Manuale Manuale epatite C Prevenzione e terapia Manuale Prevenzione e terapia L’essenziale in breve Curare l’igiene generale Le epatiti A (ed E) vengono trasmesse attraverso gli escrementi umani. Per evitare il contagio è pertanto essenziale curare la propria igiene (servizi igienici, stoviglie, igiene del corpo e così via). (➞ capitolo II) «Allarme sangue!» Il sangue può essere contagiato dal virus dell’epatite o dall’HIV e deve perciò, se possibile, essere sempre considerato potenzialmente infetto. Bisogna pertanto prestare la massi­ ma attenzione anche alle minime tracce di sangue (anche se secche e non solo nel caso di consumo per via endovenosa). (➞ capitolo II.1.3, scheda illustrativa) Lavarsi le mani Avere le mani pulite è essenziale per evitare infezioni di ogni genere. (➞ capitolo II.1) Per consumare droga, utilizzare sempre materiale personale e sterile È necessario garantire che vi sia materiale sterile per iniezioni in quantità sufficiente 24 ore su 24. Occorre in particolare tener conto dell’ingente fabbisogno di materiale sterile tra i consumatori di cocaina per via endovenosa. A dipendenza dei modi di consu­ mo, bisogna prestare attenzione a differenti aspetti. Consumare per via endovenosa: fare in modo di avere sempre a disposizione materiale sterile. ­Utilizzare una siringa e un ago personali e sterili; anche l’acqua e il cucchiaio devono ­essere personali. Disinfettare con alcol il punto dove si intende effettuare l’inie­ zione. (➞ scheda illustrativa) Sniffare: fare in modo di avere sempre a disposizione materiale pulito. Utilizzare una cannuccia personale. Fumare/respirare i vapori della sostanza (pipe ad acqua): utilizzare una cannuccia perso­ nale o, in caso di consumo comune, pulire a fondo la parte a contatto con la bocca. (➞ capitolo II.2.4) Tecniche di iniezione igieniche Lavarsi accuratamente le mani. Utilizzare una siringa sterile munita di filtro. In caso di emergenza ricorrere eventual­ mente ad un pezzo di filtro di sigaretta. Non togliere il filtro della sigaretta con i denti, ma con le mani lavate. Non condividere, prestare o scambiare i filtri, nemmeno «per dare una mano». Utilizzare un cucchiaio personale. Pulire accuratamente prima dell’uso (con acqua, con un tampone imbevuto di disinfettante). Utilizzare acqua sterile o, nel caso non fosse disponibile, acqua fresca direttamente dal rubinetto. (➞ scheda illustrativa) Sesso sicuro Farsi vaccinare In caso di rapporti sessuali con penetrazione – sia vaginale sia anale – utilizzare ­sempre un preservativo di buona qualità. Nel caso di rapporti anali, utilizzare sempre un lubri­ ficante. Lo sperma non deve entrare in contatto con la bocca e non deve essere ingoiato. Il sangue mestruale non deve entrare in contatto con la bocca e non deve essere ­ingoiato. Prostituzione: utilizzare sempre e comunque il preservativo, anche in caso di sesso orale (ciò permette di evitare in generale le malattie sessualmente trasmissibili). Contro le epatiti A e B è possibile farsi vaccinare. Contro l’epatite C e l’HIV non esiste nessuna vaccinazione. (➞ capitolo I.2.7) 3 Sottoporsi ai controlli Capita sovente che chi abbia contratto un’infezione di epatite non se ne accorga (epati­ te asintomatica). Tanto prima un’infezione viene individuata e curata, quanto maggio­ ri sono le possibilità di guarire o di ottenere dei miglioramenti. È pertanto importante sottoporsi a delle analisi per individuare l’epatite. Farsi curare Anche le persone che consumano droghe possono essere curate. (➞ capitolo III) In questo caso una valida consulenza è di importanza fondamentale. Attenzione: nel caso dell’epatite C è possibile un nuovo contagio anche dopo aver già contratto la malattia. 4 PREFAZIONE In Svizzera si stima che siano 70 000 le persone infette dal virus dell’epatite C. All’incirca i due terzi delle nuove infezioni riguardano i consumatori di droghe per via endovenosa. I conseguenti danni alla salute per una parte consistente della popolazione nonché il carico finanziario per i costi sanitari e per il settore pubblico non sono sempre percepiti dai professionisti del settore in questione. L’Ufficio federale della sanità pubblica desidera ridurre il numero delle nuove infezioni e facilitare l’accesso al trattamento dell’epatite C. Nel contempo, vuole apportare un contributo che consenta di migliorare l’informazione sull’epatite, rivolta sia agli opera­ tori sia ai consumatori di droghe. Il presente manuale, che si inserisce nella campagna di sensibilizzazione epatite C con­ cepita da Infodrog, vuole trasmettere ai collaboratori di tutti i gruppi professionali che operano nel contesto dell’aiuto ai dipendenti, le conoscenze fondamentali sull’epatite. L’intento è quello di permettere ai professionisti di mobilizzare le loro conoscenze ­durante le consultazioni e la presa a carico di consumatori di droghe. In tal senso, per gli operatori del settore sono previste delle formazioni, delle informazioni complementari nonché del materiale di prevenzione. Quest’ultimo rende possibile la conduzione di ­continue azioni di sensibilizzazione sull’epatite C, ad un costo ridotto. Sulla base del «Manuale HepCH» (Ufficio svizzero per la riduzione dei danni nell’ambito della droga, 2005) e del manuale tedesco «Hepatitis C und Drogengebrauch» (Aktions­ bündnis Hepatitis und Drogengebrauch, 2006), un gruppo di esperti ha discusso i più recenti sviluppi nella prevenzione e nella terapia. Nello scopo di fornire informazioni orientate alla pratica, i capitoli sono stati condensati e ridotti a 3 temi principali: Epatite, Prevenzione e Terapia. Il manuale, diverse informazioni ed il materiale di pre­ venzione della campagna di sensibilizzazione possono essere consultati anche in linea (www.hepCH.ch). I miei sentiti ringraziamenti sono rivolti agli esperti che hanno elaborato questo ­manuale in collaborazione con Infodrog: la Dr.ssa Virginie Masserey, la Dr.ssa Catherine Ritter, la Dr.ssa Martine Monnat, il Dr. Philip Bruggmann ed il Prof. Andreas Cerny. Desi­ dero inoltre ringraziare i professionisti dei centri d’accoglienza a bassa soglia, dei pro­ grammi di sostituzione e di distribuzione medicalizzata di eroina, delle prigioni nonché le istituzioni ambulatoriali e residenziali per il loro lavoro quotidiano. A loro vada anche il mio incoraggiamento ad utilizzare il manuale ed il materiale informativo e di preven­ zione perché l’epatite continui ad essere oggetto di discussione. Ufficio federale della sanità pubblica Divisione programmi nazionali di prevenzione Il direttore a.i. Dr. Martin Büechi, dipl. nat. 7 INDICE I. L’epatite 8 II. Prevenzione 1.Informazioni generali 12 1.Igiene 40 Cos’è l’epatite? 1.1Riassunto 1.2 Funzione epatica 1.3 Cosa significa «epatite»? 1.4 Cause delle epatiti 1.5 Decorsi 12 12 15 15 16 16 1.1 Lavarsi le mani 40 Come si può evitare la trasmissione? 1.2 Diffusione dei diversi agenti patogeni 1.3 «Allarme sangue» 1.4 Sesso sicuro 1.5Rischi 41 41 41 43 43 Le cinque diverse forme di epatite virale 1.6Virus dell’epatite 1.7Epatite A 1.8Epatite B 1.9Epatite C 1.10Epatite D 1.11Epatite E 19 19 19 20 23 24 25 Come reagire in caso di una situazione a rischio 1.6 Misure urgenti 1.7Altri trattamenti / profilassi 44 44 44 2.Regole per il consumo 46 Coinfezioni 1.12Cosa sono le coinfezioni? 1.13Informazioni generali sulle coinfezioni 1.14Epatite A – HIV 1.15Epatite B – HIV 1.16Epatite B/D – HIV 1.17Epatite C – HIV 1.18Epatite A – epatite C 1.19Epatite B – epatite C 1.20Epatite B – epatite D 25 25 25 26 26 27 27 28 28 28 2. Consulto, accertamento e vaccinazione 29 Farsi esaminare 2.1Informazioni generali sulle analisi dell’epatite 2.2 Chi deve sottoporsi alle analisi per le epatiti? 2.3 Cosa mostrano i risultati delle analisi? 2.4Analisi di laboratorio e analisi microscopiche nei casi di epatite comprovata 2.5Risultati delle analisi : commenti e test complementari 2.6 Dichiarazione obbligatoria 29 29 30 31 Farsi vaccinare 2.7Vaccinazione 2.8 La vaccinazione contro l’epatite A 2.9 La vaccinazione contro l’epatite B 34 34 35 36 Gravidanza, parto e allattamento in caso di epatite 2.10Epatite B 2.11Epatite C 37 37 37 Regole fondamentali 46 2.1Informazioni generali 46 2.2Regole per il consumo di droga per via endovenosa 46 2.3Regole per il consumo di droga per via nasale (inalazione di sostanze o di vapori) 47 2.4 Modalità di consumo 48 2.5Eliminare il materiale del consumo 48 2.6Ridurre i rischi legati al consumo per via endovenosa 49 2.7 Forme di consumo alternative all’iniezione 50 2.8Allegato per i centri d’accoglienza e di consulenza (antenne) con locale per il consumo 50 3. Disposizioni legali e precauzioni sul posto di lavoro 52 Diritto del lavoro 3.1 Disposizioni legali 52 52 Precauzioni 3.2 Profilassi post-esposizione (PEP) 3.3 Situazioni a rischio 3.4 PEP in caso di esposizione all’HIV 3.5 PEP in caso di esposizione all’epatite B 3.6 PEP in caso di esposizione all’epatite A 3.7Assicurazione infortuni 52 52 53 53 54 54 54 31 33 33 III.Terapia IV.Annessi 1. Diverse epatiti – diverse terapie 56 Farsi curare 1.1Terapie delle epatiti virali 1.2Epatite A ed E 1.3Epatite B (e D) acuta 1.4Epatite B (e D) cronica 1.5Epatite C 1.6Aderenza dei consumatori di droghe 56 56 56 57 57 58 58 Trattamento medicamentoso ed effetti collaterali 1.7Epatite B (e D) cronica 1.8Epatite C cronica 1.9Informazioni in caso di consumo 1.10Reticenze di fronte al trattamento dell’epatite C 59 59 61 66 1.Glossario 70 2.Schede illustrative 73 Iniezione Disinfezione Primi soccorsi / Medicare una ferita «Allarme sangue!» 73 74 75 76 3. numeri di telefono E Indirizzi 77 Urgenze – profilassi post-esposizione in caso di infezione da HIV o da virus dell’epatite Test HIV anonimi e centri di consulenza Centri svizzeri di epatologia Indirizzi internet 77 77 80 80 4.Autori ed esperti 81 5.Impressum 82 66 9 I.L’epatite 11 1.Informazioni generali Cos’è l’epatite? 1.1Riassunto 12 L’epatite L’epatite è un’infiammazione del fegato. Viene spesso chiamata ittero ma si tratta di un errore, poiché la colorazione giallognola della pelle è solo uno dei molti sintomi della malattia che non si manifesta per ogni epatite e si osserva anche in caso di altre malat­ tie. Cause dell’epatite Nei paesi industrializzati occidentali, la causa più frequente delle epatiti è l’abuso di alcol. La seconda causa più comune è invece l’infezione da uno o più virus specifici. Le infiam­ mazioni del fegato risultano sempre più spesso dal deposito di grassi (dovuto al sovrap­ peso) e da un’alimentazione non equilibrata. Più rari sono invece i casi di epatiti dovute ad altri microrganismi, in particolare nelle persone con un sistema immunitario indebo­ lito. Per sopravvivere, i virus dell’epatite necessitano di cellule umane del fegato. Forme di decorso dell’epatite virale L’epatite acuta segue spesso il suo decorso senza presentare sintomi apparenti. Tutta­ via, può essere accompagnata da spossatezza, nausea, vomito e dolori all’addome (più precisamente alla parte superiore destra). L’epatite cronica non presenta sintomi specifici (salvo allo stadio della cirrosi). Segue il suo decorso per diversi anni e può portare ad una cirrosi; il tessuto epatico necrotizzato è sostituito progressivamente da tessuto cicatriziale (con crescente pregiudizio delle funzioni epatiche), da cui è possibile si sviluppi un tumore (epatocarcinoma). Una cirrosi epatica avanzata comporta un grave disturbo delle funzioni epatiche. Rilevamento di un’infezione virale Nel caso di una sospetta epatite virale, il medico curante procederà innanzitutto ad un esame generale, in seguito ad un prelievo di sangue per rilevare determinati anticorpi, prodotti dal sistema immunitario per reagire al virus, e/o identificare determinati com­ ponenti del virus. Chi deve sottoporsi ad un’analisi? I test per l’epatite vengono solitamente effettuati in caso di manifestazione di possibi­ li sintomi della malattia, quali la colorazione giallognola della pelle, stanchezza e nau­ sea. I rischi di infezione da virus dell’epatite sono particolarmente elevati tra i consuma­ tori di droghe. Quanto prima l’infezione è diagnosticata e trattata, tanto più sono elevate le possibilità di guarigione. Le diverse forme dell’epatite virale Epatite A Trasmissione del virus: attraverso l’ingestione di acqua o alimenti contaminati con materia fecale; contatto con persone infette (contrazione orale); rapporti sessuali oro-anali. Decorso: il 50–70% delle persone adulte contagiate sviluppa i sintomi della malattia (nausea, ittero, ...). L’epatite fulminante è rara. L’infezione non diventa mai cronica e porta sempre all’immunità a vita: questo significa che la persona non si ammalerà più di epatite A. Terapia: non esiste una terapia antivirale farmacologica riconosciuta. Vaccinazione: la vaccinazione per l’epatite A e la vaccinazione combinata per le­ epatiti A e B sono sicure ed efficaci. Epatite B Trasmissione del virus: attraverso sangue contaminato e secrezioni genitali (rapporti sessuali non protetti); l’uso comune di strumenti per l’iniezione tra persone che con­ sumano droga per via endovenosa; tatuaggi o l’uso comune di lame di rasoio e di spazzolini da denti; dalla madre contagiata alla/al neonata/o (per trasmissione san­ guigna durante il parto, percutanea – attraverso ferite della pelle – o attraverso le mucose). Decorso: i sintomi dell’epatite B acuta (50–70% dei casi tra le persone adulte) e l’evo­ luzione verso la forma cronica dipendono dall’età al momento dell’infezione: le infe­ zioni contratte al momento della nascita evolvono spesso verso un’infezione cronica mentre nel caso di giovani e adulti questo avviene solo nel 5–10% dei casi. L’infezione può quindi evolvere verso la forma cronica con un conseguente rischio di cirrosi e di tumore al fegato. Solo una guarigione completa può garantire l’immunità. L’epatite fulminante è rara (circa 1% dei casi). Terapia: esiste una terapia a base di iniezioni di interferone, associata o meno a far­ maci anti-virali (pastiglie). La prescrizione e l’efficacia della terapia dipendono dallo stato del sistema immunitario. Vaccinazione: la vaccinazione contro l’epatite B è sicura ed efficace. Sono necessarie di solito tre iniezioni, ma due possono bastare, in funzione dell’età della/del paziente e del tipo di vaccino. Epatite C Trasmissione del virus: essenzialmente attraverso sangue contaminato per trasfu­ sioni sanguigne (effettuate prima del 1990); per contrazione percutanea (attraverso ferite della pelle) o attraverso le mucose, come ad esempio con l’uso comune di lame di rasoio, di spazzolini da denti o di strumenti per tatuaggi. Decorso: l’infezione da virus dell’epatite C porta raramente ad un’epatite acuta (10–20%); questo significa che nella maggior parte dei casi essa si manifesta senza sintomi. Nel 70–80% delle persone subentra un’infezione cronica e, entro un periodo di tempo tra i 5 e i 50 anni (nel 5–50% dei casi), una cirrosi epatica che, a sua volta, può sfociare in un tumore al fegato. Dopo una guarigione spontanea o in seguito ad una terapia, una reinfezione, ossia una nuova infezione, è possibile. Si può assistere ad un’epatite fulminante, ossia un decorso rapido fino alla perdita delle funzioni epati­ che, in caso di coinfezione con l’epatite A e l’epatite B. Queste ultime possono tutta­ via essere evitate grazie alle rispettive vaccinazioni. Terapia: la terapia antivirale attualmente riconosciuta associa l’interferone (iniezioni sottocutanee) e un farmaco, la Ribavirina (pastiglie). Il tasso di guarigione varia se­ condo il genotipo del virus: dal 50 al 90%. Vaccinazione: non esiste alcuna vaccinazione. Epatite D Questo virus può riprodursi soltanto utilizzando il capside del virus dell’epatite B. Per que­ sto è possibile ammalarsi di epatite D solo se si è contemporaneamente contratto il virus dell’epatite B. L’infezione può contrarsi, come nel caso dell’epatite A, per via oro-fecale, essenzialmente attraverso alimenti e acqua potabile contaminati. Epatite E In Svizzera questa infezione è rara. Nei paesi industrializzati colpisce generalmente solo le persone che hanno viaggiato in regioni a rischio (Asia, Africa). L’agente patogeno è il 13 virus dell’epatite E che si comporta analogamente a quello dell’epatite A e compor­ ta patologie simili. È trasmesso per via oro-fecale e può giungere ad un’infezione acuta che non diventa tuttavia mai cronica. Tabella riassuntiva Trasmissione Epatite A Epatite B Epatite C Epatite D orale attraverso la cute o le mucose sangue contamina­ to, rapporti sessuali non protetti, dalla madre contagiata alla/al neonata/o attraverso la cute o le mucose sangue contamina­ to attraverso la cute orale o le mucose come l’epatite A come l’epatite B; solo in presenza di un’epatite B (coin­ fezione o superinfe­ zione)* contaminazione di acqua, alimenti e persone con materia fecale Epatite E Periodo di incubazione 15–50 giorni 1–6 mesi 50 giorni – 6 mesi 1–6 mesi 15–50 giorni Decorso 50–70% dei casi sviluppa i sintomi (nausea, ...) varia in funzione dell’età per lo più senza sin­ tomi, tuttavia con possibile evoluzione verso la cirrosi e il cancro al fegato come l’epatite B come l’epatite A; nel caso di gestanti può avere un decor­ so grave Epatite acuta sì sì (nel 50–70% delle infezioni contratte in età adulta) rara (5–10% dei casi) sì Epatite cronica mai sì (70–80% dei casi) sì (nel 5–10% delle infezioni contratte in età adulta, 90% in caso di infezione contratta alla na­ scita) sì mai Reinfezione no no sì no no Vaccinazione sì (2 iniezioni per una protezione di lunga durata) sì (3 iniezioni per gli adulti, 2 per i giova­ ni; protegge anche contro l’epatite D) no sì (il vaccino contro sì l’epatite B protegge anche dall’epatite D) Terapia no interferone e altri farmaci antivirali efficacia variabile (<50%) interferone e Riba­ virina (efficacia: 50–90%) no interferone e altri farmaci antivirali (terapia poco effica­ ce) sì * È possibile un’infezione contemporanea da entrambi i virus, oppure una persona che ha già contratto l’epatite B può essere contagiata in un secondo tempo anche dall’epatite D. Coinfezioni 14 Si parla di coinfezione quando più agenti patogeni sono attivi contemporaneamente. Per coinfezione da HIV/HBV (e/o da HIV/HCV, e/o da HIV/HBV/HDV), si intende che una persona è affetta sia dall’HIV sia dall’HBV e/o dall’HCV e/o dall’HDV. Si tratta di situazio­ ni che si verificano spesso, dato che l’HIV e alcuni virus dell’epatite si trasmettono per vie simili. Si parla di coinfezioni anche quando si presentano infezioni da almeno due agen­ ti patogeni dell’epatite, ad esempio il virus dell’epatite B e il virus dell’epatite C (HBV/ HCV). 1.2 Funzione epatica Il fegato è il più grande organo interno del corpo umano. È situato nel quadrante supe­ riore destro dell’addome, appena sotto il diaframma. È composto da un lobo epatico sinistro e da un lobo epatico destro e pesa all’incirca 1.5–2 kg. I problemi di fegato passano sovente inosservati, poiché questo organo è insensibile al dolore. La membrana che lo avvolge, invece, è innervata. Nel caso di un ingrossamento, ad esempio a causa di un’infiammazione, può subentrare un dolore dovuto alla tensio­ ne. Il fegato è un organo doppiamente vascolarizzato. Malgrado costituisca solo il 4% della massa corporea, è percorso dal 28% del flusso sanguigno e utilizza circa il 20% dell’ap­ porto totale di ossigeno del corpo. La circolazione proviene dai vasi che trasportano il sangue dall’intestino e dalle arterie della circolazione generale. Dopo essere passato dal fegato, il sangue torna nell’apparato circolatorio da dove, a partire dal cuore, viene ridi­ stribuito in tutto il corpo. Il fegato è coinvolto in numerosi processi di trasformazione. Ad esempio, metabolizza alcuni componenti degli alimenti (come lipidi, proteine e zuccheri) ed immagazzina im­ portanti sostanze come zuccheri, vitamine, oligoelementi e sostanze minerali. Il fegato produce fattori di coagulazione, enzimi, ormoni e proteine, tra le quali si trova anche l’albumina, molto importante per la regolazione della pressione osmotica ed il trasporto delle sostanze insolubili nel plasma. Esso metabolizza inoltre la bile che, nell’intestino, svolge un ruolo importante per digerire ed assimilare determinati ele­ menti nutritivi (soprattutto i lipidi). Elimina le tossine (ad esempio, l’alcol) e purifica l’organismo scomponendo sostanze (ad esempio, i medicamenti), permettendo di secernerle attraverso l’urina o la bile. Quando è in buona salute, il fegato ha inoltre la particolare capacità di rigenerare rapi­ damente le sue cellule danneggiate o distrutte. 1.3 Cosa significa «epatite»? «Epatite» deriva dal termine greco hêpar che significa fegato. Quando un tessuto o un organo è infiammato, si aggiunge alla sua denominazione (che per lo più deriva dal lati­ no o dal greco) il suffisso -ite. L’infiammazione del fegato diventa quindi epatite. Questo termine designa varie forme di infiammazione del fegato e non fornisce alcuna infor­ mazione sulla ragione dell’infiammazione. L’epatite è sovente chiamata ittero, ma a torto, poiché la colorazione giallognola della pelle è solo uno dei molti sintomi possibili, non si manifesta in tutti i casi di epatite ed appare anche in altre malattie. Alcune nozioni mediche Infezione acuta: infezione del corpo da microrganismi, con o senza sintomi. Epatite acuta: infezione del fegato da microrganismi, con o senza sintomi. Infezione cronica: stato che segue un’infezione, quando il microrganismo resta nel corpo (per più di 6 mesi); con o senza sintomi. Epatite cronica: stato che segue un’epatite acuta, quando il microrganismo resta nel fegato; con o senza sintomi. 15 1.4 Cause delle epatiti Nei paesi industrializzati occidentali le epatiti sono dovute soprattutto ad un consumo eccessivo di alcol. Quest’ultimo, infatti, è essenzialmente eliminato dal fegato, sul qua­ le ha pertanto un effetto tossico diretto. I valori soglia oltre ai quali il fegato subisce un danno si situano, nel caso di consumo regolare, per gli uomini tra i 40–60 g e per le don­ ne attorno ai 20 g di alcol puro al giorno (un bicchiere - 3 dl di birra, 1 dl di vino, 2 cl di superalcolici – contiene in media 10 g di alcol puro). La seconda causa più frequente dell’epatite sono le infezioni da virus specifici. Nei paesi industrializzati, le infiammazioni del fegato sono causate sempre più frequen­ temente da fattori che non riguardano il consumo di alcol. I principali fattori di rischio sono costituiti dal sovrappeso e da un tasso di colesterolo elevato, dovuti ad una scor­ retta alimentazione. Più rare sono invece le epatiti che derivano dall’infezione da altri microrganismi, soprat­ tutto quando il sistema immunitario è già indebolito. È il caso, ad esempio, del citome­ galovirus (CMV), del virus di Epstein-Barr (EBV, agente patogeno della mononucleosi in­ fettiva), del virus della varicella e dell’herpes zoster (VZV) e del virus dell’herpes simplex (HSV). In questi casi, l’infiammazione del fegato è per lo più accompagnata da quella di altri organi. Questa combinazione può costituire un pericolo nelle persone il cui sistema im­ munitario è indebolito (ad esempio, nel caso di persone che hanno contratto l’HIV). Agenti patogeni come il virus della febbre gialla o quello dell’Ebola non sono diffusi alle nostre latitudini; possono però essere contratti durante viaggi nei paesi in cui queste malattie sono endemiche (Repubblica Democratica del Congo, Congo-Brazzaville, Su­ dan, Gabon, Costa d’Avorio o Uganda) ed assumere quindi una certa rilevanza. Anche infiammazioni di origine batterica come la brucellosi (trasmissibile attraverso il latte), la leptospirosi (trasmissibile attraverso l’urina dei topi) ed il tifo possono sfociare in un’epatite. Infine, l’epatite può essere pure provocata da parassiti (organismi monocellulari). An­ che in questo caso, di solito, vengono colpiti altri organi. In casi rari, le epatiti possono essere una conseguenza degli effetti collaterali di alcuni farmaci, di disturbi del metabolismo del ferro e del rame, o di processi autoimmuni. Questi ultimi indicano in generale le malattie in occasione delle quali il sistema immuni­ tario reagisce improvvisamente ed arbitrariamente cercando di distruggere cellule dell’organismo cui appartiene. Questo manuale si occupa principalmente delle epatiti di origine virale. 1.5 Decorsi 16 Nel caso di infiammazioni virali del fegato bisogna sostanzialmente distinguere tra infezioni acute ed infezioni croniche. L’epatite acuta passa sovente inosservata (forma asintomatica) o è accompagnata da spossatezza, nausea, vomito, perdita di peso e dolori alla parte superiore destra dell’ad­ dome. Talvolta può insorgere uno stato febbrile. In un terzo dei casi può svilupparsi, dopo all’incirca una settimana, un ittero, ossia una colorazione giallognola della sclera, la parte bianca degli occhi (subicterus), e della pelle (icterus). Questi disturbi scompaiono per lo più dopo un periodo di tempo compreso tra le 2 e le 6 settimane. Raramente si giunge ad un grave pregiudizio delle funzioni epatiche con esito letale, ossia al così detto «decorso fulminante». La colorazione giallognola della pelle è dovuta ad uno squilibrio nell’eliminazione della bilirubina. Quest’ultima è un normale prodotto della degrada­ zione dell’emoglobina (il pigmento responsabile della colorazione rossa del sangue): il fegato la evacua nelle feci attraverso la bile. Quando questo processo è disturbato, la bilirubina viene in parte immagazzinata nei tessuti e si rende parzialmente visibile nella sclera e nella pelle. Una parte viene invece secreta attraverso i reni. In questo caso l’uri­ na diventa marrone. Le feci, al contrario, si schiariscono: la bilirubina è infatti all’origine della loro colorazione normale. Anche l’assimilazione dei grassi da parte delle cellule dello stomaco viene disturbata, poiché vengono a mancare gli acidi biliari, componenti importanti della bile. Questa disfunzione può causare diarrea. Paradossalmente, in questa fase le persone colpite si sentono spesso meglio rispetto all’inizio dell’infezione, malgrado abbiano un aspetto malato. Durante questo periodo, anche il rischio di contagio è inferiore; questo è strettamente legato alla quantità di vi­ rus nel sangue o nelle feci. L’epatite cronica (> 6 mesi) persiste per anni e può portare ad una cirrosi epatica; il fega­ to produce tessuto cicatriziale per sostituire i tessuti morti (con crescente pregiudizio delle sue funzioni) o forma un tumore (epatocarcinoma). Solo alcune infiammazioni acute del fegato sfociano in un’infezione cronica. Questo dipende principalmente dal tipo di virus all’origine dell’infezione acuta (nelle persone adulte si registra ad esempio una cronicità del 5–10% nel caso dell’epatite B e del 70–80% nel caso dell’epatite C). Decorsi cronici con eventuali conseguenze ritardate si verificano nel caso di infezioni con virus dell’epatite B, C e D. In questo caso è molto importante evitare il più possibile in­ flussi negativi supplementari, come l’ingestione eccessiva di farmaci nocivi per il fegato (ad esempio, il paracetamolo = Panadol) o di alcol. Non sempre le sensazioni della/del paziente, i risultati del prelievo di sangue e lo stato dei tessuti convergono. Nel caso, ad esempio, di epatite C cronica si può a volte rilevare un’elevata concentrazione virale (➞ capitolo I.2.4), senza che l’esame dei tessuti prele­ vati mediante biopsia tradisca un’infezione importante del fegato. In altri casi è possi­ bile che le sensazioni della/del paziente e i risultati del prelievo di sangue siano soddisfa­ centi, mentre la cirrosi si aggrava. Una cirrosi epatica avanzata comporta un grave pregiudizio delle funzioni del fegato e diversi sintomi. Oltre ad una perdurante stanchezza, ad un calo di vitalità e ad una sen­ sazione di pressione e di gonfiore dell’epigastrio ed eventualmente anche ad un genera­ le prurito cutaneo, possono insorgere i seguenti sintomi: Diminuzione della massa muscolare. Apparizione di piccoli vasi sanguigni a forma di ragno (angioma stellare, spider naevi) sotto la pelle, soprattutto sul torace. Arrossamento dei palmi delle mani e delle piante dei piedi (eritema palmare e planta­ re). Colorazione giallognola della pelle. Femminilizzazione degli uomini. Nelle ghiandole surrenali gli uomini sintetizzano quantità modiche di estrogeni (ormoni sessuali femminili) che, in un fegato sano, sono rapidamente decomposti. In un fegato cirrotico che ha sviluppato tessuti cica­ triziali, questo processo è ostacolato; gradualmente si accumulano considerevoli quantità di ormoni femminili che diventano efficaci, provocando uno sviluppo delle ghiandole mammarie (ginecomastia), una degenerazione dei testicoli (atrofia testi­ 17 colare) ed una diminuzione della villosità (alopecia). A volte possono insorgere distur­ bi dell’erezione (impotentia coeundi) e sterilità (impotentia generandi). Disturbi del ciclo per le donne, che possono giungere fino ad una completa cessazione delle mestruazioni (amenorrea). «Ventre gonfio» (ascite). Siccome il flusso del sangue dalla vena porta attraverso il fegato è fortemente ostacolato a causa dell’infiammazione e dei cambiamenti subiti dal tessuto epatico (cirrosi), in questa zona si verifica un aumento della pressione (ipertensione portale) che provoca un versamento di liquidi nella cavità addominale (trasudazione). Questo processo viene favorito dalla carenza di determinate proteine del sangue (l’albumina che, di norma, è sintetizzata in misura sufficiente da un fegato sano). I meccanismi di regolazione ormonale tendono a sostituire i liquidi filtrati nel sistema vascolare e mantengono l’ipertensione portale, instaurando un circolo vizio­ so. Alcuni medicamenti possono ridurre leggermente la tensione portale (determi­ nati betabloccanti e nitrati). «Circolazione collaterale»: piccoli vasi sanguigni collegano la vena porta alla vena cava superiore passando sotto la mucosa dell’esofago. In caso di ipertensione portale si dilatano, provocando la formazione di varici esofagee che, se si rompono, possono provocare emorragie letali. Disturbi della coagulazione del sangue: il fegato malato è nell’incapacità di produrre una quantità di fattori coagulanti sufficiente. Inoltre, l’ipertensione portale provoca l’ingrossamento della milza con una conseguente crescente carenza di piastrine (splenomegalia). La mancanza di fattori di coagulazione e di piastrine innalzano il ri­ schio di emorragie. Encefalopatia epatica (malattia del cervello). Alcune persone affette da ipertensione portale soffrono anche di disturbi psichici, poiché sviluppano la così detta encefalopa­ tia epatica. All’origine di questa patologia si trovano le sostanze tossiche assimilate dalle cellule dello stomaco che non possono più essere trasformate dal fegato malato oppure che finiscono direttamente nella circolazione dalla vena porta attraverso la circolazione collaterale. L’ammoniaca, che si forma solitamente nello stomaco come conseguenza della scomposizione di proteine da parte dei batteri gastrici, svolge un ruolo fondamentale nell’emergenza di un’encefalopatia epatica, poiché il fegato non riesce più a trasformarla in urea. Fonte di altri disturbi, l’eccesso di ammoniaca è an­ che all’origine dell’aumento della permeabilità dei vasi cerebrali, dai quali filtrano li­ quidi sanguigni nel tessuto del cervello. Questo processo è la principale causa di morte improvvisa in seguito ad un collasso delle funzioni epatiche, mentre, in un decorso cronico, porta alla morte progressiva di cellule nervose (atrofia cerebrale), con distur­ bi di rilevanza sempre maggiore: stato di eccitabilità, disorientamento, disturbi della memoria e della concentrazione, disturbi del sonno, disturbi della motricità fine. Que­ sti ultimi si manifestano sovente a livello della scrittura, della locuzione, della motili­ tà, attraverso movimenti oculari abnormi e assenza di riflessi oculari normali. La te­ rapia di un’encefalopatia epatica, pertanto, mira innanzitutto a combattere l’accumulo di ammoniaca. Ciò è possibile riducendo l’apporto di proteine, favorendo una regolare evacuazione dello stomaco (ad esempio con lattulosio) e abbassando la presenza di batteri gastrici mediante antibiotici. In caso di decorso cronico, è possibile riscontrare qualche miglioramento; a lungo termine, la prognosi è tuttavia prevalen­ temente sfavorevole. 18 Le cinque diverse forme di epatite virale 1.6Virus dell’epatite Di norma, i virus si attaccano solo a determinate cellule ospiti che devono presentare una superficie tale da consentire il loro aggancio. Nel caso dei virus dell’epatite, le cellu­ le ospiti sono quelle del fegato umano. In esse si trova una sorta di serratura alla quale i virus si adattano come delle chiavi. Durante l’infezione, il patrimonio genetico del virus si immette nella cellula epatica, la modifica e la «costringe» a produrre nuovi virus. A tutt’oggi non è ancora completa­ mente chiaro come funzioni il meccanismo di distruzione delle cellule epatiche da parte degli agenti patogeni. Attualmente si conoscono abbastanza bene i virus dell’epatite A, B, C, D e E. Questi si differenziano sotto molteplici aspetti, ad esempio la struttura ge­ netica, le vie di trasmissione, la pericolosità o le possibili terapie. 1.7Epatite A Trasmissione del virus Il virus dell’epatite A si trasmette per via oro-fecale. Ciò significa che il virus si trova nel­ le feci delle persone contagiate e che è possibile contrarlo per via orale, sia direttamen­ te, ad esempio attraverso pratiche sessuali oro-anali, sia attraverso alimenti, bevande o oggetti contaminati (condivisione di giocattoli erotici, di spinelli). Durante il periodo di incubazione (lasso di tempo tra l’infezione e la manifestazione della malattia), il virus è rilevabile, per un breve momento, anche nel sangue. In rari casi, è pertanto possibile una trasmissione per via sanguigna. La persona infetta è contagiosa a partire dalla se­ conda metà del periodo di incubazione (dunque già prima che la malattia si manifesti) fino ad una settimana dopo l’apparizione dei primi sintomi. Oggi il contagio avviene per lo più durante viaggi in paesi dove sussistono condizioni igieniche precarie. Per questo motivo, nel caso dell’epatite A si parla anche di «epatite da viaggio». Decorso Il periodo di incubazione si situa tra i 15 e i 50 giorni (in media tra i 25 e i 30). L’infezione nel caso di bambini piccoli ha un decorso per lo più asintomatico (meno del 5% dei casi si sviluppa in un’epatite acuta), mentre le persone adulte sviluppano sintomi nel 50–70% dei casi (nausea, ...). Un’epatite fulminante, ossia un decorso rapido fino alla perdita delle funzioni epatiche, è rara (0,1%); se combinata con un’altra forma di epatite può tuttavia essere più frequente. L’infezione non diventa mai cronica e comporta un’immunità a vita. Diagnosi Il rilevamento di anticorpi contro il virus dell’epatite A permette di distinguere tra un’in­ fezione recente (rilevamento di immunoglobulina M; IgM) e l’immunità dovuta ad un’infezione guarita o ad una vaccinazione (rilevamento di immunoglobulina G; IgG). Gli anticorpi IgM possono essere rilevati 5–10 giorni dopo l’infezione (prima dunque dello sviluppo di sintomi) e restano nel corpo per 4–6 mesi. Dati epidemiologici Sulla base delle segnalazioni pervenute all’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), è possibile affermare che fino al 2000 si sono verificati 250–350 casi di epatite A acuta all’anno. A partire dal 2001, i casi sono scesi al di sotto dei 200 all’anno. Siccome solo 19 una parte delle persone contagiate sviluppa una forma acuta, il numero di nuove infe­ zioni per anno è da considerarsi da 2 a 4 volte maggiore del numero di casi di epatite A acuta registrati. In passato, tra le persone più colpite si trovavano le/i consumatrici/ consumatori di droghe per via endovenosa; il loro numero è ora lievemente diminuito. Oggi, la categoria più colpita è costituita da viaggiatori in paesi ad alto rischio (Asia, Africa, America centrale e meridionale). Terapia Non esiste una terapia antivirale farmacologica riconosciuta. Vaccinazione Le persone vaccinate (2 dosi per la vaccinazione contro l’epatite A; 3 dosi per la vaccina­ zione combinata contro le epatiti A e B) sono protette in modo sicuro per anni, proba­ bilmente anche per decenni. La vaccinazione contro l’epatite A, introdotta nel 1992, e la vaccinazione combinata contro le epatiti A e B, introdotta nel 1997, si sono dimostrate molto efficaci ed affidabili. Nel caso delle persone che consumano droga si deve vaccina­ re soltanto chi è negativo al test di rilevamento degli anticorpi contro il virus dell’epatite A. Questo vale anche per il personale che lavora a stretto contatto con i consumatori di droghe. Oltre alla vaccinazione – denominata anche immunizzazione attiva – esiste l’immunizzazione passiva, per la quale viene iniettato del siero (immunoglobulina) che contiene anticorpi protettivi. L’effetto dura però soltanto pochi mesi. Nell’85% dei casi, la somministrazione di immunoglobulina entro 2 settimane dal contatto con una per­ sona infetta può evitare il manifestarsi della malattia. La vaccinazione entro i 7 giorni che seguono l’esposizione ha un’efficacia comparabile e viene attualmente preferita all’iniezione di immunoglobuline. Misure igieniche Il rischio emerge soprattutto nel caso di viaggi a destinazione dei paesi menzionati pre­ cedentemente. Sul posto sarà pertanto indispensabile evitare il contatto con acqua contaminata ed escrementi infetti. Si raccomanda quindi di consumare unicamente bevande in lattina o in bottiglia, di rinunciare a cubetti di ghiaccio e gelati, di mangiare solo frutta sbucciata di persona, di fare attenzione nel caso di insalate e frutti di mare. È essenziale lavarsi le mani con il sapone e più accuratamente che a casa propria, in par­ ticolare dopo aver utilizzato i servizi igienici. Il virus può sopravvivere a lungo. Gli ogget­ ti e gli alimenti potenzialmente contaminati vanno disinfettati in acqua bollente (20 minuti in acqua a 85–90° o 90 secondi al vapore per gli oggetti; 4 minuti a 85–90° per gli alimenti). 1.8Epatite B Trasmissione del virus 20 Il virus dell’epatite B si trasmette attraverso sangue e secrezioni genitali (sperma e se­ crezioni vaginali) contaminati, soprattutto in caso di rapporti sessuali non protetti (oro-genitali e anali), di uso comune di strumenti per l’iniezione con persone che consu­ mano droga per via endovenosa, di tatuaggi e di uso comune di lame di rasoio e di spaz­ zolini da denti. È possibile anche il passaggio dalla madre contagiata alla/al neonata/o. Non sussiste più invece alcun pericolo nel caso di trasfusioni, visto che da decenni il san­ gue raccolto viene sottoposto a test in grado di rilevare la presenza del virus dell’epatite B (antigeni HBs). L’infezione da HBV presuppone che il sangue o le secrezioni genitali di una persona con­ tagiata penetrino nella circolazione sanguigna attraverso la pelle o le mucose (ad esem­ pio, per iniezione, attraverso una ferita o in seguito a contatti sessuali non protetti). Una persona infetta è contagiosa già diverse settimane prima dell’insorgere dei sintomi e lo resta durante tutta la durata della malattia. In caso di infezione cronica, il rischio di trasmissione è più importante quando la viremia (moltiplicazione virale) è elevata: è il caso delle epatiti B croniche con antigene HBe positivo. La persona è meno contagiosa se positiva agli anticorpi HBe. Decorso Il periodo di incubazione si situa tra 1 e 6 mesi (in media 60–90 giorni). A dipendenza dell’età, l’infezione comporta una sintomatologia acuta, dal grado di cronicità e dalle conseguenze molto diverse. Nel caso di neonate/i (trasmissione attraverso la madre) e bambine/i piccole/i, l’infezio­ ne non ha praticamente più un’evoluzione acuta; diventa tuttavia cronica nel 70–90% dei casi. Nelle persone giovani e adulte, l’infezione porta ad un’epatite acuta nel 20–50% dei casi e nel 5–10% diventa cronica (a dipendenza se si è verificata o meno un’evoluzio­ ne acuta). Se l’infezione dura più di 5 anni, nel 10–40% dei casi l’epatite cronica sfocia in una cirrosi con il rischio che si possa in seguito manifestare un tumore al fegato. Diagnosi Esistono diverse analisi di laboratorio per il rilevamento di anticorpi, di proteine del virus (principalmente quelle del capside, antigeni HBs) e del patrimonio genetico virale. È pos­ sibile distinguere tra infezione recente, infezione cronica e immunità. È possibile anche stabilire se l’immunità sia stata provocata da una vaccinazione o dalla malattia. Il test degli antigeni HBs può rilevare un’infezione a partire da 2 settimane dopo il contagio. Di regola sono però necessarie da 5 a 9 settimane. Questo significa che l’infezione può es­ sere individuata prima dell’inizio dei sintomi; in casi rari, è possibile solo 6–9 mesi dopo. Dati epidemiologici Sulla base delle segnalazioni giunte all’UFSP è possibile affermare che tra il 1988 e il 1995 si sono verificati 350–500 casi di epatite B acuta all’anno. Tra gli anni 1996–2000, circa 200–250 casi annui sono stati recensiti. A partire dal 2000 si è scesi sotto i 200 casi all’anno, di cui all’incirca il 70% sono persone di sesso maschile, per lo più tra i 25 e i 29 anni. Siccome un’evoluzione acuta ha luogo solo per una parte delle persone contagia­ te, si suppone che il numero di nuove infezioni sia sensibilmente maggiore (4–10 volte) rispetto al numero di segnalazioni pervenute: si stima quindi che esso si situi tra 500 e 1000 casi annui. Mentre in passato i casi di epatite B erano registrati soprattutto tra le persone che con­ sumano droga per via endovenosa, a costituire la maggiore fonte di contagio sono ora i rapporti sessuali non protetti (eterosessuali e omosessuali). A questo proposito, si noti che per contrarre un’infezione basta un solo rapporto sessuale. Si valuta che in Svizzera all’incirca 20 000 persone (1 persona su 200–400 abitanti) vivano con un’epatite B cronica; gran parte di loro non presenta sintomi apparenti. Alcune soffrono tuttavia di cirrosi epatica o di un tumore al fegato. Terapia Esiste una terapia antivirale a base di interferone pegilato (iniezioni sottocutanee, una volta alla settimana, per una durata di un anno) e a base di farmaci antivirali per via orale. La prescrizione della terapia deve essere valutata da uno specialista (infettivolo­ go, gastroenterologo, epatologo o internista). Il trattamento richiede uno stretto mo­ nitoraggio da parte del medico. La probabilità di una guarigione completa è nettamen­ te inferiore rispetto all’epatite C: il tasso si situa intorno al 20–30%. Nei casi in cui la guarigione completa non è raggiunta, si tenta di ridurre il tasso di viremia nel sangue. Il processo infiammatorio ed i relativi danni del fegato possono quindi essere arrestati. Questo scopo terapeutico è raggiunto praticamente nel 100% dei pazienti. 21 Esistono pazienti nei quali è possibile rilevare il virus dell’epatite B senza tuttavia che manifestino alcun segno di un processo infiammatorio del fegato. Questi pazienti non hanno dunque un’epatite B cronica ma sono considerati portatori inattivi dell’antigene positivo dell’epatite B (HBsAg+). Generalmente, essi non seguono un trattamento me­ dicamentoso. Grazie ai trapianti di fegato, consentiti però solo in determinati casi, esistono ora pos­ sibilità di guarigione anche nel caso di cirrosi epatiche avanzate. 22 Vaccinazione La vaccinazione contro l’epatite B è altamente efficace e sicura (3 iniezioni per bambine/i e adulti; 2 iniezioni per le/gli adolescenti con un dosaggio per persone adulte; 2 iniezioni anche per le/i bambine/i con vaccino combinato A e B). In Svizzera, la vaccinazione è raccomandata dal 1982 per tutte le persone a rischio e dal 1998 per tutte le/i giovani dagli 11 ai 15 anni. Le persone che consumano droga dovrebbero sempre essere persuase a vaccinarsi. Tut­ tavia, siccome esse interrompono sovente consulti e trattamenti, è consigliabile som­ ministrare loro una dose di vaccinazione già alla prima visita, ancor prima di disporre dei risultati di laboratorio. Anche se la sierologia dovesse risultare positiva, una prima vac­ cinazione non è dannosa. Meglio una vaccinazione di troppo che una di meno. Se il test di depistaggio degli anticorpi HBc è positivo, la persona è già infetta e la vaccinazione non è dunque necessaria. Si consiglia tuttavia di completare le analisi. Anche il personale in contatto con consumatori di droghe dovrebbe farsi vaccinare con­ tro l’epatite B. Esistono vaccini combinati, ad esempio contro l’epatite A e l’epatite B, ma anche vaccini combinati contro l’epatite B ed altri agenti patogeni. La somministra­ zione del vaccino e delle immunoglobuline (vaccinazione passiva e attiva) entro 24–48 ore dal contatto con sangue infetto può proteggere dalla malattia (➞ capitolo II.1.7). Controllo delle donazioni di sangue Dal 1980, in Svizzera, tutte le donazioni di sangue vengono sottoposte a test per rileva­ re l’eventuale presenza di antigeni HBs. Da allora non si sono praticamente più verifica­ te infezioni dovute a trasfusioni. Il rischio residuo si situa attorno a 1:300 000, dovuto alla così detta «finestra diagnostica» o «finestra immunologica», ossia il lasso di tempo (alcuni giorni) che intercorre dall’infezione da HBV al momento in cui l’antigene HBs è rintracciabile. In questo periodo, l’infezione non è ancora rintracciabile e può quindi es­ sere trasmessa, in casi rarissimi, mediante trasfusione. Controlli per le gestanti In Svizzera, il depistaggio mirato è consigliato dal 1985. Si raccomanda invece di sotto­ porre tutte le gestanti ai test per rilevare la presenza di antigeni HBs dal 1996. In caso di infezione della madre, occorre vaccinare ed immunizzare passivamente le/i neonate/i immediatamente dopo il parto. Misure igieniche Osservare attentamente le regole del sesso sicuro (come per la prevenzione di infezioni da HIV); evitare le siringhe potenzialmente infette (scambio, uso in comune, sterilizza­ zione insufficiente) e le ferite con oggetti taglienti o acuminati. Queste misure valgono in particolare nel caso di consumo di droga, ma anche di tatuaggi, piercing e iniezioni eseguite in condizioni igieniche precarie. Il virus può sopravvivere nell’ambiente a temperature normali per almeno una setti­ mana. Gli oggetti potenzialmente contaminati devono pertanto essere lavati con cura e non devono essere utilizzati in comune, in particolare se vi è un pericolo di ferimento (nel caso di oggetti acuminati o taglienti, rasoi, lime per le unghie, strumenti per la cura delle mani, spazzolini da denti, ...). 1.9Epatite C Trasmissione del virus Il virus dell’epatite C viene per lo più trasmesso tramite sangue contaminato che pene­ tra attraverso una ferita della pelle o delle mucose. Nella maggior parte dei casi, il con­ tagio si verifica attraverso l’uso comune di strumenti per l’iniezione nel caso di consumo di droga per endovena. Più raramente, anche in occasione di tatuaggi o di uso in comu­ ne di rasoi e spazzolini. La trasmissione sessuale è possibile in caso di ferite. Analoga­ mente, la trasmissione del virus dalla madre contagiata alla/al neonata/o si verifica in caso di contatto sanguigno (probabilità di circa il 5%). In Svizzera, inoltre, non si registra praticamente più alcuna infezione dovuta a trasfusione di sangue contaminato. Nei paesi in via di sviluppo il rischio è invece nettamente maggiore. Il contagio è possibile da una a più settimane precedenti l’apparizione della malattia; il rischio persiste per una durata indeterminata nella maggioranza delle persone infette e non trattate. Controllo delle donazioni di sangue Nel 1990 è stato introdotto in Svizzera il controllo della presenza di anticorpi HCV per tutte le donazioni di sangue e per tutti gli emoderivati, e nel 1999 il depistaggio di geno­ ma virale mediante la reazione a catena della polimerasi (PCR). Attualmente, il rischio di subire un contagio al momento di una trasfusione è di 1:1.4 milioni. In Svizzera, questo equivale a circa un caso ogni 5–10 anni, dovuto ad una donazione avvenuta subito dopo l’infezione, quando il test PCR è ancora negativo (finestra diagnostica). Decorso Il periodo di incubazione dura da 20 giorni a 6 mesi. L’infezione da HCV porta raramente ad un’epatite acuta (nel 10–20% dei casi) ed evolve di solito senza sintomi. Conduce però nel 70–80% dei casi ad un’infezione cronica. In un lasso di tempo compreso tra i 5 ed i 50 anni, nel 5–50% delle persone malate cronicamente porta ad una cirrosi, con un consi­ derevole rischio di sviluppare un tumore al fegato. Diagnosi Il sangue viene innanzitutto sottoposto ad un test di depistaggio degli anticorpi (screening). Un risultato positivo deve in seguito essere confermato da un metodo più mira­ to. La diagnosi può ritenersi comprovata solo se anche questo secondo test risulta po­ sitivo. Il test per rilevare la presenza di anticorpi è efficace entro 15 settimane (in media 7–8 settimane) dall’infezione o entro 6 settimane dal manifestarsi dei sintomi. Grazie alla PCR, è possibile rilevare la presenza di genoma virale entro un periodo compreso tra 1 e 3 settimane dall’infezione, ossia ben prima di quanto non lo consenta il depistaggio degli anticorpi. La PCR è generalmente effettuata in caso di sospetta infezione acuta o cronica, anche se il test degli anticorpi è negativo. La PCR è di norma effettuata in caso di sospetto di infezione cronica per confermare che l’infezione è attiva e, se occorre, per determinare il genotipo. Dati epidemiologici I medici ed i laboratori sono tenuti a segnalare all’UFSP i casi di epatite C acuta. Sulla base dei dati disponibili, è possibile affermare che dal 1992 al 2000 il numero di casi si è stabilizzato tra i 50 e i 65 all’anno. A partire dal 2000, si è osservato un aumento a 80–90 casi, dovuto a nuovi criteri adottati per definire i casi acuti (sieroconversione documen­ tata). Nel 2002 si sono addirittura verificati 133 casi; questo aumento è legato, con ogni probabilità, ad una campagna di sensibilizzazione che ha portato ad un aumento dell’at­ tività diagnostica. Nel 2003 i casi sono scesi a 90 e questa tendenza prosegue: nel 2006 sono stati infatti recensiti 65 casi. Anche per l’epatite C si può presumere che il numero delle nuove infezioni sia molto più elevato (5–10 volte) di quello dei casi acuti segnalati, dato che non tutte le persone con­ 23 tagiate sviluppano dei sintomi. Si considera pertanto che il numero di nuove infezioni si aggiri tra 300 e 1000 all’anno. A partire dagli anni Ottanta, nuove infezioni sono state registrate soprattutto tra le persone che consumano droga per via endovenosa (60–80%). Il 60% di queste sono uo­ mini, per lo più di un’età compresa tra i 25 e i 29 anni. Molte persone presentano d’altra parte un’infezione cronica contratta in passato, in un momento non ben determinato, mediante consumo di droga o trasfusione di sangue prima dell’introduzione del depistaggio degli anticorpi (prima del 1990), e ciò comporta circa 2500 nuove dichiarazioni all’anno. Infezione cronica Siccome l’infezione del virus dell’epatite C può perdurare senza manifestare sintomi clinici per anni e anche decenni, solo all’incirca la metà delle 50 000–70 000 persone che si stima siano contagiate è a conoscenza della propria malattia. Terapia La terapia farmacologica virale al momento riconosciuta consiste nella combinazione di interferone pegilato e Ribavirina. Una guarigione è possibile nel 50–90% dei casi, se la tera­ pia è iniziata in maniera tempestiva e, ad ogni modo, prima che si sviluppi una cirrosi. Le prospettive di guarigione dipendono in forte misura dall’aderenza alla terapia e dal tipo di virus. I pazienti con il genotipo 1 e 4 devono, nel 50% dei casi, seguire un trattamento di 48 settimane. Nel caso del genotipo 2 e 3, la durata si riduce a 24 settimane ed il tasso di gua­ rigione si aggira intorno all’85%. I principali effetti collaterali della terapia sono stanchezza, febbre, dolori muscolari e articolari, modifiche dei valori sanguigni e stati depressivi. Il trat­ tamento deve quindi essere strettamente monitorato. Come per l’epatite B, il trapianto del fegato deve essere preso in considerazione in caso di perdita delle funzioni epatiche in fase avanzata. Questo intervento si effettua generalmente in un centro universitario. Attualmente anche il trapianto epatico permette di ottenere buoni risultati nel caso di cirrosi avanzata, ma non in tutte/tutti le/i pazienti. Vaccinazione Non esiste nessun vaccino specifico per l’epatite C e non è neppure probabile, per quan­ to possibile prevedere, che ne venga sviluppato uno nei prossimi anni. Misure igieniche Evitare il contatto con oggetti che potrebbero essere contaminati (siringhe, aghi, cuc­ chiai, filtri, acqua) e che vengono impiegati in comune durante il consumo di droga, oppure il contatto in generale con oggetti taglienti o acuminati. Ciò vale in particolare nel caso di consumo di droga, ma anche di tatuaggi, piercing e iniezioni eseguite in con­ dizioni igieniche precarie. Una delle misure più importanti che andrebbero osservate è fare in modo che le perso­ ne che consumano droga abbiano a disposizione una quantità sufficiente di strumenti sterili per le loro iniezioni e che possano ottenerli gratuitamente e anonimamente 24 ore su 24. Sono ad ogni modo necessarie rigorose misure d’igiene supplementari. La durata di vita del virus dell’epatite C nell’ambiente non è ancora conosciuta. Per que­ sto motivo, in caso di dubbio, qualsiasi oggetto deve essere considerato contaminato e trattato di conseguenza (➞ capitolo II.2). 1.10Epatite D 24 Il virus dell’epatite D può propagarsi soltanto sfruttando il capside del virus dell’epatite B. L’epatite D, pertanto, insorge solo in presenza di un’infezione da virus dell’epatite B. Può comportare un’infezione più acuta o aggravare considerevolmente lo stato di salu­ te. In Svizzera, l’epatite D è rara. Tuttavia, in caso di coinfezione, assume un ruolo im­ portante. Il periodo di incubazione si situa tra 1 e 6 mesi. La vaccinazione contro l’epati­ te B protegge anche dall’epatite D. 1.11Epatite E Il virus dell’epatite E si manifesta principalmente nel maiale. Esso si comporta in manie­ ra analoga al virus dell’epatite A e può causare lo stesso tipo di disturbi. Viene trasmes­ so per via oro-fecale. L’infezione può avere un’evoluzione acuta, senza diventare mai cronica e può comportare delle gravi conseguenze nelle gestanti. Il periodo di incubazio­ ne varia tra le 2 e le 8 settimane. Negli ultimi anni – in particolare nei paesi con standard igienici precari – si sono verifica­ te a livello mondiale epidemie con migliaia di malati. In Svizzera, non è obbligatorio di­ chiarare i casi di epatite E, che finora sono molto rari. Si sta attualmente sviluppando un vaccino che potrebbe presto essere disponibile. Altri virus epatici I virus conosciuti attualmente permettono di chiarire soltanto l’80–90% dei casi di epa­ tite virale acuta e cronica. La ricerca a livello mondiale è attiva per trovare la soluzione dei casi restanti. Ogni 1–2 anni viene scoperto un nuovo virus, la cui importanza resta tuttavia marginale. Coinfezioni 1.12 Cosa sono le coinfezioni? Si parla di coinfezione quando più agenti patogeni sono attivi contemporaneamente. Per coinfezione da HIV/HBV e/o da HIV/HCV, e/o da HIV/HDV, si intende che una persona è affetta sia dall’HIV sia dall’HBV e/o dall’HCV e/o dall’HDV. La coinfezione da HIV/HCV si verifica spesso tra i consumatori di droghe, mentre le altre più raramente. Fondamentalmente, tutte le malattie che comportano un indebolimento del sistema immunitario possono influenzare negativamente il decorso di una malattia infettiva. 1.13Informazioni generali sulle coinfezioni L’HIV è il virus dell’immunodeficienza umana, responsabile dell’Aids. Il tasso di CD4 misura il numero di linfociti CD4 nel sangue. Nel corso di un’infezione da HIV non trattata, il numero di linfociti CD4 diminuisce costantemente. Più il tasso di linfociti CD4 è basso, più il sistema immunitario si indebolisce. Un’infezione da HIV non è curabile. Con le terapie antiretrovirali può – almeno in parte e temporaneamente – essere tenuta sotto controllo, così da evitare l’avanzamento dell’immunodeficienza. Queste terapie hanno notevolmente migliorato la qualità e le aspettative di vita delle persone malate di Aids. Un’infezione da HIV e le relative terapie provocano danni epatici a lungo termine: questa è la ragione per cui le malattie del fe­ 25 gato, e quindi anche quelle d’origine virale, figurano tra le cause di decesso più frequen­ ti delle persone malate di Aids. La questione delle vaccinazioni riveste un’importanza fondamentale per le persone af­ fette da HIV. Per questo viene chiesto loro di programmare le vaccinazioni precocemen­ te, mantenendole costantemente aggiornate. Se non hanno mai contratto l’epatite A o l’epatite B, si consiglia loro la vaccinazione attiva. Se un’infezione da HIV è accompagnata dall’immunodeficienza, le probabilità di succes­ so delle vaccinazioni sono minori, poiché il sistema non è più in grado di produrre anti­ corpi a sufficienza. Le vaccinazioni attive contro l’epatite A e B non sono controindicate per questo tipo di pazienti poiché si tratta di virus inattivi (vaccino contro l’epatite A) o di frammenti di virus prodotti mediante ingegneria genetica (vaccino contro l’epatite B). Non ci sono indizi per affermare che le vaccinazioni producano più effetti collaterali del solito o che influiscano negativamente sul decorso dell’infezione da HIV, malgrado si sia osservata in alcuni casi una concentrazione temporanea più elevata di questo virus nel sangue. Tra le persone che consumano sostanze stupefacenti, la coinfezione HIV/HCV è partico­ larmente frequente. La via di trasmissione dei virus è infatti sovente la stessa, ossia attraverso sangue contaminato. Il 90% circa delle persone che consumano sostanze stupefacenti e nel contempo hanno contratto l’HIV è anche portatore del virus dell’epa­ tite C. Le due infezioni si condizionano a vicenda, con effetti negativi tanto sul piano del loro decorso quanto su quello delle possibilità di cura. Una coinfezione da HIV e da epa­ tite cronica è sovente difficile da sopportare e la sua prognosi è sfavorevole. Se l’epatite cronica non è curata, la qualità di vita ne risente enormemente. Le malattie epatiche, inoltre, sono una delle principali cause di decesso tra le persone colpite da HIV. È pertan­ to di primaria importanza sottoporre le persone malate di epatite C a terapia il più presto possibile rispetto al decorso della malattia. Le persone colpite contemporaneamente da HIV e HCV sono trattate con interferone pegilato e Ribavirina. Questi stessi antivirali vengono utilizzati per la terapia in caso di coinfezione HIV/HBV. 1.14Epatite A – HIV L’epatite A non diventa cronica. In caso di coinfezione da HIV, ha un’incidenza soprat­ tutto sulle persone già colpite da un’epatite cronica (pericolo di un’evoluzione fulmi­ nante). Le vie di trasmissione dell’epatite A (essenzialmente oro-fecali), inoltre, al con­ trario di quanto vale per le epatiti B e C, non sono le stesse dell’HIV. Non esiste una terapia per l’epatite A: l’unica misura che si possa prendere è dunque vaccinare le/i pa­ zienti colpite/i da HIV contro l’epatite A. 1.15Epatite B – HIV 26 Questa coinfezione è rara tra le persone che consumano sostanze stupefacenti, poiché l’epatite B cronica è molto meno frequente dell’epatite C cronica. Nelle persone colpite da HIV e che presentano uno stadio avanzato di immunodeficienza è più frequente che un’epatite B abbia un’evoluzione cronica: succede in circa il 25% dei casi. La progressione dell’epatite B è accelerata e meno favorevole in caso di coinfezione da HIV; il rischio di danni al fegato è maggiore che in presenza della sola epatite. A lungo termine, le triterapie esercitano effetti nefasti sul fegato, e ciò ancor più in caso di coin­ fezione da HBV. È pertanto molto importante tenere sotto controllo il decorso dell’epa­ tite B. Alcuni farmaci destinati alle terapie combinate contro l’HIV sono anche efficaci contro l’HBV. Una coinfezione HIV/HBV sarà trattata con farmaci efficaci contro en­ trambi i virus (3TC, FTC, tenofovir). La lamivudina (3TC), ad esempio, è utilizzata nelle due terapie ed in particolare nel caso di pazienti che presentano una coinfezione. En­ trambi i virus, tuttavia, sono in grado di sviluppare una resistenza a questo farmaco. Anche il tenofovir agisce contro l’HIV e l’HBV, ma per il momento è riconosciuto solo nelle terapie contro l’HIV. Se non sono sviluppate resistenze contro questi due farmaci, essi sono utilizzati in primo luogo nelle terapie anti HIV e nei casi di coinfezione HIV/HBV. Lo scopo delle due terapie (anti HIV e anti HBV) è tenere sotto controllo le infezioni; la loro durata è quindi indeterminata. Il problema principale è lo sviluppo di resistenze, in particolare per la terapia anti HBV. Si raccomanda alle persone sieropositive che non hanno mai contratto un’epatite B acuta o non soffrono di epatite B cronica di farsi vac­ cinare al più presto. 1.16Epatite B/D – HIV Il decorso dell’epatite B determina quello dell’epatite D. Di conseguenza, le persone colpite da HIV, in particolare se presentano già un’immunodeficienza, sono soggette con più frequenza ad evoluzioni croniche dell’epatite D. L’epatite D cronica sembra ave­ re un decorso più grave nel caso di presenza concomitante dell’HIV. 1.17Epatite C – HIV Si tratta della coinfezione più frequente tra le persone che consumano sostanze stupe­ facenti. Non appena si presenta la possibilità, occorre trattarla al più presto. Nelle per­ sone positive all’HIV, l’epatite C cronica può essere curata con interferone pegilato e Ribavirina. La terapia dell’epatite C nelle/nei pazienti sieropositive/i è di solito più com­ plicata a causa dello sfavorevole condizionamento reciproco delle due infezioni. Rispet­ to a quanto avviene nel caso delle persone sieronegative, nelle persone sieropositive l’epatite C acuta provoca più spesso un colorito giallognolo della pelle e l’epatite C cro­ nica evolve più rapidamente e più frequentemente verso un’insufficienza epatica. L’im­ munodeficienza favorisce infatti la distruzione delle cellule epatiche. Nell’era delle trite­ rapie, le persone che muoiono a causa di un’infezione da HIV nei paesi industrializzati sono sempre più rare; tra di loro, una delle cause più frequenti di decesso è oggi il collas­ so epatico dovuto ad un’epatite C cronica. D’altra parte, non si sa fino a che punto l’HCV acceleri il decorso dell’infezione da HIV. Il tasso di successo della terapia diminuisce quando il grado di fibrosi aumenta: è pertanto estremamente importante trattare l’epatite C il più precocemente possibile. A seconda del genotipo, le possibilità di successo della terapia contro l’epatite C nelle persone che presentano una coinfezione da HIV si situano tra il 40 e l’80%: sono pertan­ to leggermente inferiori ai risultati riscossi tra le persone colpite solo da HCV. Le persone ad uno stadio avanzato di infezione da HIV presentano una concentrazione virale più elevata rispetto alle persone sieronegative. Si deve dunque supporre che la 27 contagiosità (rischio di trasmissione) del virus dell’epatite C aumenta. D’altra parte, le madri colpite da HCV trasmettono più sovente il virus alla/al loro neonata/o se sono anche sieropositive (8–40%). Nel caso delle persone colpite da HIV e che soffrono nel contempo di altri tipi di immu­ nodeficienza, un solo test negativo agli anticorpi non è sufficiente per diagnosticare un’epatite C; nel 10% dei casi, in effetti, queste persone non producono anticorpi contro l’HCV. Per individuare la presenza di materiale genetico del virus, occorre pertanto misu­ rare la carica virale (ricerca dell’RNA dell’HCV mediante PCR). Una terapia combinata anti HIV permette di ridurre considerevolmente l’infezione da HIV ma non influisce sulla concentrazione di HCV come si vorrebbe. All’inizio della terapia combinata anti HIV, si osserva infatti talvolta un aumento dell’infezione di HCV e dell’attività infiammatoria. (➞ capitolo I.2.4) 1.18Epatite A – epatite C Il rischio di una coinfezione può essere affrontato con una vaccinazione attiva contro l’epatite A. Una coinfezione HAV/HCV ha luogo quando ad un’epatite C cronica viene ad aggiungersi un’epatite A. Il contrario non è possibile, dato che l’epatite A non segue un’evoluzione cronica. La presenza di epatite A parallelamente all’epatite C cronica può provocare un decorso fulminante. Non esiste una terapia specifica. 1.19Epatite B – epatite C Nel caso delle persone affette da un’epatite C cronica a volte non è possibile individuare il componente del capside del virus dell’epatite B (antigene HBs), anche in presenza di un’epatite B cronica. È stata formulata l’ipotesi che l’HCV freni il propagarsi dell’HBV. 1.20Epatite B – epatite D La coinfezione con il virus dell’epatite D può aggravare il decorso della malattia e rischia di provocare un’evoluzione fulminante. L’infezione simultanea da entrambi i virus, tut­ tavia, diminuisce il rischio di cronicità. Se un decorso cronico dell’epatite B è però già in atto, il virus dell’epatite D tenderà ad aggravarlo. 28 2.Consulto, accertamento e vaccinazione Farsi esaminare 2.1Informazioni generali sulle analisi dell’epatite La frequenza dei casi di epatite è elevata tra le persone che consumano droga. Molto spesso la prima infezione passa inosservata e la malattia evolve senza sintomi. È per­ tanto opportuno sottoporre sistematicamente tutte le persone che consumano droga alle analisi che consentano di rilevare infezioni da epatite A, B e C, almeno una volta all’anno, anche in assenza di sintomi. I test permettono di identificare le differenti cate­ gorie di anticorpi. La combinazione di questi esami consente di stabilire se: si è in presenza di un’infezione in corso (recente o meno) si è in presenza di un’infezione guarita si è in presenza di un’immunità a seguito di vaccinazione (= la persona è vaccinata) la persona non è mai stata contagiata dal/dai virus a cui si riferiscono i test effettuati Per il depistaggio, è possibile effettuare le seguenti analisi del sangue: rilevamento di anticorpi specifici contro i virus corrispondenti rilevamento di virus o di loro componenti (proteine o materiale genetico) Le analisi possono essere interpretate solo se effettuate al più presto 3 settimane dopo l’esposizione al rischio. Se sono svolte prima di questo termine, possono condurre ad un risultato errato. Oltre ai test di depistaggio, i valori epatici devono essere regolarmente controllati. In caso di valori elevati non bisogna escludere delle cause non-infettive come ad esempio delle lesioni dovute all’alcol o a medicamenti. L’epatite virale è spesso asintomatica: una persona può infatti essere infetta, senza tuttavia sentirsi malata. Se vengono rilevati componenti del virus, significa che esso è attivo nell’organismo. In questo caso la persona è contagiosa. Test combinati per la messa in evidenza degli anticorpi e delle componenti del virus per­ mettono di trarre le seguenti conclusioni: l’infezione è stata guarita oppure vi è un’infe­ zione cronica. La presenza di determinate forme di anticorpi nei casi di epatite A e di epatite B permet­ te di individuare un’immunità: la persona è stata infetta in passato e la malattia è stata guarita, oppure è stata vaccinata ed ora è al riparo da infezioni future. Nel caso dell’epatite C, anche se guarita, gli anticorpi non offrono alcuna protezione contro una nuova infezione. 29 2.2 Chi deve sottoporsi alle analisi per le epatiti? I seguenti sintomi e situazioni richiedono un controllo medico generale che includa le analisi riguardanti le epatiti. Epatite A In caso di: ittero, spossatezza, nausea relazioni sessuali a rischio (in particolare relazioni oro-anali) Il depistaggio degli anticoripi HCA è raccomandato alle persone: che si occupano del trattamento delle acque di scarico che hanno rapporti sessuali a rischio (in particolare oro-anali) che consumano droghe e che sono portatori del virus dell’epatite B con una malattia cronica del fegato (in particolare l’epatite B) Epatite B In caso di: ittero, spossatezza, nausea relazioni sessuali a rischio disturbi non specifici, quali problemi cutanei, renali, articolari Il depistaggio degli anticorpi dell’epatite B (screening) è inoltre raccomandato alle per­ sone: in gravidanza che vivono in comunione domestica (membri della famiglia, bambini) o che sono partner sessuali di persone positive agli antigeni HBs che, sul posto di lavoro, sono a stretto contatto con persone tossicodipendenti che provengono da paesi dove molte persone sono portatrici di antigeni HBs che consumano o hanno consumato droga per via endovenosa positive all’HIV Epatite C In caso di: ittero, spossatezza, nausea Il test degli anticorpi HCV è raccomandato alle persone: che consumano o hanno consumato droga per via endovenosa, che inalano o hanno inalato (fumano o hanno fumato) cocaina o vapori di cocaina che hanno subito una trasfusione di sangue prima del 1992 che hanno assunto emoderivati prima del 1987 (ad esempio, persone colpite da emo­ filia) che accusano malattie dei reni con emodialisi (reni artificiali) partner sessuali di persone infette dal virus dell’epatite C la cui madre è positiva all’HCV positive all’HIV che esercitano una professione sanitaria e sono incorse in un contatto accidentale con sangue (ferite da aghi o altro materiale eventualmente contaminato) con transaminasi alte (reperti epatici abnormi) 30 2.3 Cosa mostrano i risultati delle analisi? Epatite A La positività agli anticorpi IgM e IgG segnala che l’infezione è acuta o è stata contrat­ ta da poco (gli IgM sono riscontrabili soltanto durante 4–6 mesi). La negatività agli anticorpi IgM e la positività agli anticorpi IgG segnalano che l’infe­ zione è guarita o che è stata fatta una vaccinazione. La negatività agli anticorpi IgM e la negatività IgG mostrano che non vi è stato né contatto con il virus, né vi è una protezione in seguito ad una vaccinazione. Queste persone dovrebbero vaccinarsi. Epatite B La presenza di antigeni HBs (proteine virali di superficie) indica che il virus è attivo nell’organismo (infezione acuta o cronica); in tal caso, la presenza di antigeni HBe senza anticorpi HBe è segno di un rischio di trasmissione elevato. La presenza di anticorpi HBc indica che esiste o è esistita un’infezione. La presenza di anticorpi HBs indica che l’infezione è guarita (anche in caso di positività agli anticorpi HBc) o che vi è una risposta immunitaria ad una vaccinazione corrispon­ dente (in caso di negatività agli anticorpi HBc). L’assenza di anticorpi HBc e di HBs significa che non vi è stato fino ad allora alcun con­ tatto con il virus e che non vi è una protezione in seguito ad una vaccinazione. In que­ sto caso, la vaccinazione è raccomandata. Epatite C La presenza di anticorpi HCV segnala che esiste o è esistita un’infezione (acuta, croni­ ca o guarita). La presenza di RNA di HCV (materiale genetico del virus) segnala che il virus si trova nell’organismo (infezione acuta o cronica). 2.4Analisi di laboratorio e analisi microscopiche nei casi di epatite comprovata Valori del sangue e funzioni epatiche Oltre alla misurazione della reazione del corpo ai virus (anticorpi) e dei componenti vira­ li (antigeni), sono prescritte altre analisi che permettono di valutare il decorso dell’in­ fiammazione. L’aumento degli enzimi epatici (transaminasi/transferasi) informa sul grado di distruzione delle cellule dovuta all’infiammazione. Si tratta essenzialmente dei valori di ALT (alanina transaminasi; in passato detta GPT, glutammato piruvato transa­ minasi) e AST (aspartato transaminasi; in passato detta GOT, glutammico ossalacetica transaminasi). Le funzioni epatiche possono inoltre essere giudicate grazie ai seguenti rilevamenti: se diminuisce l’attività di sintesi del fegato, nel plasma del sangue calano parallelamente i valori della colinesterasi, i fattori di coagulazione e, nel caso di pregiudizio grave, anche l’albumina (un’importante proteina del sangue). La funzionalità del sistema di coagula­ zione è valutata sulla base del tempo di protrombina (tempo di Quick, INR). Disturbi al flusso della bile si manifestano tra l’altro sotto forma di un aumento della fosfatasi al­ calina (ALP). Nel caso di cirrosi avanzata, una diminuzione dell’attività di disintossicazio­ ne si manifesta con un aumento del tasso serico dell’ammoniaca. 31 32 Concentrazione virale o viremia La misurazione della concentrazione virale nel plasma sanguigno (ossia la quantità di virus espressa in numero di copie di DNA o RNA virale per millilitro di plasma sanguigno) viene eseguita mediante un procedimento di tecnologia genetica, chiamato reazione a catena della polimerasi (PCR) che consiste nella moltiplicazione di frammenti di DNA o di RNA vira­ le. In base alla sequenza di acidi amminici, è possibile determinare l’agente patogeno. La diagnostica PCR è importante anche per il controllo della terapia. Se viene impiegato l’interferone (eventualmente combinato con un’altra sostanza), essa consente infatti di determinare la concentrazione virale e di controllare l’efficacia della terapia. La concentrazione virale può essere negativa in seguito ad una guarigione spontanea o in caso di risposta positiva alla terapia. Biopsia epatica Se si sospetta un’epatite cronica, è possibile eseguire una biopsia epatica. Nelle persone che non hanno disturbi di coagulazione, si procede in tal caso ad un prelievo di tessuto del fegato per biopsia mediante un ago. L’analisi al microscopio permette in particolare di determinare la gravità dell’infiammazione e l’estensione della fibrosi, ma anche di indivi­ duare lesioni dovute ad altre cause, come ad esempio il consumo di alcol. Prima della biopsia epatica propriamente detta, hanno luogo un consulto medico ed un’ecografia del fegato (apparecchio ad ultrasuoni). La mattina della biopsia è prescritto il digiuno. Aiutandosi con l’apparecchio per l’ecografia, il medico stabilisce la traiettoria che l’ago dovrà seguire per giungere fino al fegato. In seguito, disinfetta la pelle ed effettua un’anestesia locale. Al momento dell’intervento, la/il paziente trattiene il fiato, così che il fegato non si muova e resti in una posizione favorevole all’intervento. La biopsia è pra­ ticata con un sottile ago cavo, che viene introdotto nel fegato per 4–5 centimetri e che consente di prelevare, mediante aspirazione, un piccolo campione di tessuto per l’analisi. Di norma, questo intervento non è doloroso. In qualche raro caso, è possibile un dolore passeggero, situato nel punto dove è stato infilato l’ago o alla spalla destra. L’intervento dura 5 –10 minuti. In seguito, la/il paziente è tenuta/o sotto osservazione per 4 ore circa, in modo da assicurarsi che non sopraggiunga un’emorragia (una complicazione d’altra parte rara). Per ottenere i risultati degli esami di laboratorio, è necessario attendere dai 5 agli 8 giorni. Le analisi informano sui danni subiti dal fegato e sulle probabili cause. Metodi diagnostici non invasivi: Fibroscan® Il Fibroscan® si fonda su un principio istologico: più il fegato è duro, più la fibrosi è avan­ zata. L’elasticità dell’organo può pertanto essere considerata un criterio di diagnosi. Per misurarla, il Fibroscan® utilizza una tecnologia all’avanguardia, detta elastometria ad impulsi. L’apparecchio emette una piccola vibrazione sulla superficie cutanea che si propaga fino al fegato. Mediante ultrasuoni, si misura la velocità di spostamento di questa microonda, tra 2 e 4 cm al di sotto della pelle. Quanto più rapidamente la vibra­ zione si sposta, tanto più il fegato è duro e la fibrosi è avanzata. Si tratta di un interven­ to non invasivo (poiché non implica nessun gesto chirurgico né alcun prelievo di sangue), indolore e rapido (dura al massimo 5 minuti). È tuttavia controindicato ricorrere al ­Fibroscan® in caso di accumulazione di liquidi nella cavità addominale (ascite) o in caso di obesità morbida che vanificherebbe qualsiasi tentativo di misurazione. Nella realtà dei fatti, non vi è sempre una buona correlazione tra il risultato di una biopsia epatica di buona qualità ed il risultato di un esame mediante Fibroscan®. Per il momento le/gli specialiste/i non sono concordi. Alcune/i preconizzano piuttosto la biopsia, altre/i pre­ feriscono il Fibroscan®, a seconda dei genotipi. Il metodo Fibroscan® è applicato alle/ai pazienti sulle/sui quali non è possibile effettuare una biopsia e che non presentano controindicazioni (obesità con indice di massa cor­ porea > 26, ascite, fegato piccolo e anormalmente formato). 2.5Risultati delle analisi: commenti e test complementari Epatite B In caso di sospetta epatite B, occorre eseguire delle analisi per rilevare la presenza di antigeni HBs, anticorpi HBs e anticorpi HBc. Un prelievo positivo agli antigeni HBs è segno di un’epatite B acuta o cronica. La presen­ za di anticorpi HBs indica un’epatite B guarita. Gli anticorpi HBc sono sempre presenti in caso di epatite B. Dopo la vaccinazione, gli anticorpi HBc sono negativi, mentre gli anti­ corpi HBs sono positivi. La loro quantità consente di valutare la risposta al vaccino. Epatite C Se il depistaggio di anticorpi HCV è positivo, occorre procedere ad una ricerca qualitativa dell’RNA del virus. Esistono infatti 4 diversi sottogruppi (genotipi) del virus dell’epatite C; ciò significa che il virus può presentare leggere differenze strutturali. La durata della terapia ed il suo margine di successo dipendono dalla quantità di virus nel sangue e dal genotipo. In base ai dati attualmente a disposizione, si considera che le opportunità di successo delle terapie effettuate secondo gli standard più recenti si aggirano tra il 70 e il 90% per i genotipi 2 e 3, mentre per il genotipo 1, esse oscillano tra il 50 e il 70%. Per dei rari casi di genotipo 4, il tasso può essere poco superiore al 50%. Epatite cronica Nei casi di epatite cronica B o C, per le quali un trattamento non è (ancora) necessario o non è auspicato, occorre procedere ad un controllo annuale dei valori epatici (analisi epatiche, TP, dosaggio dell’alfa-feto proteina) e ad un’analisi del fegato mediante ul­ trasuoni o una biopsia ogni 5 anni, in particolar modo se dovessero subentrare sintomi che fanno sospettare un’epatite avanzata o un’insufficienza epatica. 2.6 Dichiarazione obbligatoria In base alla legge federale sulle epidemie, per numerose malattie infettive vige l’obbligo di dichiarazione. Le segnalazioni permettono di riconoscere precocemente le malattie epidemiche e di verificare la necessità e/o l’efficacia di misure preventive. Le epatiti A, B e C fanno parte delle malattie che è obbligatorio dichiarare. I laboratori sono tenuti a segnalare gli eventuali test positivi sia all’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) sia al medico cantonale. Quest’ultimo richiederà in seguito al medico curante ulteriori ­informazioni concernenti l’infezione, in particolare sulle possibili vie di trasmissione, e farà poi pervenire all’UFSP i dati contenuti in questa dichiarazione complementare. Nel caso delle epatiti A, B e C, le indicazioni comprendono anche il nome e l’indirizzo della persona che risulta positiva alle analisi. Queste informazioni sono necessarie per permettere a laboratori, studi medici e ospedali di prendere eventuali altre misure (ri­ cerca di persone infette o esposte ecc.). Nel caso delle epatiti B e C, le informazioni complementari fornite dai medici curanti servono a stabilire se si tratta o meno di un’infezione recente. Non è infatti possibile dedurlo dai semplici dati forniti dal laboratorio. Nel caso si sospetti un contagio dovuto a trasfusioni di sangue, si richiede un’indagine re­ trospettiva (lookback) in modo da poter individuare una/un donatrice/donatore eventual­ mente infetta/o e, se del caso, distruggere donazioni di sangue o emoderivati contaminati. Per le epatiti B e C si richiedono ulteriori analisi anche nel caso si sospetti che la trasmis­ sione abbia avuto luogo in ospedale o attraverso il personale di cura. Lo stesso vale nel caso dell’epatite A, se vi è un sospetto di contagio attraverso acqua o alimenti contami­ nati, allo scopo di assumere, se occorre, le necessarie misure di risanamento. 33 Va verificata anche la possibilità che una vaccinazione non sia riuscita. Possono rendersi necessarie anche misure di profilassi post-esposizione (PEP). La dichiarazione nominativa permette inoltre di evitare di registrare più volte le stesse persone malate croniche, se annunciate da medici diversi. Queste informazioni sono tutelate dal segreto medico e dalla legge sulla protezione dei dati. I documenti vengono distrutti alla fine degli accertamenti. Farsi vaccinare 2.7Vaccinazione Contro l’epatite A e l’epatite B è possibile una vaccinazione sia attiva che passiva; per l’epatite C non esiste alcun vaccino. (Per informazioni più approfondite su questo tema, in particolare per quanto riguarda gli aspetti giuridici, capitolo II.3.1) Nel caso della vaccinazione passiva, vengono somministrati anticorpi contro il virus dell’epatite A o il virus dell’epatite B. Questo procedimento ha il vantaggio di offrire una protezione immediata e di essere efficace anche in caso di profilassi post-esposizione. La protezione dura però soltanto pochi mesi, dato che il sistema immunitario della per­ sona vaccinata non impara a produrre a sua volta anticorpi da fornire in caso di biso­ gno. Vantaggi Svantaggi 34 Nel caso della vaccinazione attiva, vengono iniettati i così detti antigeni, ossia elementi costitutivi del virus prodotti mediante tecnologia genetica che incitano l’organismo a produrre gli anticorpi necessari. Il sistema immunitario delle persone vaccinate è in grado di produrre, se occorre, nuovi anticorpi. La vaccinazione non è immediatamente efficace (l’organismo ha bisogno da 2 a 3 setti­ mane per produrre gli anticorpi); deve pertanto essere effettuata entro un periodo di tempo sufficientemente lungo prima dell’esposizione (molte persone non si preoccu­ pano di proteggersi dai rischi) e deve essere ripetuta ad intervalli regolari per poter ga­ rantire una protezione a lungo termine (due volte per l’epatite A, tre per l’epatite B). Contro l’epatite A e l’epatite B esistono vaccini combinati. Di norma, la prima dose di vaccino è seguita da una seconda e una terza dose, somministrate rispettivamente ad uno e a sei mesi di distanza. Questi vaccini si sono rivelati molto efficaci (≥ 90%) e ben tollerati. Malgrado si raccomandi una vaccinazione completa, anche una sola dose ab­ bassa già in maniera rilevante il rischio di contagio. Alcune persone non rispondono alla vaccinazione attiva e non producono anticorpi ne­ anche dopo 3 dosi (ca. 5–10% dei casi). Si tratta delle/dei cosiddette/i non responder. Va comunque detto che in quasi il 70% di questi casi è possibile ottenere la formazione di anticorpi ripetendo la vaccinazione (al massimo 3 ulteriori dosi con intervalli di 3–4 mesi). Per alcune/i pazienti, solo una vaccinazione passiva garantisce una protezione relativa. Il vaccino è iniettato nella parte superiore del braccio; alle/ai bambine/i piccole/i nella coscia. In caso di vaccinazione simultaneamente attiva e passiva, le diverse iniezio­ ni sono distribuite tra braccio destro e braccio sinistro, coscia destra e coscia sinistra. Se si effettua una profilassi post-esposizione (PEP), ad esempio dopo il ferimento con un ago, occorre procedere, oltre alla vaccinazione attiva contro l’epatite B, anche a quella passiva, nel caso la/il paziente non sia mai stata/o vaccinata/o contro l’epatite B. Contro l’epatite C non esiste alcuna vaccinazione e neanche una PEP. In concomitanza con la vaccinazione è opportuno osservare alcune regole di comporta­ mento che possono diminuire in maniera rilevante il rischio di contagio (➞ capitolo II). Il vaccino non garantisce una protezione totale e nemmeno protegge da altri agenti patogeni: le persone vaccinate non devono pertanto trascurare tutte le altre misure di prevenzione. Per essere esaustivi sul tema prevenzione/vaccinazione, occorre ricordare anche che non mancano voci critiche contro queste vaccinazioni. Seguono alcune riserve avanzate e dei relativi elementi di risposta. Le/i non responder, che non sanno di esserlo, vivono nell’illusione di essere al riparo da qualsiasi infezione. Per le persone che hanno comportamenti altamente a rischio, è possibile, ad esempio, controllare che dopo la vaccinazione abbiano effettivamente sviluppato i relativi anti­ corpi. Nel caso in cui questi manchino, si provvederà a verificare se la persona non è già infetta. Un’infezione cronica al virus dell’epatite B può infatti essere uno dei motivi di una mancata formazione di anticorpi dopo la vaccinazione. La vaccinazione può indurre a trascurare le misure di protezione (la profilassi contro i virus dell’epatite è utile anche contro l’HIV). È importante ricordare alle persone che si fanno vaccinare contro l’epatite B che ciò non le protegge dall’infezione da altri virus, in particolare dall’HIV, e che quindi le consuete misure preventive rimangono necessarie e vanno sempre osservate. Il virus dell’epatite B è molto più contagioso e diffuso tra la popolazione che l’HIV; per questo conviene farsi vaccinare, anche quando si applicano le usuali misure prudenziali contro l’HIV. Si sono verificati casi di sclerosi multipla in seguito ad una vaccinazione contro l’epatite B. Casi di sclerosi multipla sono stati riscontrati in effetti in concomitanza con vaccinazioni contro l’epatite B. Studi dettagliati hanno tuttavia permesso di escludere una relazione di causa ed effetto tra il vaccino e questa malattia. 2.8 La vaccinazione contro l’epatite A La vaccinazione contro l’epatite A è raccomandata ai seguenti gruppi: consumatori di droga personale a stretto contatto con consumatori di droga o con persone a rischio oppu­ re con persone che provengono da zone endemiche viaggiatori in zone endemiche (➞ lista corrispondente sul sito web www.safetravel.ch) minorenni di paesi in cui esiste un’endemia media o elevata, che vivono in Svizzera e tornano nel loro paese d’origine per soggiorni temporanei uomini che hanno relazioni sessuali con uomini persone che hanno una malattia epatica cronica (in particolare l’epatite C) persone che presentano una coinfezione da HIV, HBV e HCV 35 Dal 1° gennaio 2008 la vaccinazione contro l’epatite A è rimborsata dall’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie per i gruppi a rischio (ivi compresi i bambini provenienti da zone endemiche), eccetto per chi viaggia. I costi delle vaccinazioni per motivi professionali sono di solito assunti dalla/dal datrice/datore di lavoro. Si racco­ manda di verificare sul registro dei medicamenti quale vaccino è effettivamente rim­ borsato dalle casse malati (nel febbraio del 2008, solo Havrix©). 2.9 La vaccinazione contro l’epatite B Dal 1998, in Svizzera, si raccomanda di vaccinare le/gli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni. In questo modo la vaccinazione viene effettuata prima dell’incorrere di una possibile infe­ zione, dato che a partire dai 15 anni, età attorno alla quale inizia l’attività sessuale, il rischio di un’infezione aumenta esponenzialmente per raggiungere il suo culmine, se­ condo i dati raccolti grazie alle segnalazioni obbligatorie, tra i 20 e i 24 anni. I dati più recenti mostrano che questa strategia è efficace. Attualmente, infatti, i casi di epatite B registrati tra le persone di età compresa tra i 15 e i 19 anni sono notevolmente dimi­ nuiti. Per le altre fasce di età una vaccinazione è consigliata in casi particolari, ovvero alle per­ sone che: lavorano nel settore sanitario, a contatto con sangue o con oggetti potenzialmente contaminati da liquidi biologici consumano droga svolgono una professione in ambito sociale o carcerario o in seno alla polizia ed entra­ no sovente in contatto con persone che consumano droga cambiano spesso partner sessuale vivono a stretto contatto (nella stessa economia domestica) con persone portatrici di virus (antigeni HBs) o che hanno relazioni sessuali con loro sono originarie di regioni a rischio (Africa, Asia, Oceania, alcune regioni dell’America meridionale) (➞ lista corrispondente sul sito web www.safetravel.ch) viaggiano in zone endemiche, dove entrano in stretto contatto con la popolazione (soggiorno prolungato, attività a rischio, comportamenti a rischio) presentano un indebolimento del sistema immunitario; pazienti in emodialisi (pa­ zienti con reni artificiali), persone colpite da emofilia soffrono di una malattia epatica cronica (in particolare epatite C) presentano una coinfezione da HIV e HCV La vaccinazione è rimborsata dall’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanita­ rie per tutte queste prescrizioni, salvo per chi viaggia. I costi delle vaccinazioni per moti­ vi professionali sono di solito assunti dalla/dal datrice/datore di lavoro. 36 Gravidanza, parto e allattamento in caso di epatite 2.10Epatite B La trasmissione del virus da una gestante affetta da epatite acuta o cronica alla/al neonata/o può aver luogo già durante la gravidanza, ma di solito avviene durante il parto, quando la/il piccola/o è esposta/o alle secrezioni biologiche della madre. Il ruolo dell’allattamento materno in assenza di immunoprofilassi postnatale è contro­ verso, poiché gli studi a disposizione non sono abbastanza numerosi. Sebbene sia stato provato che il latte materno contiene antigeni HBs, il rischio di trasmissione attraverso il latte è considerato infimo rispetto a quello legato all’esposizione a secrezioni biologi­ che infette durante il parto. L’infezione definitiva della/del neonata/o dipende moltissimo dalla viremia della madre e dalla quantità di virus trasmessa. Se non si applicano misure profilattiche alla nascita, il rischio di trasmissione si aggira tra il 70 e il 90% nel caso in cui la madre sia positiva all’antigene HBe; il rischio diminuisce al 10–40% se la madre è positiva solo all’antigene HBs. Il tasso di contagio si situa attorno al 60–70% in caso di epatite B acuta al termine della gravidanza. Il problema maggiore che si pone nel caso di neonate/i infette/i è l’elevata probabilità che il contagio evolva verso una forma cronica di epatite (90%) che può poi degenerare in cirrosi o tumore al fegato. Rilevando l’antigene HBs durante l’ultimo terzo della gravidanza è possibile individuare le madri che potrebbero trasmettere il virus. Le/i figlie/i di donne positive all’antigene HBs vengono vaccinate/i contro l’epatite B subito dopo la nascita (entro 12 ore). La vac­ cinazione viene ripetuta una prima volta dopo 4 settimane e una seconda volta dopo 6 mesi. In questo modo la/il neonata/o ha il 95% di probabilità di non essere contagiata/o e può essere allattata/o. Il rischio di trasmissione alla/al neonata/o è dunque sostanzialmente più elevato per le epatiti B che per le epatiti C. Le misure appena descritte, tuttavia, rendono possibile una maternità senza contagio. 2.11Epatite C La trasmissione dei virus dell’epatite C presenti nell’organismo della madre non può essere totalmente esclusa; la sua probabilità è però ridotta (inferiore al 5%). Un’epatite C non è pertanto una ragione per sconsigliare una maternità o per imporre alla donna, durante la gravidanza o il parto, misure più restrittive rispetto alle consuete regole igie­ niche. Una madre infetta dal virus dell’epatite C può allattare la/il sua/o neonata/o a condizione di non avere lesioni ai capezzoli. I dati concernenti una maggiore quantità di virus (viremia) al momento del parto non hanno potuto essere messi in chiara relazione con un rischio più elevato di trasmissione. Non vi è un legame tra il contagio ed il parto, sia naturale che cesareo. Il rischio di trasmissione dell’HCV è maggiore in caso di coinfe­ zione da HIV (8–30%); si applicano le misure profilattiche raccomandate per l’HIV. 37 II. Prevenzione 39 1.Igiene Igiene delle mani 1.1 Lavarsi le mani Gli agenti patogeni sono sovente trasmessi dal contatto con mani non lavate. Negli ambienti frequentati da persone che consumano droga occorre pertanto prestare estrema attenzione all’igiene delle mani: ciò vale tanto per le persone tossicodipenden­ ti quanto per chi entra in contatto con loro. Qui di seguito sono riassunte le principali regole di comportamento da osservare. Perché lavarsi le mani? Gli agenti patogeni (virus e batteri) sono piccoli ed invisibili. Alcuni possono provocare di­ sturbi come diarrea o raffreddore, ma a volte anche malattie più gravi, persino mortali. Se si lavano con cura le mani, ci si libera della maggior parte dei batteri (assieme ad altri germi e agenti patogeni), compresi quelli che hanno già sviluppato una resistenza agli antibiotici. Gli agenti patogeni penetrano nel corpo nel momento in cui ci si tocca con le mani spor­ che il naso, la bocca o ferite non rimarginate. Il personale sanitario che lavora in studi medici, ospedali e così via è tenuto a lavarsi ac­ curatamente le mani. Fa parte della responsabilità di ognuno attribuire all’igiene delle mani la dovuta impor­ tanza. Quando lavarsi le mani? prima e dopo il consumo di droga per via endovenosa dopo ogni contatto con il proprio sangue o con quello di un’altra persona, o con su­ perfici sporche di sangue di ritorno a casa prima di preparare un pasto o prima di mangiare dopo aver toccato alimenti non cotti (soprattutto pesce e carne) dopo ogni utilizzazione dei servizi igienici; dopo qualsiasi contatto con feci proprie o altrui dopo un contatto ravvicinato con animali (nel caso di carezze) prima di mettere o togliere le lenti a contatto Per non distruggere l’acidità naturale della pelle, utilizzare un sapone non alcalino (pH 5,5). Come lavarsi le mani? 40 Come lavarsi le mani è altrettanto importante di quando lavarsele. Passar brevemente le mani sotto dell’acqua corrente non basta. Occorre: utilizzare sapone e acqua calda corrente lavare tutta la superficie della mano, anche i polsi, i dorsi, le dita ed eventualmente anche sotto le unghie sfregare le mani una con l’altra per almeno 10–15 secondi asciugare le mani solo con un asciugamano pulito; nei servizi igienici pubblici solo con asciugamani di carta monouso; invece di strofinare è meglio tamponare la pelle, in modo da non rovinarla non chiudere il rubinetto (potenzialmente contaminato) direttamente con le mani pulite, bensì con l’aiuto dell’asciugamano di carta idratarsi le mani con una crema apposita Come si può evitare la trasmissione? 1.2 Diffusione dei diversi agenti patogeni La seguente tabella illustra le diverse vie di diffusione dell’HIV e dei virus dell’epatite: Epatite Vie di trasmissione A Infezione mediante contatto o sporcizia (feci) Infezione mediante goccioline di respirazione (tosse, starnuti) – Acqua e alimenti HIV B C D – – – – – – – – – – – – Sperma e secrezioni vaginali – Saliva – Oggetti (strumenti per l’iniezione, cannucce) – – Sangue Mani e altri intermediari E ( ) – – – – – – – * * – – – * ** *Gli oggetti contaminati di recente che entrano in contatto con pelle o mucose ferite possono trasmettere le epatiti B, C e D (siringhe, cucchiai, filtri e così via). ** Soprattutto gli aghi! Non si sa ancora con certezza quanto a lungo possano sopravvivere gli agenti patogeni nel sangue secco (può darsi anche qualche giorno). In caso di dubbio, il sangue secco va trattato come poten­ zialmente infetto. (➞ scheda illustrativa «Primi soccorsi/Medicare una ferita») 1.3 «Allarme sangue» Alle persone che consumano droga, alle/ai loro partner, alle persone loro vicine e al per­ sonale delle istituzioni che entra in contatto con loro vanno fornite tutte le informazio­ ni concernenti le principali vie di trasmissione e le situazioni a rischio, nonché i relativi suggerimenti per evitarle (strumenti per l’iniezione personali e sterilizzati, sesso sicuro e così via), affinché ognuno sviluppi la necessaria consapevolezza. Poiché nel caso di determinati virus già un’infima quantità di sangue è sufficiente per provocare un’infezione, menzionare alcune situazioni a rischio e le relative misure di prevenzione non basta. Le persone devono essere in grado di sviluppare una certa sen­ sibilità per questo genere di situazione ed essere sempre pronte a chiedersi in che mo­ menti della vita quotidiana possa presentarsi un possibile contatto con sangue infetto o con oggetti sui quali siano rimasti sangue o resti di sangue – anche secco. Attenzione quindi agli oggetti e alle situazioni seguenti: ferite da taglio (in cucina o altrove) ferite da aghi, lame o altri oggetti di origine sconosciuta primi soccorsi: contatto diretto con ferite aperte (usare sempre i guanti!) rianimazione bocca a bocca di persone con sangue da naso o ferite alla bocca pratiche sessuali con ferite (anche minime) morsi di persone con ferite alla bocca 41 spazzolini da denti, rasoi, lame di rasoio, forbicine o strumenti per la cura delle mani strumenti da tatuaggio o da piercing (non sterilizzati o sterilizzati solo parzialmente) superfici e supporti sui quali sia stato posato materiale sporco (ad esempio, tavoli, fogli di carta) resti di sangue che rimangono sulle dita dopo aver grattato ferite, punture di insetti, eczemi e così via vene già bucate toccate con dita sporche e macchiate di sangue da qualcun altro (nel caso di aiuto per un’iniezione) compressione del punto di iniezione con dita sporche dopo aver estratto l’ago (consi­ glio: usare un tampone sterile) cannucce per inalare sostanze filtri (toccati con le dita o entrati in contatto con resti di sangue) cucchiai (sporchi, non sterilizzati o sterilizzati solo parzialmente) resti di sangue (anche secco) su accendini, lacci emostatici, contenitori per l’acqua o altri oggetti (ad esempio, il coltello utilizzato per ripartire la sostanza) contenitori dai quali sia stata prelevata acqua con una siringa usata siringhe (usate) per ripartire la sostanza Questa lista non è completa; intende piuttosto mostrare che le situazioni a rischio in cui si può entrare in contatto con sangue infetto sono numerose e variate. Molte malattie sono trasmesse attraverso il sangue. Nella vita quotidiana o nella con­ vivenza con persone che consumano droga, ciò vale soprattutto per l’HIV ed i virus dell’epatite B e dell’epatite C. Per evitare un’infezione, è necessario saper utilizzare gli oggetti correttamente e con accortezza. Vita quotidiana e convivenza con persone malate di epatite B e/o epatite C Utilizzare oggetti esclusivamente personali e contraddistinguerli con il proprio nome, soprattutto se si tratta di oggetti potenzialmente sporchi di sangue (rasoi, forbicine per le unghie, spazzolini e così via). Prevenire ed evitare il contatto con il sangue Se i guanti sono entrati in contatto con sangue, vanno cambiati immediatamente! (( (( (( (( 42 In tutte le occasioni nelle quali è possibile un contatto con il sangue o con secrezioni del corpo che contengono sangue, è assolutamente necessario portare guanti in latex. Dopo aver tolto i guanti, lavare le mani! Prevenire ed evitare le ferite da aghi Nei locali protetti o sorvegliati (locali per il consumo) vanno osservate le regole seguenti: Non rimettere all’ago l’apposito cappuccio di plastica, ma gettare direttamente la siringa (ago compreso!) in un recipiente previsto a questo scopo. Regole da osservare al di fuori dei locali per il consumo: Rimettere sempre all’ago personale appena utilizzato l’apposito cappuccio di plasti­ ca. In seguito la siringa va messa (ago compreso!) in un recipiente resistente (ad esempio, una lattina di alluminio), che va poi gettato in un contenitore per rifiuti. (( (( Il contenuto dei sacchi per la spazzatura non va schiacciato con le mani bensì aiutandosi ad esempio con un manico di scopa. Quando si trasporta a mano un sacco per la spazzatura bisogna tenerlo ad una certa distanza dalle gambe. 1.4Sesso sicuro Alcune delle regole igieniche più rilevanti riguardano il comportamento sessuale. Ricor­ diamo qui i principi del sesso sicuro: In caso di rapporti sessuali con penetrazione – vaginale o anale – utilizzare sempre un preservativo di buona qualità; nel caso di rapporti anali, utilizzare sempre un lubrifi­ cante. Lo sperma non deve entrare in contatto con la bocca e non deve essere ingoiato. Il sangue mestruale non deve entrare in contatto con la bocca e non deve essere in­ goiato. Prostituzione: utilizzare sempre e comunque il preservativo, anche in caso di sesso orale (prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili). 1.5Rischi Una ferita da ago o il contatto diretto con il sangue, ad esempio con mucose o con zone di pelle malata (eczemi, ferite e così via), può provocare un’infezione da HIV e/o da virus dell’epatite B o dell’epatite C. Nel settore ospedaliero, il rischio di contrarre uno di questi virus dopo una ferita da ago contaminato è: infezione da HIV: 0.3% circa infezione da HBV: 30–40% infezione da HCV: 3% circa 43 Come reagire in caso di una situazione a rischio 1.6Misure urgenti Ferita da ago Rimuovere completamente il corpo estraneo. Lavare abbondantemente con acqua e sapone. Disinfettare generosamente con Be­ tadine, alcol 70% oppure alcol isopropilico (durante almeno 1 minuto). Contatto della pelle con sangue Lavare abbondantemente con acqua e sapone. Disinfettare generosamente con Betadine, alcol 70% oppure alcol isopropilico (duran­ te almeno 1 minuto). Contatto della mucosa nasale o boccale con sangue Soffiare il naso e disinfettare durante almeno 1 minuto con bastoncini di ovatta im­ bevuti di una soluzione di acqua e Betadine. Sciacquare la bocca con una soluzione di acqua e Betadine e lasciare agire durante al­ meno 1 minuto. Schizzi di sangue negli occhi Sciacquare gli occhi abbondantemente con acqua in cui è stato disciolto sale da cuci­ na, con acqua da rubinetto oppure con un altro liquido pulito (ad esempio, una be­ vanda). Idealmente in posizione orizzontale e con l’aiuto di un’altra persona. Ferite da taglio (➞ scheda illustrativa in annesso «Primi soccorsi/Medicare una ferita») 1.7Altri trattamenti/profilassi Le persone che, a causa della loro professione, entrano sovente in contatto con sangue infetto, dovrebbero essere vaccinate contro l’epatite B e sottomettersi inoltre alla tito­ lazione degli anticorpi HBs, un esame che consente di stabilire che la vaccinazione sia sufficiente. Ogni istituzione dovrebbe poter risalire rapidamente ai dati che concernono le/i proprie/propri collaboratrici/collaboratori, così da non perdere inutilmente tempo al ­momento di prendere le necessarie misure dopo un’eventuale esposizione a sangue infetto (➞ capitolo III.3.2). Anche le persone che, a causa del loro lavoro, sono a stretto contatto con persone a rischio di epatite A (persone che consumano droga, persone originarie di paesi ad alta endemia) dovrebbero essere vaccinate. Attualmente esistono farmaci efficaci per prevenire le infezioni da HIV. Questa profilas­ si, la cosiddetta profilassi post-esposizione, va messa in pratica al più presto dopo il contatto con il sangue infetto. Le persone che non sono state sufficientemente vacci­ nate contro l’epatite B possono essere protette grazie alla somministrazione delle ­relative immunoglobuline. In caso di: ferita da ago ferita da morso contatto di pelle lesa (eczema, ferita ecc.) con sangue o secrezioni del corpo contatto di mucose (occhi, bocca) con sangue o secrezioni del corpo 44 va contattato immediatamente il medico curante o il pronto soccorso più vicino oppure un ambulatorio specializzato in malattie infettive, così da informarsi esattamente su come procedere. Anche nel caso in cui la persona esposta rinunci ad una profilassi post-esposizione per motivi legati al diritto assicurativo va comunque contattato al più presto un medico­ per un prelievo di sangue. Le analisi vanno ripetute una volta dopo 3 mesi ed una volta dopo 6 mesi, presso un medico di propria scelta. Durante questo periodo, la persona in questione va considerata come potenzialmente infetta e quindi contagiosa: deve per­ tanto attenersi ai principi del sesso sicuro (➞ capitolo III). 45 2.Regole per il consumo Regole fondamentali 2.1Informazioni generali Rispetto all’HIV, i virus delle epatiti A, B e C sono più diffusi e resistenti (il virus dell’epa­ tite B, ad esempio, può sopravvivere diversi giorni fuori dall’organismo). Per questo mo­ tivo l’epatite è molto diffusa tra le persone che consumano droga. Per evitare il contagio, è pertanto importantissimo, al momento del consumo di droga, rispettare le regole igieniche fondamentali. Le regole elencate qui di seguito sono di fondamentale importanza per le persone che consumano droga. Solo osservandole scrupolosamente esse potranno limitare la diffu­ sione dell’epatite, dell’HIV e di altre infezioni legate alla tossicomania (➞ schede illu­ strative allegate). 2.2Regole per il consumo di droga per via endovenosa Le seguenti regole devono essere osservate: Ogni consumatrice/consumatore dispone di strumenti per l’iniezione (siringa, ago e filtro) personali, nuovi e sterili; il materiale per la preparazione (recipiente per l’acqua e cucchiaio) è stato accuratamente lavato. Lavarsi accuratamente le mani prima e dopo ogni consumo. In caso di frontloading, utilizzare esclusivamente strumenti per l’iniezione (siringa, ago e filtro) personali, nuovi e sterili. Contraddistinguere gli strumenti di ognuno, in particolare la siringa, per evitare di utilizzare quelli di altri in caso di iniezioni ripetute o di disattenzione (sonnolenza). Utilizzare, per ogni iniezione, strumenti personali. Se sono finite le siringhe sterili, è meglio riutilizzare una propria siringa già usata piut­ tosto che cercare di disinfettare la siringa di un’altra persona; in tal modo è per lo meno possibile evitare la trasmissione di virus, anche se non ci si protegge da even­ tuali infezioni batteriche (per le quali esistono tuttavia dei trattamenti). Se la sostanza è stata acquistata da una/un nuova/o spacciatrice/spacciatore, è me­ glio iniettare dapprima la metà del preparato come test, così da evitare un’overdo­ se. Il cucchiaio, o qualsiasi altro recipiente adibito a preparare la miscela, va pulito accuratamente. Se non sono stati lavati con cura, in caso di riutilizzazione questi oggetti possono trasmettere batteri e virus (HIV, virus di epatiti). Qualsiasi tipo di filtro va utilizzato una volta sola, anche in caso di consumo solitario. Anche se un filtro contiene ancora residui di droga, non va riutilizzato in alcun caso. Non solo perché potrebbe essere stato contaminato con virus (HIV, virus di epatiti), ma anche perché, se conservato a temperatura ambiente, si trasforma in una vera e propria coltura di batteri e muffe che poi, in caso di riutilizzazione, contamina la pre­ parazione e causa infezioni. Occorre rendere attente/i le/i consumatrici/consumatori a tutti questi pericoli. Il san­ gue – anche secco, anche in infime quantità – può essere contaminato e pertanto va sempre considerato infetto. 46 Regole da seguire prima del consumo per via endovenosa Scegliere una superficie pulita e sgombra. Preparare una pattumiera in cui gettare tamponi disinfettanti, fazzoletti usati e così via, ed un recipiente solido e sicuro per le siringhe e gli aghi. Lavarsi accuratamente le mani. Utilizzare una siringa sterile munita di un filtro o, in casi estremi, di un pezzo di filtro di sigaretta (il filtro di sigaretta non va mai staccato con i denti, bensì con le mani puli­ te) Non condividere mai il proprio filtro – neanche «per dare una mano». Utilizzare un cucchiaio personale dopo averlo lavato accuratamente con acqua cor­ rente e con un tampone disinfettante. Utilizzare acqua sterile o, se non ve ne fosse, acqua fresca del rubinetto. Per il consumo di eroina: utilizzare acido ascorbico sterile invece del succo di limone. Controllare che l’acqua aspirata nella siringa sia sempre trasparente e non contenga alcuna impurità. Regole da seguire durante il consumo per via endovenosa Stringere il braccio con un laccio emostatico, così da far gonfiare le vene. Prima di iniettare la droga, disinfettare con un tampone imbevuto di alcol il punto in cui si inserirà l’ago. Se nella siringa entra sangue rosso chiaro, è stata toccata un’arteria. In tal caso oc­ corre ritirare l’ago e premere con forza il punto di iniezione per almeno 5 minuti. Dopo aver posizionato l’ago correttamente, sciogliere il laccio emostatico prima di premere il pistone della siringa. Regole da seguire dopo il consumo per via endovenosa Comprimere la vena e asciugare le gocce di sangue con un tampone disinfettante pulito. Applicare un cerotto. Gettare la siringa in un recipiente solido e sicuro, così da evitare che qualcun altro la utilizzi. Gettare i tamponi usati in un normale contenitore per i rifiuti o in un altro recipiente adatto. Pulire (oppure gettare) la superficie o il supporto utilizzati per iniettarsi; pulire il cuc­ chiaio. Lavarsi accuratamente le mani. In caso di iniezioni ripetute, non utilizzare la stessa vena. Fondamentalmente vale la seguente regola di base: utilizzare sempre il proprio materiale di iniezione, sterile. 2.3Regole per il consumo di droga per via nasale (inalazione di sostanze o di vapori) Regole fondamentali Il virus dell’epatite C si può trasmettere anche a seguito del consumo per via nasale (inalazione di sostanze o di vapori). Lavarsi le mani accuratamente prima e dopo ogni consumo. Utilizzare sempre una cannuccia o un tubicino personale. Utilizzare sempre un bocchino personale. 47 2.4Modalità di consumo Fumare Preferire la free base al crack ! Free-basing designa il procedimento con il quale dal cloridrato di cocaina (=cocaina in pol­ vere) si ottiene la cocaina-base (=cocaina fumabile). Si distinguono i due metodi seguenti: 1. Metodo free base: Il cloridrato di cocaina è mescolato al bicarbonato di sodio o all’ammoniaca, con etere e acqua. Il preparato così ottenuto viene poi riscaldato, in modo da far evaporare l’etere. Una volta raffreddata e cristallizzata, la miscela è «lavata» con etere o cloroformio. Si ot­ tiene così la cocaina free base. Il riscaldamento dell’etere rende la miscela altamente in­ fiammabile, con rischio di violente esplosioni. Il processo di preparazione dura circa 24 ore. 2. Metodo crack: Il cloridrato di cocaina è mescolato all’ammoniaca e all’acqua, fatto riscaldare e poi la­ sciato raffreddare. Una volta cristallizzata, questa miscela viene filtrata; si ottiene così il crack. Questo contiene tracce di ammoniaca che aggrediscono i polmoni, già messi a dura prova dal consumo. È pertanto preferibile fumare free base, poiché il «lavaggio» ha eliminato ogni traccia di ammoniaca. Dato che il procedimento per ottenere la cocaina free base è tuttavia più costoso e pericoloso, spesso le si preferisce il crack. Attenzione ad una confusione terminologica: il crack è sovente chiamato base o persino free base. Sniffare Regole da seguire prima di inalare sostanze o vapori: Disinfettare le superfici su cui si prepareranno le strisce di sostanza. Lavarsi accuratamente le mani. Per inalare la sostanza o il vapore (chasing the dragon), utilizzare solo una cannuccia personale; non condividerla con nessuno. Non utilizzare mai banconote arrotolate al posto della cannuccia. Attenzione: se la persona che inala una sostanza ha le mucose nasali ferite, la cannuccia o la banconota arrotolata che utilizza può essere contaminata con sangue e di conse­ guenza con virus di epatiti (B o C) o con l’HIV. Occorre quindi sempre utilizzare una can­ nuccia personale (post-it arrotolato, tubicino di plastica…). Fumando il crack, il calore della pipa può causare lesioni alle labbra che possono sangui­ nare e contaminare l’oggetto. Anche in questo caso occorre che ognuno utilizzi la sua pipa personale. 2.5Eliminare il materiale del consumo Materiale in generale (eccetto siringhe ed aghi) 48 Tutto il materiale utilizzato per consumare della droga va eliminato al più presto e nel modo più sicuro. Tamponi, filtri usati e così via vanno gettati nella spazzatura. Strumenti per l’iniezione Ambiente medicalizzato e locale per il consumo Al di fuori di locali per il consumo sorvegliati, dopo l’iniezione Non rimettere mai il cappuccio di plastica sull’ago usato. Eliminare ago e siringa sul posto, in un recipiente infrangibile, resistente e sicuro. Rimettere sempre il cappuccio di plastica sull’ago usato. Se il suo stato di coscienza lo permette, chi ha eseguito l’iniezione dovrebbe occuparsene di persona! Riporre l’ago con la siringa in un recipiente resistente (ad esempio, una lattina di alluminio), e gettarlo con la spazzatura ordinaria. 2.6Ridurre i rischi legati al consumo per via endovenosa Le/gli utenti tossicomani devono poter disporre 24 ore su 24 di strumenti per l’iniezione nuovi. Occorre prevedere riserve importanti, poiché le persone che consumano droga per via endovenosa ne hanno bisogno in grandi quantità. Questo principio non vale solo per i locali per il consumo, ma in generale. È il solo modo per evitare che gli strumenti per l’iniezione siano condivisi o scambiati. (( Niente è più sicuro di aghi e siringhe nuovi. In caso di mancanza di materiale di iniezione sterile, è necessario rinunciare al consumo. Si raccomanda pertanto a tutte le istituzioni, ivi comprese le carceri, di mettere a disposizione delle/degli utenti materiale sufficiente. (( Le siringhe possono essere ottenute, anonimamente, nei seguenti posti In farmacia Nei bus che distribuiscono materiale di iniezione Nelle antenne, centri a bassa soglia Agli automatici per siringhe (nelle grandi città) In carcere (raramente) Queste regole per il consumo vanno trasmesse alle/agli utenti tossicomani in modo adeguato e attribuendo loro il giusto peso. Occorre vegliare, soprattutto, che queste regole siano osservate anche al di fuori dei locali per il consumo (➞ scheda illustrativa «Iniezione»). 49 2.7 Forme di consumo alternative all’iniezione Si ricordi che esistono modi per assumere droga meno rischiosi rispetto al consumo per via endovenosa: inalare (sostanze o vapori) o fumare. Quando la/il consumatrice/consumatore di droga non dispone che di una siringa o quando le vene si trovano in uno stato di deterioramento avanzato dovuto a iniezioni ripetute, la sostanza può essere iniettata con la siringa (senza ago) direttamente nel retto. Questo gesto si compie di solito in posizione supina, dopo aver introdotto la sirin­ ga per 1–2 cm nell’ano, dopo di che occorre restare immobili durante 2 o 3 minuti. Le regole igieniche (lavare le mani, utilizzare una siringa personale e sterile) valgono anche in questo caso! 2.8Allegato per i centri d’accoglienza e di consulenza (antenne) con locale per il consumo I centri di accoglienza e di consulenza (antenne) con locale per il consumo svolgono un ruolo importantissimo nella profilassi delle infezioni e nella sicurezza pubblica. Qui di seguito sono elencati gli standard che queste istituzioni, secondo l’Associazione professionale dipenden­ za («Fachverband Sucht»), sarebbero tenute a rispettare, nella misura del possibile. Locali e infrastrutture necessari 50 a) Locali Le antenne dispongono degli spazi e dei locali seguenti: ufficio per il personale/locale per il personale locali di servizio (WC, doccia, lavanderia) soggiorno cucina che consenta di preparare pasti in condizioni igieniche adeguate locale per il consumo locale per primi soccorsi (locale medico) area immediatamente circostante il centro e spazio per accogliere le/gli utenti La grandezza dei singoli locali deve essere adeguata alla frequenza che ci si può attende­ re dal bacino di utenza. b) Disposizione Ufficio per il personale/locale per il personale Il personale dispone di un ufficio o di un locale dotato dell’infrastruttura necessaria al buon funzionamento del centro di accoglienza. Locali di servizio – Per l’igiene personale il centro dispone di servizi igienici separati donne/uomini, doc­ ce, una lavatrice, un’asciugatrice e vestiti d’occasione destinati alle/agli utenti (mercatino interno). –Il personale dispone di servizi igienici separati. Soggiorno – Offre alle/agli utenti un rifugio al riparo dagli sguardi. – È disposto ed arredato in modo funzionale; si può lavare e riordinare con facilità. – Le/gli utenti vi possono trovare giochi, libri, giornali. – In certe regioni (ad esempio, in campagna) uno spazio all’aria aperta che possa ­essere tenuto sotto controllo (ad esempio, un cortile interno) può costituire un notevole vantaggio. Refettorio – Consente di preparare ed offrire pasti in condizioni igieniche ineccepibili. Locale per il consumo – Corrisponde alle disposizioni quadro previste dalla «perizia Schultz» sulla conformità giuridica dei locali per il consumo (dr. iur. Hans Schultz, UFSP, Berna, giugno 1989); – Dispone di una zona di attesa sufficientemente grande (sala d’aspetto, spazio riser­ vato nel soggiorno, atrio o zona limitrofa). – È chiaramente delimitato rispetto agli altri locali. – È munito di acqua corrente. Locale per primi soccorsi (locale medico) – I servizi di cura sono offerti in un locale separato. – Il locale medico dispone dell’infrastruttura necessaria (acqua corrente inclusa). Area immediatamente circostante il centro e spazio per accogliere le/gli utenti – Il personale del centro di accoglienza è responsabile delle immediate vicinanze e dell’entrata. – La collettività è responsabile dell’eventuale sorveglianza (ad esempio, da parte di agenti di sicurezza) dello spazio pubblico davanti al centro di accoglienza. Pulizia e disinfezione Disinfettante per la pelle (leggere le istruzioni per l’uso!) Il disinfettante per la pelle è necessario per la disinfezione igienica e chirurgica delle mani. I dosatori vanno disposti: vicino ai lavandini nel locale per il consumo nel locale medico dietro il bancone del refettorio vicino ai lavandini riservati al personale Sapone liquido (per lavare le mani; leggere le istruzioni per l’uso!) I dosatori vanno disposti in modo analogo a quelli del disinfettante per la pelle (v. sopra). Alcol 70% (non va diluito!) per disinfettare la maschera di respirazione artificiale (dopo ogni impiego) per pulire lo spazio riservato allo scambio delle siringhe nel locale per il consumo: flaconi con vaporizzatore a disposizione – per disinfettare il cucchiaio (lasciare agire almeno 15 minuti) – per disinfettare la pelle prima dell’iniezione – per disinfettare il tavolo dopo l’iniezione nel locale medico: – per disinfettare gli strumenti – per disinfettare il tavolo e le sedie (dopo ogni utente) – per disinfettare apparecchi (telefono o altri) Disinfettante per le superfici (non va diluito! Leggere le istruzioni per l’uso) nel locale per il consumo: per la disinfezione generale (immediatamente dopo la chiu­ sura giornaliera): – dei posti di consumo – dei lavandini – delle porte nei locali di servizio (disinfezione completa) 51 3.D isposizioni legali e precauzioni sul posto di lavoro Diritto del lavoro 3.1 Disposizioni legali In base all’articolo 82 della legge federale sull’assicurazione contro gli infortuni (LAINF; RS 832.20), la/il datrice/datore di lavoro è tenuta/o ad assumere tutte le misure necessarie a prevenire gli infortuni e le malattie professionali. Nel farlo deve tener conto dell’espe­ rienza che ha potuto raccogliere fino a quel momento, delle possibilità offerte dalle ulti­ me conoscenze tecniche e della situazione particolare dell’azienda. È tenuta/o ad assu­ mersi i relativi costi, mentre le/i dipendenti sono, dal canto loro, tenute/i a collaborare. Per quanto concerne l’epatite in particolare, ciò significa che le/i dipendenti, soprattutto se nella loro attività lavorativa sono potenzialmente esposte/i al contatto con sangue e secre­ zioni corporee infetti, devono essere vaccinate/i contro l’epatite B. I costi della vaccinazione sono a carico della/del datrice/datore di lavoro. Le/i dipendenti sono tenute/i a seguire le direttive di sicurezza emanate dalla/dal datrice/datore di lavoro. Poiché si tratta di un’inie­ zione, la vaccinazione in questione ha tuttavia un carattere invasivo; essa può venire solo consigliata, ma in nessun caso imposta. Se una/un dipendente la rifiuta, si consiglia alla/al datrice/datore di lavoro di informarla/o nuovamente sull’utilità della misura, di destinarla/o ad una mansione che non comporti un rischio di contagio e di documentare per iscritto il suo rifiuto, nonostante le informazioni reiterate sui rischi in caso di mancata vaccinazione. Le/i dipendenti non vaccinate/i sono tenute/i a sottoporsi, regolarmente e nella misura del necessario, ad un esame medico che stabilisca se abbiano o meno contratto una ma­ lattia contagiosa, la cui trasmissione può essere evitata mediante vaccinazione. Nel caso si sospetti un’infezione contratta sul posto di lavoro, occorre informare l’asso­ ciazione contro gli infortuni professionali che coprirà i costi di trattamento, eccezion fatta per i casi in cui l’infezione sia stata provocata dalla persona assicurata. Ogni istituzione deve nominare un medico al quale le/i proprie/propri dipendenti possa­ no rivolgersi nel caso in cui siano state/i esposte/i a materiale biologico potenzialmente infetto oppure ad un rischio di infezione particolare (ferita da ago o ferita da taglio). Può infatti rivelarsi molto utile avviare al più presto una profilassi post-esposizione (PEP) (ad esempio, vaccinazione attiva, vaccinazione passiva o terapia medicamentosa). Occorre redigere un protocollo il più chiaro possibile che elenchi la procedura da seguire dopo un incidente e rivalutarlo periodicamente. Questo testo deve essere messo a di­ sposizione di tutte/i le/i dipendenti ed essere di facile accesso. Precauzioni 3.2 Profilassi post-esposizione (PEP) 52 Le persone che, per ragioni professionali, rischiano sovente di essere esposte a sangue infetto, dovrebbero essere vaccinate contro l’epatite B e sottomettersi alla titolazione degli anticorpi HBs, un esame che consente di stabilire se la vaccinazione è sufficiente. Ogni istituzione deve poter risalire rapidamente ai dati concernenti le/i sue/suoi colla­ boratrici/collaboratori, così da non perdere tempo prezioso al momento di un’eventua­ le profilassi post-esposizione. Chi entra in contatto sul posto di lavoro con persone che consumano droga per via en­ dovenosa, dovrebbe essere vaccinato non solo contro l’epatite B, ma anche contro l’epatite A. Dopo un contatto con sangue infetto, bisogna avviare quanto prima le misure profilat­ tiche post-esposizione. Attualmente esistono farmaci efficaci in grado di diminuire il rischio di infezione da HIV. Contro l’epatite B e l’epatite A esistono vaccinazioni attive e passive. Contro l’epatite C, invece, non esiste alcuna misura profilattica post-esposizione. 3.3Situazioni a rischio Nel caso di qualsiasi ferita da ago ferita da morso contatto di pelle malata (eczema, ferita, ...) con sangue o liquidi biologici contatto di mucose (occhi, bocca) con sangue o liquidi biologici va contattato immediatamente il medico curante, il pronto soccorso più vicino oppure un ambulatorio specializzato in malattie infettive, così da informarsi esattamente su come procedere. Se possibile, va prelevato un campione di sangue della/del paziente entrata/o in contat­ to con la persona esposta, al fine di accertare la presenza di HIV, HCV o HBV. Di questa/o paziente si dovrebbero inoltre registrare le generalità. Anche nel caso in cui la persona esposta rinunci ad una profilassi post-esposizione, per motivi di ordine assicurativo è tenuta comunque a rivolgersi al più presto ad un medico per un prelievo di sangue. Le analisi vanno ripetute una volta dopo 3 mesi ed una volta dopo 6 mesi, presso il medico curante, un ambulatorio specializzato in malattie infetti­ ve oppure il medico di un servizio ambulatoriale di aiuto ai tossicodipendenti (antenna). Durante questo periodo, la persona che ha rinunciato alla profilassi post-esposizione va considerata potenzialmente infetta e quindi contagiosa. Deve pertanto attenersi alle regole di prevenzione di trasmissione del virus, in particolare ai principi del sesso sicuro. Nel suo dossier andrebbe notato che è stata informata in tal senso. 3.4 PEP in caso di esposizione all’HIV Occorre redigere un protocollo il più chiaro possibile che elenchi la procedura da seguire dopo un incidente e rivalutarlo periodicamente. Questo testo deve essere messo a di­ sposizione di tutte/i le/i dipendenti ed essere di facile accesso. Esso comprende indica­ zioni concernenti il lavaggio e la disinfezione della zona esposta e specifica le condizioni della profilassi medicamentosa. Ogni istituto che si occupa di pazienti a rischio dovrebbe disporre di una riserva sufficien­ te dei farmaci profilattici raccomandati dalle/dagli esperte/i. Dato che le consegne cam­ biano in funzione dei nuovi risultati della ricerca, le indicazioni del protocollo e le riserve di farmaci vanno adeguate periodicamente. Se si sa che la/il paziente è portatrice/portatore di HIV, la persona esposta deve assume­ re la prima dose di farmaci al più presto, secondo le indicazioni del protocollo (ma non oltre le 72 ore dopo l’esposizione). Se l’istituto non dispone dei farmaci necessari, occor­ 53 re garantirne, ad esempio attraverso il servizio telefonico di emergenza di un ospedale universitario, una prescrizione medica ed una somministrazione rapide non oltre le 72 ore dopo l’esposizione. Queste misure devono essere concordate con il medico curante, con il servizio medico d’urgenza più vicino o con il servizio di malattie infettive dell’ospedale. Anche nel caso in cui non si sappia se la/il paziente che può aver contagiato la persona esposta sia porta­ trice/portatore di HIV o anche in caso di risultati negativi fino a quel momento, un esa­ me medico è assolutamente necessario. Solo così è possibile valutare veramente il ri­ schio di infezione. In situazione d’emergenza valga quanto segue: nell’incertezza, è meglio assumere la prima dose di farmaci, così da guadagnar tempo per chiarire la si­ tuazione. Gli svantaggi legati agli effetti collaterali di breve durata di questi farmaci non sono assolutamente paragonabili alle conseguenze di un’eventuale infezione da HIV. 3.5 PEP in caso di esposizione all’epatite B Qualora la/il paziente che può aver contagiato la persona esposta sia positiva/o agli antige­ ni HBs oppure sia sconosciuta/o e probabilmente tossicodipendente (paziente a rischio): Se la persona esposta non è vaccinata o non lo è in misura sufficiente (anticorpi HBs<10), entro 48 ore dopo l’esposizione le va somministrata l’immunoglobulina dell’epatite B (vaccinazione passiva). Simultaneamente, occorre avviare una vaccina­ zione attiva. Nel caso non si conosca il suo stato vaccinale, resta comunque il tempo per eseguire un test urgente degli anticorpi HBs. Se i relativi valori si situano tra 10 e 100, la vacci­ nazione è sufficiente. Nel caso siano superiori a 100, non è necessario prendere ulte­ riori misure, poiché l’immunizzazione è sufficiente a lungo termine. Se la/il paziente che può aver contagiato la persona esposta è conosciuta/o, ma non sono noti i risultati di un suo test degli antigeni HBs: La/il paziente in questione va sottoposta/o a questo esame entro 48 ore. 3.6 PEP in caso di esposizione all’epatite A Nel caso dell’epatite A, la vaccinazione attiva post-esposizione è possibile; va effettuata entro 7 giorni dall’esposizione e, di norma, è molto ben tollerata. 3.7Assicurazione infortuni Ogni ferita da ago ed ogni esposizione di mucose o pelle malata o ferita a sangue e a li­ quidi biologici vanno segnalate all’istituto di assicurazione contro gli infortuni profes­ sionali, che copre i costi dei prelievi di sangue e degli esami medici. In caso di infezione, questi istituti offrono, sotto diversi aspetti, prestazioni migliori di quelle delle casse malati. La segnalazione va corredata da un dossier accurato che riunisca anche le prove (prelie­ vi di sangue) raccolte immediatamente dopo l’esposizione; a questi prelievi vanno ag­ giunti quelli che occorrerà effettuare 3 e 6 mesi dopo. 54 III. Terapia 55 1.Diverse epatiti – diverse terapie Farsi curare 1.1Terapie delle epatiti virali Sulla base dell’esperienza e della bibliografia scientifica è possibile affermare che la tera­ pia delle epatiti virali ha, rispetto alle/agli altre/i pazienti, le stesse possibilità di successo nelle/nei pazienti tossicodipendenti. La terapia va tuttavia eseguita da medici o da isti­ tuzioni mediche che dispongano della necessaria esperienza sia nel settore della tossi­ codipendenza, sia in quello delle infezioni da epatite virale (équipe interdisciplinari). È essenziale che le/i diverse/i specialiste/i coinvolte/i lavorino in stretto contatto. Per avviare la cura farmacologica di un’epatite virale è assolutamente necessario che la/ il paziente sia stabile, tanto dal punto di vista fisico, quanto da quello sociale e psichico: solo in questo modo è possibile garantire che non interrompa la terapia. Il rischio di una nuova esposizione all’epatite C o a sostanze dannose per il fegato (soprattutto l’alcol) è più elevato nelle/nei pazienti instabili. Le terapie di disintossicazione e i mesi che le se­ guono sono di norma un periodo particolarmente delicato. L’opportunità di curare l’epatite durante queste fasi va quindi ponderata con cura. Una terapia contro l’epatite cronica è invece maggiormente indicata durante un trattamento sostitutivo (ambula­ toriale o residenziale, eventualmente durante un soggiorno in carcere). Nelle persone adulte, il rischio di cronicizzazione dell’epatite C si situa attorno all’80%. Se accanto a questo dato si considera che tra le persone tossicodipendenti l’epatite C ha un’incidenza particolarmente elevata (tra il 60 e l’80%), appare logico che la cura della forma cronica è particolarmente importante per questa popolazione. Esiste un certo numero di controindicazioni e di effetti collaterali. Facendo astrazione dei fattori indivi­ duali, le possibilità di successo in caso di terapia applicata correttamente si situano tra il 50% e il 90%, in funzione del genotipo del virus (➞ capitolo III.1.5). Quest’ultimo deter­ mina anche la durata del trattamento farmacologico: 24 o 48 settimane per le/i pazien­ ti negative/i all’HIV. In caso di epatite B, il rischio di cronicizzazione è molto più debole e si aggira attorno al 10% per le persone adulte. Anche le possibilità di successo di una terapia sono minori. Essa va ad ogni modo prescritta da specialiste/i, poiché comporta controindicazioni ed effetti collaterali. Dato che il virus dell’epatite D appare solo in concomitanza con il virus dell’epatite B, per entrambi valgono le stesse prescrizioni terapeutiche. Le epatiti A ed E guariscono sempre e non diventano mai croniche. Una terapia farma­ cologica non è pertanto necessaria. 1.2Epatite A ed E 56 Non esiste una forma cronica. Durante la fase acuta non occorre seguire alcuna terapia antivirale. Può essere necessa­ rio curare invece eventuali sintomi (nausea ecc.), ma solo su prescrizione medica. Du­ rante questa fase, se la/il paziente si accorge di sanguinare più facilmente, ad esempio mentre si lava i denti, deve rivolgersi al medico curante per controllare i fattori di coagu­ lazione. Dato che questi sono in parte sintetizzati dal fegato, in caso di epatite partico­ larmente forte possono venire a mancare. Di norma, non occorre modificare l’alimen­ tazione. La/il paziente dovrebbe tuttavia rinunciare a pasti pesanti e per il resto non sforzarsi, ma mangiare solo ciò di cui ha voglia. Dopo la fase acuta, che può comportare una spossatezza transitoria ma importante, occorre seguire un periodo di convalescen­ za. In seguito, la vita può riprendere con gli stessi ritmi. Di solito non occorre modificare l’alimentazione e l’esercizio fisico può essere ripreso normalmente. Se l’epatite A dovesse avere un decorso grave (epatite fulminante), può rivelarsi neces­ sario un trapianto. 1.3Epatite B (e D) acuta La maggior parte delle/dei pazienti colpite/i in età adulta da un’infezione acuta di epa­ tite B guarisce senza sviluppare complicazioni. Per questo motivo non occorre alcuna terapia farmacologica. Nel caso (raro) di un’epatite B con un decorso molto acuto ed un pregiudizio considerevole delle funzioni epatiche (epatite fulminante), la/il paziente va ricoverata/o. Talvolta è necessario procedere ad un trapianto. 1.4Epatite B (e D) cronica Dato che il virus dell’epatite D appare solo in concomitanza con il virus dell’epatite B, per entrambi valgono le stesse prescrizioni terapeutiche. Per decidere se trattare o meno un’epatite B cronica, è necessario tener conto di diversi aspetti: l’attività virale l’estensione dei danni al fegato l’età della/del paziente il probabile tasso di reazione alla terapia gli eventuali effetti collaterali. La terapia funziona soprattutto per le/i pazienti i cui valori epatici sono perturbati (più del doppio della norma superiore) e il cui fegato è particolarmente colpito (fibrosi, cirrosi). Esistono due tipi di decorso cronico: Moltiplicazione (replica) virale importante, caratterizzata dalla presenza di determi­ nati marker (antigeni HBs positivi e antigeni HBe positivi). I danni a lungo termine e i rischi di contagio sono maggiori; Moltiplicazione virale più debole (antigeni HBs positivi, antigeni HBe negativi, anticor­ pi HBe positivi). Per quanto concerne le controindicazioni e per il trattamento di pazienti tossicodipen­ denti, valgono i medesimi principi applicati alla cura di un’epatite C cronica (vedere di seguito). La terapia da seguire è di norma: antivirale (analogo nucleosidico o nucleotidi­ co) oppure iniezioni di interferone pegilato. L’aderenza alla terapia è importantissima, soprattutto a causa del rischio elevato di sviluppare resistenze ai farmaci antivirali, ed alla conseguente necessità di cambiarli. La terapia può durare 6 mesi ma anche diversi anni. Solo con l’interferone è stato possibile finora eliminare i virus mediante formazio­ ne di anticorpi HBs (sieroconversione HBs). La terapia consente di limitare la replica virale, passando da una forma forte ad una debole, e di ridurre l’impatto dei disturbi epatici sul sangue, ma molto raramente (7%) di guarire l’epatite B cronica. Essa va ad ogni modo prescritta da una/uno specialista (in epatologia o in malattie infettive). 57 Trapianto del fegato In caso di cirrosi avanzata, il trapianto del fegato consente di ottenere buoni risultati, ma per impedire qualsiasi ricaduta, occorre in seguito una profilassi farmacologica a vita che associ un antivirale e un’immunizzazione passiva regolare con anticorpi dell’epatite B. Igiene di vita Si raccomanda un’alimentazione equilibrata e la drastica riduzione del consumo di alcol. Per quanto concerne l’attività fisica, non esistono limitazioni importanti; questo vale sia per il lavoro che per lo sport. D’altro canto, non esistono elementi per poter affer­ mare che l’attività fisica abbia un influsso positivo sul decorso della malattia. 1.5Epatite C Epatite C acuta Di solito l’epatite C acuta viene scoperta per caso, poiché abitualmente asintomatica. Un’epatite C acuta sintomatica guarisce spontaneamente nel 50% dei casi: ciò significa che dopo 6 mesi non si misura più alcuna viremia (RNA dell’HCV). Questo tasso di guarigione spontanea è inferiore nei casi di epatite C acuta asintomati­ ca (30% ca.). L’epatite C acuta risponde molto bene alle terapie a base di interferone alfa, ma per applicarle occorre attendere 3 mesi. Esse vanno ad ogni modo prescritte da un centro specializzato. Epatite C cronica Tra le persone tossicodipendenti i decessi per malattie del fegato sono in aumento. In questo contesto, l’epatite C ha un impatto molto forte ed è pertanto assolutamente necessario eseguire le dovute analisi e considerare le particolarità della terapia per ogni persona infetta. Lo scopo principale del trattamento è eliminare il virus dell’epatite C, così da ostacolare o arrestare il decorso dell’infezione, impedendo che diventi cronica. In Europa occidentale predominano quattro genotipi (i genotipi 1, 2, 3 e 4). Oltre alla carica virale, questi sottogruppi influenzano la scelta della terapia, il suo tasso di succes­ so e gli esami di controllo. Sulla base dei dati più recenti, si può affermare che il tasso di guarigione oscilla tra il 70 e il 90% per i genotipi 2 e 3, mentre si situa attorno al 50% per il genotipo 1. Per dei rari casi di genotipo 4, il tasso può essere poco superiore al 50%. 1.6Aderenza dei consumatori di droghe 58 Un’aderenza soddisfacente è la condizione indispensabile per avviare una terapia con­ tro l’epatite (e l’HIV). Con « aderenza » si intende l’attitudine, sia del medico sia della/del paziente, ad impegnarsi per ottenere obiettivi terapeutici definiti di comune accordo. Nel caso dell’epatite C, si tratta di visite di controllo regolari durante e dopo la terapia, di iniezioni settimanali e del rispetto scrupoloso delle prescrizioni farmacologiche. In caso di disturbi psichici o a causa dell’influsso di sostanze psicotrope, l’aderenza delle persone tossicodipendenti può non essere ideale. Riunendo in un solo luogo il sostegno psicosociale e l’insieme delle cure mediche, ivi comprese quelle somatiche, è possibile migliorarla, e non solo per l’epatite C. Più il numero di studi medici nei quali deve recarsi la/il paziente è elevato, più aumenta il rischio di visite mancate o di interruzione della terapia. Anche un sostegno ravvicinato ed intenso può influire positivamente sull’ade­ renza. Le terapie di sostituzione agli oppiacei garantiscono un contesto ideale per avviare un trattamento dell’epatite C. Se si tratta di pazienti eroinomani, la terapia contro l’epati­ te C va portata avanti parallelamente, nella misura del possibile, al trattamento di so­ stituzione o al trattamento a base di eroina. I farmaci contro l’epatite vanno consegnati in occasione della visita giornaliera per la terapia sostitutiva. In questo modo, è possibile seguire le/i pazienti con regolarità, an­ che nel caso in cui abbiano mancato una delle visite stabilite per l’epatite C. Durante la terapia contro l’epatite C, può rivelarsi necessario aumentare temporanea­ mente la dose di metadone o di eroina. Una coinfezione da HIV o da virus dell’epatite B può essere trattata anche nel caso di pazienti che si sottopongono ad una terapia di sostituzione agli oppiacei. Questi casi sono tuttavia più complicati; le cure, che durano più a lungo, vanno affidate a centri o studi specializzati. Trattamento medicamentoso ed effetti collaterali 1.7Epatite B (e D) cronica La prescrizione di una terapia contro l’epatite B cronica deve essere demandata a centri specializzati, poiché occorre tener conto di un gran numero di fattori. Lo scopo del trattamento antivirale è sopprimere durevolmente il virus dell’epatite B e normalizzare i valori epatici. Questi ultimi vanno presi in considerazione soprattutto per scegliere il tipo di cura. Una biopsia epatica non è sempre necessaria. Attualmente sono disponibili i seguenti medicamenti: lamivudina (Zeffix), telbivudina (Sebivo), entecavir (Baraclude), tutti analoghi nucleosidici; adefovir (Hepsera), un analo­ go nucleotidico ed interferone pegilato (Pegasys, Pegintron). Per quanto riguarda il decorso dell’epatite occorre distinguere tra i casi illustrati qui di seguito. Epatite B cronica con antigeni HBe positivi La presenza di antigeni HBe indica una replica virale importante. La/lo specialista (in malattie infettive o in epatologia) decide la terapia in funzione delle transaminasi. Esistono tre casi possibili: Transaminasi più di 5 volte superiori alla norma più elevata, assenza di controindica­ zioni (➞ capitolo III.1.4) e aderenza probabilmente buona: interferone pegilato du­ rante più di sei mesi. Alternativa: adefovir o entecavir. Transaminasi da 2 a 5 volte superiori alla norma più elevata: è indicata la terapia a base di lamivudina che prosegue fino a sei mesi dopo la sieroconversione dell’antige­ ne HBe o alla comparsa di resistenze. Le alternative sono adefovir, entecavir ed inter­ ferone pegilato. Transaminasi inferiori al doppio della norma superiore: di solito non si avvia alcuna terapia. 59 Epatite B cronica con antigeni HBe negativi Per le/i pazienti con transaminasi superiori al doppio della norma più elevata si preferi­ sce la lamivudina. La terapia prosegue fino a 12 mesi dopo la scomparsa del DNA dell’HBV o fino alla comparsa di resistenze. Le alternative sono adefovir, entecavir o interferone pegilato. Le/i pazienti con transaminasi più basse, di solito, non sono trattate/i. Portatrice/portatore inattiva/o di antigeni HBs (antigeni HBs positivi e anticorpi HBe positivi) Queste/i pazienti presentano una viremia molto debole o persino negativa. Le transa­ minasi restano nei limiti della norma e dalla biopsia è possibile constatare che i danni al fegato sono minimi. La prognosi è di solito buona e non è necessario applicare nessuna terapia. Terapia Una buona aderenza è fondamentale per la riuscita della terapia, in particolare per im­ pedire la comparsa di resistenze precoci. Interferone pegilato L’interferone è una proteina naturale dell’organismo, in grado di attivarne il sistema di difesa e di impedire la moltiplicazione dei virus. Esso rafforza la risposta immunitaria del corpo. L’interferone pegilato si ottiene fissando alla molecola originaria dell’interfero­ ne una catena di polietilenglicole che ne rallenta la velocità di diffusione e di eliminazio­ ne nell’organismo, di modo che un’unica iniezione settimanale è sufficiente. La terapia a base di interferone pegilato ha un tasso di successo superiore ed effetti collaterali meno importanti rispetto a quella basata sull’interferone classico. La guarigione (eradicazione virale) dell’epatite B cronica è rara (< 5%) e avviene per siero­ conversione AgHBs/anti-HBs. È indispensabile avviare la terapia prima della comparsa di una cirrosi. Lamivudina/adefovir/telbivudina/entecavir/tenofovir Si tratta degli antivirali più usati; sono sostanze chimiche dalla struttura molto simile a quella delle sequenze del materiale genetico virale. Il virus le confonde con le proprie sequenze genetiche e, dopo averle integrate, non riesce più a moltiplicarsi. Questi far­ maci sono molto efficaci, ben tollerati e, contrariamente all’interferone, possono esse­ re somministrati sotto forma di pastiglie. Tuttavia, a causa della durata delle terapie, la loro efficacia tende a diminuire nel corso degli anni in seguito allo sviluppo, più o meno rapido, di resistenze specifiche. Queste dipendono, nel contempo, dal farmaco stesso e da fattori individuali. I rischi di sviluppare una resistenza da un lato, e i vantaggi della cura dall’altro, vanno soppesati con attenzione. In caso di resistenza, occorre avviare terapie combinate. Si sta attualmente discutendo dell’opportunità di introdurle sin dall’inizio (un approccio analogo a quello adottato per lottare contro l’HIV). 60 Effetti collaterali La lamivudina è generalmente ben tollerata. L’entacavir richiede di tenere sotto con­ trollo le funzioni renali. L’adefovir può provocare sintomi gastro-intestinali (nausea, diarrea). Per gli effetti collaterali dell’interferone, rimandiamo ai capitoli che trattano della terapia dell’epatite C cronica. Controlli durante la terapia Durante il trattamento per l’epatite B, delle analisi di laboratorio regolari sono indi­ spensabili. Un controllo trimestrale delle transaminasi in caso di un trattamento analo­ go nucleosidico/analogo nucleotidico e un controllo della viremia semestrale sono rac­ comandati. Durante il trattamento a base di interferone pegilato, dei controlli supplementari della formula sanguigna e dei valori del fegato devono essere effettuati regolarmente. È consi­ gliato, durante il primo mese, di sottoporsi a queste analisi ogni due settimane ed in segui­ to ogni quattro settimane. Inoltre, un controllo della tiroide è da effettuare ogni 3 mesi. 1.8Epatite C cronica Prescrizione La prescrizione medica di una cura contro l’epatite C è in costante evoluzione e regolar­ mente ridiscussa dalle/dagli specialiste/i. Attualmente, la prescrizione avviene di norma alle condizioni seguenti: 1.Il virus dell’epatite C (HCV-RNA) è presente nel sangue (viremia positiva) e si constata, indipendentemente dal grado di infiammazione associata, un danno epatico con fibrosi portale e settale (score Metavir = F2) oppure la viremia HCV (genotipo 2 e 3) è positiva e le transaminasi sono disturbate oppure la/il paziente desidera curarsi e/o la prescrizione si fonda su manifestazioni extra-epatiche (in tal caso si può ri­ nunciare alla biopsia). 2. Non vi sono controindicazioni (depressioni o psicosi non controllate; patologie pol­ monari, cardiache o neurologiche avanzate; malattie del sistema immunitario; ma­ lattie con prognosi negativa (eccetto nel caso di lunga remissione); anemia grave (<10g/dl); indizi di disturbi epatici avanzati/non controllati; abuso etilico o consumo di droga per via endovenosa). Se la/il paziente desidera un figlio in un futuro immediato, occorre rinunciare a qualsiasi terapia, poiché la Ribavirina presenta un rischio di mal­ formazione fetale (si veda più avanti, Effetti collaterali). L’importanza di alcune delle controindicazioni che sono state menzionate (anemia, abuso etilico o alcolismo, dia­ bete, consumo di droga per via endovenosa) è relativa, poiché è possibile trattarle o stabilizzarle prima di avviare la terapia contro l’epatite C cronica (si veda più avanti, Informazioni in caso di consumo). 3. La/il paziente condivide la decisione di avviare la terapia dopo essere stata/o informata/o dettagliatamente sulle probabilità di successo, sui potenziali effetti col­ laterali e sul rischio, in caso di rinuncia, che la malattia abbia un decorso negativo. 4. La/il paziente aderisce alla terapia (è disposta/o a seguire il trattamento e a presen­ tarsi regolarmente alle visite di controllo) e ne approva le modalità (si veda più avanti, Controlli medici durante la terapia e Aderenza delle persone tossicodipendenti alla terapia). L’assunzione regolare dei farmaci nel corso dell’intera terapia (dai 6 ai 12 mesi per le/i pazienti negative/i all’HIV) è condizione indispensabile per la sua riuscita. L’esperienza mostra che può rivelarsi difficile osservare scrupolosamente le prescri­ zioni durante un periodo così lungo. Il successo della cura dipende in larga misura dalla relazione di fiducia che la/il paziente e la/il medico curante riescono ad instaura­ re, in particolare durante le fasi più delicate (ad esempio, quando la/il paziente desi­ dererebbe interrompere la terapia a causa della spossatezza indotta dalla stessa). È raccomandato, se possibile, di combinare il trattamento per l’epatite C con la terapia sostitutiva. Spesso è il caso di aumentare temporaneamente la dose di metadone o di eroina durante la terapia. È controindicato effettuare un trattamento per l’epattie C durante una cura di disintossicazione o durante i 6 mesi successivi a causa dei rischi ele­ vati di ricadute. Per le persone in ambiente chiuso (istituti di cura residenziale e carceri), è possibile av­ viare un trattamento dell’epatite C. L’aderenza alla terapia è persino migliore. Vanno 61 tuttavia prese precauzioni particolari per evitare un’interruzione brusca al momento della dimissione. Terapia L’epatite C cronica viene attualmente trattata con una combinazione di interferone pegilato e di Ribavirina. L’interferone pegilato viene somministrato una volta alla settimana per iniezione sot­ tocutanea. L’iniezione può essere effettuata dalla/dal paziente stessa/o, debitamente istruita/o, o da una persona curante. Il secondo farmaco, la Ribavirina, viene assunto due volte al giorno (a 12 ore di interval­ lo) sotto forma di pastiglie, durante i pasti. Sul mercato esistono due tipi di interferone pegilato (interferone pegilato alfa2a e in­ terferone pegilato alfa2b). Per il momento, non esistono studi comparativi sui risultati di questi due farmaci: la scelta dipende pertanto da criteri individuali, dal modo di som­ ministrazione (il tipo di siringa non è lo stesso per i due) e dai costi. Posologia Interferone pegilato alfa2a genotipi 1 e 4 (durata del trattamento: 48 settimane): – 180µg interferone pegilato alfa2a sc – Ribavirina 5 o 6 x 200mg (secondo peso corporeo < o > 75kg) genotipi 2 e 3 (durata del trattamento: 24 settimane): – 180ug interferone pegilato alfa2a sc – Ribavirina 4 o 5 x 200mg (secondo peso corporeo < o > 75kg) Interferone pegilato alfa2b La dose dipende dal peso corporeo: interferone 1.5ug/kg una volta alla settimana, durante 48 settimane Ribavirina: < 65kg: 800mg/giorno (2 past. mattino e sera) 65–85kg:1000mg/giorno (2 past. mattino, 3 past. sera) > 85kg: 1200mg/giorno (3 past. mattino e sera) Genotipo 1 e 4: durata di 48 settimane Genotipo 2 e 3: durata di 24 settimane Gli effetti collaterali sono illustrati più avanti. Durata della terapia 62 Il genotipo e la viremia determinano la durata della terapia che può protrarsi da 24 a 48 settimane per le persone negative all’HIV. La carica virale (viremia, RNA dell’HCV) è misurata all’inizio del trattamento, dopo un mese, tre mesi e alla fine (si veda più avanti, Controlli medici durante la terapia, Control­ li medici dopo la terapia). Gli esiti possibili della terapia sono tre: conclusione, interruzio­ ne per mancanza di risultati, continuazione. Genotipi 1 e 4: di norma 48 settimane. Se la viremia non è negativa dopo 3 mesi o non è diminuita di almeno 2 log (di almeno 100 volte), la terapia va interrotta, poiché le probabilità di riuscita sono troppo ridotte rispetto ai rischi (effetti collaterali). Genotipi 2 e 3: in caso di viremia debole, 24 settimane. In caso di viremia elevata e di mancata risposta virale alla 24a settimana, la terapia dura 48 settimane. Determinare la viremia dopo uno e tre mesi non è indispensabile, ma serve a motivare la/il paziente che, a causa degli effetti collaterali particolarmente fastidiosi, ne ha so­ vente bisogno. Una viremia negativa già dopo un mese è infatti indizio di buone proba­ bilità di riuscita, a condizione, evidentemente, che la/il paziente osservi scrupolosamen­ te le indicazioni farmacologiche durante tutta la terapia. Controlli medici durante la terapia I prelievi di sangue sono settimanali durante le prime 8 settimane; in seguito dipende dal decorso, ma almeno una volta al mese. Funzioni epatiche (ALT, bilirubina ecc.): ogni 2 settimane durante il primo mese ed in seguito mensilmente. La funzione tiroidea (dosaggio del TSH): ogni 3 mesi. Determinazione della viremia (RNA dell’HCV): dopo un mese e dopo tre mesi e, per i genotipi 1 e 4 un ulteriore controllo dopo 6 mesi di trattamento. Se dopo 4 settimane, il tasso di viremia non è più significativo, una riduzione della terapia può essere presa in considerazione. Se dopo 12 settimane è diminuito di meno di 2 log, la terapia può essere interrotta poiché le prospettive di guarigione sono molto ridotte. Se dopo 24 settimane, per i genotipi 1 e 4, il trattamento va proseguito solo se HCVRNA non è più rilevabile. Controlli medici dopo la terapia In caso di terapia conclusa con successo: determinazione della viremia (RNA dell’HCV) e funzioni epatiche (ALT) 6 mesi dopo la fine del trattamento controllo dell’emogramma e di eventuali anomalie sanguigne (TSH) 3 e 6 mesi dopo la fine del trattamento o fino a normalizzazione Successo della terapia La terapia è considerata riuscita e la/il paziente dichiarata/o guarita/o dall’epatite C cronica se la viremia (RNA dell’HCV) resta negativa 6 mesi dopo la fine della terapia. In quel momento, di solito, anche le transaminasi (ALT, AST) rientrano nei limiti della nor­ ma. Se queste sono anormali al momento del controllo, non significa ad ogni costo che la terapia sia fallita, dato che su di esse agiscono anche altri fattori. Le probabilità di successo oscillano tra il 50 e il 90% a dipendenza del genotipo; i genotipi 2 e 3 reagiscono meglio alla terapia. Dopo una terapia riuscita (sustained response 6 mesi dopo il termine della terapia), le possibilità di ricaduta durante i due anni successivi si situano attorno all’1–2% (late re­ lapse). Se la terapia fallisce, resta sempre la possibilità di avviarne un’altra e la/il paziente con­ serva intatte tutte le probabilità di guarigione. Terapie brevi In caso di viremia negativa dopo sole quattro settimane, la terapia può essere abbrevia­ ta in alcuni casi a 16 settimane per i genotipi 2 e 3 e a 24 settimane per il genotipo 1. Queste le condizioni necessarie: viremia debole (< 600 000 IU/ml) prima dell’inizio della terapia, assenza di cirrosi e di diminuzione della Ribavirina nel corso della terapia, buona aderenza. Se un trattamento si svolge senza problemi particolari, si raccomanda di se­ guire la terapia per tutta la durata prevista, poiché i risultati saranno migliori. Una tera­ pia breve va presa in considerazione solo se le condizioni appena menzionate sono date e solo se appaiono effetti collaterali importanti. 63 Effetti collaterali Gli effetti collaterali e la loro importanza possono essere molto diversi da individuo ad individuo. Di solito insorgono all’inizio della terapia, ossia durante le prime quattro set­ timane e sovente si riducono con il passare del tempo. Sintomi somatici Sindrome influenzale: appare nelle ore o nei giorni (in caso di interferone pegilato) immediatamente seguenti l’iniezione. Sintomi: febbre, mal di testa, fatica, dolore muscolare ed articolare. Questi sintomi possono essere combattuti con un normale analgesico (paracetamolo, 500mg, 2–4 past./giorno). Spossatezza: molto frequente. Può diminuire nel corso della terapia, ma scompare solo al termine. Nausea: sovente accusata all’inizio della terapia (Ribavirina). Se persiste, si può ricor­ rere ad un trattamento sintomatico. Inappetenza e perdita di peso. Diminuzione della libido. Indebolimento o perdita dei capelli. Disturbi cutanei: secchezza della pelle, talvolta complicata da un eczema con prurito. Si può evitare se la/il paziente applica all’inizio della terapia ogni giorno una crema o una lozione nutritiva. Perché questa misura abbia successo, occorre insistere sin dall’inizio della terapia, soprattutto con i pazienti di sesso maschile che non sono abi­ tuati a questo genere di cura del corpo. Questi effetti collaterali cessano quando si interrompe l’assunzione dei farmaci. La terapia può riattivare una psoriasi. Ipertiroidismo o ipotiroidismo (disturbo raro). In generale, occorre optare per un trattamento che sia ben sopportato e non comporti controindicazioni per il prose­ guimento della terapia contro l’epatite C. Spesso si può interrompere il trattamento qualche mese dopo la fine di quest’ultima. Dato che esso può comportare disturbi che si ripercuotono negativamente sulla qualità di vita, è bene che il medico curante in­ formi la/il paziente, così da permetterle/gli di fare le sue scelte con consapevolezza e di discutere, nel corso della terapia, di qualsiasi eventuale nuovo problema. Malattie autoimmuni (rare). La Ribavirina può provocare malformazioni fetali e modificare lo sperma. Durante il trat­ tamento e nel corso dei sei mesi seguenti, le/i pazienti devono assolutamente evitare il concepimento. È pertanto indispensabile applicare una doppia contraccezione affidabile durante tutta la durata della terapia e nel corso dei sei mesi che seguono la sua fine. Sintomi ematici 64 La terapia contro l’epatite C ha effetti collaterali a livello sanguigno. Occorrono pertan­ to regolari prelievi di sangue. Effetti dell’interferone Leucopenia: diminuzione del numero di globuli bianchi (che intervengono nella rispo­ sta immunitaria alle infezioni). Trombocitopenia: diminuzione dei trombociti e delle piastrine (che intervengono nell’arresto delle emorragie). Queste diminuzioni sono legate al dosaggio dell’inter­ ferone e possono essere corrette regolandolo di conseguenza. Effetti della Ribavirina Calo dell’emoglobina; al di sotto di un certo limite si può giungere all’anemia. L’ane­ mia può provocare spossatezza e fatica respiratoria, soprattutto in caso di sforzo fi­ sico. Poiché questo effetto dipende dal dosaggio prescritto, a seconda dei casi, occor­ re diminuirlo. Diminuire le dosi di interferone e/o di Ribavirina, tuttavia, può pregiudicare l’efficacia della terapia. In alcuni casi il medico può prescrivere un trattamento che stimoli la pro­ duzione di globuli bianchi e/o di globuli rossi (EPO o eritropoietina): prima di decidersi in questo senso, va tuttavia consultata la cassa malati per verificare la copertura dei co­ sti. Sintomi psichici Effetti collaterali psichici dell’interferone Sia durante un’infezione al virus dell’epatite C sia durante i relativi trattamenti, sussiste il rischio di malattie psichiatriche. Diversi studi mostrano una prevalenza elevata di disturbi depressivi (22–28% delle per­ sone infette) e di angosce (10–25%) quando la malattia non è trattata. Si osservano spesso dei comportamenti a rischio più elevati tra le persone che manifestano i disturbi della personalità citati precedentemente. I diversi disturbi psichiatrici possono influenzare considerevolmente lo sviluppo e il trat­ tamento dell’epatite C. È altresì importante considerare la comorbidità psichiatrica dei pazienti. L’assunzione dell’interferone può avere degli effetti collaterali neuro-psichiatrici che possono indurre una riduzione della posologia o addirittura l’interruzione della terapia. Sbalzi di umore, instabilità emotiva e irritabilità: relativamente frequenti. Stati depressivi: più rari. Insorgono soprattutto nelle persone predisposte. In tal caso, può rivelarsi opportuno avviare una terapia farmacologica parallela a base di antide­ pressivi. Disturbi del sonno Stati d’ansia Stati maniacali Disturbi cognitivi (memoria, concentrazione) Stati confusionali (raramente) Questi effetti collaterali spiegano in parte le difficoltà incontrate dalle persone tossico­ dipendenti nell’iniziare o nel portare a termine una terapia. Se la/il paziente viene preparata/o con chiarezza e messa/o in guardia di fronte a questi disturbi, le possibilità di una buona aderenza alla terapia aumentano. Le/i pazienti che soffrono di disturbi psichiatrici non controllati andrebbero seguite/i da un’equipe pluridisciplinare, preparata in medicina delle dipendenze, malattie infettive e epatologia. La terapia contro l’epatite C dura a lungo e continua, sovente per mesi, dopo il termine del trattamento antivirale. Il medico curante dovrà incontrare la/il paziente almeno una volta al mese. Prima di iniziare la terapia e durante il suo svolgimento è pertanto fondamentale: Informare le/i pazienti e i loro congiunti di questi rischi, stati confusionali compresi e rispondere alle loro domande. In caso di sintomi depressivi, reagire rapidamente avviando un trattamento adegua­ to, spiegando che le relative prescrizioni sono dovute agli effetti collaterali dell’inter­ ferone e che, al termine della cura, non saranno più necessarie. Proporre un trattamento antidepressivo a titolo preventivo nel caso in cui la/il ­paziente abbia già attraversato stati d’animo di questo genere, non importa se con o senza tendenze suicide. 65 I pazienti con un’instabilità psichiatrica devono essere indirizzati presso degli specialisti o centri competenti. 1.9Informazioni in caso di consumo In caso di consumo di droga per via endovenosa o per via nasale esiste un rischio di reinfezione da virus dell’epatite C. Occorre avvertire le/i pazienti e spiegare loro come proteggersi (si veda quanto spiegato a proposito della prevenzione). Se la persona che desidera curare la sua epatite C cronica si trova in una fase di consu­ mo attivo, è consigliabile stabilizzarla prima mediante un trattamento sostitutivo. È inoltre importante rammentarle regolarmente le regole igieniche da osservare, poiché anche le/i pazienti più stabilizzate/i possono sempre incappare in un consumo occasio­ nale. Sono loro, d’altra parte, che corrono i rischi maggiori, poiché se si trovano di fronte ad una proposta imprevista non hanno probabilmente con sé strumenti sterili. Considerati i rischi di ricaduta che la/il paziente corre al termine di un trattamento di sostituzione, la prescrizione di una terapia contro l’epatite C deve essere ponderata con la massima cura. Consumo d’alcol e terapia per l’epatite C Durante il trattamento, il consumo d’alcol dovrebbe essere ridotto il più possibile. L’al­ col non ha un’influenza negativa diretta sull’efficacia del trattamento. Tuttavia, il con­ sumo può peggiorare l’aderenza del paziente e compromettere il prosieguo del tratta­ mento. Per le persone che non possono evitare di bere alcol durante questo periodo, bisogna fare attenzione all’aderenza della terapia e prendere eventuali misure per mi­ gliorarla. 1.10Reticenze di fronte al trattamento dell’epatite C 66 Si dice «Quando si è dentro fino al collo o si è sulla strada, non si può seguire alcuna terapia» oppure: «Si può seguire una terapia solo quando si è sotto metadone (oppure se si segue un trattamento a base di eroina).» Risposta Un consumo regolare di droga o il fatto di «essere sulla strada» non costituisce di per sé una controindicazione al trattamento di un’epatite cronica. Comporta però una certa disorganizzazione esistenziale che impedisce alla persona malata, anche se mol­ to motivata, di affrontare la terapia con la dovuta costanza. I fattori decisivi sono piuttosto la forza di volontà e la capacità di portare avanti una terapia che richiede una buona dose di disciplina. Prima di avviare un trattamento, pertanto, occorre discutere con la/il paziente di ogni concreto dettaglio organizzativo; di chiederle/gli quindi cosa intende fare, ad esempio, se è in manco, senza soldi e, nel contempo, ha appuntamen­ to dal medico curante per le iniezioni o i prelievi di sangue… Occorre soprattutto pro­ porle/gli di seguire momentaneamente un trattamento sostitutivo. Le probabilità di successo variano da un individuo all’altro e devono essere giudicate di volta in volta, tenendo conto degli antecedenti, dal medico, dalla/dal paziente ed eventualmente da altre persone di riferimento. Si dice «Gli effetti collaterali sono così devastanti che è meglio lasciare perdere.» Risposta Gli effetti collaterali possono variare molto da individuo a individuo e sono difficilmente prevedibili. Vi sono casi in cui pazienti che appaiono particolarmente «fragili» riescono a portare a termine la terapia senza particolari problemi. Al contrario, pazienti che appa­ iono robuste/i sono costrette/i a convivere con effetti collaterali particolarmente gravi, tali da imporre l’interruzione della terapia. La maggior parte delle/dei pazienti si situa tra questi due estremi: è vero che possono insorgere effetti collaterali, ma in molti casi sono decisamente sopportabili e possono venir curati con farmaci specifici. Gli effetti collaterali spariscono progressivamente al termine della terapia, mentre i sintomi di un’epatite cronica si protraggono sovente per molti anni. Si dice «La terapia rende depressi.» Risposta Solo poche/i pazienti diventano veramente molto depresse/i durante il trattamento. L’esperienza mostra che la maggior parte attraversa piuttosto delle fasi di instabilità emotiva che non vanno confuse con uno stato di depressione. In realtà, la depressione grave nel senso psichiatrico del termine è rara. In tali casi, il ricorso a farmaci antide­ pressivi si rivela sovente estremamente efficace. Si dice «Solo poche persone guariscono veramente.» Risposta Secondo il genotipo ed i farmaci prescritti, il tasso di riuscita oscilla tra il 50 e il 90%. Si può pertanto affermare che la terapia è efficace per molte/i pazienti. Si dice «Nessuno ti paga la terapia.» Risposta I consulti medici e la maggior parte dei farmaci descritti in precedenza sono coperti dal­ la cassa malati. Il trattamento dell’epatite C è compreso nell’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie. I farmaci non (ancora) autorizzati ufficialmente sono forni­ ti di norma solo nell’ambito di esperimenti clinici o di programmi early access: anche in tal caso non sono a carico della/del paziente. 67 IV. Annessi 69 1.Glossario A ac anticorpo aderenza rispetto, sia da parte del medico che del paziente, degli obiettivi definiti per il trattamento allarme sangue attenzione particolare ai possibili contatti con il sangue ALT transferasi alaminaminica, anche ALAT; in passato GPT (glutammato piruvato transaminasi). Enzima del fegato; la sua concentrazione più o meno elevata permette di valutare i danni subiti dal fegato in seguito ad un’infezione analisi in caso di sospetta infezione antigene (ag) sostanza (proteina o peptide [componente delle proteine]) che porta alla formazione di anticorpi anti-HBc anticorpi contro l’antigene HBc anti-HBs anticorpi contro l’antigene HBs asintomatico che non presenta sintomi 70 19 40 31 30 21 33 33 16 B base bilirubina biopsia epatica propriamente: cocaina base = crack normale prodotto della degradazione dell’emoglobina prelievo di cellule del fegato in caso di sospetto di un’epatite cronica C CD4 cirrosi epatica coinfezione contaminato crack test che misura la quota di determinati linfociti coadiuvanti (o helper) nel sangue (in caso di HIV) grave disturbo delle funzioni epatiche presenza di più di un agente patogeno attivo infetto cocaina base, ottenuta da cloridrato di cocaina (cocaina). Può essere fumata, contiene residui di ammoniaca D DNA diritto del lavoro (dall’ingl. deoxyribonucleic acid) acido desossiribonucleico; una molecola molto grossa, portatrice dell’informazione genetica. Sulla base di questa informazione, iscritta nel DNA sotto forma di codice genetico, vengono sintetizzate le proteine disposizioni concernenti il lavoro 32 52 E effetti collaterali epatiti esposizione indotti dalla terapia contro l’epatite C le 5 forme di epatite virale (med.) contatto 59 12 29 48 17 32 25 12 25 43 48 F feci, fecale Fibroscan free base frontloading fulminante (escrementi), sostanze residue che gli organismi animali (compreso quello umano) non riescono a sintetizzare, e che quindi espellono (escrementi e urina) tecnica che permette di valutare l’elasticità del fegato ; costituisce un’alternativa alla biopsia epatica cocaina free base, ottenuta dal cloridrato di cocaina (cocaina) mediante un dispendioso procedimento; può essere fumata condivisione di una dose di droga preparata per l’iniezione endovenosa: la droga pronta per il consumo viene raccolta con una siringa da cui, attraverso l’apertura superiore (cono), potrà essere attinta da altre siringhe. Notevoli rischi di infezione, nel caso una delle siringhe utilizzate sia contaminata (med.) decorso grave rapido G, H genotipo gravidanza HAV HAV-ac HBe HBe-ag HBs-ag HBs-ag+ HBV HBV-DNA HCV HDV HEV HIV sottogruppo del virus dell’epatite C possibili vie di trasmissione virus dell’epatite A anticorpi contro il virus dell’epatite A parte del capside (ingl. envelope) del virus dell’epatite B antigene dell’epatite B, parte del capside. Appare durante la moltiplicazione del virus; funzione sconosciuta antigene dell’epatite B, parte della superficie (ingl. surface) del virus dell’epatite B; è di norma il primo segno rilevabile di un’infezione di epatite B. In passato detto anche antigene Australia (Au) oppure HAA (antigene associato all’epatite) antigene positivo dell’epatite B; manifestazione di un’epatite B acuta virus dell’epatite B DNA (acido desossiribonucleico) del virus dell’epatite B; il materiale genetico del virus virus dell’epatite C virus dell’epatite D virus dell’epatite E (dall’ingl. Human Immunodeficiency Virus), virus dell’AIDS 58 37 19 19 31 I igiene delle mani IgG o IGG IgM o IGM immunità incubazione infezione INR interferone PEG lavarsi le mani immunoglobulina (anticorpo) di tipo G immunoglobulina (anticorpo) di tipo M resistenza di un organismo ad agenti patogeni, sviluppata grazie a 1. formazione di anticorpi in seguito al superamento di una malattia infettiva 2. formazione di anticorpi in seguito ad un vaccino periodo compreso tra l’infezione e la comparsa dei primi sintomi clinici della malattia presenza di agenti patogeni in un organismo, può anche non essere accompagnata da sintomi (International Normalized Ratio) valore determinato dopo l’analisi di un prelievo di sangue per controllare l’effetto di farmaci per diluire il sangue interferone pegilato; interferone accoppiato con polietilenglicole (PEG) 40 19 19 13 14 32 48 46 12 37 54 20 20 60 23 24 25 14 14 12 31 59 71 72 K, L, M, malattia alterazione dell’integrità funzionale di un organismo, con presenza di sintomi 12 N, O oro-fecale (per distinguere un tipo di contagio) quando la bocca entra in contatto con residui di escrementi 13 P PCR profilassi post-esposizione reazione di polimerizzazione a catena; metodo per moltiplicare il DNA senza utilizzare organismi viventi, come ad es. escherichia coli oppure lieviti misure adottate in seguito ad un contatto a rischio con una persona potenzialmente infetta Q, R regole per il consumo RNA per i consumatori di droghe (dall’ingl. ribonucleic acid) acido ribonucleico. Acido nucleico che trasporta l’informazione genetica dal DNA ai sistemi deputati alla sintesi delle proteine 46 S screening secrezioni genitali situazione a rischio sterilità analisi sistematica per rilevare la presenza di anticorpi liquidi secreti dalle parti genitali = sperma e secrezioni vaginali misure urgenti da applicare in seguito ad una situazione a rischio incapacità a riprodursi 23 13 44 17 T, U terapia transaminasi delle epatiti enzimi del fegato, rilevati nei valori epatici 56 30 V, W, X, Y, Z vaccinazione virale viremia contro l’epatite relativo ad un virus concentrazione virale nel plasma sanguigno 34 12 32 23 52 61 1 2 3.Schede illustrative Iniezione 1 1 1 3 32 1 3 1 43 6 62 3 32 2 4 4 61 4 64 61 2 5 73 5 7 2 9 5 7 93 4 9 7 10458 10 68 Lavarsi accuratamente le mani. Preparare un supporto pulito. Per iniettarsi, utilizzare sempre materiale nuovo e personale: siringa, ago, recipiente per l’acqua, acqua, cucchiaio, filtro, acido ascorbico (migliore del succo di limone), alcol e tamponi puliti, laccio emostatico, cerotto. Il materiale per iniettarsi non va né passato ad altri né condiviso! Nemmeno i filtri – nemmeno «per dare una mano»! Utilizzare una siringa sterile e un filtro (in caso d’emergenza, un pezzo di filtro di sigaretta). Non utilizzare i denti per togliere il filtro. Il liquido nella siringa deve essere chiaro e pulito. 32 6 4 9 7 69 Stringere il laccio emostatico (aspettare che le vene «escano»). Disinfettare il punto di iniezione con un tampone imbevuto di alcol. 4 6 9 5 7 10 9 Se nella siringa entra sangue rosso chiaro, è stata toccata un’arteria. Ritirare l’ago e premere con forza il punto di iniezione durante almeno 5 minuti. 5 10 678 10 8 9 10 Nel locale per il consumo: le siringhe usate vanno gettate negli appositi contenitori senza cappuccio di plastica sull’ago. 78 9 10 5 5 72 Quando l’ago è correttamente posizionato (sangue scuro): prima di premere il pistone della siringa, sciogliere il laccio emostatico. 84 8 10 Dopo l’iniezione: premere la vena e pulire le gocce di sangue con un tampone pulito. Applicare un cerotto. 5 7 Al di fuori di un locale per il consumo: reincappucciare l’ago delle siringhe usate. La siringa va posta in un recipiente solido (ad es. una lattina vuota) e gettata nella spazzatura. 8 10 Pulire la superficie. Le siringhe usate (senza ago!),i tamponi, i filtri ecc. vanno gettati nella spazzatura. Lavarsi accuratamente le mani. 73 7 9 8 10 Disinfezione Alc Alc Alc Alc Alc Disinfettare cucchiaio e recipiente per l’acqua 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 2 2 4 4 4 4 4 4 5 5 5 5 5 5 Alc Il cucchiaio e il recipiente per l’acqua vanno disinfettati con tamponi imbevuti di alcol o con uno sbiancante (ad es. candeggina). Asciugare con un tampone pulito o con un fazzoletto di carta. 74 Versare molto disinfettante sul recipiente per l’acqua e sul cucchiaio con l’aiuto di tamponi o di fazzoletti di carta. Risciacquare con acqua corrente. 3 3 3 3 3 3 Lasciar agire durante almeno 5 minuti. 6 6 6 6 6 6 Asciugare nuovamente con un tampone pulito o con un fazzoletto di carta. Primi soccorsi / Medicare una ferita Paziente Persona curante 1 1 1 1 1 1 1 1 1 Lasciar sanguinare brevemente la ferita. 2 2 2 2 2 2 2 2 2 Lavare accuratamente le mani... Disinfettare la ferita. 6 6 6 6 6 6 6 6 6 5 Le ferite piccole vanno protette con un cerotto; le ferite più grandi con una benda. 6 ...e frizionarle con una soluzione disinfettante. 4 4 4 4 4 4 4 4 42 3 7 7 7 7 7 7 7 74 7 8 8 8 8 8 8 8 8 8 Infilare guanti di latex. Se si è entrati in contatto con il sangue: gettare i guanti sporchi e infilarne un nuovo paio. 5 5 5 5 5 1 5 5 5 5 3 3 3 3 3 3 3 3 3 Le gocce di sangue cadute sul piano di lavoro vanno pulite con una soluzione disinfettante. Garze, tamponi, guanti ecc. usati e sporchi di sangue vanno gettati immediatamente. 7 Lavarsi accuratamente le mani... 9 9 9 9 9 9 9 9 9 8 ...e frizionarle con una soluzione disinfettante. 75 «Allarme sangue!» Nel caso di determinati virus, un’infima quantità di sangue, anche invisibile, è sufficiente per provocare un’infezione. Nella vita quotidiana si può entrare in contatto con sangue o oggetti sui quali vi possono essere ancora sangue o residui di sangue (anche secchi): Ferite da taglio in cucina o altrove Ferite con aghi, lame o altri oggetti non personali Primi soccorsi: contatto diretto con ferite aperte (suggerimento: usare guanti!) Superfici e supporti sui quali sia stato posato materiale sporco (ad es. tavoli, fogli di carta) Contenitori dai quali sia stata prelevata acqua con una siringa usata Siringhe (usate) per ripartire la sostanza 76 Pratiche sessuali con ferite (anche minime) Rianimare senza maschera persone con sangue da naso o ferite alla bocca Morsi di persone con ferite alla bocca Residui di sangue che rimangono sulle dita dopo aver grattato ferite, punture di insetti, eczemi e così via Toccare o farsi toccare con dita sporche di sangue vene già bucate Dopo aver estratto l’ago, non premere il punto dell’iniezione con dita sporche (utilizzare piuttosto un batuffolo o un tampone di cotone pulito) Spazzolini da denti, rasoi, lame di rasoio, forbicine o lime per le unghie Strumenti da tatuaggio o da piercing (sporchi, non sterilizzati o sterilizzati solo parzialmente) Tubetti per inalare quando si sniffa oppure si respirano i vapori della sostanza Filtri (toccati con le dita o entrati in contatto con residui di sangue) Cucchiai (sporchi, non sterilizzati o sterilizzati solo parzialmente) Residui di sangue (anche secco) su accendini, laccio emostatico, contenitori d’acqua o altri oggetti (ad es. il coltello utilizzato per ripartire la sostanza) 3.numeri di telefono e Indirizzi Urgenze – profilassi post-esposizione in caso di infezione da HIV o da virus dell’epatite San Gallo Kantonsspital St. Gallen Infektiologische Sprechstunde Rorschacher Strasse 95 9007 San Gallo Tel. 071 494 10 28 Basilea Universitätsspital Basel Medizinische Poliklinik Petersgraben 4 4031 Basilea Tel. 061 265 50 05 www.medpol.ch Zurigo Universitätsspital Zürich Klinik für Infektionskrankheiten Rämistrasse 100 8091 Zurigo Tel. 044 255 33 22, 044 255 25 41 oppure 044 255 88 31 Berna Inselspital Poliklinik für Infektiologie und Reisemedizin Polikliniktrakt 2, Eingang 29, Stock B 3010 Berna Tel. 031 632 27 45 Klinik Im Park Zentrum für Infektionskrankheiten Haus Bellaria Bellariastrasse 38 8038 Zurigo Tel. 044 209 20 60 Ginevra Hôpital cantonal HUG Service des maladies infectieuses Rue Micheli-du-Crest 24 1211 Ginevra Tel. 022 372 96 17 Losanna Centre Hospitalier Universitaire Vaudois (CHUV) Consultation ambulatoire Maladies Infectieuses Rue de Bugnon 46 1011 Losanna Tel. 021 314 10 06 Al di fuori degli orari d’apertura (lunedì–venerdì) : Tel. 021 314 11 11 (chiedere del medico di guardia per il reparto infettivologia) Lugano Ospedale Regionale di Lugano Servizio Malattie Infettive (SMI) Via Tesserete 46 6900 Lugano Tel. 091 811 60 21 Test HIV anonimi e centri di consulenza Argovia Aids-Hilfe Aargau Entfelderstrasse 17 Postfach 2140 5001 Argovia Tel. 062 824 44 50 Tel. 062 824 30 50 (consulenza anonima) Fax 062 824 44 09 [email protected] www.safersex.ch Appenzello Fachstelle für Aids- und Sexualfragen Tellstrasse 4 Postfach 8 9001 San Gallo Tel. 071 223 68 08 Tel. 071 223 38 68 (consulenza) Fax 071 223 66 07 [email protected] www.ahsga.ch 77 Basilea Aids Hilfe beider Basel Clarastrasse 4 4058 Basilea Tel. 061 685 25 00 Fax 061 685 25 01 [email protected] www.ahbb.ch Berna Aids Hilfe Bern Monbijoustrasse 32 3011 Berna Tel. 031 390 36 36 (tedesco) Tel. 031 390 36 38 (francese) Fax 031 390 36 37 [email protected] www.aids-be.ch Friburgo Centre Empreinte Bd. de Pérolles 57 1700 Friburgo Tel. 026 424 24 84 Fax 026 424 24 83 [email protected] www.tremplin.ch Ginevra Dialogai Rue de la Navigation 11–13 1211 Ginevra Tel. 022 906 40 40 Fax 022 906 40 44 [email protected] www.dialogai.org Groupe Sida Genève Rue Pierre Fatio 17 1204 Ginevra Tel. 022 700 15 00 Fax 022 700 15 47 [email protected] www.groupesida.ch 78 Grigioni Aids-Hilfe Graubünden Lürlibadstrasse 15 7000 Coira Tel. 081 252 49 00 [email protected] www.aidshilfe-gr.ch Giura Groupe Sida Jura Route de Porrentruy 6 Case postale 459 2800 Delémont 1 Tel. 032 423 23 43 Fax 032 423 23 76 [email protected] www.sida-ju.ch Liechtenstein fa6 Fachstelle für Sexualfragen und HIV-Prävention Im Malarsch 4 Postfach 13 FL-9494 Schaan Tel. 00423 232 05 20 Fax 00423 233 25 20 [email protected] www.fa6.li Lucerna Aids-Hilfe Luzern Museggstrasse 27 Postfach 6004 Lucerna Tel. 041 410 69 60 Fax 041 410 68 48 [email protected] www.aidsluzern.net Neuchâtel Groupe Sida Neuchâtel Grand-Rue 18 2034 Peseux Tel. 032 737 73 37 Fax 032 737 73 39 [email protected] www.info-sida.ch Sciaffusa Aids-Hilfe Thurgau-Schaffhausen Rathausbogen 15 8200 Sciaffusa Tel. 052 625 93 38 Fax 052 625 93 39 [email protected] www.aids-sh.ch Svitto Fachstelle für Aids-Fragen Centralstrasse 5d 6410 Goldau Tel. 041 859 17 27 Fax 041 859 17 29 [email protected] www.gesundheit-schwyz.ch, www.aids-sz.ch San Gallo Fachstelle für Aids- und Sexualfragen Tellstrasse 4 Postfach 8 9001 San Gallo Tel. 071 223 68 08 Tel. 071/223 38 68 (consulenza) Fax 071 223 66 07 [email protected] www.ahsga.ch Turgovia Aids-Hilfe Thurgau-Schaffhausen Zeughausstrasse 16 Postfach 28 8501 Frauenfeld Tel. 052 722 30 33 Fax 052 720 46 33 [email protected] www.aids-tg.ch Ticino Aiuto Aids Ticino Via Bagutti 2 6904 Lugano Tel. 091 923 80 40 Tel. 091 923 17 17 (consulenza anonima) Fax 091 923 80 41 [email protected] www.aids-ti.ch Vallese Antenne Sida du Valais romand Rue des Condémines 14 Case postale 880 1951 Sion Tel. 027 329 04 23 Fax 027 329 04 30 [email protected] www.sida-vs.ch Aids-Hilfe Oberwallis Spittelgasse 2 3930 Visp Tel. 027 946 46 68 Fax 027 946 57 49 [email protected] www.aids-vs.ch Vaud Policlinique médicale universitaire Rue du Bugnon 44 1011 Losanna Tel. 021 314 49 17 [email protected] www.sida-vd.ch Zugo Fachstelle Aids-Hilfe Zug Zeughausgasse 9, 6. Stock 6300 Zugo Tel. 041 710 48 65 Fax 041 710 48 74 [email protected] www.zug.ch/aidshilfe Zurigo Zürcher Aids-Hilfe Kanzleistrasse 80 8003 Zurigo Tel. 01 455 59 00 (consulenza telefonica lu-ve 14–17) Fax 01 455 59 19 [email protected] www.zah.ch Aids-Infostelle Winterthur Technikumstrasse 84 8401 Winterthur Tel. 052 212 81 41 Fax 052 212 80 95 [email protected], www.aidsinfo.ch 79 Centri svizzeri di epatologia Basilea Universitätsspital Basel Abteilung für Gastroenterologie und Hepatologie Petersgraben 4 4031 Basilea Tel. 061 265 51 74 Fax 061 265 53 52 Berna Institut f. klin. Pharmakologie Murtenstrasse 35 3010 Berna Tel. 031 632 31 91 Fax 031 632 49 97 Ginevra Hôpital cantonal universitaire Service de gastro-entérologie et d’hépatologie Rue Micheli-du-Crest 24 1211 Ginevra 14 Tel. 022 372 93 40 Losanna Centre hospitalier universitaire vaudois (CHUV) Service de gastro-entérologie et d’hépatologie Rue du Bugnon 46 1011 Losanna Tel. 021 314 06 90 Fax 021 345 23 23 Lugano Ospedale Regionale di Lugano Sede Civico via Tesserete 46 6903 Lugano Tel. 091 811 61 11 Fax 091 811 69 90 80 Neuchâtel Hôpital des Cadolles Avenue des Cadolles 4 2002 Neuchâtel Tel. 032 722 91 11 Zurigo Klinik für Gastroenterologie und Hepatologie Departement Innere Medizin Universitätsspital Zürich Rämistrasse 100 8091 Zurigo Tel. 044 255 43 68 Indirizzi internet www.bag.admin.ch Ufficio federale della sanità pubblica, UFSP www.sevhep.ch Associazione Swiss Experts for Viral Hepatitis (SEVHep) www.sasl.ch Swiss association for the study of the liver www.ssam.ch Società Svizzera di Medicina delle Dipendenze www.aids.ch Aiuto Aids Svizzero www.infodrog.ch Centrale di coordinamento nazionale delle dipendenze www.akzept.org Bundesverband für akzeptierende Drogenarbeit und humane Drogenpolitik www.soshepatites.org Fédération SOS-Hépatites www.epac.it Epac – Associazione Onlus ➞ Per ulteriori indirizzi, consultare il sito www.hepCH.ch 4.Autori ed esperti Dr. Philip Bruggmann ARUD Zürich Poliklinik für methadongestützte Behandlungen ZOKL 1 Sihlhallenstrasse 30 8026 Zurigo [email protected] Dr. ssa Virginie Masserey Ufficio Federale della Sanità Pubblica (UFSP) Malattie infettive, Sezione vaccinazioni Casella postale 3003 Berna [email protected] Dr. ssa Martine Monnat Centre Saint-Martin DUPA, DUMSC Rue Saint-Martin 7 1003 Losanna [email protected] Dr. ssa Catherine Ritter Chemin du Vignoble 38 1232 Confignon [email protected] Dr. Samuel Erny Ufficio Federale della Sanità Pubblica (UFSP) Malattie infettive, Sezione Aids Casella Postale 3003 Berna [email protected] Prof. Dr. med. Andreas Cerny Medicina interna, infettivologia e medicina farmaceutica FMH Clinica Luganese, Moncucco Centro di epatologia Via Moncucco 10 6900 Lugano [email protected] 81 5.Impressum Editore Su mandato ed in collaborazione con Infodrog Centrale di coordinamento nazionale delle dipendenze Ufficio Federale della Sanità Pubblica (UFSP) Direzione del progetto Peter Menzi Aline Bernhardt Keller Redazione Peter Menzi Cristina Monterrubio Leu Maria Lucia Galgano Rilettura Marianne König Bernhard Meili Realizzazione grafica visu’l AG, Berna Illustrazioni Hans Peter Wermuth, infopub Bern Traduzione Agata Vetterli, Ginevra Peter Menzi Edizione 2. edizione rielaborata e aggiornata del Manuale Hepch Tipografia Merkur Druck, Langenthal ISBN 978-3-9522791-4-4 Ordinazioni Infodrog Eigerplatz 5 | Casella Postale 460 | 3000 Berna 14 [email protected] | www.infodrog.ch ©Infodrog 2008 82