SECONDO QUADRIMESTRE
MODULO 4
UNITÀ PRIMA
L'ILLUMINISMO
Per Illuminismo s'intende quel vasto movimento culturale, sviluppatosi nel
'700, che predica l'assoluta fiducia nella ragione, in grado di illuminare
le menti, contro le superstizioni e i pregiudizi delle religioni, della
tradizione e di tutti quegli elementi sociali e culturali che limitano la
libertà dell'uomo.
Dunque dal terreno fertile del Rinascimento e dell'Umanesimo nasce una
nuova filosofia e un nuovo modo di accostarsi al mondo destinato a
cambiare radicalmente i destini della civiltà occidentale.
Originario dell'Inghilterra, l'Illuminismo si diffonde e trova pieno
sviluppo in Francia, dove nascono e divulgano le proprie teorie, Voltaire e
Rousseau, i due massimi esponenti della filosofia illuminista, a cui si aggiungono
Montesqieu (definitivo teorizzatore della divisione dei
poteri), Quesney (precursore della scienza economica) e gli enciclpedisti
Diderot e D'Alambert (e molti altri).
Le principali caratteristiche dell'illuminismo si possono così riassumere:
1. Il razionalismo progressista, per cui la cultura non è più difesa della
tradizione ma ricerca permanente di un progresso che serva a liberare
l'uomo dai limiti dell'ignoranza grazie all'aiuto della regione
illuminante;
2. Il cosmopolitismo, per cui il bisogno di libertà diventa universale e
rende l'uomo cittadino del mondo, ovvero soggetto alle medesime istanze di
giustizia e di libertà in ogni luogo, senza distinzione di razza, sesso,
religione e classe sociale. Il nuovo protagonista della storia è quindi il borghese,
né nobile né
ecclesiastico, semplice cittadino del mondo: commerciante, artigiano ma
anche letterato e uomo di Stato;
3. La divulgazione del sapere, ovvero il bisogno di rendere noti a tutti i
progressi delle scienze e della cultura, per cui il sapere non è riservato
come privilegio ad un'elitè chiusa ma è strumento di miglioramento per
tutti gli uomini (si ricordi il monumentale progetto dell'Encyclopédie e
la conseguente attenzione per le arti e per i mestieri produttivi che
porterà progressivamente allo sviluppo dell'industria moderna);
4. L'antistoricismo. L'avversione per le religioni e in particolare per la
religione cattolica, portò gli illuministi a revisionare la storia e a
considerare il medioevo come periodo oscuro, epoca di soprusi e di
ingiustizie, in cui la ragione era rimasta ottenebrata e l'uomo privato
del bene supremo della libertà di pensiero.
Questa critica portò gli storici illuministi a contrapporre la realtà dei
fatti a ciò che sarebbe dovuto essere secondo ragione, escludendo così
l'analisi delle cause interne e delle necessità di azione proprie dei
diversi periodi storici;
5. Il Deismo, ovvero la teorizzazione di una religiosità raggiungibile
mediante l'esclusivo uso della ragione e della coscienza morale,
escludendo così l'adesione a qualsiasi tradizione religiosa;
6. Il materialismo, nella misura in cui si impone il bisogno di indagare e
giustificare la realtà nei termini del solo approccio al mondo materiale:
nella lotta contro ogni forma di religione e superstizione alcuni andarono
oltre il deismo e predicarono un atteggiamento esclusivamente
meccanicistico.
La materia e suoi movimenti dovevano quindi bastare a spiegare ogni
aspetto dell'esistenza, comprese le attività spirituali (si veda il
materialismo di Hobbes).
Il materialismo risente pesantemente dell'entusiasmo attorno alle attività
della fisica di Galileo e di Newton, in grado di estrapolare leggi
universali dalle osservazioni sperimentali;
7. La fondazione della scienza economica. L'illuminismo vede la nascita
della scienza economica, ovvero lo studio organizzato delle leggi che
regolano l'economia su grande scala.
Francois Quesney (1694-1774) definisce le categorie economiche del tempo
distinguendo tra agricoltura, industria e commercio: egli sostiene che
solo l'agricoltura (classe produttiva) e in grado di produrre realmente
ricchezza materiale, mentre industria e commercio (definite classi
sterili) sarebbero solamente in grado di trasformare la materia prima.
La sua dottrina prende il nome di fisiocrazia (=dominio della terra, della
natura), in quanto presuppone che il prodotto economico realmente valido
sia la sola materia prima agricola e non il lavoro.
L'inglese Adam Smith (1723-1790) fu invece il grande teorizzatore del
liberismo.
Egli va aldilà della fisiocrazia e teorizza il lavoro e la divisione del
lavoro come fonti di vera ricchezza, in aggiunta a quella agricola (di
secondaria importanza).
Per Smith il capitalismo è il migliore dei sistemi economici possibili, in
quanto in grado di autoregolarsi e trovare un equilibrio attraverso il
gioco della domanda e dell'offerta, per ottenere tale equilibrio occorre
però che lo Stato non intervenga direttamente in campo economico ma si
limiti tutt'al più a rimuovere gli ostacoli alla libera concorrenza.
8. La discussione politica. Naturalmente l'illuminismo vide molto accesa
la discussione politica attorno ai temi della struttura statale ideale.
In proposito si distinsero particolarmente Charles-Louise de Montesquieu e
Charles-Louise de Montesquieu
Jean-Jacque Rousseau.
Montesquieu (1689-1755) vede il dispotismo come degenerazione del sistema
politico, introduce il concetto che anche ambiente geografico e clima
influenzino l'assetto giuridico di una nazione e teorizza definitivamente
la divisione dei poteri in legislativo, esecutivo e giudiziario (si veda
anche Locke).
Rousseau (1712-1778) insiste invece sul fatto che ogni progresso dell'uomo
non è altro che una forma di degenerazione di una primitiva e perfetta
natura selvaggia, priva di ogni abiezione e immoralità ma portatrice di
una genuina vitalità.
La forma sociale migliore è il contratto sociale tra uomini che rinunciano
tutti alla propria libertà individuale, vista come tendenza all'egoismo,
in nome di una volontà generale giusta e al di sopra degli interessi
individuali.
L'illuminismo porterà quindi alla Rivoluzione industriale e ispirerà
direttamente la Rivoluzione francese, incidendo profondamente sulla realtà
del tempo e dando alla società occidentale una direzione filosofica nuova,
fondata sul rispetto dei diritti civili universali, che persiste ancora
oggi, pur tra mille difficoltà.
(tratto da: http://digilander.libero.it/syntmentis/Filosofia/Illuminismo.html)
“ILLUMINISMO”
PRIMA
Prima dell’I. la civiltà europea era caratterizzata da una sorta di immobilismo nei
costumi e nella società. Il potere era concentrato nelle mani di un’aristocrazia ristretta
e i rapporti sociali erano codificati dalla tradizione. Ciò che caratterizzava più
nettamente la società dell’antico regime, era il non riconoscimento del principio
dell’uguaglianza civile: gli uomini non erano sottoposti alla medesima legge e non
godevano dei medesimi diritti.
La legge sanciva formalmente i privilegi, tant’è che la società era divisa in ordini (il
primo: clero -Il secondo: Nobiltà -Il terzo: terzo stato).
La cultura dell’ancien regime era basata sul concetto di autorità: i due più grandi
poteri, quello religioso e quello politico, esercitavano un forte controllo sulle
coscienze in quanto ritenevano di essere depositari della verità assoluta.
Il clima di intolleranza colpiva artisti (es. Goya, Caravaggio), scienziati (es. Galileo)
uomini di cultura e di fede (es. Giordano Bruno) che tentavano di esprimere un
pensiero autonomo.
Lo Stato non riconosce alcun diritto e trova un saldo alleato nella Chiesa che non si fa
scrupolo nell’utilizzare severi strumenti di controllo e di repressione (inquisizione).
A causa del successo del DIALOGO SOPRA I MASSIMI SISTEMI, in poco tempo
l’atteggiamento della Chiesa nei confronti di Galileo, mutò radicalmente. IL dialogo fu
esaminato da una commissione pontificia che proibì la diffusione del libro. Nel 1633
Galileo, ormai anziano e ammalato, fu costretto a recarsi a Roma davanti al tribunale
dell’inquisizione. Il processo si concluse con la condanna dello scienziato, costretto alla
sottomissione e all’abiura, cioè al riconoscimento della falsità della propria convinzione
riguardo alle tesi eliocentriche e a quella del moto della terra. IL Dialogo venne inserito
nell’Indice dei libri proibiti.
Con la celebre formula ‘Abiuro, maledico e detesto’ Galileo è costretto a rinnegare le
proprie convinzioni di scienziato dichiarando che mai più si occuperà del moto della
Terra, considerato ormai eresia.
Tuttavia, pare che uscendo dal tribunale abbia detto " eppur si muove! ", riferito alla
Terra.
DOPO
L’illuminismo segnò una rottura con il passato ed elaborò una nuova coscienza
politica e culturale. Questo movimento culturale dichiarò un’assoluta fiducia nella
ragione in grado di illuminare le menti contro le superstizioni e i pregiudizi della
religione e contro tutti quegli elementi sociali e culturali che limitavano la libertà
dell’uomo. Tale libertà venne intesa come diritto di ogni persona a manifestare il
proprio pensiero e ad essere tutelata dalla legge.
Lo Stato si deve fondare su un contratto tra il popolo ed il sovrano e la sovranità dello
Stato deve essere espressione della cioè volontà generale della volontà del popolo
(Rousseau).
I PENSATORI
VOLTAIRE (la libertà)
Fu soprattutto un intellettuale anti-conformista, protagonista di una battaglia civile
per il rinnovamento della società. Non per nulla le sue “lettere inglesi”, che
esaltavano l’Inghilterra sia per la sua realtà culturale che politica, sono state definite
la “prima bomba scagliata contro l’antico regime”
L’obiettivo di V. era una società rispettosa delle libertà individuali, retta da uno Stato
tollerante, ma capace di imporre il rispetto delle leggi, poiché la libertà consiste “nel
non dipendere da null’altro che dalla legge”. Era necessaria una battaglia contro le
ingiustizie dell’antico regime, da condurre con la forza della ragione, attraverso una
mobilitazione dell’opinione pubblica che imponesse al potere le necessarie riforme.
In quest’ottica la filosofia non serviva a definire una ideologia, ma a risolvere
problemi concreti.
MONTESQUIEU (separazione dei poteri)
“Lo spirito delle leggi” fu uno dei testi illuministici che esercitarono un’importante
influenza in tutta l’Europa. Alcuni sovrani si fecero ritrarre con in mano il volume di
M. proprio per testimoniare la loro volontà di intraprendere, nei loro paesi, riforme
illuminate. In particolare la teoria della divisione dei tre poteri- legislativo, esecutivo,
giudiziario – è stata considerata uno dei presupposti delle moderne democrazie.
Occorre però ricordare che M. si muove ancora all’interno di una società divisa per
ordini, pertanto i tre poteri a cui il pensatore fa riferimento, prima ancora che
istituzioni dello Stato
(parlamento, governo, magistratura) sono il monarca, i nobili, il popolo. Nella sua
prospettiva quindi i tre poteri fanno riferimento ai tre soggetti fondamentali
dell’antico regime: l’esecutivo al sovrano, il legislativo alla nobiltà e il giudiziario al
popolo: un misto di monarchia, oligarchia e democrazia.
ROUSSEAU (uguaglianza)
Nel
“DISCORSO
SULL’ORIGINE
E
I
FONDAMENTI
DELL’INEGUAGLIANZA TRA GLI UOMINI” R. si oppose alla concezione
ottimistica della storia condivisa dalla maggior parte degli illuministi. Per R. la storia
non segna un progressivo incivilimento dell’uomo, ma è invece segnata dalla
decadenza e dalla corruzione. L’uomo si è allontanato da un originario stato di natura
dove tutti erano uguali e innocenti. Per ricostruire una società libera, giusta e uguale,
R. ritiene che l’unica via possibile sia quella di creare uno Stato democratico e
repubblicano.
Nel “Contratto sociale” R. afferma che contro la disuguaglianza e l’oppressione,
occorre stipulare un patto tra gli uomini dove ognuno rinunci alla sua illimitata libertà
per ricevere dagli altri la stessa rinuncia. Solo in questo modo la sovranità dello Stato
può diventare espressione della volontà generale. Un tale modello di società può
realizzarsi solo in uno Stato di piccole dimensioni governato da una democrazia
diretta (come le polis greche del passato).
KANT (la ragione)
Il filosofo tedesco sintetizzò la sua risposta alla domanda cos’è ill. nella frase
“SAPERE AUDE” (osa sapere). Con queste parole K. invitava l’uomo ad usare il
proprio intelletto in modo autonomo per uscire dallo stato di ignoranza in cui veniva
tenuto dalle autorità costituite.
Una delle principali caratteristiche dell’illuminismo è infatti il “razionalismo
progressista”: se l’uomo utilizza la ragione inevitabilmente la società progredisce.
Questo appello alla ragione conteneva un profondo ottimismo sulla capacità
dell’uomo di intervenire sulla storia. La storia per gli illuministi è caratterizzata da
due fattori: la vittoria della libertà sulla servitù e quella della ragione sulla
religione.
L’uomo deve avere il coraggio di servirsi della propria intelligenza, di diradare le
nebbie dell’ignoto, di rifiutare il principio di autorità e di andare avanti con le sue
sole forze. Rivolgersi ad “un’auctoritas “significa accettare una tesi come vera, non
per la sua evidenza, ma per l’autorità di cui gode chi l’ha formulata. E l’Illuminismo
non è più l’età della completa accettazione di principi imposti; è il periodo del
razionalismo, dello sviluppo scientifico e dell’“uscita dell’uomo dal suo stato di
minorità”.
La storia ci insegna come l’auctoritas abbia impedito l’invezione culturale.
La celebre incisione intitolata "Il sonno della ragione genera mostri" del pittore
Francisco Goya in cui è rappresentato un uomo addormentato e perseguitato da
terribili mostri cioè dalle menzogne della religione che solo la ragione può
sconfiggere, esprime, senza ombra di dubbio,un messaggio universale ed attuale.
Questo invito a scuotere le menti utilizzando la ragione per capire, conoscere e
riflettere, è un invito che ognuno di noi deve far proprio in un mondo sempre più
caratterizzato dall’intolleranza, dalla sopraffazione del più forte nei confronti del più
debole, dal controllo sociale dei mass media, dalla violenza e dalla morte. Goya
lasciò un segno indelebile, un grande insegnamento per le generazioni future.
EREDITÀ
Le moderne democrazie sono senza dubbio debitrici nei confronti degli ideali
dell’illuminismo.
A quest’epoca risalgono infatti, molte idee su cui si fonda la nostra convivenza
democratica, come la difesa dei diritti individuali, il concetto di uguaglianza sociale,
il riconoscimento delle libertà individuali. La nostra Costituzione, varata dopo la
dittatura fascista così come “la dichiarazione universale dei diritti umani” voluta
dall’ONU dopo la seconda guerra mondiale, costituiscono la più grande eredità che
l’ill. ha lasciato. Un esempio per tutti: La tolleranza religiosa che viene dagli
illuministi riconosciuta come un principio necessario per una pacifica convivenza fra
gli uomini, costituisce una riflessione di grande attualità se si considerano le odierne
guerre di religione e di civiltà.
C’è infine un altro importante aspetto da non dimenticare.
Con l’I. e con una maggiore circolazione delle idee attraverso i giornali o i centri
culturali, nacque l’opinione pubblica che era l’espressione di cittadini consapevole
dei loro diritti e doveri, dotati di coscienza civile e partecipi, anche soltanto come
spettatori, del dibattito politico.
IL pubblico dell’epoca era costituito da lettori di giornali e riviste, cioè da un elite di
cittadini illuminati, per lo più borghesi, consapevoli delle necessità di un
cambiamento sociale.
Oggi invece l’opinione pubblica si è allargata a fasce sempre più estese di
popolazione e rischia di essere manipolata e strumentalizzata dai mass media. Tutti
possono virtualmente esprimere e rendere pubbliche le proprie idee attraverso mezzi
di comunicazione (come la televisione o internet) sicuramente di maggior impatto
sull’opinione pubblica rispetto ai giornali o ai salotti di un tempo ma sicuramente
molto più subdoli rispetto a quelli di un tempo.
Questi sono oggi i “nuovi pericoli”
CONCLUSIONE
Un’ultima riflessione
Si comprende, studiando l’illuminismo, una verità che forse prima lasciava molto
perplessi: è possibile cambiare la storia con la sola forza degli ideali e ogni uomo può
adoperarsi per modificarne anche una piccola parte con le proprie singole azioni.
Ogni volta che si combatte per un ideale o per un’ingiustizia, si abbatte il muro
dell’oppressione e dell’ignoranza.
I TRE MODELLI P0LITICI ELABORATI DALL’ILLUMINISMO
DISPOTISMO
ILLUMINATO
Molti intellettuali
illuministi mettono sotto
accusa i privilegi della
nobiltà e del clero e
vedono nei sovrani lo
strumento per attuare le
riforme. Alcuni sovrani
concordarono con questa
linea di pensiero dato che
per limitare il potere
tradizionale
(Chiesa e aristocrazia),
attuarono una politica
volta a ridurre i privilegi
tradizionali. Essi attuarono
un potere dispotico
inneggiando ai valori della
libertà e dell’uguaglianza.
Di qui il termine
“dispotismo illuminato.
LIBERALISMO
DEMOCRATICO
Altri intellettuali
ritenevano invece che
l’esistenza di un potere
intermedio come quello
della nobiltà fosse
garanzia al potere
illimitato del sovrano che
avrebbe potuto
trasformarsi in despota
rinunciando così ai
principi illuministici.
ORDINAMENTO
REPUBBLICANO
Il principale esponente di
questa posizione è
ROUSSEAU che aspica
un modello di società in
cui la sovranità dello Stato
è espressione della volontà
generale ed è dunque
affidata al popolo. Egli
ritiene che tale modello sia
applicabili in Stati di
piccole dimensioni coma
le polis greche. Il suo
pensiero influenzerà la
rivoluzione francese.
Charles Louis de Secondat de Montesquieu
(La Brède 1689 - Parigi 1755)
Filosofo e sociologo francese. Membro dell'Acadèmie Francaise dal 1728, svolse una intensa
attività intellettuale, divenendo uno dei più popolari pensatori dell'Illuminismo francese. Nelle
Lettere persiane (1721), la sua prima importante opera, Montesquieu dipinge con tratti grotteschi
mentalità e istituzioni della civiltà francese ed europea a lui contemporanea. Fu il primo a
formulare la teoria, poi divenuta classica, della divisione dei poteri in esecutivo, legislativo e
giudiziario come garanzia di equilibrio istituzionale e di libertà nella sua opera più importante, Lo
spirito delle leggi (1748).
• Romanzo
epistolare
dello
scrittore
francese
Charles-Louis
de
Secondat de Montesquieu (1689-1755), pubblicato nel 1721 sotto la
falsa indicazione di Pierre Marteau a Colonia, in realtà ad Amsterdam.
Desideroso di conoscere il mondo, il persiano Usbek, grande signore di
Ispahan, parte con un amico, Rica, alla scoperta del mondo occidentale.
Durante il loro lungo viaggio scambiano con diversi amici delle lettere per
riferire loro le proprie impressioni sulla civiltà occidentale, sui costumi e sulla
vita quotidiana di Parigi e per ricevere notizie dalla Persia, in particolare
dall'harem di Usbek, a Ispahan, dove regna il disordine dopo la partenza del
signore. Un terzo personaggio, Rhèdi, risponde loro da Venezia. Usbek fa
dissertazioni sulla popolazione della terra, sui benefici della civilizzazione, sul
diritto delle genti, sullo spirito di tolleranza, sulla decadenza dell'impero turco,
sull'incomprensibilità della natura di Dio. Rica, a sua volta, descrive scene di
vita parigina: l'Oèpra e la Comèdie, le passeggiate lungo le vie fra una folla
variopinta, la curiosità dei parigini alla vista di questi stranieri, i capricci della
moda. Rica e Usbek fanno scorrere dinanzi a noi tutta la storia della Francia dal
1711 al 1720, durante il regno di Luigi XIV e contemporaneamente vivono una
storia d'amore e di morte. Le mogli di Usbek, abbandonate a se stesse
nell'harem, tradiscono il marito e quest'ultimo, prima di rientrare in tutta fretta
a Ispahan, ordina ai suoi eunuchi di uccidere le infedeli. Prima di avvelenarsi,
Roxane, la moglie più amata, confessa a Usbek il suo amore per un altro
uomo. Le Lettere persiane sono un piccolo capolavoro di umorismo, in cui
trovano il loro equilibrio diverse componenti come l'esotismo, l'erotismo e
l'elemento romanzesco, accanto a ben più profonde preoccupazioni
sociologiche e filosofiche. La componente esotica orientale, assai di moda
allora, serve a Montesquieu per nascondere il suo intento satirico, le sue
critiche alquanto ardite contro la società del tempo. Con uno sguardo nuovo,
divertito e a volte stupefatto, i due persiani osservano i costumi e le istituzioni
occidentali, giudicando a volte ridicole e assurde parecchie usanze a cui i
Francesi da lungo tempo si sono abituati. Sotto questa finzione epistolare
l'autore abilmente si attacca con ironia alle manie, ai pregiudizi e agli abusi,
traccia una serie di ritratti mordenti, non rispettando nessuno; fa il processo a
tutto il regime e soprattutto si volge con sdegno contro il potere monarchico
mutato in dispotico, contro l'abuso dei privilegi della nobiltà e del clero, contro
il potere clericale e papale. Risale all'origine delle società narrando una specie
di mito per provare come non sia possibile una vita sociale senza virtù morali:
è la storia dei Trogloditi, popolo immaginario, che si distrussero
abbandonandosi agli istinti naturali; solo due famiglie si salvarono e fondarono
un nuovo popolo, la cui prosperità risiedeva nelle virtù domestiche e militari e
nella religione. Montesquieu giudica amaramente la civiltà moderna, l'uso
cattivo cui gli uomini rivolgono le nuove scoperte delle scienze e della ragione
umana, rivelandosi uno spirito attento anche a fatti sociali nell'affrontare i
problemi dello spopolamento, della schiavitù, delle colonie. Egli segna con
questa opera la vittoria della nuova mentalità, l'inizio della "rivoluzione
sociologica" (R. Caillois), cioè la necessità di rendersi estraneo alla società in
cui si vive e di osservarla dal di fuori e come se la si vedesse per la prima
volta. Il procedimento di Montesquieu sarà sovente ripreso dai filosofi del XVIII
secolo (in particolare da Voltaire), aperti agli ideali di libertà, di tolleranza e di
giustizia.
(sitografia:http://www.parodos.it/)
II re di Francia e il papa sono due grandi maghi
Parigi è grande quanto Ispahan, e le case sono così alte che si direbbero tutte abitate da
astrologi. Capirai bene che una città costruita nell'aria, con sei o sette case l'una sull'altra,
è popolosissima, e che quando la gente è tutta nelle vie c'è una bella confusione [...]. Non
credere che per il momento io possa parlarti a fondo delle abitudini e dei costumi
europei: non ne ho che una pallida idea, ho avuto appena il tempo d'esserne stupefatto.
Il re di Francia è il principe più potente d'Europa. Non possiede miniere d'oro come il re
di Spagna suo vicino, ma ha più ricchezze di lui, perché le ricava dalla vanità dei suoi
sudditi, più inesauribile delle miniere. Gli si è visto intraprendere e sostenere grandi
guerre senza altri fondi che titoli d'onore da vendere, e per un prodigio dell'orgoglio
umano le sue truppe erano pagate, le sue piazzeforti munite, le sue flotte equipaggiate.
D'altronde questo re è un gran mago: esercita il suo impero anche sullo spirito dei suoi
sudditi, li fa pensare come vuole. Se nel suo tesoro c'è solo un milione di scudi, e gliene
occorrono due, gli basta persuaderli che uno scudo ne vale due, ed essi ci credono. Se
deve sostenere una guerra difficile, e non ha denaro, non deve far altro che metter loro in
testa che un pezzo di carta è denaro, ed essi ne sono tosto convinti. Arriva a far loro
credere che può guarirli di ogni male toccandoli, tanto grande è la forza e il potere che
ha sugli spiriti. Quanto ti dico di questo principe non deve stupirti: c'è un altro mago più
potente di lui, il quale domina sul suo spirito non meno di quanto egli domini su quello
degli altri. Questo mago, che si chiama papa, ora gli fa credere che tre è uguale ad uno,
che il pane che mangia non è pane, o che il vino non è vino, e mille altre cose del genere.
E per tenerlo sempre in esercizio e non fargli perdere l'abitudine di credere, di tanto in
tanto gli manda qualche articolo di fede. Due anni fa gli inviò un lungo scritto,
chiamato Costituzione [la bollaUnigenitis del 1713 che condannava il giansenismo] e
minacciando gravi pene volle obbligare questo re e i suoi sudditi a credere in tutto ciò
che vi era contenuto. La cosa gli riuscì nei confronti del sovrano, che si sottomise subito
dando l'esempio ai suoi sudditi, ma alcuni si rivoltarono e dissero che non volevano
credere a nulla di ciò che vi era scritto. Fautrici di questa rivolta, che divide la corte,
tutto il regno e le famiglie, sono state le donne. Questa Costituzione vieta loro di leggere
un libro che tutti i cristiani dicono venuto dal cielo: è come il loro Corano. Le donne,
indignate per l'oltraggio fatto al loro sesso, si sollevarono tutte contro la Costituzione; e
tirarono dalla loro parte gli uomini che in questa occasione non vogliono avere nessun
privilegio. Bisogna tuttavia riconoscere che questo mufti [esperto maomettano di
questioni giuridiche e religiose] non ragiona poi male, e, per il grande Alì, si crederebbe
che sia stato istruito nei principi della nostra santa legge. Infatti, poiché le donne sono di
una creazione inferiore alla nostra, e i nostri profeti dicono che non entreranno in
paradiso, perché dovrebbero impicciarsi di leggere un libro che è fatto per insegnare la
via del paradiso?
Sul re ho udito raccontare cose prodigiose, che stenterai a credere. Si dice che mentre
faceva guerra ai suoi vicini, che si erano uniti in lega contro di lui, era circondato nel suo
regno da innumerevoli nemici [i giansenisti]. Si aggiunge che li ha cercati per più di
trenta anni e non ne ha potuto trovare uno solo, malgrado lo zelo infaticabile di certi
dervisci [i gesuiti] che godono della sua fiducia. Quei nemici vivono con lui: sono alla
sua corte, nella sua capitale, nel suo esercito, nei suoi tribunali; e tuttavia si dice che avrà
il dolore di morire senza averli trovati. Si direbbe che esistono in generale, ma non come
individui: è un corpo che non ha membra. Senza dubbio il cielo vuole punire questo
principe di aver usato poca moderazione verso i nemici vinti, dal momento che gliene dà
di invisibili, e tali che il loro genio e destino sono al di sopra del suo.
Potrei continuare a scriverti, facendoti conoscere cose ben lontane dal carattere e dal
genio persiano. Una è la terra su cui viviamo entrambi, ma gli uomini del paese in cui mi
trovo e quelli del paese dove sei tu sono assai diversi. Parigi, il giorno 4 della luna di
Rebiab 2, 1712.
(Lettere persiane, trad. it. G. Alfieri Todaro-Faranda, Rizzoli, Milano 1952)
L’illuminismo in Italia
PIETRO VERRI
Il milanese Pietro Verri (1728-1797) fondò con il fratello Alessandro l'Accademia
dei Pugni (1761), la fucina dell'illuminismo lombardo, da cui nel 1764 uscì la rivista
"Il Caffè", intorno alla quale maturarono le riflessioni migliori del riformismo
illuminista in Italia.
La sua vastissima produzione è tutta improntata alla concezione illuministica della
cultura e del sapere, secondo cui l'attività intellettuale ha senso solo se guarda
all'"utile" contro i "pregiudizi", nella misura in cui sa promuovere un rinnovamento
morale, civile ed economico della società
. "Cose e non parole" è un motto del "Caffè": in questo senso l'illuminismo lombardo
si sgancia completamente da ogni residuo classicistico per tentare una cultura
impegnata nelle battaglie civili.
La testata aveva questo nome perché i redattori fingevano di riferire, sul giornale, le
conversazioni captate nella bottega di Demetrio, un caffettiere greco, trasferitasi a
Milano.
DA “IL CAFFÈ” (primo numero)
Cos’è questo «Caffè»? È un foglio di stampa che si pubblicherà ogni dieci
giorni. Cosa conterrà questo foglio di stampa? Cose varie, cose
disparatissime, cose inedite, cose fatte da diversi autori, cose tutte dirette
alla pubblica utilità. Va bene: ma con quale stile saranno eglino scritti
questi fogli? Con ogni stile, che non annoi. E sin a quando fate voi conto di
continuare quest’opera? Insin a tanto che avranno spaccio. Se il pubblico si
determina a leggerli, noi continueremo per un anno, e per più ancora, e in
fine d’ogni anno dei trentasei fogli se ne farà un tomo di mole discreta: se
poi il pubblico non li legge, la nostra fatica sarebbe inutile, perciò ci
fermeremo anche al quarto, anche al terzo foglio di stampa. Qual fine vi
ha fatto nascere un tal progetto? Il fine d’una aggradevole occupazione per
noi, il fine di far quel bene, che possiamo alla nostra patria, il fine di
spargere delle utili cognizioni fra i nostri cittadini, divertendoli, come già
altrove fecero e Steele, e Swift, e Addison, e Pope, ed altri. Ma perché
chiamate questi fogli «Il Caffè»? Ve lo dirò; ma andiamo a capo.
Un Greco originario di Citera, isoletta riposta fra la Morea e Candia, mal
soffrendo l’avvilimento e la schiavitù, in cui i Greci tutti vengon tenuti
dacché gli Ottomani hanno conquistata quella contrada, e conservando un
animo antico malgrado l’educazione e gli esempi, son già tre anni che si
risolvette d’abbandonare il suo paese: egli girò per diverse città
commercianti, da noi dette le scale del Levante; egli vide le coste del Mar
Rosso, e molto si trattenne in Mocha, dove cambiò parte delle sue merci in
caffè del più squisito che dare si possa al mondo; indi prese il partito di
stabilirsi in Italia, e da Livorno sen venne in Milano, dove son già tre mesi
che ha aperta una bottega addobbata con ricchezza ed eleganza somma. In
essa bottega primieramente si beve un caffè che merita il nome veramente
di caffè; caffè vero verissimo di Levante, e profumato col legno d’aloe, che
chiunque lo prova, quand’anche fosse l’uomo il più grave, l’uomo il più
plombeo della terra bisogna che per necessità si risvegli, e almeno per una
mezz’ora diventi uomo ragionevole. In essa bottega vi sono comodi sedili,
vi si respira un’aria sempre tepida e profumata che consola: la notte è
illuminata, cosicché brilla in ogni parte l’iride negli specchi e ne’ cristalli
sospesi intorno le pareti e in mezzo alla bottega; in essa bottega chi vuol
leggere trova sempre i fogli di novelle politiche, e quei di Colonia, e quei
di Sciaffusa, e quei di Lugano, e vari altri; in essa bottega chi vuol leggere
trova per suo uso e il Giornale Enciclopedico, e l’Estratto della Letteratura
Europea, e simili buone raccolte di novelle interessanti, le quali fanno che
gli uomini che in prima erano romani, fiorentini, genovesi, o lombardi, ora
sieno tutti presso a poco europei; in essa bottega v’è di più un buon
atlante, che decide le questioni che nascono nelle nuove politiche; in essa
bottega per fine si radunano alcuni uomini, altri ragionevoli, altri
irragionevoli, si discorre, si parla, si scherza, si sta sul serio; ed io, che per
naturale inclinazione parlo poco, mi son compiaciuto di registrare tutte le
scene interessanti che vi vedo accadere, e tutt’i discorsi che vi ascolto
degni da registrarsi; e siccome mi trovo d’averne già messi in ordine vari,
così li do alle stampe col titolo Il Caffè, poiché appunto son nati in una
bottega di caffè.
Riassunto schematico
Quando: periodico pubblicato ogni dieci giorni
Cosa: argomenti diversi utili per il pubblico
Come: ogni stile letterario, purché non annoi il pubblico
Fino a quando: fino a che il pubblico lo leggerà
Scopo: trovare una occupazione piacevole per i redattori
fare del bene per la patria diffondere informazioni utili e divertenti tra i
cittadini. (unire l’utile al dilettevole)
Cesare Beccaria (1738-1794), anche lui milanese, è uno dei grandi esponenti
dell'illuminismo italiano. Amico di Parini e dei fratelli Verri, con i quali partecipò
all'Accademia dei Pugni e al "Caffè", fu appassionato lettore dei principali pensatori
francesi del tempo (Montesquieu, d'Alembert, Diderot e, soprattutto, Rousseau).
Il suo trattato Dei delitti e delle pene (1764) è considerato l'espressione più originale
dell'illuminismo italiano.
In esso sviluppa una violenta polemica contro un sistema giudiziario irrazionale;
condanna la pena di morte e la tortura, considerati strumenti di uno Stato barbaro e
propone pene meno crudeli; soprattutto teorizza una forma di Stato razionale e laico
in cui sia salvaguardata la dignità dell'uomo: "Non vi è libertà ogni qual volta le leggi
permettono che in alcuni eventi l'uomo cessi di essere persona, e diventi cosa".
Secondo Beccaria la morte di un cittadino può essere utile soltanto quando egli, pur
rinchiuso in carcere, abbia tanto potere da costituire un pericolo per lo Stato, oppure
quando la sua morte possa costituire un esempio per altri a commettere lo stesso suo
delitto.
Ma :
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ESERCIZIO
Leggi il brano che segue e completa le righe sovrastanti
GIUSEPPE PARINI
Giuseppe Parini è stato un poeta e abate italiano. Membro dell'Accademia
dei Trasformati, fu uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo e
dell'Illuminismo in Italia.
Data di nascita: 23 maggio 1729, Bosisio
Data di morte: 15 agosto 1799, Milano
Ordinato, senza vocazione, prete (1754), accettò il programma dell'Illuminismo e
intese la poesia come forza educativa all'«utile», adottando spesso un rigoroso stile
neoclassico.
Attaccò il torpore morale dell'aristocrazia nel poemetto Il Giorno, suo capolavoro,
poemetto in endecasillabi sciolti; satiricamente didattico, in quanto il poeta,
utilizzando l’antifrase, finge di scrivere una specie di galateo per il «Giovin
Signore».
L’opera racconta in tono eroici e comici allo stesso tempo, la ridicola epopea di un
nobile rampollo alle prese con le sue abitudini quotidiane.
Nel testo c’è un frequente ricorso alla mitologia, che ha una funzione ironica in
quanto il “giovin signore” viene spesso paragonato ad una divinità, sciocca e vanesia,
della società contemporanea.
Ne risulta un quadro parlante della ridicola nobiltà italiana del Settecento, pomposa e
frivola, superba e vana, molle e oziosa.
Il poemetto si compone di 4 parti:
 Il mattino
 Il mezzogiorno
 Il vespro
 La notte
Le ultime due uscirono postume ed incompiute.
IL MATTINO
(da IL MATTINO)
1. Sorge il Mattino in compagnia dell’Alba
2. innanzi al Sol che di poi grande appare
3. su l’estremo orizzonte a render lieti
4. gli animali e le piante e i campi e l’onde.
5. Allora il buon villan sorge dal caro
6. letto cui la fedel moglie e i minori
7. suoi figlioletti intiepidìr la notte;
8. poi sul collo recando i sacri arnesi
9. che prima ritrovàr Cerere, e Pale
10. va col bue lento innanzi al campo, e scuote
11. lungo il picciol sentier da’ curvi rami
12. il rudagioso umor che, quasi gemma,
13. i nascenti del Sol raggi rifrange.
14. Allora sorge il Fabbro, e la sonante
15. officina riapre, e all’opre torna
16. l’altro dì non perfette, o se di chiave
17. ardua e ferrati ingegni all’inquieto
18. ricco l’arche assecura, o se d’argento
19. e d’oro incider vuol gioielli e vasi
20. per ornamento a nova sposa o a mense.
21. Ma che? Tu inorridisci, e mostri in capo,
22. qual istrice pungente, irti i capegli
23. al suon di mie parole? Ah non è questo,
24. Signore, il tuo mattin. Tu col cadente
25. Sol non sedesti a parca mensa, e al lume
26. dell’incerto crepuscolo non gisti
27. jeri a corcarti in male agiate piume,
28. come dannato è a far l’umile vulgo.
29. A voi, celeste prole, a voi, concilio
30. di Semidei terreni, altro concesse
31. Giove benigno: e con altr’arti e leggi
32. per novo calle a me convien guidarvi.
33. Tu tra le veglie e le canore scene
34. e il patetico gioco oltre piú assai
35. producesti la notte; e stanco alfine
36. in aureo cocchio , col fragor di calde
37. precipitose rote e il calpestio
38. di volanti corsier, lunge agitasti
39. il queto aere notturno; e le tenèbre
40. con fiaccole superbe intorno apristi,
41. siccome allor che il Siculo terreno
42. da l’uno a l’altro mar rimbombar feo
43. Pluto col carro, a cui splendeano innanzi
44. le tede de le Furie anguicrinite.
45. Così tornasti a la magion; ma quivi
46. a novi studj ti attendea la mensa
47. cui ricopríen pruriginosi cibi
48. e licor lieti di Francesi colli
49. o d’Ispani, o di Toschi, o l’Ongarese
50. bottiglia a cui di verde edera Bacco
51. concedette corona, e disse: Siedi
52. de le mense reina . Alfine il Sonno
53. ti sprimacciò le morbide coltríci
54. di propria mano, ove, te accolto, il fido
55. servo calò le seriche cortine:
56. e a te soavemente i lumi chiuse
57. il gallo che li suole aprire altrui.
PARAFRASI
1. Sorge il Mattino in compagnia dell’Alba prima
2. del Sole, che in seguito compare enorme
3. sull’estremo orizzonte e porta beatitudine
4. agli animali, alle piante, ai campi e alle onde.
5. Allora il buon contadino si alza dal caro letto
6. che la moglie fedele e i suoi figli hanno intiepidito
7. durante la notte; poi, portando in spalla i sacri
8. attrezzi che per prime scoprirono Cerere e Pale,
9. si dirige verso i campi spingendo avanti il bue
10. che procede lentamente, e lungo il piccolo
11. sentiero scuote dai rami ricurvi la rugiada che,
12. come fosse una pietra preziosa, riflette i raggi
13. del sole nascente. Allora si alza l’artigiano,
14. e riapre la rumorosa officina, e torna ai lavori
15. non terminati il giorno prima, sia se deve fare
16. chiavi complesse da eseguire e serrature
17. ferrate che assicurino i forzieri del ricco
18. tormentato, sia se vuole intagliare gioielli
19. e recipienti d’argento e d’oro, ornamento
20. per una novella sposa o per una tavola.
21. Ma come? Tu inorridisci e drizzi sul capo
22. i capelli come un istrice pungente,
23. al suono delle mie parole? Ah non è questo,
24. Signore, il tuo mattino. Tu col sole calante
25. al tramonto non ti sei seduto a consumare
26. una povera cena, e non andasti a coricarti
27. su uno scomodo giaciglio alla luce del fioco
28. crepuscolo, come è costretto a fare l’umile popolo.
29. A voi, prole di origine divina, a voi, adunanza
30. di Semidei in terra, altro concesse il benigno Giove:
31. e con principi e regole diverse è meglio
32. che vi conduca per una strada differente.
33. Hai protratto la notte fino a tardi tra le feste,
34. i melodrammi teatrali, i patetici giochi d’azzardo;
35. e infine, stanco, in una carrozza dorata,
36. con il frastuono di calde e veloci ruote
37. e lo scalpiccio di cavalli assai veloci,
38. hai turbato per lungo tratto la serena aura
39. della notte; e hai diradato le tenebre
40. con grandi torce, così come quando Plutone
41. fece rimbombare la terra di Sicilia
42. da una costa all’altra con il suo carro,
43. innanzi a cui splendevano le fiaccole
44. delle Furie con capelli di serpenti.
45. Così tornasti a casa; ma qui ti attendeva
46. con nuovi impegni la tavola,
47. che era ricoperta da cibi saporiti
48. e vini inebrianti dei colli francesi o di Spagna,
49. o di Toscana, o il Tokai ungherese
50. a cui Bacco concedette una corona
51. di verde edera, e disse: “Siediti, regina
52. delle mense”. Infine il Sonno in persona
53. ti rassettò i morbidi materassi, dove,
54. dopo che ti fosti coricato, il servo fedele
55. chiuse le tende di seta:
56. e a te dolcemente ha chiuso gli occhi
57. il gallo che di solito apre quelli degli altri.
MAPPA CONCETTUALE
Razionalismo
progressista
Divulgazione del
sapere
Discussione politica
Cosmopolitismo
ILLUMINISMO
materialismo
causa
Antistoricismo
deismo
Fondazione scienza economica
GLI ENCICLOPEDISTI:
RIVOLUZIONE
FRANCESE
RIVOLUZIONE
AMERICANA
RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE
Rousseau, Montesqieu,
Diderot e D'Alambert (e molti altri).