LECTIO_DINI - Caritas Diocesana Napoli

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Il giorno di Lunedì 27 settembre 2010
Presso la casa Parrocchiale Beato Vincenzo Romano in Melito di Napoli, Monsignore Armando
Dini ha tenuto la lectio divina sul tema dei CARISMI.
Di seguito intendo riportare all’attenzione di quanti fruiscono del sito internet della casa
parrocchiale, uno stralcio dell’eccelso intervento sul tema, ringraziando a nome di tutti gli
intervenuti e della Comunità sia l’eccellentissimo relatore Mons. Dini, che Padre Giovanni, sempre
attento a creare momenti di riflessione ed approfondimento evangelico, di sicuro giovamento per la
nostra crescita cristiana.
Mons. Dini ha dato lettura dalla lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini del capitolo 4 da 11 in
poi:
“Ed Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere
evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo
scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza
del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo….”
Ha quindi trattato il tema con le argomentazioni e gli esempi di vita, che sommessamente sia pur
non fedelmente di seguito riporto.
Quando ciascuno di noi scopre il proprio carisma, comincia la realizzazione del proprio essere
cristiano, ad imitazione di Gesù, fino a tendere all’uomo perfetto, misura della pienezza di Cristo.
Noi non possiamo raggiungere in pieno la dimensione di Gesù, ma con il battesimo comincia il
nostro cammino per diventare sempre più simili a Lui.
Mons. Dini paragona la figura di Gesù ad un prisma ricco di sfaccettature, per far comprendere che
ciascuno di noi avrà soltanto qualcuno di questi aspetti (sfaccettature).
Alcuni carismi di oggi all’epoca di Gesù certamente non esistevano: come per esempio l’utilizzo di
internet.
Noi, secondo quanto riferisce San Paolo, completiamo ciò che manca a Cristo perché certamente
alcuni aspetti della vita non li ha vissuti:
- Gesù non ha vissuto il carisma dell’essere sposo: quindi il marito che vive il matrimonio nel
rispetto completa Gesù;
- La donna, invece, lo completa nella sua sensibilità, intelligenza femminile, capacità di
generare. Carismi tipici dell’universo femminile che arricchiscono quello che Gesù non ha
vissuto.
- La maternità e la paternità vissuta con l’ausilio dello Spirito Santo, completa una realtà non
vissuta da Gesù.
In buona sostanza bisogna vivere secondo Gesù ed arricchire Gesù, poiché noi siamo gli occhi,
gli orecchi, le membra e completiamo il Cristo.
Nella prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, il Cristo è descritto come il capo, mentre
noi siamo il corpo mistico della Chiesa.
S. Agostino definisce CRISTUS TOTUS ET UNIVERSUS, quindi noi siamo chiamati ad
arricchire il capo guidati dallo Spirito Santo.
I carismi devono costituire una utilità per la comunità. Il modo ce lo riferisce San Paolo nella
citata Lettera agli Efesini cap. 4, 15 “agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere
in ogni cosa tendendo a Lui, che è il capo, Cristo”.
La carità, si sa, è il carisma più importante di tutti, ma il corpo mistico della chiesa cresce bene
se articola tutte le sue membra.
Una parrocchia per funzionare bene deve essere un luogo dove tanti talenti vengono messia a
frutto.
A tal proposito Mons. Dini ha citato la parabola dei talenti, dove al “Signore” interessa
l’incremento del capitale ricevuto dal servo, ossia se questi lo ha messo a frutto.
Dio vuole che i talenti/carismi che ci ha donato devono crescere.
San Paolo, a tal proposito nella lettera agli Efesini, usa quattro verbi in merito al rapporto di
ciascuno con i talenti donati da Dio:
1) Ciascuno deve prendere coscienza dei carismi, “CAPRIRE/RICONCOSCERE”, rendersi
conto che il Signore gli ha donato dei carismi. Ciascuno, nessuno escluso, possiede dei
carismi.
2) RINGRAZIARE Dio per i carismi che ci ha dato. Non vantarsi tout court, ma ringraziare il
Signore perché ciò che possediamo è grazia sua! La vera umiltà è nella verità di riconoscere
il dono ricevuto da lui: tutto quello che abbiamo è dono del signore.
3) COLTIVARE i talenti/carismi che abbiamo ricevuto;
4) METTERE AL SERVIZIO DELLA COMUNITA’ i doni ricevuti, mettendoli a disposizione
degli altri, in modo che aumentino la gioia degli altri. Bisogna diventare collaboratori della
gioia, San Paolo così si sente nel mettere a disposizione delle comunità il suo talento
profetico.
Analizzando il primo punto “la presa di coscienza del talento” è più difficile da ragazzi, la capacità
si affina col tempo e con l’esperienza. Le persone che ci stanno vicino capiscono in cosa siamo
dotati e talvolta l’uso dei carismi è involontario.
Il primo aiuto nella presa di coscienza, quindi, ci deve venire dalla persone più vicine, e più
sensibili, poi possiamo cominciare a coltivarli.
Mons. Dini ha raccontato che un giorno chiese quale fosse il dono che Dio gli aveva dato:
professore, confessore, direttore spirituale, parroco, vescovo. Alcuni hanno riconosciuto in lui il
dono del professore, altri quello del direttore spirituale.
Con questa esperienza spiega che con l’indicazione degli altri, dotati di sensibilità cristiana,
vengono in evidenza i doni ricevuti da Dio e così poi possono essere messi a disposizione della
comunità.
Altro mezzo di presa di coscienza è lo sforzo soggettivo sul punto. Ciascuno deve domandarsi in
che cosa può essere utile al fine di aiutare la comunità.
I cristiani devono servire per gli altri non per se stessi. Per esempio la scelta di essere
prete/vescovo/suora è fatta per gli altri non per se stessi.
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Per spiegare che nella vita di ciascuno si verificano delle circostante dalle quali non ci si
può esimere di compiere scelte ed iniziative di cui normalmente non ci si ritiene all’altezza o
capaci, ma che poi si rivelano utili e indispensabili per la comunità, Mons. Dini ha
raccontato una avventura che l’ha trovato coinvolto quanto era seminarista nell’estate del
1956/57 a Torre Del Greco.
“Si trovava assieme agli altri seminaristi in vacanza a Torre Del Greco. Lì avevano in uso una
barca, ma nella spiaggia dove andavano al mare non c’era il rimessaggio, ossia la possibilità di
ormeggiarla. La barca andava ormeggiata presso una spiaggia di una insenatura vicina.
Un giorno accadde che il mare si fece grosso ed era alquanto pericoloso andare ad ormeggiare la
barca. Ma il giovane, allora Padre Armando, nonostante il parere discorde del Vescovo, decise
coraggioso di sfidare il mare.
Coinvolse nell’avventura altri seminaristi, sfidando il loro coraggio: “i più coraggiosi mi seguano!”.
Decisero, quindi, di lasciare a riva occhiali ed orologi e quanto altro avevano a loro seguito per
tentare l’ormeggio.
Mons. Dini era all’epoca miope, come anche lo era il seminarista che gli indicava la rotta da tenere
mentre remava la barca. Arrivati nella insenatura, Padre Armando ed i suoi compagni di sventura,
spinti dalle remate e dalla forza del mare, sbagliarono rotta e stavano inesorabilmente andando a
schiantarsi contro gli scogli.
Ad un tratto, Armando, resosi conto di ciò, nonostante il mare, la miopia e la paura di non farcela, la
consapevolezza dei propri limiti, prese il comando della barca. Con tutto il coraggio che gli rimase
si affidò al Signore, e remò a tutta forza verso il largo contro corrente, al fine di dirigersi
nuovamente nell’altra insenatura, dove il mare era più calmo per la presenza della scogliera al largo.
In quel momento di disperazione Padre Armando diede ai suoi compagni l’assoluzione in limine
mortis, ma non si perse d’animo, e riuscì a portare miracolosamente in salvo se stesso e gli altri.
Arrivati dove il mare era più calmo, all’ultima remata addirittura il remo si spezzo!.”
Bisogna dunque avere umiltà e coraggio nel riconoscere, coltivare e far crescere i carismi con
l’aiuto dello Spirito Santo, ringraziando sempre il Signore.
Giorno per giorno nella nostra vita scopriamo qualche carisma che il Signore ci da, ma talvolta
succede che ci sono persone che hanno dei doni, ma che non li vogliono coltivare e metterli al
servizio degli altri, comportamento totalmente sbagliato!
Monsignor Dini ha raccontato che quando è stato nominato Vescovo non era affatto contento,
perché l’incarico avrebbe comportato enorme peso di impegni e sofferenze.
Il Clero aveva visto in lui il carisma di fare il Vescovo, ciò nonostante Mons. Dini si rifiutò di
brindare alle sue future sofferenze. Poi ha comunque assolto al suo incarico, perché ha compreso
che questa era la volontà del Signore.
Questo esempio fa comprendere l’atteggiamento generalizzato che assumiamo quanto non vediamo
determinati carismi di nostra competenza, mentre ciò accade per un motivo puramente soggettivo:
facciamo fatica a metterci a servizio degli altri.
Per concludere, Mons. Dini ha illustrato, unitamente a Padre Giovanni, quale funzione assolve il
clero nella indicazione ed utilizzo dei carismi al servizio della comunità.
Il Parroco è il fulcro della unità di tutti i carismi della realtà parrocchiale, ha il compito di essere
garante della armonizzazione di tutti gli aspetti comunitari: pastorale, recale, sacerdotale.
Ha il compito di ratificare i carismi, nel senso che deve aiutare a far comprendere il carisma, ne
autentica la qualità nella realtà parrocchiale. In sostanza rende certa la persona di quel carisma che
viene messo a disposizione della comunità, istituzionalizza i carismi.
Mons. Dini spiega che nella Chiesa cristiana la gerarchia ecclesiale autentifica l’essere spinto dallo
Spirito Santo nei carismi, precisamente:
a) il Papa per la Chiesa Universale;
b) il Vescovo per la Diocesi;
c) il Parroco per la Chiesa.
Il rapporto della comunità con il Parroco richiede uno sforzo di volontà nella partecipazione alle
attività.
A conclusione della “lectio” ci sono stati alcuni interventi ed in particolare ricordo quelli di
Carla, responsabile caritas, e di Adriano, segretario della Parrocchia.
- Carla ha sollevato un grosso quesito sul come far proliferare e crescere il carisma della carità
laddove nella società moderna si assistono ogni giorno a spese esorbitanti per esempio per le
missioni spaziali, mentre nel mondo tante persone muoiono di fame.
Mons. Dini non ha affrontato il tema, perché molto ampio, anzi ha replicato che talvolta gli Stati
fanno delle scelte dettate dal criterio della utilità.
Anche se poi si è associato al rilievo nella misura in cui quotidianamente si assistono a molti
casi di realtà troppo ricche, contrapposte a quelle troppo povere.
Sul punto ci ha esortati alla sobrietà ed ad essere di esempio di carità per la comunità, ed ha
portato come esempio il trattamento economico attualmente subito dal Clero: lo stipendio del
più alto in grado della gerarchia ecclesiale, non può essere oggi superiore della metà del più
basso in grado.
- Adriano, invece, ha chiesto come riuscire a far superare alla comunità il limite
dell’individualismo, elemento negativo che frena il proliferare di autentici carismi a
disposizione della comunità.
Monsignor Dini ha ribadito che tra le persone deve esserci:
- un collante interno: bisogna imparare, quali battezzati, a crescere spiritualmente con l’aiuto
dello Spirito Santo, bisogna quindi abbandonare lo spirito personale.
- Un collante esterno: ossia quello della obbedienza al Parroco, al Vescovo ed al Papa.
Nella speranza di aver dato un contributo utile alla comunità, Vi saluto augurandoVi ogni bene
Lina Libertini
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