Bourdieu – Parole chiave (Cap. 1, 2, 3) Capitale culturale – titolo di studio – origine sociale – gusto – disposizione estetica – forma e funzione – distanza dal bisogno – distinzione “Quando si cerca di determinare in che modo gli atteggiamenti colti e le competenze culturali espresse tramite la natura dei beni consumati ed il modo di consumarli varino a seconda delle diverse categorie di attori sociali […] si appurano due fatti fondamentali: da un lato, il rapporto strettissimo che lega le pratiche culturali (o le relative opinioni) al capitale scolastico (misurato in base ai titoli di studio ottenuti) e, in via subordinata, all’origine sociale (stabilita mediante la professione del padre); dall’altro lato, il fatto che, a parità di capitale scolastico… il peso dell’origine sociale aumenta quando ci si allontana dagli ambiti più legittimi” (pp.5-6). “[Il capitale scolastico] in quanto indicatore più o meno adeguato del numero di anni di pratica scolastica, garantisce il capitale culturale, in modo più o meno completo, a seconda che esso sia ereditato dalla famiglia o acquisito a scuola” (pp. 6). “Nell’universo dei gusti particolari…si possono in tal modo distinguere… tre universi di gusti che grosso modo corrispondono a tre livelli scolastici ed a tre classi sociali: il gusto legittimo…aumenta con il livello scolastico e raggiunge la frequenza più alta tra le frazioni della classe dominante più ricche di capitale scolastico; il gusto medio che riunisce le opere minori delle arti maggiori… è più frequente tra le classi medie che non tra le classi popolari o le frazioni intellettuali della classe dominante; infine, il gusto popolare, raggiunge la sua massima frequenza tra le classi popolari e varia in ragione del capitale scolastico” (pp. 9-10). “E’ per questo che occorre innanzitutto soffermarsi su quell’effetto che è senza alcun dubbio il più nascosto: quello prodotto dall’imposizione di titoli, caso particolare dell’effetto di assegnazione statutaria, positiva (nobilitazione) o negativa (stigmatizzazione), che ogni gruppo produce assegnando gli individui a classi gerarchizzate […] Coloro che detengono invece un titolo di nobiltà culturale…devono solo essere quello che sono, perché tutte le loro attività valgono quello che vale il loro autore” (pp. 17-18). “Con l’espressione essenzialmente contraddittoria di autodidattismo legittimo, si cerca di indicare la natura differente che separa la “cultura libera”, altamente valorizzata, del detentore di un titolo scolastico dalla cultura libera illegittima dell’autodidatta […] La cultura libera illegittima… vale solo nella stretta misura della sua efficacia pratica, senza alcun valore sociale addizionale” (p.19). “ Questo effetto di allocation… [contribuisce] a far sì che l’istituzione scolastica riesca ad imporre delle pratiche culturali che essa non inculca…ma che fanno parte degli attributi statutariamente connessi alle posizioni che essa assegna, ai titoli che conferisce […] L’atteggiamento legittimo che si acquisisce con la frequentazione di un genere particolare di opere…si estende anche ad altre opere meno legittime…la tendenza alla generalizzazione è iscritta nell’attitudine stessa a riconoscere le opere legittime […] Si spiega così il fatto che la propensione e la capacità di accumulare delle conoscenza “gratuite”, come il nome dei registi cinematografici, siano legate al capitale scolastico in misura più stretta e più esclusiva della semplice frequentazione del cinema, che varia maggiormente in funzione del reddito, della residenza e dell’età” (pp. 20-21) “Queste analisi dovrebbero essere sufficienti a spiegare come mai pratiche culturali che l’istituzione scolastica non insegna…varino in misura così stretta in funzione del titolo di studio […] Ciò che viene designato dal titolo scolastico sono determinate condizioni di esistenza [per l’acquisizione del titolo] ma anche della disposizione estetica…i titoli scolastici si presentano come garanzia dell’attitudine ad adottare una disposizione estetica” (p. 23). “Il tipo di percezione estetica, nella forma “pura” assunta oggi corrisponde ad uno stadio determinato del modo di produzione artistica: un’arte che…è il risultato di una intenzione artistica che afferma il primato assoluto della forma sulla funzione” (p. 25). “L’esibizionismo ingenuo del “consumo vistoso”, che cerca la distinzione nello sfoggio senza mezzi termini di un lusso mal controllato, non è niente di fronte alla capacità senza eguali dello sguardo puro[…] “Per un secolo e mezzo il “popolo”, la massa, ha preteso di costituire l’intera società: la musica di Stravinsky o il dramma di Pirandello hanno il potere sociologico di obbligarlo a percepirsi per quello che è, “come semplice popolo” (Ortega y Gasset)” (p.27). “L’ostilità della classi popolari e delle classi medie nei confronti di qualsiasi tipo di ricerca formale si fa valere tanto in campo teatrale che in materia di pittura[…] La ricerca formale, che in letteratura o nel teatro porta all’oscurità, rappresenta agli occhi del pubblico popolare uno degli indici di ciò che a volte viene percepita come volontà di tenere a distanza il non iniziato…Al contrario, lo spettacolo popolare è quello che produce in modo inseparabile la partecipazione individuale dello spettatore allo spettacolo e la partecipazione collettiva alla festa di cui lo spettacolo costituisce l’occasione” (pp. 31-32). “ Per spiegare come mai con il capitale scolastico aumentino la propensione o, per lo meno, la pretesa di apprezzare un’opera “indipendentemente dal suo contenuto”…non basta invocare il fatto che l’apprendimento scolastico fornisce gli strumenti….che permettono di esprimere l’esperienza estetica…ciò che di fatto si fa avanti in questo rapporto è la dipendenza della disposizione estetica dalle condizioni materiali di esistenza, passate e presenti [….] (pp. 49) “ Il potere economico è innanzitutto possibilità di tenere a distanza il bisogno economico…E’ per questo che la borghesia, rinunciando a fare di tutta l’esistenza una ininterrotta parata, come faceva invece l’aristocrazia di corte, ha istituito la divisione tra ciò che si paga e ciò che è gratuito, tra l’interessato e il disinteressato…tra gli affari e il sentimento, tra l’industria e l’arte, tra il mondo della necessità economica e il mondo della libertà artistica” (pp. 51, 52). “ Il consumo materiale o simbolico dell’opera d’arte costituisce una delle manifestazioni supreme dell’agio…il distacco dello sguardo puro non può venir dissociato da una predisposizione generale per il “gratuito” e il “disinteressato”..Mano a mano che aumenta la distanza dai bisogni, lo stile di vita diventa sempre più quello che Weber chiama una “stilizzazione della vita” (p. 52). “L’apprendimento completo, precoce e inavvertito, realizzato nella prima infanzia, in seno alla famiglia, e prolungato attraverso un apprendimento scolastico, che lo presuppone e lo completa, si distingue dall’apprendimento tardivo, metodico ed accelerato” (p. 64). “ In questi casi, è il gusto, gusto per la necessità o gusto per il lusso, e non un reddito alto o basso, quello che determina le pratiche oggettivamente conformi a queste risorse” (p. 182). “Poiché il vero principio delle preferenze è costituito dal gusto…la teoria che fa del consumo una funzione semplice del reddito ha dalla sua ogni verosimiglianza, giacché il reddito contribuisce in misura notevole a determinare la distanza dalla necessità. Tuttavia non riesce a spiegare i casi in cui un reddito eguale si accompagna a consumi dalla struttura completamente differente […] Il vero principio delle differenze riscontrate nell’ambito del consumo ed in molti altri casi, è la contrapposizione tra i gusti di lusso (o di libertà) ed i gusti del necessario” (p. 185). Spazio sociale – posizione sociale – classe e frazione di classe – traiettoria sociale – campo – dimensioni del capitale – spostamenti verticali ed orizzontali “L’atteggiamento estetico è anche una espressione distintiva di una posizione privilegiata nello spazio sociale…l’avversione per gli stili di vita diversi rappresenta senza dubbio una delle barriere più solide tra le classi […] Le prese di posizione oggettivamente e soggettivamente estetiche, ad esempio la cosmesi del corpo, l’abbigliamento o l’arredamento della casa, costituiscono altrettante occasioni di provare o di affermare la posizione che si occupa nello spazio sociale come rango da conservare o distanza da mantenere” (pp. 54-55). “Ciò significa che una classe o una frazione di classe si definisce non solo attraverso la posizione nei rapporti di produzione che può venir individuata mediante indicatori quali la professione,il reddito o anche il livello di istruzione, ma anche attraverso una determinata proporzione tra i sessi, una determinata distribuzione nello spazio geografico… e mediante tutto un insieme di caratteristiche ausiliarie che possono fungere… da principi effettivi di esclusione o di selezione” (p. 104) “ Ad un determinato volume di capitale ereditato corrisponde una gamma di traiettorie pressappoco egualmente probabili, che portano a posizioni più o meno equivalenti: si tratta del campo delle possibilità oggettivamente offerte ad un determinato agente sociale” (p. 112) “ La correlazione tra una pratica e la provenienza sociale….è il risultato di due effetti (di segno uguale o opposto): da un lato l’effetto di inculcazione, esercitato direttamente dalla famiglia o dalle condizioni di esistenza iniziali; dall’altro, l’effetto di traiettoria sociale vero e proprio, cioè l’effetto esercitato sugli atteggiamenti e sulle opinioni dall’esperienza dell’ascesa o del declino sociali” (p. 114) “Questa complicazione è particolarmente evidente tra le classi intermedie, e soprattutto tra le frazioni nuove di queste classi, che [permettono] la coesistenza di individui con traiettorie estremamente sventagliate” (p. 115) “ E’ la logica specifica del campo, di ciò che in esso è in gioco e della specie di capitale necessario per potervi giocare, che regola quelle caratteristiche attraverso cui si stabilisce il rapporto esistente tra la classe e la pratica” (pp.116-17) “ Ciò in concreto significa che il rango sociale ed il potere specifico che i vari attori si vedono attribuire in un determinato campo dipendono innanzitutto dal capitale specifico che sono in grado di mettere in movimento” (pp. 117-18) “E’ possibile costruire uno spazio le cui tre dimensioni fondamentali siano definite dalla dimensione del capitale, dalla sua struttura e dall’evoluzione nel tempo di queste due proprietà (espresse dalla traiettoria passata e potenziale nello spazio sociale)” (pp.118-19) “ Le differenze principali…derivano dalle dimensioni complessive del capitale come insieme di risorse e di poteri effettivamente utilizzabili, capitale economico, capitale culturale ed anche capitale sociale: le diverse classi (o frazioni di classe) si distribuiscono in tal modo da quelle maggiormente fornite sia di capitale economico che di capitale culturale fino a quelle che sono maggiormente sprovviste di entrambi” (p. 119) “Dato che il volume del capitale economico aumenta in modo continuo quando decresce il volume del capitale culturale, passando dagli artisti agli industriali ed ai grossi commercianti, si può constatare che la classe dominante si organizza in base ad una struttura a chiasmo” (p. 120) “La stessa struttura a chiasmo si può osservare al livello delle classi intermedie, tra le quali si assiste anche qui ad una diminuzione delle dimensioni del capitale culturale, mentre aumentano quelle del capitale economico, quando si passa dai maestri elementari agli industriali ed ai commercianti di medie dimensioni” (p. 125) “Si vede subito che l’omologia tra lo spazio della classe dominante e lo spazio delle classi medie si esplica nel fatto che la loro struttura è il risultato degli stessi principi: in entrambi in casi vediamo contrapposti i possidenti…. spesso più anziani, con poco tempo libero, spesso figli di imprenditori o di conduttori agricoli, ed i non possidenti, provvisti soprattutto di capitale scolastico e di tempo libero, provenienti da frazioni salariate delle classi medie” (p.126) “Lo spazio sociale consente due forme di spostamento…gli spostamenti verticali, verso l’alto o verso il basso… nello stesso campo (è il caso del maestro elementare che diventa professore, del piccolo padrone che diventa grande industriale); poi gli spostamenti trasversali che comportano il passaggio da un campo all’altro…(per esempio quando il maestro elementare, o suo figlio, diventano piccoli commercianti)… Gli spostamenti trasversali [al contrario di quelli verticali] comportano il passaggio ad un altro campo e quindi la riconversione di un tipo di capitale in un altro…(per esempio, di una proprietà terriera in capitale industriale, o di una cultura umanistica in cultura economica)” (p. 137) Habitus – stile di vita – strutture di consumo – consumi culturali “In altri termini, quello che si rileva attraverso indici quali il livello di istruzione o l’origine sociale o, più esattamente, nella struttura del rapporto che li lega, sono anche dei modi di produzione dell’habitus colto, principi di differenziazione non solo tra le competenze acquisite, ma anche tra le maniere di farle funzionare” (p. 63) La disposizione estetica che tende a mettere tra parentesi la natura e la funzione dell’oggetto rappresentato… per prendere in considerazione esclusivamente la forma della rappresentazione, lo stile….è una dimensione di un rapporto complessivo nei confronti del mondo e degli altri, di uno stile di vita in cui si esprimono in forma irriconoscibile gli effetti di particolari condizioni di esistenza” (p. 49). “Dobbiamo ritornare al principio unificatore e generatore delle diverse pratiche, cioè all’habitus di classe, come forma incorporata della condizione di classe e dei condizionamenti da essa imposti; dobbiamo pertanto costruire la classe oggettiva, come insieme di attori sociali inseriti in condizioni di esistenza omogenee, che impongono condizionamenti omogenei, che sono in grado di produrre pratiche simili…” (p.103) “l’habitus è infatti contemporaneamente principio generatore di pratiche oggettivamente classificabili e sistema di classificazione (principium divisionis) di queste pratiche. E’ proprio nel rapporto tra queste due capacità che definiscono l’habitus, capacità di produrre pratiche ed opere classificabili, e capacità di distinguere e di valutare queste pratiche e questi prodotti (il gusto) che si costituisce l’immagine del mondo sociale, cioè lo spazio degli stili di vita” (p. 174). “Struttura strutturante che organizza le pratiche e la loro percezione, l’habitus è anche una struttura strutturata […] l’identità sociale si definisce e si afferma nella differenza. Ciò significa che negli atteggiamenti dell’habitus si trova inevitabilmente iscritta tutta la struttura del sistema delle condizioni, che si realizza nell’esperienza di una condizione collocata in una posizione particolare di questa struttura: i contrasti più di fondo della struttura delle condizioni (alto/basso, ricco/povero, ecc.) tendono ad imporsi come principi fondamentali di strutturazione delle pratiche e della loro percezione” (p. 175). “Gli stili di vita sono pertanto i prodotti sistematici degli habitus che, percepiti nei loro reciproci rapporti, in base agli schemi dell’habitus, diventano sistemi di segni forniti di una qualifica sociale…La dialettica tra condizioni ed habitus è il fondamento di quell’alchimia che trasforma la distribuzione del capitale, risultato di un rapporto di forze, in un sistema di differenze percepite, di caratteristiche distintive” (p. 177). “Il gusto, propensione e attitudine all’appropriazione (materiale e/o simbolica) di una determinata classe di oggetti o di pratiche classificate e classificanti, costituisce la formula generatrice che sta all’origine dello stile di vita” (p. 179). “Nella classe dominante si possono distinguere tre strutture di consumo fondamentali: l’alimentazione, la cultura e le spese di rappresentanza e di presentazione personale (abbigliamento, cura dell’aspetto fisico, articoli di toilette, personale di servizio)” (p. 193). “Per costruire in modo compiuto lo spazio degli stili di vita, al cui interno si definiscono i consumi culturali, bisognerebbe definire, per ogni classe e frazione di classe, cioè per ogni singola configurazione del capitale, la formula generatrice dell’habitus, che traduce in uno stile di vita particolare i vincoli e le possibilità proprie di quella determinata classe di condizioni di esistenza (relativamente) omogenee, e poi determinare in che modo si specifichino gli atteggiamenti dell’habitus in ognuno dei grandi ambiti della pratica, realizzando una o l’altra delle possibilità stilistiche che si offrono in ogni singolo campo, da quello dello sport a quello della musica, da quello dell’alimentazione a quello dell’arredamento, da quello della politica a quello del linguaggio, e così via” (pp. 217-18).