SECONDO QUADRIMESTRE MODULO 4 UNITÀ PRIMA L'ILLUMINISMO Per Illuminismo s'intende quel vasto movimento culturale, sviluppatosi nel '700, che predica l'assoluta fiducia nella ragione, in grado di illuminare le menti, contro le superstizioni e i pregiudizi delle religioni, della tradizione e di tutti quegli elementi sociali e culturali che limitano la libertà dell'uomo. Dunque dal terreno fertile del Rinascimento e dell'Umanesimo nasce una nuova filosofia e un nuovo modo di accostarsi al mondo destinato a cambiare radicalmente i destini della civiltà occidentale. Originario dell'Inghilterra, l'Illuminismo si diffonde e trova pieno sviluppo in Francia, dove nascono e divulgano le proprie teorie, Voltaire e Rousseau, i due massimi esponenti della filosofia illuminista, a cui si aggiungono Montesqieu (definitivo teorizzatore della divisione dei poteri), Quesney (precursore della scienza economica) e gli enciclpedisti Diderot e D'Alambert (e molti altri). Le principali caratteristiche dell'illuminismo si possono così riassumere: 1. Il razionalismo progressista, per cui la cultura non è più difesa della tradizione ma ricerca permanente di un progresso che serva a liberare l'uomo dai limiti dell'ignoranza grazie all'aiuto della regione illuminante; 2. Il cosmopolitismo, per cui il bisogno di libertà diventa universale e rende l'uomo cittadino del mondo, ovvero soggetto alle medesime istanze di giustizia e di libertà in ogni luogo, senza distinzione di razza, sesso, religione e classe sociale. Il nuovo protagonista della storia è quindi il borghese, né nobile né ecclesiastico, semplice cittadino del mondo: commerciante, artigiano ma anche letterato e uomo di Stato; 3. La divulgazione del sapere, ovvero il bisogno di rendere noti a tutti i progressi delle scienze e della cultura, per cui il sapere non è riservato come privilegio ad un'elitè chiusa ma è strumento di miglioramento per tutti gli uomini (si ricordi il monumentale progetto dell'Encyclopédie e la conseguente attenzione per le arti e per i mestieri produttivi che porterà progressivamente allo sviluppo dell'industria moderna); 4. L'antistoricismo. L'avversione per le religioni e in particolare per la religione cattolica, portò gli illuministi a revisionare la storia e a considerare il medioevo come periodo oscuro, epoca di soprusi e di ingiustizie, in cui la ragione era rimasta ottenebrata e l'uomo privato del bene supremo della libertà di pensiero. Questa critica portò gli storici illuministi a contrapporre la realtà dei fatti a ciò che sarebbe dovuto essere secondo ragione, escludendo così l'analisi delle cause interne e delle necessità di azione proprie dei diversi periodi storici; 5. Il Deismo, ovvero la teorizzazione di una religiosità raggiungibile mediante l'esclusivo uso della ragione e della coscienza morale, escludendo così l'adesione a qualsiasi tradizione religiosa; 6. Il materialismo, nella misura in cui si impone il bisogno di indagare e giustificare la realtà nei termini del solo approccio al mondo materiale: nella lotta contro ogni forma di religione e superstizione alcuni andarono oltre il deismo e predicarono un atteggiamento esclusivamente meccanicistico. La materia e suoi movimenti dovevano quindi bastare a spiegare ogni aspetto dell'esistenza, comprese le attività spirituali (si veda il materialismo di Hobbes). Il materialismo risente pesantemente dell'entusiasmo attorno alle attività della fisica di Galileo e di Newton, in grado di estrapolare leggi universali dalle osservazioni sperimentali; 7. La fondazione della scienza economica. L'illuminismo vede la nascita della scienza economica, ovvero lo studio organizzato delle leggi che regolano l'economia su grande scala. Francois Quesney (1694-1774) definisce le categorie economiche del tempo distinguendo tra agricoltura, industria e commercio: egli sostiene che solo l'agricoltura (classe produttiva) e in grado di produrre realmente ricchezza materiale, mentre industria e commercio (definite classi sterili) sarebbero solamente in grado di trasformare la materia prima. La sua dottrina prende il nome di fisiocrazia (=dominio della terra, della natura), in quanto presuppone che il prodotto economico realmente valido sia la sola materia prima agricola e non il lavoro. L'inglese Adam Smith (1723-1790) fu invece il grande teorizzatore del liberismo. Egli va aldilà della fisiocrazia e teorizza il lavoro e la divisione del lavoro come fonti di vera ricchezza, in aggiunta a quella agricola (di secondaria importanza). Per Smith il capitalismo è il migliore dei sistemi economici possibili, in quanto in grado di autoregolarsi e trovare un equilibrio attraverso il gioco della domanda e dell'offerta, per ottenere tale equilibrio occorre però che lo Stato non intervenga direttamente in campo economico ma si limiti tutt'al più a rimuovere gli ostacoli alla libera concorrenza. 8. La discussione politica. Naturalmente l'illuminismo vide molto accesa la discussione politica attorno ai temi della struttura statale ideale. In proposito si distinsero particolarmente Charles-Louise de Montesquieu e Charles-Louise de Montesquieu Jean-Jacque Rousseau. Montesquieu (1689-1755) vede il dispotismo come degenerazione del sistema politico, introduce il concetto che anche ambiente geografico e clima influenzino l'assetto giuridico di una nazione e teorizza definitivamente la divisione dei poteri in legislativo, esecutivo e giudiziario (si veda anche Locke). Rousseau (1712-1778) insiste invece sul fatto che ogni progresso dell'uomo non è altro che una forma di degenerazione di una primitiva e perfetta natura selvaggia, priva di ogni abiezione e immoralità ma portatrice di una genuina vitalità. La forma sociale migliore è il contratto sociale tra uomini che rinunciano tutti alla propria libertà individuale, vista come tendenza all'egoismo, in nome di una volontà generale giusta e al di sopra degli interessi individuali. L'illuminismo porterà quindi alla Rivoluzione industriale e ispirerà direttamente la Rivoluzione francese, incidendo profondamente sulla realtà del tempo e dando alla società occidentale una direzione filosofica nuova, fondata sul rispetto dei diritti civili universali, che persiste ancora oggi, pur tra mille difficoltà. (tratto da: http://digilander.libero.it/syntmentis/Filosofia/Illuminismo.html) “ILLUMINISMO” PRIMA Prima dell’I. la civiltà europea era caratterizzata da una sorta di immobilismo nei costumi e nella società. Il potere era concentrato nelle mani di un’aristocrazia ristretta e i rapporti sociali erano codificati dalla tradizione. Ciò che caratterizzava più nettamente la società dell’antico regime, era il non riconoscimento del principio dell’uguaglianza civile: gli uomini non erano sottoposti alla medesima legge e non godevano dei medesimi diritti. La legge sanciva formalmente i privilegi, tant’è che la società era divisa in ordini (il primo: clero -Il secondo: Nobiltà -Il terzo: terzo stato). La cultura dell’ancien regime era basata sul concetto di autorità: i due più grandi poteri, quello religioso e quello politico, esercitavano un forte controllo sulle coscienze in quanto ritenevano di essere depositari della verità assoluta. Il clima di intolleranza colpiva artisti (es. Goya, Caravaggio), scienziati (es. Galileo) uomini di cultura e di fede (es. Giordano Bruno) che tentavano di esprimere un pensiero autonomo. Lo Stato non riconosce alcun diritto e trova un saldo alleato nella Chiesa che non si fa scrupolo nell’utilizzare severi strumenti di controllo e di repressione (inquisizione). A causa del successo del DIALOGO SOPRA I MASSIMI SISTEMI, in poco tempo l’atteggiamento della Chiesa nei confronti di Galileo, mutò radicalmente. IL dialogo fu esaminato da una commissione pontificia che proibì la diffusione del libro. Nel 1633 Galileo, ormai anziano e ammalato, fu costretto a recarsi a Roma davanti al tribunale dell’inquisizione. Il processo si concluse con la condanna dello scienziato, costretto alla sottomissione e all’abiura, cioè al riconoscimento della falsità della propria convinzione riguardo alle tesi eliocentriche e a quella del moto della terra. IL Dialogo venne inserito nell’Indice dei libri proibiti. Con la celebre formula ‘Abiuro, maledico e detesto’ Galileo è costretto a rinnegare le proprie convinzioni di scienziato dichiarando che mai più si occuperà del moto della Terra, considerato ormai eresia. Tuttavia, pare che uscendo dal tribunale abbia detto " eppur si muove! ", riferito alla Terra. DOPO L’illuminismo segnò una rottura con il passato ed elaborò una nuova coscienza politica e culturale. Questo movimento culturale dichiarò un’assoluta fiducia nella ragione in grado di illuminare le menti contro le superstizioni e i pregiudizi della religione e contro tutti quegli elementi sociali e culturali che limitavano la libertà dell’uomo. Tale libertà venne intesa come diritto di ogni persona a manifestare il proprio pensiero e ad essere tutelata dalla legge. Lo Stato si deve fondare su un contratto tra il popolo ed il sovrano e la sovranità dello Stato deve essere espressione della cioè volontà generale della volontà del popolo (Rousseau). I PENSATORI VOLTAIRE (la libertà) Fu soprattutto un intellettuale anti-conformista, protagonista di una battaglia civile per il rinnovamento della società. Non per nulla le sue “lettere inglesi”, che esaltavano l’Inghilterra sia per la sua realtà culturale che politica, sono state definite la “prima bomba scagliata contro l’antico regime” L’obiettivo di V. era una società rispettosa delle libertà individuali, retta da uno Stato tollerante, ma capace di imporre il rispetto delle leggi, poiché la libertà consiste “nel non dipendere da null’altro che dalla legge”. Era necessaria una battaglia contro le ingiustizie dell’antico regime, da condurre con la forza della ragione, attraverso una mobilitazione dell’opinione pubblica che imponesse al potere le necessarie riforme. In quest’ottica la filosofia non serviva a definire una ideologia, ma a risolvere problemi concreti. MONTESQUIEU (separazione dei poteri) “Lo spirito delle leggi” fu uno dei testi illuministici che esercitarono un’importante influenza in tutta l’Europa. Alcuni sovrani si fecero ritrarre con in mano il volume di M. proprio per testimoniare la loro volontà di intraprendere, nei loro paesi, riforme illuminate. In particolare la teoria della divisione dei tre poteri- legislativo, esecutivo, giudiziario – è stata considerata uno dei presupposti delle moderne democrazie. Occorre però ricordare che M. si muove ancora all’interno di una società divisa per ordini, pertanto i tre poteri a cui il pensatore fa riferimento, prima ancora che istituzioni dello Stato (parlamento, governo, magistratura) sono il monarca, i nobili, il popolo. Nella sua prospettiva quindi i tre poteri fanno riferimento ai tre soggetti fondamentali dell’antico regime: l’esecutivo al sovrano, il legislativo alla nobiltà e il giudiziario al popolo: un misto di monarchia, oligarchia e democrazia. ROUSSEAU (uguaglianza) Nel “DISCORSO SULL’ORIGINE E I FONDAMENTI DELL’INEGUAGLIANZA TRA GLI UOMINI” R. si oppose alla concezione ottimistica della storia condivisa dalla maggior parte degli illuministi. Per R. la storia non segna un progressivo incivilimento dell’uomo, ma è invece segnata dalla decadenza e dalla corruzione. L’uomo si è allontanato da un originario stato di natura dove tutti erano uguali e innocenti. Per ricostruire una società libera, giusta e uguale, R. ritiene che l’unica via possibile sia quella di creare uno Stato democratico e repubblicano. Nel “Contratto sociale” R. afferma che contro la disuguaglianza e l’oppressione, occorre stipulare un patto tra gli uomini dove ognuno rinunci alla sua illimitata libertà per ricevere dagli altri la stessa rinuncia. Solo in questo modo la sovranità dello Stato può diventare espressione della volontà generale. Un tale modello di società può realizzarsi solo in uno Stato di piccole dimensioni governato da una democrazia diretta (come le polis greche del passato). KANT (la ragione) Il filosofo tedesco sintetizzò la sua risposta alla domanda cos’è ill. nella frase “SAPERE AUDE” (osa sapere). Con queste parole K. invitava l’uomo ad usare il proprio intelletto in modo autonomo per uscire dallo stato di ignoranza in cui veniva tenuto dalle autorità costituite. Una delle principali caratteristiche dell’illuminismo è infatti il “razionalismo progressista”: se l’uomo utilizza la ragione inevitabilmente la società progredisce. Questo appello alla ragione conteneva un profondo ottimismo sulla capacità dell’uomo di intervenire sulla storia. La storia per gli illuministi è caratterizzata da due fattori: la vittoria della libertà sulla servitù e quella della ragione sulla religione. L’uomo deve avere il coraggio di servirsi della propria intelligenza, di diradare le nebbie dell’ignoto, di rifiutare il principio di autorità e di andare avanti con le sue sole forze. Rivolgersi ad “un’auctoritas “significa accettare una tesi come vera, non per la sua evidenza, ma per l’autorità di cui gode chi l’ha formulata. E l’Illuminismo non è più l’età della completa accettazione di principi imposti; è il periodo del razionalismo, dello sviluppo scientifico e dell’“uscita dell’uomo dal suo stato di minorità”. La storia ci insegna come l’auctoritas abbia impedito l’invezione culturale. La celebre incisione intitolata "Il sonno della ragione genera mostri" del pittore Francisco Goya in cui è rappresentato un uomo addormentato e perseguitato da terribili mostri cioè dalle menzogne della religione che solo la ragione può sconfiggere, esprime, senza ombra di dubbio,un messaggio universale ed attuale. Questo invito a scuotere le menti utilizzando la ragione per capire, conoscere e riflettere, è un invito che ognuno di noi deve far proprio in un mondo sempre più caratterizzato dall’intolleranza, dalla sopraffazione del più forte nei confronti del più debole, dal controllo sociale dei mass media, dalla violenza e dalla morte. Goya lasciò un segno indelebile, un grande insegnamento per le generazioni future. EREDITÀ Le moderne democrazie sono senza dubbio debitrici nei confronti degli ideali dell’illuminismo. A quest’epoca risalgono infatti, molte idee su cui si fonda la nostra convivenza democratica, come la difesa dei diritti individuali, il concetto di uguaglianza sociale, il riconoscimento delle libertà individuali. La nostra Costituzione, varata dopo la dittatura fascista così come “la dichiarazione universale dei diritti umani” voluta dall’ONU dopo la seconda guerra mondiale, costituiscono la più grande eredità che l’ill. ha lasciato. Un esempio per tutti: La tolleranza religiosa che viene dagli illuministi riconosciuta come un principio necessario per una pacifica convivenza fra gli uomini, costituisce una riflessione di grande attualità se si considerano le odierne guerre di religione e di civiltà. C’è infine un altro importante aspetto da non dimenticare. Con l’I. e con una maggiore circolazione delle idee attraverso i giornali o i centri culturali, nacque l’opinione pubblica che era l’espressione di cittadini consapevole dei loro diritti e doveri, dotati di coscienza civile e partecipi, anche soltanto come spettatori, del dibattito politico. IL pubblico dell’epoca era costituito da lettori di giornali e riviste, cioè da un elite di cittadini illuminati, per lo più borghesi, consapevoli delle necessità di un cambiamento sociale. Oggi invece l’opinione pubblica si è allargata a fasce sempre più estese di popolazione e rischia di essere manipolata e strumentalizzata dai mass media. Tutti possono virtualmente esprimere e rendere pubbliche le proprie idee attraverso mezzi di comunicazione (come la televisione o internet) sicuramente di maggior impatto sull’opinione pubblica rispetto ai giornali o ai salotti di un tempo ma sicuramente molto più subdoli rispetto a quelli di un tempo. Questi sono oggi i “nuovi pericoli” CONCLUSIONE Un’ultima riflessione Si comprende, studiando l’illuminismo, una verità che forse prima lasciava molto perplessi: è possibile cambiare la storia con la sola forza degli ideali e ogni uomo può adoperarsi per modificarne anche una piccola parte con le proprie singole azioni. Ogni volta che si combatte per un ideale o per un’ingiustizia, si abbatte il muro dell’oppressione e dell’ignoranza. I TRE MODELLI P0LITICI ELABORATI DALL’ILLUMINISMO DISPOTISMO ILLUMINATO Molti intellettuali illuministi mettono sotto accusa i privilegi della nobiltà e del clero e vedono nei sovrani lo strumento per attuare le riforme. Alcuni sovrani concordarono con questa linea di pensiero dato che per limitare il potere tradizionale (Chiesa e aristocrazia), attuarono una politica volta a ridurre i privilegi tradizionali. Essi attuarono un potere dispotico inneggiando ai valori della libertà e dell’uguaglianza. Di qui il termine “dispotismo illuminato. LIBERALISMO DEMOCRATICO Altri intellettuali ritenevano invece che l’esistenza di un potere intermedio come quello della nobiltà fosse garanzia al potere illimitato del sovrano che avrebbe potuto trasformarsi in despota rinunciando così ai principi illuministici. ORDINAMENTO REPUBBLICANO Il principale esponente di questa posizione è ROUSSEAU che aspica un modello di società in cui la sovranità dello Stato è espressione della volontà generale ed è dunque affidata al popolo. Egli ritiene che tale modello sia applicabili in Stati di piccole dimensioni coma le polis greche. Il suo pensiero influenzerà la rivoluzione francese. Charles Louis de Secondat de Montesquieu (La Brède 1689 - Parigi 1755) Filosofo e sociologo francese. Membro dell'Acadèmie Francaise dal 1728, svolse una intensa attività intellettuale, divenendo uno dei più popolari pensatori dell'Illuminismo francese. Nelle Lettere persiane (1721), la sua prima importante opera, Montesquieu dipinge con tratti grotteschi mentalità e istituzioni della civiltà francese ed europea a lui contemporanea. Fu il primo a formulare la teoria, poi divenuta classica, della divisione dei poteri in esecutivo, legislativo e giudiziario come garanzia di equilibrio istituzionale e di libertà nella sua opera più importante, Lo spirito delle leggi (1748). • Romanzo epistolare dello scrittore francese Charles-Louis de Secondat de Montesquieu (1689-1755), pubblicato nel 1721 sotto la falsa indicazione di Pierre Marteau a Colonia, in realtà ad Amsterdam. Desideroso di conoscere il mondo, il persiano Usbek, grande signore di Ispahan, parte con un amico, Rica, alla scoperta del mondo occidentale. Durante il loro lungo viaggio scambiano con diversi amici delle lettere per riferire loro le proprie impressioni sulla civiltà occidentale, sui costumi e sulla vita quotidiana di Parigi e per ricevere notizie dalla Persia, in particolare dall'harem di Usbek, a Ispahan, dove regna il disordine dopo la partenza del signore. Un terzo personaggio, Rhèdi, risponde loro da Venezia. Usbek fa dissertazioni sulla popolazione della terra, sui benefici della civilizzazione, sul diritto delle genti, sullo spirito di tolleranza, sulla decadenza dell'impero turco, sull'incomprensibilità della natura di Dio. Rica, a sua volta, descrive scene di vita parigina: l'Oèpra e la Comèdie, le passeggiate lungo le vie fra una folla variopinta, la curiosità dei parigini alla vista di questi stranieri, i capricci della moda. Rica e Usbek fanno scorrere dinanzi a noi tutta la storia della Francia dal 1711 al 1720, durante il regno di Luigi XIV e contemporaneamente vivono una storia d'amore e di morte. Le mogli di Usbek, abbandonate a se stesse nell'harem, tradiscono il marito e quest'ultimo, prima di rientrare in tutta fretta a Ispahan, ordina ai suoi eunuchi di uccidere le infedeli. Prima di avvelenarsi, Roxane, la moglie più amata, confessa a Usbek il suo amore per un altro uomo. Le Lettere persiane sono un piccolo capolavoro di umorismo, in cui trovano il loro equilibrio diverse componenti come l'esotismo, l'erotismo e l'elemento romanzesco, accanto a ben più profonde preoccupazioni sociologiche e filosofiche. La componente esotica orientale, assai di moda allora, serve a Montesquieu per nascondere il suo intento satirico, le sue critiche alquanto ardite contro la società del tempo. Con uno sguardo nuovo, divertito e a volte stupefatto, i due persiani osservano i costumi e le istituzioni occidentali, giudicando a volte ridicole e assurde parecchie usanze a cui i Francesi da lungo tempo si sono abituati. Sotto questa finzione epistolare l'autore abilmente si attacca con ironia alle manie, ai pregiudizi e agli abusi, traccia una serie di ritratti mordenti, non rispettando nessuno; fa il processo a tutto il regime e soprattutto si volge con sdegno contro il potere monarchico mutato in dispotico, contro l'abuso dei privilegi della nobiltà e del clero, contro il potere clericale e papale. Risale all'origine delle società narrando una specie di mito per provare come non sia possibile una vita sociale senza virtù morali: è la storia dei Trogloditi, popolo immaginario, che si distrussero abbandonandosi agli istinti naturali; solo due famiglie si salvarono e fondarono un nuovo popolo, la cui prosperità risiedeva nelle virtù domestiche e militari e nella religione. Montesquieu giudica amaramente la civiltà moderna, l'uso cattivo cui gli uomini rivolgono le nuove scoperte delle scienze e della ragione umana, rivelandosi uno spirito attento anche a fatti sociali nell'affrontare i problemi dello spopolamento, della schiavitù, delle colonie. Egli segna con questa opera la vittoria della nuova mentalità, l'inizio della "rivoluzione sociologica" (R. Caillois), cioè la necessità di rendersi estraneo alla società in cui si vive e di osservarla dal di fuori e come se la si vedesse per la prima volta. Il procedimento di Montesquieu sarà sovente ripreso dai filosofi del XVIII secolo (in particolare da Voltaire), aperti agli ideali di libertà, di tolleranza e di giustizia. (sitografia:http://www.parodos.it/) II re di Francia e il papa sono due grandi maghi Parigi è grande quanto Ispahan, e le case sono così alte che si direbbero tutte abitate da astrologi. Capirai bene che una città costruita nell'aria, con sei o sette case l'una sull'altra, è popolosissima, e che quando la gente è tutta nelle vie c'è una bella confusione [...]. Non credere che per il momento io possa parlarti a fondo delle abitudini e dei costumi europei: non ne ho che una pallida idea, ho avuto appena il tempo d'esserne stupefatto. Il re di Francia è il principe più potente d'Europa. Non possiede miniere d'oro come il re di Spagna suo vicino, ma ha più ricchezze di lui, perché le ricava dalla vanità dei suoi sudditi, più inesauribile delle miniere. Gli si è visto intraprendere e sostenere grandi guerre senza altri fondi che titoli d'onore da vendere, e per un prodigio dell'orgoglio umano le sue truppe erano pagate, le sue piazzeforti munite, le sue flotte equipaggiate. D'altronde questo re è un gran mago: esercita il suo impero anche sullo spirito dei suoi sudditi, li fa pensare come vuole. Se nel suo tesoro c'è solo un milione di scudi, e gliene occorrono due, gli basta persuaderli che uno scudo ne vale due, ed essi ci credono. Se deve sostenere una guerra difficile, e non ha denaro, non deve far altro che metter loro in testa che un pezzo di carta è denaro, ed essi ne sono tosto convinti. Arriva a far loro credere che può guarirli di ogni male toccandoli, tanto grande è la forza e il potere che ha sugli spiriti. Quanto ti dico di questo principe non deve stupirti: c'è un altro mago più potente di lui, il quale domina sul suo spirito non meno di quanto egli domini su quello degli altri. Questo mago, che si chiama papa, ora gli fa credere che tre è uguale ad uno, che il pane che mangia non è pane, o che il vino non è vino, e mille altre cose del genere. E per tenerlo sempre in esercizio e non fargli perdere l'abitudine di credere, di tanto in tanto gli manda qualche articolo di fede. Due anni fa gli inviò un lungo scritto, chiamato Costituzione [la bollaUnigenitis del 1713 che condannava il giansenismo] e minacciando gravi pene volle obbligare questo re e i suoi sudditi a credere in tutto ciò che vi era contenuto. La cosa gli riuscì nei confronti del sovrano, che si sottomise subito dando l'esempio ai suoi sudditi, ma alcuni si rivoltarono e dissero che non volevano credere a nulla di ciò che vi era scritto. Fautrici di questa rivolta, che divide la corte, tutto il regno e le famiglie, sono state le donne. Questa Costituzione vieta loro di leggere un libro che tutti i cristiani dicono venuto dal cielo: è come il loro Corano. Le donne, indignate per l'oltraggio fatto al loro sesso, si sollevarono tutte contro la Costituzione; e tirarono dalla loro parte gli uomini che in questa occasione non vogliono avere nessun privilegio. Bisogna tuttavia riconoscere che questo mufti [esperto maomettano di questioni giuridiche e religiose] non ragiona poi male, e, per il grande Alì, si crederebbe che sia stato istruito nei principi della nostra santa legge. Infatti, poiché le donne sono di una creazione inferiore alla nostra, e i nostri profeti dicono che non entreranno in paradiso, perché dovrebbero impicciarsi di leggere un libro che è fatto per insegnare la via del paradiso? Sul re ho udito raccontare cose prodigiose, che stenterai a credere. Si dice che mentre faceva guerra ai suoi vicini, che si erano uniti in lega contro di lui, era circondato nel suo regno da innumerevoli nemici [i giansenisti]. Si aggiunge che li ha cercati per più di trenta anni e non ne ha potuto trovare uno solo, malgrado lo zelo infaticabile di certi dervisci [i gesuiti] che godono della sua fiducia. Quei nemici vivono con lui: sono alla sua corte, nella sua capitale, nel suo esercito, nei suoi tribunali; e tuttavia si dice che avrà il dolore di morire senza averli trovati. Si direbbe che esistono in generale, ma non come individui: è un corpo che non ha membra. Senza dubbio il cielo vuole punire questo principe di aver usato poca moderazione verso i nemici vinti, dal momento che gliene dà di invisibili, e tali che il loro genio e destino sono al di sopra del suo. Potrei continuare a scriverti, facendoti conoscere cose ben lontane dal carattere e dal genio persiano. Una è la terra su cui viviamo entrambi, ma gli uomini del paese in cui mi trovo e quelli del paese dove sei tu sono assai diversi. Parigi, il giorno 4 della luna di Rebiab 2, 1712. (Lettere persiane, trad. it. G. Alfieri Todaro-Faranda, Rizzoli, Milano 1952) L’illuminismo in Italia PIETRO VERRI Il milanese Pietro Verri (1728-1797) fondò con il fratello Alessandro l'Accademia dei Pugni (1761), la fucina dell'illuminismo lombardo, da cui nel 1764 uscì la rivista "Il Caffè", intorno alla quale maturarono le riflessioni migliori del riformismo illuminista in Italia. La sua vastissima produzione è tutta improntata alla concezione illuministica della cultura e del sapere, secondo cui l'attività intellettuale ha senso solo se guarda all'"utile" contro i "pregiudizi", nella misura in cui sa promuovere un rinnovamento morale, civile ed economico della società . "Cose e non parole" è un motto del "Caffè": in questo senso l'illuminismo lombardo si sgancia completamente da ogni residuo classicistico per tentare una cultura impegnata nelle battaglie civili. La testata aveva questo nome perché i redattori fingevano di riferire, sul giornale, le conversazioni captate nella bottega di Demetrio, un caffettiere greco, trasferitasi a Milano. DA “IL CAFFÈ” (primo numero) Cos’è questo «Caffè»? È un foglio di stampa che si pubblicherà ogni dieci giorni. Cosa conterrà questo foglio di stampa? Cose varie, cose disparatissime, cose inedite, cose fatte da diversi autori, cose tutte dirette alla pubblica utilità. Va bene: ma con quale stile saranno eglino scritti questi fogli? Con ogni stile, che non annoi. E sin a quando fate voi conto di continuare quest’opera? Insin a tanto che avranno spaccio. Se il pubblico si determina a leggerli, noi continueremo per un anno, e per più ancora, e in fine d’ogni anno dei trentasei fogli se ne farà un tomo di mole discreta: se poi il pubblico non li legge, la nostra fatica sarebbe inutile, perciò ci fermeremo anche al quarto, anche al terzo foglio di stampa. Qual fine vi ha fatto nascere un tal progetto? Il fine d’una aggradevole occupazione per noi, il fine di far quel bene, che possiamo alla nostra patria, il fine di spargere delle utili cognizioni fra i nostri cittadini, divertendoli, come già altrove fecero e Steele, e Swift, e Addison, e Pope, ed altri. Ma perché chiamate questi fogli «Il Caffè»? Ve lo dirò; ma andiamo a capo. Un Greco originario di Citera, isoletta riposta fra la Morea e Candia, mal soffrendo l’avvilimento e la schiavitù, in cui i Greci tutti vengon tenuti dacché gli Ottomani hanno conquistata quella contrada, e conservando un animo antico malgrado l’educazione e gli esempi, son già tre anni che si risolvette d’abbandonare il suo paese: egli girò per diverse città commercianti, da noi dette le scale del Levante; egli vide le coste del Mar Rosso, e molto si trattenne in Mocha, dove cambiò parte delle sue merci in caffè del più squisito che dare si possa al mondo; indi prese il partito di stabilirsi in Italia, e da Livorno sen venne in Milano, dove son già tre mesi che ha aperta una bottega addobbata con ricchezza ed eleganza somma. In essa bottega primieramente si beve un caffè che merita il nome veramente di caffè; caffè vero verissimo di Levante, e profumato col legno d’aloe, che chiunque lo prova, quand’anche fosse l’uomo il più grave, l’uomo il più plombeo della terra bisogna che per necessità si risvegli, e almeno per una mezz’ora diventi uomo ragionevole. In essa bottega vi sono comodi sedili, vi si respira un’aria sempre tepida e profumata che consola: la notte è illuminata, cosicché brilla in ogni parte l’iride negli specchi e ne’ cristalli sospesi intorno le pareti e in mezzo alla bottega; in essa bottega chi vuol leggere trova sempre i fogli di novelle politiche, e quei di Colonia, e quei di Sciaffusa, e quei di Lugano, e vari altri; in essa bottega chi vuol leggere trova per suo uso e il Giornale Enciclopedico, e l’Estratto della Letteratura Europea, e simili buone raccolte di novelle interessanti, le quali fanno che gli uomini che in prima erano romani, fiorentini, genovesi, o lombardi, ora sieno tutti presso a poco europei; in essa bottega v’è di più un buon atlante, che decide le questioni che nascono nelle nuove politiche; in essa bottega per fine si radunano alcuni uomini, altri ragionevoli, altri irragionevoli, si discorre, si parla, si scherza, si sta sul serio; ed io, che per naturale inclinazione parlo poco, mi son compiaciuto di registrare tutte le scene interessanti che vi vedo accadere, e tutt’i discorsi che vi ascolto degni da registrarsi; e siccome mi trovo d’averne già messi in ordine vari, così li do alle stampe col titolo Il Caffè, poiché appunto son nati in una bottega di caffè. Riassunto schematico Quando: periodico pubblicato ogni dieci giorni Cosa: argomenti diversi utili per il pubblico Come: ogni stile letterario, purché non annoi il pubblico Fino a quando: fino a che il pubblico lo leggerà Scopo: trovare una occupazione piacevole per i redattori fare del bene per la patria diffondere informazioni utili e divertenti tra i cittadini. (unire l’utile al dilettevole) Cesare Beccaria (1738-1794), anche lui milanese, è uno dei grandi esponenti dell'illuminismo italiano. Amico di Parini e dei fratelli Verri, con i quali partecipò all'Accademia dei Pugni e al "Caffè", fu appassionato lettore dei principali pensatori francesi del tempo (Montesquieu, d'Alembert, Diderot e, soprattutto, Rousseau). Il suo trattato Dei delitti e delle pene (1764) è considerato l'espressione più originale dell'illuminismo italiano. In esso sviluppa una violenta polemica contro un sistema giudiziario irrazionale; condanna la pena di morte e la tortura, considerati strumenti di uno Stato barbaro e propone pene meno crudeli; soprattutto teorizza una forma di Stato razionale e laico in cui sia salvaguardata la dignità dell'uomo: "Non vi è libertà ogni qual volta le leggi permettono che in alcuni eventi l'uomo cessi di essere persona, e diventi cosa". Secondo Beccaria la morte di un cittadino può essere utile soltanto quando egli, pur rinchiuso in carcere, abbia tanto potere da costituire un pericolo per lo Stato, oppure quando la sua morte possa costituire un esempio per altri a commettere lo stesso suo delitto. Ma : 1. _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ 2. _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ 3. _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ 4. _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ 5. _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ ESERCIZIO Leggi il brano che segue e completa le righe sovrastanti GIUSEPPE PARINI Giuseppe Parini è stato un poeta e abate italiano. Membro dell'Accademia dei Trasformati, fu uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo e dell'Illuminismo in Italia. Data di nascita: 23 maggio 1729, Bosisio Data di morte: 15 agosto 1799, Milano Ordinato, senza vocazione, prete (1754), accettò il programma dell'Illuminismo e intese la poesia come forza educativa all'«utile», adottando spesso un rigoroso stile neoclassico. Attaccò il torpore morale dell'aristocrazia nel poemetto Il Giorno, suo capolavoro, poemetto in endecasillabi sciolti; satiricamente didattico, in quanto il poeta, utilizzando l’antifrase, finge di scrivere una specie di galateo per il «Giovin Signore». L’opera racconta in tono eroici e comici allo stesso tempo, la ridicola epopea di un nobile rampollo alle prese con le sue abitudini quotidiane. Nel testo c’è un frequente ricorso alla mitologia, che ha una funzione ironica in quanto il “giovin signore” viene spesso paragonato ad una divinità, sciocca e vanesia, della società contemporanea. Ne risulta un quadro parlante della ridicola nobiltà italiana del Settecento, pomposa e frivola, superba e vana, molle e oziosa. Il poemetto si compone di 4 parti: Il mattino Il mezzogiorno Il vespro La notte Le ultime due uscirono postume ed incompiute. IL MATTINO (da IL MATTINO) 1. Sorge il Mattino in compagnia dell’Alba 2. innanzi al Sol che di poi grande appare 3. su l’estremo orizzonte a render lieti 4. gli animali e le piante e i campi e l’onde. 5. Allora il buon villan sorge dal caro 6. letto cui la fedel moglie e i minori 7. suoi figlioletti intiepidìr la notte; 8. poi sul collo recando i sacri arnesi 9. che prima ritrovàr Cerere, e Pale 10. va col bue lento innanzi al campo, e scuote 11. lungo il picciol sentier da’ curvi rami 12. il rudagioso umor che, quasi gemma, 13. i nascenti del Sol raggi rifrange. 14. Allora sorge il Fabbro, e la sonante 15. officina riapre, e all’opre torna 16. l’altro dì non perfette, o se di chiave 17. ardua e ferrati ingegni all’inquieto 18. ricco l’arche assecura, o se d’argento 19. e d’oro incider vuol gioielli e vasi 20. per ornamento a nova sposa o a mense. 21. Ma che? Tu inorridisci, e mostri in capo, 22. qual istrice pungente, irti i capegli 23. al suon di mie parole? Ah non è questo, 24. Signore, il tuo mattin. Tu col cadente 25. Sol non sedesti a parca mensa, e al lume 26. dell’incerto crepuscolo non gisti 27. jeri a corcarti in male agiate piume, 28. come dannato è a far l’umile vulgo. 29. A voi, celeste prole, a voi, concilio 30. di Semidei terreni, altro concesse 31. Giove benigno: e con altr’arti e leggi 32. per novo calle a me convien guidarvi. 33. Tu tra le veglie e le canore scene 34. e il patetico gioco oltre piú assai 35. producesti la notte; e stanco alfine 36. in aureo cocchio , col fragor di calde 37. precipitose rote e il calpestio 38. di volanti corsier, lunge agitasti 39. il queto aere notturno; e le tenèbre 40. con fiaccole superbe intorno apristi, 41. siccome allor che il Siculo terreno 42. da l’uno a l’altro mar rimbombar feo 43. Pluto col carro, a cui splendeano innanzi 44. le tede de le Furie anguicrinite. 45. Così tornasti a la magion; ma quivi 46. a novi studj ti attendea la mensa 47. cui ricopríen pruriginosi cibi 48. e licor lieti di Francesi colli 49. o d’Ispani, o di Toschi, o l’Ongarese 50. bottiglia a cui di verde edera Bacco 51. concedette corona, e disse: Siedi 52. de le mense reina . Alfine il Sonno 53. ti sprimacciò le morbide coltríci 54. di propria mano, ove, te accolto, il fido 55. servo calò le seriche cortine: 56. e a te soavemente i lumi chiuse 57. il gallo che li suole aprire altrui. PARAFRASI 1. Sorge il Mattino in compagnia dell’Alba prima 2. del Sole, che in seguito compare enorme 3. sull’estremo orizzonte e porta beatitudine 4. agli animali, alle piante, ai campi e alle onde. 5. Allora il buon contadino si alza dal caro letto 6. che la moglie fedele e i suoi figli hanno intiepidito 7. durante la notte; poi, portando in spalla i sacri 8. attrezzi che per prime scoprirono Cerere e Pale, 9. si dirige verso i campi spingendo avanti il bue 10. che procede lentamente, e lungo il piccolo 11. sentiero scuote dai rami ricurvi la rugiada che, 12. come fosse una pietra preziosa, riflette i raggi 13. del sole nascente. Allora si alza l’artigiano, 14. e riapre la rumorosa officina, e torna ai lavori 15. non terminati il giorno prima, sia se deve fare 16. chiavi complesse da eseguire e serrature 17. ferrate che assicurino i forzieri del ricco 18. tormentato, sia se vuole intagliare gioielli 19. e recipienti d’argento e d’oro, ornamento 20. per una novella sposa o per una tavola. 21. Ma come? Tu inorridisci e drizzi sul capo 22. i capelli come un istrice pungente, 23. al suono delle mie parole? Ah non è questo, 24. Signore, il tuo mattino. Tu col sole calante 25. al tramonto non ti sei seduto a consumare 26. una povera cena, e non andasti a coricarti 27. su uno scomodo giaciglio alla luce del fioco 28. crepuscolo, come è costretto a fare l’umile popolo. 29. A voi, prole di origine divina, a voi, adunanza 30. di Semidei in terra, altro concesse il benigno Giove: 31. e con principi e regole diverse è meglio 32. che vi conduca per una strada differente. 33. Hai protratto la notte fino a tardi tra le feste, 34. i melodrammi teatrali, i patetici giochi d’azzardo; 35. e infine, stanco, in una carrozza dorata, 36. con il frastuono di calde e veloci ruote 37. e lo scalpiccio di cavalli assai veloci, 38. hai turbato per lungo tratto la serena aura 39. della notte; e hai diradato le tenebre 40. con grandi torce, così come quando Plutone 41. fece rimbombare la terra di Sicilia 42. da una costa all’altra con il suo carro, 43. innanzi a cui splendevano le fiaccole 44. delle Furie con capelli di serpenti. 45. Così tornasti a casa; ma qui ti attendeva 46. con nuovi impegni la tavola, 47. che era ricoperta da cibi saporiti 48. e vini inebrianti dei colli francesi o di Spagna, 49. o di Toscana, o il Tokai ungherese 50. a cui Bacco concedette una corona 51. di verde edera, e disse: “Siediti, regina 52. delle mense”. Infine il Sonno in persona 53. ti rassettò i morbidi materassi, dove, 54. dopo che ti fosti coricato, il servo fedele 55. chiuse le tende di seta: 56. e a te dolcemente ha chiuso gli occhi 57. il gallo che di solito apre quelli degli altri. MAPPA CONCETTUALE Razionalismo progressista Divulgazione del sapere Discussione politica Cosmopolitismo ILLUMINISMO materialismo causa Antistoricismo deismo Fondazione scienza economica GLI ENCICLOPEDISTI: RIVOLUZIONE FRANCESE RIVOLUZIONE AMERICANA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Rousseau, Montesqieu, Diderot e D'Alambert (e molti altri).