfonia Scozzese”, senza naturalmente che la scrittura pianistica sappia di trascrizione. Dopo l’esordio, con lo scoperto omaggio al Beethoven dell’op. 106, è poi curioso quanto sia presente Liszt, autore da cui Brahms si sarebbe allontanato sempre più; non il Liszt aggressivo di ottave e accordi, ma quello pallido e decadente di tanti passi ornamentali, come improvvisando, della Sonata in si minore: conclusa pochi mesi prima e ascoltata da Brahms nella sua sosta a Weimar nel giugno dello stesso 1853: altro aspetto seducente di questa straordinaria “opera prima” che dovrebbe figurare più spesso in repertorio. Amadeus 17